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Intercettazioni e criminalità organizzata

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Academic year: 2021

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Intercettazioni e reati di criminalità organizzata

Introduzione

Capitolo 1: Principi costituzionali e intercettazioni

1.1: Libertà e segretezza della corrispondenza, art. 15 Cost.

1.1.1: limiti al principio di libertà e segretezza della corrispondenza 1.1.2: Il diritto alla privacy e intercettazioni: un difficile bilanciamento

1.2: Principio dell’inviolabilità del domicilio, art. 14 Cost. 1.2.1: Deroghe al principio di inviolabilità del domicilio

1.3: Genesi storica delle intercettazioni 1.4: Nozione di intercettazione

1.5: I caratteri fondamentali dell’intercettazione: . La segretezza della comunicazione intercettata . La terzietà del soggetto captante

. La clandestinità della captazione 1.6: L’intercettazione ambientale 1.6.1: Concetto di privata dimora

1.6.2: Le intercettazioni ambientali ottenute mediante le videoriprese

Capitolo 2: Normativa in tema di intercettazioni e deroghe in caso di criminalità organizzata

2.1: Concetto di criminalità organizzata.

2.2: D.l. 13.5.1991, n.152 convertito dalla l. 12.7.1991, n.203. 2.2.1: Presupposti dell’autorizzazione a procedere. . Gravi indizi di reato.

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2 2.3: La richiesta del Pubblico Ministero.

2.3.1: Termini di durata.

2.3.2: Proroga dell’intercettazione. 2.4: L’intercettazione urgente.

2.4.1: Motivazione del decreto di autorizzazione. 2.4.2: L’utilizzabilità dei risultati acquisiti.

2.4.3: I limiti alla pubblicazione delle intercettazioni.

2.5: Intercettazioni mediante virus.

2.5.1: Evoluzione giurisprudenziale della materia. 2.5.2: Nuove problematiche e possibili soluzioni. 2.6: Limiti alle intercettazioni su utenze estere.

2.6.1: Orientamento giurisprudenziale in tema di intercettazioni su utenze estere.

Capitolo 3: Uno sguardo “oltre confine” e prospettive de jure condendo

3.1: Il diritto dell’Unione europea in materia di protezione dei dati. 3.1.1: Articolo 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo 3.1.1: Prospettive de iure condendo secondo la Corte europea dei diritti dell'Uomo.

3.2: Riforma della normativa sulle intercettazioni:

. Disegno di legge n. c. 1415, 30 giugno 2008, cosiddetto D.D.L. Alfano.

. Disegno di legge n. c. 2798, 23 dicembre 2014, cosiddetta Riforma Orlando.

Conclusioni Bibliografia

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Introduzionej

L’obiettivo di questa tesi è quello di prendere in esame uno dei principali strumenti investigativi utilizzati nella lotta contro il crimine organizzato: le intercettazioni di conversazioni e comunicazioni. In questi ultimi anni infatti si parla sempre più spesso, di intercettazioni, un termine che è diventato, oramai, d'uso comune e che è entrato a far parte della nostra vita quotidiana con una forza tale da presentare aspetti problematici di acclarato interesse collettivo, sia in termini giuridici che pratici. Nell’ambito della ricerca, risulta evidente come l’ordinamento giuridico italiano risenta della mancanza di una definizione normativa del concetto di “intercettazione”. Esso, infatti, non conosce una nozione unitaria di “intercettazione di comunicazioni”, poiché l’espressione è spesso impiegata con riferimento ad istituti eterogenei, per inquadramento sistematico, modalità operative e finalità. Il codice di rito si limita perlopiù a dettare una disciplina delle “intercettazioni di conversazioni o comunicazioni”. Secondo la dottrina maggioritaria, per “intercettazione” si deve intendere la presa conoscenza, operata clandestinamente da un terzo con l’impiego di mezzi meccanici o elettronici di captazione del suono, delle comunicazioni riservate ed attuate in forma diversa dallo scritto. Esse costituiscono un mezzo di ricerca della prova che continua a produrre ottimi risultati nella

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5 repressione e prevenzione di reati di particolare gravità. Nel

primo capitolo viene affrontata l’analisi di quelle che sono le più significative problematiche in ordine alla compatibilità con il dettato costituzionale della disciplina contenuta nel codice di procedura penale del 1988 in materia di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, e quindi le questioni relative al bilanciamento di interessi tra inviolabilità della libertà e della segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione ed esigenze di prevenzione e repressione dei reati. Verranno presi in analisi in particolare gli elementi fondamentali che caratterizzano lo strumento intercettativo, quali la segretezza della comunicazione intercettata, la terzietà del soggetto captante e la clandestinità della captazione. Il secondo capitolo, dopo un’analisi riguardante le motivazioni che hanno portato all’emanazione del decreto legge 152/1991, convertito con la legge 203/1991, verte sulla descrizione dei presupposti per disporre questo particolare tipo di intercettazioni, della durata prolungata rispetto a quelle ordinarie e delle modalità operative. In aggiunta, data l’attualità del tema, viene presa in considerazione la possibilità di ottenere captazioni di comunicazioni tramite virus informatici, l’evoluzione giurisprudenziale della materia, problematiche e soluzioni relative ad esse. Si passa successivamente a trattare le intercettazioni da un punto di vista internazionale, attraverso un’analisi della normativa europea, con un focus su l’art. 8 della Convenzione Europea

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6 dei Diritti dell’Uomo. In conclusione è presente un’analisi

riguardo la disciplina de jure condendo, individuata, in primo luogo all’interno del D.D.L. n. 1415 C, c.d. D.D.L. "Alfano", e successivamente nel disegno di legge n. c. 2798 del 23 dicembre 2014, anche denominata Riforma Orlando. Entrambi i provvedimenti hanno il chiaro obiettivo di proteggere la privacy dei cittadini dall’eccessiva diffusione del contenuto di intercettazioni per mano della stampa nazionale e limitare gli eccessivi costi che l’impiego di tale strumento investigativo, da parte dei magistrati requirenti, determina per le casse dello Stato.

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Capitolo 1:

Principi costituzionali e intercettazioni

1.1: Libertà e segretezza della corrispondenza,

art. 15 Cost.

A differenza dello Statuto Albertino, che non ne faceva menzione, l'art. 15 della Costituzione repubblicana statuisce che “la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili. La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge”. I diritti inerenti alla corrispondenza, sia per la particolare posizione nel contesto costituzionale della norma che li prevede, sia per la qualifica di “inviolabili” ad essi riconosciuta, si pongono, al pari della libertà domiciliare garantita dall'art. 14 cost., come un ampliamento ed una precisazione del fondamentale principio di inviolabilità della persona umana sanzionato dall'art. 13 cost. L'art. 15 cost. estende la sua tutela alla corrispondenza e ad “ogni altra forma di comunicazione”, tuttavia del concetto di corrispondenza manca una definizione legislativa. Per forme di comunicazione si intendono i rapporti consistenti nella trasmissione di idee e notizie che una persona fa ad un’altra persona con il mezzo di cose atte a fissare, trasmettere e ricevere l’espressione del

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8 pensiero.1 Per determinare il concetto di comunicazione

appare, pertanto, del tutto irrilevante sia l'oggetto in cui si concretizzi il contenuto della comunicazione, sia la forma espressiva adoperata per trasmettere il pensiero, consista essa nell'uso di una qualunque lingua, o di segni convenzionali. Al tempo stesso risulta irrilevante il mezzo di cui il soggetto si serve per trasmettere il contenuto della comunicazione. Dunque il concetto di comunicazione, ai fini della tutela prevista nella norma costituzionale, è il più esteso possibile quanto all'oggetto e alla forma in cui la comunicazione si realizza e al mezzo attraverso cui essa giunge a destinazione. In base alla definizione di comunicazione adottata si può notare che la limitazione più rilevante di questa nozione consiste nel carattere personale2 della comunicazione o della corrispondenza, nel senso che l'espressione dell'idea o della notizia, per acquisire il carattere di comunicazione, dev'essere formulata da un soggetto, il mittente, al fine di farla pervenire nella sfera di conoscenza di uno o più soggetti determinati, i destinatari. 3 Dunque non costituiscono forme di comunicazione, le espressioni di pensiero destinate a rimanere nella sfera personale del soggetto che le compie.4 L’elemento

1 V. A. Vele, “Le intercettazioni nel sistema processuale penale”, CEDAM (PD) 2011. Inoltre si precisa che, essendo espressamente consentita ex art. 266 c.p.p. anche l’intercettazione di semplici “comunicazioni”, e non solo di conversazioni, deve considerarsi non essenziale l’ascolto di entrambe le “voci” del colloquio segretamente percepito. Si ha dunque intercettazione anche se l’operatore è in grado di ascoltare ciò che viene detto da uno soltanto dei colloquianti: si pensi al caso del microfono o del registratore collocati nella stanza in cui è posizionato l’apparecchio telefonico. 2 Manzini, “Diritto penale italiano”, VIII, Torino, 1947, 780.

