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Attivita' del Collegio Sindacale e del revisore legale nella crisi d'impresa

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Academic year: 2021

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1 Università degli Studi di Pisa

Dipartimento di Economia e Management

Corso di Laurea Magistrale Consulenza Professionale alle Aziende

Tesi di Laurea Magistrale

Il ruolo e le attività del collegio sindacale e del revisore legale nella crisi d’impresa

Relatore

Prof. Alberto Tron/Marco Allegrini

Anno accademico 2016/2017

Candidato

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2 Indice

Introduzione ... 5

CAPITOLO I ... 8

Ruolo del Collegio Sindacale ... 8

1. Composizione del collegio sindacale ... 8

1.1 Nomina, decadenza, revoca, rinuncia del collegio e del revisore legale dei conti ... 10

1.2. Funzioni del collegio sindacale ... 13

1.3 Funzioni del revisore legale dei conti ... 15

1.4 Responsabilità dei sindaci ... 17

CAPITOLO II ... 21

La crisi d’impresa e il concetto di continuità ... 21

2 Interpretazione del concetto di crisi d’impresa ... 21

2.1 L’ approccio esterno ... 22

2.2 L’ approccio interno-consuntivo ... 23

2.3 L’approccio interno-previsionale ... 24

2.4 La continuità aziendale ... 26

2.5 Soggetti obbligati alla verifica dell’esistenza del presupposto di continuità ... 28

2.6 ISA 570 ... 31

2.7 OIC 5 ... 37

CAPITOLO III ... 42

Le attività del Collegio sindacale e del revisore legale nella crisi d’impresa ... 42

3 La “twilight zone” ... 42

3.1 Comunicazione Consob del 6/02/09 n. DEM/9012559 ... 42

3.1.1 Documento congiunto Banca d’Italia, Consob e Isvap n. 2 del 6/02/09 ... 44

3.1.2 Le norme di comportamento emesse dal CNDCEC e la loro evoluzione ... 46

3.2 Norma di comportamento n. 11 ... 47

3.2.1 Fase di emersione della crisi ... 48

3.2.2 Situazione di crisi conclamata ... 50

3.2.3 Cenno sulle procedure concorsuali ... 50

3.2.4 Adozione di un piano di risanamento ... 53

3.2.5 Relazione dell’attestatore ... 55

3.2.6 Accordo di ristrutturazione dei debiti ... 56

3.2.7 Concordato con riserva ... 61

3.2.8 Concordato preventivo ... 63

3.2.9 Concordato con continuità ... 67

3.2.10 Finanziamenti delle imprese in crisi ... 70

3.2.11 Rapporti con consulente e attestatore ... 72

3.2.12 Collegio sindacale in caso di riduzione o perdita di capitale. ... 73

3.2.13 Il collegio sindacale nel fallimento ... 75

3.3 Struttura del piano per la soluzione della crisi ... 76

CAPITOLO IV ... 79

I verbali del Collegio sindacale : il nuovo documento “verbali e procedure del Collegio sindacale” ... 79

4. Verbali e Procedure del Collegio sindacale ... 79

4.1 Verbale di vigilanza ... 80

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4.4 Verbalizzazione segnalazione all’assemblea ... 87

4.5 Verbalizzazione nel Piano di risanamento ... 88

4.6 Verbalizzazione nell’Accordo di ristrutturazione dei debiti ... 90

4.7 Verbalizzazione nella procedura di Concordato preventivo ... 92

4.8 Verbalizzazione dello scambio informativo con consulente e attestatore ... 96

Conclusioni ... 97

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“C'è il rischio che non puoi permetterti di correre e c'è il rischio che non puoi permetterti di non

correre.”

“Dietro ogni impresa di successo c'è qualcuno che ha preso una decisione coraggiosa.”

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Introduzione

Il collegio sindacale è l’organo di controllo interno delle società di capitali.

A tale organo sono dedicati gli artt. 2397 al 2409 del Codice Civile nei quali vengono regolate le modalità di nomina, le cause di ineleggibilità, di decadenza, doveri, poteri e responsabilità.

Le sue funzioni sono regolate all’art. 2403 del cc nel quale è previsto che le attività principali dell’organo di controllo sono quelle di vigilanza sul rispetto della legge e dello statuto, sul rispetto dei principi di corretta amministrazione e sull'adeguatezza dell'assetto organizzativo, amministrativo e contabile.1

La crisi economica ha accentuato il verificarsi di situazioni di instabilità economico-finanziarie delle imprese e sempre più assistiamo all’adozione degli istituti previsti dalla legge fallimentare nel tentativo, a volte vano, di ricondurre l’impresa in bonis.

Questo scenario rende l’attività di controllo delle procedure molto importante al fine di monitorare la loro regolarità formale e la loro buona riuscita, per questo le attività del collegio sindacale e del revisore legale sono considerate sempre più importanti ed indispensabili. Dopotutto sempre più sono gli strumenti previsti dal nostro legislatore volti alla gestione della crisi d’impresa e ciò si tramuta in un maggior carico di responsabilità, attività di controllo e monitoraggio da parte del collegio sindacale.

La disciplina della crisi di impresa è caratterizzata da vuoti normativi per quanto concerne le attività specifiche del collegio e del revisore durante le applicazioni degli istituti previsti dalla legge fallimentare, per questo il CNDCEC ha emanato prima nel 2012 e successivamente nel 2015 alcune norme di comportamento le quali consistono in linee guida di deontologia professionale per lo svolgimento dell’incarico di sindaco non solo nel caso in cui venga adottato uno strumento di composizione della crisi o una procedura concorsuale, ma anche qualora

1 Art. 2403 cc

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l’impresa sia ancora in bonis e si necessitano quindi le ordinare attività di vigilanza.

Il presente elaborato è volto ad analizzare le attività del collegio sindacale e del revisore legale nella crisi d’impresa nell’eventuale adozione di piani attestati di risanamento, accordi di ristrutturazione dei debiti, concordato preventivo o con soluzione di continuità e fallimento.

Come sappiamo uno dei principi fondamentali per le imprese è il presupposto di continuità e questo deve essere accertato dagli amministratori in fase di redazione del bilancio come richiesto dall’art. 2423 bis co.1, 1) cc: ”la valutazione delle voci deve essere fatta secondo prudenza e nella prospettiva della continuazione dell'attività, nonché tenendo conto della funzione economica dell'elemento dell'attivo o del passivo considerato”.

Interessante è andare ad analizzare quindi il principio contabile Isa 570 che prevede la responsabilità del revisore nel valutare se la direzione abbia o meno effettuato una corretta valutazione di tale presupposto. Laddove il principio di continuità non venga riscontrato e le soluzioni previste dalla legge fallimentare non riescono a riportare l’impresa in bonis, in assenza di ricapitalizzazioni la liquidazione dell’impresa è quindi inevitabile: esistono delle implicazione nella redazione del bilancio di un’impresa in fase di liquidazione? È indubbio che prima del 2008 non vi fossero principi contabili nazionali e internazionali che regolassero la redazione dei bilanci delle imprese in liquidazione. Il principio di maggior importanza introdotto con la riforma del diritto societario del 2003 è contenuto negli artt. 2484-2496 del cc ovvero che i criteri di redazione dei bilanci intermedi o annuali di liquidazione sono diversi da quelli previsti per l’ordinario bilancio d’esercizio. A dettagliare però la formazione del bilancio in fase di liquidazione e nel periodo intercorrente tra lo scioglimento della società e l’avvio della liquidazione è stato l’Organismo Italiano di Contabilità con la collaborazione della Commissione per i Principi Contabili dei Consigli Nazionale dei dottori commercialisti e dei ragionieri i quali hanno redatto l’OIC 5 “Bilanci in liquidazione”.

