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Bambini ad alto potenziale cognitivo: come aiutarli ad affrontare eventuali problemi relazionali

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Academic year: 2021

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LAVORO DI DIPLOMA DI

FOSCA CANTA

BACHELOR OF ARTS IN PRIMARY EDUCATION

ANNO ACCADEMICO 2012/2013

BAMBINI AD ALTO POTENZIALE COGNITIVO

COME AIUTARLI AD AFFRONTARE EVENTUALI PROBLEMI

RELAZIONALI

RELATORE

AURELIO CRIVELLI

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Un sentito grazie alle famiglie, sempre gentili e disponibili, che hanno permesso la realizzazione di questa ricerca. Un ringraziamento particolare anche ai docenti intervistati per la disponibilità dimostrata e al mio relatore Aurelio Crivelli per il sostegno e l’aiuto dato durante tutto il progetto.

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Sommario

1. Introduzione ... 1

2. Quadro teorico... 2

2.1. Definizione del bambino superdotato ... 2

2.2. Come individuare un bambino superdotato ... 3

2.3. Caratteristiche del bambino superdotato ... 5

2.5. Il clima di classe ... 7 3. Quadro metodologico ... 9 3.1. Premessa... 9 3.2. Domande di ricerca ... 10 3.3. Ipotesi di ricerca ... 10 3.4. Il campione di riferimento... 10 3.5. Strumenti ... 11 3.5.1. Sociogramma ... 11 3.5.2 Intervista ai docenti ... 12 3.5.3 Intervista ai genitori ... 12 4. I risultati raccolti ... 13 4.1. Analisi sociogramma ... 13 4.1.1. Premessa... 13 4.1.2. Sede scolastica A ... 14 4.1.3. Sede scolastica B ... 16 4.1.4. Sede scolastica C ... 18 4.1.5. Sede scolastica D ... 20 4.1.6. Sede scolastica E ... 22 4.2. Analisi interviste ... 24

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5.1. Conclusioni ricerca ... 34

5.2. Limiti e sviluppi della ricerca ... 35

6. Bibliografia ... 36

7. Allegati ... 39

7.1. Allegato 1: analisi di come i sistemi scolastici (anche in Svizzera e in Ticino) affrontano questo tema ... 39

7.1.1. Riconoscimento a livello Europeo ... 39

7.1.2. In Svizzera... 40

7.1.3. In Ticino ... 40

7.2. Allegato 2: rassegna delle possibili soluzioni didattiche da adottare ... 41

7.3. Allegato 3: domande sociogrammi ... 45

7.4. Allegato 4: risultati sociogrammi sede A ... 47

7.5. Allegato 5: risultati sociogrammi sede B ... 52

7.6. Allegato 6: risultati sociogrammi sede C ... 57

7.7. Allegato 7: risultati sociogrammi sede D ... 62

7.8. Allegato 8: risultati sociogrammi sede E ... 67

7.9. Allegato 9: traccia domande intervista genitori ... 73

7.10. Allegato 10: traccia domande intervista docenti ... 75

7.11. Allegato 11: intervista genitori A.9 ... 77

7.12. Allegato 12: intervista docente A.9 ... 82

7.13. Allegato 13: intervista genitori B.9 ... 85

7.14. Allegato 14: intervista docente B.9 ... 95

7.15. Allegato 15: intervista genitori C.9 ... 98

7.16. Allegato 16: intervista docente C.9 ... 103

7.17. Allegato 17: intervista genitori D.9 ... 106

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1. Introduzione

Questo progetto ha preso spunto dalla lettura di un articolo intitolato “Genietti incompresi, lo strano destino dei bimbi intelligenti” pubblicato dal settimanale Il Caffè nel 2011. Leggendo questo articolo mi sono stupita della poca considerazione che noi insegnanti abbiamo di questi bambini: infatti spesso cerchiamo di concentrarci maggiormente sugli allievi con difficoltà, trascurando quelli “bravi”. In più ero spinta da una motivazione personale nell’approfondire questo tema, in quanto ho conosciuto un bambino ad alto potenziale intellettivo, figlio di un’amica di famiglia. Concretamente e sinteticamente, con questo lavoro di ricerca, si vuole andare a vedere se questi bambini hanno problemi di socializzazione e si voglio identificare alcune strategie didattiche che un docente può mettere in atto per “gestire” questa situazione positivamente, in modo da non creare un disagio scolastico nell’alunno. Per fare ciò ho intervistato cinque docenti e le rispettive famiglie al fine di individuare quali metodologie sono state messe in atto. Inoltre, per vedere se i bambini presi in considerazione hanno dei problemi di socializzazione con i compagni ho sottoposto alla classe due sociogrammi, in due momenti diversi, in modo da poter individuare la rete sociale legata al bambino plusdotato.

Il mio desiderio è che questo lavoro, oltre che essere utile per la mia formazione, possa essere d’aiuto anche a chi lavora nell’ambito dell’insegnamento e che possa fornire alcune indicazioni a coloro che saranno confrontati con questa casistica, oppure che aiuti i docenti, leggendo quanto emerso da questa ricerca, a identificare allievi a alto potenziale cognitivo che probabilmente non sono ancora stati scoperti e che forse sono confrontati con un disagio scolastico.

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2. Quadro teorico

2.1. Definizione del bambino superdotato

Come primo aspetto è importante definire, anche se si tratta di un compito difficile, cosa si intende per superdotazione, soprattutto riferita ai bambini.

Prendiamo come punto di partenza due definizioni scritte da differenti autori.

Dozio (2003) sostiene che i superdotati sono quei bambini che riescono a compiere delle attività, o delle prestazioni, che la maggior parte dei loro coetanei non riescono a compiere, quindi sono bambini che hanno una capacità intellettiva riconducibile a età biologiche maggiori rispetto alla loro.

Mentre Gouillou (2011) afferma che “un enfant est dit surdoué quand il a un rythme de développement intellectuel très supérieur à celui normal de son âge, alors que ses développements affectif, relationnel et psychomoteur correspondent aux normes de son âgeˮ (p. 27).

Da queste due affermazioni emerge chiaramente un’essenziale definizione del bambino ad alto potenziale intellettivo (API): si tratta di un bambino che ha un livello intellettuale più elevato rispetto a quello che è consone della sua età e che, spesso, ha delle difficoltà relazionali. Infatti, visto che hanno uno sviluppo intellettuale più elevato rispetto ai coetanei, creano e cercano spesso relazioni con bambini di età maggiore rispetto alla loro, in quanto, si annoiano con i compagni aventi la stessa età.

Per stabile il livello intellettivo di ogni individuo si tende a definire il QI. Grubar (2000) nel suo libro spiega brevemente cosa misurano i test del QI e la loro importanza; infatti sostiene che “il valore del Quoziente Intellettivo (QI) è stabilito a partire dalle scale di Wechsler, validate, campionate e attualizzate da gruppi di psicologi”.

Sostanzialmente, come scrive Sansuini (1999), il QI è “dato dal rapporto tra Età mentale ed Età cronologica, moltiplicando per cento” (p. 33).

Questi test valutano diverse funzioni: il vocabolario, la percezione, la memoria, le strategie, la logica, la comprensione, l’aritmetica, il codice. “Forniscono non soltanto una base per descrivere il livello di sviluppo, ma anche un mezzo per confrontare i risultati ottenuti, nello stesso ambito, in prove eseguite a diverse età” (p. 224). Leggendo i campi valutati dai test QI ci si rende conto che

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essi misurano prevalentemente aspetti legati alla lingua, alla matematica e alla memoria. Però vi sono dei bambini che possono essere dotati in una sola intelligenza (vedi teoria delle intelligenze multiple di Gardner, capitolo seguente), per esempio in quella musicale, e tramite questi test non emergerà questa loro dotazione in quanto non viene praticamente presa in considerazione.

È quindi importante cercare altri criteri necessari e utili per definire un individuo superdotato. Grubar (2000, p. 198) riprende la teoria pentagonale di Sternberg, che sostiene che affinché

una persona possa essere definita dotata, deve soddisfare questi cinque criteri:

1) Criterio di eccellenza: gli individui dotati sono superiori ai loro coetanei in uno o più ambiti 2) Criterio di rarità: gli individui dotati devono mostrare un livello elevato in una qualità che è

rara tra i loro coetanei

3) Criterio di produttività: l’individuo giudicato superiore deve essere, anche potenzialmente, produttivo

4) Criterio di dimostrabilità: la superiorità di un individuo nel campo del suo talento deve essere dimostrabile con uno o più test che valgano come argomenti validi

5) Criterio di valore: la persona dotata deve avere prestazioni superiori in un ambito che è valorizzato dalla sua peculiarità.