3 A. Valastro, “Libertà di comunicazione e nuove tecnologie”, Milano, 2001, 146.

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9 determinante per comprendere in quale momento del suo

processo formativo un'espressione di pensiero acquista quel carattere personale che la qualifica come comunicazione, è costituito dall'animus del soggetto, cioè quel particolare atteggiamento psicologico per cui la formulazione di un pensiero e la sua materiale estrinsecazione abbia per fine la comunicazione, cioè la sua trasmissione ad altri soggetti determinati e la possibilità di ricezione da parte di questi.5 La nozione di corrispondenza, e, più genericamente, quella di comunicazione resta determinata dal concorso di due elementi, quello personale, che precisa l’estensione del concetto rispetto alla più vasta categoria delle espressioni di pensiero, e quello dell'attualità che precisa la durata, nel tempo, della qualifica di comunicazione da attribuire all'oggetto contenente la comunicazione stessa. In base a questa ricostruzione la differenza tra la libertà di comunicazione tutelata dall’art. 15 e la libertà di manifestazione del pensiero garantita dall’art. 21 consisterebbe nel carattere necessariamente intersoggettivo o personale della prima. Si può dunque sostenere che la comunicazione ricade nell’ambito di applicazione dell’art. 21 Cost. quando il numero dei destinatari della stessa, benché determinato, diventi “elevato”.6 La portata della garanzia costituzionale offerta dall’art. 15 Cost. incide anche sulla

5 In questo modo non costituirà corrispondenza o comunicazione un qualsiasi scritto, anche se redatto in forma epistolare, destinato a rimanere come appunto personale: esso diverrà corrispondenza soltanto quando il soggetto che lo ha redatto o altri che ne disponga maturi l'intenzione di farlo pervenire ad un altro soggetto.

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10 ricostruzione del rapporto tra libertà e segretezza della

corrispondenza. Questi aspetti, pur essendo strettamente connessi tra loro, costituirebbero due distinte situazioni soggettive entrambe oggetto di tutela della norma in commento.7 Dal punto di vista delle possibili violazioni, le due situazioni presenterebbero, quindi, profili distinti: vi potrebbero essere infatti interferenze nella segretezza che non si traducono in interferenze nella libertà, come ad esempio le intercettazioni telefoniche, oppure potrebbero verificarsi interferenze nella libertà che non incidono sulla segretezza, come ad esempio il fermo postale. Dal carattere di inviolabilità e di universalità che la Costituzione conferisce alla libertà in esame deriva che tutti gli individui, sia persone fisiche8 che giuridiche, godono della tutela disposta dall’art. 15. Dal punto di vista dei soggetti passivi, infine, la sfera della tutela giuridica deve ritenersi estesa, non solo nei confronti dei privati, ma soprattutto nei confronti dei poteri pubblici. Il secondo comma dell’art. 15 Cost. viene concretamente attuato nelle norme del codice di procedura penale che stabiliscono le modalità degli interventi degli organi giudiziari e di polizia giudiziaria nell’ambito dei diritti attinenti alla libertà e alla segretezza della corrispondenza. In questo contesto rileva

7 V. Italia, “Libertà e segretezza della corrispondenza e delle comunicazioni”, Milano, 1963, p. 72.

8 Così V. Italia, op. cit., p. 96 ss., secondo il quale se si facesse dipendere il diritto di libertà e di segretezza della corrispondenza dal fatto di essere un cittadino di un determinato Stato, non si potrebbe più parlare di diritti di libertà, ma di prerogative dei cittadini. Infatti la dignità della persona umana, che dei diritti di libertà è cardine e giustificazione, non è inerente alla qualificazione di cittadino di un determinato Stato, bensì è inerente alla qualificazione di individuo. Di conseguenza, poiché tutti gli individui hanno una dignità in quanto appartengono al genere umano, questo diritto è riconosciuto a tutti, cioè ai cittadini, agli stranieri e agli apolidi.

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11 soprattutto la disciplina riguardante le intercettazioni che,

essendo uno strumento di ricerca della prova estremamente invasivo, devono avvenire sempre in conformità con le prescrizioni di cui all’art. 15 Cost., in modo da garantire un adeguato bilanciamento tra esigenze di garanzia della libertà ed esigenze di prevenzione e repressione dei reati.

1.1.1: Limiti al principio di libertà e segretezza

della corrispondenza.

L’inviolabilità, così per la corrispondenza come per gli altri diritti dell'individuo proclamati come tali, non è assoluta, ma deve necessariamente contemperarsi con le esigenze dell'ordine giuridico e della convivenza. In base a quanto previsto dal secondo comma dell’art. 15 Cost. le limitazioni a siffatta libertà possono operarsi solo per atto motivato della autorità giudiziaria e nei casi e nei modi stabiliti dalla legge.9 A differenza di quanto previsto dall’art. 13 Cost. in caso di libertà personale e dall’art. 14 Cost. in caso di libertà di domicilio, la norma in esame non disciplina la possibilità di un

9 Con riguardo alla seconda condizione, si è creata una riserva di legge da cui deriva che le fattispecie astratte delle limitazioni alla libertà e alla segretezza delle comunicazioni non potranno essere statuite da fonti di grado inferiore alla legge formale statuale. Le eventuali limitazioni disposte in leggi ordinarie formali non potranno, a loro volta, prescindere dal rispetto della prima condizione in base alla quale dette limitazioni non potranno mai operarsi in concreto al di fuori di un atto motivato della autorità giudiziaria.

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12 intervento straordinario da parte dell’autorità di polizia nei casi

di necessità e urgenza predeterminati dal legislatore. Gli articoli sopra citati infatti prevedono che, in casi eccezionali di necessità e urgenza, le limitazioni del diritto possano essere disposte in via provvisoria direttamente dalle autorità di pubblica sicurezza senza il preventivo intervento dell’autorità giudiziaria. In queste particolari situazioni, il giudice dovrà convalidare l’adozione del provvedimento, intervenendo dunque solo in una fase successiva. La mancata previsione di eccezioni all’atto motivato dell’autorità giudiziaria è frutto di una scelta consapevole del Costituente10, preoccupato dal fatto che, una volta concesso alla polizia un simile potere, questa se ne sarebbe servito oltre i limiti della norma.11 È dunque prevalsa la tesi che considera come assoluta la riserva di giurisdizione disposta dall’art. 15 e si è esclusa la possibilità di desumere in via interpretativa l’applicabilità, in questo campo, dei poteri preventivi di polizia previsti dagli artt. 13 e 14. La diversa disciplina dei diritti in questione è giustificata dal fatto che, mentre le limitazioni della libertà personale e quelle della libertà domiciliare, colpiscono soltanto il soggetto inquisito, le limitazioni della libertà di corrispondenza e di comunicazione incidono sempre anche su un altro soggetto, sia esso l’interlocutore telefonico, il mittente oppure il

10 R. Guariniello, “Libertà di corrispondenza e garanzie giurisdizionali”, in Giur. it., 1968, IV, p. 122 ss.

11 Tuttavia, parte della dottrina sostiene che tale mancanza sarebbe collegata a fattori occasionali e contingenti, come un improvviso mutamento di maggioranza, che si manifestarono nel corso dei lavori preparatori dell’art. 15 Cost. Sulla base di questa convinzione, si è suggerito dar luogo a una revisione costituzionale volta a uniformare la disciplina relativa alle limitazioni della libertà in esame e quella prevista in materia di libertà personale e di domicilio.