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Nello svolgimento della propria funzione primaria di vigilanza, il Collegio produce verbali riportanti le proprie attività e richiesti agli altri organi societari . Il CNDCEC nell’aprile del 2016 ha emanato un documento nominato “Verbali e procedure del collegio sindacale” nel quale vi sono anche bozze di verbali inerenti alle procedure adottabili nell’impresa in crisi, verbali che andremo ad analizzare.

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8 CAPITOLO I

Ruolo del Collegio Sindacale

1. Composizione del collegio sindacale

Prima di inoltrarci nel vivo di questo elaborato, appare essenziale andare a capire meglio la composizione dell’organo di controllo, la nomina dei sindaci, i profili di responsabilità e la revoca dell’incarico.

Per quanto concernono le fonti normative, possiamo distinguere tra disciplina rivolta alle società chiuse (artt. 2397 cc e ss) e alle società aperte (contenuta essenzialmente nel TUF agli artt. 148-154). Le differenze tra le due discipline inerenti all’organo di controllo riguardano essenzialmente: a) il numero dei membri effettivi del collegio sindacale non può essere

inferiore a 3 e quello dei supplenti non inferiore a 2 (art. 148, c. 1, TUF): non vi sono quindi limiti alla dimensione massima del collegio; b) anche per sindaci l’elezione avviene con il voto di lista (art. 148, c. 2,

TUF), così come è previsto il principio dell’equilibrio tra i generi (art. 148, cv. 1-bis, TUF);

c) la previsione di cause di ineleggibilità e decadenza (art. 148, c. 3-4-quater, TUF);

d) limiti al cumulo degli incarichi: l’art. 148-bis TUF demanda alla Consob di stabilire limiti al cumulo degli incarichi (cfr. art. 144-duodecies- 144 quinquiesdecies Regolamento Emittenti).2

Ulteriore fonte normativa volta a regolare la vita societaria dell’organo di controllo oltre al Codice Civile e alla suddetta legge speciale, vi è il d.lgs n. 39/2010 (attuativo della Direttiva 2006/43/CE) il quale prevede la

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Avv. Vittorio Pisapia, Craca Di Carlo Guffanti Pisapia Tatozzi & Associati - La disciplina delle società quotate: linee essenziali e questioni

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costituzione di un comitato per il controllo interno e la revisione contabile per gli enti di interesse pubblico; da sottolineare anche gli importanti interventi da parte del CNDCEC attraverso l’emanazione delle “Norme di comportamento del Collegio sindacale” la cui ultima modifica risale al 2015.

La costituzione del collegio sindacale non è obbligatoria per tutte le società di capitali, ossia lo è per le SpA e per le Sapa ma non sempre per le srl. A seguito del D.L 91/2014 è stato abrogato l’obbligo di nomina dell’organo di controllo qualora il capitale sociale della srl raggiunga il limite disposto per le SpA (15.000 € dal 2014) e quindi non vi è più una relazione tra obbligo di composizione del collegio e ammontare del capitale sociale. Per le srl quindi l’art. 2477 prevede delle fattispecie in presenza delle quali vige l’obbligo di nomina del collegio sindacale, altrimenti solo facoltativo. Il suddetto articolo prevede che la società ha l’obbligo di costituire l’organo di controllo se:

 è tenuta alla redazione del bilancio consolidato;

 controlla una società obbligata alla revisione legale de conti;

 per due esercizi consecutivi ha superato due dei limiti indicati dal primo comma dell'articolo 2435 –bis.

La srl é obbligata ad avere un collegio sindacale (o un sindaco unico) quando sussistono almeno due dei suddetti requisiti.

L’art. 2435 bis prevede alcuni limiti quantitativi per quanto riguarda la possibilità di redigere il bilancio in forma abbreviata. I limiti previsti sono:

 totale dell'attivo dello stato patrimoniale: 4.400.000 euro;

 ricavi delle vendite e delle prestazioni: 8.800.000 euro;

 dipendenti occupati in media durante l'esercizio: 50 unità.

L’articolo 2397 cc prevede che il collegio deve essere composto da tre o cinque sindaci, devono essere nominati due supplenti e almeno un membro effettivo ed

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uno supplente devono essere scelti tra i revisori legali iscritti nell'apposito registro. Come abbiamo visto vi sono dei vincoli più o meno stringenti a seconda che la società sia quotata o meno. Nelle non quotate la struttura del collegio è caratterizzata da una certa rigidità in quanto nel caso questo sia collegiale è composto da tre o cinque membri che possono essere soci o meno. Nelle quotate invece è previsto nella legge speciale un numero minimo di tre sindaci e l’atto costitutivo può prevedere il numero dei sindaci, senza un limite numerico massimo.

1.1 Nomina, decadenza, revoca, rinuncia del collegio e del revisore legale dei conti

Il collegio sindacale essendo un organo societario è regolato dal codice civile sia per quanto riguarda la propria nomina che un’eventuale rinuncia al proprio mandato. Il rapporto intercorrente tra società e revisore legale è invece di natura diversa, ovvero contrattuale: il revisore può in qualsiasi momento chiedere la risoluzione del contratto per giusta causa e nel caso in cui ci sia un’inerzia da parte della società nella sostituzione del revisore, quest’ultimo può recedere dopo sei mesi.

L’art. 2398 prevede che il presidente del collegio è nominato dall’assemblea e questa previsione non è applicabile alle società quotate. I sindaci sono nominati per la prima volta nell’atto costitutivo e successivamente dall’assemblea e per garantire ai soci una buona conoscenza dei candidati, vanno resi noti all’assemblea gli incarichi in amministrazione e controllo ricoperti presso altre società da parte dei candidati sindaci. I sindaci restano in carica per tre esercizi ossia fino all’approvazione del bilancio relativo al terzo esercizio ma, per evitare un “vuoto” nel passaggio di consegne, i vecchi sindaci restano in carica fino all’accettazione dei nuovi sindaci (cd. Prorogatio).

Per quanto riguarda il revisore legale, il suo incarico è conferito dall’assemblea su proposta motivata dell’organo di controllo come prevede l’art. 13 del D.Lgs.

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n. 39/2010. L’incarico di revisore ha la durata di tre esercizi, ma fanno eccezione quelli relativi a enti di interesse pubblico i quali nel caso di persone fisiche hanno un incarico di 7 anni e nel caso di società l’incarico è di nove anni, questo per garantire l’indipendenza del revisore. Il collegio sindacale deve quindi effettuare un’analisi delle proposte che pervengono alla società e verificare i potenziali revisori legali a seconda delle loro esperienze, capacità, competenze e professionalità. Questa proposta viene quindi motivata dal collegio sindacale e viene fornita all’assemblea prima del suo svolgimento. I soci non possono disattendere la proposta dell’organo di controllo e nel caso di mancato accoglimento il collegio sindacale deve ripetere l’iter per formulare una nuova proposta. Nella proposta motivata vengono individuati alcuni contenuti essenziali che sono:

 Indicazione del revisore e della società di revisione prescelta

 Oggetto e durata dell’incarico

 Indicazione dell’ammontare dei corrispettivi previsti

 In caso di società di revisione il nominativo del soggetto designato quale responsabile dell’incarico

 Indicazione dei criteri di valutazione adottati

L’art. 2399 prevede cause di ineleggibilità e decadenza dei sindaci. Per quanto riguarda le cause di ineleggibilità viene richiamato l’art. 2382 cc nel quale sono previste cause di ineleggibilità e decadenza degli amministratori applicabili quindi anche ai sindaci: non possono essere nominati l'interdetto, l'inabilitato, il fallito, o chi è stato condannato ad una pena che importa l'interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici o l'incapacità ad esercitare uffici direttivi. L’art. 2399 cc prevede altre due fattispecie di ineleggibilità:

“b) il coniuge, i parenti e gli affini entro il quarto grado degli amministratori della società, gli amministratori, il coniuge, i parenti e gli affini entro il quarto grado degli amministratori delle società da questa controllate, delle società che

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la controllano e di quelle sottoposte a comune controllo;

c) coloro che sono legati alla società o alle società da questa controllate o alle società che la controllano o a quelle sottoposte a comune controllo da un rapporto di lavoro o da un rapporto continuativo di consulenza o di prestazione d'opera retribuita, ovvero da altri rapporti di natura patrimoniale che ne compromettano l'indipendenza”.

