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L'habitat 9180* (alleanza Tilio-Acerion): caratterizzazione ed attività di conservazione nell'ambito del progetto LIFE+ "Renaix el Bosc"

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INDICE

INTRODUZIONE... 3

HABITAT 9180*: ALLEANZA TILIO-ACERION ... 7

FATTORI BIOFISICI DI CONTROLLO (Goñi, 2009) ... 13

ESIGENZE ECOLOGICHE (Goñi, 2009) ...15

MINACCE (Goñi, 2009) ...16

MEZZI DI CONSERVAZIONE(Goñi, 2009) ...17

HABITAT 9530*: PINETE MEDITERRANEE DI PINO NEGRO ENDEMICO ... 18

FATTORI BIOFISICI DI CONTROLLO ...21

ESIGENZE ECOLOGICHE ...24

MINACCE ...27

MEZZI DI CONSERVAZIONE ...28

INQUADRAMENTO DELL’AREA DI STUDIO SPAGNOLA ... 29

TINENÇA DE BENIFASSÀ, TURMELL I VALLIVANA ... 29

Caratteristiche Geomorfologiche e Climatiche (Pitarch Garcìa, 1995) ...31

L'ALT MAESTRAT ... 34

Caratteristiche Geomorfologiche e Climatiche (Pitarch Garcìa, 1995) ...36

LE AZIONI DEL PROGETTO ... 39

DISTRIBUZIONE DEL TILIO-ACERION IN ITALIA ... 44

INDAGINE BIBLIOGRAFICA ...44

MATERIALI E METODI ... 52

SCELTA DELLE AREE IDONEE ...54

ANALISI DI CAMPO ...54

Conservazione in-situ ...54

Conservazione ex-situ ...67

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INDAGINE FLORISTICA E FITOSOCIOLOGICA ...71

RISULTATI... 88

CONCLUSIONI ... 99

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INTRODUZIONE

LIFE+ “RENAIX EL BOSC”

“Renaix el Bosc” è un progetto LIFE+ “Natura” che si occupa del recupero e della restaurazione dei boschi mesofili di Tilio-Acerion presenti nella zona settentrionale della Comunità Valenciana. E’ stato approvato dalla Commissione Europea nell’anno 2011 ed ha una durata di 4 anni: ha avuto inizio il 1 gennaio del 2013 e terminerà il 31 dicembre 2017. Considerando l’elevato rischio di sparizione, l’Unione Europea classificò i Tilio-Acerion come habitat prioritario nella Rete Natura 2000; questo progetto getta le basi per una serie di azioni volte a correggere l'attuale situazione di vulnerabilità dei boschi valenciani di Tilio-Acerion in modo che possano affrontare in condizioni migliori gli effetti del cambiamento climatico. In questo modo, mentre le attuali popolazioni si rinforzano, si creano nuovi nuclei di habitat in ambienti potenzialmente validi, così da incrementare le connessioni e facilitare lo scambio genetico, utilizzando materiale da riproduzione di provenienza locale. Inoltre, verranno eliminate puntualmente tutte le specie esotiche.

Il progetto include anche metodi di rinaturalizzazione di 130 ettari di masse iperdense di pinete montane, mediante trattamenti selvicolturali diretti al controllo della densità delle piante, al fine di migliorare la struttura della copertura vegetale e l'ambiente fisico dell'habitat, incrementando così la diversità di specie e favorendo le relazioni mutualiste con la fauna. Inoltre, singolarmente si libereranno esemplari di latifoglie con l'obiettivo di aumentare la loro capacità di produzione di frutti e semi.

Gli impianti avverranno su un totale di circa 200 ettari, distribuiti in numerose parcelle di aree montane pubbliche e di aree private.

Il reperimento del materiale genetico delle specie di questo habitat permetterà di produrre le piante necessarie per il progetto e creare un fondo di conservazione del germoplasma nel Banco de Semillas Forestales de la Generalitat Valenciana.

Il progetto comprende inoltre un piano di comunicazione, divulgazione ed educazione ambientale, con l'obiettivo di diffondere i valori ecologici e paesaggistici delle popolazioni valenciane di Tilio-Acerion e generare un ampio consenso.

Si può quindi affermare che questo progetto ha come obiettivo principale quello di rinforzare le foreste di tiglio mediterranee tramite una serie di azioni dirette a correggere lo stato di estrema fragilità in cui attualmente si trovano, e, così, restituire ai boschi dei SIC

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4 della Tinença de Benifassà e de l'Alt Maestrat uno dei suoi tesori botanici più preziosi e singolari (fig. 1).