In questo modo, tramite anche i cinque criteri di Sternberg, è maggiormente efficace l’individuazione dei bambini API e inoltre vengono considerati vari tipi di intelligenza.

Concludendo possiamo dire che il test del QI è uno strumento fondamentale, ma non l’unico, per individuare questi bambini. Dunque i cinque criteri di Sternberg e i test del QI attualmente sono gli unici mezzi che abbiamo per definire in maniera maggiormente scientifica un bambino superdotato.

2.2. Come individuare un bambino superdotato

Come primo aspetto è importante eseguire un’ulteriore riflessione sulla superdotazione. È fondamentale ribadire, come sostiene anche Mormando (2011), che si ha timore del bambino dotato “perché si ha paura di non poterlo frenare, tenere nelle regole, prevedere” (p. 25). Ed è per questo motivo che la nostra società “tende a negare il bambino intellettualmente superdotato. Già l’assenza di un termine adeguato per definirlo lo dimostra” (p. 26). Infatti non è ben chiaro cosa si intenda con questo termine, attualmente ci si affida principalmente al quoziente intellettivo per identificare un bambino che appartiene a questa categoria. Ma come sosteneva Gardner (1998) non esiste una sola intelligenza, ma ve ne sono molteplici: linguistica, logico-matematica, musicale, spaziale,

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naturalistica, esistenziale, cinestetica, intrapersonale e interpersonale. Quindi risulta comprensibilmente difficile riuscire a identificare dei bambini che rientrino in questa categoria di “superdotati”, quali intelligenze vengono prese in considerazione? Tutte?

In altre parole l’intelligenza viene definita come un comportamento che è condizionato da differenti variabili, come la cultura, gli stimoli famigliari, ecc. Quindi, per essere definiti bambini API, bisogna eccellere in maniera naturale in almeno uno di questi ambiti.

Nel suo libro Cairo (2001) approfondisce l’esistenza di due tipi di dotazione e li divide in dotazione multipla (globalmente molto intelligenti, cioè hanno delle abilità intellettive in quasi tutti gli ambiti) e talento particolare (dotazione in un determinato ambito). Partendo da quest’ultima riflessione possiamo dunque capire come l’individuazione di questi bambini risulti particolarmente difficile: infatti bisogna prendere in considerazione più aspetti, sia la dotazione in tutti i campi (più facile da individuare) sia quella in un determinato ambito. Bisogna comunque ribadire che i primi che spesso si rendono conto del talento dei bambini sono i genitori, che spesso, però, non vengono presi molto in considerazione, infatti vi è un po’ la credenza che i genitori vedano i propri figli come i “migliori” rispetto agli altri.

Grubar (2000) descrive in maniera generale quali sono le caratteristiche dei bambini superdotati e definisce che essi hanno principalmente un’elevata vivacità cognitiva e delle grandi potenzialità. Per declinare in maniera maggiormente precisa, Grubar (2000) definisce sostanzialmente tre caratteristiche principali, che sono:

- caratteristica di percezione: ci si basa su tre indici (inferenziale – fare inferenze, categoriale – suddividere in categorie, predittivo – capacità di fare previsioni) per individuare questo aspetto;

- caratteristica di attenzione selettiva: il bambino è in grado di concentrarsi quando l’argomento trattato lo motiva e lo interessa, ma è anche molto demotivato quando non trova nessun interesse in quello che sta facendo;

- caratteristica di memoria: i bambini API hanno un’efficacia elevata nella memoria di lavoro, che può far capo alla memoria a lungo termine che è molto sviluppata.

Attualmente esistono numerose tabelle o liste in cui vi sono descritti in maniera generale quali sono i comportamenti tipici di un bambino superdotato; queste liste dovrebbero servire ai docenti per identificare in maniera maggiormente efficace questi allievi, ma questo compito non è per nulla facile.

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Gallagher (1970) inserisce nel suo libro “una tipica lista di caratteristiche di identificazione […] di Kough e Dehann1 (1955). […] Questi termini indicano che un individuo dotato ha un ritmo più veloce di quello del ragazzo medio” (p. 6).

Tabella 2.1

Caratteristiche di un bambino API

Impara rapidamente e facilmente

Usa molto buon senso e conoscenze pratiche

Ragiona sulle cose, pensa con chiarezza, riconosce le relazioni tra le cose, comprende i significati Ricorda ciò che ha sentito o letto senza molte esercitazioni mnemoniche

Sa molte cose che altri ragazzi ignorano

Usa molte parole con facilità e in modo pertinente

È in grado di leggere dei libri che sono di 1 anno o 2 in anticipo rispetto al testo della classe Compie difficili esercizi mentali

Fa molte domande. Si interessa a una grande varietà di argomenti Compie del lavoro scolastico di 1 o 2 anni in anticipo rispetto alla classe È svelto, è un osservatore acuto, risponde prontamente

Leggendo questa lista si nota come queste affermazioni siano molto generali e non adeguate per i bambini API che non “mostrano” le proprie capacità e che scolasticamente non hanno un rendimento elevato.

Concludendo, possiamo dire che per identificare un allievo API un docente deve avere un’idea sul rendimento medio degli alunni “normali” e quindi potrà essere in grado di cogliere chi eccelle. Ovviamente questo discorso vale solamente per i bambini superdotati che vanno bene nell’ambito scolastico; per quelli che hanno delle difficoltà scolastiche, perché vogliono “contenere” il proprio sapere e hanno quindi dei risultati nella media, sarà maggiormente difficile individuarli.

2.3. Caratteristiche del bambino superdotato

Quando si pensa a un bambino superdotato si pensa a un bambino-genio che non dovrebbe avere nessuna difficoltà scolastica in quanto il suo potenziale intellettivo è elevato. In realtà non è così, infatti vi sono diversi bambini ad alto potenziale cognitivo che hanno delle difficoltà scolastiche.

1 Di J. Kought e R Dehaan, Teachers’ Guidance Handbook, Part I_ Identifying Children Who Need Help, Chicago,

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Spesso i bambini API riscontrano delle difficoltà relazionali con i propri compagni, in quanto essi risultano non interessanti perché hanno degli interessi differenti, legati prevalentemente all’età biologica.

Vi sono differenti caratteristiche legate ai superdotati, che spesso si differenziano a dipendenza dei bambini, ecco una tabella estratta dal libro di Grubar (2000), in essa vi sono inserite le “caratteristiche e problemi del bambino precoce (adottata da Webb, 1993)” (p. 148).

Tabella 2.2

Caratteristiche Problemi possibili

Acquisisce e trattiene facilmente

l’informazione Non tollera le lentezze degli altri; non ama la routine né gli esercizi ripetitivi; può rifiutare compiti fondamentali; può elaborare concetti esageratamente complessi

Atteggiamento inquisitore, curiosità intellettiva; motivazione intrinseca; ricerca del significato

Pone domande imbarazzanti; volontà forte; refrattario agli ordini; centri di interesse eccessivi; si aspetta lo stesso dagli altri

Capacità arbitraria di concettualizzare e sintetizzare; amore per la risoluzione dei problemi e l’attività intellettiva

Scarta o omette i dettagli; refrattario all’addestramento e all’esercizio ripetitivo; contesta i metodi di insegnamento

Ama organizzare e ordinare cose e persone

in strutture; cerca di sistematizzare Costruisce regole o sistemi complessi; può essere percepito come autoritario, brusco e dominatore Vocabolario esteso e facilità di eloquio,

conoscenze sommarie in settori non adeguati per l’età

Può usare parole per uscire dalle situazioni o per evitarle; trova noiosa la scuola e i compagni; viene considerato dagli altri un saputello

Creativo e ingegnoso; ama fare le cose in

modi nuovi Può annullare dei progetti o rifiutare ciò che è già noto; visto dagli altri come diverso Concentrazione intensa; attenzione protratta

per i centri di interesse; completamente teso verso l’obiettivo; tenacia

Non ama essere interrotto; trascura i doveri e le altre persone mentre è concentrato sul suo interesse; ostinazione

Sensibilità, empatia per gli altri; desiderio di

essere accettato; ostinazione Sensibile alla critica e al rifiuto da parte dei coetanei; si aspetta che gli altri aderiscano si suoi stessi valori; ha bisogno di successo e di riconoscimenti; può sentirsi diverso e rifiutato

Grande energia, vivacità, ardore; periodi di

sforzi intensi Frustrato dall’inattività; la sua intensità può infastidire gli altri; orari; ha bisogno di stimoli continui; può venir considerato iperattivo Indipendente; preferisce lavorare da solo;

fiducia in se stesso Può rifiutare ciò che i genitori e i coetanei gli propongono; anticonformismo; può scagliarsi contro i pregiudizi sociali Sviluppato senso dell’umorismo Vede il lato assurdo delle situazioni […] per attirare l’attenzione su di

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Leggendo la seguente tabella si può notare come i bambini superdotati hanno delle caratteristiche molto differenti e quindi risulta molto difficile individuarli in quanto non è detto che un bambino API abbia tutte queste caratteristiche, ma può averne solo alcune. Un altro aspetto importante, che emerge, è il fatto che il bambino risulta avere delle difficoltà relazionali; infatti, per esempio, può lamentarsi e criticare i compagni lenti, in quanto si sente rallentato nell’apprendimento.

