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L'Attica in età Micenea: una rassegna dei siti

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI PISA

Dipartimento di Civiltà e forme del Sapere

TESI DI LAUREA SPECIALISTICA IN ARCHEOLOGIA

La presenza Micenea in Attica:

una rassegna dei siti

Candidato Relatore

Gennaro Schiano di Cola Prof. Mario Domenico Benzi

Correlatore

Prof. Giampaolo Graziadio

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Acquerello di Piet de Jong di un coperchio di una pisside in avorio con raffigurazioni di grifoni che attaccano cervi. Langenbucher 2007, p. 89, fig. 91a.

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Acquerello di Piet de Jong di una pisside in avorio con raffigurazioni di grifoni che attaccano cervi. Langenbucher 2007, p. 89, fig. 91c.

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D’una spada, d’un arco e d’un turcasso Ad Ulisse fe’ dono, e su la testa Un morion gli pose aspro di pelle, Da molte lasse nell’interno tutto Saldamente frenato, e nel di fuore Di bianchissimi denti rivestito Di zannuto cinghial, tutti in ghirlanda Con vago l’avorío disposti e folti. Grosso feltro il cucuzzolo guarnía. L’avea furato in Eleona un giorno Autolico ad Amíntore d’Ormeno, Della casa rompendo i saldi muri; Quindi il ladro in Scandea diello al Citério Amfidamante; Amfidamante a Molo Ospital donamento, e questi poscia Al figlio Merïon, che su la fronte Alfin lo pose dell’astuto Ulisse.

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Indice

1 Ringraziamenti .... p. 1

2 Summary .... p. 3

3 Storia degli Studi .... p. 4

4 Cenni Geografici .... p. 6 5 Gazzeter 5.1 Megaride ed Eleusi .... p. 9 Megara Palaiokastro Eleusi Skaramanga Chasia 5.2 Atene .... p. 17 Atene Pireo Decelea Menidi Nemesis Koukouvaones Kaisariani Hymettos Trachones 5.3 Costa Occidentale .... p. 46 Palaion Phaleron Kalamaki Agios Kosmas Prynari Voula Vouliagmeni Varkiza 5.4 Mesogea .... p. 57 Kiapha Thiti Koropi Karelia Glyka Nera Charvati Pikermi Ligori Merenda Kopreza

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Keratea Spata 5.5 Laureotide .... p. 66 Thorikos Grotta Kitsos Capo Sounion 5.6 Costa Orientale .... p. 72 Rafina Askitario Velanidetsa Brauron Nisos Rafti Perati Kaki Thalassa Maratona Ninoi Aphidna Skala Oropou Agios Anargiroi 6 Implicazioni Storiche .... p. 84 7 Bibliografia .... p. 95 8 Tavole .... p. 106

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Abbreviazioni

a.C. = avanti Cristo AE = Antico Elladico ca = circa fig = figura FM = Furumark motivo FS = Furumark forma h = altezza km = chilometri m = metri ME = Medio Elladico s.l.m. = sul livello del mare tav. = tavola

TE = Tardo Elladico

AA = Archäologischer Anzeiger AAA = Athens Annals of Archeology AD = Αρχαιολογικον Δελτίον

AJA = American Journal of Archeology

Ath. Mitt = Mitteilungen des deutschen archäologischen Institits, athenische Abteilung. BCH = Bulletin de Correspondance Hellénique

BSA = Annual of the British School at Athens CVA = Corpus Vasorum Antiquorum

Jdl = Jahrbuch des deutschen archaiologischen Instituts

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- 1 -

Ringraziamenti

Tutto questo complesso lavoro di ricerca, iniziato nel 2010, non sarebbe stato possibile senza il contributo di un numero considerevole di persone conosciute nei diversi soggiorni ad Atene e Londra. Un ringraziamento particolare va a Salvatore Vitale che mi ha aiutato nel lavoro di stesura e di correzione, a lui inoltre ringrazio per l’aiuto nella creazione della tabella finale nel capitolo sulle Implicazioni Storiche. A “Penny” Wilson Zarganis, Philippa Waller, Amalia Kakissis e Sandra Pepelasis della British School in Athens va il mio profondo riconoscimento per l’aiuto nella ricerca bibliografica e nelle traduzioni dal Greco Moderno. Proprio a tale importante struttura di ricerca sono stato introdotto dal Prof. Matteo D’Acunto a cui, per questo, vanno i miei sentiti ringraziamenti. Le informazioni preliminari su Glyka Nera sono state fornite dalla Prof. Nagia Sgouritsa, che ho avuto come docente presso la Kapodistriako Panepistimio di Atene. Un prezioso contributo mi è stato offerto da Francesco Iacono, a cui più volte mi sono interpellato per comprendere quelle dinamiche interregionali che si sviluppano nel Tardo Bronzo. Santo Privitera e la Prof. Anna Lucia D’Agata sono state le persona che ad Atene e a Creta, mi hanno mostrato alcuni aspetti della civiltà Micenea in relazione a quella Minoica, a loro va il mio sentito ringraziamento per la comprensione di questi particolari fondamentali. Catherine Morgan e Robert Pitt mi hanno permesso di visionare materiale in Grecia, difficile da consultare senza il loro supporto. Durante l’esperienza lavorativa presso il British Museum ho avuto modo di visionare il materiale Miceneo nella collezione del museo, per questo ringrazio sentitamente Alexandra Villing e Andrew Shapland. Verso quest’ultimo va la mia riconoscenza anche per le numerose delucidazioni su alcuni aspetti religiosi della civiltà Minoica che ignoravo, fino ad allora.

Un importante contributo a livello teorico mi è stato dato da Massimiliano Grava per tutta la parte inerente alle mappe ed ai programmi GIS, necessari per la comprensione di un territorio tanto ampio e densamente occupato durante questo periodo. A Penelope Mountjoy e Colin Renfrew ringrazio per i preziosi consigli di carattere generale sull’archeologia in Grecia. A Rodney Fitzsimons ringrazio per le delucidazioni riguardanti gli aspetti architettonici e costruttivi, insieme a Plymouth Arbogast e Denitsa Nenova. Angelos Hadjikoumis è stato fondamentale per la comprensione dei reperti

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- 2 - fossili, Myrto Georgakopoulou invece mi ha aiutato a comprendere la complessa orografia dell’Attica.

Oltre che da esperte personalità tale lavoro è stato coadiuvato da colleghi di studi con formazioni diverse. Pasquale Valle e Giuseppe di Carlo, esperti in archeologia subacquea, più volte mi hanno aiutato nello studio dei siti costieri. Ringrazio anche Marilena Scuotto per le lunghe discussioni sui rapporti tra Italia Settentrionale e Grecia durante l’Età del Bronzo; Arianna Trecarichi per le attentissime osservazioni sulla ceramica; Renata Schiavo, Veronica Cirillo ed Alberto Giannese per i paragoni con l’Egitto ed il Vicino Oriente; Nicola Pagliaro per le fonti scritte come Omero, su cui più volte abbiamo dato un commento di tipo filologico-archeologico. Martha Dumas, Marco Alexandros Mourikis, Thanasis Karkanis, Iraklis, Raffaele Borreca e Stefano Scattorin mi hanno aiutato nel complesso lavoro di traduzione di testi dal Greco Moderno. Patricia Napper, Thomas Napper, Ray Hannaway, Giulio de Angelis e Fabio Sielo mi hanno aiutato nel iniziale lavoro di traduzione dal Inglese; Silvia Litterio invece mi ha coadiuvato nella traduzione dei testi dal Francese. Un paziente ed efficace supporto mi è stato dato da Matteo Caporal a cui ringrazio per il grafico cronologico nel capitolo conclusivo, realizzato con MathLab. Giulio Visco, invece, è stato protagonista nel video screen capture di google earth per il lavoro di presentazione digitale. A Salvatore Schiano di Cola ringrazio per l’aiuto con le tavole e le immagini, soprattutto nelle piante. Utili consigli mi sono stati dati da Rudy Pessina, per l’utilizzo delle varie tecniche fotografiche in relazione alle necessità archeologiche.

Tutto questo lavoro non sarebbe stato possibile senza il supporto logistico e tecnologico, durante gli ultimi mesi, di Adriano Cipolletta, Fabio de Rosa, Nunzia Gargiulo e Giovanni Benelli. Numerose persone si sono avvicendate, invece, nel paziente lavoro di rilettura e correzione, tra cui Simona la Monica, Mara del Vecchio, Rossano Piscopo, Ilaria Spampinato, Giorgio Occhipinti, Paolo de Cesare, Giuseppe Gerace, Vincenzo Di Stasio, Guido Adamo, Dario Esposito, Luna Salamanca; a loro vanno i miei sentiti ringraziamenti per la pazienza mostrata.

Il paziente lavoro di impaginazione è stato svolto da Pascale David e Massimo Bartolini. Per concludere va il mio sentito ringraziamento verso la mia famiglia, in particolare mia madre, a cui questo scritto è principalmente dedicato. Senza il loro costante e fondamentale supporto questa complesso lavoro non sarebbe stato possibile, a loro devo la passione per la ricerca nel passato delle risposte alle domande del presente.