Figura 1-Localizzazione dell'area interessata dal programma "Renaix El Bosc"

Per meglio comprendere gli obiettivi del programma “Renaix el Bosc”, è meglio spiegare, in linea generale, cosa sono e di cosa di occupano i progetti “LIFE+”.

Nel 1992 è stato introdotto dall’Unione Europea il programma LIFE, con l’obiettivo di co-finanziare progetti relativi a questioni ambientali, proposti da paesi membri dell’UE, in modo da esercitare attivamente la legislazione ambientale comunitaria e promuovere lo sviluppo sostenibile nel territorio comunitario. Oltre alle varie tipologie di LIFE (Ambiente, Natura, Paesi Terzi), in passato esistevano altri strumenti di attuazione delle politiche ambientali, come “Forest Focus” e programmi su ONG. Al fine di ridurre i costi, è stata poi attuata una ri-organizzazione dei programmi ambientali in un unico regolamento, e LIFE è stato sostituito dal nuovo “LIFE+”, entrato in vigore il 1 gennaio 2007. In questo modo, ad esempio, Forest Focus è stato inserito nell'ambito LIFE+, mentre i sostegni per l'ambiente a Paesi Terzi sono stati inseriti nei programmi UE di assistenza esterna (MINISTERO DELL’AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE, 2004).

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5 LIFE + ha come obiettivo generale quello di contribuire all'attuazione, all'aggiornamento e allo sviluppo della politica ambientale comunitaria, contribuendo così allo sviluppo sostenibile; in particolare favorisce l'attuazione del 6 PAA (sesto programma comunitario di azione in materia di ambiente istituito dalla decisione n.1600/2002/CE).

E' formato da tre nuove componenti tematiche:

 LIFE + “Natura e Biodiversità”: di questa sezione fa parte il progetto “Renaix el Bosc”. E’ dedicata al mantenimento della “Rete Natura 2000”, per cui si occupa principalmente di finanziare progetti di studio, ideazione di nuovi strumenti di gestione e attività di azioni non governative nell’ambito della tutela della natura e della biodiversità. Prevede quindi numerose azioni rivolte all’implementazione di Rete Natura 2000, come ad esempio:

1. Pianificazione e gestione del sito e delle specie, incluso il miglioramento della coerenza ecologica della Rete Natura 2000;

2. Monitoraggio dello stato di conservazione, compresa la definizione di procedure e la creazione di strutture per detto monitoraggio;

3. Sviluppo e attuazione di piani d’azione per la conservazione delle specie e degli habitat;

4. Estensione della Rete Natura 2000 alle aree marine;

Come anche nelle altre 2 componenti LIFE+, in “Natura e Biodiversità” sono previste azioni dirette a proteggere, conservare, ripristinare, monitorare e favorire il funzionamento

dei sistemi naturali, degli habitat e della flora e della fauna selvatiche, al fine di arrestare la perdita di biodiversità. Quindi, in larga parte, si finanziano attività in ecosistemi forestali (MINISTERO DELL’AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE, 2004).

 LIFE + “Politica e Governance Ambientali”: questa componente prevede diverse azioni nel campo ambientale, come ad esempio nell'ambito dei cambiamenti climatici, dell’aria, dell’acqua, del suolo, delle foreste, del rumore e dell’ambiente urbano. L’obiettivo che si propone è quello di realizzare progetti di sviluppo, azioni dimostrative e strumenti innovativi, finanziamento di iniziative che sostengano la realizzazione, il monitoraggio e la valutazione della legislazione ambientale e progetti che permettano di valutare lo stato dell’ambiente e dei fattori, le pressioni e le risorse che esercitano un impatto su di esso.

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6 Anche qui è prevista una specifica sezione per le foreste con l’obiettivo di fornire un’ampia base conoscitiva per la definizione e l’attuazione di politiche sulle foreste e sul cambiamento climatico (impatto sugli ecosistemi forestali, riduzione, effetti della sostituzione), sulla biodiversità (informazione di base e aree forestali protette), sugli incendi boschivi, sulla condizione delle foreste e funzione protettiva (acqua, suolo e infrastrutture), nonché contribuire alla protezione delle foreste contro gli incendi (MINISTERO DELL’AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE, 2004).  LIFE + “Informazione e comunicazione”: costituisce una novità rispetto al precedente

programma LIFE. L’obiettivo è quello di sensibilizzare la società dell'Unione Europea per quanto riguarda le tematiche ambientali, come ad esempio la prevenzione di incendi boschivi, attraverso corsi formativi, campagne di comunicazione e conferenze.