Sono previste poi cause di decadenza per i sindaci, ossia l’assenza o la perdita dei requisiti di professionalità e di eleggibilità e l’assenza ingiustificata alle riunioni del collegio o degli organi societari. All’ultimo comma viene poi specificato che lo statuto può prevedere altre cause di ineleggibilità o decadenza ulteriori quindi a quelle espressamente previste dall’art. 2399 cc.

Per quanto riguarda la revoca dei sindaci, questi possono essere revocati solo per giusta causa e la deliberazione di revoca deve essere approvata con decreto dal tribunale sentito l'interessato. Il sindaco appena nominato o successivamente può rinunciare all’incarico formulando, preferibilmente, una rinuncia in forma scritta che risulti poi gli atti della società; questa comunicazione deve essere rivolta ed indirizzata agli amministratori e ai componenti effettivi e supplenti del collegio. La rinuncia ha effetto immediato e il collegio viene subito integrato attraverso il subingresso dei supplenti; se l’organo non si completa deve essere tempestivamente convocata l’assemblea affinché vengano nominati i sindaci mancanti. La mancata integrazione del collegio è una causa di scioglimento della società.

La revoca dell’incarico di revisore è regolato dall’art. 13 del DLgs. 39/2010 nel quale al terzo comma viene previsto che la proposta di revoca perviene dall’organo amministrativo sentito il parere dell’organo di controllo (parere non vincolante) e deve sussistere la giusta cause: non è considerata giusta causa la divergenza di opinioni in merito ad un trattamento contabile o a procedure di revisione. La revoca viene posta in essere dall’assemblea e contestualmente conferisce l’incarico ad un altro revisore legale o ad altra società di revisione.

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Le ipotesi di giusta causa non sempre sono oggettivamente condivisibili, ma alcune ipotesi possono essere:

 Sopravvenuta inidoneità tecnica del revisore allo svolgimento dell’incarico;

 Sopravvenuta mancanza di indipendenza da parte del revisore; inadempienze anche non imputabili che per gravità rendono impossibile la prosecuzione del rapporto;

 Riallineamento degli incarichi all’interno di un gruppo a seguito di acquisizione di società;

 Modifica del revisore principale del gruppo.

Il comma 4 prevede invece la possibilità per il revisore legale di dimettersi dall’incarico nei casi e con le modalità definiti con regolamento dal Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Consob. Col verificarsi delle dimissioni è necessario però evitare pregiudizi alla società revisionata mantenendo la continuità alla revisione legale attribuendo tempestivamente un nuovo incarico.

1.2. Funzioni del collegio sindacale

L’art. 2403 cc prevede le funzioni principali dell’organo di controllo: vigilare sull’osservanza della legge e dello statuto, sul rispetto dei principi di corretta amministrazione e sull’assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato dalla società sul suo concreto funzionamento.

L’attività di vigilanza sull’osservanza della legge e dello statuto risulta essere molto articolata vista la continua evoluzione delle norme vigenti ma è necessario ai fini della regolarità formale che gli atti e le delibere degli organi societari siano conformi alla legge e siano nel rispetto dello statuto. Nello svolgere la funzione di vigilanza sull’assetto organizzativo, il collegio sindacale verifica il tipo di organizzazione scelta dall’organo gestorio, verificando se sono definite le gerarchie dei ruoli, le funzioni, se

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c’è un’efficace comunicazione interna, se vi sono deleghe appropriate ed effettivamente esercitate. Un assetto organizzativo risulta essere adeguato se presenta una struttura compatibile alle dimensioni della società, alla sua natura e alle modalità di perseguimento dell’oggetto sociale. 3

Dal punto di vista dell’assetto amministrativo contabile invece viene verificata l’affidabilità delle procedure amministrative, l’organizzazione dei controlli interni, il processo di formazione del bilancio. Un sistema amministrativo contabile risulta adeguato se permette:

 La completa, tempestiva e attendibile rilevazione contabile e rappresentazione dei fatti di gestione;

 La produzione di informazioni valide e utili per le scelte di gestione e per la salvaguardia del patrimonio aziendale;

 La produzione di dati attendibili per la formazione del bilancio d’esercizio.4

La vigilanza sul rispetto dei principi di corretta amministrazione consiste nella verifica della conformità delle scelte di gestione ai generali criteri di razionalità economica.5 Da sottolineare che l’attività dei sindaci non riguarda un controllo di merito sulle scelte di gestione degli amministratori, ma esclusivamente di legittimità delle scelte e la verifica della correttezza del procedimento gestionale.

L’organo di controllo ha l’obbligo di riunirsi almeno ogni novanta giorni come previsto dall’art. 2404 cc e delle adunanze viene redatto un verbale poi trascritto nel libro delle adunanze e delle deliberazioni del collegio sindacale. Al comma 4 del medesimo articolo sono previsti i quorum costitutivi e deliberativi del collegio, ossi questo è regolarmente costituito con la presenza della maggioranza dei sindaci e delibera a maggioranza assoluta dei presenti. Inoltre può accadere che non tutti i sindaci siano

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CNDCEC, Norme di Collegio Sindacale 2015, norme 3.4

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CNDCEC, Norme di Collegio Sindacale 2015, norme 3.6

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consenzienti alle decisioni prese dall’organo, il sindaco dissenziente tuttavia non può redigere un proprio verbale, ma ha diritto di fare iscrivere i motivi del proprio dissenso.

Il collegio ha l’obbligo di riferire all’assemblea dei soci circa lo svolgimento delle proprie attività nell’adempimento dei propri doveri tramite una relazione.6

Per favorire il giusto adempimento delle proprie funzioni di vigilanza e controllo, l’art. 2403 bis cc. prevede che i sindaci possono in qualsiasi momento procedere, anche individualmente, ad atti di ispezione e di controllo. Oltre alla possibilità di effettuare tali atti, l’organo di controllo può chiedere agli amministratori notizie sull'andamento delle operazioni sociali o su determinati affari.

1.3 Funzioni del revisore legale dei conti

Abbiamo visto come le funzioni affidate al collegio siano relative prevalentemente al controllo sulla gestione degli amministratori; il revisore legale dei conti invece è posto al controllo della situazione contabile. Quindi le funzioni tra l’organo di controllo e revisore sono solitamente separate, salvo il caso in cui al collegio sindacale siano affidate anche le funzioni di revisione, come previsto dall’art. 2409 bis: “Lo statuto delle società che non siano tenute alla redazione del bilancio consolidato può prevedere che la revisione legale dei conti sia esercitata dal collegio sindacale. In tal caso il collegio sindacale é costituito da revisori legali iscritti nell'apposito registro”.

L’obiettivo primario del revisore legale è quello di formulare un giudizio professionale in merito all’attendibilità del bilancio e mediante l’attività di revisione deve acquisire una ragionevole certezza che le rilevazioni contabili

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siano attendibili o quantomeno che non presentino errori significativi che possono inficiare la veridicità del bilancio.

La norma principale che disciplina l’attività di revisione è il DLgs. 39/2010 che recepisce la direttiva comunitaria “Audit” 43/2006. Una delle novità principali introdotta al suddetto DLgs, è l’attività di vigilanza ed il controllo di qualità. Prima del 2010 i revisori non sono mai stati soggetti a nessuna vigilanza specifica se non a quella di una eventuale sanzione da parte del registro dei revisori contabili.