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Summary

This work focuses on the many examples of the Mycenaean period in Attica. In addition to the well-known sites such as Athens, Thorikos, Perati, we give a general overview (within the limits of the bibliography), trying to refrain from unnecessary risky interpretations.

The text is organized into three main parts. The first is an introduction to the elucidation of some necessary notions concerning the geographical characteristics of Attica, and the studies that this region has revealed. The second, and more important , is a gazetteer of the 47 sites divided into 5 zones. Each site is located geographically on a detailed map, and is accompanied by a timeline. Finally, in the third part, we summarize the conclusions, giving a unified framework in the region for the 3 main periods : pre- palatial, palatial, post- palatial . The work is accompanied by a complete bibliography. It was an editorial choice to select the most important tables, given the amount of extensive material.

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Storia degli studi

La ceramica micenea proveniente dall'Attica fu studiata per la prima volta nel suo complesso da F. Stubbings1, fu poi ristudiata e aggiornato da M. Benzi2. A tali lavori che rappresentano la base per lo studio dell'Attica micenea si devono aggiungono le pubblicazioni per l’insediamento3 e la necropoli4 di Eleusi, gli studi su Thorikos 5, la pubblicazione per l’insediamento di Kiapha Thiti6 e l’esemplare pubblicazione sulla necropoli di Perati 7, che rappresenta una base per lo studio del TE IIIC. Proprio dallo studio del materiale proveniente da questa necropoli che Iakovides ha potuto distinguere tre fasi ceramiche corrispondenti al TE IIIC iniziale, medio e tardo. Sono da aggiungere le recenti scoperte da Glyka Nera8.

Per il sito più importante dell’Attica, Atene, ci sono stati numerosi studi. I materiali degli scavi del 1885-1890 sull’acropoli sono stati pubblicati da Graef9, quelli provenienti dall’Agora studiati da Immerwahr10 ed infine i materiali provenienti dalla città bassa pubblicati dalla Pantelidou11. Altre pubblicazioni importanti trattano dei materiali provenienti dai pozzi del pendio meridionale dell’Acropoli, dalla Fountain House e dalla North Slope Houses.

Ad essi sono da aggiungere una serie di lavori a più ampio raggio che hanno cercato di studiare gli aspetti regionali della Grecia continentale micenea, e l'Attica nel caso specifico. Gli esempi più noti sono la pubblicazione di R. Hope Simpson e O. T. P. K. Dickinson del 1979 “A Gazetteer of Aegean Civilization” e di P. Mountjoy del 1999 “ Regional Myceneaen Decorated Pottery”. Il primo dà una panoramica netta e concisa sull'attestazione del Tardo Bronzo in Grecia continentale, senza entrare troppo nel dettaglio; il secondo analizza tutta la ceramica decorata micenea per regioni. Il lavoro della Phialon è fondamentale per la comprensione delle dinamiche insediative in Grecia

1 Stubbings 1947 2 Benzi 1975 3 Kourouniotis 1932 4 Mylonas 1975 5 Mussche 1967, 1968, 1969, 1971, 1984, Laffineur 2010 6 Maran 1992 7 Iakovides 1969, 1970 8 Kakavogiannis 1999-2001 9 Graef 1909 10 Immerwahr 1971 11 Pantelidou 1975

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- 5 - Centrale12. Recentemente il completo lavoro di Privitera ci aiuta a dare un’ampia panoramica sull’Attica, utilizzando una bibliografia aggiornata e molto varia13

.

12 Phialon 2011 13 Privitera 2013

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- 6 -

Cenni geografici (Tav. 1-3)

L'Attica è una regione della Grecia centrale, che si estende sulla penisola prevalentemente montuosa tra il golfo di Saronico (a SO) e quello del Petalion (a E); confina ad O con la Corinzia, dalla quale è separata dall'istmo, e a N con la Beozia tramite i monti Kitharion (1409 m s.l.m.), Parnitha (1413 m s.l.m.) e Pendeli (1109 m s.l.m. ). Il rilievo dell'Hymettos (1026 m s.l.m) si sviluppa da N a S nella parte centrale della penisola separando la piana della Mesogaia dalla piana di Atene, quest'ultima attraversata dal fiume Kephisos. Ad O di quest'ultima, divisa dal monte Egaleo, si estende un'altra piccola piana nei pressi dell'insediamento di Eleusi. Di fronte a questo si trova l'isola di Salamina, in prevalenza montuosa, che con la sua forma allungata quasi chiude il piccolo golfo di Eleusi. Un'altra piana si estende ad O rispetto la piana di Eleusi, in cui sorge l'abitato di Megara14.

Il clima dell'Attica è diverso a seconda della distanza dal mare e dell'altitudine, la vegetazione spontanea dell'Attica è come quella di tutte le regioni costiere mediterranee. Quanto a risorse minerarie, l'Attica è nota per la grande quantità di cave di marmo; dal Pentelico è tuttora estratto e lavorato un marmo bianco invece dal Licabetto deriva un calcare assai utilizzato nelle costruzioni di case private, nell'antichità veniva estratto travertino dall’Imetto e calcari bluastri da Eleusi. La conformazione prevalentemente montuosa del territorio non impedisce l’attraversamento di questa regione, che risulta fondamentale nella comunicazione terrestre tra il Peloponneso e la Grecia centrale. La piana di Atene e quella della Mesogaia sono collegate tramite un itinerario tra l'Imetto e il Pendeli, mentre la piana di Eleusi è in comunicazione con l'area di Tebe attraverso un passaggio tra il Parnita e il Pendeli. Le comunicazioni marittime sono agevolate da numerosi punti d'approdo e rotte: una, attraverso Egina, si sviluppa verso il Peloponneso, ed un'altra verso le Cicladi tramite L'Eubea15. La regione oggi è prevalentemente occupata dalla città di Atene (3.475.000 ab. nel 2006) che alla costituzione dello Stato Greco (1834) contava appena 10.000 abitanti ma dopo la sua proclamazione a capitale della Grecia, imponenti lavori le conferirono aspetto monumentale, secondo uno schema urbanistico regolare, in cui spiccano edifici pubblici e grandi piazze. In seguito Atene si sviluppò sia verso N includendo il colle del

14 Goette 2003, pp. 353-354. 15 Mountjoy 1999, p. 486.

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- 7 - Licabetto, sia verso S dove essa è congiunta ormai al porto del Pireo. Il momento critico si ebbe nel 1923 quando con l’espulsione in massa dei Greci residenti nell’Asia Minore, vi si riversarono ad Atene circa 400.000 profughi16. Oggi, Atene, si sviluppa dai piedi del Parnita fino alla costa del Pireo, tale densità edilizia ha reso difficile le ricerche archeologiche in quest’area.

Al fine di rendere il lavoro di analisi dei siti micenei più organizzato, si è deciso di suddividerli per zone. Tali suddivisioni seguono dei criteri geografici, sono state individuate cinque zone; la Megaride ed Eleusi è la zona più occidentale dell’Attica che comprende l’area di Megara e la piana attorno ad Eleusi. La seconda zona è rappresentata da Atene, un’area che comprende gran parte dell’attuale area metropolitana della città moderna dal Pendeli al Pireo. La costa occidentale, invece, si estende proprio dal Pireo fino all’area di Varkiza e risulta essere una zona con numerose attestazioni per l’Età del Bronzo in uno spazio modesto. Ad oriente rispetto a quest’ultima, scavalcato l’Imetto, ci ritroviamo in Mesogea che risulta essere la nostra quarta zona; mentre a S ci ritroviamo la zona più meridionale costituita dalla Laureotide. Ritornando verso N seguendo la linea di costa abbiamo tutti quei siti che si affacciavano ad oriente che fanno parte della zona della Costa Orientale, che termina nella piana di Maratona e nelle aree a N di essa.

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- 8 -

Figura 1: la piana di Atene da sud-ovest (pressappoco da Egina). Google 2013.

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- 9 -

Megaride ed Eleusi (s. 1-5)

1 - Megara (Tav. 4)

34 Km. O Atene, 18 Km. O Eleusi, 36.7 km. E Corinto TE I - IIB

Il sito di Megara si trova in un punto strategico, sul confine tra Attica e Peloponneso, di fronte all’isola di Salamina e poco distante da Eleusi. I rinvenimenti più antichi appartengono al Tardo Bronzo, anche se la città assume una certa importanza solo nel periodo Arcaico, partecipando in maniera importante anche al fenomeno della colonizzazione (Megara Hyblea, Bisanzio). Tra le tracce appartenenti al Tardo Bronzo Dickinson cita materiale ceramico ed un muro ciclopico17. Uno dei pochi oggetti pubblicati è una tazza del tipo Vafiò (FS 224), conservata ora a Bonn, che presenta una decorazione con motivo a “racchette” (Hatched loop FM 63:1) nella parte superiore e linee ondulate (Wavy band FM 53) in quella inferiore18. Benzi attribuisce questo esemplare al TE I – IIB19, mentre Mountjoy, dato l’interno non rifinito lo attribuisce al TE IIA iniziale20.

