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2.1: Concetto di criminalità organizzata.

Analizzando i cambiamenti quantitativi e qualitativi della criminalità nel mondo, si possono individuare alcuni segnali di una sua parziale trasformazione da una dimensione individuale a una sempre più complessa e organizzata. I fenomeni criminali sembrano seguire lo sviluppo economico e sociale delle società moderne, riproducendone i meccanismi. Più complessa diventa la società nelle sue articolazioni, più complessa tende a diventare la criminalità che ne riproduce le patologie. La criminalità organizzata si modifica in relazione ai cambiamenti del sistema sociale, politico, economico e culturale al quale tende ad adattarsi. La Mafia siciliana, ad esempio, ha seguito i cambiamenti della società siciliana passando da un modello rurale a uno urbano imprenditoriale: un cambiamento che si è tradotto anche nei modi di investire le risorse accumulate illegalmente, passando dall'acquisto di terre a quello di appartamenti e poi all'acquisizione di

57 imprese.96 Conseguenza dell'aumento di questa complessità

criminale è la diffusione di reti che collegano le organizzazioni criminali con istituzioni e consulenti professionali dell'economia legale. Più articolate sono queste reti, maggiori sono le informazioni e le sinergie nel cogliere le opportunità criminali. Il crimine organizzato non si distingue da quello non organizzato per la tipologia di reati commessi, ma per una certa specificità organizzativa dotata di alcune caratteristiche. Infatti vi è una profonda differenza tra la banda di ladri che si forma per commettere una rapina e l'organizzazione criminale dedita con continuità ad affari illeciti. Nel primo caso, ci si trova di fronte a un'organizzazione temporanea, nel secondo invece, ad un'organizzazione permanente o di lunga durata. La durata diviene quindi un elemento caratterizzante, insieme a quello della reputazione. Quest'ultima è una caratteristica che le organizzazioni criminali ricevono nel tempo e che deriva dalla percezione che mass media, organi di polizia e di giustizia diffondono in relazione alle conoscenze maturate. Questa reputazione, che porta ad associare certi comportamenti criminali a una data organizzazione, fa sì che proprio quest'organizzazione venga definita come appartenente alla categoria “criminalità organizzata”. 97 Più cresce la complessità del fenomeno, maggiore è la difficoltà di una

96 D. Gambetta, “La mafia siciliana. Un'industria della protezione privata”, Einaudi, Torino, 1992, pp. 120 ss.

97 Un attentato o un omicidio classificato come “mafioso” ha un significato diverso da un attentato o un omicidio commesso in modo anonimo. La valenza simbolica di quell'aggettivo dipende dalla reputazione, e così gli effetti che ne derivano, interni o esterni al mondo criminale.

58 definizione comunemente accettata. Tuttavia si può affermare

che il minimo comune denominatore della criminalità organizzata è costituito dalla presenza di un'organizzazione strutturata, gerarchica o flessibile, di persone che collaborano per un periodo di tempo prolungato o indefinito, finalizzata all'arricchimento, sia personale che dell'organizzazione, attraverso l'uso della corruzione e della violenza. Tra le definizioni di natura legislativa può essere ricordata quella espressa dall'art. 416 bis c.p.,98 secondo il quale l'elemento fondamentale dell'associazione a delinquere di stampo mafioso si identifica nell'impiego della “reputazione” della stessa associazione, al fine di esercitare specifiche forme di pressione economica e politica sulla collettività e sugli individui: "L'associazione è di stampo mafioso quando coloro che ne fanno parte si avvalgono della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento o di omertà che ne deriva, per commettere delitti, per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per sé o per altri ovvero al fine di impedire od ostacolare il libero esercizio del voto o di procurare voti a sé o ad altri in occasione di consultazioni elettorali". La sempre maggiore interazione tra questa forma di criminalità e il

59 sistema economico e politico ha portato alcuni autori a

considerare con crescente attenzione le sue forme imprenditoriali, che sono divenute il riflesso delle forme imprenditoriali dell'economia legale. Questa forma di criminalità organizzata non tende solo al conseguimento di illeciti profitti, ma persegue una strategia di occupazione del potere, subordinando il progresso della società agli interessi privati di gruppi ristretti, a scapito dell'interesse pubblico.99 Dunque, una struttura economica e di potere che opera stabilmente e in connessione con l'articolazione del sistema economico-politico. Sempre più sottile è la soglia tra criminalità organizzata e criminalità economica, tanto che nel panorama internazionale si sta diffondendo la dizione di “criminalità organizzata finanziaria” per descrivere quella forma di criminalità organizzata che si occupa degli arricchimenti illeciti realizzati attraverso truffe e frodi organizzate, come quelle dirette al bilancio dell'Unione Europea.100 C'è invece differenza tra criminalità organizzata e organizzazioni terroristiche, soprattutto con riguardo alle finalità perseguite: queste ultime hanno infatti finalità ideologiche di sovvertimento del potere costituito, mentre la prima è finalizzata all'arricchimento, spesso in collusione con il potere costituito.

