Corso di Laurea magistrale
(ordinamento ex D.M. 270/2004)
in Marketing e Comunicazione
Il Distretto vitivinicolo dei Colli
Euganei: una Network Analysis
Relatore
Ch. Prof. Christine Mauracher
Laureando
Giulia Rizzi
Matricola 829747
Anno Accademico
2011 / 2012
Il vino è la poesia della terra (Mario Soldati)
INTRODUZIONE
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1. IL LEGAME VINO E TERRITORIO
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1.1 Stato dell’arte
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2. IL TERRITORIO E LA SUPERFICIE DEI COLLI EUGANEI
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2.1 L’origine
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2.2 Dati riassuntivi
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2.3 L’uso del suolo
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2.4 L’influenza del terroir sul vino
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3. NETWORK ANALYSIS
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3.1 Le reti
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3.2 L’origine della Teoria delle Reti (cenni)
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3.3 Network Analysis e strutture relazionali
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3.4 Gli obiettivi raggiungibili attraverso la Network Analysis e i software utilizzabili
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3.5 I soggetti che operano nel distretto della DOC Colli Euganei
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3.6 Vino e internet, le potenzialità della rete
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3.6.1 Internet, la rete delle reti
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3.6.2 Le potenzialità della rete per i produttori vitivinicoli
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4. IL COMPARTO VITIVINICOLO DELLA DOC COLLI EUGANEI ANALIZZATO IN TERMINI DI
NETWORK E SCAMBI RELAZIONALI
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4.1 Gli strumenti di analisi
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4.2 Il panel di intervistati
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4.3.2 Camera di Commercio di Padova
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4.3.3 Regione Veneto
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4.3.4 Comune di Montegrotto Terme
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4.3.5 Azienda Agricola Agrituristica “La Roccola”
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4.3.6 Azienda viticola
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4.3.7 Fornitore
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4.3.8 Società Cantina DOC Colli Euganei
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4.3.9 Consorzio Volontario DOC Colli Euganei
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4.3.10 Azienda Turismo Padova e Terme Euganee
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4.3.11 Strada del Vino Colli Euganei
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4.3.12 Slow Food Veneto – Condotta della Bassa Padovana
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5 ALCUNE CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
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5.1 Il network della DOC Colli Euganei
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5.2 I nodi chiave del distretto
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5.3 Le evoluzioni del distretto avvenute negli anni recenti
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5.4 Azioni per implementare il comparto
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BIBLIOGRAFIA
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SITOGRAFIA
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ALLEGATO 1 DISCIPLINARE DI PRODUZIONE DEI VINI DEI COLLI EUGANEI
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determinandone cambiamenti e trasformazioni. Essendo questi dei fenomeni diffusi, si verificano anche in ambito economico agrario dove quotidianamente vengono intrapresi studi e analisi di nuovi fenomeni e tendenze. Dallo studio dell’attività agricola emerge sempre di più la sua caratteristica di
multifunzionalità, sicuramente in parte influenzata dalle manovre della Politica Agricola Comune.
Ecco quindi che, in riferimento a questo scenario evolutivo e dinamico dell’economia agraria, si posso trovare molteplici ricerche e analisi che riguardano i prodotti agro‐alimentari1 e la produzione agro‐ alimentare, le dinamiche dei mercati agricoli e tutti i fenomeni legati all’agro‐alimentare in generale che si sono instaurati di recente, nonché il recupero e la rivalutazione di tecniche e produzioni tipiche tradizionali attraverso l’instaurarsi di sinergie tra attività diverse. L’organizzazione del comparto agro‐ alimentare diventa sempre più complessa e sofisticata (Foglio, 1997) in quanto i suoi protagonisti (agricoltura, industria, commercio,…) dimostrano sempre maggiori livelli di professionalità che li portano a valutare nel miglior modo il posizionamento più idoneo dei prodotti, la scelta di politiche e strategie più adatte da abbinare ai più convenienti mezzi di comunicazione e promozione. Tutto ciò consente ad agricoltura e industria di affrontare nella maniera migliore il mercato nazionale e internazionale individuando punti di forza e sinergie attraverso i quali sfruttare i vantaggi competitivi per tradurli successivamente in risultati concorrenziali e redditizi.
Colli Euganei, produzione vitivinicola di quest’area e più in generale della Regione Veneto sono temi trattati molto spesso in analisi di mercato, ricerche nazionali e internazionali. Il motivo sta nel fatto che il comprensorio dei Colli Euganei e la relativa produzione vitivinicola ricadono in una delle principali regioni italiane produttrici di vino, in termini sia quantitativi che qualitativi; il Veneto e i suoi vini infatti riscontrano molto successo sia in Italia che all’estero grazie alla varietà delle molteplici uve autoctone presenti nel territorio. La radicata tradizione, la diversità dei territori stessi e l’antica tradizione ampelografica2 hanno consentito al Veneto di ottenere i risultati odierni sia in termini di reputazione, che in termini di importazioni ed esportazioni. Nel primo capitolo dell’elaborato viene riportata una panoramica su quelli che sono stati gli studi più significativi e di particolare interesse per quanto riguarda il legame vino‐territorio in riferimento alla Regione Veneto e alla sua produzione vitivinicola, con focus sulla DOC dei Colli Euganei. Vengono proposte anche ricerche i cui temi possono non essere basati su casi regionali o nazionali ma che tuttavia presentano significative similarità con le dinamiche che si riscontrano tra le imprese del territorio analizzato. In generale, i temi ricorrenti di particolare interesse per l’ argomento di questo elaborato sono: • i cambiamenti recenti avvenuti nell’industria vitivinicola italiana; • vino e agricoltura biologica ‐ le strategie di marketing per i produttori veneti; • l’importanza del legame che unisce la produzione vitivinicola al territorio locale e regionale; • la reputazione collettiva; 1 Output ottenuto dalla lavorazione di una o più materie prime di origine agricola (Pilati, 2004). 2 Scienza basata su studio, identificazione e classificazione delle diverse tipologie di vitigni e la composizione degli uvaggi (Larousse, 1998).
• wine branding e strategie di successo; • regional branding come fattore determinante la differenziazione del prodotto; • la marca territoriale ‐ place branding e terroir; • il Veneto e i distretti del vino; • le regolamentazioni comunitarie Regg. CE 1493/99 e 1607/00, legge 164/92; • il fenomeno del catching‐up.
1. LEGAME VINO E TERRITORIO
1.1 Stato dell’arte
Una ricerca molto interessante da analizzare in riferimento al tema trattato in questo elaborato riguarda le variazioni recenti avvenute all’interno del settore vitivinicolo italiano (Corrado e Odorici, 2006).
Apriamo una piccola parentesi per ricordare brevemente che il vino è uno dei prodotti agro‐ alimentari più rappresentativi del successo del Made in Italy all’estero, una sorta di fiore all’occhiello dell’agro‐alimentare italiano; il settore vitivinicolo italiano è inoltre uno dei comparti italiani caratterizzati da saldo commerciale positivo, punto a favore per il settore data l’attuale situazione economica non delle migliori. Infine si deve tenere bene in mente che lo scenario politico e soprattutto quello economico stanno subendo significativi cambiamenti:
• cambiano i consumi e conseguentemente varia la localizzazione della domanda, con l’avanzamento di nuovi mercati (Cina in primis), e le nuove tipologie di consumatori inducono variazioni nelle occasioni di consumo;
• cambia la geografia della produzione in seguito all’entrata nel marcato di nuovi competitor e talvolta il consolidarsi del loro potere di mercato va a discapito dei produttori tradizionali presenti nel mercato prima del loro arrivo;
• la riforma OCM vino ha influenzato le regole per la produzione e la commercializzazione
dei prodotti.
