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Le competenze dei migranti come attori di cooperazione. Un’indagine sui progetti finanziati dalla Regione Toscana

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Academic year: 2021

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(1)

UNIVERSITÀ DI PISA

Dipartimento di Scienze Politiche

Corso di Laurea Magistrale in

Sociologia e Management dei Servizi Sociali

Tesi di Laurea Magistrale

L

E COMPETENZE DEI MIGRANTI COME ATTORI DI

COOPERAZIONE

.

Un’indagine sui progetti finanziati dalla Regione Toscana

Relatore: Candidata:

Prof. Gabriele Tomei Elisa Espinosa Bracker

(2)

A mio padre Boris e mia nonna Loreto, i primi migranti che ho incontrato nella mia vita.

(3)

“straniero è ciascuno di noi non appena esce di casa” (Schluter and Lee, 1993, p. 15)

(4)

I

INDICE

INTRODUZIONE... 1

ATTRAVERSARE IL CONFINE ... 4

1.1 Competenze e confine ... 4

1.2 Il concetto di confine nel XXI secolo ... 6

1.3 Uno sguardo ai nuovi flussi migratori ... 11

1.3.1 Perché si emigra? ... 14

1.4 Migranti e cosviluppo... 17

MAPPARE LE COMPETENZE DEI MIGRANTI ... 22

2.1 Rassegna dello stato dell’arte ... 23

2.2 Studi di caso ... 24

2.2.1 “Strumento europeo di determinazione delle competenze per i cittadini di paesi terzi” – Manuale d’uso ... 25

Scheda delle competenze esplorate ... 26

2.2.2 “Le competenze del volontario. Un modello di analisi dei fabbisogni formativi” – CESVOT ... 27

Scheda delle competenze esplorate ... 31

2.2.3 Progetto “FORWARD, Competence portfolio and pedagogical tools to identify, recognise, validate and improve the competences acquired by migrant women in formal, nonformal and informal learning contexts” ... 33

Scheda delle competenze esplorate ... 39

2.2.4 ESPaR, il Manuale ... 43

Scheda delle competenze esplorate ... 45

2.3 Alla ricerca delle competenze sostantive ... 48

2.4 Proposta metodologica – Strumento per l’analisi delle competenze ... 56

2.5 Tabella specifica delle competenze ... 58

ANALIZZARE LE COMPETENZE ... 64

3.1 Analisi dei contenuti del rilevamento ... 65

3.1.1 Dati anagrafici ... 65

3.1.1.1 Genere ... 66

3.1.1.2 Età... 67

3.1.1.3 Area geografica di nascita ... 68

3.1.1.4 Cittadinanza ... 69

3.1.2 Competenze di base ... 71

3.1.2.1 Competenze linguistiche ... 71

3.1.2.2 Competenze informatiche... 73

(5)

II

3.1.3.1 Titolo di studio ... 76

3.1.3.1.1 Titolo di studio conseguito nel Paese d’origine ... 76

3.1.3.1.2 Titolo di studio conseguito in Italia o altro Paese OECD ... 77

3.1.3.2 Settore di impiego ... 78

3.1.3.3 Condizione professionale ... 79

3.1.3.3.1 Ultimi tre lavori svolti in Italia ... 79

3.1.3.3.2 – Ultimi tre lavori svolti nel Paese d’origine ... 80

3.1.3.4 Corsi di formazione ... 81 3.1.4 Competenze trasversali ... 83 3.1.4.1 Competenze organizzative ... 83 3.1.4.2 Competenze relazionali ... 84 3.1.4.3 Competenze comunicative ... 85 3.1.4.4 Competenze personali ... 86 3.1.4.5 Competenze di gestione ... 86

3.1.4.6 Competenze di produzione del servizio ... 88

3.2 Relazioni fra variabili ... 88

CONCLUSIONI ... 90

APPENDICE ... 93

BIBLIOGRAFIA ... 106

(6)

1

I

NTRODUZIONE

Il presente elaborato scaturisce dalla volontà di comprendere un fenomeno sociale complesso, di portata mondiale e molto dibattuto. Credo che un periodo storico, come quello che stiamo vivendo oggi, di odio e paura verso il diverso, abbia bisogno di studi che raccontano e analizzano le varie sfaccettature dei flussi migratori. Nelle seguenti pagine verranno studiate ed analizzate le competenze che possiedono i migranti, sia le competenze apprese nei loro paesi d’origine, sia le competenze sviluppate nel paese ospitante, senza però tralasciare ed analizzare tutta quella serie di competenze personali, organizzative e relazionali che Boerchi (2018) colloca all’interno della macro-categoria delle competenze trasversali. “Tali capacità, sono preziose per l’adattamento personale, interpersonale, scolastico e professionale” (Baggiani, 2011, p. 192) e sono, a mio avviso, molto importanti per affacciarsi e portare avanti progetti di co-sviluppo, che sono senz’altro tra gli aspetti più umani e solidali dei flussi migratori.

Siffatto lavoro prende vita dall’esperienza di tirocinio curriculare che ho svolto all’interno dell’Università di Pisa con il Professore Gabriele Tomei. La ricerca a cui ho partecipato si inseriva nel contesto dell’attività di ricerca prevista dal “partenariato tra Università di Pisa-Dipartimento di scienze Politiche e Arci Toscana nel quadro dei progetti SIM1, SIM2 e Skill Factory sul cosviluppo”. L’attività di ricerca aveva un duplice obbiettivo. Il primo era quello di costruire una banca dati delle competenze attuali e potenziali dei migranti che hanno partecipato alle attività dei bandi “senza frontiere”, “solidarietà, imprenditoria e migranti” e “imprese”, iniziative finanziate dalla Regione Toscana e realizzato da ARCI Toscana, in collaborazione con ANCI Toscana, CESVOT, COSPE Onlus, Euroafrican Partnership e Funzionari Senza Frontiere. Il secondo obbiettivo è stato quello di valutare i cambiamenti attivi attraverso le azioni progettuali realizzate in SIM1, SIM2 e Skill Factory.

Durante i mesi nei quali mi sono confrontata con il tirocinio previsto dal piano di studi magistrale, mi sono imbattuta in molti aspetti importanti ed essenziali di una ricerca sociale. È stata la mia prima occasione di impostare la struttura di un questionario ed analizzare i dati, comprendendo le vere e varie difficoltà di un ricercatore. È stata per me un’esperienza di crescita professionale ed umana, nella quale ho compreso l’importanza degli studi sulle migrazioni, sulle competenze riconosciute e sulle competenze che talvolta vengono ignorate, dimenticate e non riconosciute, dei migranti. Questo è il principale motivo per cui ho scelto di proseguire il ragionamento sulle competenze dei migranti cercando di prendere in esame i concetti salienti e delicati prima dei flussi migratori e successivamente delle competenze che i migranti si portano dietro e da quelle che migliorano e acquisiscono nel paese ospitante.

(7)

2 Il seguente lavoro si struttura in tre fasi. La prima parte si costituisce come fase introduttiva nella quale ho cercato di spiegare le dinamiche dei flussi migratori e l’importanza che rivestono per il co-sviluppo le competenze che i migranti possiedono. Il primo capitolo propone di analizzare il concetto di competenza legato al confine e di capire in che modo le competenze cambiano nel momento in cui un soggetto decide di attraversare il confine per uscire dal proprio paese, sviluppando nuove competenze, necessarie per il contesto culturale nel quale si inserisce e quali competenze momentaneamente passano in secondo piano, perché non riconosciute o non strettamente necessarie per le nuove mansioni che il soggetto si ritrova a compiere, ma comunque possedute ed interiorizzate dal migrante. Viene poi spiegato il concetto di confine, nella sua accezione sociologica e non solo geografica del termine, mostrando tutta una serie di difficoltà sociali che comporta l’attraversamento del confine. Nelle pagine successive vengono spiegati i flussi migratori e le categorie di migranti che quotidianamente si ritrovano a cambiare abitudini, culture ed usanze per necessità o desiderio di cambiamento. Verranno analizzate le tipologie dei migranti in base alle motivazioni che spingono alla migrazione, suddividendo il fenomeno in cinque categorie: i migranti da lavoro, i migranti forzati, i ricongiungimenti familiari, studenti internazionali e pensionati. L’ultimo argomento trattato nel primo capitolo cerca di spiegare uno degli aspetti, a mio avviso, più importanti delle migrazioni, ossia il co-sviluppo. Verranno spiegati i punti di forza del co-sviluppo e presi in considerazione alcuni dei progetti più funzionali che sono stati attuati in Italia, come il MIDA e il MILDA e del mondo, ad esempio il progetto Tres por Uno attuato dal governo messicano.