Ad una prima lettura è facile capire come un bambino superdotato sia individualizzabile grazie ad un’osservazione attenta: infatti le caratteristiche esposte sono facilmente osservabili. Una volta osservati questi aspetti, se tutti risultano positivi, si può passare a un test del QI che permetterà di giungere a una conclusione maggiormente “scientifica” sul potenziale intellettivo dei bambini e dunque sulla sua dotazione.

Per un’analisi di come i sistemi scolastici (anche in Svizzera e in Ticino) affrontano questo tema rimando all’allegato 1.

Una rassegna delle possibili soluzioni didattiche da adottare, rimando all’allegato 2.

2.5. Il clima di classe

Il clima di classe è fondamentale per far sentire a proprio agio il bambino. La De Rienzo (2006) afferma che “ogni individuo ha bisogno di appartenenze e di riferimenti, ha bisogno di riconoscersi e di sentirsi riconosciuto. Nasciamo all’interno di una comunità a cui pian piano sentiamo di appartenere” (p. 26). Quindi un buon clima di classe permette ai bambini di sentirsi parte di un gruppo e questo aumenta il loro riconoscimento e il senso di appartenenza.

De Rienzo (2006) continua il suo discorso affermando che “i bambini hanno bisogno del gruppo e ciò che più importa all’inizio è non sentirsi escluso” (p. 122). Ed è per questo motivo che il docente deve aiutare i bambini in questo compito relazionale, cioè deve permettere a loro di trovare delle strategie che gli permetteranno di vivere bene inizialmente in classe e successivamente, al termine della scuola, nella vita di tutti i giorni.

Quindi un clima di classe positivo aiuta i bambini a relazionarsi con gli altri e quindi di sentirsi apprezzati e appartenenti a un gruppo sociale (nel nostro caso legato alla classe). Questo permette anche ai bambini di riconoscere sé stessi e, di conseguenza, di accrescere la propria autostima.

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Per fare in modo che i bambini si sentano riconosciuti dai compagni è importante che il docente sia in grado di accogliere i propri allievi. De Rienzo sostiene che “l’accoglienza, infatti, non deve essere un’attività che ha un inizio e una fine, ma deve permeare tutto il nostro modo di fare a scuola” (p. 27). Infatti è importante che l’accoglienza da parte del docente duri per tutto il periodo scolastico, infatti questo permette ai bambini di sentirsi ascoltati, capiti e dunque accolti. In questo modo si instaurerà un clima positivo e di fiducia a partire dal quale i bambini potranno fidarsi, sentirsi a proprio agio e liberi di esprimersi.

Il clima di classe è fondamentale anche per il processo dell’apprendimento, definito da De Rienzo (2006) come “un processo circolare. Se si tiene conto della sfera affettiva migliorerà l’apprendimento […] attraverso l’apprendimento il bambino imparerà a controllare le proprie emozioni e a incanalare le proprie angosce” (p. 39). Come emerge da questa affermazione è dunque importante avere un buon clima di classe per permettere ai bambini di essere accolti anche affettivamente e quindi di non avere “problemi o impedimenti” nell’apprendimento provocati da cause emozionali, che possono essere legati alla relazione con il docente oppure con i compagni. Per permettere di creare e di ottenere un buon clima di classe il docente, secondo la De Rienzo (2006) deve “avere attitudine all’ascolto e al dialogo, alla partecipazione emozionale” (p. 81). Inoltre “la scuola deve aiutare i ragazzi a confrontarsi, a dialogare fra di loro e con l’adulto, senza che nessuno prevarichi l’altro. Solo nel dialogo con l’altro, ognuno può trovare sé stesso ” (p. 122). Ed è per questo motivo che, sempre secondo la De Renzo (2006), “non si possono lasciare soli i bambini ad affrontare momenti difficili, domande e pregiudizi che provengono o dagli stessi compagni o dagli adulti. Essi hanno bisogno di sentire la solidarietà dell’adulto, devono sentirlo al loro fianco, partecipe dei loro problemi, capace di farli propri, disponibile ad affrontarli con loro” (p. 124).

Concludendo, possiamo ribadire che il ruolo del docente è fondamentale in quanto deve creare le condizioni per avere un buon clima di classe e deve permettere ai bambini di confrontarsi tra di loro, sostenendoli passo per passo in questo processo.

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3. Quadro metodologico

3.1. Premessa

Questa ricerca è di tipo interpretativo, infatti verranno inizialmente raccolti dei dati che, successivamente, verranno analizzati. La ricerca sarà dunque empirica e quindi, come affermano Coggi e Ricchiardi (2010), “fonda la costruzione di conoscenze sulla rilevazione sistematica di dati in un contesto concreto” (p. 19). Sostanzialmente l’obiettivo di questa ricerca è quello di studiare un soggetto (i bambini API) nel suo ambiente (scuola-famiglia).

Inoltre la ricerca s’affiderà principalmente sui dati qualitativi, infatti quest’ultimi, dopo essere stati raccolti, dovranno essere esaminati, ma non potranno essere generalizzabili. Coggi e Ricchiardi (2010): “la ricerca qualitativa adotta […] di preferenza, studi in profondità su gruppi ristretti di soggetti o su un unico caso, in modo da dare conto della ricchezza dell’essere umano” (p. 26); dunque si avrà un numero minore di dati generalizzabili, ma ricchi di significato, che dovranno poi essere analizzati e messi in relazione con la letteratura. Si cerca dunque si andare a fondo alla problematica, per cogliere gli aspetti più nascosti che entrano in gioco, in questo caso, nel relazionarsi con gli altri.

Ovviamente bisogna tener conto del numero di bambini presi in considerazione. Visto che solo il 2% della popolazione viene classificato ad alto potenziale cognitivo il numero di bambini considerati non sarà elevato, ma saranno complessivamente cinque.

A livello tempistico potrebbe essere interessante eseguire due raccolte dati: a inizio e a fine anno scolastico. Ma per varie ragioni legate ai vincoli del nostro programma di studi, questo non sarà possibile e quindi la prima raccolta avrà luogo verso dicembre mentre la seconda a metà marzo. In questo modo si potrà osservare se eventualmente vi sono state delle evoluzioni relazionali tra il bambino API e il resto della classe. Infatti potrebbe essere necessario un periodo maggiormente lungo per permettere al bambino di integrarsi nella classe e di relazionarsi con i compagni; ovviamente ogni situazione avrà le proprie caratteristiche a dipendenza anche del lavoro fatto dal docente.

Inoltre eseguirò delle interviste alle famiglie, per conoscere il loro vissuto, e ai docenti, per giungere a conoscenza di strategie che si possono mettere in atto per aiutare questi allievi.

Infine è importante ribadire che si terrà l’anonimato totale delle famiglie e dei bambini, ma verranno solo specificati i paesi della sede scolastica.

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3.2. Domande di ricerca

Le domande di questa ricerca sono prevalentemente legate alle difficoltà che i bambini ad alto potenziale cognitivo hanno nel relazionarsi con gli altri, soprattutto con i loro coetanei. Inoltre si vuole porre l’attenzione anche su ciò che il docente può fare per aiutare, in caso di necessità, l’alunno nell’affrontare questa problematica.

Si vuole dunque rispondere alle seguenti domande:

- I bambini ad alto potenziale cognitivo hanno problemi di integrazione nella classe?