Per quanto riguarda più da vicino il settore forestale, in questa sezione sono previste azioni che forniscano informazioni, accessibili ai cittadini, sullo stato e sulle tendenze evolutive dell’ambiente, come azioni per la diffusione di informazioni, eco-labelling, sensibilizzazione e sviluppo di specifiche competenze su temi ambientali, con

particolare attenzione alla prevenzione degli incendi boschivi (MINISTERO

DELL’AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE, 2004).

A poter ricevere dei finanziamenti tramite LIFE + sono organismi, istituzioni pubbliche e private e soggetti.

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HABITAT 9180*: ALLEANZA TILIO-ACERION

I boschi caducifogli misti sono situati in versanti molto scoscesi, con suolo colluviale, nei passi di montagna e negli ambienti di forra, e possiedono un alto grado di naturalezza ed eterogeneità, cioè di diversità strutturale, che li rende un importanti per il mantenimento di alti livelli di biodiversità. Inoltre, fungono da rifugio per specie arboree che possono sopravvivere qui per lungo tempo, svolgendo il ruolo di riserva genetica e permettendo la colonizzazione degli ambienti vicini più favorevoli ma anche più alterati a causa del dinamismo dovuto all'azione umana. Questi boschi possono avere un ruolo paleobiogeografico molto importante, tanto che la situazione topo-climatica li rende meno sensibili ai cambiamenti climatici più generali. Tutte queste proprietà li rendono meritevoli di esser considerati di interesse comunitario, indipendentemente se nel sottobosco si trovano le specie caratteristiche o differenziali della alleanza Tilio-Acerion.

I boschi dell'alleanza Tilio-Acerion sono boschi misti di specie caducifoglie secondarie (Acer pseudoplatanus, Fraxinux excelsior, Ulmus glabra, Tilia cordata) di valloni, versanti e ghiaioni di natura colluviale, in substrato preferibilmente calcareo, ma talvolta anche su substrato siliceo. Si può distinguere tra un gruppo che è tipico degli ambienti freschi e umidi (boschi igrofili e sciafili), dove abbonda il falso platano (Acer pseudoplatanus) e in cui si include la sub-alleanza Lunario-Acernion, e un altro che è tipico degli ambienti di forra secchi e temperati, dove abbondano i tigli (Tilia cordata e Tilia platyphyllos ) e in cui si include la sub-alleanza Tilio-Acerion.

Come già detto, occupano ghiaioni e pietraie di versante, ripidi pendii, la base di rupi, scoscendimenti e canyons, generalmente su substrato calcareo e in condizioni ombreggiate. Il bosco è sempre più o meno circondato o intercalato da affioramenti rocciosi.

Crescono in condizioni in cui l'evoluzione fino a boschi più frondosi (faggete o quercete) è difficile, a causa dell'intenso dinamismo dovuto all'instabilità del substrato. Altitudinalmente, si presentano sul piano di querce, pini e faggi, con cui si alternano. Nelle regioni mediterranee o submediterranee sono a contatto con leccete, querceti, pinete, ecc.

Si tratta di formazioni miste molto diverse in cui sono presenti tigli (Tilia platyphyllos, T. cordata), aceri (Acer pseudoplatanus, A. platanoides e a volte vi si possono trovare anche A. granatenses e A. campestre), olmi (Ulmus glabra), frassini (Fraxinus excelsior), sorbi (Sorbus aria, S. aucuparia), betulle (Betula pendula), accompagnati nelle zone con condizioni

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8 localmente più favorevoli da faggi (Fagus sylvatica) o querce (Quercus petraea, Q. humilis e grazie all'influenza del clima mediterraneo possiamo incontrare anche Q. faginea e Q. cerroides); tuttavia, gli alberi dominanti sono indubbiamente Tilia playphyllos e Ulmus glabra. I tronchi degli alberi più grandi sono spesso ricoperti da piante di edera (Hedera helix) e da numerosi licheni e briofite.

Il ricco strato arboreo è accompagnato da un secondo strato che presenta numerosi arbusti, come ad esempio Buxus sempervirens, Ilex aquifolium, Crataegus monogyna, Viburnum lantana,, Prunus spinosa subsp. Spinosa, Corylus hispanica, C. avellana, Cotoneaster nebrodensis, Cytisus heterochrous, Amelanchier ovalis e Ononis aragonensis, Cornus sanguinea, Euonymus europaeus, Rhamnus cathartica, ecc. Nelle zone più mediterranee la mescolanza di specie arriva ad essere inverosimile, con specie come il pino austriaco o silvestre (Pinus nigra, P.sylvestris), querce (Quercus ilex, Q. rotundifolia), acero di Montpellier (Acer monspessulanum), querceti (Quercus faginea) o arbusti come Arbutus unedo, Viburnum lantana, Coronilla emerus, e anche Jasminus fruticans, Rosmarinus officinalis, Juniperus phoenicea, ecc.