99 R. Catanzaro, “Il delitto come impresa. Storia sociale della mafia”, Padova 1988, pp. 83-84.

60

2.2: D.l. 13.5.1991, n.152 convertito dalla l.

12.7.1991, n.203.

La diffusione capillare delle comunicazioni impone di considerare l'attività di intercettazione di queste ultime, come un imprescindibile strumento di indagine nel contrasto alla criminalità organizzata.101 Questo strumento, a partire dagli anni ’70 è divenuto il principale mezzo di indagine e di acquisizione della prova. La criminalità mafiosa infatti sta conducendo un'aggressione nei confronti della società civile, del sistema produttivo e delle istituzioni che è diversa dal passato. I suoi delitti non sono più la risposta a singole iniziative istituzionali o politiche considerate pericolose. Oggi la mafia non si limita più a difendere i confini tradizionali in una strategia di convivenza, seppure armata, con il potere legale. Oggi la mafia ha in corso un'azione di conquista, di espansione, che tende ad estendere sempre più la propria area di influenza, a controllare territori sempre più vasti, ad impossessarsi di risorse pubbliche e private sempre più ingenti, a condizionare in modo sempre più penetrante il

101 A livello legislativo, il termine sembra essere emerso per la prima volta nell’art. 14 d.l., 15 dicembre 1979, n. 625, convertito nella l. 6 febbraio 1980, n. 15, che, modificando il terzo comma dell’art. 340 c.p.p., permise di delegare alla polizia giudiziaria l’esame di corrispondenza, atti e documenti presso banche, purché le indagini riguardassero certi reati. Il fatto che sia sorto all’interno dell’ambito criminologico, comporta l’utilizzo di categorie poco tassative, contribuendo in questo modo a spiegare le grosse difficoltà in cui si incappa quando si cerca di dare a quell’espressione un significato preciso.

61 funzionamento delle istituzioni locali e degli uffici pubblici.

Infatti questo processo di modernizzazione del crimine organizzato ha rappresentato il passaggio delle associazioni mafiose a una nuova vocazione spiccatamente produttiva, realizzato attraverso l’investimento di ingenti risorse finanziarie provenienti dai traffici illeciti in attività imprenditoriali apparentemente lecite. 102 Ciascuna organizzazione ha davanti a sé due avversari: l'organizzazione concorrente e lo Stato. La velocità di decisione, le mobilità, la capacità di anticipare l'avversario e di rispondere con prontezza sono essenziali per sopravvivere e per vincere. In questa strategia muta anche il senso del conseguimento dell'impunità. Si è sempre trattato di una finalità intrinseca della mafia. Ma nel passato la «linea» della convivenza con il potere legale faceva individuare limiti precisi alle strategie poste in atto per il conseguimento dell'impunità. Il vecchio principio per il quale la mafia non attaccava mai giudici e carabinieri era la traduzione nella sensibilità popolare di un dato di fatto che nel passato era valido. La nuova mafia ha abbandonato il principio di convivenza con il sistema legale ed ha conseguentemente adottato un'altra strategia nei confronti

102 L’inserimento del crimine organizzato nel settore imprenditoriale si è realizzato in due forme: la prima è costituita dalla diretta assunzione di iniziative imprenditoriali da parte delle associazioni mafiose; la seconda invece, è rappresentata dalla strumentalizzazione, da parte delle organizzazioni mafiose, di imprese originariamente pulite.

Il fenomeno dell'imprenditorialità mafiosa si è tradotto in un palese inquinamento del corretto dispiegarsi del gioco di mercato, dato dallo sfruttamento della possibilità di scoraggiare la concorrenza attraverso il ricorso a metodi e pratiche intimidatorie, dalla possibilità di risparmiare sul costo del lavoro, attraverso l'evasione dei contributi previdenziali ed assicurativi e dalla disponibilità delle inesauribili risorse finanziarie derivanti dalle attività delittuose.