- I bambini ad alto potenziale cognitivo hanno difficoltà nel relazionarsi con gli altri? Questo è causato da problemi di comportamento? In che modo il resto della classe accoglie la presenza di un allievo con queste caratteristiche?

- Come può agire il docente per permettere al bambino di essere integrato nella classe? Quali strategie si possono adottare?

3.3. Ipotesi di ricerca

Un buon clima di classe dipende dalle strategie che un docente mette in atto per valorizzare le interazioni positive tra gli allievi e per favorire scambi costruttivi. L’allievo che presenta un alto potenziale cognitivo potrebbe sentirsi compreso o incompreso sia dal suo docente che dai suoi compagni. Quest’ultimi potrebbero beneficiare della sua presenza oppure considerarlo un diverso. In base a queste affermazioni posso ribadire la mia ipotesi di ricerca che consiste nel verificare le dinamiche di socializzazione che ci sono all’interno della classe, cioè si vuole notare se essere un bambino API significa anche dire essere socialmente escluso.

Infine si vogliono identificare alcune strategie didattiche che un docente può adottare per creare un buon clima di classe, per permettere a tutti d’apprendere e per aiutare il bambino a non vivere un disagio scolastico.

3.4. Il campione di riferimento

Durante questa ricerca si osserveranno e si eseguiranno cinque bambini e si svolgeranno delle interviste con le rispettive cinque famiglie e docenti. Di questi bambini tre frequentano una quarta elementare e gli altri due sono in una seconda e in una quinta. È importante ribadire che due bambini hanno avuto la possibilità di ottenere un salto di classe, dunque si trovano in una classe di compagni più grandi di loro anagraficamente.

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3.5. Strumenti

Gli strumenti utilizzati per raccogliere i dati sono le interviste e il sociogramma.

Le interviste, come affermano Coggi e Ricchiardi (2010), sono “una forma di conversazione in cui un esperto (intervistatore) pone una serie di domande (orali) a un singolo o un gruppo di soggetti, per conoscerne opinioni, atteggiamenti, informazioni, percezioni, esperienze, ecc.” (p. 86). Le interviste saranno di tipo semi-strutturate, cioè si avrà una traccia delle domande ma non si seguirà per forza passo per passo la traccia dell’intervista. Dipenderà molto dall’interazione tra intervistato e intervistatore e la conversazione sarà maggiormente libera, pur affrontando i temi e gli argomenti prefissati.

Nei sottocapitoli successivi si eseguirà un’analisi maggiormente dettagliata degli strumenti utilizzati.

3.5.1. Sociogramma

Ho deciso di sottoporre alle classi un sociogramma per verificare (anche se su un campione limitato), se i bambini API hanno anche dei problemi relazionarli con i compagni. Sostanzialmente si vuole anche vedere se il bambino ad alto potenziale cognitivo è integrato nella classe o è escluso. Inoltre si vuole verificare se i bambini scelgono i compagni in base a un aspetto affettivo (di amicizia) indipendentemente dalla richiesta o se riconoscono l’intelligenza “superiore” del plusdotato e quindi quest’ultimo viene scelto in ambito scolastico, “cogliendo e sfruttando” le proprie capacità. Dunque con il sociogramma, come affermano anche Genovese e Kanizsa (1991), si vogliono “identificare le relazioni interpersonali esistenti all’interno di un gruppo” (p. 188). Le due autrici continuano affermando che lo strumento che permette di “cogliere questa rete di interazioni affettive presenti nel gruppo è […] il testo sociometrico, in cui si chiede di indicare quali membri del gruppo si sceglierebbero e non si sceglierebbero per svolgere un’attività significativa” (p. 192). Per individuare questa rete ho deciso di porre ai bambini quattro domande2 riguardanti ambiti differenti: extrascolastico (ambito famigliare), scolastico – libero (ricreazione) e due in ambito scolastico (legato a una disciplina e alla creatività).

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In questo modo, tramite il sociogramma, si vuole raggiungere a un’analisi oggettiva delle relazioni realmente esistenti nella classe, soprattutto legate al bambino ad alto potenziale cognitivo.

Inoltre si vuole notare se i bambini modificano le proprie risposte nel corso dell’anno scolastico, magari grazie anche ad un lavoro svolto dal docente stesso. Infatti se il maestro esegue delle attività di collaborazione il bambino che ha delle difficoltà relazionali con i propri compagni potrebbe migliorare o risolvere questa situazione.

3.5.2 Intervista ai docenti

Si eseguiranno delle interviste ai docenti per sapere quale visione hanno della classe e per individuare le strategie che essi mettono in atto per permettere al bambino “superdotato” di integrarsi nella classe. Durante le interviste si chiederà ai docenti se, secondo loro, il bambino ha mostrato alcune difficoltà di inserimento o se ha avuto difficoltà di comportamento: questo elemento è fondamentale in quanto può essere che il bambino non abbia avuto “problemi” di comportamento e quindi dovrebbe essere anche ben integrato nella classe.

Inoltre, tramite queste interviste, si vuole anche sapere quali metodologie adottano i docenti per non far vivere un disagio scolastico ai bambini API.

3.5.3 Intervista ai genitori

Si eseguirà anche un’intervista con le famiglie dei bambini “superdotati” in modo da poter ottenere un riscontro anche da parte loro e per notare come il bambino ha vissuto e/o vive tutt’ora la scuola. Visto che è veramente difficile distinguere un bambino superdotato da uno interessato scolasticamente e intelligente (spesso queste due visioni entrano in contrapposizione durante il momento della diagnosi del bambino) è importante e interessante chiedere anche alle famiglie come è stata diagnosticata la “superdotazione” al proprio figlio, e come ha agito la scuola di fronte a questa diagnosi.

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4. I risultati raccolti

4.1. Analisi sociogramma

4.1.1. Premessa

È fondamentale ribadire che i sociogrammi fotografano una determinata situazione puntuale e parziale, dunque non sono sufficienti per giungere a delle conclusioni generali sulle interazioni tra bambini della stessa classe.

Per costruire le tabelle necessarie per l’analisi dei dati ho preso in considerazione, come esplicitato da Anna di Norcia3 (2005), un approccio bidimensionale, cioè si prendono in analisi due dimensioni: “l’impatto sociale (costituito dalla somma di nomine positive e negative) e la preferenza sociale (data dalla differenza tra nomine positive e negative)” (p.118). Successivamente io ho eseguito due classificazioni dei bambini rispetto la preferenza sociale e l’impatto sociale per vedere come si situava l’alunno API rispetto al resto della classe.

Di Norcia (2005) sostiene che grazie all’incrocio di queste due dimensioni si possono ottenere cinque profili diversi di bambini esistenti all’interno di un contesto sociale, come potrebbe essere quello scolastico. Ecco qui di seguito i cinque profili individuati dall’autrice (p.118):

i. Bambini popolari: impatto e preferenza sono elevati, ricevono molte nomine positive e poche negative

ii. Bambini rifiutati: impatto elevato ma bassa preferenza, avranno poche nomine positivo ma molte negative

iii. Bambini trascurati: impatto sociale basso, cioè riceveranno sia poche nomine positive che negative

iv. Bambini controversi: impatto sociale elevato, avranno dunque molte nomine sia positive che negative

v. Bambini medi: impatto e preferenza nella media, avranno dunque nomine positive e nomine negative nella media.

3 Vedi capitolo 6: Braumgartner, E. Bombi, A.S. (2005). Bambini insieme. Intrecci e nodi delle relazioni tra pari in età

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Nei sottocapitoli che seguiranno verranno presentate delle tabelle riassuntive dei dati raccolti, in modo da avere un’ampia visione della situazione analizzata: per vedere i risultati per ogni domanda si possono vedere gli allegati4.

Per questioni di riservatezza ho sostituito i nomi dei bambini con delle lettere e dei numeri: i bambini API sono facilmente riconoscibili in quanto è stato sempre attribuito a loro il numero 9 e nelle tabelle la riga corrispondente a loro è stata evidenziata in giallo.

4.1.2. Sede scolastica A

La prima classe nella quale ho sottoposto i sociogrammi è una quarta elementare del Locarnese. Ecco qui di seguito le tabelle riassuntive dei due sociogrammi proposti.