L’articolo analizza i cambiamenti recenti avvenuti all’interno dell’industria vitivinicola italiana come ad esempio l’internazionalizzazione, i nuovi stili di consumo che hanno portato il settore vinicolo verso il mass market dove si scontrano da una parte innovazioni legate alla produzione del vino e dall’altra la resistenza di quelli che sono i concetti tradizionali e storici di qualità istituiti dalle regolamentazioni di origine controllata. A fronte di questo scenario gli autori sottolineano il ruolo
delle guide del vino e dei consulenti del vino nell’evoluzione della produzione vitivinicola italiana.
Di fronte alle due tendenze opposte date dall’approccio moderno da un lato e quello tradizionale dall’altro, le guide fungono da importanti strumenti utili per superare questa resistenza. Il ruolo che vanno assumendo le guide del vino è davvero significativo e per questo non va certo sottovalutato. Addirittura lo scorso 18 maggio a Trento, in occasione della 66^ Mostra dei Vini del Trentino,
Maurizio Rossini, portavoce della Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura (CCIAA) per il settore di promozione e sviluppo, ha posto due interrogativi riguardanti in primis l’orientamento del gusto del consumatore odierno e in secondo luogo l’opinione delle guide nei confronti dell’attuale avvicinamento dei consumatori ai vini di qualità. Quest’ultima è una tendenza che si sta diffondendo sempre più velocemente come affermano anche Michel Bettane di Revue du
Vin de France nonché responsabile di La Guide du Vin, Gigi Piumatti della Guida Vini d’Italia nonché
co‐direttore di Slow Food Editore e il direttore della divisione Guide di L’Espresso Enzo Vizzari; i consumatori odierni si avvicinano maggiormente e con più interesse al mondo dei vini di qualità cosa che in passato era più un fenomeno di nicchia che di massa, si interessano alle zone di origine e alle
denominazioni, ai parametri che stabiliscono la qualità dei vini e alle modalità più appropriate per la loro degustazione. Sta prendendo piede quella che può esser definita “la cultura del vino e del bere” e proprio a tal proposito le guide dei vini hanno un ruolo importante per indirizzare i consumatori formandoli in termini di concetto del gusto. Non tutte le guide sono uguali, ognuna si rifà ad una filosofia propria, tuttavia risultano essere preziosi manuali che indirizzano il consumatore interessato a muoversi con maggiore disinvoltura nel vasto panorama vinicolo nazionale e mondiale.
Un altro lavoro (Canavari M., Kent D. O., 2007) analizza la crescente attenzione dei consumatori su questioni di sicurezza alimentare insieme ad aspetti ambientali, analizzando un trend che si è sviluppato all’incirca negli ultimi 10 anni.
Mentre in passato l’agricoltura biologica era un’alternativa di produzione e gli stessi produttori seguivano attentamente tale pratica per il rispetto etico dell’ambiente come del resto lo facevano i consumatori che supportavano l’agricoltura biologica rifornendosi attraverso un canale elitario ma corretto, ora agricoltura e alimenti biologici sono diventati una valida alternativa per un numero
crescente di consumatori preoccupati dalle tracce di residui chimici talvolta ritrovate negli alimenti
che consumiamo, ciò dovuto a metodi di produzione intensiva nocivi per l’uomo e l’ambiente. Dal punto di vista dei coltivatori, l’agricoltura biologica viene anche considerata un modo per stabilizzare
e incrementare i loro redditi grazie al supporto dell’ordine pubblico e alla crescente domanda del
mercato.
Si ottiene così una panoramica del settore biologico in Italia e USA dimostrando come le analisi economiche agricole vengano effettate senza tralasciare i prodotti biologici e i diversi aspetti della catena di produzione e fornitura che li contraddistingue.
Nella ricerca (Rossetto L., 2007) vengono analizzate le strategie di marketing legate alla coltura di viti
biologiche nella regione del Veneto, nell’analisi viene inclusa anche l’area dei Colli Euganei.
Il fenomeno del biologico si è diffuso e affermato sempre più negli ultimi anni tant’è vero che molte aziende agricole italiane hanno convertito la loro produzione dando vita a coltivazioni di cosiddetto “tipo bio”; il fenomeno a livello nazionale ha preso piede nel 2005 affermandosi in svariati canali distributivi (De Ruvo E., 2011).
Tra i settori interessati da questo andamento c’è anche il comparto vitivinicolo. Dal 2005 in poi le
aree adibite a coltivazione di vigneti con la pratica di tecniche biologiche è raddoppiata passando da
20.000 a 40.000 ettari complessivi coltivati da 9.000 agricoltori che hanno adottato la nuova tecnica di coltivazione. Va ricordato che la produzione vitivinicola biologica italiana oltre ad essere certificata e altamente differenziata nel rispetto di quelli che sono i parametri delle coltivazioni biologiche è anche tra le più note nel mondo grazie ad un aumento della percezione di qualità associata ai prodotti dovuta alla nuova tipologia di coltivazione. Nonostante i vari punti di forza dei
prodotti biologici italiani, non dobbiamo dimenticare che il vino biologico non si trova in una situazione molto facile perché sta ancora attendendo una regolamentazione riconosciuta a livello
europeo e inoltre i produttori riscontrano delle difficoltà a livello di commercializzazione dovute all’assenza di strategie marketing, lacuna che viene a sua volta appesantita dall’aumento della
competitività di USA, Canada e Australia dove le aziende, a differenza delle italiane, hanno definite strategie marketing a supporto delle loro attività.
A livello nazionale la regione che spicca tra tutte è il Veneto che da solo pesa per il 4% sull’area totale coltivata a vigneti e per il 15% sulla produzione biologica. Dall’indagine, condotta mediante questionario, emerge come le aziende del campione possano essere suddivise in due tipologie distinte:
• piccoli produttori di vino specializzati nella produzione biologica (terreno coltivato pari a 1 ettaro);
• aziende di grandi dimensioni impegnate sia nella coltivazione che nell’imbottigliamento (terreno coltivato pari a più di 200 ettari).
In base alla tipologia di azienda si distinguono specifici disegni strategici e di marketing:
• le prime puntano su strategie basate sulla qualità per poi distribuire il prodotto nel mercato locale attraverso forme tradizionali di retail;
• le seconde puntano a strategie di prezzo e varietà prodotto per poi indirizzare i vini in mercati esteri o a grandi catene di supermercati.
Come la produzione vitivinicola tradizionale, anche quella derivante da agricoltura biologica è strettamente connessa al territorio di appartenenza.
