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Manipolazioni contabili e valutazione delle performance. Teoria e casi

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Academic year: 2021

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Dipartimento di Economia e Management

Corso di Laurea Magistrale in Strategia, Management e controllo

TESI DI LAUREA

“Manipolazioni contabili e valutazione delle performance.

Teoria e casi”

RELATORE

CANDIDATO

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Indice dei contenuti:

INTRODUZIONE... 6

1. COMUNICAZIONE DEL BILANCIO AZIENDALE ... 8

1.1. ELEMENTI FONDAMENTALI ... 8

1.1.1. Bilancio ... 8

1.1.2. Informativa Contabile ... 9

1.2. INFLUENZA DELLA DISCREZIONALITÀ NEL BILANCIO ... 11

1.3. TIPOLOGIE DELLA COMUNICAZIONE AZIENDALE ... 17

1.4. INTRODUZIONE ALLA MANIPOLAZIONE DI BILANCIO ... 19

2. EARNING MANAGEMENT ... 21

2.1. DEFINIZIONE DELL’EM... 21

2.2. TIPOLOGIE DI EM ... 24

2.3. ELEMENTI DI BILANCIO MAGGIORMENTE MANIPOLATI ... 29

2.4. LE PRINCIPALI TECNICHE DI MANIPOLAZIONE DEI DATI CONTABILI ... 30

2.4.1. Politiche di income shoothing ... 30

2.4.2. Big Bath earnings management ... 32

2.4.3. Politiche di income minimization e income maximization ... 33

2.5. I METODI PER LA MISURAZIONE DELL’EARNINGS MANAGEMENT ... 40

2.5.1. I metodi statistici ... 40

2.5.2. I metodi contabili ... 42

2.6. MOTIVAZIONI SOTTOSTANTI ALL’EM ... 45

3. IL SISTEMA RETRIBUTIVO MANAGERIALE ... 49

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3.2. IL SISTEMA INCENTIVANTE ... 52

3.1. FUNZIONI DEL SISTEMA INCENTIVANTE ... 54

3.2. I SISTEMI DI INCENTIVAZIONE ... 55

3.3. MODALITÀ DI RETRIBUZIONE PIÙ DIFFUSA: MBO ... 63

3.4. PERCHÉ CAMBIARE?... 68

4. DUE POLITICHE RETRIBUTIVE A CONFRONTO: CHRYSLER E FCA ... 80

4.1. POLITICA RETRIBUTIVA DI CHRYSLER ... 80

4.2. POLITICA RETRIBUTIVA FCA ... 81

4.2.1. politica retributiva CEO... 90

4.3. ESEMPIO PRATICO DELLE DUE POLITICHE ... 92

4.4. IL CONFRONTO ... 95

5. CONCLUSIONI ... 97

BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA: ...102

Indice delle figure

Figura 1 – Esempio: Impression Management ... 20

Figura 2 – Conto economico riclassificato ... 43

Figura 3 – Bonus Plan tipico ... 69

Figura 4 – Linear Pay-Performance ... 73

Figura 5 – Linear Pay-Performance ... 74

Figura 6 – Esempio: Linee di compensazione ... 78

Figura 7 – Elementi della retribuzione ... 81

Figura 8 – Esempio: Efficienza stabilimenti ... 82

Figura 9 – Esempio: Efficienza annuale ... 82

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Figura 11 – Esempio: Bonus relativi agli obiettivi raggiunti ... 85

Figura 12 – Bonus corrispondente al target raggiunto ... 92

Figura 13 – Target non raggiunto ... 93

Figura 14 – Bonus corrisposto da FCA ... 94

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INTRODUZIONE

Il bilancio è il documento più importante a disposizione degli stakeholder interessati alla realtà aziendale, in particolare alla situazione economica, patrimoniale e finanziaria; le informazioni riportate in bilancio sono in grado di influenzare rapporti contrattuali e scelte di investimento e di finanziamento dei vari operatori economici che si confrontano con l’azienda. Per tale ragione i bilanci devono riportare informazioni attendibili, neutrali e rilevanti a fini decisionali.

Diffusi sono stati gli studi che hanno messo in dubbio la credibilità e la capacità informativa di quanto contenuto in bilancio e hanno affrontato la questione della discrezionalità concessa al management nella predisposizione della documentazione contabile, anche attraverso ricerche empiriche volte a rilevare se tale discrezionalità sia di fatto esercitata in modo opportunistico. Tanto nella letteratura internazionale, quanto in quella nazionale, molti autori si sono occupati del tema dell’earnings management, mettendo in luce i possibili spazi di intervento a disposizione degli amministratori per manipolare il risultato di bilancio e, più in generale, la rappresentazione economica, patrimoniale e finanziaria dell’impresa.

Il lavoro è suddiviso in quattro capitoli. Nel primo capitolo ho approfondito le modalità di erogazione delle informazioni aziendali, fino ai contenuti del bilancio e la dottrina relativa. In questa fase sono state evidenziati i contributi degli studiosi italiani, in merito alla natura del bilancio e alla sua interpretazione. Sono state riportate le principali teorie della dottrina italiana, evidenziandone il loro sviluppo, fino a giungere alla concezione moderna che si ha del bilancio: un prospetto che offre una valutazione dell’aziendale nella sua accezione di sistema.

Successivamente, si è approfondito il tema dell’earning management, ne viene fornita una definizione generale e, a partire da questa, sono individuati gli aspetti salienti che contraddistinguono una manovra di bilancio. Dopo aver delineato i tratti essenziali che identificano le politiche di bilancio, si sofferma l’attenzione sulle politiche di accrual earnings management, ovvero quelle politiche basate sulla discrezionalità valutativa degli amministratori in sede di redazione del bilancio. Sono quindi inquadrate le varie modalità

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attuative con le quali l’attività di earnings management può manifestarsi e sono illustrati i possibili incentivi che spingono all’implementazione di queste politiche.

Nel terzo capitolo mi sono soffermata sugli incentivi più strettamente manageriali, ovvero che riguardano il compenso dovuto agli amministratori o la loro permanenza in carica. In primis ho analizzato la composizione della retribuzione in Italia andandomi a soffermare sui sistemi di incentivazione. All’interno del capitolo ho anche analizzato il sistema di retribuzione basato sugli obiettivi (management by objectives) in quanto è il sistema più utilizzato all’interno delle società ed è quello più soggetto a manipolazioni da parte dei manager. Infine nell’ultima parte del capitolo mi sono soffermata su come la manipolazione dei valori di bilancio ha effetti controproducenti all’uso del budget o target a sistemi di misurazione delle prestazioni e di compensazione di un’organizzazione. In particolare pagando le persone sulla base agli obiettivi induce la persone a ingannare il sistema.

Nel quarto ed ultimo capitolo ho analizzato il sistema di incentivazione di Chrysler prima della fusione con FCA ed FCA, andando ad evidenziare quali dei due sistemi favorisce la manipolazione.

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1. COMUNICAZIONE DEL BILANCIO AZIENDALE

1.1. ELEMENTI FONDAMENTALI

1.1.1. BILANCIO

Un importante strumento di comunicazione aziendale, regolato tutt’oggi dalla normativa italiana, è il bilancio d’esercizio.

Negli anni il bilancio d’esercizio, e con esso il suo contenuto, ha subito una continua evoluzione.

Il suo obiettivo principale è quello di rappresentare la situazione patrimoniale e finanziaria di una società o di un ente e il risultato economico dell’esercizio.

E’ altresì vero che il bilancio è legato alla personale interpretazione di chi lo redige, a supporto di quanto detto:

Besta specificò che la funzione principale del Bilancio è di “mostrare quali sono i reali

elementi patrimoniali che riuniti insieme costituiscono il patrimonio dell’impresa (capitale sociale e fondi di riserva se ve n’hanno) in quella misura a cui esso deve ascendere, e dall’altra qual è il montante del dividendo che spetta agli azionisti o ai soci”.1

Con riguardo alle “stime” necessarie per redigere il bilancio, egli riconobbe che essi hanno la funzione di limitare l’arbitrio degli amministratori della società. Ma solo la sincerità e la buona fede, sono talvolta, le sole regole che possono risultare efficaci a tutte le teorie.