Per quanto riguarda invece lo strato erbaceo, risulta essere dominato da Primula veris subsp. columnae, P. acaubs, Thymus pulegioides, Fragaria vesca, Prunella vulgaris, Viola reichenbaniana, V. willkommii, V. rupestris, Laserpitium siler (fig. 2), Aconitum vulparia subsp. neapolitanum, Aquilegia vulgaris (fig. 3), Gentiana cruciata, Campanula glomerata (fig. 4) e da un gran numero di specie montane e subalpine di Festuca e Poa.

La scarsa estensione delle manifestazioni di questa interessante formazione impedisce di parlare di una fauna specifica, poiché vi possono trovare rifugio sia specie forestali sia quelle relazionate con le zone rocciose vicine.

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9 Figura 2 - Particolare de Laserpitium siler

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Figura 4 - Gentiana cruciata (a sinistra) e Campanula glomerata (a destra)

I boschi di tigli rappresentano habitats straordinariamente fragili e scarsi nell'ambito dell'Unione Europea, per questo si considerano di interesse speciale e di conservazione speciale all'interno dell'habitat “9180 – Foreste di versanti, ghiaioni e valloni del Tilio-Acerion”. Nei territori Oreoiberici questo tipo di foreste rappresenta un ecosistema relittico e residuale, di straordinaria rarità e di enorme valore biologico, in cui trovano il loro ultimo riparo taxa di optimum centroeuropeo, dei quali esistono pochissime località nella parte meridionale della penisola iberica (Laguna et al., 2003).

I boschi iberici di tiglio si possono suddividere in tre diverse associazioni fitosociologiche dentro la alleanza Tilio-Acerion: Hedero-Tilietum platyphylli (pirenaica e pre-pirenaica), Helleboro occidentalis- Tilietum platyphylli (orocantabrica) e Ononido arangonensis-Tilietum platyphylli (oreoiberica). I boschi valenciani di tigli fanno parte di quest'ultima associazione, caratteristica di aree ombreggiate, particolarmente umide e riparate, dei valloni e dei canyons profondi di zone calcaree, sopra substrati umiferi, spesso anche su sporgenze rocciose e ripide pareti. Il suo optimum bioclimatico è sopratemperato submediterraneo (con infiltrazioni anche in aree orotemperate submediterranee), sotto l'ombrotipo da subumido a umido, in territori con caratteristche di continentalità, sebbene possa abbassarsi fino al piano mediterraneo subumido con sfumature più litoranee. L’associazione Ononido arangonensis-Tilietum platyphylli occupa, come è normale in questo tipo di comunità, porzioni di terreno di estensione ridotta, topograficamente complementari con le serie dei querceti orotemperati continentali (Violo

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11 willkommii – Querceto fagineae Sigmetum), e in maniera più puntuale, con Junipero sabinae-Pineto ibericae Sigmetum. Occasionalmente, viene topograficamente a contatto con la serie delle leccete meso-mediterranee di matrice più litoranee (Hedero helicis – Querceto rotundifoliae Sigmetum).

Oltre alla piena corrispondenza dell’associazione Ononido arangonensis-Tilietum platyphylli con l'habitat numero 9180*, in alcune delle sue “sfaccettature” si può assimilare anche all'habitat “9580 – Boschi di Taxus bacata”, e ciò rappresenta un valore aggiunto per la sua conservazione. E' per quello che negli ultimi anni si sono create diverse figure di protezione legale per preservare questo habitat nella zona del Maestrazgo Castellonense (Crespo et al., 2008). Ad esempio, Galanthus nivalis L., una specie di interesse comunitario, trova alcune delle sue scarse popolazioni castellane in questa comunità. In ogni caso, la scarsità e la rarità di questo tipo di habitat e la sua flora associata, ci suggeriscono di impegnarsi sempre di più per assicurarne la conservazione a lungo termine.

Come già detto in precedenza, le specie vulnerabili sono Tilia platyphyllos Scop. e Ulmus glabra Huds.

Per quanto riguarda la prima, nella Penisola Iberica è limitata alle Cordigliere cantabrico-pirenaiche e al Sistema Iberico. Nella Comunità Valenciana si trova limitata alla provincia di Castellon, rappresentata da esemplari isolati o dispersi nei fondovalle, nei valloni di montagna freschi e umidi e sulle rive dei fiumi e, più spesso, rifugiato su pareti e rupi all'ombra. Si conoscono un elevato numero di località distribuite soprattutto nelle aree fresche di Penyagolosa, Els Ports e l'Alt Maestrat e nella maggior parte dei casi, corrispondono a popolazioni molto ridotte.