Tabella 4.1 – Primo rilevamento

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Tabella 4.2 – Secondo rilevamento

Se si osservano le due tabelle si può notare che il bambino mantiene un alto impatto sociale in entrambe le due situazioni e migliora la sua preferenza sociale, cioè durante la seconda raccolta dati il bambino riceve maggiori apprezzamenti rispetto ai rifiuti. Questa sua evoluzione in positivo avviene sia nell’ambito scolastico (vedi domande 2 e 4) che in quello extrascolastico (domande 1 e 3). Infatti se si osservano le varie domande5 si può notare come il bambino viene scelto maggiormente durante la seconda raccolta dati, per esempio nella domanda 2 raddoppia le scelte positive da 5 a 10. I rifiuti in generale diminuiscono e di conseguenza la preferenza sociale aumenta: infatti si può vedere che passa dalla quindicesima posizione alla sesta. Si può notare che questo miglioramento non è generalizzabile a tutta la classe, ma vi sono anche degli alunni che peggiorano, come è il caso di A.1 in cui le scelte negative raddoppiamo (7 a 15) e quelle positive diminuiscono.

Il bambino API non è il più rifiutato della classe; vi sono alcuni allievi che hanno una preferenza sociale negativa (A.15, A.6, A.8), e quindi potrebbero avere maggiori difficoltà sociali. In altre

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parole possiamo dire che il bambino considerato API è ben integrato: non è escluso dai compagni, ma anzi spesso è scelto in maniera positiva.

Se si analizzano maggiormente i bambini che hanno scelto A9 si può notare che sostanzialmente ci sono due compagni (A.6 e A.19) che lo scelgono positivamente in quasi tutte le domande. Visto che anche A.9 spesso li sceglie si può presupporre che tra di loro ci sia un rapporto di amicizia più profondo rispetto agli altri compagni, quindi hanno, in altre parole, una relazione stabile.

In generale si può classificare, secondo i profili definiti da Norcia, questo allievo come bambino controverso, infatti ha un impatto sociale elevato (primo e terzo posto rispetto alla classe) e molte nomine sia negative che positive.

4.1.3. Sede scolastica B

La seconda classe nella quale ho sottoposto i sociogrammi è una quinta elementare del Luganese. Ecco qui di seguito le tabelle riassuntive dei due sociogrammi proposti.

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Tabella 4.4 – Secondo rilevamento

Se si osservano i due sociogrammi si può notare che la bambina mantiene un elevato impatto sociale in entrambe le due raccolte dati, quindi si può classificare questa alunna come bambina media, infatti la preferenza e l’impatto sociale sono nella media. Si può individuare un leggero miglioramento a livello di preferenza sociale (durante la seconda raccolta dati riceve un numero maggiore di apprezzamenti rispetto al numero dei rifiuti), peggiora leggermente il suo impatto sociale ma rimane sempre nelle prime 5 posizioni. Questa sua evoluzione si può spiegare guardando i dati di ogni singola domanda in cui si nota chiaramente che le scelte in positivo rimangono praticamente costanti, ma diminuiscono i rifiuti (passano da 15 a 8) e di conseguenza aumenta la preferenza sociale. Questo cambiamento vale per tutte le domande6, sia nell’ambito scolastico (domande 2 e 4) che in quello extrascolastico (domande 1 e 3).

Ad un’analisi più dettagliata risulta che B.9 viene scelta in quasi tutte le domande da due compagne (B.17, B.18) che anche lei sceglie e quindi si può dire che loro hanno un rapporto di amicizia stabile. Inoltre vi è sempre una compagna (B.11) che tende a rifiutarla e anche in questo caso il

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rifiuto è reciproco. All’interno della classe vi sono alcuni compagni che hanno probabilmente delle difficoltà sociali maggiori rispetto alla bambina API: infatti vi sono alcuni alunni (B.1, B.14, B.19) che hanno una preferenza sociale nettamente negativa, arrivando anche, per esempio, alle 40 nomine negative da parte dei compagni.

Concludendo possiamo ribadire che la bambina API è ben inserita all’interno della classe, infatti mantiene una preferenza sociale e un impatto sociale nelle prime posizioni (entro la metà): migliora la preferenza sociale (da 6 a 11) e peggiora leggermente l’impatto sociale (da 36 a 27), ma questo cambiamento, come già detto, è dato dalla diminuzione di scelte negative.

4.1.4. Sede scolastica C

La terza classe nella quale ho sottoposto i sociogrammi è una seconda elementare del Luganese. Ecco qui di seguito le tabelle riassuntive dei risultati.

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Tabella 4.6 – Secondo rilevamento

Analizzando le tabelle si nota che la bambina subisce un netto peggioramento sia nella preferenza sociale che nell’impatto sociale: infatti passa da una preferenza sociale alta, cioè nei primi dieci (7/26), ad una abbastanza bassa (19/26). Per quel che riguarda l’impatto sociale migliora leggermente passando dalla diciannovesima posizione alla tredicesima, però questa evoluzione è data da una scelta maggiore (da 3 a 12) di nomine negative. Questo cambiamento si può riscontrare in tutte le domande, sia in quelle legate all’ambito scolastico che in quelle legate all’ambito extrascolastico.

Se si guardano le singole domande7 non si nota niente di ripetitivo, cioè non c’è un compagno che la sceglie o la rifiuta in entrambe le raccolte dati. Quindi probabilmente la bambina non ha un

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rapporto stabile di amicizia o di antipatia con nessun compagno, ma la scelta è data da una situazione puntuale e dalle domande poste.

Se si analizza la situazione globale della classe si può notare che vi è un peggioramento di quasi tutti i bambini, infatti in molti ottengono un numero maggiore di nomine negative nella seconda raccolta dati. Inoltre si può ribadire che la bambina API è integrata all’interno della classe: vi sono altri suoi compagni che probabilmente riscontrano maggiori difficoltà legate all’integrazione sociale: infatti alcuni (C.4 e C.7) ricevono un elevato numero di rifiuti. Bisogna anche tener conto che, in questo caso, si tratta di una seconda elementare e i bambini sono maggiormente suscettibili ai cambiamenti o alle condizioni legate al momento della raccolta dati. Probabilmente se fossi andata a sottoporre un’altra volta il sociogramma avrei ottenuto dei risultati diversi.

Concludendo si può classificare quest’allieva come bambina tutto sommato nella media, infatti ha un impatto sociale e una preferenza sociale nella media tra le due raccolte dati.

4.1.5. Sede scolastica D

La quarta classe nella quale ho sottoposto i sociogrammi è una quarta elementare del Luganese. Ecco qui di seguito le tabelle riassuntive dei due sociogrammi.

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Tabella 4.8 – Secondo rilevamento

In questo caso è fondamentale dire che il bambino è il primo anno che si trova all’interno di questa classe e questo può essere un elemento importante in quanto può non aver ancora potuto creare e consolidare alcune amicizie e relazioni.

In generale la situazione rimane costante, cioè peggiora leggermente la posizione legata all’impatto sociale e quella legata alla preferenza sociale, però il bambino rimane comunque ben presente e ben valutato all’interno della classe.

Se si osservano tutti gli alunni si può considerare che la situazione rimane stabile praticamente per tutti: infatti non ci sono bambini che subiscono dei grandi cambiamenti. Per esempio gli alunni D.6, D.7, D.10 sono quelli che hanno ricevuto un numero maggiore di nomine negative e tra i due sociogrammi la situazione non si modifica di molto, mentre l’allieva D.2 rimane un leader positivo, cioè è una bambina popolare, infatti nei due casi ottiene il numero maggiore di nomine positive (21 e 22).

Se si osservano e analizzano le singole domande8 si può notare che il bambino viene sempre scelto in tutte le domande e in entrambi i sociogrammi praticamente da due compagni: questo può essere dato dal fatto che all’interno della classe vi sono solamente tre maschi (uno dei quali è il bambino API) che si cercano costantemente in quasi tutte le attività e quindi è anche normale che ognuno di loro scelga il compagno del proprio sesso. Infatti nella maggior parte dei casi anche D.9 sceglie un

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compagno maschio (D.8) mentre rifiuta quasi sempre l’altro (D.10): quindi con il primo compagno probabilmente si è creata una relazione stabile.

In generale, tenendo presente che il bambino è il primo anno all’interno di questa classe, si può classificare questo alunno come medio, cioè il suo impatto e la sua preferenza sociale sono nella media.

4.1.6. Sede scolastica E

La quinta classe nella quale ho sottoposto i sociogrammi è una quarta elementare del Locarnese. Ecco qui di seguito le tabelle riassuntive dei due sociogrammi.