Per concludere, l’elaborato analizzato mette in evidenza un nuovo tema legato alla produzione vitivinicola Italiana ovvero la produzione di vino biologico come fenomeno radicato a livello regionale e presente anche nel comprensorio dei Colli Euganei, il cui trend è in crescita grazie all’interesse che riscuote a livello nazionale ed internazionale tra i consumatori sebbene siano ancora molte le vie da intraprendere per la sua valorizzazione e riuscita.
Sebbene l’articolo (Panzone, Simoes, 2009) analizzi l’influenza dell’origine regionale e locale sulla
scelta del vino da parte dei consumatori portoghesi, va detto che ci sono davvero molte similitudini
con i processi che si verificano anche a livello locale in Veneto e nella DOC dei Colli Euganei.
In Portogallo come in tutt’Italia è presente una forte tradizione culinaria locale strettamente connessa al legame con il territorio d’origine, quindi i prodotti locali assumono un significato e un ruolo davvero singolare che si riflette anche a livello economico rurale. In molte regioni infatti agricoltura e viticoltura impattano innanzitutto sul panorama agricolo, sul livello economico, ambientale, tecnologico e anche sociale.
È innegabile che le aree produttrici di vino dei Colli Euganei abbiano una consolidata reputazione
collettiva, come del resto si registra in Portogallo. Se da un lato l’indicazione di origine geografica
tipica è uno strumento di valorizzazione determinato dalla zona geografica di provenienza di un prodotto, dall’altro può anche avere un ruolo guida nella scelta dei consumatori e diventare equivalente di garanzia in quanto sinonimo di qualità dei prodotti. La reputazione diventa collettiva quando si tramuta in risorsa di cui tutti possono usufruire, soprattutto nei casi di produzione di prodotti tipici dove le aziende rappresentano in modo unitario il prodotto stesso. Affinché non vi
siano dei free‐rider3 che sfruttano l’immagine collettiva in maniera opportunista senza esserne legittimati, i prodotti vengono tutelati da consorzi locali e istituzioni pubbliche; nei Colli Euganei ad esempio vige la tutela del Consorzio della DOC Colli Euganei. Tutte le DO (Denominazione di Origine) sono state create dal legislatore in risposta alla necessità di tutela della reputazione collettiva, in Italia come in Portogallo come in altre nazioni.
L’articolo mette in evidenza l’importante ruolo delle politiche applicate allo sviluppo del settore vitivinicolo il cui scopo è l’incremento della reputazione dei vini, processo che avviene attraverso:
• politiche di sviluppo locale dei distretti del vino; • incremento del numero di DOC;
• incremento della tracciabilità dei prodotti di aree geografiche diverse.
Per concludere, quest’analisi incentrata sui vini del Portogallo si può estendere a molte aree di produzione vitivinicola.
I vini prodotti in determinati territori vengono valutati dai consumatori in riferimento alla regione di appartenenza e anche in base alla reputazione della regione stessa. In quest’ottica, il valore
connesso a certe regioni diventa un key‐element aggiuntivo e strategico che porta i consumatori a
dimostrare una maggiore disponibilità a pagare per i vini provenienti da queste aree. Il ragionamento ci porta a riflettere sul legame tra la denominazione di origine e il territorio: è l’interazione tra DOC e regione di produzione a dare il connotato premium a certi vini, non basta certo solo l’etichetta.
Sempre connessa alla reputazione collettiva è l’analisi (Castriota, Delmastro, 2009) a dimostrazione del fatto che in essa si cela un valore non trascurabile che poi si riflette nei marchi collettivi, conferendo loro maggiore forza.
Ad oggi la letteratura non offre troppi spunti sul tema della reputazione collettiva in quanto essa è ancora allo stadio iniziale quindi a livello internazionale non sono presenti studi rilevanti che evidenziano i fattori determinanti della reputazione di gruppo. Ciò nonostante sin dai tempi antichi molti prodotti di alta qualità hanno utilizzato l’indicazione geografica come metodo identificativo per eccellenza e uno dei settori che ha goduto maggiormente di questo strumento è senza ombra di dubbio la viticoltura.
Sebbene la creazione di una reputazione collettiva non sia sempre possibile in quanto è necessario che i membri siano accomunati da una relazione solida e duratura ed si dovrebbe poter identificare il gruppo ad ogni acquisto, essa è desiderabile in quanto determina significativi vantaggi: i piccoli produttori possono beneficiare della reputazione condivisa per incentivare il processo di commercializzazione dei prodotti senza dover altrimenti sostenere singolarmente ingenti spese per affrontare il mercato ad affermarsi in esso; inoltre nel panorama quotidiano godere di una reputazione collettiva è fondamentale perché i mercato sono sovraffollati da diverse tipologie di prodotti e dall’abbondanza di informazioni, i consumatori reagiscono a questo sovraccarico
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Atteggiamento di un membro di un gruppo che non coopera fornendo il proprio contributo al gruppo prediligendo un comportamento opportunistico e individuale ritenendo che il gruppo possa funzionar bene ugualmente. Questo problema viene analizzato dalla Teoria delle scelte collettive e può anche essere indagato tramite la Teoria dei Giochi. (Bollino, 2005)
effettuando le loro scelte guidati dalla reputazione collettiva dei prodotti e dei loro marchi. Il vino è un caso specifico dato che la primissima fonte di informazione è data proprio dal marchio geografico. Detto ciò si deve osservare che fino a quando la scala produttiva presenta piccole dimensioni un crescente numero di membri assicura grande visibilità ma oltrepassata la soglia massima questa situazione vantaggiosa viene meno e si manifesta la tendenza da parte dei soggetti a diventare dei
free‐rider.
Passando ad un’altra analisi (Casini, Rungie, Corsi, 2009) viene analizzato un ennesimo tema molto importante relativo al wine branding.
L’evoluzione dei mercati e il crescente numero di imprese che concorre ad accaparrarsi parte di esso cercando di far prevalere i propri prodotti sugli altri ha portato alla frammentazione del mercato rendendolo altamente competitivo. Il settore del vino ha subito il medesimo processo ecco quindi che le aziende vitivinicole sono alla ricerca di metodi per stimolare la propria crescita, conquistare il cliente e fidelizzarlo; per diventare competitive le aziende devono agire su molteplici fronti e servizi integrati, devono: • individuare vincenti strategie di brand per ottenere un posizionamento diverso nella mente dei consumatori ed essere identificati con facilità tra la moltitudine di prodotti presenti sul mercato; • creare e diffondere la brand identity ovvero l’espressione visiva del marchio, perché quando la brand identity è forte un prodotto sarà più facilmente riconoscibile agli occhi del consumatore;
• curare il design di etichetta e pacchetto in quanto sono un aspetto critico del marketing mix. Essi supportano il processo di identificazione del prodotto influendo sulla visibilità e sulla decisione di acquisto del consumatore;
• progettare materiali per la promozione e i punti vendita perché influisce sulle decisioni di acquisto dei consumatori quando si trovano all’interno del punto vendita;
• interagire con il consumatore, ciò è essenziale per tutte le tipologie di business ma assume un ruolo fondamentale per quei produttori che non hanno accesso alla distribuzione su larga scala;
• intraprendere campagne pubblicitarie a supporto della strategia di marketing adottata per lanciare, promuovere o estendere la diffusione dei prodotti.
