7. Allegati
7.13. Allegato 13: intervista genitori B.9
1. Quando vi siete accorti che vostro figlio ha un alto potenziale intellettivo? E da cosa l’avete capito?
Allora: devo precisare che B.9 è la seconda delle nostre figlie. Prima di lei ci siamo accorti della plusdotazione di D., la maggiore. Che D. avesse dei problemi a scuola l’abbiamo visto subito dalla prima elementare, senza però potercene fare una ragione. Quando passò in seconda elementare, alla nuova docente venne il sospetto che i problemi manifestati da D. potessero essere ricondotti a una sua netta precocità a livello intellettuale (plusdotazione) rispetto ai compagni. Non so in base a quali criteri arrivò a questo sospetto, perché sia io sia mia moglie non sapevamo nulla al riguardo. Ci ha chiesto se eravamo d’accordo che venisse sottoposta a un test specifico, cosa che è stata fatta con il nostro consenso dal Servizio di sostegno pedagogico (nella persona del suo responsabile locale, lo psicologo Gabriele Medolago). Il risultato del test provò inequivocabilmente la sua plusdotazione. In questo caso si suggerisce ai genitori, qualora fossero presenti in famiglia fratelli e sorelle, di sottoporre anche loro allo stesso test perché succede spesso che altri siano nelle stesse condizioni. B.9 andava ancora all’asilo (era una “media”) e così è stata sottoposta pure lei a un test dallo stesso Sostegno pedagogico (Medolago) e il risultato è stato identico all’altra sorella. Ambedue 141 di Q.I.
Quindi l’abbiamo scoperto così, nel suo caso. Anche se avevamo chiaramente dei segni, cioè dopo aver scoperto il caso della prima abbiamo tracciato subito dei paralleli con la sorella e abbiamo visto che c’erano delle similitudini, e altri aspetti molto diversi una dall’altra, che però portavano a credere potesse essere una bambina un po’ particolare. Per esempio B.9 aveva 3 anni, forse meno, quando iniziò a scrivere le prime lettere e quindi a comporre il suo nome. Lo scriveva normalmente e poi lo riproduceva identico (anche nelle sbavature e nelle particolarità della sua scrittura infantile, lettera dopo lettera) “a specchio” sulla parte opposta del foglio. In seguito questo accadeva poi anche per delle frasi intere. La cosa era abbastanza impressionante. Faceva anche dei disegni a specchio. Poneva spesso anche domande sorprendenti per la sua età. Una volta (aveva da poco compiuto 4 anni) passeggiavamo nel bosco e improvvisamente mi chiede: ”papà, che cos’è la simmetria?”. Domanda che non poteva essere più appropriata vista la sua insistenza nell’operare istintivamente in quella direzione... La nostra sorpresa era però anche legata al fatto che nessuno di noi aveva mai pronunciato quella parola dinanzi a lei, neppure per commentare i suoi scarabocchi.
2. A quale età è stato definito che suo figlio aveva (e ha) un alto potenziale intellettivo? Vedi domanda 1
3. Come ha/hanno individuato questa dotazione in suo figlio? Vedi domanda 1
4. Quali difficoltà avete dovuto affrontare?
Nel caso del bambino plusdotato, l’abbiamo notato con le nostre due ragazze, ci sono delle diversità anche radicali e opposte. Con la prima, con D., abbiamo avuto dei grossissimi problemi a livello scolastico. Non per quando riguarda lo studio o il rendimento in sé. Anche perché fino alla fine delle elementari questi bambini non devono studiare o dedicarsi in modo particolare per apprendere qualcosa, ma assorbono come spugne e tutto funziona benissimo. Grossi problemi invece a livello di relazione con i compagni e forse ancora di più con i docenti. Di rimando, spesso, anche con alcuni genitori dei loro compagni che più o meno inconsciamente rifiutavano questa “diversità”. Quindi bambini “problematici” da questo punto di vista. Non per colpa loro, evidentemente. Era l’incomprensione e l’ostilità regolarmente manifestata nei loro confronti a suscitare e a incrementare certi comportamenti, frutto di un indubbio stato di sofferenza che con il senno di poi non può essere accettato da parte della scuola. Tanto più che l’ostilità continuava a manifestarsi con la stessa intensità anche quando si era chiarita oggettivamente la situazione. L’ignoranza della problematica è radicata nei docenti e da loro spesso respinta con stupidi luoghi comuni (nel caso di D. nonostante la presenza di un ispettore - il prof. Gianpiero Bianchi - sensibile alla problematica, consapevole e propositivo verso i docenti).