Amaduzzi definisce il Bilancio come “un sistema di simboli che vanno interpretati”2.

Con tale definizione non si vede più il bilancio come un risultato matematico, ma come la conseguenza di una interpretazione legata a scopi e finalità che si vogliono raggiungere.

1 Besta F. la ragioneria, 1922

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Lo studioso Onida affermò che: “il rendiconto generale d’esercizio, nelle imprese –

comunemente detto “bilancio” – è un sistema di valori formalmente costituito da due parti: lo stato attivo e passivo o stato patrimoniale e il conto generale di profitti e perdite”.3

Inoltre evidenziò come la valutazione del patrimonio, tramite la scelta dei criteri di valutazione, influenzasse la determinazione del reddito d’esercizio e di conseguenza la distribuzione degli utili.

Allo stesso modo, anche lo studioso Zappa osservò che il reddito d’esercizio, derivante dalle rilevazioni contabili, è influenzato dalla discrezionalità dell’amministratore.

1.1.2. INFORMATIVA CONTABILE

Con la funzione informativa si rende pubblico la propria situazione economica patrimoniale e finanziaria.

Tra i primi autori ad aver evidenziato la “funzione informativa” del bilancio abbiamo De Minico che scriveva: “«il bilancio di esercizio … non esaurisce la sua potenza informativa nel

fornir nozione della misura del capitale e di quella del reddito a termine dell’esercizio, ma è sovente chiamato a rappresentare il fondamento di giudizi più complessi relativi alla vita futura dell’impresa. La pratica, sovente, domanda al bilancio una serie di notizie dalle quali vuole poi sinteticamente dedurre conclusioni più o meno avvedute circa la capacità dell’impresa a fruttar reddito in avvenire, circa l’altezza di questi, circa la loro remuneratività, circa l’attitudine dell’organismo aziendale a far fronte alle uscite che si determineranno in processo di tempo con il suo complesso delle entrate»4

La valenza informativa esterna del bilancio è poi sottolineata da Domenico Amodeo che precisava: «Uno degli scopi principali del bilancio di esercizio …, si riconosce, generalmente,

3 Onida, bilancio d’esercizio delle imprese

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nell’informare numerose e svariate categorie di persone circa lo “stato” dell’impresa societaria e il suo “andamento”. Un proposito che non si esaurisce nella comunicazione dello strumento contabile o nella sua pubblicità, ma si collega altresì alla capacità propria del bilancio comunicato a realizzare quella informazione che, anzi, si può considerare raggiunto entro i limiti in cui quella intrinseca capacità sussista e si dimostri efficace»5.

Il bilancio è inteso come uno strumento per formulare giudizi sulla continuità aziendale, e la sua valenza diviene quella di informare circa lo stato dell’impresa e il suo andamento6,

richiedendo informazioni supplementari.

Allo stesso modo Aldo Amaduzzi contestava: «Il bilancio dice quanto il suo compilatore, in

rispondenza agli interessi semplici o combinati che lo ispirano, gli fa dire. Tuttavia il bilancio non dice nulla o dice male quando viene dettato da gruppi di interessi che fra loro non sono conciliabili nell’unica data soluzione di bilancio>>7.

5 Amodeo, il bilancio delle società per azioni come strumento di informazione 6 Amodeo, il bilancio delle società per azioni come strumento di informazione 7 Amaduzzi, conflitto ed equilibrio di interessi nel bilancio d’impresa, 1949

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1.2. INFLUENZA DELLA DISCREZIONALITÀ NEL BILANCIO

Come abbiamo evidenziato nel capitolo precedente, il bilancio rappresenta la fonte primaria di informazioni circa l’andamento economico, finanziario e patrimoniale dell’impresa.

Il bilancio deve soddisfare due esigenze principali:

 Di controllo interno, poiché è uno degli strumenti di informazione a disposizione dell’imprenditori e manager;

 Di informazione esterna, visto che contribuisce a soddisfare le esigenze conoscitive di tutti gli stakeholder;

Gli amministratori hanno il compito di redigere il bilancio, e di conseguenza influenzano direttamente il bilancio.

Esistono poi influenze indirette, queste appartengono ad altre categorie di soggetti legate all’azienda e di supporto all’amministratore, e come tali riescono, attraverso la pressione che esercitano, a manipolare il bilancio.

Le categorie interessate sono ad esempio i soci di maggioranza, soci di minoranza, il collegio sindacale, il soggetto incaricato alla revisione contabile, i dipendenti, i dirigenti, le banche, le società controllate e collegate, i fornitori e i clienti, i concorrenti attuali e potenziali, gli istituti di ricerca, la stampa e in generale, come definito da Verona, di tutti quei soggetti terzi che in qualche modo riescono a condizionare le decisioni che riguardano la formazione del bilancio8.

Tale pressione può derivare da diversi fattori che possono avere natura interna o esterna9. Tra i fattori di natura esterna rientrano10:

8 Verona, le politiche di bilancio: motivazioni e riflessi economico-aziendali 9 Duncan, 2001

10 La manipolazione dei valori di bilancio: pressioni del management e tratti personali dell’attività del

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 Le previsioni degli analisti: in quanto sono sempre più attenti alle aziende per andare a vedere se raggiungono gli obiettivi che si sono prefissati. Il mancato raggiungimento degli obiettivi porta ad una perdita di valore per le azioni;

 L’accesso al mercato del credito: gli istituti di credito e le banche utilizzano le informazioni per valutare lo stato di salute dell’azienda, il non raggiungimento dell’obiettivi può portare ad un aumento del costo del capitale;

 La concorrenza in settori competitivi: le aspettative sono quelle di mantenere alti i profitti e non mostrare segni di cedimento nella redditività;

 Il mantenimento delle obbligazioni contrattuali: la società ha istaurato particolari contratti con all’interno delle clausole riferite al raggiungimento di determinati obiettivi di reddito, di pagamento, di debito ecc.

Spesso il non raggiungimento di queste clausole comporta il rimborso delle risorse erogate, quindi una manipolazione dei valori di bilancio può far risultare degli indicatori migliori per non far saltare eventuali clausole;

 Andamento crescente del mercato azionario: per far aumentare le aspettative degli investitori e incrementare il valore delle azioni, le aziende tendono a far riconoscere delle vendite fittizie prima della chiusura dei contratti con i clienti;

 Le transazione degli strumenti finanziari: i derivati possono essere contabilizzati con una certa discrezionalità dai principi contabili;

 L’attrattività di un’operazione di fusione: una buona performance può risultare attrattiva rispetto ad una società oggetto di fusione;

 Il compenso spettante al management: le aziende legano i risultati economici conseguiti ai programma di stock option o ai bonus dei dirigenti, nel tentativo di allineare gli obiettivi del management con quelli di proprietà. Tutto questo provoca dei forti incentivi nella manipolazione dei valori al fine di raggiungere i bonus previsti;

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 Il focus a breve termine: alcune aziende si focalizzano sulle performance di breve periodo non considerando le prospettive nel lungo periodo;

 I piani annuali e obiettivi di budget non previsti: le aziende stabiliscono piani annuali e obiettivi non realistici per spingere i manager a raggiungerli. Imporre obiettivi raggiungibili può incoraggiare i manager a manipolare i valori di bilancio per avvicinarsi alla soglia;

 Le richieste di fine periodo da parte dei superiori: una significativa pressione deriva anche dai superiori sui controller per manipolare il sistema al fine di aumentare gli utili per soddisfare gli obiettivi trimestrali o di fine esercizio;

 Nascondere le operazioni illecite: le aziende per nascondere delle operazioni illecite attuano delle pratiche volte alla manipolazione dei valori;

Tra i fattori di natura interna abbiamo11:

 I bonus personali: gli incentivi dei dirigenti giocano un ruolo fondamentale sui salari. La prospettiva di bonus elevati può indurre i manager a manipolare i valori. Questo argomento verrà trattato sempre nel capitolo terzo;