Come affermava Linda Nowak (2008), il wine branding incrementa la percezione del prodotto vino e del suo nome nella mente del consumatore. Il settore vino è uno di quei settori in cui è molto importante se non fondamentale avere strategie branding di successo che:
• facilitino i consumatori nella fase di acquisto;
• riducano tempi e sforzi legati alla vendita delle aziende vinicole; • rafforzino l’immagine delle aziende stesse;
• aumentino la differenziazione nella mente del consumatore facendo leva su significati intangibili;
Ma la capacità di ottenere effetti positivi da una ben organizzata strategia di marca è più diffuso nelle grandi aziende mentre nelle aziende di piccole – medie dimensione, come sono generalmente le aziende vinicole, spesso non hanno ne le risorse finanziarie ne la capacità produttiva e il know how per sviluppare e o implementare una ben organizzata strategia di branding. A questo scenario si aggiunge il fatto che il settore vitivinicolo è un settore ostile per quanto concerne la
differenziazione della marca dovuto alla presenza di molte etichette e marche per cui il consumatore
non sempre ha ben in mente un brand definito quando deve scegliere un vino.
Una soluzione a questa mancanza di identità di marca da parte del consumatore può esser colmata attraverso il regional branding, strumento per differenziare il prodotto sfruttando il legame con il luogo di origine.
Se pensiamo a cos’è il branding, un processo che verte a promuovere e diffondere un marchio creando percezioni e ricordi durevoli nella mente del consumatore conferendo quindi forza e distinzione ad una marca, si può capire meglio cosa sia il regional branding: il medesimo processo di
branding sopra descritto che però si differenzia perché si basa sull’elemento “regione” e il legame tra
prodotto e luogo di origine come punto di forza e differenziazione.
Un’interessante spunto di ricerca che ingloba anche le dinamiche tipiche di produzione e commercializzazione vitivinicola applicate nel comparto della DOC dei Colli Euganei è l’elaborato (Rea, D’Antone, 2010) che propone un’analisi riguardo il mondo del vino e l’architettura della marca. Più precisamente mette in evidenza come molte aziende nuove concorrenti di quelle che operano da anni nel mercato (es. Cile e Australia vs produttori locali di nazioni come Italia, Francia e Spagna) cerchino di rendere omogeneo e piatto l’insieme degli elementi caratterizzanti il vino, primo tra tutti il territorio, quindi emerge che attraverso un processo di riqualificazione del “ruolo territorio” è possibile valorizzare maggiormente la filiera a patto che ci si attenga a un piano definito che verte alla creazione dell’architettura della marca affinché la marca territoriale rafforzi il valore della marca
aziendale.
Il fattore alla base della necessità di promuovere sempre più il legame biunivoco vino‐territorio nasce dal fatto che negli ultimi anni produttori vitivinicoli internazionali4, primi tra tutti Cile e Australia, hanno cercato di diffondere una cultura per così dire globale del vino e soprattutto scissa dal luogo
di origine attraverso vitigni divenuti oramai internazionali come Merlot e Sauvignon. Se questa
tendenza amplia le chance commerciali dei produttori internazionali, intacca significativamente i produttori locali e i consorzi che invece si approcciano al mercato con prodotti resi unici dalla loro origine territoriale, dai connotati del suolo di origine, dalla tradizione e cultura locale. La propensione sopra descritta riguarda molte altre tipologie di prodotti ma il vino resta un esempio emblematico per descrivere il ruolo della marca nella promozione del sistema territorio in abbinata alle altre sinergie e strategie delle marche aziendali.
A tal proposito, in un contesto di globalizzazione, saturazione dei mercati e sempre maggiore
overload informativo anche le produzioni locali come la DOC dei Colli Euganei devono innanzitutto
farsi forti di una propria brand personality a livello locale, nazionale ed internazionale attraverso la
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La gran parte dei produttori vitivinicoli internazionali propone una strategia che porti all’omologazione dei vini e ad un appiattimento verso il basso per colmare la mancanza di storia e tradizione del paese in cui hanno sede.
quale incrementare la propria istintività della marca, sfruttando e comunicando i fattori immateriali che la caratterizzano; anche Kapferer (2004) riconduceva la cultura, intesa come i valori che stanno alla base della marca e che sono strettamente legati alla country of origin, alla brand identity. Studi che analizzano il legame marca ‐ territorio sono il Brand Origin e soprattutto il Place Branding. In particolare quest’ultimo è un processo intrapreso da molte regioni italiane per valorizzazione e promozione dei prodotti legati al territorio dove per certi versi il territorio diventa marca, si veda la DOC dei Colli Euganei. A sua volta il Place Branding è strettamente connesso alla country image, ovvero a tutte le conoscenze del territorio da parte dei consumatori, ecco quindi che intervengono il Governo e nel nostro caso le istituzioni locali per proporre diversi modelli di country branding. Va ricordato che spesso certi aspetti del brand del vino sono dissociati da altri aspetti aziendali, ad esempio il vitigno e le denominazioni di origine protetta.
In breve, dall’analisi è stato riscontrato un trend positivo legato alla possibilità di sviluppare una
marca associata al terroir di origine il cui scopo è la valorizzazione della qualità percepita dal
consumatore, sia di prodotto che di terroir. L’importanza dell’originalità viene ribadita anche in un ulteriore articolo (Tosi, Tommasi, Battista, Accordini, Marchesini, Oliboni 2010) in cui viene sottolineato che la tipicità dei vini nasconde molteplici sfaccettature in base al terroir d’origine e che va sfruttata a pieno in particolar modo in un periodo in cui la competitività dei mercati porta ad uniformare le produzione, anche quelle locali, perdendo aspetti importanti quali l’autenticità e le caratteristiche proprie che rendono ogni vino unico. I produttori locali devono sfruttare questi aspetti per incrementare il valore dei propri vini e anche per colmare un aspetto non trascurabile dato dai costi di produzione: i produttori europei infatti non possono godere dei vantaggi di costo che invece possono sfruttare i produttori dell’emisfero meridionale.
Pomarici (2011) analizza l’evoluzione di comparto, prezzi di uve e vini nella zona veronese della Valpolicella mettendo in evidenza il marchio collettivo come strumento per proteggersi dalle
imitazioni.
La Valpolicella come l’area dei Colli Euganei è un’area di produzione vitivinicola di particolare interesse i cui vini sono un esempio di successo di un sistema complesso e di una famiglia di prodotti. Visto che recenti norme europee sulla presentazione dei vini hanno consentito ai produttori di specificare annata e vitigno di produzione anche per vini senza riferimenti DOP e IGP, le possibilità di
imitazione di vini a denominazione protetta sono aumentate per questo i vari sistemi vitivinicoli si
stanno muovendo al fine di valutare la loro posizione competitiva e individuare strategie utili al mantenimento del vantaggio competitivo stesso. Oltre a tener conto di punti di forza e debolezza del sistema, non va dimenticato che il vantaggio competitivo può diminuire laddove il progresso tecnologico è veloce e influisce significativamente sulle fasi operative e i modelli organizzativi; tutto ciò sta avvenendo in quei comparti del settore del vino dove l’influenza delle nuove tecnologie informative e di comunicazione (TCI) è maggiore, stiamo ovviamente parlando di logistica, che deve essere analizzata a livello di gestione della catena dell’offerta (supply chain management) e della comunicazione web.