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13 destinatario di una lettera.12 Si può quindi affermare che le

riserve di legge e di giurisdizione, integrandosi a vicenda, garantiscono che ogni intervento dei poteri pubblici in materia di libertà e segretezza delle comunicazioni sia previsto “in astratto” dal legislatore e disposto “in concreto” dal giudice. Il comma 2 dell'art. 15 cost. trova attuazione concreta nelle norme del codice di procedura penale che disciplinano le modalità degli interventi degli organi giudiziari e di polizia giudiziaria nella sfera dei diritti attinenti alla libertà e alla segretezza della corrispondenza. Particolare interesse presenta, ai fini di una correlazione con il disposto costituzionale, la norma contenuta nell'art. 226 comma 2 c.p.p., in cui è prevista la possibilità di un intervento diretto da parte della autorità di polizia giudiziaria prima dell'emanazione di un atto motivato del giudice. L'art. 226 comma 2 c.p.p. stabilisce che “Quando è ammesso dalla legge il sequestro di lettere, pieghi, pacchi, valori, telegrammi o altra corrispondenza negli uffici delle poste e dei telegrafi, ed è urgente procedervi, gli ufficiali di polizia giudiziaria ne fanno immediato rapporto all'autorità giudiziaria e possono ordinare a chi è preposto al servizio di trattenere tale corrispondenza fino al provvedimento giudiziale”. L'intervento diretto delle autorità di polizia giudiziaria è condizionato al requisito dell'urgenza, ma, a differenza degli art. 13 e 14 cost., l'art. 226

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14 comma 2 c.p.p. non stabilisce il limite di tempo entro cui deve

operarsi l'intervento dell'autorità giudiziaria in sede di convalida del provvedimento di polizia.13 L'art. 226 comma 2 c.p.p. appare una norma di dubbia costituzionalità, in quanto impedire l'inoltro della corrispondenza fino alla emanazione di un provvedimento giudiziale di sequestro rappresenta sostanzialmente un'attività limitatrice della libertà della corrispondenza disposta con atto dell'autorità di polizia invece che con atto della autorità giudiziaria. Le limitazioni al diritto di corrispondenza apportate fuori delle forme previste nell'art. 15 cost. e nelle norme del codice di procedura penale, producono la lesione di un diritto soggettivo perfetto, di cui è competente a giudicare la magistratura ordinaria. Infatti dalla lesione deriverà, a seconda dei casi, una responsabilità penale, civile e amministrativa del soggetto o dell'organo che abbia operato in violazione delle norme di legge.

1.1.2: Il diritto alla privacy e intercettazioni: un

difficile bilanciamento.

Il bilanciamento dei diritti rappresenta una tecnica impiegata per dare una soluzione a contrasti tra diritti e interessi differenti. In alcuni casi è la stessa Costituzione ad indicare i

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15 casi in cui il diritto costituzionale deve essere limitato per

tutelare altri interessi, diminuendo, in questo modo, anche la discrezionalità del legislatore ordinario o delle autorità pubbliche nell’apportare restrizioni a quelle specifiche libertà: l’art. 14 Cost., nel tutelare l’inviolabilità del domicilio, stabilisce che tale diritto possa essere limitato per “motivi di sanità e incolumità pubblica e per fini economici e fiscali”. Il rapporto tra diritto alla privacy e necessità di prevenzione e repressione dei reati, costituisce, appunto un classico esempio di confitto tra interessi individuali e interessi collettivi.14 Nel momento in cui ci si trova a dover compiere un giudizio di legittimità tra interessi confliggenti, occorre necessariamente seguire un procedimento logico, che ha come suo punto di partenza, la ricostruzione della ratio legis, cioè dell’interesse alla cui tutela la norma è diretta, ad essa segue una valutazione riguardo la congruità del mezzo utilizzato rispetto al fine. Tale procedimento si conclude con un giudizio basato sul principio di proporzionalità. Il diritto alla privacy, o diritto alla protezione dei dati personali è un diritto fondamentale dell'individuo, tutelato dal Codice in materia di protezione dei dati personali (decreto legislativo 20 giugno 2003, n. 196), oltre che da vari altri atti normativi italiani e internazionali. In particolare, grazie ad esso, ogni individuo può pretendere che i propri dati personali siano trattati da terzi, solo ed

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16 esclusivamente nel rispetto delle regole e dei principi stabiliti

dalla legge.15 Il diritto alla riservatezza rappresenta una forma di tutela posta a salvaguardia della sfera privata del singolo individuo, volta ad impedire che le informazioni riguardanti la sfera personale di ogni individuo possano essere divulgate in assenza dell’autorizzazione dell’interessato. Il diritto alla privacy venne definito dal giurista statunitense Louis Brandeis, “the right to be let alone” (letteralmente “il diritto a essere lasciati in pace”). Costui , insieme a Samuel Warren, nell’articolo “The Right to Privacy”16, sostenne la necessità di riconoscere e consacrare un vero e proprio diritto alla privacy, cioè una tutela della propria sfera privata contro ogni tipo di invasione illecita. Il significato di privacy, nel tempo, si è evoluto anche in relazione all'evoluzione tecnologica che dai tempi di Warren e Brandeis ad oggi è intercorsa. Inizialmente riferito alla sfera della vita privata, negli ultimi decenni ha subito un'evoluzione estensiva, arrivando ad indicare il diritto al controllo sui propri dati personali17. In un primo momento l’idea di privacy era strettamente connessa al concetto di proprietà privata, con un’accezione fortemente individualistica.18 L’enorme sviluppo tecnologico che ha investito il mondo Occidentale ha messo in crisi i vecchi schemi ricostruttivi e il rapporto tra segretezza e informazione,

15 http://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/diritti/cosa-e-il-diritto-alla-protezione-dei-dati-personali

16 Warren & Brandeis, Right to Privacy, 4 Harvard. L. Rev. 1890. Questo episodio è legato a pettegolezzi di un giornale locale sulla vita dello stesso Warren.

17 C. Mantelero, “Privacy”, in “Contratto e Impresa”, 2008, pp. 757-779. 18 P. Patrono, “Privacy e vita privata” (dir. Pen.) [XXXV, 1986], pp. 145.

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17 per questo motivo, nell’attuale società, parlando di privacy ci

si riferisce alla possibilità di un soggetto di conoscere e controllare il flusso delle informazioni che lo riguardano, per cui, data la nuova dimensione del problema, il concetto di privacy può essere definito come “il diritto di mantenere il controllo sulle proprie informazioni”19. Questo ha comportato il passaggio da un concezione individuale del diritto alla privacy, come diritto esclusivo dell’individuo, all’idea di un vero e proprio interesse collettivo che permette una ampia zona di trasparenza riguardo ai dati in possesso di organi pubblici20 L’introduzione del diritto alla riservatezza in Italia è avvenuta solo verso la fine degli anni ’60. La dottrina italiana, dopo aver osservato la nascita di questo diritto negli Stati Uniti, attraverso l’analisi degli scritti di Warren e Brandeis, ha poi tentato di ancorare questo nuovo concetto alle poche disposizioni di legge (internazionali, costituzionali e ordinarie) per darne fondamento formale all’interno del nostro ordinamento.21 Il formante legislativo, inizialmente scarno e ininfluente, è stato poi completato dalla disciplina sul trattamento dei dati personali. Dai progetti di legge degli anni ’80 si è arrivati alla legge 675/1996, definita appunto “legge sulla privacy”. All’art. 1 della legge si precisa che la nuova disciplina “garantisce che il trattamento dei dati personali si

19 S. Rodotà, “Intervista tra privacy e libertà” a cura di P. Conti, Saggi Tascabili Laterza, 2005

20 Rodotà, Tecnologia dell’informazione, cit. 29. In “Progresso tecnico e problemi istituzionali nella gestione delle informazioni, in Privacy e banche dati”.