Nel caso di B.9, invece, tutto è andato molto più tranquillamente. Forse anche perché i docenti, dopo il confronto con D., dinanzi alla sorella hanno ritenuto di dover reagire in modo diverso. Non so se per rassegnazione o perché meglio informati. È però un fatto che comunque B.9 ha di suo un carattere più conciliante. Pure essendo andata bene nei primi due anni (dall’asilo è entrata direttamente in seconda elementare, con un salto di classe), in quarta e quinta ha avuto un docente straordinario, estremamente aperto e creativo con i bambini, per cui non si è posto nessun problema a livello scolastico come non si è mai posto
nessun problema nel suo rapporto con i compagni e nella dinamica interna alla classe, anche perché è un aspetto che il docente ha curato molto sin dall’inizio.
5. Come avete fatto a dimostrare che vostro figlio era veramente un “superdotato” e non che erano solo i genitori a vederlo come tale?
Vedi domande 1 e 4
6. Voi come avete affrontato questa situazione? Chi vi ha aiutato ad affrontare tutto questo? All’inizio nessuno, se non la persona di riferimento all’interno del sostegno pedagogico, cioè dello psicologo Gabriele Medolago, che in parte ci ha spiegato un po’ come stavano le cose. Poi ci siamo documentati. Ecco, direi soprattutto che mi sono documentato, ho cercato della letteratura sull’argomento e mi sono inoltrato sempre più a fondo nella problematica in tutta la sua complessità. Esiste parecchia letteratura che qui non si conosce, ma in inglese, in francese e in tedesco esiste parecchio materiale. Se lo si vuole fare, non è difficile reperire i testi di riferimento e la ricerche più avanzate, comprese quelle attinenti alle neuroscienze applicate alla cognizione, all’apprendimento.
Poi ho avuto la fortuna di conoscere lo psicologo che lavora all’interno di un Servizio di sostegno pedagogico del DECS nel Locarnese, Giovanni Galli, con il quale sono diventato amico e con il quale ho avuto molto spesso modo di discutere di queste cose.
In Ticino è forse colui che meglio ha approfondito con convinzione l’argomento, anche per essere lui stesso personalmente toccato dalla problematica.
7. A quali strutture vi siete rivolti?
Come detto ci siamo inizialmente rivolti al Servizio di sostegno pedagogico.
In un secondo tempo abbiamo conosciuto degli esperti cechi (mia moglie è originaria della Rep. Ceca), che a Praga e in altre città della Cechia hanno istituito delle scuole per plusdotati, o hanno creato delle classi a loro dedicate all’interno di alcune scuole pubbliche, sperimentando una pedagogia e una didattica che meglio rispondesse alle esigenze di questi ragazzi. Con notevole successo, come abbiamo potuto verificare in prima persona. Le nostre figlie, parlando il ceco, hanno potuto beneficiare di campus estivi da loro organizzati e nei quali si svolgevano delle attività prevalentemente ludiche, ma tutte
rivolte a soddisfare la loro immensa curiosità e le propensioni di ciascuno. Durante quei campus, ai quali potevano partecipare anche i genitori, specialisti e psicologi esperti della materia erano quotidianamente a disposizione dei genitori per consultazioni e discussioni.
8. Come ha agito la scuola? Come è intervenuta per soddisfare le esigenze di suo figlio?
La scuola in sé ha fatto ben poco. L’istituzione scolastica si è mossa concedendo quello che poteva, non di più: un salto di classe. Non senza grandi difficoltà da parte nostra, non senza lunghe lettere raccomandate inviate al DECS. E nonostante l’appoggio dichiaratamente esplicito dell’Ispettore scolastico e del responsabile del Servizio pedagogico che aveva avuto a che fare con nostra figlia.