La seconda fase di questo lavoro entra nel vivo della ricerca empirica svolta per comprendere e mappare le competenze del campione fornitoci da ARCI Toscana. Il campione si costituisce di soggetti migranti che hanno partecipato ai bandi, finanziati dalla Regione Toscana, al fine di cercare finanziamenti atti a realizzare progetti di co-sviluppo indirizzati ai propri Paesi d’origine. Dunque, il campione è stato analizzato sia come un gruppo di migranti, sia come un insieme di volontari. Partendo da questa duplice natura dei partecipanti all’inchiesta è stata ricercata la rassegna dettagliata della letteratura e della metodologia, nazionale ed internazionale, soprattutto a livello dell’Unione Europea, presa in esame, come fondamento per la ricerca. Nel capitolo vengono presentati e analizzati gli strumenti utilizzati e gli studi di caso. Lo studio della letteratura ha permesso di mappare le competenze indagate e valorizzate, in ambito accademico, dei migranti e dei volontari. Questa mappatura è stata il punto di partenza per pensare e strutturare il questionario, che successivamente è stato somministrato, non senza difficoltà, al campione di migranti.

La terza ed ultima parte di questo elaborato si è concentrata sull’elaborazione dei dati ottenuti dal rilevamento effettuato con il questionario e una loro successiva analisi. Sono stati analizzati i dati

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3 anagrafici, le competenze di base, le competenze tecnico-professionali e le competenze trasversali possedute dai rispondenti. Infine, sono state spiegate le criticità e le difficoltà riscontrate nella somministrazione del questionario, le scelte metodologiche e le analisi tra variabili.

Sulla base dell’indagine condotta, il presente lavoro cerca di mappare le competenze, dei migranti, necessarie per affrontare e portare a buon fine progetti di co-sviluppo internazionali, i quali sono alla base di politiche sociali ed economiche di triple win (Annan, 2006).

(9)

4

PRIMO CAPITOLO

A

TTRAVERSARE IL CONFINE

1.1 Competenze e confine

Le Boterf (2009) nel suo studio sulle competenze, ritiene che queste ultime siano inevitabilmente legate all’interagire e all’agire delle persone in società, in modo consono nelle diverse situazioni, soprattutto nelle azioni richieste nelle situazioni professionali nuove e complesse da gestire. Le competenze sono necessarie in ogni circostanza che l’uomo si trova ad affrontare, dalle più complesse alle più (apparentemente) semplici e quotidiane. Nel 2006 l’Unione Europea ha riconosciuto l’importanza delle competenze ed ha riscontrato la necessità di unificare il concetto di competenza a livello internazionale, soprattutto per gli stati dell’UE, visto la libera circolazione, anche in ambito lavorativo, dei cittadini Europei (Perulli, 2013). La Commissione Europea ha riconosciuto la necessità di garantire un sistema formativo che garantisse l’istruzione durante tutto l’arco della vita (Castro, 2018), essendo oggi inseriti in quella che Drucker e Pieraccini (1993) definiscono come società della conoscenza1. Al fine di rendere omogeneo il

sistema di valutazione delle competenze, nel 2006 viene prodotta, in modo da sensibilizzare tutti gli stati membri, la RACCOMANDAZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO relativa alle competenze chiave per l'apprendimento permanente. Nella quale venivano costituiti otto macro-aree delle competenze chiave, ciascuna categoria può contribuire a migliorare la vita nella società della conoscenza, per questo vengono poste sullo stesso piano e considerate di uguale importanza. Le competenze chiave sono necessarie per la realizzazione e lo sviluppo personale, la cittadinanza attiva, l’inclusione sociale e l’occupazione. Le otto macro-aree delle competenze chiave sono:

1. comunicazione nella madrelingua; 2. comunicazione nelle lingue straniere;

3. competenza matematica e competenze di base in scienza e tecnologia; 4. competenza digitale;

5. imparare a imparare;

6. competenze sociali e civiche;

7. spirito di iniziativa e imprenditorialità; 8. consapevolezza ed espressione culturale.

1 La conoscenza diventa in questa teoria una merce da scambiare per la prosperità economica, Peter

Drucker ha considerato la conoscenza come una risorsa economica chiave e ha coniato il termine "lavoratore della conoscenza". In questo ambiente ad alta intensità di conoscenze, la conoscenza genera conoscenza, si sviluppano nuove competenze e il risultato è l'innovazione.

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5 Vi sono diverse tematiche che si applicano nel quadro di riferimento, che svolgono un ruolo importante per tutte e otto le competenze chiave e sono: pensiero critico, creatività, iniziativa, capacità di risolvere i problemi, valutazione del rischio, assunzione di decisioni e capacità di gestione costruttiva dei sentimenti.

La Commissione Europea per facilitare l’unificazione delle competenze possedute dai cittadini degli stati membri ha creato la classificazione ESCO (European skills, competences and occupations classification) all’interno della quale vengono individuate e classificate le abilità, le competenze, le qualifiche e le professioni rilevanti per il mercato del lavoro, dell’istruzione e della formazione dell’Unione Europea (Castro, 2018). La classificazione ESCO rientra tra le direttive e i progetti stilati nel documento della Commissione Europea: Europa 2020 (Commissione Europea, 2010). La classificazione Esco verrà ripresa nei capitoli successivi quando questo elaborato entrerà nel vivo dell’indagine sulle competenze dei migranti partecipanti a progetti per la creazione di co-sviluppo finanziati dalla Regine Toscana. La classificazione ESCO verrà utilizzata come base per la ricerca delle competenze tecnico-professionali.

La condizione sociale e professionale dei cittadini non comunitari è gestita con modalità molto differenti. Infatti, l’unificazione delle competenze e le procedure di riconoscimento2 dei titoli di

studio sono garantite tra i cittadini dell’Unione Europea, ma un titolo di studio conseguito all’estero, in un paese non comunitario, non è automaticamente riconosciuto in Italia, perciò per utilizzarlo occorre chiederne il riconoscimento giuridico alle autorità italiane competenti. La richiesta va presentata all’Ufficio Scolastico territoriale (UST) competente, cioè quello della provincia di residenza. Il riconoscimento dei titoli di studio diviene fondamentale per i migranti qualificati, poiché la caratteristica che li rende qualificati e dunque, di poter svolgere lavori regolamentati in Italia, è proprio il titolo di studio che hanno conseguito prima del loro arrivo in Italia. Seguendo le direttive del MIUR3 si può richiedere di equiparare i seguenti titoli di studio:

• diploma di scuola secondaria di I grado • diploma di scuola secondaria superiore

• laurea/diploma di istituzioni del comparto AFAM4

• dottorato di ricerca • qualifiche professionali

2 Il Riconoscimento stabilisce una comparazione unicamente di livello con un titolo italiano e ne consente

l’utilizzo solo per alcuni fini ad esempio prosecuzione degli studi, accesso alle professioni.

3 Per maggiori informazioni consultare il sito:

https://www.miur.gov.it/web/guest/riconoscimento-dei-titoli-di-studio-esteri (ultima consultazione 06/06/2019)

4 Sono le università italiane, nella loro autonomia, a valutare i titoli accademici stranieri, applicando gli

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6 Al momento, nel nostro paese, sono esclusi dalla possibilità di richiedere l’equipollenza coloro che non hanno cittadinanza europea, in assenza di specifici accordi internazionali tra l’Italia e singoli paesi. Questo diviene un problema sociale importante, dal momento in cui alcuni migranti non possono equiparare le competenze, che hanno appreso negli anni in cui si sono formati nelle scuole, con la conseguente dequalificazione delle loro competenze tecnico-professionali. Bisogna però ricordare che tali competenze, anche se non spendibili nel mercato del lavoro, sono a tutti gli effetti possedute ed interiorizzate dal soggetto, che può riutilizzare nella vita quotidiana o rinvestire in progetti di aiuti o di cosviluppo, per promuovere il benessere e lo sviluppo nella sua comunità d’origine.

