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2.4.1: Motivazione del decreto di autorizzazione.

La motivazione del decreto autorizzativo costituisce un ulteriore momento di tutela, finalizzato a dimostrare l’effettiva esistenza dei requisiti previsti dalla legge. Essa deve dunque contenere la notizia di reato, la gravità degli indizi raccolti, le

88 cause che rendono indispensabile il ricorso all’intercettazione

e, nel caso di decreto del pubblico ministero, come affermato precedentemente, le ragioni dell’urgenza. 130 Per quanto riguarda l’indicazione attinente alla notizia di reato, non vi sono grandi problemi, infatti dottrina e giurisprudenza considerano giustificate le decisioni che non richiedono l’indicazione esplicita dell’articolo di legge, né la precisa denominazione giuridica del titolo di reato verificatosi nel caso concreto.131 È invece assolutamente necessario indicare gli elementi da cui si desumono i gravi indizi, affinché le parti siano in grado di valutarne la portata, al fine di costruire un’efficace strategia difensiva. Questa garanzia non pregiudica in alcun modo l’attività del pubblico ministero, infatti se il giudice ritenesse rischioso, ai fini delle indagini, un’immediata comunicazione ai difensori delle parti degli elementi di prova che legittimano l’intercettazione, potrebbe differire, ai sensi del quinto comma dell’art. 268, il deposito e gli avvisi sino alla chiusura delle indagini preliminari. 132 Anche l’ultimo presupposto, l’assoluta indispensabilità per la prosecuzione delle indagini, ha rivelato violazioni frequenti,

130 E. Aprile, in “Le intercettazioni telefoniche ed ambientali”, Giuffrè, 2004, p. 10.

131 Si ritiene sufficiente che l’ipotesi criminosa emerga chiaramente dal contenuto dell’atto, come sostenuto dalla Corte di Cassazione nella sentenza sez. I, 4 giugno 1992, Filannino, in Archivio nuova procedura penale, 1993, p. 172. Si sostiene che la conclusione sarebbe diversa, nel caso in cui fosse previsto, come per le misure cautelari personali, l’indicazione delle norme di legge che si assumono violate. Tale differenza tra l’art. 292 c.p.p. e l’art. 267 c.p.p. è giustificata dal fatto che l’ordinanza che dispone una misura cautelare si dirige in primo luogo all’imputato, mentre il decreto che autorizza l’intercettazione è rivolto soprattutto al difensore, come risulta implicitamente dall’art. 268 c.p.p., dove appunto è previsto l’avviso ai difensori delle parti, ma non a queste ultime.

132 La Corte di Cassazione nella sentenza 13 gennaio 1983, Giudice, in Cass. Pen. Mass. Ann. 1984, ha ritenuto congruamente motivato un decreto autorizzativo contenente il mero riferimento alla necessità di identificare i soggetti dediti allo spaccio di stupefacenti.

89 risultando sufficiente il mero riferimento alla struttura dello

specifico fatto delittuoso, diventando così irrilevante il fatto che si possa ricorrere a mezzi investigativi diversi. Lo scopo principale della motivazione consiste nel dimostrare la corrispondenza della fattispecie concreta a quella astratta. Di conseguenza, è imprescindibile che il giudice sia a conoscenza degli elementi che costituiscono la fattispecie concreta.133 Quanto al grado di specificità della motivazione, la giurisprudenza appare divisa. Secondo un primo orientamento la motivazione in ordine ai gravi indizi di reato potrebbe limitarsi ad una esposizione sommaria di tutti quegli elementi da cui è possibile desumere che il reato è stato consumato.134 In base ad un’altra impostazione, la motivazione dovrebbe invece essere più dettagliata , contenendo l’indicazione delle fonti dalle quali risultano gli elementi indiziari, della relativa idoneità a connotare gli indizi medesimi del requisito della gravità e della menzione del titolo del reato che legittima il ricorso alle captazioni. In dottrina si ritiene preferibile il secondo orientamento, in considerazione del fatto che la motivazione dell’atto autorizzativo delle intercettazioni si configura come una sorta di “giustificazione” per il sacrificio imposto al diritto alla riservatezza delle comunicazioni. Naturalmente, nelle indagini per delitti di criminalità organizzata, si verifica un affievolimento di questi elementi,