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18 svolga nel rispetto dei diritti, delle libertà fondamentali,

nonché della dignità delle persone fisiche, con particolare riferimento alla riservatezza e all’identità personale”. Nonostante ciò il diritto alla privacy non trova un esplicito riconoscimento costituzionale22 , ancorché la dottrina lo consideri implicitamente ricavabile dal diritto alla libertà personale (art.13 Cost.), di domicilio (art.14 Cost.) e di comunicazione (art.15 Cost.)23. In realtà, il primo e più importante riferimento al diritto alla riservatezza è da ricercare all’interno dell’articolo 2 della Costituzione. Infatti, come sostenuto dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 38 del 197324, il diritto alla privacy appartiene alla categoria dei diritti inviolabili dell’uomo. Per esprimere il nucleo centrale del significato di privacy, è stata utilizzata la formula “interesse al rispetto della vita privata”; tale definizione ha riscontrato molta fortuna in dottrina, in quanto comprende tutta una serie di interessi, tra cui quello alla riservatezza e al segreto riguardo la vita privata, domicilio e corretta utilizzazione dei dati personali. Il concetto di privacy ha assunto una configurazione vasta e indeterminata, diventando una vera e propria “clausola generale”, riferita, di volta in volta, da parte dell’autorità giudiziaria, ai nuovi interessi ritenuti socialmente meritevoli.25

22 Nonostante che il diritto alla privacy fosse oggetto di puntuali discussioni. Cfr. A. BARBERA, Art. 2, in G. Branca (a cura di), Commentario della Costituzione, Bologna-Roma, 1975, p. 53 ss.

23 Francesco Dal Canto in “I diritti e i doveri costituzionali”, “Manuale di diritto costituzionale”, G. Giappichelli Editore. 24 http://www.giurcost.org/decisioni/1973/0038s-73.html

25 Tagliarini, “Breve rassegna degli orientamenti dottrinali e giurisprudenziali in tema di privacy”, in L’indice Penale, 1968.

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19 In Italia l’attenzione verso il diritto alla riservatezza è

cresciuto, di pari passo, con lo sviluppo del progresso tecnologico, che ha comportato un notevole incremento di casi di violazione della sfera privata degli individui. Dai progetti di legge degli anni ’80 si è arrivati alla legge 675/1996, definita appunto “legge sulla privacy”. All’art. 1 della legge si precisa che la nuova disciplina “garantisce che il trattamento dei dati personali si svolga nel rispetto dei diritti, delle libertà fondamentali, nonché della dignità delle persone fisiche, con particolare riferimento alla riservatezza e all’identità personale”.26 La Corte Costituzionale ha da tempo affermato che nell'art. 15 della Costituzione "trovano protezione due distinti interessi: quello inerente alla libertà e alla segretezza delle comunicazioni, riconosciuto come connaturale ai diritti della personalità definiti inviolabili dall'art. 2 della Costituzione, e quello connesso all'esigenza di prevenire e reprimere i reati, vale a dire ad un bene anch'esso oggetto di protezione costituzionale”.27 Quindi la Corte ha affermato che esiste un diritto che protegge lo “spazio vitale che circonda la persona” e che la stretta attinenza della libertà e della segretezza della comunicazione con questo nucleo essenziale dei valori della personalità induce “a qualificare il corrispondente diritto come parte necessaria di quello spazio vitale che circonda la persona e senza il quale questa non può

26 In originale in http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:1996;675 27 Sentenza Corte Cost., n. 34/1973.

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20 esistere e svilupparsi in armonia con i postulati della dignità

umana”. Tale orientamento è stato confermato nella sentenza n. 135/2002. 28 Il diritto alla privacy trova espressa codificazione all’interno dell’art.8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU) del 4 novembre 195029. Il cui art. 8, nel tutelare il “diritto al rispetto della vita privata e familiare”, stabilisce che “ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza” e che “non può esservi ingerenza della pubblica autorità nell’esercizio di tale diritto se non in quanto tale ingerenza sia prevista dalla legge e in quanto costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria per la sicurezza nazionale, l’ordine pubblico, il benessere economico del paese, la prevenzione dei diritti e delle libertà altrui”. Sebbene l’art. 8 della Convenzione non lo evochi, la Corte europea ha ritenuto che “le conversazioni telefoniche sono comprese nella nozione di vita privata e di corrispondenza contenuta in tale norma”30. In tal modo, l’art. 8 della CEDU diviene referente e limite alla disciplina che incide su ogni forma di intercettazione, sia telefonica, sia informatica, sia ambientale. Il secondo paragrafo della disposizione in parola, dopo aver ribadito che non può esservi ingerenza di un’autorità

28 Questione di legittimità dell’art. 266 c.p.p. relativa alla mancata estensione delle tutele previste alle ipotesi di videoregistrazione di immagini presso il domicilio, come tale in contrasto con l’art. 14 Cost.

29 Ratificata in Italia con legge 4 agosto 1955, n. 848.

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21 pubblica nell’esercizio di tale diritto, indica una serie di ipotesi

in cui la condotta delle autorità statali, pur invasiva della sfera della privacy dell’individuo, non determina una violazione del diritto convenzionale al rispetto della vita privata. A tal proposito, la Corte di Strasburgo si era espressa con sentenza del 2007, risolutiva della causa “Panarisi c. Italia”; dichiarando che “le intercettazioni realizzano un’ ingerenza dello Stato nella vita privata necessaria in una società democratica quando costituisce il mezzo principale d’ investigazione e l’imputato disponga di mezzi giuridici adeguati per contestarle.”31

1.2: Principio dell’inviolabilità del domicilio.

Il principio di inviolabilità del domicilio è stato per la prima volta regolamentato all’interno dello Statuto Albertino, dove, all’art. 27, si affermava che “il domicilio è inviolabile” e che, le limitazioni a tale enunciato, potevano essere previste solo da una norma di legge.32 La norma però non prevedeva anche una riserva di giurisdizione, infatti non individuava, nell’autorità giudiziaria, l’unica competente a decidere riguardo ai casi in cui tale principio poteva trovare limitazioni. Importante è

31 Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 10 aprile 2007 - Ricorso n. 46794/99 - Panarisi c/Italia in https://www.giustizia.it/giustizia/it.

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22 sottolineare come, già in ambito statutario, il concetto di

inviolabilità non fosse inteso come tutela della proprietà privata, ma piuttosto come proiezione della libertà personale dell’individuo. Con la pubblicazione della Carta costituzionale, il principio in parola, ha trovato tutela all’interno dell’art. 14, che recita testualmente: “Il domicilio è inviolabile. Non vi si possono eseguire ispezioni o perquisizioni o sequestri, se non nei casi e modi stabiliti dalla legge secondo le garanzie prescritte per la tutela della libertà personale. Gli accertamenti e le ispezioni per motivi di sanità e di incolumità pubblica o a fini economici e fiscali sono regolati da leggi speciali.”. Alla nozione di domicilio è data un’interpretazione estensiva, in modo da contenere al suo interno tutto ciò che costituisce uno spazio isolato dall’ambiente esterno, dove il singolo intende escludere la presenza di altri o dove intende coltivare i propri interessi, affetti o anche la propria attività professionale33. Dunque viene ad avere un contenuto molto ampio, che va oltre l’ambito domestico, per coprire situazioni di ben maggiore varietà. L’inviolabilità indica, in generale, il diritto di ciascuno ad una sfera privata e delimitata al riparo da ingerenze da parte di terzi34. Tale principio naturalmente trova tutela anche a livello comunitario, dove all’art. 7, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, si stabilisce che questo consiste nel

33 G. Rolla, “La tutela costituzionale dei diritti”, Giuffrè editore, edizione quarta, pp. 68 - 69. 34 R. Bin – G. Pitruzzella, “Diritto costituzionale”, G. Giappichelli editore – Torino, ottava edizione.