2 - Palaiokastro

2 Km. S Megara, 18 Km. O Eleusi, 10 Km. N Kanakia TE IIIA1 – IIIB2

Il sito di Palaiokastro si trova su una collina nei pressi della costa, a sud di Megara, che presenta alla sommità rovine di un forte medievale. Il sito è stato identificato come

17 Dickinson 1979, p. 73.

18 CVA Deutschland 40, Bonn 2, tav. 25.1. 19 Benzi 1975, p. 37.

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- 10 - l’antica Minoa21. E’ stato ritrovato materiale ceramico appartenente principalmente al

periodo che va dal TE IIIA al IIIB22.

3 - Eleusi (Tav. 5-9)

18 Km. NE Atene, 18 Km. E Megara. TE I – TE IIIB2

Eleusi è uno dei siti archeologici più importanti del mondo antico. E’ ubicato in una piccola piana sul golfo omonimo di fronte all’isola di Salamina, a metà strada tra Atene e Megara. Gli scavi hanno portato alla luce testimonianze che vanno dall’ Antico Elladico fino alla Tarda Antichità; in periodo storico il sito ha assunto una gran importanza legata al culto di Demetra e ai Misteri Eleusini.

La prima indagine sistematica delle rovine di Eleusi venne condotta dalla Società Archeologica Greca tra la fine del diciannovesimo secolo e l’inizio del ventesimo; gli scavi continuarono fino alla fine degle anni ‘3023

sotto la direzione di Konstantinos Kourouniotes e di George Mylonas, che portarono alla luce sui pendii sud-orientali della collina una notevole quantità di resti dell’Età del Bronzo, incluso un edificio definito “megaron B” e considerato da Mylonas come uno dei primi templi dedicati a Demetra. I reperti di tali scavi furono talmente numerosi e in condizioni così frammentarie da rendere difficile una catalogazione dettagliata, essendo anche perduti i diari di scavo. Nel 1989 la Società Archeologica Greca chiese a M. B. Cosmopoulos di dirigere il Progetto Archeologico Eleusi, un programma interdisciplinare per lo studio di Eleusi nell’Età del Bronzo che si compone di due parti: lo studio dettagliato e la catalogazione dei primi ritrovamenti e la conduzione di nuovi scavi. Questo lavoro è confluito in diverse pubblicazioni24.

21 BSA XIX, p. 70.

22 PRAKTIKA (1934), p. 50.

23 Skias 1898, 1912; Mylonas 1932a, 1932b, 1936; Kourouniotes e Mylonas 1933.

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- 11 - Di un certo interesse è sicuramente la scoperta di un certo numeri di indizi che fa

pensare alla produzione di tintura ricavata da molluschi tra la fine del ME ed il TE I- II25.

L’insediamento

L’insediamento del Tardo Elladico si estendeva sull’acropoli. Le strutture più antiche dovevano essere ubicate presso la sommità e sul pendio sud della collina, mentre nella parte ad est è stato ritrovato il cosidetto “megaron B“ datato al TE II. Abitazioni del TE III sono presenti sul lato nord-est della collina, mentre tracce di una grande struttura sono state scoperte26 nei pressi della sommità associate con ceramica del TE IIIA2 e figurine fittili. La ricerca di testimonianze del Tardo Elladico fu particolarmente difficile in quest’area, dal momento che in età storica vi furono costruiti tutti gli edifici legati al culto di Demetra. Materiale del TE III è stato ritrovato27 nell’area di Kallichoron, e un pavimento del TE III al di sotto dei Piccoli Propilei28. E’ stata rinvenuta anche una giara a staffa con iscrizione assieme a ceramica datata al TE IIIB. Sul pendio sud-ovest dell’acropoli, nei pressi del museo epigrafico, dove Mylonas (1932-1936) scavò parte delle strutture insediative del Medio Elladico, nell’estate del 1994 e del 1995 furono effettuati nuovi scavi dalla Societa Archeologica Greca e l’Universita di Manitoba29

. Due trincee vennero aperte a nord rispetto a quelle di Mylonas. La prima ha restituito materiale databile dal ME al periodo Tardo Antico, tra cui un frammento di figurina fittile; la seconda, nei livelli più profondi, ha restituito materiale dal TE (con qualche frammento di periodo geometrico, classico e romano) con tracce continuative fino dall’ AE. I resti del TE non possono essere associati a delle strutture, ma si possono distinguere due fasi: TE I – TE IIIA1 e TE IIIA1- TE IIIB.

Megaron B

La funzione della struttura definita come megaron B ad Eleusi, è uno degli argomenti più dibattuti per questo sito. La prima precisazione che si deve e quella sul termine che 25 Phialon 2011, p. 15, n.p. 105. 26 Mountjoy 1999, p. 488, n.p. 22. 27 Mylonas 1961, p. 45. 28 Dickinson 1979, p. 203. 29 Cosmopoulos 1995b, p. 75.

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- 12 - viene utilizzato per definirla, megaron per l’appunto, che include al suo interno un

significato che si lega ad un edificio con una certa valenza cultuale30. Tale termine viene utilizzato per consuetudine anche se la ricerca nel corso degli anni ha effettuato notevoli sforzi per comprendere l’effettivo utilizzo di quest’edificio.

Sicuramente i dubbi sulla funzione di quest’edificio si devono sia alla pubblicazione sommaria dei dati sia per le prime interpretazione legate alla funzione religiosa del successivo Telesterion. Coloro che hanno messo in luce quest’edificio, lo hanno definito come un tempio miceneo di Demetra o un precoce Telesterion, Mylonas a supporto della sua tesi utilizza tre argomenti:

1. Introduzione del culto di Demetra nel periodo miceneo sulle base degli eventi narrati nei Marmor Parium e dell’inno Omerico di Demetra;

2. Continuità di ubicazione visto che il Telestioron venne costruito al di sopra del megaron B;

3. Caratteristiche architettoniche come il peribolo e l’alto podio.

Travlos31 sulle basi di un primo suggerimento di Nilsson32 suggerisce che oltre servire allo scopo religioso, il megaron B dovesse essere anche la residenza di un’importante famiglia di Eleusi. La funzione religiosa fu accettata dagli studiosi fino allo studio di Darcque33, il quale sostiene che non c’è continuità tra i depositi micenei e quelli arcaici, che gli eventi narrati nei Marmor Parium e dall’inno Omerico di Demetra non sono riconducibili al periodo miceneo e che dai ritrovamenti si evince una funzione residenziale piuttosto che a quella religiosa.

Cosmopoulos34 utilizzando i taccuini di scavo inediti è riuscito a portare nuova luce sulle problematiche legate a questa struttura. Secondo tale studioso, il "Megaron B" è una struttura rettangolare ubicata al di sotto del Telesterion che presenta la parte piu antica datata al ME: sono state ritrovate tracce di un edificio rettangolare con orientamento E-O con alcune sepolture associate a ceramica ME tarda35. La struttura TE è definita da due muri paralleli orientati E – O (6 e 7) , che si sovrappongono a quelli del ME. Il muro 6, che definisce il lato meridionale della struttura, è associato a 30 Darcque 1990, pp. 21-31. 31 Travlos 1970 p. 60, 1983 p. 329 32 Nilsson 1950, pp. 468-470 33 Darcque 1981, p. 593. 34 Cosmopouloas 2003

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- 13 - ceramica del TE IIIA1 e nella parte interna a poca distanza dal muro stesso è stato

scoperto un piccolo frammento di affresco con la rappresentazione di un occhio che guarda verso destra. A circa 0,25 m a nord di questo muro giace la base di una colonna della struttura successiva e proprio in questo stretto spazio sono stati ritrovati 3 scalini dei quali i primi due in basso sono paralleli. Nelle vicinanze del muro 6 sono anche stati ritrovati dei grossi frammenti di lastre che potevano secondo Mylonas far parte di un seggio.

Il pavimento della stanza principale è stato realizzato con terra battuta ciottoli e calce, ed è inclinato leggermente verso E. La maggior parte della ceramica rinvenuta sul pavimento è del IIIA1 – IIIA2 ma sono stati scoperti anche frammenti del IIA e del IIB. Il muro 7 si conserva per circa 9,70 m di lunghezza e 0,65 in spessore, ed è costruito in grossi blocchi disposti in doppia fila con lo spazio che li separava riempito da argilla e pietre più piccole. All’interno del muro è stata ritrovata ceramica IIIA1. Alcuni scalini sono presenti nei pressi del muro 7 nella parte interna. Questi due muri principali erano connessi con il tramezzo 6a che divideva l’edificio in due stanze, un piccolo vestibolo e la stanza principale. Di fronte al vestibolo si innalza una piattaforma alta circa 1,40 m a forma di “Π”, in cui è stata trovata ceramica del IIIA1. A nord est di questa struttura sono presenti tre strutture contigue, B1 B2 e B3, disposte consecutivamente e con dimensioni simili; dalla ceramica ritrovata sul pavimento si data la struttura al IIIB1-IIIB2.