A concludere l’analisi sul rischio di imitazione dei vini protetti vi è la trasformazione del nome geografico in marca per quanto esso sia un percorso complicato basato su aspetti connessi al budget, valori condivisi della marca collettiva e identità condivisa da tutti gli attori che ne fanno parte.
La guida lascia trasparire una chiara idea di cosa rappresenti il Veneto, una sorta di vigneto a sé tant’è vero che è la prima regione vinicola italiana a livello di superficie coltivata e si piazza anche al vertice della lista dei vini di qualità grazie alle 24 zone DOC disseminate in quasi tutto il territorio regionale e in cui vengono prodotte 14 tipologie di vini, mentre un 15° gruppo ingloba varietà miste come Malbech, Marzemino, Pinot Nero, Refosco, Schiava, Tocai Rosso, Chardonay, Pinella, Pinot Grigio, Riesling, Sivignon, Vespaiola. Tabella 1.1.1 Tipologie di vini coltivati in Veneto
TIPOLOGIA DI VINO
AREA COLTIVATA
Merlot 31,70% Garganega 16,10% Prosecco 8,70% Corvina 6% Rondinella 4,10% Cabernet Franc 4,30% Cabernet Sauvignon 1,20% Tocai Italico 3,40% Pinot Bianco 3,20% Verduzzo 3,40% Raboso 2% Trebbiano 1,50% Durella 1,20% Moscato 1% Varietà miste 12,20% Fonte: Touring Club, 2005. Il Veneto è una regione che, grazie alla spiccata vocazione vitivinicola, può anche essere analizzata in termini di “distretti del vino”. Il distretto Veneto del vino è dato dall’insieme di aziende ed enti con sede nel territorio regionale che fanno parte delle filiera vitivinicola e che hanno accettato di aderire al Patto di Sviluppo del Distretto (Boccaletti, 2010). Alla base della formazione di un distretto in genere, come in questo caso, vi è l’integrazione tra imprese similari in termini di relazioni tecnologiche, produttive, decisionali e che optano per unirsi al fine di cooperare e raggiungere un determinato livello di sviluppo, anziché agire singolarmente. A tal proposito viene istituito un “patto” dalle istituzioni locali, ovvero un profilo di strategie e progetti il cui obiettivo è lo sviluppo e la crescita del distretto stesso, in genere abbinato allo sviluppo locale e territoriale.Per concludere, il Distretto Veneto del Vino si basa sulla cooperazione tra imprese per poter affrontare nel migliore dei modi i progetti legati allo scenario odierno del mercato e dello sviluppo caratterizzato sempre più da internazionalizzazione e globalizzazione dei mercati. In questo scenario, le aziende produttrici dei vini veneti inclusi quelli della DOC dei Colli Euganei, si differenziano grazie a tutti gli aspetti immateriali della produzione vitivinicola derivanti da relazione vino‐territorio‐produzione, conoscenza facendo di tutto ciò il loro punto di forza.
Il vantaggio competitivo delle aziende facenti parte del Distretto Veneto del Vino possono essere così riassunti:
• unicità del legame vino‐territorio di produzione che denota i vini grazie a proprietà organolettiche distintive;
• ruolo del terroir per la valorizzazione dei vini originari della zona; • influsso dell’enogastronomia di qualità sulle aree di produzione dei vini; • tradizione e cultura locale come fattori influenzanti la differenziazione dei vini;
• quadro normativo europeo, nazionale e regionale fonte di opportunità di integrazione tra strumenti e risorse differenti per promuovere i sistemi territoriali e vitivinicoli.
Un altro tema interessante da trattare è il fenomeno del catching‐up che si manifesta in agricoltura e interessa i nuovi membri dell’Unione Europea. Nell’opera (Castiglione, Borriello 2007) viene analizzato il clima dell’industria ago‐alimentare.
Dopo un’iniziale precisazione relativa ai vini di qualità prodotti in specifiche regioni, che vengono suddivisi in ordine di importanza qualitativa come segue:
• DOCG: vini a denominazione di origine controllata e garantita; • DOC: vini a denominazione di origine controllata;
• IGT: vini a indicazione geografica tipica;
viene anche precisato che queste denominazioni sono disciplinate dai Regolamenti Comunitari 1493/99, 1607/00 e dalla legge 164/92.
I vini DOCG sono delle produzioni alle quali vengono riconosciuti determinati pregi qualitativi, solitamente si tratta di vini DOC che godono di forte notorietà nazionale e internazionale. Essendo che questi si collocano al vertice della piramide sono sottoposti a maggiori e severi controlli rispetto alle altre denominazioni; si differenziano anche per tipologia di commercializzazione legata ai recipienti, questi non devono eccedere i 5 litri, e devono essere contraddistinti dal marchio garante di origine e qualità al quale è anche associata la numerazione dei pezzi prodotti.
La DOC è simile alla precedente ma riguarda quelle tipologie di vini prodotti in zone geografiche limitate dalle quali il vino trae il proprio nome infatti il nome del vitigno segue quello della DOC e la loro disciplina di produzione è rigida. Questa tipologia di vini raggiunge il consumatore solo dopo una serie di accurate analisi chimiche e sensoriali.
Infine l’indicazione IGT viene attribuita a vini da tavola la cui origine sono aree di produzione più estese rispetto alla DOC e il cui disciplinare produttivo è decisamente meno restrittivo se paragonato alle altre due denominazioni. In questo caso l’indicazione può essere accompagnata da altre informazioni come il nome del vitigno.
Una delle tendenze recenti riguardante l’agricoltura è il catching‐up: la cosiddetta capacità di colmare il gap. Questo fenomeno riguarda i paesi emergenti il cui trend di crescita è maggiore se paragonato alle regioni sviluppate, tuttavia nel lungo periodo si tende generalmente al raggiungimento di un livello di equilibrio comune (Castiglione, Borriello 2007). Se adottiamo un punto di vista empirico, si può individuare una relazione inversa tra il livello iniziale della produttività e la crescita in uno specifico orizzonte temporale, questo andamento si traduce poi in una sorta di inseguimento dei paesi leader da parte delle nazioni follower. A livello di produzione agricola e agro‐alimentare l’Italia è un paese dalla storia e dalla tradizione antica le cui produzioni DO rappresentano un grande punto di forza per l’intera economia e nonostante alcune difficoltà a livello di domanda interna nel 2003‐2004, i prodotti di qualità italiani hanno ripreso un trend in continua crescita. Importanti sono le occasioni che l’agro‐alimentare nazionale abbraccia nei mercati mondiali sempre più globalizzati, l’origine e la vocazione del territorio da cui provengono li rende prodotti diversificati rispetto a quelli delle altre produzioni agricole; l’interesse crescente che hanno i consumatori mondiali viene poi esemplificato dai dati percentuali relativi all’impiego dei prodotti ago‐alimentari a livello nazionale e in relazione ai flussi di esportazioni, i dati maggiori riguardano infatti l’export. Il Decreto Ministeriale 30‐11‐2011 è la normativa più attuale in materia di vini DOCG, DOC e IGT; il decreto sancisce che vi sono: • 73 vini DOCG; • 330 vini DOC; • 118 vini IGT;
Il decreto stabilisce inoltre che dal 2012 sarà l’UE ad occuparsi della gestione di modifiche e riconoscimenti dei disciplinari di produzione dei paesi membri.