133 Cass., sez. I, 8 aprile 2010 n 17939 in C.E.D. 247055.

90 infatti basterà dimostrare che gli indizi risultino sufficienti e

che l’utilizzo dello strumento captativo sia necessario ai fini delle indagini. In questi casi, parte della dottrina, ritiene legittima la propensione giurisprudenziale ad argomentare per relationem, cioè operando un rinvio alla richiesta di intercettazione, alla quale viene demandato il compito di dimostrare la sufficienza degli indizi e la necessità investigativa. Tale prassi tuttavia si verifica anche al di fuori di questi casi: originariamente la Corte di Cassazione aveva chiarito che l’indicazione in via indiretta degli indizi potesse rappresentare il contenuto del decreto, come requisito formale ulteriore rispetto alla motivazione, senza però giustificare la mancanza di un’autonoma analisi sulla loro serietà e concretezza. La giurisprudenza successiva si è tuttavia discostata da questa tesi, ritenendo superflua, in quanto implicita nel rinvio, anche la dimostrazione della gravità degli indizi, arrivando al punto di omettere l’indicazione degli indizi o degli atti dai quali questi possano essere dedotti.135 Tale prassi diminuisce il coinvolgimento del giudice nell’operazione decisoria, rendendolo improntato all’acquiescenza verso le conclusioni del pubblico ministero, evitando così una valutazione critica degli elementi e giungendo ad una mera adesione ai ragionamenti avanzati

91 dall’accusa.136 Si ritiene tuttavia legittimo il caso in cui il

giudice si appoggi alle valutazioni del Pubblico ministero che, nel momento in cui abbia richiesto l’autorizzazione, abbia indicato gli atti da cui si traggono gli indizi e la loro gravità, considerando che quelle conoscenze possono essere individuate una ad una, attraverso il richiamo agli atti di indagine. È utile ai fini della trattazione, richiamando anche quanto detto precedentemente riguardo l’intercettazione disposta per motivi d’urgenza, che, mentre il primo coma dell’art. 267 c.p.p. stabilisce che l’autorizzazione è data con decreto motivato, tacendo sull’eventualità di un diniego, il comma successivo prevede un decreto motivato per il provvedimento che decide sulla convalida, quindi anche la decisione di rifiuto. Dunque se ne può dedurre che il giudice è perfettamente libero di negare l’autorizzazione con un provvedimento che non deve nemmeno essere motivato. Tuttavia se fosse stato il Pubblico ministero a disporre l’intercettazione, allora il giudice dovrebbe esplicitamente motivare il suo dissenso al decreto autorizzativo.

136 E. Amodio sostiene che la natura accessoria del dovere di motivare rispetto al dovere di decidere, porta a fissare la regola dell’identità tra soggetto decidente e soggetto legittimato a redigere i motivi, sostenendo che non vi sia motivazione se il discorso giustificativo proviene da non abbia preso parte alla deliberazione. Per questo motivo ritiene che debba essere esclusa la legittimità della motivazione per relationem ad atti processuali provenienti da soggetti diversi dai giudici che abbiano preso parte alla deliberazione.

92

2.4.2: L’utilizzabilità dei risultati acquisiti.

Le trascrizioni delle registrazioni e le stampe delle comunicazioni informatiche vengono inserite all’interno del fascicolo del dibattimento, ai sensi dell’art. 268, comma 7 c.p.p., al pari delle registrazioni. Quest’ultime tuttavia trasmigrano nel fascicolo del dibattimento esclusivamente come atti irripetibili, per cui il contenuto delle conversazioni intercettate può naturalmente esser ascoltato, in quanto è esso stesso che costituisce la prova, ma può essere provato solamente mediante la trascrizione delle stesse, essendo illegittima e priva di valore probatorio la testimonianza sul contenuto dei dialoghi. Nelle fasi antecedenti al dibattimento, i risultati delle intercettazioni posso essere utilizzati in sede di procedimento cautelare al fine di valutare la gravità degli indizi di colpevolezza, con l’obbligo per il pubblico ministero, a pena di inutilizzabilità, di inviare insieme alla richiesta di misura cautelare, i decreti di autorizzazione, convalida e proroga dell’intercettazione.137 I risultati, frutto dell’utilizzo dello strumento captativo, possono anche essere utilizzati al fine di ottenere un rinvio a giudizio, salvo che tali atti non siano stati assunti in dispregio delle norme codicistiche. Al fine di evitare che l’indiscriminato utilizzo di prove raccolte in

137 L. Filippi, sub art. 271 c.p.p., in Codice di procedura penale commentato, a cura di Giarda– Spangher, 2007, pag. 2002 e ss.