62 dei rappresentanti dello Stato e del processo. I mutamenti

qualitativi intervenuti fanno sì che per ciascun gruppo mafioso il conseguimento dell'impunità costituisce non solo un obbiettivo funzionale all'organizzazione, ma una sorta di necessità strutturale per la sopravvivenza nello scontro con le altre organizzazioni, per acquistare e mantenere prestigio, per conservare i proventi e la capacità d'influenza, per rendere più saldo il vincolo tra gli associati ed impedire defezioni. Per questa mafia il processo non è, come forse nel passato, un terreno neutro, non condizionabile, ma piuttosto uno dei numerosi terreni sui quali si esplica la capacità di dominio delle organizzazioni mafiose, che mantengono, in genere, due livelli d'intervento: uno legale, affidato alla difesa, ed uno illegale, affidato agli strumenti tipici dell'azione mafiosa, l'intimidazione, la corruzione, l'omicidio. Da qui nasce l'esigenza di una risposta adeguata da parte dello Stato, una risposta che non deve pervenire solo dagli apparati coercitivi dello Stato ma dall’intera società civile e dalle altre istituzioni, al fine di far maturare una scissione radicale degli intrecci tra legale ed illegale nella spesa pubblica e nella politica. L’inviolabilità della vita privata e dei diritti di libertà e segretezza di ogni comunicazione dovrebbe essere derogabile esclusivamente per atto motivato dall’autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge, tuttavia, con riferimento a determinate tipologie delinquenziali, per altro poco definite, si permette tale violazione sulla base di un parametro di

63 sufficienza indiziaria. A seguito di tutto ciò, il legislatore nel

1991 ha modificato l’impianto originario nella normativa, attenuando le condizioni di legittimazione dei decreti di intercettazione richiesti per indagini concernenti i delitti di criminalità organizzata. Le intercettazioni riguardanti la criminalità organizzata vengono ora disciplinate dall’art 13 del d.l. n.152/1991, convertito con la legge 203/1991. Lo scopo perseguito dalla normativa derogatoria è quello di attribuire maggiori poteri al pubblico ministero e alla polizia giudiziaria, ampliando così il raggio operativo delle operazioni di captazione, per contrastare in modo più efficiente il crimine organizzato, comportando, tuttavia, un’inevitabile compressione della sfera di riservatezza degli individui sottoposti a tale strumento. A tal fine il legislatore ha posto in essere una distinzione tra, procedimenti per reati comuni e procedimenti per reati afferenti alla criminalità organizzata. Nel primo caso, come affermato anche precedentemente, per disporre in modo legittimo di captazioni di conversazioni, occorre che sussistano gravi indizi di reato e l’intercettazione, il cui tempo di durata non può superare i quindici giorni, deve risultare indispensabile ai fini della prosecuzione delle indagini. Naturalmente, nel caso in cui si tratti di intercettazione ambientale e il luogo interessato dall’attività investigativa è un domicilio privata, la captazione può avvenire solo se vi è fondato motivo di ritenere che nel domicilio si stia svolgendo un’attività criminosa. Se, invece, il

64 procedimento penale concerne delitti di criminalità

organizzata, le condizioni che giustificano tale intervento sono fortemente attenute rispetto ai presupposti ordinari. Per queste attività delittuose, il minimum giustificativo di ogni intromissione è praticamente ridotto a zero, rilevando infatti la mera sufficienza indiziaria a discapito della sussistenza di gravi indizi di reato, svilendo in questo modo anche la garanzia costituzionale apprestata dalle disposizioni costituzionali. Oltre al fatto che la captazione debba risultare necessaria, e non indispensabile, per lo svolgimento delle indagini, mutano anche i tempi massimi di durata delle intercettazioni, infatti questo mezzo di ricerca della prova, nel caso in cui venga disposto per reati “speciali”, non può superare i quaranta giorni, ma può essere prorogato per periodi successivi di venti giorni. Se la captazione riguarda comunicazioni tra presenti e deve svolgersi in un domicilio privata, è consentita anche se non vi è motivo di ritenere che in quei luoghi si stia svolgendo attività criminosa.103 È importante sottolineare che, nella valutazione dei “sufficienti indizi” di reato, viene applicato l’art. 203 c.p.p., per cui non è possibile acquisire, e dunque utilizzare, ai fini dell’autorizzazione dell’intercettazione, le notizie confidenziali riferite da ufficiali o agenti di polizia giudiziaria o da personale dipendente dai servizi per le

103 L’attenuazione dei presupposti legittimanti l’intervento di captazione nei reati relativi alla criminalità organizzata va ricondotta alla logica del cosiddetto “doppio binario”, spesso utilizzato per far fronte a reati che destano particolare allarme sociale o che assumono una peculiare rilevanza per la sicurezza pubblica. Si ricorre a strumenti più duttili, data la complessità delle indagini, che però abbassano il grado di tutela e di garanzie per i soggetti coinvolti.