Il revisore nel perseguire il proprio obiettivo che è quello di esprimere un giudizio sul bilancio, al termine delle proprie procedure di revisione redige una relazione di cui all’art. 14 del DLgs. 39/2010.

La relazione dovrà contenere:

 Un paragrafo introduttivo che identifica i conti annuali o consolidati sottoposti a revisione legale ed il quadro delle regole di redazione applicate dalla società;

 Una descrizione della portata della revisione legale svolta con l’indicazione dei principi di revisione osservati;

 Un giudizio sul bilancio che indica chiaramente se questo è conforme alle norme che ne disciplinano la redazione e se rappresenta in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria e il risultato economico dell’esercizio;

 Eventuali richiami d’informativa che il revisore sottopone all’attenzione dei destinatari del bilancio, senza che essi costituiscano rilievi;

 Un giudizio sulla coerenza della relazione della gestione con il bilancio.

Nel caso in cui il revisore esprima un giudizio sul bilancio con rilievi, un giudizio negativo o rilasci una dichiarazione di impossibilità di

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esprimere un giudizio, la relazione illustra analiticamente i motivi della decisione.

1.4 Responsabilità dei sindaci

Come abbiamo potuto apprezzare dai paragrafi precedenti, il collegio rappresenta l’organo di controllo e come tale è dotato di potere di ispezione e controllo. Come prevede l’art. 2406 al co.2, previa comunicazione al presidente del consiglio di amministrazione, può convocare l'assemblea qualora nell'espletamento del suo incarico ravvisi fatti censurabili di rilevante gravità e vi sia urgente necessità di provvedere. Tali poteri sono esercitati normalmente in via collegiale ma se un sindaco ritiene di dover intervenire individualmente è opportuno che ne dia tempestiva informazione scritta agli altri componenti.7 Si ritiene quindi che, vista la natura collegiale dell’organo, il sindaco dovrebbe intervenire solo in via sussidiaria ovvero solo dopo aver sollecitato il collegio di intervenire in merito e aver ottenuto, però, una deliberazione difforme. L’art. 2406 per quanto riguarda il potere di convocazione dell’assemblea, si riferisce all’organo di controllo in forma collegiale e per questo si ritiene che la delibera debba essere presa collegialmente: se un sindaco si vuole avvalere di tale potere è necessario quindi che solleciti il collegio.

La norma di comportamento 6.1, redatta dal CNDCEC delle quali approfondiremo nel capitolo successivo, ci chiarisce l’applicazione degli artt. 2403, 2406 co.2, 2408, 2409 cc.

Il collegio laddove riscontri violazioni di legge, dello statuto o dei principi di corretta amministrazione, inadeguatezza dell’assetto organizzativo o amministrativo-contabile, irregolarità nella gestione, deve dare tempestiva notizia all’organo amministrativo il quale deve intervenire con azioni

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correttive. Laddove gli amministratori non intervengono, il collegio sindacale può richiedere la convocazione dell’assemblea dei soci allo stesso organo amministrativo: in caso di inerzia e le irregolarità individuate siano di grave natura il collegio può convocare direttamente l’assemblea. Se le suddette irregolarità riguardano violazioni di legge, di statuto, di corretta amministrazione, inadeguatezza dell’assetto organizzativo o amministrativo contabile e vi sono ragionevoli motivi per sospettare che l’organo amministrativo abbia o stia compiendo tali azioni in modo doloso o colposo, il collegio è legittimato a presentare denuncia al Tribunale. Appare opportuno che questa azione sia giustificata dall’entità di tali irregolarità e dai potenziali danni che possono provocare alla società o alle sue controllate: la gravità e la rilevanza delle irregolarità deve essere rapportata alla dimensione, alla complessità della società e ai potenziali effetti di tali violazioni.

Per quanto riguarda il diritto dei soci previsto dall’art. 2408 co. 1 (“Ogni socio può denunziare i fatti che ritiene censurabili al collegio sindacale, il quale deve tener conto della denunzia nella relazione all'assemblea”) il collegio sindacale deve esaminare ed indagare sui fatti denunciati dai soci al fine di valutarne la fondatezza e riferisce all’assemblea. Anche in questo caso viene ripetuto l’iter già esposto in precedenza, ovvero se il collegio ritiene che la denuncia dei soci sia fondata, richiede agli amministratori di intervenire con azioni correttive, ma qualora ciò non avvenga il collegio può procedere alla convocazione dell’assemblea: se i fatti riscontrati integrano le irregolarità previste dall’art. 2409 cc può essere presentata denuncia al Tribunale.

Se invece la denuncia del socio appare infondata in seguito alle verifiche poste in essere o alle azioni correttive degli amministratori, il collegio ne dà notizia nella prima assemblea utile (nel caso in cui la denuncia sia stata presentata da tanti soci che rappresentano un ventesimo del capitale sociale o un quarantesimo nel caso di società che fanno ricorso al mercato del

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capitale di rischio, come prevede il co. 2 dell’art. 2408 cc), oppure nella propria relazione annuale qualora la denuncia sia stata presentata da un solo socio o da un numero di soci inferiore alla minoranza qualificata sopracitata.

Passando al profilo di responsabilità vero e proprio dei sindaci, l’art. 2407 prevede che: “I sindaci devono adempiere i loro doveri con la professionalità e la diligenza richieste dalla natura dell'incarico; sono responsabili della verità delle loro attestazioni e devono conservare il segreto sui fatti e sui documenti di cui hanno conoscenza per ragione del loro ufficio.

Essi sono responsabili solidalmente con gli amministratori per i fatti o le omissioni di questi, quando il danno non si sarebbe prodotto se essi avessero vigilato in conformità degli obblighi della loro carica.

All'azione di responsabilità contro i sindaci si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni degli articoli 2393, 2393-bis, 2394, 2394-bis e 2395”.

Da notare quindi che in tema di responsabilità è necessario distinguere tra responsabilità esclusiva dei sindaci e responsabilità concorrente con quella degli amministratori. La responsabilità esclusiva si verifica, come è desumibile dal primo comma, per inadempimenti di obblighi e doveri da parte dei soli sindaci riguardanti i generici doveri di controllo di cui all’art. 2403 cc, mentre il secondo tipo di responsabilità ossia quella concorrente è detta culpa in vigilando e si verifica in presenza di fatto o omissioni degli amministratori, violazione degli obblighi che gravano sui sindaci, nesso di causalità tra difetto dei sindaci e pregiudizio a carico della società o dei terzi.

I presupposti affinchè la responsabilità dei sindaci sia considerabile come concorrente agli amministratori sono:

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all’integrità del patrimonio sociale;

- una lesione dei diritti di credito dei creditori, conseguente a tale inadempimento;

- la violazione degli obblighi di sorveglianza incombenti ai sindaci;

- il nesso di causalità tra l'inadempimento dei sindaci ed il pregiudizio derivato alla società o ai terzi.8

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21 CAPITOLO II

La crisi d’impresa e il concetto di continuità

2 Interpretazione del concetto di crisi d’impresa

Nel tentativo di definire il concetto di crisi ci accorgiamo non essere un concetto di così facile ed immediata esplicazione. Il legislatore non ha mai fornito una definizione esatta di tale status e molto spesso viene confusa con lo stato di grave insolvenza che, in realtà, si tratta di una situazione molto più controversa. In moltissimi casi l’imprenditore o, nelle realtà di maggior rilevo, gli organi societari come amministratori e/o collegio sindacale peccano nel proseguire l’attività d’impresa ponendo in essere atti caratterizzati da una forte negligenza dai quali ne deriva un aggravarsi della situazione di crisi. Un mancato intervento tempestivo da parte dei soggetti sopra citati rende tardivo e quindi inutile l’avvalersi di istituti che la legge fallimentare mette a disposizione i quali sono volti ad evitare il fallimento come ad esempio la procedura concorsuale del concordato preventivo (art. 160 LF) o con soluzione di continuità (art. 186 bis LF) o la domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti (art. 182 bis LF).