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23 “rispetto della propria vita privata e familiare”, dando in

questo modo una tutela di più ampio respiro, rispetto a quella concessa dalla costituzione. La tutela del domicilio è garantita da una riserva di legge assoluta e da una riserva di giurisdizione, con lo scopo di assicurare esclusivamente al legislatore il potere di decidere quando e come tale libertà possa essere sacrificata.35 Il concetto di libertà che caratterizza la norma in esame, rimanda ai fasti del pensiero liberale, che trovava tra i suoi principi base, quello appunto di libertà, una libertà “negativa”, intesa come assenza di impedimento36, ma, come in ogni Costituzione, nel momento in cui vengono previsti diritti fondamentali di libertà, al tempo stesso vengo elencati i casi in cui questa libertà può essere limitata. Occorre dunque trovare un giusto equilibrio tra libertà e legge. Il diritto all’inviolabilità del domicilio, assieme agli altri diritti della persona, rappresenta uno degli elementi che costituiscono il “patrimonio comune della tradizione giuridica della civiltà occidentale”37. Data dunque la sua rilevanza all’interno dell’ordinamento costituzionale, un’importante sentenza della Corte di Cassazione38 ha affermato che la salvaguardia di valori di rango Costituzionale può comportare limitazioni nell’utilizzo di mezzi di ricerca della prova, ovvero rendere inutilizzabili risultati probatori, se acquisiti in modo illegittimo

35 P. Barile, “Diritti dell’uomo e libertà fondamentali”, il Mulino, Bologna, 1984, pp. 141 ss. 36 John Locke, “Due trattati sul governo”, Utet, 2010, Milano,cap. IV, 22.

37 In Riv. Italiana di Diritto e Procedura Penale 38 Cass., Sez. Un., 25 marzo 2010, n. 13426, Cagnazzo.

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24 e contra ius, come ad esempio attraverso un accesso

domiciliare privo dell’autorizzazione del giudice. Alla libertà di domicilio viene data tutela all’interno del codice penale, agli articoli 614 e 615, con lo scopo di garantire al titolare dello stesso, un diritto esclusivo su un certo ambito spaziale in modo da permettere una libera determinazione della personalità individuale del soggetto. Con un’importante sentenza, la Corte di Cassazione ha stabilito che, ogniqualvolta sia venuto meno, in modo legittimo, il titolo che giustifica la proprietà o il possesso dell’immobile, non può mai invocarsi il diritto all’inviolabilità del domicilio.39 Dunque l’esistenza di un legittimo rapporto tra soggetto e ambiente è divenuto presupposto per l’applicazione della relativa tutela40, che potrebbe essere definita “tipica”, nel senso che la previsione di determinate interferenze punibili comporta l’esclusione dalla stessa di numerose forme di penetrazione nella sfera personale e spaziale altrui, tutte riconducibili a una diversa tipologia di violazione domiciliare41. La previsione di queste violazioni, che spaziano dall’introduzione abusiva contro la volontà del titolare nell’abitazione “o in altro luogo di privata dimora” alla acquisizione di immagini attinenti alla vita privata che vi si svolge, sottolineano il carattere di privacy soggettiva come oggetto della protezione.42 Allo scopo di allargare il margine

39 Cass. Pen., sez. V, 11 maggio 1999, n. 2257.

40 A. Pace, “Problematica delle libertà costituzionali”, II, Cedam, Padova, 1976, pp. 179-182. 41 Mantovani, “Diritto alla riservatezza”, cit., 121 ss.

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25 di tutela domiciliare, con la legge 8 aprile 1974, n. 98 è stato

introdotto l’art 615 bis c.p., con l’obiettivo di vietare l’acquisizione indebita attraverso mezzi di ripresa visiva, di immagini riguardanti la vita privata, nonché la diffusione delle stesse al pubblico. In ogni caso, l’intervento legislativo non ha chiuso il cerchio, rivolvendo definitivamente il problema. Infatti rimangono fuori dal novero della tutela domiciliare forme di intromissione lesive della vita privata: si può ricordare, a titolo esemplificativo, il caso dell’acquisizione di notizie attraverso l’ascolto da parte di un agente esterno. Dunque, il principio di libertà domiciliare ha lo scopo di garantire quell’esigenza di sviluppo della sfera personale di ogni individuo, proteggendolo da tutto ciò che possa costituire un’interferenza esterna.

1.2.1: Deroghe al principio di inviolabilità del

domicilio.

Nel 1859 vennero autorizzate, per la prima volta, legittime interferenze nell’ambito domiciliare. Queste furono condotte dalla polizia, e furono giustificare dal fondato sospetto che nei luoghi soggetti al controllo venisse praticato il gioco d’azzardo.43 Per quanto riguarda le deroghe al principio

43 G. P. Meucci, “La libertà domiciliare”, in Barile P. (a cura di), “La pubblica sicurezza. Atti del congresso celebrativo del centenario delle leggi amministrative di unificazione”, Neri Pozza ed., Vicenza, 1967.

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26 dell’inviolabilità del domicilio, occorre distinguere le

interferenze derivanti dal secondo comma dell’art. 14 Cost., da quelle che provengono dal terzo comma dello stesso articolo. Nel primo caso il dettato normativo stabilisce che è possibile procedere alle seguenti limitazioni44:

. Ispezione di luoghi e cose. . Perquisizione domiciliare. . Sequestro.

. Riprese visive all’interno dei luoghi di privata dimora.45

L’ultimo punto è stato oggetto di una lunga querelle giurisprudenziale, riguardante soprattutto la possibilità di utilizzare il materiale ripreso alla stregua della normativa riguardante le intercettazioni. Inoltre, ai fini di questa trattazione, è importante rilevare che la garanzia della libertà del domicilio è alla base anche della previsione di cui all’art. 266, II comma, c.p.p. dove è previsto che l’intercettazione di comunicazioni tra presenti nei luoghi di privata dimora possa essere disposta “solo se vi è fondato motivo di ritenere che ivi si stia svolgendo attività criminosa”. Parte della dottrina, trattando del terzo comma dell’art. 14

44 La Corte Costituzionale, con la sentenza 135/2002, ha dichiarato che l’elenco contenuto nel secondo comma dell’articolo in questione non ha carattere tassativo ma meramente indicativo e non esaustivo, per permettere di tenere il passo con l’evoluzione tecnologica.

45 Cass. Pen., sez. IV, 16 marzo 2000, n. 562. Ha stabilito che tali riprese possono essere svolte solo a fini investigativi e con atto motivato da parte del giudice, il quale deve dimostrare il fine perseguito e funzionale alla prevenzione o repressione dei reati.

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27 Cost., ha sostenuto che, di tutte le disposizioni costituzionali

riguardanti la disciplina dei diritti di libertà, questa sia la meno “liberale”, in quanto prevede la possibilità di poteri di accertamento e ispezione da parte dell’autorità amministrativa, senza l’intervento preventivo da parte del giudice.46 Questa possibilità deve essere supportata da motivi specificamente indicati, ma in ogni caso comporta un venir meno al principio della riserva di giurisdizione. Si è cercato di dare un’interpretazione della medesima il più possibile coerente e conforme ai dettami costituzionali, ma, data anche la poca chiarezza dei lavori preparatori, la dottrina si è assestata su una posizione non univoca, dando vita a due principali posizioni: la prima, patrocinata in particolar modo da G. Amato47, sostiene che la diversa tutela garantita alla libertà domiciliare sia dovuta alla complessa articolazione degli interessi in gioco; la seconda invece, sostenuta da una parte minoritaria della dottrina, afferma che la coerenza tra il secondo e il terzo comma sia da ritrovare nella natura del provvedimento limitativo, infatti gli atti contenuti nel terzo comma, riguardando misure meramente obbligatorie, richiedono minori garanzie rispetto a quelli contenuti nel secondo comma, che hanno carattere prettamente coercitivo. In dottrina si ritiene che per prevedere limiti al principio dell’inviolabilità del domicilio, sulla base del terzo comma dell’art. 14 Cost.,

46 P. Caretti, “I diritti fondamentali”, G. Giappichelli editore, Torino, p. 56.

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28 occorra il rispetto di determinate condizioni: per prima cosa

infatti, è possibile introdurre solo strumenti di accertamento conoscitivo che non abbiamo quei caratteri di grave interferenza, propri delle perquisizioni e sequestri; in secondo luogo, come afferma esplicitamente la norma, tali strumenti devono essere introdotti con “legge speciale”, alla quale, inoltre, è affidato il compito di prevedere le finalità che si intendono perseguire48.