Tra le DOCG della zona di Padova ricordiamo il Bagnoli Friularo e il Colli Euganei Fior d’Arancio. Quest’ultimo rappresenta l’unica ed esclusiva DOCG che valorizza significativamente il distretto vitivinicolo dei Colli Euganei.
Tra le DOC della zona di Padova troviamo: Bagnoli di Sopra, Colli Euganei, Corti Benedettine del Padovano, Merlara, Prosecco, Riviera del Brenta.
Tra le IGT del Veneto: Conselvano, delle Venezie, Veneto.
2. IL TERRITORIO E LA SUPERFICIE DEI COLLI EUGANEI
2.1 L’origine
L’Italia è un paese con un storia abbastanza recente, geologicamente parlando, originata dall’ultima orogenesi anche nota come “orogenesi alpidica”. In terminologia geologica il fenomeno dell’orogenesi identifica il processo di formazione dei rilievi montuosi e collinari, gli orogeni appunto, ovvero le masse rocciose che in seguito a spinte, movimenti e collisioni tra placche della crosta terrestre emergono in superficie dando vita a catene montuose o a rilievi collinari. Il termine indica per certi versi anche l’origine recente del fenomeno, circa 500 milioni di anni fa. Analizzando l’intera nazione da un punto di vista morfologico i principali complessi montuosi che è possibile identificare e che in maniera indiretta hanno influenzato paesaggio e attività svolte nel territorio sono le catene di Alpi e Appennini, la pianura Padana interposta tra le due e le depressioni di Mar Tirreno, Adriatico e Ionico (Martinis, 2003).
La catena delle Alpi si differenzia dagli Appennini per gli effetti che ha avuto su di questa il modellamento glaciale, testimoniato da ampie valli dal tipico fondo pianeggiante e dai ripidi versanti delle montagne, ma anche per la presenza di un rilievo maggiormente vigoroso dovuto all’affiorare in superficie di rocce meno erodibili. Gli Appennini invece hanno molta più asimmetria sul versante settentrionale e più depressioni di ampiezza diversa verso il versante tirrenico dove si sono sviluppati maggiormente i vulcani ancora attivi.
Arriviamo infine alla Pianura Padana derivante dallo svuotamento di un bacino una volta colmo di acqua, separata dalla pianura veneto‐friulana da Colli Berici ed Euganei. Come verrà analizzato più avanti, il Bacino Padano ha un’origine detritica pluri‐quaternaria che ricopre un substrato composto da rocce carbonatiche mesozoico‐oceanche.
Colli Euganei o Parco Regionale dei Colli Euganei. Indipendentemente da come possono esser
chiamati, questi rilievi collinari di origine vulcanica, situati nella zona sud‐occidentale della Provincia di Padova, sono una delle più grandi risorse economiche e richiamo turistico della Regione Veneto, che ospitano rinomate attività vitivinicole ma anche coltivazione di oliveti e attività quali l’apicoltura. Un territorio di grande valore sia ambientale che economico che assume un ruolo rilevante per la Regione Veneto e tutto il nord‐est italiano in generale (Rami Ceci, 2005).
Fig. 2.1.1 Veduta aerea dei Colli Euganei – area orientale
Fonte: Tomasi, Gaiotti 2010.
La struttura dei Colli Euganei è una formazione geologica e morfologica del tutto particolare (Martinis, 2003) se comparata ai vicini Colli Berici o ai Monti Lessini, questo perché gli Euganei hanno una singolare varietà di formazioni rocciose. Queste colline dagli inconfondibili rilievi a forma conica che ricordano la loro origine vulcanica risalente a più di 40 milioni di anni fa sono divise in due gruppi: uno maggiore dove il punto di riferimento è il monte Venda e uno minore dove spicca il Monte Cero. La storia geologica di questa catena di rilievi collinari situati nella pianura padano ‐ veneta e circondati dai comuni di Padova, Vicenza e Rovigo è tanto semplice quanto complessa. Se dovessimo schematizzare la struttura dei Colli Euganei la sintetizzeremmo in questo modo (Rapporto Parco Colli Euganei):
• pianura alluvionale;
• fascia di modesta altitudine formata da rocce sedimentarie; • fascia di elevata altitudine formata da rocce vulcaniche.
La schematizzazione sopra citata aiuta a capire come i Colli Euganei siano rilievi formati da più tipologie di rocce:
• rocce sedimentarie di origine calcarea e magnesiche risalenti a 150 – 70 milioni di anni fa come basalto, rosso ammonitico, biancone, scaglia rossa, marne euganee; • rocce vulcaniche come rioliti, trachiti, latiti e basalti argille figuline (Lares, 2002);
Fig. 2.1.2 Il sistema del suolo del Veneto Fonte: Lares, 2002.
L’immagine 2.1.2 mette in evidenza le aree di origine vulcanica (zone rosse), concentrate esclusivamente nella zona di Padova, e quelle ti tipo marnoso ‐ sedimentario (zone verdi). Le zone vulcaniche sono proprio quelle sulle quali si ergono i Colli Euganei e dove avviene la produzione vitivinicola, resa così peculiare dalle formazioni rocciose sulle quali crescono i vitigni.
L’intero complesso degli odierni Colli Euganei in passato è stato interessato da numerosi e differenti fenomeni vulcanici, durante il periodo del Paleocene. L’Eocene superiore ha visto il primo ciclo eruttivo durante il quale colate sottomarine basaltiche (Fig. 2.1.3) si sono mischiate con i sedimenti marnosi (Fig. 2.1.4) che si depositavano man mano durante tale fenomeno, nel frattempo l’altro materiale originato dall’eruzione, ceneri e lapilli, si solidificava formando rocce tuffacee.
Fig. 2.1.3 Rocce di origine vulcanica Fig. 2.1.4 Rocce di origine marnosa Fonte: Lares, 2002 Fonte: Lares, 2002 La breve pausa che seguì l’Eocene superiore fu presto seguita dall’Oligocene, periodo in cui l’attività vulcanica riprese ma questa volta i magmi che fuoriuscivano erano principalmente a base di silicio. La fase di eruzione nel fondo marino fu poi seguita dall’emersione in superficie di rilievi eruttivi. Osservando i Colli Euganei si possono individuare 4 tipologie di corpi eruttivi: • duomo o cupola di ristagno: per ristagno di lava sulla fessura di eruzione; • laccolite classico: generato per emissione di lava venuta a contatto con uno strato superiore di rocce sedimentarie e insinuata tra i giunti di stratificazione; • laccolite di eruzione: generato per fuoriuscita del magma che ha rotto lo strato superiore di rocce sedimentarie; • corpo discordante: formato quando il magma, non riuscendo a penetrare attraverso i giunti degli strati rocciosi, taglia i piani che li caratterizzano. Ci sono tuttavia anche altri elementi di origine vulcanica come i filoni e i camini di esplosione anche noti come necks. Prima della formazione dei Colli, l’area era ricoperta da un mare che andava nella zona dove oggi si trova il Lago di Garda e il fiume Brenta; i movimenti sismici e le eruzioni di lava hanno poi dato origine alle formazioni collinari.