La Necropoli

A circa 750 metri a NO dal Telesterion vennero scoperte circa 130 tombe databili al periodo ME - TE IIB36, di cui 50 databili al Tardo Elladico. Questa necropoli, anche se in parte danneggiata dalle strutture successive, venne pubblicata nella sua interezza nel 197537. Molte tombe di questo periodo sono rettangolari con l’ingresso posizionato in un angolo il tutto coperto da una lastra. In questo ingresso compare un piccolo corridoio con il passare del tempo, caratteristica che definisce la tomba come tipo a “L” . Altra elemento caratteristico sono le lastre più o meno rettangolari poste come copertura infatti negli esempi più tardi queste lastre sono regolari e poste in maniera orizzontale. Il pavimento era cosparso di ciottoli, il corpo poteva essere deposto in

36 Dickinson 1979, p. 204 37 Mylonas 1975.

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- 14 - varie posizioni (sul fianco destro o sinistro, supino, con le gambe o i piedi piegati) . Le

tombe a camera, ritrovate in questa necropoli, presentano la particolarità di non essere scavate nella roccia ma nel terreno: una di queste, la Λπ14, fu costruita per un bambino ed è simile ad una ritrovata ad Atene.

La maggior parte dei ritrovamenti è composto da ceramica, spesso con funzioni connesse al bere o al contenere e versare liquidi. Tra gli oggetti in bronzo sono stati ritrovati lunghi coltelli, una punta di lancia, rasoi, pinzette e un filo di incerto utilizzo. È stato ritrovato anche un gran numero di figurine, 26 per la maggior parte di tipo Φ. Tre figurine erano associate al corpo di bambini, pratica tipica del IIIA2, è stato ritrovato anche qualche oggetto in pietra, uno stampo in steatite con due rappresentazioni (due donne recanti offerte ad un santuario, due uccelli di cui uno più piccolo) e un bottone in steatite con una rappresentazione di un animale che volge lo sguardo alle sue spalle. Per concludere le tombe del TE da questa necropoli presentano sepolture per il TE II, IIIA e IIIB, mentre nel IIIC la necropoli non fu più utilizzata (Vedi Tabella 1).

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- 15 -

Tomba Datazione Tomba Datazione

Βπ1 TE IIIB Θπ5 TE IIIB-IIIC Βπ12 TE IIIB Θπ13 TE I-IIIB Βπ16 TE I-IIIB Θπ14 ME - TE I Βπ20 TE IIIB Θπ15 TE IIIB Βπ18 TE IIIB Θπ23 TE III Βπ19 TE IIIB Θπ24 TE IIIB Γπ1 TE IIIA-IIIB Ιπ1 TE I-IIIB Γπ17 TE II-III Λπ1 TE IIIB Γπ19 TE IIIB Λπ2 TE IIIB Δπ1 TE I Λπ3 TE IIIB Δπ16 TE Λπ4 TE II-IIIA-IIIB Επ1 TE IIIA-IIIB Λπ6 TE Επ3 TE IIIA Λπ8 TE I Ζπ3 TE IIIA-IIIB Λπ11 TE Ζπ4 TE IIIA Λπ13 TE IIIB2 Ζπ6 TE II-IIIB Λπ14 TE IIIB Ηπ1 TE I-IIIB Λπ15 TE IIIB Ηπ3 TE II-IIIB Λπ16 TE I-IIIB Ηπ5 TE II Μπ2 TE II e IIIA Ηπ15 TE IIIB Μπ3 TE II Ηπ16 TE IIIB2 Μπ4 ΤΕ Ι-ΙΙ-ΙΙΙΒ Ηπ20 TE I-II Μπ6 TE IIIA Ηπ22 TE IIIA-IIIB Μπ8 TE IIIB Θπ4 TE II-IIIB Μπ9 TE II-IIIB Μπ11 TE IIIA-IIIB Μπ10 TE ?

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- 16 -

4 - Skaramanga

6 Km. SO Eleusi, 12 Km. E Atene TE III

Due tombe a camera vennero38 scavate nei pressi del porto di Skaramanga a nord del Pireo, di fronte all’isola di Salamina. La ceramica ritrovata sembra appartenere al TE III39.

5 - Chasia

11 Km. NO Eleusi, 15 Km. NE Atene TE IIIC

In una grotta del monte Parnitha, a circa 4 km N da una località chiamata dal Dickinson Chasia40 ma assente nella toponomastica attuale, è stato ritrovato materiale del ME insieme con materiale del TE III41. Grazie alla carta geografica redatta da Dickinson è stato comunque possibile posizionare il sito nei pressi dell’attuale comune di Fyli (Φυλή). 38 Benzi 1975, p. 386. 39 AA 1943, p. 303. 40 Dickinson 1979, p. 220. 41 AE 1906, p. 100.

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- 17 -

Atene (s. 6-14)

6 - Atene: Acropoli (Tav. 10-31)

18 Km. SO Eleusi, 8 Km NO Pireo, 11,4 Km SE Glyka Nera. TE I – TE IIIC medio

L’Acropoli di Atene si eleva di 156 m s.l.m. ed è spianata nella sommità creando un pianoro di circa 140 per 280 metri. La roccia è formata principalmente da calcare e scisto, quest’ultimo sottoposto all’azione degli agenti atmosferici si è staccato dalla roccia in grandi pezzi creando così dei ripidi pendii (condizione ideale per un insediamento naturalmente difeso).

L’Acropoli ha conosciuto un’intensa attività edilizia soprattutto in periodo storico e, di conseguenza, le costruzioni più recenti hanno distrutto o profondamente alterato la maggior parte dei resti del Tardo Bronzo. Risulta tuttavia possibile ricavare preziose informazioni da diverse fonti, grazie alla ceramica e ad alcuni rinvenimenti sparsi siamo in grado di ricostruire a grandi linee lo sviluppo del sito; dalle fonti antiche abbiamo informazioni indirette riguardanti le fortificazioni fornite da Pausania42.

Sono diversi, infine, gli scavi che hanno rivelato materiale del Tardo Bronzo: Kavvadias, tra il 1885 ed il 1890, mise in luce la maggior parte dei resti micenei e nel 1897 scopri il passaggio N-O43; Holland durante i lavori nei pressi dell’Erechteion nel 1923 analizzo i resti scoperti da Kavvadias e studiò anche gli altri resti in zona44; Broneer dal 1931 al 1939 si occupo del pendio N in particolare del passaggio N-E e della Fountain House45; tra il 1936 ed il 1939, Balanos, durante i lavori sul bastione del Tempio di Atena Nike scoprì il bastione Miceneo al di sotto della fortificazione di periodo classico; Kolbe, nel 1938, si occupò della parte meridionale delle fortificazioni46. Infine un ampio lavoro di sintesi è stato effettuato da S. Iakovidis nel 1962 aggiornato nel 2006. 42 Jahn e Michaelis 1976, pp. 1-23. 43 Kavvadias e Kawerau 1906. 44 Holland 1924, pp. 142-169; 1924b, pp. 1-23. 45 Broneer 1932, pp. 31-35; 1933, pp. 329-417; 1935, pp. 109-188; 1938, pp. 161-263; 1939, pp. 317-433. 46 Kolbe 1939, pp. 236-237.

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- 18 - La struttura più antica consiste in una stanza a nord dell’Erechteion datata al TE I-II; per

il periodo successivo non ci sono testimonianze architettoniche anche se è stata scoperta ceramica nello “Stile del Palazzo”47

. Tra il TE IIIA e IIIB vennero costruiti cinque muri di terrazzamento, per il TE IIIA2 non sono state ritrovate strutture mentre nel TE IIIB vennero costruite le mura le quali chiusero il passaggio a N-E. Contemporaneamente alla costruzione delle mura, sul pendio settentrionale, venne realizzata la cosiddetta Fountain House per assicurare l’approvvigionamento idrico48, questa ha restituito materiale prevalentemente databile al TE IIIC iniziale anche se sono presenti tracce del TE IIIC medio (ma il lavoro di studio della ceramica è ancora parziale)49. Più o meno coeve sono delle strutture ritrovate nei pressi del passaggio NE. Diverse, infine, sono le testimonianze ritrovate all’esterno del muro di fortificazione, ma per una questione di chiarezza verranno discusse in una sezione specifica.

Struttura abitativa a nord dell’Erechteion

Tra il 1885 ed il 1890 furono portati alla luce dei resti architettonici ubicati nel cortile a N dell’Erechteion; nel 1923 queste testimonianze furono ristudiate ed i risultati pubblicati50. I resti appartengono ad una struttura rettangolare conservata parzialmente per 6,60 m in lunghezza e 2,50 in larghezza con muri costruiti in calcare, spessi tra i 30 e i 50 cm. Si è conservato anche parte della pavimentazione con spessore di 2,5 cm, realizzata con argilla bianca compattata. Vicino l’angolo S-O è stata scoperta una piccola cavità di uso ignoto, mentre al di sotto del pavimento fu trovato il teschio di un bambino, molto probabilmente una sepoltura. La presenza della pavimentazione permette di intuire che l’ambiente era coperto; mentre la parte meridionale doveva rappresentare l’esterno visto che non è presente nessuna traccia di pavimentazione. I frammenti ceramici ritrovati al di sopra e al di sotto del pavimento indicano che la struttura venne utilizzata per un breve lasso di tempo e venne presto abbandonata51. Il teschio ritrovato potrebbe rappresentare una sepoltura appartenente al periodo di

47 Mountjoy 1999, p. 504 n. 29-30. 48 Mountjoy 1995b, p. 43.

49 Gauss 2003, p. 94.

50 Holland 1924, pp. 142-169.

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- 19 - utilizzo, tuttavia poco distante è stata ritrovata una sepoltura simile databile al Medio

Elladico52.