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Tabella 4.10 – Secondo rilevamento

In questo caso la situazione è sostanzialmente costante, cambia solo la posizione rispetto all’impatto sociale che migliora di poche posizioni da 12/20 a 10/20, mentre la posizione per la preferenza sociale rimane la stessa (7/20). Questa stabilità vale per tutti i componenti della classe e non solo per la bambina API.

Se si analizzano le singole domande9 si può notare che la bambina viene scelta praticamente sempre da due compagnie (E.7 e E.8) che lei contraccambia. Quindi significa che con loro ha un rapporto di amicizia più profondo e stabile. Inoltre si può anche notare che la bambina non viene mai rifiutata nella domanda legata all’ambito scientifico, però viene scelta in modo maggiore (le scelte sono quasi il doppio rispetto alle altre domande), quindi si può presuppore che i compagni riconoscono questa dotazione della bambina.

Prendendo in considerazione le categorie definite da Norcia si può definire questa allieva come bambina media, infatti E.9 ha un impatto e una preferenza sociale nella media, quindi si può sostenere che la bambina API è ben integrata all’interno della classe. Inoltre vi sono altri allievi,

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come E.1 e E.12 che vivono una situazione molto negativa, cioè essi sono rifiutati dai compagni, infatti ricevano più di 40 nomine negative nella prima raccolta dati.

Concludendo si può ribadire che la bambina ha una situazione sociale positiva all’interno della classe e probabilmente le sue capacità vengono anche riconosciute e apprezzate dai suoi compagni.

4.2. Analisi interviste

Dalle interviste semi-strutturate svolte con i docenti e con i genitori ho potuto rilevare delle informazioni importanti e utili per rispondere alle mie domande di ricerca. La bozza delle domande è reperibile negli allegati10.

Io ho deciso di dividere l’analisi delle interviste in due parti: nella prima cercherò di rispondere alle domande legate alla socializzazione dei bambini API, cioè si cercherà di vedere se i bambini hanno dei problemi d’integrazione e di socializzazione con i coetanei; nella seconda si metteranno in evidenza le strategie didattiche utilizzate dai docenti per mettere a proprio agio gli allievi.

4.2.1. Problemi legati alla socializzazione

Leggendo le varie interviste si può notare che molti genitori sostegno che i propri figli hanno o hanno avuto dei problemi legati alla socializzazione. Qui di seguito analizzerò le varie situazioni riprendendo alcuni passaggi significati, che sono emersi durante le interviste ai genitori11 e ai docenti12, legati appunto al tema della socializzazione.

Partiamo dalla sede A, ecco alcuni passaggi chiave.

Quando trovava l’amico con gli stessi interessi la cosa funzionava e andava bene, ma il problema era quando non riusciva a relazionarsi bene che non manifestava un buon comportamento.

Adesso a scuola se c’è qualcuno che ha gli stessi interessi è più facile andare d’accordo altrimenti si adatta molto agli altri, per esempio il fatto di giocare a calcio.

10 Vedi allegati 9 e 10

11 Vedi allegati 9, 11, 13, 15, 17 12 Vedi allegati 10, 12, 14, 16, 18

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Secondo me, lui adotta un atteggiamento per mantenersi gli amici. Perché se gli amici ridono, vuol dire che lui è simpatico, che è accettato e fa parte del gruppo.

Secondo la mamma, il bambino in passato ha dimostrato alcuni disagi legati alla relazione con gli altri, infatti lei sostiene che se trovava qualcuno che non aveva i suoi stessi interessi non si faceva nessun problema a non comportarsi in maniera adeguata. Attualmente, invece, ha assunto un comportamento più tranquillo in quanto questo gli permette di avere degli amici, lei sostiene appunto che A.9 si adatta molto agli altri, tralasciando anche i suoi veri interessi, come è l’esempio del calcio: sport che non piace al bambino ma che praticandolo gli permette di mantenere gli amici. Questa visione viene anche confermata, in parte, dalla docente. Infatti anche lei si esprime su l’atteggiamento e sulle eventuali difficoltà di socializzazione di A.9 e sostiene che:

In prima e seconda i compagni avevano il terrore di lui perché li spaventava. Si divertiva a fare il personaggio cattivo delle fiabe e gli altri piangevano.

In prima e seconda era parecchio manesco, secondo lui, per gioco. Nonostante questo aspetto, A.9 era sempre molto ricercato dai compagni. Ora è migliorato tanto. Durante le ricreazioni riesce a giocare.

Anche la docente ha notato un miglioramento nell’allievo, sostiene che è “migliorato tanto”, anche se in passato ci sono stati alcuni problemi “comportamentali” che però non hanno influenzato la sua socializzazione, infatti viene detto che A.9 era molto cercato dai compagni. La maestra aggiunge anche alcune descrizioni dell’atteggiamento dell’alunno in classe:

In classe A.9 disturba molto con dispetti chi gli sta seduto accanto per cui cambio spesso la disposizione dei banchi. C’è comunque sempre chi si mette a disposizione per stargli seduto a fianco in modo da poterlo aiutare e spiegargli quanto deve fare. In genere, A.9 è ben voluto dai compagni della classe.

Gli altri sono molto pazienti […] Sono costretta a cambiare continuamente la composizione dei gruppi di lavoro perché A.9 disturba con scherzi e piccoli dispetti e non contribuisce al lavoro, in questi momenti gli altri si lamentano.

Si scocciano pure se interviene senza alzare la mano quando loro sono li che attendono il turno di parola.

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Da queste affermazioni emerge chiaramente che A.9 ha dei comportamenti che potrebbero infastidire i compagni, ma quest’ultimi, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, sono molto pazienti e si mettono anche volentieri a disposizione per aiutarlo. Anche la docente afferma che deve spesso cambiare il vicino di banco di A.9 e chiede chi è disposto a aiutarlo e c’è sempre qualcuno, spesso una bambina, che si mette a disposizione per aiutarlo durante determinate situazioni, come il momento delle consegne. Dall’intervista della docente emerge chiaramente che, anche se il bambino ha questi aiuti, è ben accetto e integrato all’interno della classe.

Leggendo le interviste legate alla situazione della sede B, emerge chiaramente che l’allieva non ha nessun problema di socializzazione con i compagni. Ecco alcune frasi significative espresse dal padre durante l’intervista:

B.9 ha di suo un carattere più conciliante. […] in quarta e quinta ha avuto un docente straordinario, estremamente aperto e creativo con i bambini, per cui non si è posto nessun problema a livello scolastico come non si è mai posto nessun problema nel suo rapporto con i compagni e nella dinamica interna alla classe, anche perché è un aspetto che il docente ha curato molto sin dall’inizio.

Ha una connotazione (l’ho notato quando gioca con le compagne) un po’ leaderistica, non è che le domina […] è insomma lei quella che trascina. Ma sempre è ben accetta dagli altri. Al punto che io temevo si potesse proporre con lei la problematica opposta […] cioè l’iperadattamento, il camuffamento, quel comportamento che ti porta a nascondere le tue qualità per farti accettare dall’altro.

B.9 è ben inserita all’interno della classe, non ha problemi di socializzazione con i compagni, il padre sostiene che questo può essere legato al carattere della figlia e all’attenzione che il docente ha sempre posto su questo aspetto. Il padre esprime anche il timore che B.9 nasconda le proprie capacità per farsi accettare dagli altri e questo è ancora peggio in quanto si perde o si nasconde la propria identità.

Questa visione positiva legata alla relazione con i compagni viene confermata anche dal docente, che afferma:

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Non ci sono delle difficoltà nel relazionarsi, infatti predilige i momenti a gruppi e predilige quando si trova con il gruppetto delle sue amiche preferite. Però è già capitato si sia trovata a collaborare con altri compagni della classe e funziona perfettamente. Anche lei ha delle sue antipatie verso alcuni casi specifici, come tutti. Anche a ricreazione non ci sono problemi anche se durante questo momento tendono a scegliersi secondo le simpatie.

Il docente sottolinea inoltre il fatto che la bambina predilige i lavori a gruppo piuttosto che quelli individuali e questo è anche una caratteristica che afferma il suo piacere di relazionare e di lavorare con i compagni. Quindi a livello di relazioni non si nota nulla di particolare, probabilmente questo è anche influenzato dal fatto che la bambina è entrata alla SE un anno prima, quindi si trova in una classe con compagni che hanno un anno in più e questo potrebbe rendere i suoi interessi maggiormente concilianti e simili a quelli dei compagni.