Per quanto riguarda invece la seconda specie citata, Ulmus glabra Huds., nella Penisola Iberica è più frequente nel suo estremo settentrionale, soprattutto nella Cordigliera Cantabrica e nei Pirenei. Nella Comunità Valenciana si conoscono 3 nuclei principali nella provincia di Castellon: le zone circostanti Penyagolosa, le montagne di Vilafranca, e le zone elevate della Tinença de Benifassà, oltre a piccole popolazioni ed esemplari isolati ad Ares de Maestre, Morella, Benassal e Vallibona. La sua situazione nella Comunità Valenciana deve esser considerata preoccupante, visti i nuclei di popolazioni poco estese, con pochi individui e esemplari solitari che si rifugiano in posizioni particolarmente fresche e umide e con scarsa rigenerazione naturale.

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FLORA

Le condizioni abiotiche descritte precedentemente (considerando il suolo come fattore abiotico) favoriscono lo sviluppo di un bosco eterogeneo tanto per quanto riguarda la composizione floristica quanto la struttura.

Strato arboreo: è ben sviluppato, ma solo poche volte presenta una copertura del 100%. Emerge la grande diversità degli alberi, essendo una caratteristica di questa comunità che nessun albero assume una posizione di dominanza.

Strato arbustivo: anche questo è molto abbondante, che siano arbusti del sottobosco sviluppati sotto la copertura degli alberi o sviluppatisi nelle radure o nelle fessure provocate dalle dinamiche geomorfologiche già descritte in precedenza.

Strato erbaceo: è ben rappresentato da un buon numero di piante da ombra tra le quali emergono alcune felci: Polystichum aculeatum, P. lonchitis, Phyllitis scolopendrium, Dryopteris spp. Possono anche esserci felci tipiche delle rocce ombreggiate, come Asplenium fontanum o A. trichomanes.

Strato muscinale: è molto caratteristico di questi boschi in cui i blocchi più o meno grandi di roccia che formano il substrato colluviale sono coperti di muschi.

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13 Figura 5 - Paesaggio del Tilio-Acerion in autunno

FATTORI BIOFISICI DI CONTROLLO

(Goñi, 2009)

I boschi caducifogli misti dei valloni di montagna sono un tipo di habitat che viene determinato totalmente grazie alla topografia. Come indica il suo nome, si trova nei versanti molto ripidi, alla base dei dirupi, alla base di gole e ripidi valloni. Questa particolarità topografica produce due effetti chiave che permettono l'esistenza di una comunità molto simile ai frondosi boschi misti atlantici, in un intorno di maggior continentalità: la formazione di un topoclima peculiare e l'esistenza di una dinamica geomorfologica molto attiva.

Il topoclima che si forma nei canyons o alla base dei dirupi consiste in: a) riduzione della insolazione;

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14 b) circolazione di correnti d'aria quasi continua che impediscono fenomeni di inversione termica;

c) inerzia termica della roccia, impedisce la veloce perdita di calore in atmosfera durante la notte;

Tutto questo riduce le oscillazioni termiche (cioè il grado di continentalità) e l'aridità estiva propria del clima mediterraneo e permette che si creino “isole di oceanicità” in cui prosperano alberi caducifogli; nelle zone con clima mediterraneo si rifugiano nelle zone ombrose e alla base degli scoscendimenti che gli forniscono ombra, distinguendosi dalle leccete, dai boschi di Quercus faginea o dalle pinete circostanti, come nelle montagne meridionali dei Paesi Baschi e nelle montagne della depressione medio pirenaica.

La gelivazione o altri tipi di meteorizzazione fisica delle rocce provocano la caduta periodica di blocchi di diverse dimensioni, creando il substrato colluviale sopra il quale si stabilisce la vegetazione in questo tipo di habitat. Le correnti d'acqua nei canyons, inoltre, quando sono di tipo torrenziale possono scalzare la base di questi colluvi, provocando a volte processi di erosione regressiva.

Come conseguenza di questa dinamica, non si formano suoli profondi e maturi, e ciò è un fattore biofisico molto importante, perché è questo che impedisce che in alcuni siti tale vegetazione si evolva fino al bosco climatico adiacente (per esempio, nelle zone ombrose delle sierras submediterranee come la Sierra de Cantabria, dove con un suolo migliore e lontano dai dirupi, si stabilisce il faggio). Questo fattore di suolo relittico di tipo colluviale è fondamentale, perché serve meglio della composizione floristica per differenziare questo tipo di habitat dagli altri boschi misti di latifoglie .