Muri di terrazzamento

I muri di terrazzamento sull’Acropoli sono successivi alla struttura abitativa del TE I-II a N dell’Erechteion e sono anteriori alle mura costruite nel TE IIIB. Si tratta di cinque terrazze poste, dalla più bassa alla più alta, dal limite settentrionale fino alla parte centrale del pianoro. Tali strutture, larghe 1,50 m circa, presentavano una faccia regolare e l’altra no, segnale evidente che si trattava di muri di terrazzamento. Quest’ultima ipotesi è confermata soprattutto dallo spessore: troppo sottile per una fortificazione e troppo largo per un’abitazione. Grazie alla ceramica ritrovata presso il muro della terrazza III e IV, la costruzione si data al TE IIIA – IIIB53.

La prima terrazza è posta sul lato settentrionale del pianoro, subito a nord rispetto al successivo Erechteion ed in prossimità del sentiero N-E che discende da quest’angolo dell’acropoli Dai resti che ci sono pervenuti (2α, 2β, 2γ e 6) riusciamo a ipotizzare il perimetro della struttura solo per alcuni lati, rimanendo il limite nord di di difficile identificazione. Ci sono diverse ipotesi a riguardo: la prima è che seguisse il bordo della collina, la seconda che si innestasse a S di essa in prossimità della linea di fortificazione successiva. Quest’ultima ipotesi è considerata più probabile sia perché la fortificazione presenta caratteristiche architettoniche simili a quelle del muro di terrazzamento precedente, sia perché a N-E del muro 6 giace la continuazione dello stesso muro che forma un angolo stretto che doveva continuare a S rispetto al bordo della collina. L’altezza di questa terrazza potrebbe essere simile a quella della terrazza II54

.

Parallela a questo primo terrazzamento corre la seconda terrazza. Tra le due si doveva incuneare il passaggio N-E, successivamente chiuso dai muri 5 4 e 3. I resti pervenuti di questo muro di terrazzamento sono l’1α - 1β - 1γ - 1δ, visibili nella figura 3, e oltre l’Erechteion il 5γ, 5α e 5β visibili nella figura 4. La prima parte di questo muro si sviluppava tra 1α e 1β, cambiando direzione dopo quest’ultimo. Infatti, le ultime pietre del muro 1β non sono orientate come le precedenti ma girano verso N in maniera questi impercettibile. Se si prosegue tale direzione verso O, quindi sotto l’Erechteion, si nota

52 Iakovidis 2006, p. 54.

53 Mountjoy 1999, p. 484; per le immagini Mountjoy 1995b, Fig. 15-18. 54 Iakovidis 2006, p. 85.

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- 20 - che essa coincide con le mura di fondazione del muro settentrionale di quest’edificio.

Analizzando le fondazioni è possibile osservare come in alcuni punti la struttura si imposti su una già presente struttura o muro: in almeno due punti queste tracce di muro preesistente sono conservate ed identificate come 1γ e 1δ prosecuzione del muro di terrazzamento 1α - 1β. Al di là dell’Erechteion, verso O, sono state ritrovate tracce di un muro che doveva correre sull’asse 5γ - 5α, prosecuzione del muro 1α - 1β - 1γ - 1δ, per poi girare verso sud come dimostrato dal muro 5β, che rappresenta il confine ovest di questo muro di terrazzamento. Sul transetto 5γ è stato ritrovato parte di una pavimentazione successiva costruita su un sottile strato di calcare, in cui sono state ritrovate tracce di ceramica dell’età del Bronzo. A questo punto si apre un ampio problema che, anche se non investe il nostro ambito cronologico, è necessario citare. E’ noto che i resti dell’età del Bronzo sull’Acropoli dovevano essere considerevoli, e in alcuni casi condizionano i costruttori delle strutture di epoca successiva come testimonia l’evidenza archeologica55. Questa zona dell’acropoli in periodo storico è stata considerata collegata ai culti ctonii.

La terza terrazza parte circa 5 m a sud rispetto al muro 1α e prosegue poi parallelamente alla seconda terrazza nei transetti 7α - 7β - 7γ . Questo muro continua al di sotto dell’Erechteion, infatti, sotto di esso è stato trovato un frammento di una grande pietra, sulla linea di questo muro di terrazzamento, chiamata 7δ56. Se proseguiamo questa linea verso O incontriamo il muro O dell’Erechteion nel punto 2 e dopo 27 m l’angolo N-O del Tempio Arcaico dove incontra il muro di terrazzamento che gira alle spalle della statua dell’Atena Promachos. È sugli sviluppi della terza terrazza verso O che si riscontrano più problemi d’interpretazione, mentre nei casi precedenti ed in quelli successivi (come vedremo) si parla di costruzioni evidenti, qui la ricostruzione verte su delle tracce meno evidenti anche se significative. Alle spalle della base della statua di Atena Promachos, è stato ritrovato un solco orientato N-S lungo all’incirca 20 m e largo 1,20 – 1,40 m. Nella parte orientale, in prossimità della base della Promachos, si notano due brevi solchi che si staccano dal canale principale proseguendo verso est, forse il segno lasciato da un passaggio nel muro di terrazzamento che conduceva verso il Tempio Arcaico. Questo solco doveva rappresentare la trincea di fondazione del muro Miceneo. Per il limite nord, visto l’ordinamento di alcune basi di epoca Classica, si suppone che l’orientamento doveva essere SO – NE infatti, al limite settentrionale del

55 Iakovidis 2006, pp. 96-97. 56 Holland 1924b, p. 2.

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- 21 - solco, c’era un cavo dove doveva alloggiare la pietra angolare del muro. Rimangono

tracce di pietre con relativo riempimento che ha restituito anche materiale ceramico dall’Antico Elladico fino al Tardo Elladico IIIB57. Dall’allineamento di queste tracce è

possibile ricostruire l’andamento di questo muro sul lato nord. Del limite meridionale, invece, non ci sono tracce evidenti: si suppone che si sviluppi parallelamente al Tempio Arcaico dal limite meridionale del solco N-S. Queste testimonianze in se, per spessore ed orientamento possono essere affibbiate ad una struttura atta al contenimento del terreno in una zona successivamente adibita alla costruzione del Tempio Arcaico (la cui costruzione è datata al 510/500 a.C.), quindi tra la creazione di questo muro e quella del Tempio Arcaico passerebbero all’incirca otto secoli (se si vuole considerare la sua costruzione nel TE IIIB quindi tra il 1360/20 a.C.). Sembra che questa terrazza sia successiva alla seconda, anche se entrambe sono state pianificate insieme. Il livello di fondazione della terza terrazza coincide con l’altezza della seconda: tra i 150,40 m e i 150,50 m quindi per quanto sappiamo il muro 1α doveva essere alto intorno ai 2 – 2,10 m mentre il muro 1β doveva essere alto intorno ad 1 m58. L’altezza della terza terrazza è

strettamente collegata a ciò che era costruito a sud rispetto ad essa, da questi calcoli si può capire che questo muro era alto all’incirca 2 m raggiungendo i 152,54 m dai 150,40 m. Nel punto 2 della figura 5 il muro doveva essere alto all’incirca 153 m mentre nel punto 3 all’incirca 152,40 m.

La quarta terrazza giaceva ad est rispetto all’Erechteion subito a sud del passaggio a N-E, è composta dai muri 11α - 11β - 11γ e dal muro 13. Questo muro è spesso all’incirca 1,10 m, la faccia N è costituita da grossi blocchi di pietra tuttora visibili. I resti dei muri 11α - 11β - 11γ sono continui, e se proseguiamo la linea del muro 11γ verso S-E sul bordo dell’Acropoli il muro 13 sembra la continuazione di esso. I livelli di fondazione di questo muro sono tra i 149,57 m, del muro 11α, e i 151 del muro 13. Tutte le pietre di questi muri erano tenute insieme da un corposo strato di argilla giallognola (yellowish) al cui interno è stata ritrovata ceramica datata tra l’Antico Elladico ed il Tardo Elladico IIIB. Dallo spessore si può intuire che il muro non doveva contenere una mole notevole di terreno e che la sua altezza dovesse arrivare intorno ai 152 m, che coincide con il livello di fondazione della terrazza superiore posizionata subito a sud.

57 Iakovidis 2006, pp. 275 – 277. 58 Iakovidis 2006, p. 81.

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- 22 - La quinta terrazza è composta dai transetti 12α - 12β - 12γ. Si sviluppa in direzione

E-O, determinando il termine meridionale del muro 11α, e termina nei pressi di 12γ, dopo il quale non ci sono più tracce evidenti del suo percorso, anche se si può ipotizzare che seguiva il limite del pianoro più alto dell’Acropoli. Lo spessore di questo muro era di circa 1,40 m; quest’ultima terrazza doveva raggiungere l’altezza di 154,80 m.