È pur vero che è molto difficile individuare il momento in cui lo stato di crisi si manifesta all’interno della vita aziendale e tale rilevazione spesso oscilla tra un momento da considerarsi fin troppo tempestivo e, spesso, inopportuno come quello di invocare lo stato di crisi ai primi andamenti negativi rilevabili e l’altro estremo da considerarsi tardivo ovvero nel quale si manifesta la conclamata insolvenza finanziaria. Questi due momenti considerati come gli estremi dello stato di crisi non facilitano certamente l’applicazione degli istituti previsti dalla legge fallimentare finalizzati ad evitare la procedura concorsuale del fallimento. Si palesa quindi un’esigenza importante di saper identificare il momento in cui si manifesta lo stato di crisi da un punto di vista temporale e la possibilità di poterla

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riscontrare oggettivamente all’interno dell’impresa. Da parte dell’imprenditore individuare tale momento diventa ancora più importante e significativo se pensiamo alla riforma in atto della legge fallimentare, nella quale è previsto l’inserimento dello stato d’allerta: un nuovo istituto volto ad una precoce emersione della crisi d’impresa, una risoluzione assistita e misure premiali a vantaggio dell’ imprenditore che ne faccia uso tempestivamente, come ad esempio vantaggi dal punto di vista patrimoniale ma anche esoneri dal lato delle responsabilità penali previste dall’attuale legge fallimentare.9

La stessa Commissione Europea ha emesso una “Raccomandazione dell’Unione Europea” del 12 marzo 2014 circa “un nuovo approccio al fallimento delle imprese e all’insolvenza”. In questo documento vigono delle raccomandazioni a tutti gli Stati membri volte all’approvazione di una disciplina che consenta alle imprese in difficoltà finanziarie, non ancora insolventi, di risanarsi e di “dare una seconda opportunità (…) agli imprenditori onesti che falliscono”.10

Soffermandoci sul concetto di probabilità di insolvenza, come suggerito dal suddetto documento, è possibile distinguere ed analizzare tre approcci: esterno, interno-consuntivo, interno-previsionale. 11

2.1 L’ approccio esterno

Un approccio di questo tipo permette l’emersione della crisi in un momento tutt’altro che tempestivo. In questo caso, infatti, possiamo parlare di crisi avanzata in quanto il dissesto dell’impresa è talmente importante da manifestarsi anche ai soggetti esterni e difficilmente l’impresa si trova in una situazione idonea ad esperire una procedure pre-fallimentare.

Tipicamente i primi soggetti che si rendono conto dello stato di crisi dell’impresa sono i fornitori identificabili come quelli “non essenziali” per il corretto andamento del core business: questi infatti rappresentano le prime “vittime” di

9 Il sole 24 ore – 2 febbraio 2017 10

Raccomandazione dell’Unione Europea del 12/03/2014

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Il concetto di crisi d’impresa come incontro tra la prospettiva aziendale e quella giuridica – di Alberto Quagli

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mancati pagamenti, crediti insoluti e ordini sempre meno frequenti. Da questo momento la situazione dell’impresa in questione diventa sempre più difficile e controversa, vengono omessi i versamenti delle ritenute previdenziali ed erariali e, soprattutto non vengono rispettate le scadenze delle forniture considerate “essenziali”.

Questi eventi a cascata che caratterizzano il dissesto generale può sfociare in una situazione di insolvenza che può aggravarsi con la revoca dei fidi da parte delle banche e la richiesta delle stesse di estinguere immediatamente i finanziamenti accesi.

2.2 L’ approccio interno-consuntivo

Questa tipologia di approccio volto a rilevare una situazione di crisi o addirittura insolvenza, avviene attraverso l’analisi di particolari indicatori economico-finanziari utilizzando i dati derivanti dalle situazioni contabili infrannuali elaborate internamente che saranno poi funzionali alla realizzazione del bilancio d’esercizio finale.

Nella letteratura economico-aziendale vi sono moltissimi indici volti a rilevare situazioni che mettono a rischio il presupposto fondamentale della continuità aziendale: esistono indicatori finanziari volti a monitorare i flussi di cassa derivanti dalla gestione operativa, indicatori economici come ad esempio i margini operativi oppure patrimoniali volti a rilevare squilibri tra attività e passività (a breve o m/l periodo).

Oltre agli indicatori che possiamo definire “numerici” e che presentano agli interpreti una situazione paragonabile ad una foto istantanea della situazione aziendale, dobbiamo considerare anche altre circostanze che sicuramente indicano una, seppur a volte solo potenziale, situazione di crisi più o meno conclamata. Ad esempio possiamo ricordare l’ incapacità di rimborsare i prestiti ricevuti, incapacità di ottenere nuova finanza, perdita di soggetti chiave all’interno dell’impresa, capitale ridotto al di sotto del minimo legale senza

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prospettive di ricapitalizzazione, perdita di consistenti fette di mercato senza avere la capacità di attuare strategie volte alla riconquista di ciò che è stato eroso dai concorrenti.

Per quanto riguarda gli indici numerici è possibile definire delle “soglie limite” a tali indici per consentire agli interpreti del bilancio di individuare la presenza di situazioni anomale; è certo, però, che tali soglie debbano assumere un valore soggettivo e non univoco per ogni impresa dato che possono dipendere da molte variabili identificabili, ad esempio, nella tipologia di impresa, nell’attività che essa svolge, il settore in cui opera, ambito geografico o la sua dimensione. Nell’analisi della singola impresa è tuttavia importantissimo avere una visione sistematica di tali indici e svolgere una comparazione periodica tra di essi per costruire un trend, oltre che, sarebbe opportuno, essere in grado di compararli con imprese omogenee.

Il più grande limite di questo approccio è tuttavia il suo dipendere da dati di natura consuntiva: tali dati sono infatti soggetti a valutazioni che troppo spesso hanno natura soggettiva da parte di chi redige il bilancio e, in più, non si è in grado di capire le prospettive gestionali dell’impresa né tantomeno l’esito di un investimento a lungo termine. Essenziale diventa quindi contestualizzare tali indici alla singola impresa e non limitarsi all’analisi numerica.

2.3 L’approccio interno-previsionale

Come possiamo ben intuire, questo approccio si rende possibile solo avendo l’opportunità o trovandoci in una posizione interna all’impresa basandosi su piani previsionali predisposti dall’imprenditore. Definendo la crisi come una probabilità futura di insolvenza, è possibile capire che tale approccio risulta il più indicato per capire l’andamento dell’impresa da un punto di vista dinamico e non statico come nell’approccio precedente.

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Il Prof. Alberto Quagli definisce la crisi come “la sistematica incapacità dei flussi di cassa reddituali attuali e prospettici di fronteggiare l’adempimento delle obbligazioni assunte e pianificate tramite il normale andamento gestionale”.12 Da questa definizione è possibile capire quanto sia importante la capacità dell’impresa di generare flussi di cassa attraverso la propria gestione caratteristica per riuscire ad adempiere alle proprie obbligazioni. Il flusso di cassa reddituale rappresenta la differenza tra le variazioni finanziarie attive derivanti dalle vendite e le variazioni finanziarie passive derivanti dagli acquisti di beni e servizi. Quest’area, che rappresenta la prima delle tre aree che costituiscono il rendiconto finanziario, in una situazione in cui l’impresa è in bonis dovrebbe essere in grado di coprire gli investimenti e rimborsare i finanziamenti ottenuti (rappresentati nelle altre due aree del rendiconto finanziario).

Attraverso la predisposizione e l’analisi del rendiconto finanziario diviene possibile quindi la previsione di flussi futuri negativi e, già nell’esercizio in cui viene rilevata tale previsione, diventa opportuno pianificare una ristrutturazione come esplicato nella Raccomandazione dell’Unione Europea, senza attendere che tali flussi negativi si verifichino realmente.