 Le promozioni: alcuni individui sono in grado di far di tutto per ottenere promozioni e scalare la gerarchia aziendale;

 Il focus sul team: se l’azienda incentiva il lavoro di squadra con promozioni e aumenti, il team di finanza e contabilità ha le più grandi opportunità di influenzare i risultati aziendali;

 Mantenimento del posto di lavoro: quando le aziende hanno difficoltà nel soddisfare le aspettative, i manager delle aree con bassi performance rischiano di perdere il posto di lavoro. La manipolazione dei valori può far apparire una performance migliore e si assicurano il posto di lavoro;

11 La manipolazione dei valori di bilancio: pressioni del management e tratti personali dell’attività del

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 L’eroe o lo specialista del turnaround: gli individui possono essere motivati a manipolare per far risultare gli utili gonfiati per risultare come eroi;

 Basso rispetto per i revisori: i manager hanno una bassa opinione dei revisori in merito alle capacità dei revisori di individuare le manipolazioni di bilancio;

 L’interazione fra varie pressioni: la manipolazione dei valori può essere il prodotto di un’interazione tra varie tipologie di pressioni. Una cultura basata sul raggiungimento degli obiettivi in modo etico è meno probabile che incoraggia i manager alla manipolazione dei valori e viceversa se pensiamo ad una cultura aziendale non basata sull’eticità;

Gli stakeholder prendono le decisioni in base alle informazioni contenute nel bilancio, gli amministratori possono essere portati a manipolare i valori contabili in modo da soddisfare gli interessi dei vari stakeholder.

La conseguenza di tutto ciò è una rappresentazione scorretta e non veritiera della situazione patrimoniale, reddituale e finanziaria in cui si trova l’azienda.

Le azioni di manipolazione possono essere possibili grazie a due fattori: il primo consiste nella discrezionalità intrinseca che caratterizza il processo di redazione del bilancio mentre il secondo riguarda la presenza di asimmetrie informative nel mercato di capitali.

Per quando riguarda il primo punto, sappiamo che il bilancio è composto da valori oggettivi ovvero determinati e frutto di transazioni economiche, e valori stimati o congetturali. I valori stimati sono approssimazioni che al momento della redazione di bilancio non sono conosciute, ma che a posteriori è possibile verificare tali approssimazioni, mentre i valori congetturali sono valori comuni a più esercizi dove non sarà mai possibile verificare tali approssimazioni.

Si nota che i redattori del bilancio possono utilizzare questi spazi di discrezionalità intrinseca presenti nel processo di formazione del bilancio al fine di alterare i risultati, così da influenzare i giudizi e orientare i comportamenti dei vari stakeholder.

Infatti anche Verona sottolinea: “come la discrezionalità non sempre sia in contrasto con

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segnaletica, il contenuto e indirizzarne opportunamente gli obiettivi verso punti di massima trasparenza”.

In generale solo gli amministratori sono in grado e nelle condizioni di scegliere il valore da attribuire ad una posta contabile per rappresentare fedelmente la realtà aziendale.

La discrezionalità non deve essere sempre vista in maniera negativa, in quanto se la normativa ed i principi contabili fossero troppo rigidi rischierebbero di vincolare i redattori del bilancio, ostacolando la possibilità di giungere ad una rappresentazione veritiera della situazione economica e patrimoniale dell’azienda.

La discrezionalità è vista in maniera estremamente negativa quando viene sfruttata dagli amministratori per raggiungere degli obiettivi che non sono in linea con quelli aziendali. Pertanto non è possibile attribuire al potere discrezionale del management una connotazione positiva o negativa a priori;

L’organo amministrativo può mantenere un comportamento professionale o meno e sarà questo a determinare le criticità comunicative nei rapporti tra azienda e operatori esterni12. La discrezionalità può essere vista anche secondo altri due aspetti, quello reddituale o patrimoniale.

La discrezionalità secondo l’approccio reddituale viene utilizzata per compiere le valutazioni necessarie ad individuare i costi e i ricavi di competenza dell’esercizio, così, in base alla loro somma, possiamo andare ad individuare il reddito dell’esercizio stesso. I costi e i ricavi che non sono di competenza sono infatti rinviati agli esercizi futuri.

Nell’approccio patrimoniale le attività e le passività esistenti ad una certa data diventano l’oggetto di valutazione dei redattori del bilancio.

La loro misurazione porta alla valutazione del patrimonio aziendale, in modo tale che la variazione che il patrimonio ha subito nel tempo per effetto della gestione, sia riconducibile al risultato d’esercizio.

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Il secondo elemento che rende possibili le manipolazione dei risultati da parte degli amministratori riguarda le asimmetrie informative nel mercato dei capitali.

Le diverse categorie di stakeholder hanno differenti livelli di disponibilità delle informazioni. Ad esempio alcuni soggetti che sono coinvolti direttamente nella gestione dispongono di una informativa completa mentre soggetti esterni (come banche, clienti o fornitori) si basano su informazioni pubbliche, in particolare sul bilancio, per prendere le proprie decisioni.

Questo incentiva i manager ad alterare il bilancio in base alle reazioni desiderate dagli stakeholder in seguito alla sua pubblicazione.

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1.3. TIPOLOGIE DELLA COMUNICAZIONE AZIENDALE

La comunicazione aziendale ha come oggetto le informazioni detenute dall’azienda che si intendono condividere. Con la comunicazione non si vuole solo diffondere il valore dell’impresa, ma essa stessa crea valore incrementando il patrimonio intangibile dell’impresa.

La comunicazione posta in essere da un’azienda può assumere diversi aspetti e significati:

 La comunicazione aziendale di natura commerciale: Rivolta ai clienti finali con l’obiettivo di fornire informazioni ad essi ed influenzare il loro comportamento nell’acquisto. Con questo tipo di comunicazione si punta inoltre a consolidare i rapporti tra clienti e impresa, aumentando la quota di mercato, i volumi di attività, migliorare la notorietà e l’immagine;

 La comunicazione di natura istituzionale: Rivolta ad un pubblico eterogeneo (interno all’azienda ed esterno ad essa) e riguardante l’azienda nella sua integrità (basandosi sulla sua identità, i suoi valori e i suoi progetti), con obiettivo quello di ottenere maggiore consenso e fiducia.

 La comunicazione di tipo gestionale: Rivolta ai soggetti coinvolti nella gestione dell’impresa, con lo scopo di accrescerne la coordinazione e la collaborazione;

 La comunicazione economico – finanziaria: Rivolta a tutti gli interlocutori (come ad esempio clienti, dipendenti ed azionisti), con lo scopo sia di assolvere gli obblighi informativi (sulla gestione, sui risultati e sull’assetto reddituale, finanziario e patrimoniale dell’azienda) che istaurare un rapporto continuativo e qualificato con gli stakeholder (istituzioni, intermediari…). Uno strumento standard classico di comunicazione economico-finanziaria è l’Annual Report.

o La comunicazione economica è diversa da quella finanziaria:

o Quella economica è caratterizzata da contenuti attinenti la situazione e le prospettive di natura patrimoniale, reddituale e finanziaria;

o Quella finanziaria mira all’approvvigionamento di capitali. Il contenuto di questa tipologia comunicativa è legato agli interlocutori a cui si rivolge;

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Va posto particolare riguardo agli obiettivi informativi destinati agli istituti di credito essendo i fruitori delle risorse finanziarie che volgono la loro attenzione all’effettivo merito creditizio della società.

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1.4. INTRODUZIONE ALLA MANIPOLAZIONE DI BILANCIO

Come abbiamo definito nei capitoli precedenti, l’informazione in oggetto nel bilancio una valenza interna e esterna.

Definiti gli aspetti che portano alla redazione del bilancio, è chiaro che gli amministratori possono scegliere di manipolare i valori o di alterare i processi valutativi, per soddisfarne le attese.