93 altri processi comprometta l’oralità e l’immediatezza nel

dibattimento, l’art. 270, comma 1, c.p.p., vieta che i risultati delle intercettazioni possano essere utilizzati in procedimenti diversi da quelli nei quali sono stati disposti, salvo che risultino indispensabili per l’accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l’arresto in flagranza.138 Da questo punto di vista, risulta decisivo il requisito relativo alla definizione di procedimento diverso, che può essere individuato facendolo corrispondere con il “fatto diverso”, di modo che si è di fronte a un altro procedimento tutte le volte in cui si proceda per un fatto avente struttura soggettiva e oggettiva diversa dal reato a quo. 139 Anche le intercettazioni per la ricerca del latitante, ex art. 295 c.p.p., oltre che a essere utilizzate, se conformi alle prescrizioni generali, nel procedimento per il quale sono disposte, posso confluire, ai sensi dell’art. 270 c.p.p., in altro procedimento senza alcun’altra limitazione, se non quelle richiamate dal terzo comma della norma stessa. Un ulteriore indirizzo giurisprudenziale che caratterizza la normativa riguardante l’utilizzo delle intercettazioni riguarda il sistema della cosiddetta inutilizzabilità interna, in base alla quale un’intercettazione inutilizzabile nel processo nel quale è stata

138 Questo è giustificato dal fatto che sul giudizio di altro procedimento difetta il previo intervento giurisdizionale e, da tale prospettiva, per un verso, la disciplina si pone in contrasto con quanto stabilito dall’art. 15 Cost., e per altro, attraverso di essa si corre il rischio che si attui una sorta di stravolgimento del sistema delle regole mediante la trasformazione dell’originario atto autorizzativo, in una sorta di delega in bianco.

139 Il consolidato orientamento giurisprudenziale esclude dalla disciplina in esame le intercettazioni riguardanti procedimenti concernenti indagini strettamente connesse e collegate sotto il profilo oggettivo, probatorio e finalistico al reato in ordine al quale è stata disposta la captazione. In questo caso infatti, il procedimento non è considerato come diverso.

94 disposta, può essere comunque utilizzata o come notizia

criminis, oppure come atto utile a dar corso ad indagini ulteriori. Infatti, secondo la giurisprudenza di legittimità, in materia di inutilizzabilità non si applica l’art. 185 c.p.p., secondo il quale la nullità dell’atto rende invalidi gli atti consecutivi che dipendono da quello dichiarato nullo, pertanto le informazioni assunte attraverso mezzi di prova illegittimi, possono essere utilizzati legittimamente dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria per il proseguo delle indagini.140 È facile constatare come la prassi processuale si scontri con il diritto alla libertà delle comunicazioni, dato che, se l’inutilizzabilità coincidesse sempre con l’illegittimità dell’intrusione secondo il sistema interno, quanto captato attraverso l’intrusione illegittima non potrebbe essere utilizzato al di fuori del processo, senza perdere il senso stesso dell’illegittimità del diritto protetto. Tale tutela risulta inoltre compromessa dall’indirizzo giurisprudenziale che considera l’acquisizione dei dati riguardanti le chiamate telefoniche, i cosiddetti tabulati contenenti i flussi delle chiamate, come un venir meno della tutela prevista per l’intercettazione del contenuto della telefonata. 141 Detto ciò, si può quindi

affermare che, mentre l’ambito di operatività del divieto di utilizzazione deriva dalla definizione dei limiti di

140 Cass. Sez. III, 29 aprile 2004, Canaj, in Mass. Uff. 229058.

141 S. Furfaro, “Le intercettazioni telefoniche e ambientali, di programmi informatici o di tracce pertinenti in un sistema informatico o telematico”, in “Il doppio binario nell’accertamento dei fatti di mafia” a cura di Alfredo Bargi, G. Giappichelli Editore, 2013.

95 ammissibilità e dai divieti di utilizzazione indicati dall’art.

271, comma 1 e 2, c.p.p., le altre illegittimità, dette solitamente formali, determinano esclusivamente l’invalidità dell’atto. Sono dunque inutilizzabili le intercettazioni eseguite al di fuori dei casi previsti dalla legge e in violazione delle disposizioni di cui agli articoli 267 e 268, commi 1 e 3, c.p.p., nonché in mancanza della richiesta del pubblico ministero, nel caso difetti la verbalizzazione o la registrazione, oppure laddove l’intercettazione sia stata disposta in violazione del segreto professionale, o in ragione della qualità istituzionale del soggetto titolare dell’utenza.142 Inoltre, come si approfondirà successivamente, si può già affermare che sono inutilizzabili le intercettazioni di telefonate in partenza dall’Italia e dirette all’estero, allorquando tutta l’attività di intercettazione, ricezione e registrazione delle telefonate avvenga sul territorio italiano e vi sia stata violazione delle norme sulle rogatoria internazionali.

2.4.3:

I

limiti

alla

pubblicazione

delle