Nonostante questo approccio presenti notevoli migliorie a livello di efficacia ed efficienza rispetto ai due precedenti, presenta alcune imperfezioni.

La pianificazione finanziaria non è così diffusa come dovrebbe, anche se prendiamo come riferimento imprese rilevanti e non solo di piccole dimensioni ma, in quelle realtà aziendali nelle quali si predispongono budget finanziari e non solo economici, questi purtroppo hanno un orizzonte temporale raramente superiore all’esercizio e quindi fin troppo limitato. Inoltre i piani predisposti dall’imprenditore possono peccare di ampia soggettività e fin troppa, talvolta nemmeno giustificata dai dati e dalle circostanze, buonafede nella gestione futura.

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Il concetto di crisi d’impresa come incontro tra la prospettiva aziendale e quella giuridica – di Alberto Quagli

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L’approccio interno-previsionale risulta essere in linea anche con le esigenze dettate dal principio di revisione ISA 570 (Continuità aziendale) e la norma di comportamento numero 11 diffuse dal CNDCEC.

Il principio di revisione prevede che il revisore deve accertare il presupposto imprescindibile della continuità aziendale nel periodo previsionale durante il quale la direzione ha svolto la propria attività di pianificazione: se tale periodo non arriva a 12 mesi, il revisore deve comunque estendere la propria valutazione almeno all’anno successivo.

Per quanto riguarda la norma di comportamento numero 11, che è inerente al comportamento del collegio sindacale nella prevenzione e nell’emersione della crisi, prevede che l’organo di controllo deve vigilare sul sistema di controllo interno e sull’organizzazione della società verificando che siano idonei a rilevare tempestivamente eventuali elementi che possano mettere in dubbio la capacità dell’impresa a svolgere la propria attività con continuità.

2.4 La continuità aziendale

Il concetto di continuità aziendale rappresenta il presupposto cardine che ogni impresa cerca di perseguire. Il dettato normativo nazionale in materia di continuità aziendale è l’art. 2423 bis del Codice Civile:” la valutazione delle voci deve essere fatta secondo prudenza e nella prospettiva della continuazione dell’attività, nonché tenendo conto della funzione economica dell’elemento dell’attivo e del passivo considerato”.

Un’impresa che opera in un’ottica di continuità aziendale deve poter essere in grado di adempiere alle proprie obbligazioni derivanti dal core business pur rispondendo in modo positivo alle esigenze e alle aspettative sia dei soci che dei prestatori d’opera al proprio interno, deve essere in grado di superare i costi con i propri ricavi per poter remunerare il capitale di rischio e reinvestire internamente e ottenere dei flussi di cassa positivi in ottica anche previsionale.

L’articolo 2423 bis impone una redazione del bilancio d’esercizio improntata sulla verifica della persistenza della prospettiva di continuità e, di conseguenza,

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la scelta dei criteri di valutazione idonei da applicare: le voci di bilancio vengono quindi contabilizzate tenendo in considerazione la sussistenza della continuità aziendale o meno. Dal momento che questo presupposto viene a mancare è evidente che le valutazioni applicate alle voci di bilancio risulterebbero non più idonee e funzionali ad una rappresentazione veritiera e corretta della situazione reale della società e quindi la redazione del bilancio dovrebbe seguire non più i principi di funzionamento ma i criteri di liquidazione, ossia di realizzo delle attività ed estinzione delle passività.

Oltre al Codice Civile anche gli OIC riprendono il concetto di continuità aziendale: nel principio contabile numero 1, ad esempio, viene introdotto e argomentato il concetto di “funzionalità economica”. Con tale espressione si è voluto far riferimento alla prevalenza della sostanza sulla forma e ciò vuol dire anche applicare dei criteri di valutazione volti alla redazione di un bilancio d’esercizio veritiero e corretto. Ad esempio per alcune operazioni simultanee con oggetto strumenti di carattere finanziario è possibile optare per la compensazione essendo evidentemente un elemento intrinseco, derogando quindi al divieto di compensazione delle partite.

Anche i Principi Contabili Internazionali, in particolare lo IAS 1, si occupa del concetto di continuità aziendale prevedendo che “il bilancio deve essere redatto nella prospettiva della continuazione dell’attività a meno che la direzione aziendale non intenda liquidare l’entità o interromperne l’attività o non abbia alternative realistiche a ciò (…). Qualora il bilancio non sia redatto nella prospettiva della continuazione dell’attività, tale fatto deve essere indicato, unitamente ai criteri in base ai quali esso è stato redatto e alla ragione per cui

l’entità non è considerata in funzionamento”.13

Nella redazione del bilancio vige quindi l’obbligo di valutare se sussiste o meno la capacità di continuare a svolgere l’attività d’impresa; qualora durante tale valutazione emergessero incertezze su tale capacità aziendale, queste devono essere immediatamente evidenziate.

13 IAS 1 paragrafi 23 e 24

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In linea con queste norme di riferimento, gli amministratori hanno l’obbligo ed il dovere di seguire determinati principi nel corso della loro attività gestoria. Non c’è ombra di dubbio che questi soggetti debbono valutare le voci di bilancio secondo il principio della prudenza valutando attentamente le poste e procedendo ad una tempestiva svalutazione delle stesse laddove ne ricorrano i presupposti. Nella nota integrativa o all’interno della relazione sulla gestione gli amministratori devono, inoltre, far emergere tutte le criticità rilevate nell’esercizio di riferimento che potenzialmente potrebbero mettere a rischio il futuro aziendale ma, soprattutto, devono effettuare dei controlli periodici sulla gestione caratteristica per poter effettuare degli interventi correttivi in corso d’esercizio evitando così un potenziale stato d’insolvenza.

2.5 Soggetti obbligati alla verifica dell’esistenza del presupposto di continuità

Come abbiamo visto, l’accertamento della sussistenza del presupposto della continuità aziendale è essenziale ai fini delle valutazioni delle poste che formano il bilancio d’esercizio; gli amministratori sono senza ombra di dubbio i soggetti che per primi devono verificare l’esistenza di tale presupposto ai fini della redazione del bilancio e quindi si impegnano a valutare aspetti futuri della gestione aziendale. L’organo amministrativo si trova, per sua natura, in una posizione di vantaggio al fine di recepire in modo più analitico e rapido informazioni in merito all’attività dell’impresa rispetto agli altri organi, anche perché la gestione dell’impresa spetta “esclusivamente agli amministratori”.14

Una volta che l’organo di gestione ha effettuato le proprie verifiche può emergere che le incertezze rilevate in merito al presupposto di continuità possono essere ritenute significative o meno; se le incertezze non sono ritenute significative e non generano dubbi sulla continuità allora devono essere descritte nella relazione sulla gestione (art. 2428 cc), altrimenti se generano dubbi

14 Art. 2380 bis cc

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significativi devono essere descritte in nota integrativa. Di seguito un esempio di descrizione in nota integrativa.