Le competenze che un soggetto possiede sono molteplici ed eterogenee. Non bisogna dunque considerare solo le competenze tecnico-professionali, ma anche e soprattutto tutta quella gamma di competenze personali e di adattamento che un soggetto possiede. Molte di queste competenze sono legate all’attraversamento del confine. Attraversare un confine è un’azione complessa, impegnativa e in alcuni casi molto lenta, un migrante può impiegare molti mesi per programmare, per entrare in possesso dei documenti necessari o per trovare la via più sicura per passare il confine e arrivare nel paese prescelto. Varcato il confine, le sfide che il migrante è chiamato ad affrontare non sono finite, infatti il soggetto acquisisce un nuovo status, diventando a tutti gli effetti un migrante. Lo status di migrante impone di attivare un grande spirito organizzativo e di adattamento al cambiamento; richiede inoltre, di adattarsi alle norme, alle usanze culinarie, ai costumi, ai ritmi ed alla lingua del paese ospitante. Seguendo questo ragionamento il confine diviene portatore di nuovi vissuti, nuove emozioni, nuove esperienze e nuovi ricordi, che portano inevitabilmente a nuove competenze. Queste nuove competenze, che verranno analizzate nel dettaglio nei capitoli che seguono e che rientreranno sotto la categoria delle competenze trasversali, unite alle competenze di base e quelle tecnico-professionali portano molti dei migranti a diventare attori attivi del co-sviluppo.

1.2 Il concetto di confine nel XXI secolo

Varzi (2005) individua due tipologie di confine: i confini de dicto5 ed i confini de re6. Il primo

tipo di confine è quello propriamente detto confine artificiale, ovvero il risultato di un complesso processo decisionale effettuato dall’uomo, che produce demarcazioni convenzionali frutto di un’intenzionalità collettiva che si traduce in accordi politici, amministrativi e sociali dai quali si

5 De dicto, termine latino (Dicto: verbo transitivo I coniugazione) la cui traduzione letterale è: “su ciò che

viene detto”.

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7 stabilisce dove inizia e dove termina un preciso territorio. Queste demarcazioni posso presentarsi come estremamente precise, nel caso di due stati limitrofi, oppure più vaghi nel caso ad esempio di territori montuosi. Varzi ritiene che la precisione e la vaghezza dipendano dall’importanza del confine e dalla necessità o meno di creare ordine nelle interazioni sociali. Il secondo tipo di confine è quello geografico o naturale ed è caratterizzato da un’apparente indipendenza dall’azione dell’uomo, trovando la sua giustificazione nella conformità naturale del mondo. In particolari studi, il concetto di confine viene impiegato con un significato diverso, ma in ogni caso contiguo al concetto di frontiera (Mezzadra, 2006). La frontiera rimanda all’immagine di uno “spazio di transizione”, all’interno del quale entrano in relazione soggetti e forze che si scontrato e modificano le proprie identità (Mezzadra, 2006). Il confine invece rappresento come una linea di protezione e separazione di spazi sociali e politici consolidati, “è dunque il segno delle logiche di dominio […] che il confine imprime sull’esperienza dei migranti, sovradeterminando e riducendo seccamente il loro statuto di cittadini della frontiera” (Mezzadra, 2006, p. 73).

Per visualizzare e capire, in modo immediato, che cosa sia un confine, bisogna partire dall’immagine della separazione di due stati, che sono vicini ma diversi fra loro (Fabiano, 2014). L’immagine del confine così descritto, ci rimanda ad una questione sociologicamente rilevante ed empiricamente rilevabile: due territori e, dunque, due popolazioni che sono vicine ed omogenee (si presuppone) al loro interno, ma che si differenziano tra di loro unicamente dal fatto di essere divise da un confine (Anderson, O’Dowd, Wilson, 2003). D’altronde il confine non è altro che la manifestazione concreta ed evidente, che prende vita dalla consapevolezza che le popolazioni apprendono di essere autrici e protagoniste dei loro rapporti con le altre popolazioni e dunque, di poter passare dal conflitto al compromesso, o dal compromesso al conflitto, con altre popolazioni a loro geograficamente vicine (Fabiano, 2014). Questa particolare descrizione del confine acquista maggiore importanza sociologica se viene letta partendo dall’idea di spazio di Simmel (1908), dal momento che secondo l’autore, lo spazio deve essere preso in esame come una precondizione grazie alla quale si esprimono alcuni dei fenomeni sociologici più importanti e diffusi (Mandich, 1996). Simmel ritiene che le forme spaziali siano le manifestazioni, in termini di spazio, di particolari forme di relazione che gli uomini sono soliti istaurare tra loro. Sono queste le modalità di interazione fra gli uomini che determinano il significato dello spazio. Proprio per questo l’autore definisce il confine come un fatto sociologico che prende forma spazialmente e non il contrario, ovvero un fatto spaziale con conseguenze sociologiche (Idem). Per Simmel il confine è una delimitazione spaziale dei gruppi sociali che definisce in modo specifico le interazioni al suo interno, e per spiegare questo complicato e complesso meccanismo l’autore utilizza il concetto di cornice. Esattamente come la cornice delimita l’opera d’arte e la chiude in

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8 sé stessa, separandola dal mondo esterno, allo stesso modo il confine ritaglia un particolare spazio attraverso il quale le attività sociali acquisiscono senso. Così facendo la relazione tra gli elementi che compongono la società e l’unità dell’azione reciproca trovano la loro espressione spaziale nel confine che le contiene (Simmel,1908). L’ampiezza o la ristrettezza della cornice sono due limiti del confine che non vanno sottovalutati o trascurati, e Simmel spiega questi due fenomeni attraverso vari esempi. Tra questi, uno particolarmente significativo ed evocativo mette in evidenza il rapporto che esiste tra l’impulsività della folla7 nei grandi spazi aperti, nei quali gli

individui sperimentano una grande senso di libertà e le tensioni che si vanno a creare negli spazi chiusi, dettate dall’insieme di regole sociali cui gli individui devono aderire in quanto esseri riconoscibili dagli appartenenti (Idem).

Il concetto Simmeliano di confine, letto nell’ottica della cornice, richiama il concetto di frame espresso da Goffman (Mandich, 1996). Il frame è il principio che si trova alla base dell’organizzazione delle esperienze, ovvero l’insieme di tutte le modalità con le quali un soggetto decide di interpretare la realtà ed i suoi avvenimenti, al fine di darle un senso (Goffman, 1974); allo stesso modo il confine contribuisce a dare un senso a ciò che racchiude, ovvero lo Stato-Nazione e la sua popolazione.

Il confine può essere considerato come un luogo dove si effettuano azioni di scambio delle merci, ma anche delle culture e delle persone (Magris, 1986). Guardando al confine secondo questa interpretazione, al fine di chiarire tale concetto e inserire nel dibattito una nuova elemento che caratterizza i confini si riportano le parole di Fabiano: “Se, quindi, lo pensiamo e lo vediamo non solo dal punto di vista del suo significato geografico, il confine si dimostra essere un concetto polivaloriale, con una complessità intrinseca che rimanda alla complessità dell’essere umano” (Fabiano, 2014, p.1). La polivalorialità del confine diventa indicativa se consideriamo il confine come un elemento costitutivo dell’uomo, inteso come un soggetto che nasce e si modifica all’interno di un contesto storico, sociale e culturale che a sua volta può variare (Ibidem). Riprendendo le parole dell’autore possiamo considerare il confine “come una linea di separazione mentalmente costruita e materialmente rilevabile o meno da parte degli esseri umani e di gruppi aggregati di essi, con una propria auto-collocazione spaziale, temporale e culturale, al fine di coscientemente auto-determinarsi e auto-definirsi, sia come soggetti sociali individuali e sia come soggetti sociali collettivi” (Ibidem).

Tradizionalmente l’immagine dei confini era iscritta e limitata nelle mappe dove i territori sovrani erano separati da linee e colorati in maniera differenziata (Mezzadra e Neilson, 2014).