Perché appariva chiaro che nel caso della figlia maggiore la situazione non poteva più continuare così come si era prospettata nei primi anni e bisognava trovare una soluzione. Qui l’unica soluzione possibile era il salto di classe. Quindi in quarta elementare, dopo essere stata sottoposta una seconda volta al test (su esplicita richiesta del dipartimento) il Consiglio di Stato ha poi accettato il salto di classe in prima media. Lì avrebbe dovuto essere seguita dal servizio di sostegno pedagogico delle medie, ma così no è stato e di problemi ne ha avuti parecchi. Il servizio di sostegno pedagogico delle medie è stato totalmente (e scandalosamente) assente. Non ha mosso un dito, nonostante avessimo dei grossi problemi. Per nostra fortuna abbiamo avuto un grande aiuto dalla docente di classe che con molta umiltà, scoprendo la problematica solo a contatto con mia figlia, si è assunta le proprie responsabilità e ci ha accompagnati con molta partecipazione durante i quattro anni di scuola. Si è adeguatamente informata a ha dedicato anche molta attenzione ai rapporti (a volte conflittuali) della ragazza con altri docenti. Sì, siamo stati aiutati, però è stato un aiuto individuale per la scelta personale di una docente esemplare.
Con la sorella B.9 stessa cosa: per evitare un salto di classe avevamo richiesto di anticipare l’entrata alle elementari. L’abbiamo chiesto quando lei aveva 5 anni chiedendo di anticipare la sua entrata in prima elementare. Possibilità negata perché la legge vieta che vi si acceda prima del compimento del sesto anno di età. Quindi abbiamo aspettato un anno e ancora una volta grazie all’Ispettore Bianchi e a Gabriele Medolago è poi stato possibile farla accedere, dall’ultimo anno della scuola materna, direttamente alla seconda classe elementare.
Potrei dilungarmi, e parecchio, sui benefici di questi salti di classe, che porta questi ragazzi almeno a confrontarsi con argomenti per loro un po’ più stimolanti perché più consoni alla loro precocità intellettuale. Per confutare ogni dubbio mi basterà dire che B.9 dopo un mese di scuola era già la più brillante della sua classe. E il suo è stato un approccio alla scuola molto sereno e divertito, come lo è ancora tutt’oggi, dopo quattro anni, a ridosso della conclusione del suo iter scolastico elementare.
9. Secondo voi la scuola come avrebbe dovuto affrontare questi problemi? Nel suo caso come è stata affrontata la situazione di suo/a figlio/a?
È molto difficile da parte di un genitore rispondere. Mi rendo conto che la faccenda è molto complessa e non sono in grado di dire io cosa deve fare la scuola. Intanto però deve prestare attenzione, accettare la problematica e affrontarla seriamente. Ci sono delle esperienze pilota in giro per il mondo. Si ritiene che una soluzione potrebbe essere una scuola a livelli e là dov’ è stata sperimentata sono arrivati alla conclusione che questa impostazione torna molto utile anche ai normodotati, i quali hanno dimostrato di trarne grande beneficio. In Francia, per esempio , hanno fatto un’esperienza con classi sperimentali a livelli e a un certo momento hanno deciso di mescolare normodotati e plusdotati all’interno delle stesse classi constatando che c’era un notevole progresso a livello di apprendimento anche da parte dei normodotati. Cosa in fondo ovvia, considerando che anche fra i cosiddetti normodotati c’è un’amplissima gamma di intelligenze. A livelli vuol dire suddividere i ragazzi fra le materie, non i ragazzi per classe,. Considerando propensione e rendimento individuale in ciascuna materia: se uno è bravo in matematica, e progredisce più in fretta che in italiano o in altre materie, avrà accesso a un livello superiore in questa materia. Questo deve valere per ogni singola materia. Quindi se uno ha grandi doti in matematica non passerà i suoi 5-10 anni ad annoiarsi a rimorchio dei compagni più lenti, ma andrà avanti molto rapidamente e affronterà problematiche molto più complesse molto prima degli altri. E questo, ripeto, per ogni materia e per tutti i ragazzi. Pare comunque che in questa direzione vada in ogni modo cercata una soluzione per i ragazzi plusdotati. Non c’è altra soluzione che adeguare l’insegnamento alla loro fame di sapere.
Una scuola come la conosciamo non fa per loro, come d’altronde non asseconda neppure le esigenze degli altri. È una scuola nella quale ad ogni classe deve corrispondere un preciso
numero di scarpe. Seconda media? Scarpa numero 36. Che tu sia maschio o tu sia femmina, che tu sia alto un metro e ottanta o un metro e 20.