“La società ha registrato una perdita operativa nell’esercizio 20xx. Riteniamo che la prospettiva implichi significative sfide in termini di volume delle vendite e di prezzi così come di costi. A fronte della riduzione della domanda di prodotti occorre ridurre i costi fissi e alienare assets no core. Quantunque siamo riiusciti a ottenere fiannziamenti addizionali, queste condizioni creano significative incertezze sui futuri risultati e sui flussi di cassa. Si sta cercando di alienare beni immobili di proprietà per assicurarsi capitale circolante. Ci sono trattative in corso con potenziali acquirenti, ma alla data di bilancio non vi è certezza che si procederà alla vendita. Sulla base delle negoziazioni condotte c’è da ritenere che la vendita sia probabile e che la plusvalenza e i cash-flow acquisiti eviteranno la necessità di ulteriori finanziamenti. Abbiamo avviato trattative con le banche finanziatrici relativamente a un finanziamento ulteriore che potrebbe rendersi necessario qualora la vendita degli assets non andasse a buon fine entro termini ragionevoli, oppure intervenissero significativi cambiamenti in negativo nel volume delle vendite o nella redditività. È probabile che queste trattative si prolungheranno per un certo periodo di tempo. Le circostanze sopra evidenziate ci portano a ritenere che sussiste una significativa incertezza sulla capacità della società di continuare a operare sulla base del presupposto della continuità aziendale. Effettuate le verifiche del caso abbiamo, comunque, ritenuto ragionevole che la società abbia adeguate risorse per continuare l’esistenza operativa in un prevedibile futuro di almeno 12 mesi. Per queste ragioni, essa continua ad adottare il presupposto della continuità aziendale nella

preparazione del bilancio”.15

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Gruppo di lavoro Revisione e CS. Il bilancio delle aziende in crisi: ruolo e comportamento degli organi di controllo negli Enti non di Interesse Pubblico. – fondazione dei dottori commercialisti e degli esperti contabili di Reggio Emilia

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Esempio di descrizione nella Relazione sulla Gestione:

“Come evidenziato a pag. xx della Nota Integrativa, la società sopperisce alle esigenze quotidiane del capitale circolante attraverso scoperti bancari i cui affidamenti saranno rinnovati in data … Le attuali condizioni economiche creano incertezze in particolare con riferimento al decremento di domanda registrato nel corso del 20xx e della sostanziale stasi nei primi mesi del 20xx e alla disponibilità di finanziamenti bancari nel prossimo futuro. Le stime e le proiezioni del budget, dimostrano che la società è in grado di operare con l’attuale livello di finanziamenti a tempo debito e non ha, allo stato attuale, richiesto una confort letter che tali finanziamenti saranno rinnovati. La società ha discusso con gli istituti finanziatori in merito alle future necessità di finanziamento e non sono stati sottoposti all’attenzione della direzione elementi che possano suggerire che il rinnovo non sia prossimo a condizioni accettabili”.

Il secondo organo volto alla valutazione della sussistenza del presupposto della continuità aziendale per prevenire e/o accertare lo stato di crisi d’impresa è il collegio sindacale (o sindaco unico). Le principali funzioni dell’organo di controllo come previsto dagli artt. 2403 e ss c.c, sono quelle di vigilare sull’osservanza della legge e dello statuto, sul rispetto della corretta amministrazione e valutare l’adeguatezza dell’assetto organizzativo. I sindaci, nel porre in essere le proprie funzioni, devono vigilare anche sugli atti e deliberazioni che sono potenzialmente dannose al presupposto della continuità aziendale, comunicando immediatamente agli amministratori l’invito a porvi rimedio.

Anche il Revisore Legale è tenuto a verificare la sussistenza del presupposto della continuità valutando se gli amministrazioni hanno redatto correttamente il bilancio ed evidenziando i problemi che incidono direttamente a livello contabile. Il compito del Revisore non è quello di giudicare l’operato degli amministratori, ma verificare la corretta rilevazione contabile dei fatti di gestione, la corrispondenza del bilancio alle risultanze delle scritture contabili e capire se le

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conclusioni a cui sono arrivati gli amministratori circa la capacità dell’azienda di operare come entità in funzionamento sono condivisibili.

2.6 ISA 570

L’ISA 570 rappresenta il principio di revisione inerente alla responsabilità del revisore nelle sue funzioni di revisore legale nel valutare il corretto uso da parte della direzione del presupposto di continuità aziendale nel produrre il bilancio. Spesso e volentieri si pensa che le imprese in crisi sono sempre e solo quelle che chiudono i bilanci in perdita, ma questo non è sempre vero: pensiamo ad esempio a società che riportano un utile in bilancio ma hanno serie problematiche di continuità in egual misura per una crisi di liquidità derivata dalla difficoltà di riscuotere alcuni crediti commerciali di importo rilevante.

L’organo amministrativo a meno che non abbia intenzione di liquidare l’impresa o interrompere l’attività o non abbia altre alternative, deve redigere il bilancio valutando le poste secondo il principio di continuità. Nel porre in essere tale valutazione si rende necessario valutare la capacità dell’impresa di continuare ad operare come un’entità in funzionamento e tale valutazione deve tenere in considerazione sicuramente le dimensioni dell’impresa stessa e in che modo è o può essere influenzata da fattori esterni, in che misura alcuni eventi o circostanze presentano un esito incerto o in un momento futuro molto lontano, il che rende molto difficoltosa una previsione caratterizzata da un buon grado di probabilità. Per quanto concerne la dimensione dell’impresa è facile intuire che nel caso di imprese minori vi è il rischio che i finanziatori (ad es. le banche) interrompono i loro finanziamenti aprendo in modo rapido una crisi di liquidità, oppure la perdita di un cliente rilevante nelle imprese minori è più facile che provochi un’apertura della crisi.

Il quadro normativo sull’informazione finanziaria può prevedere o meno che l’organo di amministrazione effettui una valutazione sulla capacità dell’impresa di continuare ad operare come un’entità in funzionamento. Laddove questo obbligo sia esplicitamente espresso, la normativa prevede anche i principi e le

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regole da rispettare e i contenuti da fornire nell’informativa; se nessun obbligo è espressamente previsto, si ritiene che si in egual modo obbligo della direzione effettuare una valutazione sulla capacità dell’impresa di continuare ad operare come un’entità in funzionamento, essendo il presupposto della continuità un principio fondamentale che deve accompagnare la redazione del bilancio.

Gli amministratori nel valutare il sopra citato principio di continuità devono rilevare il grado di incertezza associato all’esito di un evento o circostanza che aumenta più tale esito si colloca nel futuro; è altresì necessario che venga tenuto conto anche della struttura e della natura dell’impresa per valutare il livello di influenza dei fattori esterni che possono minare la continuità aziendale.

L’obiettivo e la responsabilità del revisore è quella di acquisire elementi probativi sufficienti per riscontrare la corretta applicazione del presupposto di continuità nella redazione del bilancio e di verificare se vi siano elementi significativi che possono minare in qualche modo la capacità dell’impresa di continuare a svolgere la propria attività: tale responsabilità come abbiamo detto permane anche nel caso in cui la normativa sull’informazione finanziaria utilizzata non prevede esplicitamente l’obbligo di valutazione a carico della direzione.

Nello svolgere detto controllo, il revisore deve accertare che la valutazione espressa dalla direzione sia frutto di un’attenta analisi preliminare in merito e, se questo è avvenuto, deve discutere sugli eventi o circostanze rilevati, stabilire se questi possono far sorgere dubbi significativi sulla continuità aziendale e considerare gli eventuali piani predisposti dalla direzione per risolvere tali fatti o circostanze. Il revisore nell’effettuare la propria valutazione deve coprire lo stesso periodo esaminato dalla direzione ma, se questo è inferiore ai dodici mesi, deve richiedere all’amministrazione di estendere la valutazione ad un periodo almeno annuale. Nel caso di imprese minori, tuttavia, può essere sufficiente una discussione o un’indagine della documentazione di supporto che dimostri, ad esempio, gli ordini ricevuti per forniture future.

Se invece la direzione non ha effettuato tale valutazione preliminare, il revisore ha il compito di capire in che modo l’amministrazione voglia utilizzare il

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presupposto della continuità e se esistono eventi o circostanze in grado di far sorgere dubbi significativi. Il revisore non ha l’obbligo di rimediare alla mancata valutazione da parte della direzione, come ad esempio nel caso in cui si tratti di grandi imprese con grandi trend di redditività e facile accesso alle risorse finanziarie, la direzione può valutare tale presupposto senza effettuare analisi dettagliate.