Anche nel caso della sede C, secondo la madre, la situazione relazionare funziona bene.

È una bambina socievole, lo so che ogni tanto ha dei conflitti anche con i compagni perché ogni tanto è permalosa.

Questo problema (di socializzazione) lei non ce l’ha. Anche parlando con Galli gli dicevo che lei è comunque una bambina socievole. È un po’ un leader, anche perché è un po’ un maschiaccio e quindi è un leader e si fa valere. Non ha problemi nel giocare con gli altri: è amica un po’ di tutti. La madre sostiene che la bambina è amica di tutti e quindi non ha grandi problemi di socializzazione: predilige le relazioni con i bambini più grandi in quanto gli interessi più facilmente possono coincidere.

La docente, dal canto suo, afferma che la bambina va molto bene a livello scolastico ma deve lavorare su alcuni aspetti, come quello della relazione e della gestione delle proprie emozioni. La bambina che ho io in classe è molto brava in italiano e matematica, ma ha delle difficoltà nell’aspetto relazionale, nella gestione delle proprie emozioni e della frustrazione e quindi bisogna lavorare parecchio su questo.

I compagni giocano con lei, lavorano con lei. Se c’è da stare assieme stanno assieme, nessuno si lamenta. Non è particolarmente ricercata ma neanche esclusa.

I compagni, se devono lavorare con lei, non hanno nessun problema, anche perché la docente è molto sensibile a questa problematica e sviluppa con i propri allievi l’accettazione e il rispetto degli

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altri. Infine C.9 è un’alunna nella norma, cioè è una bambina che non viene particolare cercata dai compagni, ma neanche esclusa: quindi, sempre secondo la maestra, riesce a entrare in relazioni abbastanza buone con tutti.

Per quel che riguarda la situazione della sede D emerge da entrambe le interviste una problematica legata alla socializzazione. Per sostenere quanto espresso ho deciso di riportare alcune frasi riprese dall’intervista con la madre di D.9:

Ma lui ha dei grossissimi problemi, secondo me, di socializzazione. Perché lui è diverso e si sente diverso. Ha degli interessi e dei modi di fare che non sono di un bambino di 9 anni per cui ha molte difficoltà. E poi comunque anche se non avesse un quoziente intellettivo così alto ha comunque delle limitazioni, secondo me, a livello di intelligenza emotiva.

L’anno scorso c’era proprio il rifiuto totale e l’isolamento totale. Quest’anno va molto meglio […] sia per il salto di classe che perché le docenti erano più preparate a avere in classe una persona come lui (non è sempre facile da gestire) va molto meglio.

Per il momento non è ancora riuscito a entrare in contatto con i pari d’età. Non so se questa cosa migliorerà nel tempo, ma ho i miei dubbi.

La madre sostiene che, secondo lei, il figlio ha dei problemi nel socializzare con i compagni e questo è dovuto dal fatto che D.9 si sente diverso dagli altri e quindi non riesce a entrare in relazione con loro. Questa difficoltà è emersa chiaramente l’anno scorso quando il bambino viveva una situazione di esclusione totale dalla classe, fattore che ha influito sulla scelta del salto di classe. Questa visione viene confermata anche dalla docente, infatti, anche lei afferma che D.9 ha delle difficoltà relazionali.

Lui a ricreazione gioca volentieri con i compagni, per esempio gli piace tanto il calcio e quindi ci gioca spesso e volentieri. È un bambino che nelle attività di gioco si inserisce bene, però non è un bambino leader che propone lui cosa fare. Devo dire che all’interno della classe va bene, anche perché fin quando è arrivato abbiamo spiegato che sarebbe arrivato un nuovo compagno ed è stato accolto bene. Però, durante le attività in classe, lui è il bambino che preferisce fare da solo. Anche quando vengono proposti lavori di gruppo il bambino preferisce lavorare da solo.

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Lui nella classe è un bambino normale a livello relazionale: lo cercano come cercano altri e per altre attività non lo cercano. È una situazione normale cioè non è che spicca positivamente o negativamente.

D.9 preferisce lavorare da solo piuttosto che in gruppo. Questo però non significa che lui non sia inserito all’interno della classe, ma anzi emerge chiaramente che è ha delle relazioni con i compagni: a ricreazione gioca con i compagni, si sono create delle dinamiche all’interno della classe, ecc. Infine è importante ribadire che sia la famiglia che le docenti stanno lavorando con il bambino su questo aspetto, quindi entrambe cercano di aiutarlo a migliorare sul suo punto di difficoltà.

Analizzando l’ultima situazione presa in considerazione, quella della sede E, emergono alcuni aspetti interessanti da entrambe le interviste. Ho ripreso due affermazioni che mi sembravano significative dal colloquio avuto con la madre.

Purtroppo la figlia provava a non far vedere questo talento. Anche adesso è così, lo nasconde, cioè vuole essere uguale agli altri e per esempio fa apposta a fare la pasticciona o a non essere concentrata. Per non farsi vedere diversa dagli altri.

Perché quando c’è un disagio lei si chiude e non parla più. Poi se non conosce delle persone si occupa con qualcosa e non parla con nessuno, per esempio non saluta.

Traspare una difficoltà di socializzazione da parte di E.9 con bambini estranei. La mamma sostiene che questa difficoltà si presentava soprattutto in ambito extrascolastico (basket e lupetti): quando E.9 si trova a confronto con un bambino che non conosce si blocca e si estranea nel “suo mondo”. I genitori sono consapevoli di questa difficoltà e quindi stanno lavorando su di essa con la bambina. A livello scolastico non è presente questa problematica, come emerge anche dalle seguenti dichiarazioni da parte del docente.

Lei a livello di relazione mi sembra abbastanza nella norma, ha i suoi amici e i suoi nemici come tutti. Più che altro quello che ha difficoltà a fare è spiegarsi: per esempio lei, ogni tanto, finisce prima i lavori, e allora le dico di andare ad aiutare i compagni in difficoltà. Ma lei fa molta fatica a gestire questa situazione. Non so se è perché non vuole mettersi in mostra o se non ha le capacità di spiegare quello che lei riesce a svolgere.

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I compagni non hanno difficoltà nel relazionarsi con lei, anche […] è una bambina tranquilla. A ricreazione […] ha comunque sue compagne con cui fa dei giochi.

Questa non difficoltà da parte della bambina, esaminando le parole della madre, potrebbe essere legate al camuffamento delle proprie capacità, infatti la madre sostiene che la bambina fa apposta a non essere concentrata per non farsi vedere troppo diversa dagli altri. Sta di fatto comunque che nell’ambito scolastico, dove lei conosce i compagni da quattro anni, non ci sono delle problematiche legate alla socializzazione con i compagni.

4.2.2. Strategie didattiche utilizzate dai docenti

Come già anticipato un obiettivo di questa ricerca è quello di individuare anche delle strategie didattiche che un docente può adottare per aiutare gli allievi API a non sentirsi a disagio all’interno della scuola. Dalle interviste svolte emergono diversi elementi in comune ed è per questo che l’analisi di queste strategie è divisa per argomento fornendo l’apporto da parte di ogni docente. La strategia che accomuna tutte le interviste è la differenziazione, poi essa può assumere delle caratteristiche diverse a dipendenza della situazione.

Ecco qui di seguito alcune frasi estrapolate dalle interviste dei docenti (per facilitare a quale contesto si riferiscono ho inserito la sede prima delle citazioni).

Sede A: Più che altro con lui devo lavorare sull’attenzione perché lui non sa mai cosa deve fare. Sede B: Visto che è una bambina che spesso finisce prima degli altri i lavori, ma non è la sola,

spesso è un gruppetto di bambini, do dei compiti un po’ speciali, anche poco scolastici, come per esempio a loro piace scrivere al computer e se devo preparare un articolo per il giornale scolastico lo lascio scrivere da loro a pc, oppure se devo preparare un cartellone didattico (dove ci sono disegni, scritte, didascalie) per la classe mi rivolgo a loro. Ci mettono impegno e mi sembrano impegnati in qualcosa di utile e che a loro piace.

Sede C: Essendo già in grado di leggere e scrivere, mentre i compagni si esercitavano

nell’apprendimento delle prime paroline a lei davo dei testi da leggere, delle storie da scrivere, degli esercizi insomma diversi. Ma lei non era tanto contenta perché voleva essere inserita nel gruppo classe. […] in quel primo periodo, è diventata un po’ la mia assistente. Così lei si sentiva gratificata e non si annoiava.