1.3: Genesi storica delle intercettazioni.

L’intercettazione telefonica venne utilizzata per la prima volta, come mezzo di ricerca della prova negli Stati Uniti, a cavallo tra la fine dell’800 e gli inizi del ‘900. In quegli anni, più precisamente tra il 1913 e 1933, il Parlamento degli Stati Uniti emanò il XVIII emendamento, in cui si dichiararono illegali la fabbricazione, la vendita, l’importazione e il trasporto di alcool. Questo periodo storico è detto comunemente “Proibizionismo”. In questa fase si fece largo uso delle intercettazioni e, a causa della loro ampia diffusione, fu necessaria da parte della giurisprudenza americana un’opera di revisione dei precetti costituzionali in tema di libertà civili.49 Diverso fu in Italia l’approccio verso la nuova

48 P. Barile, “Diritti dell’uomo e libertà fondamentali”, Il Mulino, Bologna, 1984.

49 Un emblematico precedente in materia, per la giurisprudenza degli Stati Uniti, fu il “caso Olmstead”. Nel 1926 infatti la Corte Federale dello Stato di Washington, sulla base di prove per la gran parte raccolte dalla polizia attraverso le

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29 materia. Infatti, se il codice del 1865 per ovvie ragioni

temporali e tecnologiche ignorava del tutto la disciplina, assolutamente approssimativa si dimostrò la formulazione degli artt. 170 e 238 da parte del codice del 1913, probabilmente anche a causa del rarissimo uso che all’epoca si faceva del mezzo in questione, motivato anche dalla scarsità degli strumenti tecnici e dal fatto che non se ne colse immediatamente l’efficacia a scopo probatorio. Neppure erano ipotizzabili, agli inizi del secolo scorso, le problematiche che ne sarebbero derivate in relazione al diritto alla riservatezza.50 Durante il secondo mandato di Giolitti come Presidente del Consiglio dei Ministri del Regno D’Italia, venne istituito il “Servizio di Intercettazione”, il quale andò a costituire un reparto della Polizia di Stato e di cui si fece ampio uso al fine di sorvegliare e ricavare utili informazioni da personalità più in vista del mondo politico, economico e religioso dell’epoca 51. Con l’avvento del Fascismo, data l’impronta fortemente autoritaria, si evitò di dare forma a una dettagliata normativa, dato che l’assenza di principi garantisti permetteva di coniugare le esigenze autoritarie e repressive del Regime. Pertanto il Codice Rocco, agli articoli 226 e 339, ripropose

intercettazioni del suo telefono, condannò a 4 anni di reclusione e al pagamento di una multa di 8.000 dollari il noto contrabbandiere di alcool Roy Olmstead con l’accusa di violazione del Volstead Act e associazione a delinquere; nel 1928 Olmstead fece però ricorso alla Suprema Corte degli Stati Uniti (Olmstead v. United States) sostenendo che l’intercettazione e l’uso di conversazioni telefoniche private, ottenuto dagli agenti federali senza approvazione giudiziaria e successivamente utilizzate come prove, costituiva una violazione dei diritti della difesa sanciti dal IV e V emendamento della Costituzione americana; la Corte tuttavia, respinse il ricorso dichiarando che né il IV né il V emendamento erano stati in alcun modo violati.

50 Aloisi-Mortara, “Spiegazione pratica del codice di procedura penale”, Torino 1913; in Bruno: Digesto delle discipline penalistiche 1993.

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30 invariata la legislazione presente nel codice del 1913, che

confermava un forte potere e capacità d’azione alla parte inquirente. La lacunosa disciplina prevedeva che le intercettazioni venissero effettuate “presso impianti telefonici di pubblico servizio”. Le operazioni di captazione e registrazione delle conversazioni venivano perciò svolte unitariamente attraverso registratori collocati presso l’operatore telefonico e presidiati da personale di polizia giudiziaria. Questa metodologia si prestava ad evidenti abusi, consentendo agevolmente ascolti illeciti. Mussolini, come già fecero i Governi Giolitti e Nitti, ordinò al Servizio d’Intercettazione di controllare e monitorare i telefoni di gerarchi, politici di opposizione, militari, intellettuali, giornalisti, avvocati e diplomatici stranieri. Le conversazioni captate venivano stenografate e numerate su appositi blocchetti, venivano annotati gli interlocutori, l’oggetto della conversazione e il modo in cui questa avveniva, con lo scopo di decifrare eventuali messaggi in codice. Dunque tale strumento si dimostrò molto utile per gli scopi di un regime dittatoriale che, forte della possibilità di intercettare comunicazioni di ogni genere, riuscì a reprimere eventuali azioni sovversive e a individuare numerosi oppositori politici. Nel 1947 i Padri Costituenti, lungi dal voler rinnovare le disposizioni autoritarie del Regime Fascista e consapevoli di quanto pericoloso potesse essere il controllo delle relazioni private dei singoli, formularono l’art. 15 della Costituzione,

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31 riservando così un trattamento particolare alla tutela della

libertà e della segretezza delle comunicazioni e ponendo un limite alle competenze della polizia, conferendo potere di azione solo all’autorità giudiziaria che, d’altra parte, avrebbe potuto operare esclusivamente con atto motivato conforme alla legge.

Il legislatore, tuttavia, ritenne insufficiente la garanzia fornita dal precetto costituzionale e, con lo scopo di dettare una disciplina più dettagliata della materia, emanò la legge n. 517 del 1955; Questa aggiungeva all’art. 226 del c.p.p. il comma quarto che, conformandosi al testo dell’art. 15, secondo comma della Costituzione, imponeva al giudice di motivare ogni intercettazione. Negli anni ’70, per via dello sviluppo tecnologico e del sorgere di nuove esigenze legate alla libertà e riservatezza personale, la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 34 del 197352, stabilì, riferendosi all’art.24 Corte Costituzionale, quali regole processuali dovessero disciplinare lo strumento delle intercettazioni. Il legislatore ordinario, sulla base delle indicazioni fornite dalla Corte Costituzionale, emanò la legge n. 98/197453, norma cardine relativa ai presupposti, ai termini, alle modalità di esecuzione e alle sanzioni.

52 “Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 226, ultimo comma, del c.p.p., in riferimento all'art. 24 della Costituzione poiché il richiamo della garanzia del diritto di difesa, in collegamento con la facoltà riconosciuta all'imputato di serbare il silenzio dinanzi all'autorità giudiziaria o all'ufficiale di polizia giudiziaria interrogante (art. 78 c.p.p. nel testo modificato dalla legge 5 dicembre 1969, n. 932) non è affatto pertinente alla ipotesi di indagine preliminare all'istruttoria effettuata con il mezzo delle intercettazioni telefoniche.”

53 L. 08/04/1974, n. 98, Tutela della riservatezza e della libertà e segretezza delle comunicazioni. Pubblicato nella Gazzetta Uff. 12 aprile 1974, n. 97.

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32 La legge aveva lo scopo di contrastare il fenomeno delle

intercettazioni abusive, che in quegli anni erano state oggetto di un eclatante dibattito mediatico a livello internazionale. Nel 1972 scoppiò infatti negli Stati Uniti lo scandalo Watergate, causato da alcune intercettazioni abusive effettuate nel quartier generale del Comitato Nazionale Democratico, ad opera di uomini legati al Partito Repubblicano. L’evento ebbe una portata tale da condurre alla richiesta di impeachment e alle conseguenti dimissioni dell’allora Presidente degli Stati Uniti, Richard Nixon. Gli anni ’70, in Italia, si caratterizzarono per un’estremizzazione della dialettica politica che si tradusse in violenze di piazza, nell’attuazione della lotta armata, in atti di terrorismo di matrice eversiva e di una sempre maggiore presenza sul territorio di organizzazioni criminali: gli “anni di piombo”54. Data la delicata situazione politico sociale, lo Stato mise in atto una legislazione d’emergenza”, che comportò un sostanziale deficit di garantismo da parte delle istituzioni, di cui è emblematica la legge n. 191/197855, che ha convertito in legge il decreto-legge 21 marzo 1978, n.59. Questa facilitò l’azione investigativa degli inquirenti, ma comportò una forte lesione alle libertà personali dell’individuo. Si permetteva infatti alla Polizia Giudiziaria di eseguire intercettazioni con degli impianti

54 L'espressione deriva dal titolo omonimo del film “Anni di piombo”, uscito nel 1981 che trattava l'esperienza storica analoga e contemporanea vissuta dalla Germania Ovest

55 L. 18/05/1978, n. 191. Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 21 marzo 1978, n. 59, concernente norme penali e processuali per la prevenzione e la repressione di gravi reati. Pubblicato nella Gazzetta Uff. 19 maggio 1978, n. 137. Otto giorni dopo le dimissioni, avvenute il 10 maggio, dell’allora Ministro dell’Interno, Francesco Cossiga.