Il management aziendale, che è chiamato a rappresentare all’esterno le dinamiche economico-finanziarie dell’impresa, ricorre spesso a strumenti che possono renderle poco veritiere.

Esistono due approcci alla manipolazione del bilancio: 1) L’impression management (IM)

Termine impiegato per indicare la pratica nel ricorrere a rappresentazioni non veritiere o falsate degli accadimenti, ricorrendo ad esempio a slogan, figure o grafici, surrettizi. L’IM si serve delle formalità delle rappresentazioni concesse per esprimere condizioni o risultati raggiunti come, ad esempio, i grafici impiegati per esprimere i trend.

Questo è un esempio di IM, avvenuto tramite l’adozione di un grafico.

Casi simili possono riguardare il confronto tra istogrammi relativi a traguardi raggiunti in vari anni, di cui si scelgono i trend più opportuni in modo da favorire un confronto che induca a considerazioni conclusive volute.

La Fig che segue confronta due andamenti di performance e, come è evidente, non adotta un sistema di assi cartesiani che parte dall’origine.

L’adozione di 80, come valore minimo sulle ordinate determina, come conseguenza, che i trend rappresentati risultino amplificati.

Se il sistema di assi avesse adottato lo zero sulle ordinate, la rappresentazione grafica sarebbe risultata attutita.

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Figura 1 – Esempio: Impression Management 2) L’earning management (EM)

Termine usato per indicare le forme di manipolazione di bilancio d'esercizio rese possibili ricorrendo alla discrezionalità valutativa, tese a soddisfare scopi ben precisi.

L’EM, che verrà approfondito nel capitolo successivo, invece non è manipolazione formale ma materiale, ben più grave, sebbene avente il medesimo fine di veicolare le considerazioni degli stakeholder verso risultati diversi da quelli realmente realizzati.

La manipolazione dei valori di bilancio può essere posta in essere attraverso due precise modalità:

1) Di natura contabile, che prevede la modifica dei valori di bilancio attraverso un’interpretazione discutibile dei principi contabili;

2) Di natura gestionale, attraverso la modifica dei valori di bilancio voluti dal management, in relazione alle modalità e tempi di contabilizzazione degli investimenti;

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2. EARNING MANAGEMENT

2.1. DEFINIZIONE DELL’EM

Si è più volte evidenziato come il bilancio rappresenterebbe la situazione reddituale, patrimoniale e finanziaria dell’impresa in modo veritiero e corretto.

Il processo di redazione del bilancio come abbiamo anticipato è caratterizzato da un livello di discrezionalità che può essere utilizzata dai manager per l’implementazione di politiche di earning management.

Le definizioni offerte in letteratura sono numerose ma non sempre concordanti fra di loro. Nell’ambito della letteratura nazionale l’attività di manipolazione dei valori di bilancio o earning management può essere ricondotta alle politiche di bilancio, definite come scelte valutative poste in essere dal management al fine del conseguimento di un risultato ritenuto come il più opportuno.13

Riferendosi anche alle parole di Verona “utilizzando un’accezione molto ampia, con il termine politiche di bilancio potremmo definire il complesso di tutte le manovre contabili lasciate alla discrezionalità degli amministratori, che volontariamente le pongono in essere, e di tutte le operazioni ad hoc attuate per raggiungere uno scopo diverso dal fine economico ad esse sottostante”14.

Nell’ambito della letteratura straniera troviamo Schipper che definisce la manipolazione di bilancio come l’insieme degli atti intenzionalmente compiuti dal management per influenzare il processo di informativa contabile, al fine di perseguire un interesse personale15.

13 Onida, 1974

14 Verona, 2006 le politiche di bilancio. Motivazioni e riflessi economico-aziendali. 15 Schipper, 1989

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Anche Healey e Whalen definiscono l’attività di manipolazione come quel fenomeno che ricorre quando il management utilizza i valori dei report finanziari per alterare l’informativa contabile al fine di influenzare il giudizio sul livello di performance raggiunto dall’azienda16. Analizzando le citazioni riportate, possiamo dedurre che gli amministratori incorrono in pratiche di earning management quando attuano manovre contabili nel processo di redazione di bilancio oppure quando assumono decisioni con il fine di alterare la rappresentazione economica, patrimoniale e finanziaria dell’azienda.

La manipolazione dei valori di bilancio può essere posta in essere attraverso:

 Manipolazioni dirette dei valori di bilancio;

 Modifica dei dati di bilancio con scelte discrezionali operate dal management in relazione ai tempi e alle modalità di contabilizzazione degli investimenti in specifiche attività operative;

La vastità di tecniche e di strumenti a disposizione del management per alterare il risultato di bilancio è così ampia che, secondo Verona, risulta impossibile trovare “una definizione

universale accettata in grado di cogliere tutti i molteplici e variegati aspetti del fenomeno in oggetto”17.

In letteratura non esiste una definizione che identifica quali attività ricadono nell’ambito delle politiche di earning management e quali attività non rientrano in tale accezione. È necessario rifarsi ad un criterio generale desumibile dalle definizioni, ovvero va indagato se nella condotta manipolativa degli amministratori vi sia un intento ingannevole e finalizzato a raggiungere uno scopo predefinito.

Come si fa a definire quando una pratica è legittima?

Secondo Florio <<le politiche di bilancio possono esplicarsi nel pieno rispetto delle norme e

dei principi contabili che dettano i criteri di valutazione delle poste, e non debbono necessariamente sconfinare in comportamenti illeciti e, di li, determinare la pubblicazione

16 Healey e Whalen, 1999

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di un bilancio fraudolento>>18. Nell’ampia discrezionalità che possiede il management nella redazione del bilancio, può assumere un comportamento più o meno deontologico. Invece con le politiche di earning management si vuole evidenziare, che siano lecite o meno, la manipolazione intenzionale delle risultanze di bilancio e quindi in un approccio voluto dagli amministratori.

Ricapitolando, i soggetti attivi delle politiche di earning management sono i soggetti preposti alla redazione del bilancio d’esercizio e che possono agire sullo stesso in modo più o meno ampio, per raggiungere gli obiettivi che si sono preposti a livello d’azienda e personale. Inoltre le politiche di earning management si caratterizzano per alterazione del risultato d’esercizio, secondo le finalità dei soggetti preposti alla redazione del bilancio. Si tratta di manovre non per forza illecite, ma comunque non idonee che possono trarre in inganno i vari stakeholder circa la reale situazione economica, patrimoniale e finanziaria.

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2.2. TIPOLOGIE DI EM

Come abbiamo già detto le politiche di bilancio attuate dagli amministratori hanno lo scopo di rappresentare agli occhi dei vari stakeholder una performance aziendale migliore diversa da quella reale, così da orientare i giudizi e le decisioni.

Le politiche di bilancio possono essere messe in atto durante tutto il periodo amministrativo, per questo è possibile individuare due diverse tipologie: real earning management e quelle di disclosure earning management.

L’obiettivo principale delle aziende è quello di andare a creare valore per gli azionisti con le risorse a disposizione. Gli azionisti sono incentivati ad investire solo se vedono da parte dell’azienda delle prospettive positive, quindi è interesse dell’azienda far emergere sempre guadagni positivi e in crescita. Tuttavia non è sempre possibile per azienda mantenere quelle aspettative.

Le politiche di real management possono essere definite come azioni che vengono ingegnosamente poste in essere, durante l’esercizio o in sede di redazione delle scritture di assestamento, per ottenere dei benefici che non sono propri di quella determinata operazione economica19. Attraverso queste operazioni è possibile far credere, agli stakeholder, che determinati obiettivi di bilancio siano stati raggiunti diversamente dalla realtà.

Un esempio di questo tipo di operazioni sono le concessioni di sconti vicino alla chiusura dell’esercizio per incrementare le vendite.

La possibilità di attuare queste politiche nasce dalla discrezionalità gestionale che viene lasciata al manager, i quali mettono in atto operazioni che hanno un impatto sulla situazione economico-finanziaria dell’impresa.

Per questo si parla di real management in quanto gli effetti di queste politiche non si riversano sulla performance dell’azienda ma vanno ad incidere anche sui flussi di cassa.