65 informazioni e la sicurezza militare o democratica se gli

informatori non sono stati interrogati, né assunti a sommarie informazioni. La normativa attinente alle intercettazioni, concernenti reati di criminalità organizzata, pur ponendosi come legge speciale rispetto alle disposizioni codicistiche, ha assunto una dimensione tale da condizionare tutta la materia intercettativa, determinando evidenti scadimenti del regime delle garanzie, giustificati però dall’esigenza di contrasto ai fenomeni delinquenziali che maggiormente marcano alcune zone del Paese. Infatti, in origine, la disciplina in tema di intercettazioni riguardava soltanto i delitti di criminalità organizzata o di minaccia con il mezzo del telefono, in seguito, l’elenco delle fattispecie incriminatrici, alle quali viene applicato un regime di captazione attenuato, è stato ampliato. Infatti l’art. 3, comma I, d.l. 18.10.2001, n. 374, convertito in legge 15.12.2001, n. 438, contenente Disposizioni per contrastare il terrorismo internazionale, ha incluso i delitti previsti dall’art. 270 ter c.p. in materia di terrorismo internazionale, i delitti commessi per finalità di eversione dell’ordinamento costituzionale e tutti i delitti previsti dal libro II, titolo XII, capo III, sezione I c.p., riguardante i delitti contro la libertà individuale, mettendo così in luce tutte le diverse problematicità di una normazione che risente di un approccio minimalista al tema della tutela delle garanzie riguardanti la

66 sfera privata degli individui.104 Posta l’entità delle deroghe,

uno dei profili più controversi consiste nella definizione del significato da dare all’espressione “criminalità organizzata”, richiamata dalla norma per definire l’ambito operativo di quei presupposti attenuati che le intercettazioni di cui all’art. 13, d.l. n. 152/1991 subiscono. Alcuni considerano tale accezione come una sorta di categoria, alla quale sono collegabili, a qualsiasi titolo, reati posti in essere da associazioni criminali,105 divenendo dunque presupposto fondamentale, la presenza di un apparato organizzativo la cui struttura assume un ruolo preminente rispetto ai singolo partecipanti.106 Parte della giurisprudenza, minoritaria si intende, conferisce un senso restrittivo al concetto in parola, riconducendovi soltanto i delitti tassativamente previsti dal legislatore.

104 È stato delineato un sistema in cui tutte le captazioni di dati e di notizie sono valutate secondo il parametro di riferimento della normativa riguardante le intercettazioni telefoniche e in cui tutta la fase esecutiva, caratterizzata dal particolare impatto invasivo nei confronti dei diritti fondamentali del cittadino, viene gestita dall’organo accusatorio, comportando situazioni di menomazione rispetto alla compatibilità con i diritti fondamentali riconosciuti. Proprio le indagini di mafia hanno evidenziato una lacuna normativa riguardante la mancata disciplina delle intercettazioni ambientali in relazione all’apposizione dello strumento di captazione all’interno dei luoghi di privata dimora o ad essa equiparati.

105 Interpretazione particolarmente estesa, alla quale vengono ricollegati i delitti associativi, nei quali l’organizzazione costituisce l’elemento strutturale della fattispecie incriminatrice, ma anche le ipotesi di concorso di persone nel reato allorquando vi sia una suddivisione di compiti posta in essere con il comune scopo di collaborare per raggiungere il medesimo obiettivo. La valenza giuridica dei delitti di criminalità organizzata, stando all’indirizzo giurisprudenziale prevalente, deve essere intesa, con riguardo alle finalità che la stessa organizzazione intende proseguire, all’interno delle quali rientrano le attività criminose più disparate. Così M. Montagna in “Le intercettazioni dei delitti di criminalità organizzata”, in “Il reato di associazione mafiosa”, a cura di G. Spangher.