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9 Ancora oggi la cartografia8 suddivide gli stati con le medesime modalità. Il confine invece, negli

ultimi decenni, si è rivestito di un nuovo significato e di una nuova importante funzione, ovvero quella del controllo dei flussi migratori (Idem), questo ha portato i confini a non essere più solamente dei margini geografici, ma ad acquistare una nuova soggettività, diventando delle istituzioni sociali complesse, che si trovano a gestire due tensioni in contrasto tra di loro, da una parte le pratiche di rafforzamento del confine e dall’altra parte le pratiche di attraversamento del confine (Vila, 2000). Dunque, i confini si stanno trasformando in strumenti che servono a gestire e governare i flussi migratori e gli scambi di merci e denaro e allo stesso tempo sono luoghi dove il potere sovrano si trasforma. In questa dualità i confini si configurano come essenziali nella produzione di tempi e spazi tipici dell’attuale capitalismo globale (Mezzadra e Neilson, 2014). In questo modo vediamo che esistono diversi confini, nei quali differenti gruppi di persone, che provengono dalle più svariate realtà vivono esperienze che sono inevitabilmente differenti fra loro (Balibar, 2001). Inoltre, i confini sono surdeterminati, questo significa che le frontiere non sono il mero limite tra più stati, ma sono sempre relativizzate con altre divisioni geopolitiche (Idem). Tale complesso concetto riprende la teoria dei confini nell’Europa moderna di Schmitt (1991), la quale partiva dall’assunto secondo il quale i confini europei devono essere analizzati cercando di comprendere gli ordinamenti politici e giuridici che sono stati organizzati al fine di gestire uno spazio globale. Per chiarire meglio il concetto sopra esposto possiamo ritenere che “l’articolazione tra le linee globali dell’espansione coloniale e imperialista e il tracciato di confini lineari tra Stati europei e occidentali ha costituito per vari secoli il motivo dominante della geografia globale organizzata dal capitale e dallo stato. Ovviamente questa storia non è mai stata pacifica né lineare” (Mezzadra e Neilson, 2014, p. 19). La storia del secolo scorso, caratterizzata da decolonizzazione, globalizzazione e guerre mondiali, ha caratterizzato l’assetto dell’attuale geografia politica, che ha al centro della mappa l’Europa (Ibidem). Oggi, nel secondo decennio del XXI secolo che è contraddistinto da una crisi economica mondiale, si prefigura un nuovo assetto del potere globale più eterogeneo e instabile, con nuovi spazi continentali contraddistinti da luoghi di difficile integrazione, di mobilità politica, culturale e sociale (Ibidem).

L’attuale configurazione dei confini fa sì che essi svolgano ancora una funzione configurazionale del mondo, nonostante siano spesso soggetti a cambiamenti, mobilità e sovrapposizioni, che

8 La cartografia è la scienza e la tecnica delle conoscenze scientifiche, tecniche e artistiche volte alla

rappresentazione, simbolica e veritiera, su supporti piani (carte geografiche) o sferici (globi), di informazioni geografiche, statistiche, demografiche, economiche, politiche, culturali, relative al luogo geografico rappresentato .

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10 possono fissarsi in intimidatori muri9 che hanno lo scopo di riorganizzare spazi in precedenza

unificati (Mezzadra e Neilson, 2014). I confini così strutturati attraversano milioni di vite, di uomini e donne, in movimento o no, che inevitabilmente hanno interiorizzato i confini che vivono (Idem). Definire una singola funzione dei confini non permette di spiegare appieno le caratteristiche flessibili di questa istituzione. Difatti, i confini si instaurano come strumenti di inclusione che selezionano uomini e donne e come dispositivi volti alla circolazione di altri uomini con modalità violente che ricordano i sistemi impiegati nelle misure di esclusione (Idem). Dunque, i confini regolano i rapporti tra lavoro, diritti, capitale, uomini e potere politico, anche dove non troviamo muri o fortificazioni.

La distinzione fra confine e frontiera, che nelle pagine precedenti ho illustrato, è sempre stata sottile, ma di particolare importanza. Il confine è stato definito come una linea di demarcazione, mentre la frontiera è stata rappresentata come una porzione di territorio, uno spazio attivo, aperto ed espansivo. Attualmente nella configurazione geografica di alcuni stati o continenti questa distinzione sembra dissolversi (Idem), ad esempio i confini dell’attuale Unione Europea10 assumo

caratteristiche di indeterminazione ed espansione, che tradizionalmente appartenevano alla definizione di frontiera, formando spazi caratterizzati da una geometria variabile su più scale geografiche (Idem). Cercando di analizzare, studiare e delineare questi particolari casi di confusione concettuale e di sovrapposizione fra le definizioni di confine e di frontiera, gli autori Mezzadra e Neilson (2014) mettono a punto la teoria del confine come metodo. Parlare di confine come metodo vuol dire cercare di capire secondo quali modalità e con quali capacità il confine genera posizioni di gerarchizzazione e stratificazione, partendo dall’esaminare le relazioni che si instaurano con il potere politico e con il modello economico di riferimento. Vuol dire anche leggere il confine come un dispositivo che opera attraverso e sulle vite delle persone, che ne fanno esperienza, cambiando e orientandone i desideri, le opinioni, i bisogni. Il confine letto secondo questa nuova definizione diventa una linea di demarcazione che produce sistemi e regolazioni sulla base delle modalità con cui è stato tracciato, vissuto, protetto ed attraversato. Il confine

9 Possono presentarsi come veri e proprio muri di cemento, recinzioni o filo spinato. Ricordiamo tra i più

famosi il muro che divide il Messico dagli Stati Uniti, il “recinto della morte” a Ceuta città spagnola in Nord Africa, il muro Hidalgo tra Guatemala e Messico, il muro tra la Corea del Nord e la Corea del Sud, in Europa sono presenti circa sedici recinzioni per lo più nella parte orientale.

10 Nel 1995 in Europa è stata istituita la zona di Schengen, la quale presuppone la libera circolazione che

permette ai cittadini europei di viaggiare senza passaporto, di vivere, lavorare ed andare in pensione in uno dei paesi europei senza bisogni di visti o restrizioni. La zona di Schengen comprende 26 paesi, la maggior parte dei paesi membri dell’UE sono anche membri della zona Schengen, ma comprende anche alcuni stati che non fanno parte dell’Unione, come ad esempio la Svizzera. I paesi devono prendersi la responsabilità di controllare le frontiere esterne dell’UE applicando il controllo dello spazio aereo, terrestre e marittimo e rilasciare visti secondo un sistema uniforme, inoltre devono lasciare le frontiere interne libere e aperte. Per maggiori informazioni si consiglia il sito:

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11 diventa dunque, produttore di effetti, in particolar modo sugli esseri umani che ne fanno esperienza, perché il suo attraversamento è reso sempre più difficile, pericoloso ed inumano, tanto da provocare dei cambiamenti nelle persone, le quali vengono rese dal confine adatte, ma anche resistenti (Mezzadra e Neilson, 2014). In questo modo il confine trasforma i soggetti che lo attraversano e ne costituisce il cambiamento. Questa dualità è rappresentabile quasi come un gioco che il confine attua con i soggetti rendendoli come un homo novus11, che da una parte ne

diventa complice e dall’altra parte può opporsi e di resistere al potere costituente del confine, che ricordiamo essere la capacità del confine, inteso come dispositivo che orienta e struttura le vite e le biografie delle persone (Idem).

L’essere umano ha una particolare caratteristica, che lo contraddistingue dagli altri esseri viventi. L’uomo non solo cerca di vivere secondo natura cercando di capire e descrivere il territorio dove è inserito, al tempo stesso crea una sorta di mappa del luogo dove è inserito ancor prima di riuscire a definirlo correttamente e in toto (Fabiano, 2014), la mappa serve all’uomo per indicare, a sé stesso, quali sono le proprie capacità auto-regolative e di resilienza (Bateson, 1985).

Possiamo concludere questo ragionamento sui confini ritenendo che quest’ultimi non sono solo siti territoriali, ma sono soprattutto continui processi dialettici che generano diversi spazi confinanti fra loro, alcuni dei quali non si trovano necessariamente vicino ai confini internazionali locali (Staudt e Spenser, 1998). Questo per dire che i confini vengono continuamente modificati a seconda dei contesti, delle mobilità di persone, beni e denaro, che si ritrovano a gestire ed organizzare. Sono dunque, luoghi dove le nazioni svolgono un ruolo cruciale, ovvero quello di definire le vite delle persone confinanti, ma non solo, sono luoghi dove le identità personali e sociali dei soggetti vengono negoziate e contestate (O’Reilly, 2012).

1.3 Uno sguardo ai nuovi flussi migratori

Le migrazioni internazionali coinvolgono quotidianamente milioni di persone in tutto il mondo, sia coloro che emigrano, sia coloro che entrano in contatto con i migranti nel proprio paese d’origine. Il Migration Data Portal ha dichiarato che nel 2017 ci sono stati 258 milioni di migranti nel mondo, con un incremento dello stock dei migranti del 2,3%, ovvero di 85 milioni di persone dagli anni 2000, la percentuale dei migranti internazionali in proporzione alla popolazione

11 Homo novus nell’antica Roma era un uomo che, incominciando da zero e seguendo un cursus honorum,

si faceva strada per arrivare alle cariche dello Stato e quindi assumere potere, era un uomo che si era formato da solo nel proprio campo, dato che prima di lui nessuno dei suoi antenati aveva intrapreso il suo stesso cammino.