Sebbene i fenomeni di vulcanismo dei Colli Euganei siano esausti e quindi non si producano più ne lave ne tufi, non sono completamente estinti ed è per questo motivo che nel sottosuolo ci sono ancora energia e calore che alimentano le sorgenti termali delle zone limitrofe come Abano Terme e dintorni. L’acqua che si trova nel sottosuolo affiora in superficie carica di gas e molto calda, circa 85°C.
Il suolo dei Colli Euganei è uno degli aspetti che influisce senza ombra di dubbio su quello che è il tema principale di questo elaborato: il legame tra vino e territorio. Va però posta attenzione sul fatto che più di un unico suolo omogeneo, è meglio parlare di molteplici tipologie di suoli, schematizzati nella figura 2.1.5 in seguito ad un’analisi condotta da USDA (Soil Taxonomy, 1994) e FAO‐Unesco (1994). Fig. 2.1.5 Carta dei suoli dell’area dei Colli Euganei Fonte: USDA (Soil Taxonomy, 1994) e FAO‐Unesco (1994). Spesso il segreto di buoni vini, inimitabili in luoghi diversi da quello di origine, è proprio il terreno dal quale trae nutrimento la stessa vite. I Colli Euganei rappresentano appieno un esempio di territorio in cui si producono eccellenti qualità di vini dalle proprietà organolettiche uniche, grazie alle diverse sfumature che caratterizzano l’origine e la composizione dei Colli stessi, peculiarità che a loro volta
danno origine a microclimi diversi sebbene queste colline non si espandano per più di 20 kilometri. La composizione del territorio è infatti complessa. Da Rio, già nel 1800, andava esemplificando la formazione delle rocce dei Colli Euganei, che oggigiorno rispecchiano le medesime caratteristiche, formate da: • rocce Feldispatiche quali perlite, trachite e petroselce; • rocce Trappiche quali perfidi argillosi, basalte e brecciola; • rocce Calcaree quali marmo, marne e calce carbonata; • rocce di tipo sedimentario superiore quali la lumachella e la pepernite; • rocce tipiche dei territori di acqua dolce quali il tofo; • rocce tipiche dei territori di acque termali quali gesso, zolfo e sale marino; • altri materiali quali torba, argilla e sabbie.
2.2 Dati riassuntivi
• Parco creato nel 1989.• Cime dei Colli Euganei: Alto, Altore, Arrigon, Baiamonte, delle Basse, Bello, Calbarina, Castello di Calaone, Castelo di Monselice, Castellone, del Castello, Cero, Ceva, Cinisella, Cinto, Croce, Faedo, Fasolo, Fiorin, Frassanelle, Gallo, Gemola, Grande, delle Grotte, Lispida, Lonzina, Lovolo, Lozzo, della Madonna, Marco, Merlo, Monticello, Murale, Orbieso, Orsara, Ortone, Peraro, Pendice, Piccolo, Pirio, Resino, Ricco, Rosso, Rua, Rusta, San Daniele, Santo, Sengiari, Solone, Spinazzola, Spiefrasse, Staffolo, delle Valli, Venda, Vendevolo, Ventolone, Zago.
• Comuni dei Colli Euganei: Albettone, Abano Terme, Arquà Petrarca, Baone, Battaglia Terme, Cervarese Santa Croce, Cinto Euganeo, Este, Galzignano Terme, Lozzo Altesino, Monselice, Montegrotto Terme, Rovolon, Teolo, Torreglia, Vò. • Estensione totale in ettari: 18.695 (186,95 km2). • Tipologia di rocce: calcaree e vulcaniche formate da basalto, trachite e argilla figulina. • Area adibita alla coltivazione vitivinicola: 80%. • Tipologie di vini: 14.
2.3 L’uso del suolo
L’uso del suolo che è compreso all’interno del Parco dei Colli Euganei è uno degli aspetti che sta alla base della fondazione del Parco; più esattamente l’istituzione del Parco dei Colli Euganei trae origine dal bisogno di protezione della biodiversità. Biodiversità intesa non semplicemente come la coesistenza di varie specie animali e vegetali in un determinato ecosistema, ma piuttosto intesa secondo l’accezione dello United Nations Environment Programme (UNEP): la totale diversità e variabilità dei viventi e dei sistemi di cui essi fanno parte.
Ciò comprende tutto lo spettro di variazione e di variabilità tra sistemi e organismi, dal livello bio‐ regionale, di paesaggio, di ecosistema, di habitat, ai vari livelli degli organismi fino alle specie, alle popolazioni, e dagli individui ai geni. Ecco quindi che della tutela della biodiversità sono interessati fauna, flora, vegetazione, habitat, paesaggio ma anche uomo. Al fine di proteggere la biodiversità del Parco dei Colli Euganei, sono state definite aree con diverso grado di protezione: • Riserve naturali suddivise in integrali e orientate. Le prime per conservazioni di tipo integrale con limitazione delle interferenze antropiche; le seconde prevedono la riduzione di interferenze antropiche ma anche migliori standard di efficienza biologica ed equilibrio ecologico.
• Zone di protezione agro‐silvo‐pastorale.
Qui vengono consentite attività compatibili con l’ambiente in modo da armonizzarle con il paesaggio naturale e agrario.
• Zone di promozione agricola.
Lo scopo è riconvertire le attività agricole tutelando l’ambiente ma allo stesso tempo incentivando nuovi utilizzi del territorio.
• Zone di urbanizzazione controllata.
Si mira a creare sinergia turistico‐culturale insieme allo sviluppo economico e sociale delle persone che vivono all’interno dell’area Parco.
Tutto ciò aiuta a capire come nel parco dei Colli Euganei l’uso del suolo non sia causale ma bensì regolato da determinati schemi accompagnati da interventi mirati che migliorano le funzionalità ecologiche.
I 18.695 ettari di terreno che costituiscono il Parco dei Colli Euganei risultano destinati a 18 diverse
categorie d’uso, in primis seminativi e vigneti (37.2% e 17.7% rispettivamente) come risulta da
un’indagine effettuata dal Parco dei Colli Euganei e riassunta nella tabella 2.3.1.
Tabella 2.3.1 L’uso del suolo
Fonte: Parco Regionale Colli Euganei Sebbene tra i vari usi del territorio quello dei seminativi resti il principale, il trend negli ultimi 20 anni è stato negativo e la superficie ad essi adibita sta infatti diminuendo lasciando spazio a terreni incolti, sintomo di abbandono dell’agricoltura come evidenzia il grafico 2.3.1. Grafico 2.3.1 Variazioni dell’uso del suolo 1910 ‐ 1991
Fonte: Veneto Agricoltura, 2001 Nonostante il trend non dei migliori, determinato dall’abbandono dell’azienda ad ordinamento misto con la presenza di animali, c’è anche una controtendenza che vede queste aziende darsi ad attività
vitivinicola anche se di piccole dimensioni. L’agricoltura continua a ricoprire un ruolo fondamentale
nell’area del Parco dei Colli Euganei grazie alle 5.000 aziende che insieme ricoprono 18.695 ettari di superficie.