Si riporta di seguito una tabella con le varie quote di queste terrazze, partendo dalla quota più bassa, rappresentata dal livello del passaggio N-O nella sua sommità, fino ad arrivare alla quinta terrazza, che risulta essere la più alta.

Quota P. N-O 147.57 m T. I 150,45 m T. II 150,45 m T. III 152,50 m T. IV 152 m T. V 154,80 m Il passaggio a N-E

Ad est dell’Erechteion la roccia presenta un profondo taglio con andamento E-O utilizzato come passaggio che collegava l’Acropoli con le zone limitrofe, la parte alta venne scoperta da Kavvadias alla fine del XIX sec. mentre Broneer scoprì il resto del percorso. Il sentiero inizia 10 m ad ovest dell’iscrizione del Peripatos ad una quota di 125 m e termina tra le prime due terrazze a 147,57 m. Con una pendenza del 34% circa non è adatto al transito di animali da trasporto, infatti, per facilitarne il percorso furono costruiti alcuni scalini. Quando furono edificate le fortificazioni questo passaggio venne chiuso e successivamente le mura Classiche, hanno tagliato il sentiero in due parti sulla linea est-ovest59. La ceramica ritrovata, anche se non abbondante, data questo passaggio al TE IIIA60.

59 Iakovidis 2006, pp. 105-107. 60 Gauss 2003, p. 98.

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- 23 -

Strutture sul passaggio N-E

Broneer scavò la parte del sentiero all’esterno del perimetro delle mura Medioevali, mise in luce alcune strutture edilizie costruite sopra il sentiero. Tali testimonianze sono tuttavia molto frammentarie essendosi conservate esclusivamente tracce di muri con parte della pavimentazione61. La ceramica abbraccia un arco temporale piuttosto limitato, compreso tra la fine del TE IIIB2 e il TE IIIC iniziale, mentre mancano tracce avanzate del TE IIIC62. Broneer, ipotizzò che queste strutture furono precocemente abbandonate e che i suoi abitanti presero riparo all’interno dell’Acropoli; risultano però assenti segni di evidente pericolo o distruzione. L’ipotesi che si trattasse di abitazioni sul percorso ormai caduto in disuso è stata proposta da diversi studiosi (Iakovidis63, Mountjoy64); tuttavia è stato anche suggerito che queste strutture fossero siano in realtà scivolate dall’Acropoli (Bundgaard65

e Rutter66). Proprio uno studio più approfondito condotto da Jeremy Rutter pubblicato poi da Walter Gauss sugli appunti originali di scavo, ha comportato una reinterpretazione di queste strutture. Secondo Rutter i resti non sono in situ, ma sono slittati dal pianoro sovrastante, un’interpretazione che spiegherebbe sia il particolare posizionamento che le condizioni di ritrovamento. Queste strutture, infatti, potrebbero provenire dalla zona tra la parte alta del sentiero ed il muro di fortificazione di periodo Medioevale, da dove provengono tracce di edifici67.

Il passaggio N-O

Un altro sentiero è parzialmente conservato sul pendio N-O, presso la grotta di Pan, Apollo e Zeus Olimpio. Venne realizzato durante il Tardo Bronzo visto che precede la costruzione delle mura di epoca Classica e sembra plausibile che il suo utilizzo fosse legato al popolamento dell’Acropoli e di conseguenza al periodo di costruzione delle terrazze, ma la mancanza di materiali non ci permette di stabilire in quale momento preciso venne realizzato. Kavvadias fu il primo a scavare in questa zona,

61 Broneer 1933, pp. 352-355, 365-367, 372; Broneer 1935, pp. 111-112. 62 Gauss 2003, p. 98. 63 Iakovidis 2006, pp. 222-224. 64 Mountjoy 1995b, pp. 45-46. 65 Bundgaard 1976, p. 28. 66 Rutter in Gauss 2003 p. 98. 67 Gauss 2003, pp. 98-102.

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- 24 - successivamente Keramopoullos intraprese nuove ricerche68. Il sentiero parte a circa

137 m di quota, per i primi dieci metri è una discesa senza scalini, nei cui pressi sono state ritrovate tracce di un muro di contenimento. Verso O inizia la scalinata formata da scalini di diverse dimensioni, tra il 16o ed il 22o scalino c’è una profonda crepa che doveva essere attraversata da alcuni scalini artificiali visto che sono presenti degli incassi. La scalinata continua fino al punto 7 dove è presente un piccolo ripiano. A questo punto il sentiero doveva fermarsi visto che non abbiamo tracce di scale o rampe che discendono oltre questo punto. Aldilà del punto 7 c’è un precipizio di circa 10 m che poteva essere aggirato o grazie ad una rampa (anche se doveva essere abbastanza lunga c. 50 m con il 20% di pendenza) o ad una scala. Di entrambe non c’e’ minima traccia, quindi possiamo concludere che, con molta probabilità, il passaggio si fermava su questo pianoro69.

Strutture abitative nella parte meridionale

Dopo la realizzazione delle mura di fortificazione altre strutture vennero edificate sull’Acropoli, di esse ci rimangono alcune tracce nella parte meridionale nei pressi del Partenone, e nella parte N-O nei pressi delle fortificazioni. Nella parte N-O sono state ritrovate delle strutture al di sotto di quelle Arcaiche, che potrebbero essere micenee. Tra l’angolo S-E del Partenone e il primo Museo dell’Acropoli vennero scoperti dei resti di un piccolo edificio quadrato con relativa pavimentazione e fondazioni. La ceramica ritrovata al di sotto dei livelli di fondazione appartiene al TE IIIB2. L’importanza di queste strutture è notevole, queste provano, infatti che la cittadella fu abitata dopo la costruzione delle mura.

Fortificazioni

Le mura di fortificazione vennero costruite in una volta sola durante la seconda parte del TE IIIB. L’ingresso era posizionato nella parte ovest con un bastione collocato dove ora si trova il Tempio di Atena Nike. Questo bastione venne portato alla luce da Balanos70, ma venne poi nascosto durante i lavori di restauro del muro Classico. Sulla

68 Iakovidis 2006, n.p. 205. 69 Iakovidis 2006, pp. 107-111. 70 Balanos 1937, pp. 787-788.

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- 25 - facciata orientale fu trovata una nicchia lunga circa 5 m, di profondità incerta ed alta

1,25 m sostenuta da due pilastri, tale nicchia, secondo Iakovidis, doveva rappresentare il simbolo di ingresso alla città. Nelle vicinanze sono presenti tracce di fuoco e di ceramica bruciata. Dell’ingresso in se non ci sono pervenute tracce, doveva essere nei pressi dei vecchi Propilei, ma è di difficile interpretazione visto che le strutture successive hanno obliterato quelle di epoca precedente.

Diversi ricostruzioni vennero proposte dal 1939 al 199471, il più recente di questi studi pone l’attenzione ad un particolare: i resti di un muro nei pressi dei propilei72

.

A differenza delle altre ipotesi, Wright interpreta questo come il muro di contenimento del muro di fortificazione posto ad O nei pressi dell’ingresso, risolvendo in maniera più semplice il problema delle quote73. L’ingresso doveva essere verso S mentre il bastione assume un altro valore; un semplice avancorpo non connesso alla linea di fortificazione. L’ipotesi suggerita da Iakovidis invece, attribuisce notevole importanza ad un altro particolare: il bastione orientale condizionava l’ingresso. Tale proposta illustrata nella Figura 21, parte da una scalinata sul lato orientale del bastione ad una quota di 135,20 nei pressi della nicchia precedentemente trattata, e corre lungo tutto il lato settentrionale del bastione fermandosi ad un ampio gradino a 141 m di altezza. A questo piano era posizionato il primo ingresso direzionato E-O che una volta attraversato dava su una scalinata che cambiava percorso verso il secondo ingresso posizionato ad una quota di 142,40 m.

Del tratto di mura ci rimangono solo delle tracce, dato che su di esso insistono le fortificazioni successive. Il passaggio a N-E viene chiuso in questo momento da tre muri74.

Dalle tracce rimaste di queste fortificazioni si deduce che la qualità del lavoro è buona anche se chi le costruì queste fortificazioni si preoccupo maggiormente della stabilità e durabilità che dell’estetica. La fondazione era direttamente scavata nella roccia, il muro era costituito da due fila parallele di blocchi, esterna ed interna, attentamente costruiti con blocchi irregolari riempiti da pietre più piccole a coprirne i vuoti; le pietre utilizzate erano di calcare dell’Acropoli o scisto della Pnice. Lo spessore non è uniforme, va dai 3,60 m ad est del Museo ai 6 m nei pressi dei Propilei. Questo spessore variabile è dovuto alla necessità di difendersi con mura meno spesse in alcuni punti vista la

71 Tra i numerosi studi: Stevens 1936; Iakovidis 1962; Bundgaard 1976; Travlos 1983; Wright 1994. 72 Wright 1994, fig. 8

73 Privitera 2013, p. 69 74 Mountjoy 1995a, p. 41.

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- 26 - posizione dominante, e con mura più spesse nei punti strategici. Non ci è pervenuto

l’alzato di questi muri, ma si può supporre un’altezza media intorno agli 8 – 10 m, forse con il bastione S-O più alto75.