19 Verona R

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Queste politiche inoltre possono andare a ridurre il valore dell’azienda perché le operazioni effettuate nell’esercizio possono andare ad aumentare gli earning di breve periodo ma provocano l’effetto contrario nel lungo periodo impattando nel modo negativo sui cash flow futuri.

Per esempio, l’attuazione di una politica aggressiva di sconti sui prezzi di vendita, al fine di incrementare i volumi di vendita e raggiungere un target di breve periodo, fa sì che gli acquirenti si aspettino lo stesso livello di sconti nei periodi successivi, le vendite future sono quindi destinate a diminuire questo si traduce in margini più bassi.

Le politiche di disclosure earning management nascono dalla discrezionalità intrinseca nella redazione del bilancio e non hanno effetti sulle performance reali.

Queste politiche vengono definite come delle manovre contabili ovvero tutti quelli interventi volontari durante la registrazione in partita doppia e nel momento della redazione del bilancio che permettono di modificare la rappresentazione economico patrimoniale e finanziaria dell’impresa.

Queste politiche si basano sulla scelta della classificazione e valutazione delle poste di bilancio, dirette al raggiungimento di altri obiettivi. Se le scelte vengono compiute all’interno degli spazi di discrezionalità lasciati ai manager dalla normativa e dai principi contabili si parla di “earning management within GAAP”, al contrario se le politiche di bilancio intraprese vanno contro la normativa e i principi contabili si parla di “earning management against GAAP”20.

Questa seconda tipologia è da considerarsi illecita, mentre la prima tipologia è difficile stabilire l’illecità.

All’interno delle politiche disclosure earnings management possono essere distinte in due categorie, le politiche di classification shifting e quelle di accrual earnings management. Le politiche di classification shifting si basano sulla discrezionalità lasciata ai manager nella classificazione dei valori all’interno degli schemi di bilancio.

20 Dechow P “Earning management: reconciling the views og accounting academics, pratitioneres and

(26)

Si attuano principalmente nel conto economico e consistono nello spostamento di alcuni proventi e oneri dai componenti ordinari di reddito a quelli non ordinari e viceversa. Si tratta di una pratica di earnings management che viene messa in atto soprattutto in concomitanza di operazioni straordinarie, come fusioni o ristrutturazioni aziendali, poiché in tali situazioni è più semplice giustificare la classificazione di costi e proventi come derivanti un’operazione non ricorrente, anche se in realtà sono collegati alla gestione ordinaria dell’impresa, e viceversa.

Queste manipolazioni non modificano il risultato di esercizio complessivo ma ciò che cambia è solo la distribuzione dei valori tra componenti di reddito ordinari e non ordinari. Dato che il reddito netto di esercizio non subisce alterazioni, gli effetti di tale politica non si riversano sugli earnings futuri, i quali non subiscono variazioni.

Questo fa sì che il controllo da parte dei revisori e delle autorità rispetto a questa politica di bilancio sia più contenuto.

Tuttavia, la distinzione tra componenti di reddito ordinari e non ordinari risulta essere importante, considerando che gli utilizzatori del bilancio attribuiscono una differente valenza informativa alle varie aggregazioni di componenti che formano il risultato d’esercizio complessivo. In particolare, spesso gli analisti finanziari formulano le loro previsioni sugli earnings in termini di reddito operativo, escludendo i componenti di reddito non ordinari.

Gli amministratori possono quindi, a seconda dei casi, essere incentivati a classificare oneri e proventi come componenti ordinari o non ordinari al fine di aumentare o ridurre il reddito operativo, così da raggiungere le previsioni degli analisti.

Le politiche di accrual earnings management si fondano invece sulla presenza di margini di discrezionalità inerenti alla valutazione degli accrual.

Con il termine “accrual” identifichiamo componenti reddituali di natura non monetaria o che nel corso dell’esercizio non hanno avuto manifestazione monetaria. Il presupposto a tutto ciò è che il bilancio sia redatto secondo il principio della competenza economica.

(27)

Si tratta di valori non certi che richiedono una valutazione da parte del management a fine periodo.

La presenza degli accruals fa sì che ci sia una discrezionalità non eliminabile, infatti <<non

deve essere utilizzata strumentalmente per far venir meno l’imparzialità del bilancio, non deve essere usata dagli amministratori come pretesto per sfruttare a proprio favore, la possibilità di arbitrio>>21.

Le politiche di accrual earnings management consistono nella manovra delle stime e delle congetture dalle quali nascono i dati di bilancio, in modo da offrire una determinata immagine dell’azienda ai soggetti esterni. Si tratta quindi dell’utilizzo strumentale di tali valutazioni, che vengono formulate non con l’obiettivo di fornire una rappresentazione quanto più veritiera, corretta e chiara della performance dell’impresa bensì al fine di ottenere determinati benefici.

Tali politiche generano dei trasferimenti di utili nel tempo poiché consentono nel trasferire utili a esercizi futuri o di prendere a prestito utili da esercizi futuri.

Più specificatamente, una volta identificato un certo livello di reddito target che gli amministratori desiderano raggiungere, se il reddito effettivamente ottenuto risulta superiore a tale livello, essi agiranno in modo da ridurre il reddito corrente attraverso l’anticipazione di costi o il differimento di ricavi, mentre, al contrario, se il reddito effettivamente ottenuto è inferiore al livello desiderato l’obiettivo sarà quello di incrementare il reddito attraverso il differimento di costi e l’anticipazione di ricavi.

Si precisa che tali anticipazioni e trasferimenti hanno ad oggetto costi e ricavi stimati e congetturati. Nel primo caso si parla di politiche di “conservative accounting” mentre nel secondo di “aggressive accounting”.

Le azioni di manipolazione del reddito corrente provocano quindi delle conseguenze sui redditi futuri, in quanto generano degli effetti di segno opposto sugli earnings degli esercizi successivi: si tratta del cosiddetto “accruals reverse”.

21 Verona, 2006

(28)

Per concludere si può affermare che, attraverso l’attuazione delle politiche di accrual earnings management, si manifesta una sorta di inversione nel percorso logico che conduce alla chiusura del bilancio di esercizio: si procede dapprima alla definizione di una situazione target e si determinano, di conseguenza, i valori la cui composizione consente di raggiungere il target stesso, “piegando” opportunamente i criteri di valutazione delle poste, i metodi che danno applicazione ai suddetti criteri e la scelta dei valori che discendono da analisi prospettiche22.

22 Florio C.

(29)

2.3. ELEMENTI DI BILANCIO MAGGIORMENTE MANIPOLATI

La discrezionalità che caratterizza il manager nella redazione di bilancio non è uguale a tutte le poste che lo compongono.

La discrezionalità è minima per quelle poste in cui la transazione è terminata ed ha dato luogo allo scambio di flussi con le altre entità. Quindi se una posta ha avuto un entrata o un’uscita monetaria, è a rischio di manipolazione da parte del manager. Se invece l’operazione è ancora in corso, la discrezionalità è più o meno intensa a seconda dell’impatto della valutazione, ad esempio sarà più contenuta nella valutazione dei debiti o crediti finanziari e sarà più intensa nel caso di valutazione delle rimanenze o lavori in corso.

Il manager potrà sempre decidere di iscrivere i debiti o crediti anticipatamente rispetto alla loro maturazione, ma tali alterazioni saranno facilmente riscontrabili dagli organi di controllo.

Maggiori spazi di manovra sono possibili in quelle poste di debito o credito che non sono ancora definitivamente accertate, come ad esempio le fatture da emettere o da ricevere, che sono spesso usate come strumento di earning management.

La massima discrezionalità la otteniamo quando la valutazione riguarda una attività non monetaria o una passività spontanea, il valore che assegnerà il manager a queste poste non necessariamente corrisponderà ad una variazione nel bilancio di terzi, pertanto i redattori del bilancio possono modificare i valori assegnati a queste attività e passività senza che altri ne debbano subire direttamente le conseguenze o possano in via immediata smentire i valori assegnati.