Il principio di revisione 570 provvede all’elencazione di alcuni esempi di eventi o condizioni economiche-finanziarie o gestionale che possono far nascere dubbi sulla continuità aziendale:

indicatori economici-finanziari

• situazione di deficit patrimoniale o di capitale circolante netto negativo; • prestiti a scadenza fissa e prossimi alla scadenza senza che vi siano prospettive verosimili di rinnovo o di rimborso;

• eccessiva dipendenza da prestiti a breve termine per finanziare attività a lungo termine;

• indizi di cessazione del sostegno finanziario da parte dei finanziatori e creditori;

• bilanci storici o prospettici che mostrano cash flow negativi; • principali indici economico-finanziari negativi;

• consistenti perdite operative o significative perdite di valore delle attività che generano cash flow;

• mancanza o discontinuità nella distribuzione dei dividendi; • incapacità di saldare i debiti alla scadenza;

• incapacità nel rispettare le clausole contrattuali dei prestiti;

• cambiamento delle forme di pagamento concesse dai fornitori dalla condizione “a credito” alla condizione “pagamento alla consegna”;

• incapacità di ottenere finanziamenti per lo sviluppo di nuovi prodotti ovvero per altri investimenti necessari;

• revisioni al ribasso del rating della società; • ristrutturazione dei debiti.

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Indicatori gestionali

• perdita di amministratori o di dirigenti chiave senza riuscire a sostituirli; • perdita di mercati fondamentali, di contratti di distribuzione, di concessioni o di fornitori importanti;

• difficoltà nell’organico del personale o difficoltà nel mantenere il normale flusso di approvvigionamento da importanti fornitori;

• intenzione della direzione di liquidare l’impresa o cessare le attività; • comparsa di concorrenti di grande successo;

• cambiamenti significativi nel settore in cui opera la società;

• cambiamenti nelle disponibilità e nel prezzo dei prodotti di base significativi, quali ad esempio le materie prime;

• significativo declino della domanda da parte dei clienti attuali; • cambiamenti inattesi nell’organizzazione della direzione. Altri indicatori

• capitale ridotto al di sotto dei limiti legali o non conformità ad altre norme di legge;

• contenziosi legali e fiscali che, in caso di soccombenza, potrebbero comportare obblighi di risarcimento che l’impresa non è in grado di rispettare; • modifiche legislative o politiche governative dalle quali si attendono effetti sfavorevoli all’impresa;

• eventi catastrofici contro i quali non è stata stipulata una polizza assicurativa ovvero contro i quali è stata stipulata una polizza assicurativa con massimali insufficienti;

• ambienti regolamentari instabili o che hanno subito cambiamenti;

• indagini regolamentari relative alle attività operative o al processo di bilancio.

Se vengono rilevati eventi o circostanze che potenzialmente possono mettere in dubbi il presupposto di continuità il revisore deve acquisire elementi probativi

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sufficienti per stabilire se esista un’incertezza significativa mediante procedure di revisione aggiuntive: il revisore deve richiedere alla direzione di provvedere alla valutazione della continuità nel caso in cui la direzione non abbia provveduto ed in particolar modo è necessaria una valutazione dei piani d’azione futuri predisposti dalla direzione e la loro capacità potenziale di migliorare la situazione, una verifica sulla veridicità dei dati che compongono eventuali previsioni dei flussi di cassa, la richiesta di attestazioni scritte alla direzione e ai responsabili della governance relative ai piani futuri.

Il revisore una volta terminate le proprie verifiche deve concludere se esista un’incertezza significativa legata ad eventi o circostanze che generano incertezza sulla capacità dell’impresa di continuare a svolgere la propria attività. L’incertezza è considerata significativa nel caso in cui il revisore ritenga necessaria la redazione di un’informativa sulla natura e sulle implicazione che può generare al fine di rendere il bilancio non fuorviante e correttamente rappresentato.

Se il revisore ritiene sussistere un’ incertezza significativa ma l’utilizzo del presupposto della continuità risulta appropriato, è necessario stabilire se sono descritti in bilancio gli eventi principali che possono generare dubbi sulla capacità di funzionamento dell’impresa, deve evidenziare l’esistenza dell’incertezza che può generare dubbi. Se l’informativa risulta adeguata il giudizio viene emesso senza modifiche e viene aggiunta un’informativa in bilancio al fine di evidenziare l’incertezza. Di seguito un esempio di richiamo d’informativa:

“Pur non esprimendo un giudizio con rilievi, richiamiamo l’attenzione sulla nota X del bilancio che descrive che la Società ha chiuso l’esercizio al 31 dicembre 20xx con una perdita netta di ZZZ e, a tale data, le passività correnti della Società superavano le attività totali di ZZZ. Tali circostanze, oltre agli altri aspetti riportati nella nota X del bilancio, indicano l’esistenza di un’incertezza significativa che può far sorgere significativi dubbi sulla capacità dell’impresa di operare in continuità aziendale. “

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Il giudizio viene emesso con rilievi o giudizio negativo laddove l’informativa non risulti adeguata oppure se il bilancio è stato redatto secondo il principio di continuità ma il revisore ritiene tale utilizzo inappropriato, anche se è presente un’informativa a riguardo in bilancio.

Il revisore ha l’onere di comunicare ai responsabili dell’ attività di governance gli eventi o le circostanze che comportano un’incertezza significativa e se l’utilizzo del presupposto della continuità risulti adeguato o meno. Nella comunicazione è necessario che il revisore includa:

 Se gli eventi o le circostanze comportino un’incertezza significativa

 Se l’utilizzo del presupposto della continuità aziendale nella redazione del bilancio sia appropriato

 Se la relativa informativa di bilancio sia adeguata.

Nel caso di ritardo nella redazione del bilancio d’esercizio il revisore deve svolgere indagini sulle ragioni del ritardo e cercare di apprendere se questo ritardo può essere connesso ad eventi o circostanze relativi alla valutazione della continuità d’impresa: in tal caso il revisore deve svolgere le sopracitate procedure di revisione aggiuntive

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2.7 OIC 5

Come abbiamo precedentemente discusso, nel momento in cui gli amministratori decidono di mettere in liquidazione l’azienda ad esempio per l’assenza del presupposto del going concern, il bilancio non può più essere redatto secondo i criteri di continuità aziendale come previsto dall’art. 2423 bis cc ma necessita delle valutazione in una prospettiva di liquidazione.

Vista la lacuna normativa nel nostro ordinamento per quanto concerne questo argomento, nel 2008 l’Organismo Italiano di Contabilità, in collaborazione con la Commissione per i Principi Contabili dei Consigli Nazionali dei Dottori Commercialisti e dei Ragionieri, ha redatto il documento OIC 5 il quale ha lo scopo di individuare le caratteristiche dei bilanci in fase di liquidazione dell’impresa facendo riferimento alla disciplina contenuta negli artt. 2484 e ss. Il presente documento è rivolto alle società italiane che redigono i bilanci secondo le disposizioni del codice civile e i principi contabili italiani, in via diretta alle società di capitali ma anche alle società di persone e alle cooperative visto i rinvii che il legislatore ha previsto con richiami di legge espressi o per analogia.

Nel momento in cui viene dato inizio alla gestione di liquidazione l’impresa viene vista come un insieme di beni destinata alla vendita al fine di pagare i creditori. Le conseguenze principali sono:

 non viene più in considerazione la distinzione tra attivo immobilizzato e circolante, in quanto tutti i beni e i crediti sono destinati al realizzo e quindi anche le immobilizzazioni diventano attività a breve periodo;

 non vengono più applicati i principi generali dell’art. 2423 bis cc e non vengono applicati criteri prudenziali per quanto riguarda la determinazione di utili distribuibili senza ledere il capitale;

 non risulta più necessario procedere al calcolo degli ammortamenti dei beni materiali e immateriali, modificandosi i criteri di rilevazione e correlazione dei costi e ricavi.

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