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12 mondiale è rimasta relativamente stabile tra il 1970 e 2017 a circa 2,2 a 3,5 per cento12. All’interno

dei 258 milioni di migranti il 14% è di età inferiore ai venti anni ed il 48% sono di sesso femminile. Confrontando le statistiche internazionali emerge un elemento estremamente significativo per la comprensione di un argomento complesso quale è quello delle migrazioni, ovvero i numeri delle migrazioni forzate. È stato possibile consultare questo dato grazie al database delle statistiche di UNHCR13 che fornisce dati ufficiali, report e altre informazioni

essenziali per le operazioni riguardanti queste specifiche tipologie di migrazioni. L’UNHCR ha dichiarato che nel 2017 i migranti sono stati 71.44 milioni di persone in tutto il mondo, di cui i rifugiati 19,941,34, i richiedenti asilo 3,090,898, gli IDPs14 39,118,516, gli apolidi15 2,796,204 e

gli others16 sono 1,596,18917.

Le migrazioni possono configurarsi come cause di rottura nelle vite delle persone, o come opportunità per riunire le famiglie e gli affetti personali. Causano inevitabilmente stravolgimenti all’interno delle comunità, possono inoltre fungere come risorse essenziali per i paesi di partenza, ma anche per i paesi di arrivo. Allo stesso tempo posso creare fenomeni contrari ed essere fattori di difficoltà economica per i paesi ospitanti e possono indebolire le economie dei paesi d’origine (O’Reilly, 2012). Non esiste un’unica causa che riesca a spiegare i flussi migratori e non c’è una sola chiave di lettura per interpretare questo complesso fenomeno sociale.

La migrazione non è un fenomeno nuovo, tutt’atro, forse perché la mobilità è intrinseca alla natura dell’uomo e di tutte le entità e di tutte le relazioni sociali (Urry, 2007). La libertà di movimento diventa così uno dei principali fattori che portano alla stratificazione sociale inoltre, la mobilità ridefinisce le nuove gerarchie che regolano e strutturano la società contemporanea (Bauman, 1999). Leggendo la mobilità, seguendo questa corrente interpretativa, è possibile analizzare la tendenza duale della globalizzazione contemporanea, ovvero “la tendenza alla proliferazione e al riarmo dei confini contro donne e uomini in fuga dalla miseria, dalla guerra, da tirannidi politiche e sociali […], che si accompagna alla contemporanea tendenza all’abbattimento delle barriere alla

12 Le informazioni sono state riprese dal sito:

https://migrationdataportal.org/themes/international-migrant-stocks (ultima consultazione 22/05/2019)

13 UNHCR è l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati.

14 Internationaly displaced persons sono persone o gruppi di individui che sono stati costretti a lasciare le

loro case o luoghi di residenza abituale, in particolare a causa di, o al fine di evitare gli effetti di conflitti armati, situazioni di violenza generalizzata, violazioni dei diritti umani o naturali o disastri causati dall'uomo, e che non hanno attraversato un confine internazionale

15 Apolide è colui che emigrato all'estero, non ha alcuna cittadinanza, perché priva di quella di origine e

non in possesso della cittadinanza del paese ospitante.

16 Altre preoccupazioni riguardano le persone che non rientrano necessariamente in nessuno dei gruppi di

cui sopra, ma a cui l'UNHCR estende i suoi servizi di protezione e / o assistenza, sulla base di motivazioni umanitarie o di altro tipo.

17 Per maggiori informazioni consultare il sito:

http://popstats.unhcr.org/en/overview#_ga=1.205509144.941880396.1453462779 (ultima consultazione 22/05/2019)

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13 circolazione delle merci e dei capitali, nonché, entro determinate aree e per determinate categorie sociali, di persone” (Mezzadra, 2006, p.72).

Attualmente siamo in un periodo storico che viene comunemente definito una fase di globalizzazione delle migrazioni, poiché sempre più insistentemente una quantità crescente di centri urbani o regioni, che tradizionalmente sono stati punti di partenza per le migrazioni, oggi si ritrovano ad essere centri di destinazione, più o meno importanti, per i flussi migratori internazionali18(Rossi e Vanolo, 2010). In questo panorama di cambiamento delle rotte migratorie

l’Italia si inserisce a pieno titolo tra le nuove mete, soprattutto per chi fugge dalla fame e dalle guerre attraversando il Mar Mediterraneo. L’Italia sta affrontando le sfide e le problematiche che nascono nei paesi occidentali dalle ondate di nuova immigrazione, legate alla qualità del processo di inserimento nelle società di arrivo (Idem). L’insediamento stabile dei migranti nelle città italiane solleva problematiche e questioni riguardanti i diritti politici e sociali agli stranieri ad alle seconde generazioni. Un esempio fortemente discusso nelle sedi politiche italiane riguarda le modalità di acquisizione della cittadinanza, che ancora oggi si acquisisce tramite la tradizionale modalità dello Ius sanguinis19 e non, come già attuato in altri stati europei, tramite la modalità

dello Ius soli20. Altra problematica che l’Italia è chiamata a gestire riguarda le attività da attuare

al fine di promuovere e raggiungere l’integrazione sociale e residenziale dei migranti stabili (Idem).

Tuttavia, negli ultimi trent’anni si è potuto riscontrare non solo un aumento consistente delle migrazioni internazionali con nuove rotte e nuove relazioni prima inedite, ma un progressivo aumento di flussi migratori provenienti da paesi o gruppi etnici che nel passato non erano soliti migrare verso particolari destinazioni. Citiamo alcuni emblematici esempi quali, gli arabi negli USA, le tratte dei migranti qualificati del Sud-Est Asiatico in Giappone e i migranti dell’Est Europa verso l’Europa meridionale (Idem). Nell’ultimo trentennio si sono generate le migrazioni diasporiche, le più note sono quelle di Cina, Filippine, Bangladesh, Canada ed Israele, al fine di facilitare l’entrata e l’uscita delle diaspore questi stessi stati hanno dedicato interi ministeri alle relazioni diasporiche21, legate alle diaspore sono nate poi dalle reti transazionali legate alla cultura

ed alle relazioni economiche tra paesi differenti soprattutto in ambito commerciale (Idem).

18 Esempi delle nuove destinazioni dei flussi migratori sono: l’Asia Orientale (la Cina ne è un esempio

importante), il Medio Oriente, l’Africa del Nord e l’africa Australe.

19 Lo ius sanguinis è un'espressione giuridica di origine latina che indica l'acquisizione della cittadinanza

per il fatto della nascita da un genitore o con un ascendente in possesso della cittadinanza.

20 Lo Ius soli è un'espressione giuridica che indica l'acquisizione della cittadinanza di un dato paese come

conseguenza del fatto giuridico di essere nati sul suo territorio, indipendentemente dalla cittadinanza dei genitori, viene attuato negli Stati Uniti, in Canada.

21 Le informazioni inerenti al tema delle diaspore sono state riprese dal sito:

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14 Le nuove forme che i flussi migratori hanno assunto a livello globale hanno dato il via ad una nuova e complessa «politica dell’appartenenza» che è una chiara conseguenza dei limiti della cittadinanza, vale a dire che i migranti hanno modificato gli ordini sociali e politici degli stati che li ospitano, poiché i migranti sono posti al di fuori dell’insieme di diritti e doveri che si acquisiscono con la cittadinanza, non rientrando così in una porzione della politica dello stato a cui appartengono, questi complessi e distorti meccanismi generano anomalie, le quali sono alla base di politiche volte al disciplinamento ed al controllo (Castels e Davidson, 2000). Questi meccanismi della politica nascono dall’andamento circolatorio e dalla caratteristica di indefinitezza che hanno assunto i nuovi flussi migratori, nel passato la vita di un migrante dipendeva esclusivamente dalle possibilità e dall’accoglienza che gli veniva offerta nel paese ospitante dal quale difficilmente avrebbe fatto ritorno (Rossi e Vanolo,2010). Nella società attuale invece le migrazioni sono eterogenee, discontinue e soprattutto circolari, si stanno intensificando i rientri nella terra d’origine dopo un’esperienza più o meno lunga di migrazione. La tipologia di migrazione che più si presta ad una tale caratteristica di circolarità è la migrazione da lavoro.