Per questo, questo tipo di vegetazione non si può considerare climacica (climatofila), ma è un tipo di vegetazione legata ad un determinato substrato, si può quasi affermare che sia una vegetazione di tipo “edafico”. Così risulta essere un tipo di vegetazione permanente, e così, per la sua difficile accessibilità, non è stata quasi maneggiata dall’uomo, per cui presenta il massimo livello di naturalezza.

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ESIGENZE ECOLOGICHE

(Goñi, 2009)

 Clima: gli ombrotipi che corrispondono a questo tipo di vegetazione sono il subumido, umido e iperumido e i tempotipo sono miti: Mesotemperato (in collina) e Termotemperato (in montagna), sebbene in alcune stazioni pirenaiche la variante con Acer platanoides possa arrivare a sopportare un termotipo Orotemperato (subalpino). Questi profili bioclimatici non corrispondono all'altitudine e alla zonizzazione biogeografica in cui si incontra l'habitat 9180*, tranne per l’effetto canyon, per il quale le oscillazioni termiche e la evapotraspirazione diminuiscono , riducendo così la mediterraneità, la continentalità e l'aridità che impediscono l'esistenza dei boschi di caducifoglie come i boschi climatofili nella maggior parte dell'areale di distribuzione.

 Topografia: è un fattore fisico chiave per identificare questo tipo di habitats. Come indicato dal suo nome, questo habitat appare in pendii ripidi, gole, alla base di dirupi, profondi valloni e versanti scoscesi. La topografia ha un doppio effetto nella formazione dei fattori chiave che condizionano l'esistenza di questo tipo di habitats: da un lato, nei grandi canyons e nei dirupi, si formano zone d'ombra con poche ore di incidenza dei raggi di sole, il quale fa sì che si riduca drasticamente l'evapotraspirazione potenziale e di conseguenza l'effetto “essiccante” delle estati mediterranee risulta essere molto smorzato. Nelle aree con clima fortemente oceanico e iper-umido, anche i ripidi versanti esposti a sud sono occupati da questo tipo di formazioni. In questo caso l'effetto della topografia smorza anche le condizioni circostanti, ma in modo diverso: in inverno un' esposizione al sole più diretta “mitiga” il versante e in estate non è necessario “fuggire” dall'insolazione perché in questo clima oceanico le estati producono uno stress minimo per calore e/o aridità.

Dall'altro lato, l'esistenza di rocce in questi boschi, nelle aree continentali e di montagna, produce perturbazioni periodiche ed evita la formazione di suoli profondi.

 Geomorfologia: questo tipo di habitat viene determinato grazie a una dinamica morfologica molto particolare, come il movimento dei collivium per il crollo di pareti rocciose o i distaccamenti che si verificano nelle gole di montagna per l’azione erosiva dell’acqua a gran velocità. Questa dinamica produce perturbazioni periodiche (rottura della vegetazione,

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16 accumulo di materiale roccioso, descalzamento dei colluvi per i torrenti o inondazioni torrenziali dei fiumi ecc..) che impediscono la formazione di un suolo profondo e maturo. In alcune occasioni questa dinamica non è molto attiva, però i ripidi versanti hanno anche l'effetto di evitare la capacità di riduzione idrica del suolo, per cui il risultato è ugualmente la formazione di suolo colluviale.

 Edafologia: i suoli che si formano sono sempre molto “rachitici”, suoli colluviali di orizzonte A-C, con uno strato di humus che deriva da una importante asportazione di materia organica dalla vegetazione che viene distrutta dalla dinamica del sistema. Il profilo edafico è del tipo idrico per quanto riguarda il grado di umidità e indifferente per quanto riguarda invece l'acidità (da acido a basico). In ogni caso, grazie ad una granulometria grossa e ad una elevata pendenza, risultano essere sempre suoli molto ben drenati.

 Dinamica: si tratta di un tipo di vegetazione poco variabile, per cui alcuni autori suggeriscono che questo tipo di ambienti, che per topografia si trovano “al limite” dei cambiamenti climatici a scala globale, siano potuti servire come “rifugio” delle specie caducifoglie oggi molto estese nella regione Atlantica.

MINACCE

(Goñi, 2009)

La maggior parte di questo tipo di boschi cresce nei barrancos isolati e poco accessibili, per cui sono boschi per niente o molto poco alterati dall'essere umano, e per questo non rispondono ad una particolare gestione. Si parlerà pertanto di boschi “topoclimatici”, di massima naturalità. Proprio grazie alla loro inaccessibilità, solo rare volte sono colpiti da incendi o dalle azioni dirette dell’uomo; nonostante ciò, queste aree sono state tradizionalmente sottomesse al bestiame da pascolo, che causa una forte erosione e danneggia gli strati inferiori della vegetazione. Questa situazione, insieme al carattere relitto dell’habitat, provoca l’assenza di rigenerazione forestale.

