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7. Allegati

7.11. Allegato 11: intervista genitori A.9

1. Quando vi siete accorti che vostro figlio ha un alto potenziale intellettivo? E da cosa l’avete capito?

Praticamente l’ha scoperto e l’ha notato la maestra dell’asilo, già durante il primo anno di asilo. Per noi era un bambino normalissimo anche perché non avevamo altri confronti con bambini della stessa età. È vero che ogni tanto ci stupivamo di come parlava e che riusciva a captare delle cose nuove, specialmente sugli animali e sulle cose legate all’ambito biologico. Conosceva perfettamente il nome degli animali, non solo il cane e il gatto, ma l’ornitorinco. È anche vero che il papà è biologo e forse ha avuto un’influenza in questo suo interesse. Però sapeva molte cose che portava poi all’asilo e impressionava tutti. Poi quello che lui aveva era il disegno, disegnava molto ma molto bene.

La maestra dell’asilo aveva notato in A.9 un atteggiamento agitato ma anche molto attento in determinati ambiti.

2. A quale età è stato definito che suo figlio aveva (e ha) un alto potenziale intellettivo?

La maestra della prima elementare aveva già avuto, mi sembra, un’esperienza o due e quindi lei ha riconosciuto in A.9 delle caratteristiche tipiche di bambini ad alto potenziale cognitivo e ci ha chiesto il permesso di fare il test perché voleva aiutarlo. Così abbiamo acconsentito in modo da poter aiutare il bambino.

Il test è stato preso a carico dalla scuola con il signor Cortesi e poi ci avevano chiamato a scuola per darci il risultato.

3. Come ha/hanno individuato questa dotazione in suo figlio? Vedi domande 1 e 2

4. Quali difficoltà avete dovuto affrontare?

Il bambino era molto attento ma anche molto agitato: quando trovava l’amico con gli stessi interessi la cosa funzionava e andava bene, ma il problema era quando non riusciva a relazionarsi bene non manifestava un buon comportamento (per esempio se si presentava la situazione spintonava i compagni), ma era il suo modo di comunicare. E questo chiaramente non è stato evidente all’asilo, perché il “sei stato bravo o non sei stato bravo” era sempre legato al comportamento e mai al suo rendimento. Questo è stato molto difficile

sia per me che per lui, che non era mai gratificato. E questo a lui ha causato tante difficoltà.

Adesso a scuola se c’è qualcuno che ha gli stessi interessi è più facile andare d’accordo altrimenti si adatta molto agli altri, per esempio il fatto di giocare a calcio è uno sport in cui lui non è tanto bravo, però pur di stare con i suoi amici è disposto a svolgere questo sport. Per esempio l’anno scorso ha fatto un torneo e era in porta e lui guardava dove andava una striscia di formiche e non era molto interessato alla partita, però tutti suoi amici erano lì con lui. Secondo me lui ha fatto un grande sforzo per adattarsi ai compagni visto che loro non si adattavano a lui. Un’altra difficoltà è legata alla visione che l’adulto ha su di lui, veniva spesso catalogato come “bambino agitato, e quindi da evitare”.

5. Come avete fatto a dimostrare che vostro figlio era veramente un “superdotato” e non che erano solo i genitori a vederlo come tale?

Per noi era “normale”, non ci siamo accorti. Ma come le dicevo prima è la scuola che si è accorta.

6. Voi come avete affrontato questa situazione? Chi vi ha aiutato ad affrontare tutto questo? No, non c’è stato detto nulla su cosa è meglio fare o non fare. La fortuna è che andando a scuola il maestro di sostegno ha anche lui due figli così e quindi abbiamo potuto parlare con lui. In due o tre colloqui abbiamo potuto confrontarci. E poi siamo andati noi dalla dottoressa Zanda, per vedere se si poteva fare qualcosa in più per aiutarlo. Ma non abbiamo ricevuto nessuna direttiva su come è meglio agire. Immagino che si deve alimentare questa voglia di sapere sempre di più, ma per il resto è normale; deve essere normale.