1.3.1 Perché si emigra?

Proseguiamo l’attuale analisi sull’attraversamento del confine dando una chiara e precisa definizione del migrante. Secondo la comunità scientifica internazionale il migrante è colui che risiede da almeno dodici mesi in un paese di cui non possiede la nazionalità (Tomei, 2017). Esiste però una seconda tipologia di migranti, ovvero i migranti a breve termine che si caratterizzano per la velocità che hanno di spostare la propria residenza da uno stato ad un altro, rientrano in questa categoria, i migranti che risiedono nello stesso paese per almeno tre mesi in un periodo complessivo di residenza all’estero non inferiore ad un anno (Aa. Vv., 1998). È bene precisare che il concetto di migrazione è ben diverso da quello di mobilità, con il quale si indica tutto l’insieme degli spostamenti di residenza con durata inferiore all’anno o gli spostamenti che avvengono all’interno dello stesso stato (Tomei, 2017). Ne sono un’eccezione i cittadini dell’Unione Europea che si ritrovano a migrare per gli stati membri dell’EU vivono una condizione particolare, in quanto la legislazione Europea ha previsto la libera circolazione dei cittadini UE, creando un particolare regime di libera mobilità intra-regionale (Idem).

Nella letteratura scientifica esistono cinque tipologie di migranti:

1. Migrazioni da lavoro. Si caratterizzano per il trasferimento volontario di un soggetto per motivi lavorativi da una nazione ad un’altra (Tomei,2011). Nel 2013, i lavoratori migranti rappresentavano circa il 64% della popolazione migrante internazionale, dato che attraversare

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15 i confini per motivi legati al lavoro è una delle motivazioni chiave alla base delle migrazioni internazionali, siano esse guidate da disuguaglianze economiche, ricerca di un impiego o entrambe22. Le migrazioni da lavoro vengono a loro volta suddivise in altre sottocategorie.

La prima è legata alla qualificazione del lavoro e si distingue fra migrazioni da lavoro qualificato e migrazioni da lavoro non qualificato. La seconda sottocategoria dipende dalla durata della permanenza in un paese estero e si suddivide in migrazioni temporanee o migrazioni permanenti. La terza ed ultima sottocategoria non è legata esclusivamente alla posizione del migrante nel mercato del lavoro, tuttavia ne rappresenta la componente più rilevante, riguarda la legittimità dell’ingresso nel paese ospitante, in questo caso distinguiamo le migrazioni regolari dalle migrazioni irregolari (Tomei, 2011). Quest’ultime vengono definite dal IOM come migrazioni che dal punto di vista dei paesi ospitanti vedono la presenza di soggetti il cui l’ingresso, la permanenza o il lavoro si verificano senza la necessaria autorizzazione o documentazione richiesta dai regolamenti statali23. Per quantificare le

migrazioni da lavoro utilizziamo le statistiche, che riescono a fornire dati solo per una parte della verità. Attualmente abbiamo molte informazioni sugli immigrati che possiedono contratti regolari, nel nostro paese e in Europa, ma non sui migranti irregolari o che svolgono lavori senza contratto, che gli esperti in materia hanno ragione di credere che siano una quantità cospicua di persone. C’è motivo di pensare che nella maggior parte dei casi, soprattutto per quanto riguarda le donne, i migranti siano impiegati in lavori, irregolari, di accudimento (Ehrenreich e Hochschild, 2004).

2. Ricongiungimento familiare. Questo termine viene utilizzato per indicare le migrazioni che intendono ricongiungersi con membri della propria famiglia che vivono regolarmente e stabilmente in un altro paese. Questa delicata e importante tipologia di migrazioni solitamente è preceduta da una fase di integrazione, possiamo dire anche pionieristica di uno dei membri del nucleo familiare, solitamente di un membro di sesso maschile (padre o figlio maggiore), sebbene in aree geografiche come il Sud America, l’Est Europa e le Filippine si è riscontrata una tendenza che porta le donne a migrare per prime ed essere loro le pioniere della famiglia in territorio straniero (Tomei, 2011). Solitamente i dati sulle migrazioni familiari sono difficili da reperire dunque, I dati sono spesso scarsi. I programmi e le fonti primarie per la raccolta dei dati, si basano principalmente sulla banca dati dei visti e permessi di soggiorno rilasciati ai familiari dei migrant e sui registri della popolazione24. Il Migration data Portal stima che

22 Per maggiori informazioni consultare il sito:

https://migrationdataportal.org/themes/labour-migration (ultima consultazione 23/05/2019)

23 Per maggiori informazioni consultare il sito:

https://www.iom.int/key-migration-terms (ultima consultazione 23/05/2019)

24 Per maggiori informazioni consultare il sito:

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16 nel 2016 il 38% delle migrazioni siano state mosse ma motivazioni e da ragioni di ricongiungimento familiare. Le politiche per il ricongiungimento familiare in materia di migrazione sono state sviluppate per garantire il diritto alla famiglia sancito dall'articolo 16 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani25.

3. Migrazioni forzate. Sono movimenti migratori in cui esiste un elemento di coercizione, comprese le minacce alla vita e al sostentamento, derivante da cause naturali o provocate dall'uomo (Perruchoud e Redpath-Cross, 2011). Tra le cause di coercizione rientrano i conflitti armati, le guerre civili, le persecuzioni, i disastri ambientali, gli effetti negativi delle trasformazioni ambientali, gli incidenti ambientali causati dall’uomo come i disastri chimici o nucleari, le carestie o i progetti di sviluppo (Tomei,2011). I migranti forzati si distinguono in differenti categorie: I) rifugiati, persone che a “causa di un fondato timore di persecuzione per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un particolare gruppo sociale o opinioni politiche, è al di fuori del paese di sua nazionalità e non è in grado o, a causa di tale paura, non vuole avvalersi della protezione di quel paese” (UNCRSR, 1951, art.1), inoltre la Convenzione dell'Organizzazione dell'Unità Africana (OAU) del 1969 definisce un rifugiato come qualsiasi persona costretta a lasciare il proprio paese "a causa di aggressioni esterne, occupazioni, dominio straniero o eventi che disturbano gravemente l'ordine pubblico in una parte o in tutto il suo paese o origine o nazionalità " ed ancora nel 1984 durante la Dichiarazione di Cartagena si aggiunge che nella definizione di rifugiato rientrano le persone che scappano “perché la loro vita, sicurezza o libertà sono state minacciate dalla violenza, l'aggressione straniera, i conflitti interni, le massicce violazioni dei diritti umani o altre circostanze che hanno gravemente disturbato l'ordine pubblico ". II) richiedenti asilo, ovvero i soggetti che migrano in cerca di protezione, ma che nel momento del loro arrivo nel paese ospitante quest’ultimo non ha ancora riconosciuto il loro status di rifugiati (Tomei, 2011). III) sfollati (IDPs), sono comunità di persone che sono state costrette a lasciare le proprie abitazioni e il proprio stato con modalità grande velocità ed in modo inaspettato (Idem). IV)persone contrabbandate, ovvero persone che cercano di attraversare il confine pagando i contrabbandieri e attraverso via illegali (Idem). V) vittime di tratta, persone che sono state convinte a migrare per poter fruttare i loro servizi sessuali o lavorativi nel paese di arrivo (IDEM). A livello internazionale, i dati sulla migrazione forzata vengono raccolti e gestiti da varie organizzazioni intergovernative, come l' Ufficio dell'Alto Commissariato delle Nazioni

25Art. 16: Uomini e donne in età adatta hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia, senza alcuna

limitazione di razza, cittadinanza o religione. Essi hanno eguali diritti riguardo al matrimonio, durante il matrimonio e all’atto del suo scioglimento. Il matrimonio potrà essere concluso soltanto con il libero e pieno consenso dei relativi coniugi. La famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto ad essere protetta dalla società e dallo Stato.

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17 Unite per i rifugiati (UNHCR) e l' Organizzazione internazionale per le migrazioni(IOM), e da organizzazioni non governative, come il Centro di monitoraggio dello spostamento interno (IDMC).

4. Studenti internazionali. Secondo la definizione dell’UNESCO uno studente internazionalmente mobile è un individuo che ha attraversato fisicamente un confine con l'obiettivo di partecipare ad attività educative in un paese terzo. Nel 2017 gli studenti internazionali sono stati all’incirca 4,8 milioni di giovani. Le mete più ambite per studiare all’estero sono: Stati Uniti, Regno Unito, Australia, Germania, Francia e Federazione Russa26.