10. Spesso quando si parla di scuola si pensa solamente ai bambini che hanno delle difficoltà, tralasciando gli allievi “bravi”. Secondo voi il docente è in grado di soddisfare le esigenze di vostro figlio.
Non tutti, adesso io ho i due casi. Nel caso di mia figlia maggiore D. assolutamente no. Per quanto l’ispettore abbia cercato di dare ai vari docenti delle dritte perché lavorassero con la ragazza in un determinato modo piuttosto che in un altro. Direi che non ha portato a nessun risultato, per quanto buone fossero le intenzioni dell’Ispettore.
Nel caso della seconda figlia, B.9, nei primi due anni posso dire la stessa cosa, anche se grazie al salto di classe e al suo carattere più dolce, si sono evitati molti problemi. Negli ultimi due anni, con il docente che fortunatamente si ritrova, le cose sono andate differentemente. Non tanto perché il docente ha affrontato questi due anni avendo presente la problematica di mia figlia, ma perché è un docente creativo, aperto, attento alle caratteristiche (ai pregi come ai difetti) di ogni suo allievo. Insomma, un docente abbastanza straordinario, come ce ne sono pochi(ssimi). Avendo a cuore ciascuno dei suoi allievi, naturalmente B.9 ne ha beneficiato come tutti i suoi compagni. Vedremo cosa succederà a breve, quando B.9 entrerà alle medie.
11. Ho letto molti libri e articoli in cui si sostiene che i bambini ad alto potenziale intellettivo hanno anche dei problemi di socializzazione con i coetanei. È stato il caso anche di vostro figlio?
La letteratura dice questo, però non dice che è così, dice che può essere così. Infatti nel caso della maggiore è effettivamente stato così, e direi che ha avuto questi problemi fino a un anno e mezzo fa. Adesso ha 15 anni. Fino a 13-14 anni li ha avuti e tosti: ha sempre dovuto lottare per conquistarsi il rapporto con gli amici perché è una persona estremamente reattiva e decisa, che non si lascia sottomettere da nessuno. Per cui se ritiene di aver subito un torto da parte di un compagno o di un docente non ha peli sulla lingua, per cui ci sono reazioni con cui fare i conti.
Invece con B.9 no, si è ben adattata. Anche se ha una connotazione (l’ho notato quando gioca con le compagne) un po’ leaderistica, non è che le domina, ma è sempre quella che ha
le idee in chiaro, è tendenzialmente lei che decide quello che si fa, è insomma lei quella che trascina. Ma sempre è ben accetta dagli altri. Al punto che io temevo si potesse proporre con lei la problematica opposta a quella di D., cioè l’iperadattamento, il camuffamento: quel comportamento che ti porta a nascondere le tue qualità per farti accettare dall’altro. Che è una castrazione, in sostanza, e che è non meno pericolosa dell’iperattiva e dell’aggressiva. Non mi sembra, comunque, anche se è ancora piccola per trarre delle conclusioni. Bisognerà aspettare quando entrerà nell’adolescenza, quando andrà alle medie, perché lei ha comunque un anno in meno rispetto agli altri, e come ho notato con D. per i ragazzi di quella fascia l’ età sembra essere la cosa più importante per definire gruppi e gerarchie.
12. Suo figlio ha avuto anche dei “problemi” comportamentali? Cioè eseguiva delle azioni non molto consuete in un bambino della sua età?
No, non ha avuto nessun problema di questo tipo.
Posso però dire che ambedue hanno cominciato a camminare un po’ prima degli altri (prima del compimento di un anno di età). D. a 18 mesi si arrampicava come una scimmia sull’ombrellone, scalava muretti anche alti 2 o 3 metri, roba così.
Posso dire che in generale avevano una motricità e un coordinamento superiore ai bambini della loro stessa età. Tutto questo lo notavamo, naturalmente, senza pensare a una loro qualsiasi plusdotazione, ci mancherebbe. Anche se più tardi , a ragion veduta, siamo tornati a rievocare molti di questi episodi.