7. A quali strutture vi siete rivolti?

Una volta che abbiamo avuto il risultato del test sono rimasta un attimo spiazzata perché non me l’aspettavo. Nessuno però poi mi ha detto dove andare e cosa fare. Quindi se l’esaminatore non mi dice nulla secondo me voleva dire che sapevo qualcosa di più del bambino ma non che dovevo agire in un determinato modo. L’unica cosa che hanno deciso di introdurre, visto che a scuola era un po’ distratto e si annoiava, era il sostegno in matematica, italiano; in modo che lui potesse apprendere già bene la base in queste materie. Effettivamente non ha mai avuto problemi.

Noi adesso quello che stiamo facendo è fargli fare degli sport in cui deve concentrarsi maggiormente, come la scherma o lo scacchi. Perché una sua difficoltà è quella di essere molto impaziente e allora abbiamo deciso di fargli fare questi sport, che a lui piacciono. Quindi noi stiamo cercando di lavorare un po’ sull’attenzione e sulla concentrazione. 8. Come ha agito la scuola? Come è intervenuta per soddisfare le esigenze di suo figlio?

A scuola dell’infanzia quando era stata notata questa sua capacità la docente è stata più critica che d’aiuto. È vero che la maestra dell’asilo ha 20 bambini e uno in più, che è agitato, da fastidio e quindi non è evidente agire e aiutarlo. Però noi ci siamo sentiti in colpa e ci siamo detti che “era un nostro problema”. Poi devo anche ringraziare la maestra di prima elementare che veramente ha notato e ha fatto un bel lavoro su di lui, è stata molto paziente, e ci ha aiutato parlando. Poi c’è chi è più paziente e chi meno, chi scambia quello che fa per presa in giro, ma secondo me, lui adotta un atteggiamento per mantenersi gli amici, infatti ho parlato anche con la maestra di ginnastica che mi ha chiesto se lui fa apposta a non capire, a fare lo stupidello per far ridere gli amici e io credo di sì. Perché se gli amici ridono, vuol dire che lui è simpatico, che è accettato e fa parte del gruppo. Ecco lui adotta questi sistemi per avere gli amici e pur di averli perde la sua immagine, non ha ancora capito che come è lui funziona, va bene. Ma è più importante conquistare gli amici, questo è anche normale visto che ha 9 anni. Quindi è un discorso molto lungo e difficile con lui che riprendiamo ogni tanto.

9. Secondo voi la scuola come avrebbe dovuto affrontare questi problemi? Nel suo caso come è stata affrontata la situazione di suo/a figlio/a?

Io trovo che la scuola sia poco informata su questo problema e su questa casistica. Perché ad eccezione della maestra di prima e il docente di sostegno gli altri non erano molto informati. In più trovo che non ci sia un grande passaggio di informazioni tra i maestri, per esempio settimana scorsa ho fatto il colloquio con la docente di ginnastica che non sapeva nulla.

La scuola è poco pronta. Magari viene visto in altra maniera se il bambino superdotato eccelle in tutte le materie, cioè in questo caso diventa chiaro che si tratta di un superdotato e quindi viene fatto qualcosa in più perché è molto bravo. Però un QI superiore non vuol dire andare bene in tutte le materie, purtroppo. Perché magari uno è intellettualmente e mentalmente grande, come è il caso di mio figlio, e invece emotivamente e affettivamente no. Quindi c’è un disequilibrio tra le due parti e questo è difficile da dimostrare.

10. Spesso quando si parla di scuola si pensa solamente ai bambini che hanno delle difficoltà, tralasciando gli allievi “bravi”. Secondo voi il docente è in grado di soddisfare le esigenze di vostro figlio.