5. Pensionati. L'ONU ha adottato 60 anni e più come un'età limite per identificare le "persone anziane" al fine di estendere i criteri di ammissibilità per i progetti di sviluppo legati all'invecchiamento, da questa definizione si calcolano le statistiche internazionali per i migranti di età superiore ai 60 anni, che calcolano siano l’11,7% dei migranti internazionali27.

1.4 Migranti e cosviluppo

Quando si pensa al migrante, nell’accezione comune e non scientifica del termine, si è soliti pensare ad un individuo appartenente ad un‘unica cultura e legato ad un unico territorio socialmente e spazialmente distante dal contesto in cui è inserito. La realtà è ben diversa, “il suo spazio di vita è multipolare nella misura in cui si compone dei luoghi di nuovo insediamento, di quelli di transito, di “re-emigrazione”, di “re-investimento economico o simbolico” (Cocco, 2005, p. 7).

La scelta di emigrare non è facile, comporta inevitabilmente di dover iniziare una vita da soli e lontano dalla propria terra. Implica la necessità di trasformarsi imparando nuove usanze, nuove abitudini, nuove culture e talvolta anche nuove lingue. Le motivazioni che spingono a migrare sono molte ed eterogenee e per quanto possibile sono state analizzate nelle pagine precedenti. Si emigra perché si è costretti dall’uomo o dalle intemperie naturali, si emigra alla ricerca di un lavoro qualificato o dequalificante purché permetta di sopravvivere, si emigra per aumentare le proprie competenze professionali o personali, si emigra per ritrovare i propri famigliari già emigrati, si emigra per continuare a sostenere una vita agiata anche in età anziana quando non è più possibile lavorare e si emigra per molte ragioni ancora. La scelta di partire e ricominciare non è mai facile e molto spesso è ben ponderata. Solitamente parte dal confronto con la famiglia e con i componenti delle reti nelle quali si è inseriti, reti fatte di persone che vivono nel paese d’origine o che sono a loro volta già emigrate (Cocco, 2005). Così facendo, i soggetti utilizzano tutta quella

26 Per maggiori informazioni consultare il sito:

https://migrationdataportal.org/themes/international-students (ultima consultazione 23/05/2019)

27 Per maggiori informazioni consultare il sito:

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18 serie di legami che hanno acquisito nell’arco della propria vita e che Granovetter (1973) distingue in forti28 e deboli29. Grazie a tali legami possono acquisire tutta una serie di nozioni che

influiscono sulla decisione di migrare o meno, sulla valutazione dei costi e dei benefici, sulla scelta del paese di destinazione, sugli aiuti comunitari previsti nel paese di accoglienza (Cocco, 2005). Questa particolare attenzione nell’organizzazione e nella pianificazione delle partenze migratorie si inserisce come una costante delle migrazioni contemporanee.

I migranti hanno sempre cercato di tenersi in contatto con i familiari, gli amici e la comunità di appartenenza nella madrepatria. Nella società attuale grazie alle nuove tecnologie informatiche e delle telecomunicazioni questi meccanismi sono resi sempre più facili e veloci. La diffusione di internet a livello globale rende possibile navigare nel web e raggiungere più luoghi nello stesso momento, con la possibilità di vedere e parlare con persone situate in aree del mondo distanti, in tempo reale. Questi nuovi mezzi di comunicazione permettono ai migranti di mantenere i contatti con le comunità d’origine, con la conseguenza di vivere esperienze in due realtà, nel paese di arrivo, dove cercano di integrarsi e costruirsi un futuro, e nel paese di provenienza, dove risiedono le loro origini, la loro cultura e dove, con molta probabilità, vivono le loro famiglie (Marini, 2015). Il migrante è dunque portatore di una complessa pluralità di culture, di internazionalità e diviene attore di un processo globalizzante di sviluppo, che trova la sua realizzazione insieme ai membri della società civile in cui è inserito. Tale processo è detto co-sviluppo30 (Cocco, 2005).

L’aspetto che più contraddistingue il co-sviluppo è il transnazionalismo, poiché per definizione si colloca tra due o più contesti (Piperno e Stocchiero, 2011). Il transnazionalismo comporta la ridefinizione dei confini tra “interno” ed “esterno”, che diventano sempre meno definiti e sempre più sfumati. Il transnazionalismo porta alla creazione di intersoggettività e apertura economica, politica e sociale tra gli stati, superando la rigida concezione della “nazione” con i propri confini stabili e le proprie abitudini. Il co-sviluppo prende vita dalle azioni dei migranti, che attraverso il loro unirsi, in maniera volontaria in gruppi di cittadini connazionali ricevono ed offrono sostegno. Tali gruppi organizzati in vere e proprie associazioni sono in grado di promuovere attività per favorire lo sviluppo nei loro paesi d’origine (Marini, 2015). A partire dagli anni 2000 vi è stato un aumento massiccio e costante delle rimesse, che si sono imposte come un perno importante

28 Per Granovetter i legami forti sono i legami che uniscono i famigliari, gli amici intimi o i colleghi di

lavoro, che sono soliti trascorrere regolarmente molte ore assieme.

29 Per Granovetter i legami deboli sono tipici delle relazioni di generica conoscenza con soggetti che si

tengono in contatto occasionalmente.

30 Il termine Co-sviluppo compare nel 1997 all’interno del «Rapporto Nair», volto a trovare una politica

efficace di contenimento dei flussi migratori definisce gli orientamenti della politica di cosviluppo in Francia. A seguito del Rapporto Nair viene creata una Missione interministeriale denominata “Co-sviluppo e Migrazioni Internazionali” (MICOMI), responsabile per la messa in pratica dei dispositivi della politica di co-sviluppo a livello nazionale.

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19 dei flussi finanziari internazionali. Per tale motivo si è iniziato a pensare ai migranti come importanti sostenitori dello sviluppo dei loro paesi di provenienza (Idem). Non bisogna però incappare nell’errore di identificare il co-sviluppo con le strategie di cooperazione classiche che si basano su una cultura assistenziale e paternalista (Bellanca, 2011). Questo perché il co-sviluppo si fonda su tre principi cardine che sono: il protagonismo dei migranti e la loro integrazione attiva e solidale, accompagnare i migranti nella creazione di sviluppo nei loro paesi d’origine e allo stesso tempo promuovere l’integrazione e sensibilizzare la società di accoglienza sulle cause delle migrazioni (Piperno e Stocchiero, 2011).

Questo elaborato intenzionalmente tralascia gli aspetti critici e negativi delle migrazioni come il brain drain31, lo sfruttamento della forza lavoro e l’esodo rurale, per concentrarsi e seguire gli studi internazionali che analizzano e sottolineano gli aspetti positivi delle migrazioni da un punto di vista economico, sociale, culturale e demografico, grazie ai quali è possibile considerare i migranti come portatori di crescita economica e di sviluppo (Caso, 2007). L’Unione europea, negli anni, ha evidenziato l’importanza del binomio tra migrazione e sviluppo e al fine di rafforzare questa relazione l’UE ha cercato di favorire la migrazione circolare che sembra creare benefici sia agli stati di arrivo, sia agli stati di partenza (Idem). Il co-sviluppo è una strategia che può essere definita di “triple win” poiché permette di raggiungere esiti positivi su tre fronti (Annan, 2006). Il primo riguarda i migranti stessi che vedono impegnato e valorizzato il loro capitale umano, sociale ed economico. Il secondo riguarda i paesi di provenienza che acquisiscono aiuti per il processo di sviluppo umano. Infine, il terzo fronte, che vince grazie ai flussi migratori, è quello dei paesi di destinazione che vedono rafforzare i percorsi di integrazione e si vedono aumentare la forza lavoro, soprattutto giovanile, aspetto molto importante nei paesi ad alto invecchiamento (Idem).

Una componente decisiva che consente la relazione tra flussi migratori e co-sviluppo è costituita dalle rimesse, ovvero dal denaro che i migranti accumulano tramite il lavoro e successivamente trasferiscono nel loro paese d’origine per sostenere i consumi fatti dalle proprie famiglie rimaste in patria, per realizzare investimenti o per aiutare la comunità (Perruchoud e Redpath-Cross, 2011). Inoltre, le rimesse permettono di aumentare i consumi e gli investimenti delle famiglie d’origine che vedono un progressivo aumento della qualità della vita, destinando il denaro alla sanità e all’istruzione dei più giovani.

31 La fuga dei cervelli è il termine che indica una sostanziale migrazione di individui altamente qualificati,

può derivare da diversi fattori, tra cui turbolenze politiche o l'esistenza di opportunità professionali più favorevoli altrove.