Dato che i boschi di tigli crescono spesso in un intorno dominato da Quercus rotundifolia o Q. faginea, sono spesso danneggiati dal bruco di Limantria dispar, un lepidottero che provoca una

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17 defoliazione completa dei querceti. Le popolazioni di questo lepidottero raggiungono un picco numerico della durata di 2 o 3 anni ogni 13 – 16 anni. Gli olmi che occupano questo stesso habitat hanno inoltre sofferto per l’attacco del fungo parassita Ceratocystis ulmi, responsabile della grafiosi dell’olmo, una malattia che comporta sintomi quali il disseccamento totale o parziale della chioma, imbrunimento totale o parziale del tronco e dei rami, largo anticipo della defoliazione (in tarda primavera).

MEZZI DI CONSERVAZIONE

(Goñi, 2009)

La maggior parte dei boschi di tiglio della Comunità Valenciana sono inclusi in 3 SIC della provincia di Castellòn: Tinença de Benifassà-Turmell-Vallivana, L’Alt Maestrat y Penyagolosa. Nonostante ciò, in nessuno di questi 3 SIC si incontra qualche figura di protezione, e soltanto una popolazione di tiglio è stata ufficialmente dichiarata microriserva: La Palomita, vicino a Villafranca del Cid.

Il tiglio e alcune delle specie associate più rappresentative di questa comunità vegetale, catalogate come rare o endemiche, sono state propagate a partire da semi e/o talee nell’ambito del progetto LIFE di “Conservazione degli Habitat Prioritari”. Nei SIC di Peñagolosa, Alt Maestrat e Tinença de Benifassà si sono introdotte piante di tiglio, scegliendo le orientazioni e le fessure adeguate nella roccia dei barrancos con popolazione naturale di tiglio. Inoltre, alcune delle piante aromatiche che crescono nei boschi di tiglio, come Thymus pulegioides, o che caratterizzano gli aspetti alterati di questo habitat, come Sideritis spinulosa subsp. subspinosa, fanno parte di un programma per incentivare l’uso di specie native di interesse economico o etno-botanico. L’obiettivo finale è rinforzare le relazioni tra la popolazione locale e la conservazione della naturalezza.

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HABITAT 9530*: PINETE MEDITERRANEE DI PINO NEGRO

ENDEMICO

Sono boschi del piano montano-mediterraneo, che spesso occupano substrati ricchi di magnesio (dolomie e serpentini), per il quale la maggior parte delle sottospecie del gruppo Pinus nigra mostra una elevata tolleranza, nonostante si ritrovino anche su substrati calcarei, marnosi e metamorfici. Spesso formano boschi molto densi con una struttura di difficile accesso.

Nelle zone di studio del progetto è presente la sottospecie salzmannii, la variante endemica occidentale di Pinus nigra, una specie ampiamente presente nelle montagne circun-mediterranee. Questa variante endemica si incontra soprattutto nella parte orientale della Penisola Iberica (nei Pirenei centrali e orientali, Sistema Iberico, Sierras Beticàs Orientale), con alcune località relitte nel Sistema Centrale.

La specie, di carattere submediterraneo e tipico della media e alta montagna, si ritrova in genere su suoli dolomitici-calcarei. Costituisce il piano forestale superiore (1.600 – 2.000 m) nei massicci meridionali, essendo rimpiazzato in queste zone dal pino silvestre all’avanzare in latitudine e al diminuire dell’influenza mediterranea. Le estensioni maggiori corrispondono senza dubbio alle zone di media montagna, tra i 900 e i 1500 metri di altitudine, nelle montagne più continentali, dove abbondano i rilievi carsici. La continentalità di queste montagne, con inverni molto freddi e gelate frequenti (tranne in luglio ed agosto), piogge abbondanti e abbondanti nevicate, e tormente estive che attenuano la siccità, favorisce la competitività di questo tipo di pinete rispetto ai querceti. A sua volta, nelle zone continentali con brughiere, lontane dall’influenza delle vette alte, con minori precipitazioni e una siccità estiva meno marcata a causa dell’assenza delle frequenti tormente, queste pinete sono sostituite da Juniperus sabina (Sistema Iberico) (Regato & Del Rio, 2009).