Ripostiglio nei pressi della parte meridionale delle fortificazioni

Kavvadias, durante i suoi scavi di fine ‘800, porto alla luce un “ripostiglio” di oggetti in bronzo nella parte meridionale delle fortificazioni76, precisamente in uno spazio tra le fortificazioni ed il muro di un’abitazione. I rinvenimenti furono pubblicato da Montelius77. Sono stati ritrovati due piccole spade, una lancia, 26 strumenti (tra cui doppie-asce), due coltelli, tre specchi e una tazza. All’interno di questo deposito sono stati rinvenuti anche due frammenti ceramici: l’orlo di una kylix datata al TE IIIA2 e un frammento di cratere con la rappresentazione di una figura umana di datazione incerta .

75 Iakovidis 2006, pp. 234 – 239. 76 Kavvadias 1906, p. 38. 77 Montelius 1924, pp. 152-156.

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Fountain House

Nello stesso momento in cui furono erette le mura fu creata, sul pendio settentrionale, una scala che portava verso una fonte naturale. L’ingresso era posto nei pressi di un taglio nella roccia leggermente inclinata, per questo la deposizione stratigrafica del deposito sottostante potrebbe risultare “inquinata” visto che alcuni frammenti potrebbe essere caduti più lontano rispetto ad altri. La sorgente era a 35 m al di sotto del livello delle fortificazioni, otto rampe di scale furono costruite per superare questo dislivello, le prime in legno le altre in pietra78. Dell’ingente mole di ceramica ritrovata, solamente una percentuale tra il 5 – 10 % fu pubblicata da Broneer. Alcuni lavori successivi si sono occupati di colmare questo vuoto, ma il lavoro solo in minima parte è stato effettuato. La ceramica spazia tra il TE IIIB2 ed il IIIC medio, quest’ultimo risulta prevalentemente attestato nei livelli più alti, misto con altra ceramica più tarda, mentre nei livelli più profondi è molto raro. Tale deposito risulta particolarmente interessante dato la grande quantità di “Handmade and Burnished Pottery” ritrovata79

.

Palazzo

Non ci sono resti di un palazzo, ma alcuni ritrovamenti di elementi architettonici sono stati interpretati come tali. Si tratta di una base di colonna, di due lastre in calcare locale e di alcuni frammenti sparsi. La base della colonna venne ritrovata nel 1887 ad est dell’Erechteion80

e consiste in un blocco di calcare locale la cui parte superiore era lavorata a formare un cilindro di raggio tra 0,76 m e 0,81 m; la base non era lavorata, e doveva essere incassata nel pavimento non direttamente nella roccia, ma su di una fondazione. Non lontano da questa sono state ritrovate due grandi lastre in calcare, ma sull’esatta posizione non sappiamo di più. Queste devono essere tuttavia considerate contemporanee, non solo, infatti, sono dello stesso materiale, ma risultano anche lavorate alla stessa maniera: entrambe, infatti, presentano una faccia lavorata e liscia e l’altra abbozzata e grezza. La prima lastra non è conservata per la sua intera dimensione, e presenta due estremità non finite, anche se in parte è stata danneggiata sono evidenti segni di scalpello. La seconda lastra è conservata meglio: presenta un’estremità finita e

78 Iakovidis 2006, pp. 140-144. 79 Gauss 2003, pp. 93-98.

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- 28 - su una faccia presenta un taglio irregolare nei pressi dell’estremità finita. Oltre a questi

frammenti vennero ritrovati, sempre durante gli scavi di fine ‘800, cinque lastre più o meno simili alle precedenti fra le cui due presentano segni di lavorazione: la più grande è stata ritrovata messa in opera nell’angolo N-O della terrazza IV e dal tipo di lavorazione e dalla grandezza si suppone che si tratti di scalini, ma risulta difficile da stabilirlo con certezza81.

L’attribuzione di questi elementi architettonici ad un ipotetico palazzo miceneo è stata proposta da Holland82, che ha messo in evidenza delle similitudini con dei rinvenimenti simili provenienti da Tirinto83 e Micene84. Le opinioni al riguardo sono abbastanza discordanti: Mountjoy85 afferma come un numero così ridotto di elementi architettonici non possano provare l’effettiva presenza di un Megaron Miceneo, mettendo anche in dubbio che tale reperti fossero Micenei e ritrovati in situ, particolare quest’ultimo che fa notare anche Iakovidis86.

6 - Atene: Acropoli, dintorni (Tav. 10-31)

18 Km. SO Eleusi, 8 Km NO Pireo, 11,4 Km SE Glyka Nera. TE IIB – TE IIIC finale

Intorno all’Acropoli di Atene sono state scoperte una serie di strutture esterne alla cittadella, ma connesse ad essa in termini di vicinanza. Sul pendio meridionale sono stati trovati cinque pozzi con relativo riempimento, databili al TE IIB – TE IIIA1, e una tomba a camera del TE III C iniziale; sul pendio nord nell’area della Klepsydra, alcuni pozzi con relativo riempimento datati al TE IIIC medio-finale. Non può inoltre essere tralasciata la problematica questione del Pelargikon, che secondo le fonti doveva proteggere l’ingresso alla cittadella.

81 Iakovidis 2006, pp. 190-196. 82 Holland 1924, pp. 161-169. 83 Schliemann 1885, p. 239 fig. 114. 84 Wace da vedere. 85 Mountjoy 1995a, p. 42. 86 Iakovidis 2006, p. 191.

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Pozzi sul pendio meridionale

Sulle pendici meridionali dell’Acropoli, dietro la Stoa di Eumene, sono stati scoperti cinque pozzi con relativo riempimento, quattro scavati da N. Platon87 ed una da E. Fiandra. Raggiungono una profondità dai 13,4 m ai 5 m, realizzati tra il TE IIB e il TE IIIA1 contengono un riempimento prevalentemente del TE IIB-IIIA1 insieme ad esemplari più antichi, come una giara a staffa del TE IIA in “Marine Style” con la rappresentazione di un polpo88. Tale riempimento, per la maggior parte, risulta composto da ceramica non decorata tra cui l’”Acropolis Burnished Ware”89

. La particolarità di questa classe ceramica, prodotta ad Atene, risulta essere il suo ritrovamento ad Agia Irini sull’isola di Kea. Interessante è capire se essa viaggiasse tramite un porto sulla costa est dell’Attica o era diretta da Atene per Capo Sounion (è stata scoperta anche a Thorikos e Kiapha Thiti). Era presente anche la “Late Matt Painted Ware”, utilizzata per le grandi forme chiuse come anfore, idrie e brocche dal becco tronco. Presentava decorazioni lineari poste in orizzontale e verticale90. Sembra sia importata da Egina, visto che ha un marchio di fabbrica molto simile a quello degli esemplari eginetici.

Tomba a camera sul pendio S

Sempre su questa zona del pendio, quello meridionale, N. Platon91 portò alla luce una tomba a camera con due sepolture ed il corrispettivo corredo, datata al TE IIIC iniziale. Venne scavata in prossimità del pozzo più occidentale, precedentemente trattato. Il dromos fu distrutto dalla realizzazione della Stoa di Eumene, ci rimane dunque soltanto la camera: tale struttura è crollata e la maggior parte dei reperti sono rimasti sigillati sotto le macerie. Sono stati ritrovati resti umani, oggetti in bronzo e ceramica. Tra gli oggetti in bronzo ci sono schinieri, punteruoli, pinzette, coltelli e coltelli a doppia lama, “mannaie” e rasoi; gli schinieri, in coppia, sono in lamina di bronzo spessa 3 mm e alta circa 30 cm. La conservazione non è perfetta, ma si è comunque potuto analizzare la

87 Mountjoy 1981, n.p. 1. 88 Mountjoy 1995b, fig. 8.

89 Questa ceramica viene testualmente definita: “the so-called Acropolis Burnished Ware wheel-made

hard-fired pottery coated with an orange wash, which was then burnished to a high lustre”. Mountjoy

1995b, p. 25.

90 Mountjoy 1981, fig. 32. 91 Mountjoy 1984, n.p. 1.

(38)

- 30 - decorazione composta “of wheels made up of double circles of small bosses”. I paragoni

migliori vengono da Cipro e dall’Europa meridionale, anche se l’esemplare più simile proviene dall’Ungheria92. Dall’analisi delle ossa sembra che lo scheletro appartenesse

ad una persona adulta; le armi e gli schinieri fanno pensare ad un guerriero. La presenza di questa tomba a camera prova l’utilizzo sepolcrale di quest’area. E’ molto probabile, infatti, che ci fossero altre tombe a camera nelle vicinanze, visto che esse non erano di solito isolate.