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33 dislocati presso i propri corpi, nonché la possibilità di ricevere

a scopo probatorio proroghe a tempo indeterminato; si ammetteva l’uso di nastri e verbali anche in procedimenti diversi da quelli in cui l’intercettazione era stata autorizzata e disposta, ma, soprattutto, l’art.9 inseriva l’art.226- sexies che, testualmente, era intitolato “Intercettazione preventiva di comunicazioni o conversazioni telefoniche”. Questa serie di norme costituì la base per la redazione degli articoli in materia di “Intercettazioni di conversazioni o comunicazioni” presenti nel nuovo codice di procedura penale promulgato nel 1988 ed entrato in vigore nel 1989. Dopo aver brevemente descritto il profilo storico delle intercettazioni, per concludere, si può affermare che, nel corso della storia, sia Italiana che estera, le suddette siano state utilizzate come uno strumento di regime, con lo scopo di spiare e manipolare eventi storici e politici.

1.4: Nozione di intercettazione.

Lo strumento di captazione di comunicazioni ha acquisito un

ruolo determinante nella prevenzione e repressione dei reati.56 Tuttavia, il codice non contiene una definizione del termine

56 Un rapporto elaborato in proposito nel 1967 dal New York State Legislative Committee ha dichiarato che dal 1952 al 1967 furono poste in essere nel solo Stato di New York circa ventiduemila intercettazioni, inoltre, sulla base dei dati recuperati, si ritiene che, a partire dagli anni 2000, annualmente vengano installati all’interno dello Stato, all’incirca diecimila microfoni nascosti. Queste cifre naturalmente sono aumentate notevolmente, soprattutto a causa dei numerosi attacchi terroristici che non ha fatto altro che aumentare il senso di paura nei confronti dello straniero, è in continua crescita. H. Schwartz, “The Legitimation of Electronic Eavesdropping: the Politics of Law and Order”, in Michigan Law Review, 1968-1969.

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34 “intercettazione”.57 Si ritiene che la nozione accolta dal nostro

legislatore si identifichi con l’ascolto diretto e segreto di messaggi comunicati tramite apparecchio telefonico, nel momento stesso in cui la comunicazione si sta svolgendo. L’intercettazione deve avvenire all’insaputa di almeno uno degli interlocutori: si acquisisce in tal modo un alto grado di genuinità della comunicazione.58 L’intrusione nella sfera privata deve avvenire con modalità di intromissione che travalichino il normale livello di percezione dei sensi umani e attraverso un apparato in grado di fissare la conversazione, producendo così una prova storica indipendente dalla testimonianza di terzi.59 L’intercettazione non costituisce un vero e proprio mezzo di prova, poiché, per sua natura, tende a ricercare elementi relativi ad un reato già in atto. 60 Costituisce comunque uno strumento di importante rilevanza, dato che un determinato evento viene fissato in modo immutabile attraverso l’ingerenza occulta nell’ambito protetto della sfera privata del singolo individuo. Si tratta di una tecnica investigativa che si avvale dell’utilizzo di strumenti meccanici, che permettono di riprodurre nuovamente lo stesso contenuto

57 Questo atteggiamento da parte del legislatore è stato fortemente criticato in quanto si presta a pericolosi abusi da parte delle autorità competenti, tuttavia, parte della dottrina, ha riscontrato in questa posizione del legislatore, una lungimiranza nei confronti del progresso tecnologico futuro.

58 Caprioli, “Intercettazione e registrazione di colloqui tra persone presenti nel passaggio dal vecchio al nuovo codice di procedura penale”, in Rivista italiana diritto processuale penale, 1991, 155; P. Tonini, “La prova penale”, Cedam, Padova, 2000, in cui definisce l'intercettazione come la «captazione, mediante l'impiego di strumenti meccanici o elettronici, di una comunicazione o conversazione riservata, quando la captazione medesima è operata in modo clandestino da un soggetto terzo rispetto agli interlocutori».

59 Gosso, voce "Intercettazioni telefoniche", in Enciclopedia del diritto, pp. 889 ss.

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35 in ambito processuale. 61 Con intento chiarificatore, è

intervenuta la Corte di Cassazione, che ha definito l’intercettazione come “l’apprensione occulta, in tempo reale, del contenuto di una conversazione o di una comunicazione in corso tra due o più persone da parte di altri soggetti, estranei al

colloquio”. 62

L’attività di intercettazione così definita può essere compiuta solo con l’ausilio di strumenti tecnici di captazione del suono, escludendo in questo modo tutte altre forme di registrazione clandestina di comunicazioni segrete attuate per mezzo delle comuni facoltà sensoriali umane, che, per questo motivo, vengono escluse dalla disciplina processuale, mantenendo tuttavia il loro valore probatorio. Esse possono essere utilizzare nel processo sulla base del mero ricordo del soggetto che ha ascoltato. Occorre però far menzione di quella parte della dottrina, che, se pur minoritaria, ritiene che debbano considerarsi vera e propria intercettazione anche l’ascolto di una conversazione, compiuta esclusivamente con il solo mezzo delle comuni facoltà sensoriali, rendendo in questo modo applicabile la disciplina dettata dagli art. 266-271 c.p.p.63. Al contrario, secondo la prevalente opinione, la prova del contenuto della conversazione, in mancanza quindi di una registrazione, sarebbe affidata esclusivamente alla percezione

61 V. P. Cendon, “Le prove penali”, Giuffrè, 2011.

62 Cass. pen., Sez. Un., 28 maggio 2003, n. 36747, in Arch. nuova Proc. Pen., 2003, 540

63 In tal senso Bruno, “Intercettazione di comunicazioni o conversazioni”, in D. disc. penale, VII, 1993, 179, nonché Cordero, “Codice di procedura penale commentato”, Torino, 1992 e Spangher, “La disciplina italiana delle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni”, in Arch. penale, 1994.

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36 più o meno corretta, prima, e al ricordo più o meno preciso,

poi, del soggetto captante che dovrà riferire come testimone, senza l’aiuto di alcuna strumentazione meccanica di riproduzione del suono. Inoltre, quando l’ascolto avviene ad orecchio nudo, ma senza modalità surrettizie e clandestine, poiché la conversazione non avviene in modo segreto ma è ascoltabile da chiunque si trovi in quel determinato luogo, non si verte in tema di intercettazioni. Colui che ha ascoltato può riferirlo in sede di testimonianza. La principale distinzione all’interno della categoria delle intercettazioni si fonda sulla loro finalità. Si hanno dunque intercettazioni definite “preventive”, che hanno una funzione prevalentemente di pubblica sicurezza e mirano alla prevenzione del reato, e intercettazioni processuali, che, a differenza delle prime, hanno lo scopo di permettere la continuazione delle indagini preliminari oppure quello di agevolare le ricerche del latitante (art. 295 commi 3 e 3-bis c.p.p.). L’oggetto delle intercettazioni è costituito da comunicazioni, 64 che, in base al significato dell'art. 15 della Costituzione, consistono in manifestazioni di pensiero, espresse nelle conversazioni tra presenti o nelle comunicazioni a distanza, rivolte ad uno o più destinatari predeterminati ed aventi la peculiare caratteristica di essere volontariamente sottratte alla conoscibilità di terzi. Il primo comma dell’art. 266 parla letteralmente di

64 Cademartori chiarisce il concetto di comunicazione come «trasmissione a distanza del pensiero umano», in quanto tale contrapposto alla conversazione, che è invece un colloquio tra persone presenti.