Come abbiamo notato i principali studi di earning management si concentrano sull’uso di queste poste, come ad esempio l’ammortamenti, degli accantonamenti e delle capitalizzazioni.

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2.4. LE PRINCIPALI TECNICHE DI MANIPOLAZIONE DEI DATI CONTABILI

In questo capitolo prendo in esame le politiche di accruals earning management basate sulle valutazione di fine periodo.

2.4.1. POLITICHE DI INCOME SHOOTHING

Le politiche di income smoothing consistono in un tentativo di livellamento dei redditi, possibilmente lungo un trend crescente: la volontà è di offrire un’immagine dell’azienda stabile sotto il profilo del reddito conseguito, evitando grosse oscillazioni nel livello degli utili, che potrebbero far percepire l’azienda come maggiormente rischiosa. Pertanto, attraverso le politiche di perequazione dei redditi, gli amministratori mascherano la variabilità dei risultati d’esercizio, cercando di far apparire nel tempo un equilibrio dal punto di vista reddituale in realtà inesistente. La soglia-obiettivo da raggiungere, in una prospettiva di income smoothing, è individuata nel risultato del precedente esercizio, che “deve essere almeno riconfermato e, possibilmente, migliorato”23, seppure con aumenti contenuti, compatibili con ulteriori lievi incrementi reddituali nei periodi a venire.

Le manovre di stabilizzazione dei redditi sono quindi politiche di lungo periodo, che richiedono un monitoraggio e un intervento continuativo da parte degli amministratori, al fine di consentire un “coordinamento” con i risultati reddituali degli esercizi contigui: “è necessario, infatti, che le compressioni e le espansioni di reddito contabile vengano effettuate in modo sistematico con i relativi aumenti e riduzioni di reddito effettivo. Non si tratta quindi di aumentare o diminuire il reddito contabile per motivi di carattere contingente ed indipendentemente dal risultato degli anni precedenti o di quelli successivi”24.

Di conseguenza, se il risultato di periodo non raggiunge o supera eccessivamente il valore target rappresentato dal risultato economico del precedente esercizio, gli amministratori attuano degli interventi correttivi per aumentare o ridurre opportunamente l’utile: nei

23 Florio C. 24 Verona

(31)

periodi favorevoli effettuano accantonamenti o imputano maggiori costi discrezionali e, viceversa, nei periodi avversi utilizzano fondi, rinviano al futuro componenti negativi di reddito o cercano di anticipare ricavi. Pertanto, a differenza delle forme di earning management che verranno esaminate nel seguito, in questo caso la direzione delle manipolazioni non è univoca, ma varia in funzione di come il risultato ante manovre contabili si pone rispetto al risultato dell’esercizio precedente.

Il management intraprende politiche di questo tipo in considerazione del fatto che risultati stabili sono desiderabili sia nel momento in cui l’impresa si presenta e si rapporta con il mercato dei capitali sia nelle contrattazioni con altre realtà societarie. Considerando l’impresa meno rischiosa sotto il profilo della solidità reddituale gli azionisti dovrebbero essere disposti a ricevere una remunerazione inferiore dai capitali investiti; analogamente, ritenendo l’impresa più affidabile dal punto di vista della solvibilità, i finanziatori esterni dovrebbero essere più propensi a concedere credito a tassi più favorevoli: tutto ciò comporterebbe un minore costo del capitale per la società, con sicuri vantaggi in termini di capacità di autofinanziamento. Allo stesso tempo, imprese fornitrici e clienti, confidando nell’attitudine dell’impresa a perdurare nel tempo vista la sua stabile redditività, potrebbero voler avviare con questa relazioni commerciali durature, anche offrendo migliori condizioni quanto a servizi offerti o termini di pagamento.

Sempre con riguardo al rapporto impresa-stakeholder, la stabilizzazione degli utili distribuibili è molto spesso funzionale a garantire la stabilizzazione anche dei dividendi e quindi a consentire una costante remunerazione degli azionisti. In aggiunta, dividendi stabili o in leggero aumento, per la loro capacità segnaletica in termini di solidità economica e finanziaria, hanno solitamente effetti positivi sull’immagine aziendale: l’attitudine a generare un cash flow costante viene percepita positivamente dal mercato e può incidere favorevolmente anche sulla capitalizzazione di borsa. Vi può essere poi una convenienza personale degli amministratori a porre in essere politiche di questo tipo: infatti, come si avrà modo di argomentare al termine del capitolo, “in presenza di piani di remunerazione variabile, il management può avvantaggiarsi di un trend costante di miglioramento degli utili”.

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2.4.2. BIG BATH EARNINGS MANAGEMENT

Un comportamento di manipolazione del risultato economico alternativo rispetto a quello appena descritto ricade sotto la denominazione “big bath earnings management”.

Si parla di big bath earnings management quando, in un esercizio già caratterizzato da perdite o comunque da un utile insoddisfacente rispetto alle aspettative del mercato, i redattori del bilancio si adoperano per diminuire ulteriormente tale risultato attraverso la sopravvalutazione dei costi di competenza. In sostanza, si ritiene che i manager approfittino di un risultato già negativo per registrare perdite ancora più pesanti.

Per imputare costi aggiuntivi a bilancio il management può far leva specialmente sulle quantità stimate e congetturate: accantonamenti a fondi, elevate quote di ammortamento dei cespiti, sottovalutazione delle rimanenze a magazzino, pesanti svalutazioni.

Il ragionamento sottostante l’adozione di queste politiche è il seguente: nell’impossibilità di raggiungere il risultato-obiettivo - ovvero lo zero, il reddito dell’esercizio precedente, l’utile atteso da azionisti o analisti - si sovrastimano i costi discrezionali e si svalutano eccezionalmente delle attività in modo da ridurre in prospettiva i costi (anche relativi ad ammortamenti) e le perdite di valore che si manifesteranno negli esercizi seguenti. Il tentativo è quello di creare i “presupposti per un miglioramento delle future performance dell’impresa”25, anticipando poste contabili che potrebbero avere un impatto negativo sul risultato dei periodi successivi.

L’aspettativa di fondo è che “il conseguimento di una perdita di bilancio non ricorrente sia in un certo senso «scontato» dal mercato, in quanto analisti finanziari e investitori tendenzialmente si focalizzano sulle aspettative di reddito per il futuro”26 piuttosto che sul reddito rilevato a consuntivo. Inoltre, le reazioni degli investitori di fronte all’annuncio del mancato conseguimento del risultato atteso non dovrebbero differenziarsi proporzionalmente al divario registrato: risultati inferiori rispetto al target vengono percepiti pressoché allo stesso modo dal mercato. Pertanto la società non dovrebbe

25 Florio C. 26 Florio C.

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risentire fortemente dell’ulteriore peggioramento della performance operativa indotto dalle pratiche di earnings management.

Oltre a ciò, Tokuga e Yamashita (2011) osservano che la probabilità che vengano intraprese politiche di big bath è molto elevata in presenza di un cambiamento del management. Secondo gli Autori le imprese cercano di utilizzare il rinnovamento ai vertici come opportunità per rimuovere quegli elementi che possono mettere pressione sulle future performance. In particolare, il management appena nominato potrebbe registrare pesanti perdite nel primo esercizio di carica e cercare di addossare la responsabilità sul management che l’ha preceduto. I due autori riportano poi il caso di un “cambiamento amichevole” tra predecessori e successori: in questa ipotesi ingenti svalutazioni e altri costi discrezionali sono contabilizzati dal management uscente in concomitanza con le sue dimissioni, in modo tale da mettere il nuovo vertice nelle condizioni di conseguire un risultato reddituale soddisfacente a seguito del suo insediamento al vertice dell’azienda.