13. Chi ha proposto il salto di una classe? Vedi domanda 8
L’abbiamo richiesto noi, anzi per noi era diventata un’esigenza imprescindibile, per come si erano messe le cose. Quindi l’abbiamo preteso, più che proposto. Se c’è stato è solo a seguito delle nostre reiterate richieste.
Abbiamo letto molta letteratura sull’argomento, abbiamo individuato quali potessero essere le soluzioni, abbiamo poi cercato di vedere quelle che potevano essere adottabili nel nostro sistema scolastico. Poi ne abbiamo parlato con l’ispettore Bianchi, che adesso è in pensione, e si è dimostrata una persona molto aperta e disponibile a ragionare sulle cose.
Con lui abbiamo valutato la possibilità di fare un salto di classe visto che è l’unica soluzione (palliativa) qui da noi. Da parte dell’ispettore c’era comunque qualche timore, o qualche riserva, proprio riguardo alle reazioni che avrebbero potuto esserci da parte dei docenti. Per esempio a proposito di D. e del suo salto di classe quarta elementare / prima media, ha fatto presente che alle scuole medie di Agno ci sono dei “vecchi” docenti dell’ex ginnasio che hanno una visione un po’ particolare delle cose e che avrebbero anche potuto non accettare di buon occhio l’arrivo di una ragazza con un anno di anticipo. E quindi mettere alla prova il “genietto” stangandola non appena possibile. Oppure prenderla in giro qualora avesse dimostrato una qualche debolezza. Lui aveva di questi timori. Noi però ci siamo impuntati, decidendo di correre il rischio. Quindi DECS, richiesta ufficiale, accettazione. Stessa cosa con B.9, visto anche il risultato positivo di questo passaggio alle medie di D, almeno dal punto di vista dell’apprendimento e considerata, tutto sommato, la buona accettazione da parte dei suoi docenti.
La piccola, B.9, pur vivendo l’esperienza con D. e sapendo che era plusdotata anche lei, non l’abbiamo mai messa a scrivere e leggere prima del tempo, perché reputiamo che ci sia un’età per tutto e in più ci si chiedeva cosa sarebbe successo una volta entrata a scuola. Infatti dopo un mese di scuola lei era la più brava della classe, leggeva, faceva di calcolo, scriveva, cioè tutto quello che si può fare all’inizio della seconda lei lo faceva meglio degli altri pur essendo andata all’asilo fino a pochi mesi prima.
14. Come si trova vostro figlio in questa nuova situazione? Vedi domanda 10
B.9. era felicissima di essersi trovata subito in seconda classe.
Un altro aspetto di questi bambini è che tendono a creare rapporti privilegiati con quelli più grandi di loro perché si sentono meglio, perché intellettualmente li sentono più vicini. Gli altri, quelli della loro età, sono più “bambocci”. Allora lei, all’asilo, era sempre con quelli più grandi e quando è diventata una media si è legata molto con i grandi. E quando questi sono andati a scuola lei ha avuto due o tre settimane di crisi perché le sue compagnie più intime, più care, andavano a scuola. Dunque, quando anche lei è andata a scuola, era felicissima perché entrando in seconda e ha ritrovato tutte le sue vecchie, adorate amiche.
Altro:
È una problematica interessante: se un bambino suona bene il piano o se Lara Gut va bene su gli sci, siamo tutti pronti ad applaudire e a capire che hanno un talento speciale. Anche lì è plusdotazione, e dipende solo da come si manifesta. Ma quando uno manifesta questo talento a livello intellettuale lo si nega, non lo si vuole riconoscere, se possibile lo si mortifica. Se un ragazzo ti risolve dei problemi complicatissimi, dei teoremi, perché non capire che va aiutato? Perché non capire che va stimolato? Che va sostenuto in questo suo talento invece di mortificarlo?
A Praga ci sono 7 classi statali in cui si sperimentano delle strategie didattiche e pedagogiche, è da anni che stanno facendo queste sperimentazioni e hanno dei grossi risultati. Però la scuola è prevalentemente a livelli e le cose sono facilitate perché è possibile che un bambino di 8 anni segua il programma liceale di matematica, poniamo, mentre in altre discipline è a un livello più basso. Qui da noi è solo possibile rimediare con un salto di classe, che è un piccolo palliativo. Il salto di classe è accettato per un solo anno, e sono d’accordo perché vuol dire comunque convivere con ragazzi più grandi, e se il