106 Cass., sez. V, 20.10.2003, Altamura, cit., 521, in cui si rileva come in tema di intercettazioni disposte ai sensi dell’art 13, d.l. n. 152/1991, la nozione di criminalità organizzata comprende i reati realizzati da una pluralità di soggetti che, allo scopo di commettere più delitti, costituiscono un apparato organizzativo la cui struttura assume un ruolo preminente rispetto ai singoli partecipanti, per cui sono riconducibili a questa categoria non solo i reati di criminalità mafiosa, ma tutte le fattispecie criminose di tipo associativo.

67

2.1.1:

Presupposti

dell’autorizzazione

a

procedere.

Per disporre in modo legittimo delle intercettazioni è

necessaria l’emissione di un decreto autorizzativo da parte dell’organo giudiziale. Quest’ultimo ha la facoltà di decidere se permettere o impedire l’uso dello strumento captativo. Nel compiere questa valutazione deve necessariamente basarsi su parametri fissati dalla legge: la natura e la gravità del reato cui si riferiscono le indagini, la situazione probatoria al momento della richiesta, la possibilità o meno di ottenere gli elementi necessari con mezzi diversi, meno lesivi quanto al rispetto della privacy. Secondo la Corte Costituzionale, per decidere sull’emissione del decreto, il giudice dovrebbe aspirare al contemperamento di due interessi costituzionalmente protetti. Infatti, è necessario impedire che il diritto alla riservatezza delle comunicazioni telefoniche venga ad essere sacrificato eccessivamente dalla necessità di garantire un’efficace repressione degli illeciti penali. 107 Nonostante ciò, è importante sottolineare come risulti necessaria la contemporanea presenza di tutti i requisiti legali, infatti se ne mancasse anche solo uno, i risultati dell’intercettazione sarebbero inutilizzabili. I presupposti di legittimità delle

107 In realtà, tale compito, più che al giudice spetterebbe al legislatore, in quanto tale bilanciamento dovrebbe esser chiarito dalle previsioni normative. La Corte Costituzionale dunque dovette, a causa dell’inerzia del legislatore, affidare al magistrato un ruolo che non gli apparteneva.

68 intercettazioni ordinarie, in base a quanto stabilito dall’art. 267

c.p.p., sono costituiti dalla presenza di gravi indizi di reato e dall’indispensabilità di tale strumento, ai fini della prosecuzione delle indagini. In via generale, solo il pubblico ministero è legittimato a richiedere l'autorizzazione all'intercettazione, mentre l’emissione del decreto, che deve contenere la motivazione sui presupposti richiesti dalla norma, è di competenza del giudice per le indagini preliminari.108 Ai fini di un rigoroso controllo, è necessario che il pubblico ministero trasmetta al giudice l'intero fascicolo delle indagini, nonché la documentazione delle iscrizioni effettuate nel registro delle indagini, esponendo inoltre le eventuali alternative investigative possibili e la loro pericolosità per lo sviluppo delle indagini. In questo ambito riveste un ruolo fondamentale la motivazione109 del decreto di autorizzazione.

108 Gaito, “Limiti all'utilizzabilità delle intercettazioni telefoniche nelle decisioni sulla libertà personale”, in Giur. it., 1992, II, 513, secondo cui il decreto autorizzativo si atteggia rispetto alle intercettazioni telefoniche alla medesima stregua delle condizioni di procedibilità in riferimento all'esercizio dell'azione penale. Infatti, tenuto conto che le intercettazioni comprimono diritti fondamentali, le valutazioni delle condizioni di validità deve essere particolarmente rigorosa e accompagnata dalla concreta dimostrazione della sussistenza dei presupposti di legge.

109 La Corte di cassazione ha ammesso, nella sentenza della Corte di Cassazione del 21 giugno 2000, n. 17, la validità della motivazione per relationem del decreto autorizzativo, stabilendo però alcune condizioni imprescindibili per la sua legittimità. La Suprema Corte ha infatti affermato che la motivazione per relationem di un provvedimento giudiziale è da considerare legittima quando concorrano le seguenti condizioni. Anzitutto la motivazione indiretta faccia riferimento, recettizio o di semplice rinvio, a un legittimo atto del procedimento, la cui motivazione risulti congrua rispetto all'esigenza di giustificazione propria al provvedimento di destinazione; essa inoltre deve fornire la dimostrazione che il decidente ha preso cognizione del contenuto sostanziale delle ragioni del provvedimento di riferimento e le abbia meditate e ritenute coerenti alla sua decisione; ancora l'atto di riferimento, quando non venga allegato o trascritto nel provvedimento da