2.4.3. POLITICHE DI INCOME MINIMIZATION E INCOME MAXIMIZATION

Altre due forme con le quali l’earning management può presentarsi sono l’income minimization e l’income maximization. Come si può facilmente dedurre, si parla di income minimization oppure di income maximization qualora il comportamento degli amministratori sia orientato, rispettivamente, alla riduzione o alla massimizzazione del risultato d’esercizio. Le due politiche hanno quindi direzione opposta; infatti, come già si è avuto modo di osservare, l’intervento degli amministratori non è sempre volto al miglioramento della performance reddituale ma, anzi, in funzione delle esigenze di rappresentazione e degli obiettivi ultimi perseguiti, vi può essere un differente impatto in bilancio delle politiche manipolative poste in essere.

Nelle politiche di income minimization, di fatto, si passa dal dovuto apprezzamento prudenziale dei fatti aziendali in sede di redazione del bilancio (che comporta una “ragionevole sottovalutazione del patrimonio aziendale”27) alla deliberata e tendenziosa

(34)

minimizzazione dell’utile da parte degli amministratori, sebbene la distinzione tra questi due atteggiamenti non sia facilmente riconoscibile28: si è in presenza di pratiche di earnings management laddove nella libertà valutativa non ci si limiti a una prudenza per così dire “razionale”, ma si tenda ad eccedere nella valutazione cautelativa di alcuni valori economici col fine di abbattere volontariamente il reddito per raggiungere uno scopo prefissato29. Le politiche di income minimization possono essere attuate mediante la sottovalutazione dei componenti positivi di reddito o attraverso la sopravvalutazione dei componenti negativi: a titolo di esempio, possibili modalità di realizzazione sono la sottovalutazione delle rimanenze di prodotti finiti, eccessivi accantonamenti per spese o perdite future, la rilevazione di consistenti svalutazioni di attività materiali e immateriali (tra le quali l’avviamento). A tali interventi manipolativi corrispondono elementi dell’attivo sottovalutati o elementi del passivo sopravvalutati: cespiti iscritti a un valore contabile inferiore a quello reale, minori rimanenze nell’attivo di stato patrimoniale, fondi costituiti in misura volutamente eccedente rispetto alle effettive necessità30.

Le politiche di income minimization, andando a sottovalutare elementi del capitale investito o a sopravvalutare poste del passivo, originano delle riserve occulte, fonte, a loro volta, di autofinanziamento non palese. Infatti, i componenti negativi di reddito che sono imputati a conto economico (quali, ad esempio, maggiori quote di ammortamento, svalutazioni di cespiti, accantonamenti a fondi) non determinano una correlata uscita di cassa, pur riducendo il risultato di periodo. Si evitano così uscite di mezzi finanziari sotto forma di imposte o di eventuali dividendi e tali risorse restano nella disponibilità dell’impresa per procedere, potenzialmente, a ulteriori investimenti o al finanziamento dell’attività di gestione corrente (a meno che le risorse non siano assorbite da crediti di natura commerciale o non siano già state investite in altre poste dell’attivo): il mancato

28 Pini, 1991

29 Corsi, 2013 30 Verona

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esborso costituisce, di fatto, una fonte per consentire una maggiore autonomia dell’impresa dal punto di vista finanziario e patrimoniale31.

Inoltre, la minore redditività netta è solo temporanea e consente negli esercizi successivi di registrare risultati maggiori grazie alle ridotte o assenti quote di ammortamento delle immobilizzazioni, agli utilizzi dei fondi accantonati, ai minori componenti negativi dovuti a rimanenze iniziali: gli interventi di riduzione del reddito nell’esercizio interessato da politiche di income minimization determinano, appunto, la costituzione di riserve occulte alle quali attingere nei periodi successivi. Passando a considerare le motivazioni che inducono a implementare politiche di questo tipo, va rilevato che la riduzione del risultato di periodo è solitamente finalizzata “a riportare l’utile stesso ad un livello qualificato come soddisfacente, ossia che raggiunge il target ma non se ne distanzia eccessivamente verso l’alto”32.

Questa volontà nasce dalla considerazione che vi sono pochi benefici dall’ampio superamento del reddito-obiettivo e anzi, gli investitori e gli analisti finanziari sono portati a rivedere al rialzo le proprie previsioni circa i risultati futuri, con conseguente maggiore difficoltà per l’impresa a raggiungerli e quindi maggiore probabilità che le aspettative siano facilmente disattese negli esercizi a venire. L’eventuale delusione delle aspettative nei periodi successivi, al contrario, può provocare disinvestimenti da parte degli azionisti e la diminuzione delle quotazioni di borsa. “Questa forma di earning management può essere impiegata, inoltre, allo scopo di deprimere lo share price prima dell’acquisto di azioni proprie da parte della società o dei vertici aziendali”33. In questo caso, l’abbattimento del risultato di periodo è funzionale a far emergere minori utili distribuibili e presumibilmente dividendi ridotti; tali circostanze possono essere percepite dal mercato come un segnale negativo e, di conseguenza, possono comportare un ribasso del corso azionario che facilita operazioni di buy-back da parte dell’impresa o un’eventuale scalata del management interessato ad acquisirne il controllo (le cosiddette operazioni di management buyout):

31 Severino, 1992 32 Florio 2011 33 Florio 2011

(36)

l’impresa o gli amministratori risultano agevolati nel loro intento dal momento che possono garantirsi l’acquisto dei titoli a un prezzo “agevolato”. Gli amministratori, inoltre, potrebbero ricorrere a politiche di income minimization e così provocare una riduzione temporanea e indotta nella quotazione delle azioni semplicemente per fini speculativi: si tratta di un fenomeno noto come insider trading.

In questo caso, i manager sfruttano le informazioni private di cui dispongono (a differenza del mercato) per ottenere vantaggi personali che, nella specie, consistono nell’acquistare titoli azionari della società da loro amministrata a un prezzo che sanno essere sottovalutato e quindi vantaggioso, per poi procedere a una cessione del pacchetto nel momento in cui le quotazioni registrino una ripresa, in linea con il vero valore economico dell’impresa. Infine, le politiche in esame vengono spesso attuate anche per ridurre l’eccessivo carico fiscale che altrimenti graverebbe sul reddito d’esercizio ante manipolazioni.

Ad ogni modo, al termine dell’esercizio che risente dell’implementazione di politiche di income minimization risulta una situazione economica dell’azienda peggiore rispetto a quella effettiva. L’effetto che generalmente si determina è una minore o una mancata distribuzione di dividendi (che equivalgono a maggiori disponibilità finanziarie trattenute all’interno dell’impresa), e un connesso rafforzamento occulto del patrimonio. Contestualmente, tuttavia, può risentirne l’immagine aziendale e, pertanto, possono esserci riflessi negativi dal punto di vista finanziario: i prestatori di capitale a titolo di debito potrebbero percepire un più elevato rischio di insolvenza e quindi aumentare il tasso richiesto sui prestiti; dal canto loro, gli azionisti, considerando il basso livello di remunerazione sotto forma di dividendi, potrebbero essere più restii a investire ulteriormente nell’impresa nel caso di un aumento di capitale sociale o, addirittura, potrebbero essere indotti a disinvestire le azioni già detenute. Perciò, qualora il management decida di attuare tali politiche di bilancio deve considerare attentamente anche i possibili contro-effetti, che potrebbero controbilanciare i risultati che si puntano a raggiungere.

Viceversa, le manovre di income maximization hanno uno scopo contrapposto rispetto a quello delle politiche appena trattate, ovvero far sembrare l’esito della gestione aziendale

(37)

migliore di quanto sia in realtà. Al fine di massimizzare il risultato economico d’esercizio, gli amministratori possono sopravvalutare i componenti positivi di reddito o sottovalutare i componenti negativi. Tra le molteplici manovre sulle quali è possibile fare leva rientrano la sopravvalutazione delle rimanenze, il rinviare ai futuri esercizi la rilevazione di perdite di valore di asset (comprese le svalutazioni dell’avviamento), l’imputazione di quote ridotte di ammortamento o il mancato accantonamento a fondi.

Le manipolazioni sopra esposte, quindi, mirano a fornire una rappresentazione della situazione economico-patrimoniale dell’impresa migliore rispetto a quella effettiva ed eventualmente permettono di non far emergere perdite già verificatesi.