Il suolo del Colli Euganei è, come spiegato prima, formato da diverse tipologie di sedimenti che hanno reagito in maniera diversa all’erosione dettata dal tempo e di fattori ambientali, ed è per questo che si possono individuare diversi profili morfologici, come le dolci discese collinari determinate dagli affioramenti vulcanici (Fig. 2.3.1). Fig. 2.3.1 Versante dei Colli Euganei
Fonte: Parco Regionale Colli Euganei Il Parco dei Colli Euganei è caratterizzato da 4 tipologie di paesaggio in base alle attività disseminate sul territorio (collieuganeidoc.it): 1. pianura circumcollinare con seminativi cerealicoli, bieticoli e vigneti; 2. rilievi dove si coltivano viti, ulivi e alberi da frutto sulle terrazze; 3. pianori con viti e ulivi; 4. coni sommitali con boschi e castagneti. L’Ente Parco ha promosso svariate attività come il recupero di aree e siti estrattivi abbandonati, la pianificazione dell’uso dei siti estrattivi tuttora attivi e l’incentivazione di attività agricole più compatibili con il territorio attraverso produzioni a carattere biologico. Tutte queste azioni sono fondamentali per proteggere natura e agricoltura; la stessa agricoltura nell’area dei Colli Euganei ha un’importante ruolo conservatore delle caratteristiche del paesaggio ma anche di difesa del suolo e degli equilibri ecologici basti pensare che l’80% della superficie del territorio del Parco dei Colli Euganei è terra coltivata.
L’agricoltura praticata nella zona dei Colli Euganei si riveste infatti di un ruolo nobile grazie alla sua funzione di conservazione delle caratteristiche del paesaggio euganeo insieme alla difesa del suolo e degli equilibri ecologici. Un’attività recente legata alla valorizzazione del settore agricolo riguarda la promozione di tecniche eco‐compatibili alla base del “Progetto per la diffusione e la valorizzazione dell’Agricoltura Biologica nel Parco dei Colli Euganei”, avviato nel 2001 dal Parco dei Colli Euganei. In seguito a suddetta iniziativa gli ettari a coltivazione biologica sono raddoppiati, passando da 100 a 203 come evidenziato nella tabella 2.3.2.
Tabella 2.3.2 Superficie coltivata con metodo biologico nel’area del parco Fonte: Parco Colli Euganei, 2011. Se diamo uno sguardo alla realtà produttiva ed economica delle aziende vitivinicole dei Colli Euganei emerge che la superficie coltivata dalle aziende è esclusivamente di proprietà e l’estensione varia dai 15 ai 35 ettari di terreno; generalmente gli ettari destinati alla produzione sono 22,60 con 2,47 in fase di impianto e gli ettolitri prodotti dalle cantino sono circa 925 (è stato riscontrato un indice di variazione del 18%) con fatturato non superiore ai 5 milioni di euro. La gestione di tali imprese è di tipo familiare con un unico impianto per la vinificazione delle uve che provengono per il 70% da vigneti DOC e CE mentre la restante parte deriva da vigneti IGT.
2.4 L’influenza del terroir sul vino
La caratteristica espressività delle svariate tipologie di uve e vini deriva dalla conoscenza basilare di morfologia, microclimi, posizionamento e composizione minerale del territorio in cui nascono e crescono le viti.
Autenticità e qualità dei vini sono due aspetti che coesistono insieme al rapporto suole‐luce‐calore‐
caratteristiche assorbite dalla vite al fine di produrre un buon vino che esalti l’espressione del vitigno stesso ma anche del territorio dal quale trae la sua origine. La parola francese “terroir”, dal francese terre – terreno che ad oggi non trova un’esatta traduzione in italiano, indica proprio questo legame come un’unione di microclima, geologia, topografia, vite e suolo. È proprio il terroir a determinare le speciali caratteristiche e la qualità di vini e cibi, ognuno di essi diversi dagli altri come del resto i terroir da cui originano sono diversi l’un l’altro. La nozione di terroir a volte si estende al di là di doti naturali per comprendere la storia e la cultura di un luogo. Nell’analisi viene utilizzata una definizione di terroir più essenziale e comune che verte sugli attributi fisici della zona (Gergaud, Ginsburgh, 2008). La gran parte dei sistemi per il controllo dell’origine dei vini, AOC (Appellation d’Origine Controlée) in Francia, DOC (Denominazione di origine controllata) in Italia sono proprio basati sulla zona geografica di origine della produzione vitivinicola e sono quindi basati sulla nozione di terroir. Ad esempio l’equivalente sistema americano indica come AVA (American Viticultural Areas) le regioni di produzione riconosciute al fine di tutelare i produttori delle zone AVA nei confronti della produzione che avviene in zone sub‐AVA da parte di produttori che potrebbero intraprendere false rivendicazioni sulla natura e l’origine dei propri vini (Cross, Plantinga, Stavins, 2011).
Detto ciò appare inevitabile focalizzare per un attimo l’attenzione sul suolo e sulla sua vocazione. La presenza dell’uomo all’interno di un terroir è essenziale visto che l’uomo diventa il portavoce di tecniche di coltivazione della tradizione antica come dell’innovazione odierna senza dimenticare il suo ruolo di attore secondario che deve agire valorizzando il proprio savoir‐faire ma al contempo in armonia con terreno, vigna trasformando l’uva in vino nel pieno rispetto del processo.
Dando un ordine di importanza agli elementi che costituiscono il terroir abbiamo in primis clima, geologia, topografia e infine il suolo. Di quest’ultimo va ricordata la sua natura di organismo vivente attraverso il quale la pianta recepisce acqua ed elementi nutritivi5 per il suo fabbisogno (Benedetti, 2008).
Il sapore di uva e vino sono così determinati attraverso i rapporti degli elementi costituenti il terroir ed è proprio per esaltare i processi naturali che oggi giorno molte aziende adottano le pratiche di agricoltura biologica6 e o biodinamica7 per coltivare piante sane e produttive che concentrano nei frutti aromi e sapori che la vite riesce a trarre dal territorio in cui cresce.
Anche Rohel (2008), mette in evidenza come il goût du terroir può riassumere la composizione del terreno sul quale cresce la vite, ma allo stesso tempo il concetto di terroir è anche qualcosa di inqualificabile. Lo stesso Johnson (1999) afferma, che se dei vini hanno gusti diversi l’uno dall’altro il 5 Certi terreni possono contenere fino a 1 miliardo di microrganismi come batteri, alghe, funghi, … per grammo. Tutti queste sostanze sono organizzate in una perfetta catena dove l’esistenza di ogni anello è determinata dagli altri anelli. Il rapporto tra organismi può variare in relazione alla struttura geologica del terreno, clima, acqua e all’attività dell’uomo. 6 Tipologia di agricoltura le cui tecniche vanno a stimolare la formazione di sostanza organica nel suolo e il processo biologico di microfauna e microrganismi senza l’utilizzo di concimi. Questa pratica agisce principalmente sull’ecosistema per implementare la vita dell’intero sistema naturale. (Del Fabro, 2000).
7
Tipologia di agricoltura che vede la pianta come un essere immerso negli altri elementi terrestri di terreno e atmosfera, soggetta a ricevere elementi cosmici come calore e luce, essenziali per il processo di fotosintesi clorofilliana (Del Fabro, 2000).