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Sede D: Lui ogni tanto fa delle attività un po’ più difficili perché altrimenti si annoierebbe. Non

sempre e neanche tutti i giorni gli faccio fare delle cose a parte perché altrimenti risulterebbe un po’ estraniato rispetto al gruppo classe. E quindi molte attività le fa anche lui […] e se lui finisce prima gli do qualcosa in più. […] Sostanzialmente c’è una differenziazione nelle richieste.

Sede E: Principalmente cerco di differenziare. Però visto che lei in certe materie rientra nella

norma non devo sempre farlo. […] Principalmente adotto la differenziazione per fare in modo che non si annoiasse e che non si sentisse neanche esclusa dal resto dalla classe.

Nelle frasi sopraccitate emergono alcuni esempi: c’è chi esegue una differenziazione principalmente nelle materie scolastiche (variando le richieste) o chi attribuisce dei compiti extra agli allievi che termino prima o chi esegue un lavoro mirato per aiutare l’allievo a colmare le proprie lacune (come può essere l’attenzione o la socializzazione). È fondamentale prestare attenzione alle esigenze dell’allievo anche a livello di clima di classe, infatti in diversi casi emerge la problematica di non adottare sempre questa strategia per non far estraniare il bambino dal gruppo.

In un secondo luogo questi allievi vengono visti come una risorsa da sfruttare all’interno della classe. Ecco alcuni casi in cui i docenti esplicitano questo aspetto:

Sede D: spesso lo chiamo come d’aiuto nelle discussioni per chiedere a lui se sa qualcosa in più da

aggiungere.

Sede E: lei è un aiuto: certe volte posso contare su di lei, per spiegare. Per esempio quando io non

riesco a trasmettere qualcosa ai bambini tante volte è più facile farli comunicare tra di loro. Lei mi aiuta in questo senso.

Quindi l’allievo API, visto che ha delle conoscenze molto alte, è un aiuto, sia durante le discussioni dove può portare il proprio contributo, che nelle spiegazioni di alcuni argomenti ai compagni: in modo da permettere a tutti di apprendere e beneficiare della sua presenza in classe.

Nelle interviste ho chiesto anche ai docenti a chi ci si può rivolgere in caso di dubbio su come agire per aiutare questi allievi. Ecco alcune risposte che reputo significative:

Sede A: l’aspetto che preoccupa sia i docenti di ed. fisica, che di canto, che la sottoscritta è il fatto

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Sede B: io passavo, in primo luogo attraverso il docente di sostegno pedagogico, e poi attraverso

l’équipe che poteva darmi delle indicazioni. O più direttamente attraverso la famiglia perché chiaramente la famiglia è la prima che ha interesse ad essere informata sul tema e quindi può essere una fonte molto ricca di informazioni e ti possono indicare anche degli strumenti al quale ricorrere.

Sede C: quando ho dei dubbi discuto molto con la docente di sostegno. La bambina va molto

volentieri da lei, perché sa che per quell’ora ha la docente tutta per sé. […] L’obiettivo principale è quello di darle degli stimoli individualizzati, ma anche di tenere sotto controllo il suo sviluppo socio-emotivo, in modo da evitarle dei disagi.

Sostanzialmente emerge che la persona che può aiutare, in caso di bisogno, maggiormente gli insegnanti è il docente del servizio di sostegno pedagogico che fornisce alcuni elementi didattici da poter applicare in classe e inoltre ha un ruolo importante per sapere come è lo sviluppo socio-emotivo dell’alunno. Anche la famiglia risulta essere una fonte fondamentale di aiuto in quanto ben informata sull’argomento e quindi fonte di ricchezza.

Ho chiesto ai genitori cosa dovrebbe fare la scuola per aiutare i bambini API: ecco alcune risposte date dalle famiglie intervistate.

Genitori A.9: Io trovo che la scuola sia poco informata su questo problema e su questa casistica.

[…] La scuola è poco pronta. […]Non so, anche a livello preparazione e conoscenze da parte dei docenti non so fino a che punto sono a conoscenza di cosa vuol dire avere un QI superiore: forse farebbe bene una qualche ora di informazione visto che è una caratteristica dei bambini.

Genitori B.9: L’ignoranza della problematica è radicata nei docenti e da loro spesso respinta con

stupidi luoghi comuni […] Intanto però si deve prestare attenzione, accettare la problematica e affrontarla seriamente. […] Non c’è altra soluzione che adeguare l’insegnamento alla loro fame di sapere.

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Genitori D.9: La cosa che a me non sembra giusta della scuola è come se volesse dare le stesse

cose a tutti in modo che tutti abbiamo gli stessi risultati, ma invece non è vero. Mentre sembra scontato che se un bambino ha dei limiti, sembra giusto dargli le cose nella misura che ha bisogno aiutandolo, se uno ha qualcosa in più è come se ci fosse un tentativo di livellamento verso il basso. […] ci vogliono degli strumenti e delle capacità. Perché se ci si trova davanti un bambino così per stimolarlo e aiutarlo penso ci voglia una preparazione, perché non è sempre così facile […]Era come se la scuola non fosse pronta a gestire un bambino diverso.

Genitori E.9: Abbiamo trovato un blocco […] nei confronti di questo tema. Viene visto come un

tabù, e quindi è stato molto difficile parlarne.

Da queste risposte emerge chiaramente che, secondo le famiglie, i docenti e la scuola in generale sono poco informati su questo argomento e quindi consigliano di informare maggiormente i docenti su questa casistica. In questo modo potrà essere più facile individuare questi allievi e essere in grado di aiutarli. Inoltre viene espresso il desiderio di fornire al maestro delle strategie o degli strumenti per gestire e aiutare questi allievi, come avviene con i bambini che hanno difficoltà.

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5. Conclusione

5.1. Conclusioni ricerca

Prima di giungere alle conclusioni è importante precisare e ribadire che i dati raccolti sono specifici ad ogni classe considerata ed è per questo motivo sono difficilmente generalizzabili ad altri contesti o situazioni. Quindi le mie conclusioni non sono esaustive, ma si riferiscono solo ai bambini presi in considerazione, anche perché i bambini API sono una casistica molto variegata e complessa (ogni allievo API è differente da un altro) e quindi è difficile riuscire a trarre delle indicazioni che valgano per tutte le situazioni.

I bambini che hanno un alto potenziale cognitivo che ho considerato non si differenziano particolarmente a livello di socializzazione rispetto agli altri, cioè si situano più o meno nella norma. Infatti se si guarda l’impatto e la preferenza sociale i ragazzi sono nella media, non si fanno notare in maniera evidente rispetto al resto della classe. Infatti i bambini vivono una situazione stabile, in alcuni casi migliorano o peggiorano, ma questo cambiamento si riscontra anche nell’andamento generale della classe. Quindi il peggioramento o il miglioramento non è specifico del bambino API: non è assolutamente detto che un bambino ad alto potenziale cognitivo è sinonimo di un bambino che ha problemi di socializzazione. In alcuni casi emerge, dai racconti dei genitori o dei docenti, che i bambini hanno riscontrato alcune difficoltà di socializzazione sulle quali stanno lavorando per poterle affrontare. In alcuni casi si parla anche di intelligenza emotiva molto fragile rispetto all’intelligenza cognitiva che ovviamente, trattandosi di bambini API, è molto elevata.

È importante ribadire che nella maggior parte dei casi (3 su 5) sono stati i docenti a individuare che nei bambini ci fosse questo potenziale cognitivo elevato. Quindi potrebbe voler dire che una conoscenza maggiore di questa casistica, da parte degli insegnanti, permetterebbe un’individuazione più facilitata e mirata di questi allievi. Anche perché questo aspetto viene fortemente richiesto dai genitori: infatti ritengono che i docenti sono poco informati su questo tema e quindi sarebbero necessarie alcune ore di formazione per sapere quali sono gli elementi caratteristici per individuarli, evitando così di causare un disagio scolastico ai bambini e per sapere quale strategia didattica adottare. L’approccio didattico maggiormente esposto è la differenziazione, cioè si fanno richieste diverse al bambino API rispetto al resto della classe, che possono essere legate alle discipline, ad attività extra, ecc.. Inoltre emerge chiaramente che il docente deve essere in grado di motivare e stimolare l’allievo nell’accrescere la propria voglia di sapere: questo è

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