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37 “conversazioni o comunicazioni telefoniche e altre forme di

telecomunicazione”. Si può osservare che dei due primi sostantivi usati nella disposizione per caratterizzare, quanto all’oggetto, questo strumento, l’uno, le conversazioni, non sono altro che una specificazione del secondo, le comunicazioni. Dunque, si potrebbe concludere che risulterebbe più corretta la nozione utilizzata dall’art. 2.41 della l. 81/1987, che parlava di “intercettazioni di conversazioni e di altre forme di comunicazione”. Nel secondo comma dell’art. 266 c.p.p. si estende ulteriormente il campo di applicazione dell’istituto, con riferimento all’intercettazione di comunicazioni tra presenti, anche dette “ambientali”. Infine, la legge 547/1993 ha inserito l’art.266-bis c.p.p. con lo scopo di disciplinare “l’intercettazione di comunicazioni informatiche o telematiche”. Dell’ampiamento che ha caratterizzato la nozione di intercettazione, al di là delle tradizionali captazioni telefoniche, si ritrova conferma anche nell’atteggiamento della Corte europea dei diritti umani, la quale, nella sentenza 10.3.2009, Bykov c. Russia, ha ritenuto applicabile la propria giurisprudenza in tema di intercettazioni telefoniche alla captazione e registrazione di conversazioni attraverso apparecchi radio nel corso di un’operazione di polizia. Dato il carattere fortemente intrusivo che caratterizza lo strumento captativo, il legislatore ha cercato di contenerne l’uso, prefigurando così una tipologia di reati. L’elencazione è contenuta all’interno del primo comma dell’art. 266 c.p.p. ed

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38 ha carattere tassativo. La disposizione si caratterizza per la

distinzione tra un criterio quantitativo, basato sul quantum di pena che individua una serie di gravi reati nelle lettere a e b, e un criterio qualitativo, che costituisce il fondamento delle previsioni delle lettere successive. Definita la nozione di intercettazione, occorre, a questo punto, specificare in modo più dettagliato alcuni caratteri fondamentali che caratterizzano tale strumento e che avranno un ruolo rilevante per comprendere le deroghe legislative, stabilite dall’ordinamento nei casi di criminalità organizzata.

1.5: I caratteri fondamentali dell’intercettazione:

- La segretezza della comunicazione intercettata:

Il fondamento del diritto alla segretezza delle comunicazioni è da ricercare all’interno della Carta Costituzionale. L’art. 15 cost. attribuisce tale diritto sia al mittente sia al destinatario della comunicazione, con lo scopo di tutelare ogni illegittima interferenza sia da parte di organi pubblici che privati. In dottrina si è sottolineato il forte legame tra il diritto alla segretezza e il diritto alla libertà di comunicazione, dato che se venisse protetto solo uno dei due diritti (cioè la libertà senza segretezza o, viceversa, la segretezza senza libertà) la tutela affidata all'art. 15 cost. risulterebbe priva di efficacia reale da

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39 un punto di vista pratico65. Il carattere di segretezza deve

risultare in modo oggettivo sulla base di come avviene la comunicazione, non potendo dar esclusiva rilevanza all’intenzione soggettiva di colui che comunica. Questo è giustificato dal fatto che non sia possibile dimostrare dal punto di vista giuridico ciò che rimane all’interano di uno spazio prevalentemente psicologico. Quindi, la giurisprudenza unanime ritiene che non possa considerarsi oggettivamente segreta la comunicazione di coloro che parlano in luogo pubblico, mentre occorre ritenere oggettivamente segreta la medesima quando avviene nel proprio domicilio, in presenza del solo destinatario. Da ciò si può dedurre che una comunicazione possiede il carattere della segretezza quando colui che comunica intende destinare la stessa a uno o più soggetti determinati, con l’intenzione di estromettere coloro che non siano destinatari diretti o indiretti. Il carattere della segretezza appartiene anche alle comunicazioni che vengo effettuate tramite telefono o posta elettronica, in quanto tali strumenti creano, in chi li utilizza, la legittima aspettativa di mantenere riservato il contenuto della comunicazione stessa. La Corte europea dei diritti dell’uomo ha sostenuto che è possibile rinunciare a questo interesse, tutelato dall’ordinamento, solo attraverso un’esplicita manifestazione

65 Ubertis e Paltrinieri, “Intercettazioni telefoniche e diritto umano alla privatezza nel processo penale”, in Riv. it. dir. procedura pen., 1979, 593 s.

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40 di volontà. 66 La segretezza della comunicazione persiste

finché il destinatario, ricevuto il messaggio, ne abbia preso conoscenza. Da questo momento la comunicazione può eventualmente diventare un documento e, per questo, esser tutelato dalla disciplina delle ispezioni, perquisizioni e sequestri. L’onere di dimostrare il carattere segreto della comunicazione incombe sul soggetto interessato ad escludere il reperto dal processo.67

- La terzietà del soggetto captante:

Il secondo elemento fondamentale che caratterizza lo strumento intercettativo è costituito dalla terzietà del soggetto che capta la conversazione. Per intercettazione si intende la ricezione di messaggi, notizie, comunicazioni trasmesse ad altro destinatario sia per iscritto, sia per via telegrafica, telefonica, via radio o mediante segnali ottici, senza impedirne la prosecuzione, ma agendo in modo che né il mittente né il destinatario se ne accorgano. Dunque risulta chiaro che non si possa parlare di intercettazione allorché uno dei dialoganti registri la conversazione all’insaputa dell’altro; infatti, in questo caso, non vi è intervento di un terzo e non si consuma

66 Corte europea dei diritti dell'uomo 23 novembre 1993, caso “A.c. Francia”, in Publications of the European Court of Human Rights, serie A, vol. 277, 1993, ha precisato che le comunicazioni telefoniche «sono per definizione confidenziali» e il loro «carattere privato non viene meno per il solo fatto che il contenuto concerne o può interessare la pubblica autorità», aggiungendo che tale carattere confidenziale della comunicazione telefonica non viene meno neppure nel caso in cui la registrazione venga effettuata da uno degli interlocutori.

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41 alcuna violazione del diritto alla segretezza. Questa distinzione

è stata confermata da un’importante sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo del 23 novembre 1993, la quale ha rilevato una lesione della riservatezza nel comportamento del dialogante che registra clandestinamente una comunicazione all’insaputa dell’altro interlocutore e la utilizza in un processo.68 L’intercettazione può essere disposta solo per atto motivato dell’autorità giudiziaria e con le garanzie previste dalla legge. In proposito, come già sottolineato, l’art 15. Cost. contiene una riserva di legge e una riserva di giurisdizione, imponendo dunque che la stessa possa esser disposta solo per iniziativa del pubblico ministero, su autorizzazione del giudice 69. Pertanto, le intercettazioni effettuate da un soggetto privato sono illegittime e possono integrare i delitti di cui agli art. 617 e 617-quater c.p. Questo è stabilito dall’art. 271 c.p.p., il quale vieta di usare i risultati di intercettazioni “eseguite fuori dai contesti della legge”.70 Quanto detto può essere confermato da una storica sentenza della Corte di Cassazione, risalente all’8 Ottobre 1985, caso Siorio, dove la stessa ha stabilito che non può esser qualificata come intercettazione né la “rivelazione” di una conversazione ad opera di chi vi abbia preso parte, né l’eventuale

68 Corte europea dei diritti dell'uomo 23 novembre 1993, cit., la quale ha ravvisato una violazione dell'art. 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (adottata a Roma il 4 novembre 1950 e resa esecutiva in Italia con l. 4 agosto 1955, n. 848) ed in particolare del diritto al rispetto della corrispondenza. 69 Cosi in A. Galati, G. Tranchina, E. Zappalà, “Diritto processuale penale”, a cura di D. Siracusano, Giuffrè editore, Milano, 2001.

70 Così, Camon, “Le intercettazioni”, cit., 60. Filippi pare sposare una tesi intermedia, negando la legittimità delle intercettazioni operate dai privati, a meno che esse non costituiscano esercizio di un diritto.

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