Ritrovamenti nell’area della Klepsydra

Sulle pendici N dell’Acropoli, nell’aria della successiva Klepsydra sono stati scoperti un pozzo e due tagli nella roccia. Uno di questi pozzi venne realizzato nel TE IIIC tardo, visto che nel pozzo U.26:4 è stata ritrovata un’hydria tipica di questo periodo93

. I tagli, servivano per trattenere l’acqua piovana, e successivamente sono stati obliterati dalla pavimentazione della Klepsydra. Nel riempimento sono stati trovati frammenti ceramici del TE IIIC tardo, appartenenti per la maggior parte a grossi contenitori di liquidi (come giare e hydrie), ma anche del TE IIIB. Il “taglio” ad est venne utilizzato anche come trincea di fondazione per un muro che doveva essere un muro di terrazzamento94.

6 - Atene: città bassa, area sud (Tav. 10-31)

18 Km. SO Eleusi, 8 Km NO Pireo, 11,4 Km SE Glyka Nera. TE I – TE IIIB, TE IIIC finale

In questa sezione prendiamo in considerazione tutti i rinvenimenti tra le pendici S dell’Acropoli (dall'attuale Odos Dionisiou Aereopagitou) fino all’antico corso del fiume Ilissos. Ciò che è venuto alla luce in questa parte della città antica è in linea con ciò è stato scoperto nelle immediate prossimità dell'Acropoli: tombe e pozzi. Tutte queste

92 Mountjoy 1995b, n.p. 192. 93 Mountjoy 1999, p. 610, n. 546. 94 Mountjoy 1995b, p. 58.

(39)

- 31 - informazioni ci provengono soprattutto dalle pubblicazioni degli scavi effettuati da N.

Pantelidou95 e A. Onasoglou96, tali strutture, dovrebbero rappresentare una minima parte di quelle che doveva esserci visto che questo luogo ha subito una profonda stratificazione. Per una questione di sintesi, e per prestare anche più attenzione a determinati particolari, si è preferito suddividere la città bassa (intesa come l’area che circonda l’Acropoli) in meridionale e settentrionale. Questo paragrafo tratta della prima.

Necropoli

In quest’area che stiamo analizzando sono state scoperte una serie di tombe, per la maggior parte tombe a camera. Tutte queste tombe sono vicine tra di loro e sono state ritrovate prevalentemente in due aree: quella dell’attuale Odos Parthenonos (che definiremo Area A) e quella nei pressi di Odos Meintani (che definiremo Area B). Questo particolare logistico fa pensare alla presenza di due insediamenti, uno più vicino al fiume Ilisos e l’altro più vicino all’Acropoli, anche se tutta l’area ha subito una forte edificazione e molte testimonianze potrebbero essere perse97.

Una delle sepolture più antiche ritrovate ad Atene è la tomba 598 nell’area A, praticamente risulta essere una tomba a “cista” scavata nel terreno e rivestita di lastre, ritrovata all’angolo tra Odos Promachou e Odos Parthenonos99

. Nella tomba era presente uno scheletro, ceramica e reperti in bronzo; tre dei quattro vasi ritrovati vengono datati al TE I, ed uno è un ibrido ME-TE100. Una delle più antiche tombe ateniesi è la Tomba a Camera n. 13 nell’Area B, utilizzata per un arco temporale che va dal TE IIA al TE IIIB, con l’ultima deposizione datata al TE IIIC finale101

. La Tomba a Camera n. 15 nell’area B viene utilizzata dal TE IIB al TE IIIA1, una tomba a fossa nei pressi di quest’ultima ha restituito ceramica per il TE IIB, per la precisione un alabastron con decorazione “Rock Pattern” sul corpo e “Wheel” sotto il fondo, ed una grande giara decorata con il motivo “Ogival Canopy”102

. Nel TE IIIA1 vennero costruite le Tombe a Camera n. 3 e 4 nell’Area A (entrambe depredate), mentre la 95 Pantelidou 1975 96 Onasoglou 1979, pp. 15-42. 97 Mountjoy 1995b, p. 17. 98 Pantelidou 1975, p. 61-66. 99 Benzi 1975, p. 377.

100 Mountjoy 1999, p. 600 n. 2,3,4. Per il “basket vase” ME ma con decorazioni TE vedi Mountjoy 1995b

fig. 5-1.

101 Pantelidou 1975, p. 80-92. 102 Pantelidou 1975, fig. 37b e 37g.

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- 32 - tomba a fossa n. 8 è stata danneggiata da una costruzione successiva. Nell’Area B, in

questo periodo, viene realizzata la Tomba n. 17 che ha restituito solamente delle perline in oro ed un sigillo103. Sempre nell’area B vennero costruite la Tomba a Camera n. 14 e la Tomba a Fossa n. 16, quest’ultima presenta un corredo con punte di lance, il presunto fodero di una spada (anche se manca nelle tavole) e perline in oro, vetro e cornalina. Una certa importanza ha assunto la tomba a camera rinvenuta nell’area B durante gli scavi di Onasoglou al n. 106 di Odos Dimitrakopoulo, definita tomba 106: questa tomba venne costruita nel TE IIIA1 ed al suo interno è stata ritrovata un’Anfora Cananea104. L’ultimo utilizzo di questa tomba è datato al TE IIIC finale. La Tomba a Camera n. 11, nell’area B, risulta esser stata utilizzata nel TE IIIA2 anche se la quantità di corpi sepolti fa pensare ad una tomba utilizzata anche nel periodo precedente. Come si deduce dal grafico n. 1, tale necropoli abbraccia un arco temporale che va dal TE I al TE IIIB, con segnali di riutilizzo nel TE IIIC finale. E’ emblematico il caso della tomba 13, utilizzata per molte generazioni, mentre le altre tombe sono adoperate per un arco temporale più limitato. Sono stati ritrovati oggetti in materiale prezioso (oro), armi e oggetti d’importazione a testimonianza di un insediamento fiorente.

Pozzi

Alcuni pozzi sono stati ritrovati nell'Area A, realizzati in diversi momenti. Il primo risulta essere il pozzo n. 2 ritrovato nei pressi di Odos Kavalloti, un pozzo quadrato che raggiungeva i 4,60 m di profondità; questo ha conservato un riempimento intatto con materiale TE IIIA1 insieme all’ ”Acropolis Burnished Ware” precedentemente trattata105. Sempre in Odos Kavalloti, ma nel TE IIIA2, inizia l’utilizzo del pozzo n. 3 che dura fino al TE IIIB106. Il pozzo n. 4 è stato scoperto ad Odos Makri nell’area A, profondo 4,5 m con un riempimento composto da numerosi frammenti di giare, viene utilizzato nel TE IIIB107. Da un paragone che possiamo effettuare tra queste e altre strutture per l’approvvigionamento idrico scoperte intorno all’Acropoli (trattate nel paragrafo precedente), arriviamo ad alcune osservazioni interessanti. La prima e che i pozzi nei pressi della Stoà di Eumene vengono utilizzati dal TE IIB al TE IIIA1, quelli 103 Pantelidou 1975, pp. 107-112. 104 Onasoglou 1979, p. 36 n. 9. 105 Pantelidou 1975, pp. 115-123. 106 Mountjoy 1995b, p. 46. 107 Pantelidou 1975, p. 126-130.

(41)

- 33 - analizzati in questo paragrafo, invece, dal TE IIIA1 al TE IIIB mentre quelli nell’area

della Klepsydra addirittura nel TE IIIC finale. Alcuni dei primi pozzi raggiungevano in alcuni casi anche la profondità di 13 m e sono posti ad una quota più alta, mentre i successivi non superavano i 4 m di profondità e sono posti ad una quota più bassa. E’ possibile che il livello della falda si sia abbassato con il passare del tempo, rendendo inutilizzabili i pozzi posti più in alto. Quando anche questi pozzi cessano di essere utilizzati, alla fine del TE IIIB, viene realizzato un imponente sistema di stoccaggio dell’acqua: la Fountain House all’interno dell’Acropoli.

Grafico 1 : Utilizzo di alcune tombe nel corso del tempo, basandosi su Manning 1995. 0 200 400 600 800 1000 1200 1400 1600 1800 INIZIO USO FINE USO

(42)

- 34 -

Periodo Struttura Fonte Periodo Struttura Fonte

TE I T. 5 Pantelidou TE IIIA1 T. P8108 Mountjoy

TE IIA T. 13 * “ “ TE IIIA2 T. 13 * Pantelidou TE IIB T. 13 * “ “ T. 18 “ “

T. 15 “ “ T. 11 “ “

T. M1109 Mountjoy T. 12 “ “

TE IIIA1 T. 13 * Pantelidou T. 106 * Onasiglaou

T. 3 * “ “ TE IIIB T. 13 * Pantelidou T. 8 “ “ T. 106 * Onasiglaou T. 17 “ “ TE IIIC fin. T. 13 “ “ T. 16 “ “ T. 106 * Onasiglaou T. 15 “ “ T. 4 * “ “ T. 14 * “ “ T. 106 * Onasiglou

Tabella 1: Tombe ritrovate nella parte meridionale della città bassa di Atene110

108 Mountjoy 1995b, p. 34. 109 Mountjoy 1995b, p. 21.

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