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20 Sempre più spesso si diffondono le rimesse collettive, ovvero i migranti provenienti dalla medesima città o dal medesimo villaggio, o più in generale provenienti dallo stesso gruppo culturale o religioso scelgono di destinare parte delle rimesse per progetti gestiti dalla collettività, con il fine di mandare finanziamenti alle comunità di origine delle quali, anche se espatriati, continuano ad appartenere (Goldring, 2004). Il funzionamento delle rimesse collettive mostra un aspetto importante che riveste il circuito della microfinanza in loco, favorendo un’ampia distribuzione geografica delle rimesse e permettendo una distribuzione più equa del denaro, che spesso è diretta al circuito degli investimenti. È doveroso spiegare la vulnerabilità che spesso hanno le associazioni di riferimento nei paesi d’origine, che molto spesso sono piccole e disorganizzate per poter gestire il denaro in modo efficiente, per questo continuano a dipendere dai programmi di cooperazione esteri, che le hanno create (Stocchiero, 2009). Dall’esempio di queste organizzazioni che veicolano le rimesse creando opere pubbliche o progetti sociali e educativi, alcuni governi si sono mobilitati al fine di creare programmi di sostegno delle rimesse collettive in attività di sviluppo comunitario. Un famoso esempio è il “Tres por uno program” ideato dalla diaspora messicana. Il programma “3x1” prevede che per ogni dollaro proveniente dai messicani espatriati ne vengano aggiunti altre tre, uno dalla Federazione nazionale messicana, uno dallo Stato e uno dal municipio di provenienza dei migranti (Idem), ed è proprio da questo meccanismo che il progetto prende il nome. In Italia, nonostante l’assenza di una politica specifica sul co-sviluppo, si è delineato negli ultimi anni, l’importante ruolo del MAECI (Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale) come promotore di co-sviluppo in ambito internazionale. Si è così sviluppato un sistema di co-finanziamento che può giungere da soggetti che operano nel paese di arrivo dei migranti: la Cooperazione italiana, autorità locali, Ong e organizzazioni internazionali. Questo è quello che è avvenuto dal 2002 con il programma MIDA (Migration for Development in Africa) promosso dall’OIM32, che è riuscito, per oltre cinque anni,

ad unire le rimesse collettive dei migranti, provenienti dalle comunità del Senegal e del Ghana, al finanziamento della Cooperazione italiana e di numerose autorità locali come Regioni, Province e Comuni del centro e nord Italia (Idem). Visto il successo riscontrato con il progetto MIDA, nel 2009 è stato proposto dall’ OIM, con la Cooperazione Italiana, un nuovo progetto, MIDLA, per lo sviluppo dei paesi latino-americani, cercando di incrementare le risorse per accrescere lo sviluppo comunitario, l’imprenditoria transnazionale, la circolazione di competenze ed infine la valorizzazione delle rimesse.

32 l'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) è la principale organizzazione intergovernativa

in ambito migratorio. L'Italia è uno dei paesi fondatori, attualmente gli Stati Membri sono 173, dal 2016 l'OIM è entrata nel sistema ONU diventando Agenzia Collegata alle Nazioni Unite.

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21 I progetti di co-sviluppo diventano funzionali solo se ben organizzati e calibrati sulle competenze dei soggetti che ne fanno parte. La ricerca delle competenze possedute dai migranti e dalle associazioni, in entrambi gli stati coinvolti, diventa fondamentale per costruire programmi appropriati, che possano portare ad investimenti e sviluppo. Per impostare un buon programma di co-sviluppo è opportuno conoscere e tener presente delle skills possedute dagli individui che collaboreranno con le associazioni e con gli enti locali e che andranno ad investire e gestire ingenti somme di denaro. Quello del co-sviluppo è un contesto nel quale diventano fondamentali non solo le competenze acquisite durante i percorsi di studio o lavorativi, ma anche tutta quella schiera di competenze trasversali, che un individuo utilizza e sviluppa nei diversi contesti ed eventi che caratterizzano la sua vita, e che in qualche modo portano ad un miglioramento del soggetto stesso (Baggiani, 2011). Per creare co-sviluppo è importante che i volontari abbiano, oltre alle competenze di base e quelle tecnico-professionali, anche le competenze organizzative, competenze relazionali come ad esempio saper cooperare e mediare, competenze comunicative, competenze personali quali la resilienza e il sapersi rinnovare, le competenze di gestione dei progetti e delle analisi dei costi e le competenze inerenti alla produzione di servizi.

Il lavoro di ricerca che varrà analizzato e spiegato nei prossimi capitoli si inserisce nel dibattito sulle competenze dei migranti che diventano attori di co-sviluppo. Attraverso la stesura e la somministrazione del questionario, è stato possibile analizzare e mappare le competenze dei migranti inseriti in progetti di co-sviluppo finanziati dalla Regione Toscana, al fine di comprendere le competenze che già possiedono i volontari, e i bisogni formativi che potranno essere soddisfatti tramite adeguata formazione, prima e durante lo svolgimento del progetto.

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22

SECONDO CAPITOLO

M

APPARE LE COMPETENZE DEI MIGRANTI

Rassegna degli studi esistenti e costruzione di un modello di rilevazione

Il presente lavoro entra adesso nel vivo del lavoro di ricerca, il cui oggetto è lo studio delle competenze possedute dai migranti attori di co-sviluppo. Il lavoro di ricerca si inserisce nel contesto del progetto intitolato “Senza Frontiere. Associazioni di migranti protagoniste di una nuova dimensione della cooperazione internazionale Toscana”33, promosso nell’ambito delle

iniziative finanziate dalla Regione Toscana e realizzato da ARCI34 Toscana, in collaborazione con

ANCI35 Toscana, CESVOT36, COSPE Onlus37, Euroafrican38 Partnership Onlus e Funzionari

Senza Frontiere39, e replicato per un totale di tre edizioni, in anni successivi, grazie al notevole

successo riscosso.

I protagonisti del bando messo a disposizione degli enti suddetti sono migranti residenti in Toscana, che all’interno di associazioni, formate da soggetti provenienti dallo stesso paese d’origine, hanno stilato la proposta per partecipare alla gara, esponendo caratteristiche e intenzioni del progetto, orientato alla definizione di “linee base” per la creazione di sviluppo locale, di educazione, di potenziamento delle reti territoriali, della tutela del patrimonio ambientale e culturale sia materiale sia immateriale, dell’Intercultura e della mediazione culturale

33

http://www.arcitoscana.it/index.php?option=com_content&view=article&id=2442:senza-frontiere- associazioni-di-migranti-protagoniste-di-una-nuova-dimensione-della-cooperazione-internazionale-toscana&catid=47:notizie&Itemid=115 (ultima consultazione 23/05/2019)

34 ARCI (Associazione Ricreativa Culturale Italiana) soggetto sociale che alla base ha due capisaldi:

mutualità e solidarietà, e si fonda su un progetto di reale partecipazione dei cittadini alla vita pubblica, di riforma del sistema del welfare, di promozione di una società civile in grado di proporre giuste ipotesi di convivenza alle tante comunità che la compongono.

35 ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani) la sezione Toscana rappresenta il sistema dei Comuni

e delle unioni dei comuni toscani e della città metropolitana di Firenze.

36 CESVOT (Centro Servizi Volontariato Toscana) costituito nel 1997 come associazione di volontariato,

composto da 11 associazioni regionali con lo scopo di svolgere funzioni di Centro di Servizio per il Volontariato (CSV) in base alla Legge Quadro sul Volontariato (legge 266/1991)

37 COSPE Onlus (Cooperazione per lo Sviluppo dei Paesi Emergenti) nata nel 1983, è un’associazione

privata, laica e senza scopo di lucro, lavora in venticinque Paesi con donne e di uomini con lo scopo di promuovere un cambiamento che assicuri lo sviluppo equo e sostenibile, il rispetto dei diritti umani, la pace e la giustizia tra i popoli.

38 Euro-African Partnership Onlus è un’associazione che cerca di sostenere i processi di decentramento e

di autogoverno locale in Africa, in particolare attraverso la costruzione e lo sviluppo di partenariati sostenibili, di lungo periodo tra enti locali e regionali, nella prospettiva nord-sud e sud-sud.

39 Funzionari senza Frontiere è un’associazione nata per favorire la costruzione di Governi Locali capaci di

costruire lo sviluppo e la partecipazione dei propri cittadini con una particolare attenzione agli scambi con l’Africa.

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