In genere, possono comportare vantaggi in termini di immagine aziendale percepita dagli stakeholder e conseguentemente consentire di ottenere con maggiore facilità la concessione di finanziamenti o la sottoscrizione di aumenti di capitale. In quest’ultimo caso, tra l’altro, in virtù del tendenziale aumento della quotazione azionaria conseguente alle buone performance, la società si garantisce maggiori entrate finanziarie in occasione del collocamento delle azioni di nuova emissione: infatti, a parità di aumento del capitale sociale, la società riesce a spuntare un prezzo più elevato rispetto al valore nominale delle azioni e tale differenza va a consolidare il patrimonio aziendale sotto forma di riserva da sovrapprezzo azioni. Peraltro, gli interventi volti alla massimizzazione del risultato di periodo spesso si spiegano con l’esigenza di non violare le clausole contenute nei contratti di finanziamento ed evitare così di incorrere in una rinegoziazione del prestito a condizioni più gravose per l’impresa oppure con la volontà di sostenere temporaneamente la quotazione di borsa, in particolare in prossimità di operazioni straordinarie o di aumenti di capitale.

Inoltre, il management può ricorrere a tali manovre contabili per fini strettamente personali, come ricevere una maggiore remunerazione, laddove questa sia in parte variabile e dipenda dal conseguimento di determinati livelli reddituali, oppure in vista di ottenere la riconferma dell’incarico. Nel caso di specie, in corrispondenza del rinnovo delle cariche degli amministratori, politiche di massimizzazione dei redditi si possono riscontrare per mascherare scarse performance reddituali e così evitare di essere estromessi

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dall’impresa o per ottenere un’indennità di buonuscita più elevata in caso di mancata riconferma oppure, alternativamente, per ricoprire una migliore occupazione, quale un ruolo nella direzione della società, a seguito del turnover.

Infine, specularmente a quanto avviene per le politiche di income minimization, il management può essere indotto a gonfiare la quotazione azionaria della società attraverso manipolazioni degli utili al rialzo, al fine di approfittare della sopravvalutazione dei titoli per cedere a un prezzo conveniente le azioni in suo possesso.

Tuttavia, al contempo, le politiche di income maximization determinano delle ripercussioni sfavorevoli per l’impresa. Innanzitutto, la società deve sostenere un carico fiscale maggiore rispetto a quello che graverebbe sul reddito reale, privo di manipolazioni al rialzo. Ciò a meno che i componenti positivi di reddito iscritti in bilancio non siano fiscalmente irrilevanti o che i costi differiti ai futuri esercizi non siano in ogni caso indeducibili. Un altro risvolto negativo delle politiche di income maximization consiste nel fatto che man mano che intervengono manipolazioni contabili volte a gonfiare l’utile si determina un progressivo annacquamento del capitale, ovvero vi è un incremento fittizio del patrimonio netto in quanto ad esso non corrisponde un effettivo valore dei cespiti o di altre poste dell’attivo, al netto delle passività: Florio fa notare come il valore esposto in bilancio “risulta via via superiore rispetto al capitale realmente a disposizione della realtà economico-aziendale”34. Questa situazione conduce a un potenziale pregiudizio per i creditori e per i soci stessi che, sulla base dell’informativa di bilancio, sono portati a confidare in una solidità patrimoniale che probabilmente è solo apparente. Ciò rischia inoltre di riflettersi in una potenziale distribuzione di utili non effettivamente conseguiti, con relativo impoverimento del patrimonio aziendale: i dividendi eventualmente distribuiti sono in parte privi di un fondamento economico e per di più indeboliscono l’impresa da un punto di vista finanziario. Anche nel caso di politiche di income maximization, quindi, il management deve valutare e ponderare benefici e rischi che derivano dall’attuazione di tali manovre di bilancio: in particolare, deve prestare attenzione al fatto che, nell’eventualità che

34 Florio 2011

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l’assemblea dei soci deliberi una distribuzione di dividendi, a fronte di utili distribuiti solo fittizi, vi è un’effettiva sottrazione di liquidità alla futura gestione aziendale e ciò potrebbe danneggiare pesantemente l’impresa.

(40)

2.5. I METODI PER LA MISURAZIONE DELL’EARNINGS MANAGEMENT

2.5.1. I METODI STATISTICI

La letteratura ha sviluppato diverse metodi per giungere ad una misurazione della attività di earning management.

Un primo indicatore è stato sviluppato da Healy che nel 1985 propose di utilizzare come misura dell’earnings management la differenza tra il flusso di cassa generato dalla gestione corrente (operating cash flow) e il risultato di periodo. Tale differenza permette di isolare i cosiddetti total accrual, ovvero l’insieme di quelle poste che sono frutto dell’applicazione della competenza (accrual basis) e che sono determinate in via discrezionale dai manager proprio per riflettere sul conto economico eventi che invece non sono stati contabilizzati perché non hanno avuto variazione finanziaria e che quindi, in quanto tali, non hanno avuto impatto sul flusso di cassa: ammortamenti, accantonamenti, svalutazioni, rivalutazione etc

Total Accruals = Operating Net Income – Operating Cash Flow

Inoltre, laddove, quando, come di norma accade, l’operating cash flow assume le sole variazioni di cassa e equivalenti di cassa, i total accrual che vengono così calcolati, comprendono anche i working capital accrual ovvero quelle variazioni del working capital che hanno effetto sul reddito ma non sulla cassa, come ad esempio una variazione incrementativa dei crediti [Healy 1985].

D’altra parte, la rilevazione di un accrual, come ad esempio un ammortamento, non è sempre il frutto della valutazione discrezionale dei manager. Qualsiasi azienda in regime di contabilità per competenza registra annualmente una quota più o meno ampia di accrual semplicemente perché applica i corretti principi contabili e non perché compie operazioni di earning management.

(41)

Altri autori hanno invece proposto di misurare l’earning management analizzando la variazione di specifiche voci di bilancio. McNichols e Wilson [1988], ad esempio, seguono l’andamento delle svalutazioni dei crediti e ne isolano le variazioni abnormal, mentre Beatty et al. [2002] compiono un’operazione simile con gli accantonamenti alle riserve tecniche per sinistri e danni. Stubben propone invece di concentrare l’attenzione sul rapporto tra l’andamento dei ricavi e quello dei crediti in modo da isolare la quota di questi ultimi che può considerarsi discrezionale o inattesa (c.d. discretionary or unexpected receivables) [Stubben 2010].

Tutti i metodi fin qui richiamati si basano quindi sulla ricerca delle tracce di una o più specifiche alterazioni che il management può aver strumentalmente compiuto per modificare il risultato dell’esercizio. Tanto, tuttavia, li rende inefficaci quando il management ha usato strumenti differenti da quelli ipotizzati dallo specifico modello e, in ogni caso, in tutte le ipotesi di real-based earnings management, ovvero quelle ipotesi in cui la alterazione viene ottenuta senza agire direttamente sulle voci discrezionali del bilancio ma strutturando le operazioni in modo tale che la loro corretta rappresentazione contabile conduca al risultato desiderato. È questo il caso di operazioni in leasing preferite ad un acquisto a dilazione al fine di non appesantire l’indebitamento di bilancio [Healy e Wahlen 1999], ovvero di attente programmazioni delle manutenzioni ordinarie non strettamente necessarie o dei costi di ricerca e sviluppo [Osma 2008] studiate per aumentare o diminuire i risultati di un anno rispetto a quelli dell’anno precedente o successivo, o ancora di operazioni di cessione delle partecipazioni compiute per evitare il consolidamento o della cessione di immobilizzazioni programmate per far emergere la plusvalenza o la minusvalenza in un esercizio piuttosto che in un altro. Gli effetti di questo tipo di alterazioni possono invece essere rintracciati da altri metodi che misurano l’earnings management sulla base dell’analisi delle frequenze di distribuzione, individuando andamenti anomali in corrispondenza di determinati eventi ovvero rispetto a determinati «valori soglia».

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