Non saprei. Vedo che le classi hanno 20, 22 bambini. E un ragazzo così prende molto tempo e energie, per esempio la maestra mi dice che deve quasi metterlo vicino di banco e deve controllarlo quasi costantemente. A lui non è abbastanza dargli una consegna, perché gliela dici ma lui sta già pensando a altro e poi non capisce effettivamente quello che deve fare. Però poi chiaramente non si possono isolare, ma devono pur rimanere in un contesto giusto. Non so, anche a livello di preparazione e di conoscenze da parte dei docenti non so fino a che punto sono a conoscenza di cosa vuol dire avere un QI superiore: forse farebbe bene una qualche ora di informazione visto che è una caratteristica dei bambini.

11. Ho letto molti libri e articoli in cui si sostiene che i bambini ad alto potenziale intellettivo hanno anche dei problemi di socializzazione con i coetanei. È stato il caso anche di vostro figlio?

Adesso riesce a entrare in relazione con gli altri. Ha la sua compagnia, anche di bambini poco più grandi che abitano qui vicino. E vedo anche un cambiamento d’atteggiamento da parte dei genitori. Anche lui si impegna a essere più tranquillo.

Lui ha sempre avuto degli amici anche perché è simpatico. Penso che il problema, soprattutto all’asilo, se lo faceva di più l’adulto, il genitore: “è un bambino agitato e quindi è meglio che te non sei suo amico”. È un po’ il genitore, che non conoscendo naturalmente la cosa, influisce sulla scelta degli amici. Infatti c’è stato un episodio che non mi dimenticherò mai, eravamo al parco giochi al lago con un’amica e i suoi figli. I bambini stavano giocando vicino alle altalene. A un certo punto si avvicina una mamma, dottoressa. Io dalla panchina ho visto che i bambini stavano giocando e poi si sono scambiati delle parole, non so cosa. E questa mamma che arriva di corsa, non so neanche se ha sentito cosa si sono detti, e ha preso i suoi bambini e li ha trascinati via passando davanti a me. Io allora mi sono alzata chiedendo se ci fosse qualcosa che non andasse e lei mi ha risposto “no no, è meglio che me ne vado perché con questo bambino, con la reputazione che ha, è meglio se me ne vado”, e poi se ne è andata. Poi ho chiesto a mio figlio cosa fosse successo e lui mi ha risposto dicendo che aveva detto “cacca e pipì”, ma aveva tre o quattro anni. Il giorno dopo sono andata a cercare la mamma e poi si è scusata dicendo che aveva mal di testa. Però ci sono sempre delle scuse. Ecco, secondo me, è più l’adulto che non è a

conoscenza e non accetta il “diverso”. Io ho dunque trovato più problemi con gli adulti che con i bambini.

12. Suo figlio ha avuto anche dei “problemi” comportamentali? Cioè eseguiva delle azioni non molto consuete in un bambino della sua età?

Ma se devo pensare lui ha sempre cercato delle sicurezze. Per esempio quando saluta il papà alla mattina, prima lo saluta qui (in cucina), poi quando lui esce dalla porta lascia la colazione e lo rincorre per risalutarlo e ripete tutto per filo e per segno. Questo capita ogni mattina. Ha delle manie che gli danno sicurezza come i saluti lunghi. Ha anche delle abitudini come quando mangia una determinata cosa deve dire la stessa frase ogni volta. Per esempio mi ricordo che, era piccolo ma parlava molto bene, stavamo andando a trovare mia mamma che abita a Bellinzona e davanti avevo mia figlia, che è più grande (hanno 10 anni di differenza). E lui dietro ha iniziato una storia: dove stiamo andando? “Stiamo andando dalla nonna lo sai”. E andava avanti così per venti volte, ti portava all’esasperazione e ogni volta arrivava allo stesso punto, quasi a Riazzino, e finiva quasi allo stesso punto. Sembrava come se lui avesse calcolato che in quel pezzo di strada doveva entrare questa storia. Ed è una cosa assurda, eppure lo faceva una volta a settimana quando andavamo dalla nonna. Non so se fa parte di questo, però sì aveva delle azioni ripetitive.