Le pinete di media montagna in genere sono boschi relativamente fitti caratterizzati da una tipica flora submediterranea: Juniperus communis, Aces monspessulanum, Amelanchier ovalis, Sorbus aria, Buxus sempervirens, Helleborus foetidus, Geum sylvaticum, Hepatica nobilis, Thalictrum tuberosum (fig. 6), ecc..

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Figura 6 - Hepatica nobilis (a sinistra) e Thalictrum tuberosum (a destra)

Le pinete della Cordigliera Betica e del Sistema Ibérico (Javalambre) sono formati da Pinus nigra e P. sylvestris, costituendo formazioni aperte con un manto arbustivo di Juniperus sabina, J. communis, Erinacea anthyllis, Astragalus granatensis, Vella spinosa, ecc.. Nella zona dei Pirenei e del Sistema Ibérico, una maggiore xericità del substrato e dell’ambiente (esposizioni soleggiate) può favorire il pino nero al pino silvestre in alta montagna, realizzandosi numerose situazioni ecotonali in cui entrambe le specie appaiono mescolate.

La fauna è tipicamente forestale (cervi, stambecchi, cinghiali, astori, sparvieri, ecc..) con alcuni uccelli dei boschi di conifere (fiorrancini,ecc..). Graellsia isabelae è un lepidottero particolare dei boschi iberici di Pinus nigra o P. sylvestris.

Dal punto di vista sintassonomico non esiste un parere diffuso sul ruolo delle pinete di Pinus nigra in Spagna. Sebbene ci sia un consenso generalizzato circa la sua condizione di specie frugale che colonizza facilmente i substrati rocciosi, il ruolo potenziale e climatico di Pinus nigra subsp. salzmannii nella sua area di distribuzione attuale, e il significato speciale della stessa come specie formante i boschi sciafili ben sviluppati, ancora non è stato riconosciuto dalla tradizionale scuola di fitosociologia spagnola.

La considerazione delle interazioni tra i diversi fattori ambientali di tipo geomorfologico e climatico che caratterizzano le aree di distribuzione di Pinus nigra, le perturbazioni naturali e degli stess ambientali che regolano il suo dinamismo, e l’ecofisiologia delle specie forestali di questi territori ha permesso a vari autori di interpretare da un punto di vista dinamico il valore potenziale dei boschi di Pinus nigra e descrivere comunità sintassonomiche di carattere

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20 climacico, specialmente per quanto riguarda le subspecie P. nigra subsp. salzmannii e P. nigra subsp. nigra var. pallasiana, sicuramente le due sottospecie vicarianti che condividono più somiglianze ecologiche, e che caratterizzano i boschi sub-mediterranei continentali delle montagne occidentali (in Spagna) e orientali (in Grecia e Turchia) della regione Mediterranea. D’altra parte, esistono abbondanti dati paleobotanici che dimostrano la spontaneità e il valore preponderante di queste pinete in numerose aree di distribuzione attuale, anche in zone dove sicuramente l’azione antropica quasi ha eliminato la sua presenza (soprattutto nel Sistema Centrale e nella confinante Meseta Norte). Inoltre, ci sono validi dati storici, soprattutto della metà del XIX secolo, che descrivono quelli che probabilmente furono gli ultimi boschi primari mediterranei iberici, e che dimostrano il valore climacico delle pinete di pino nero.

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FATTORI BIOFISICI DI CONTROLLO

I boschi formati da diverse sottospecie di Pinus nigra occupano in generale zone di media e alta montagna, soprattutto su substrati in cui abbondano litologie ricche di magnesio (dolomie, nel caso delle sottospecie occidentali, e serpentini nel caso di quelle orientali), manifestando un adattamento speciale a dette condizioni edafiche particolari, che risultano asfissianti per molte specie vegetali (l’abbondanza di magnesio svolge un ruolo antagonista nei confronti degli altri nutrienti, rendendo difficile la loro assimilazione a livello radicale e provocando effetti simili a quelli di un suolo povero di nutrienti).

Dal punto di vista geomorfologico, i boschi di Pinus nigra subsp.salzamannii di solito crescono in zone montuose di grande eterogeneità e dinamismo, in cui si alternano altopiani più o meno ondulati, pendenze generalmente pronunciate e con abbondanza di frane e affioramenti rocciosi, fondo valli, e creste e pareti rocciose di origine carsica che possono configurare canyons fluviali. Si tratta principalmente di litologie mesozoiche, predominando i substrati dolomitici e calcarei, a volte anche marnosi, e, eccezionalmente, in alcune zone, come nel Sistema Centrale, questi boschi occupano substrati metamorfici, come i graniti, gneiss e micascisti.

Pinus nigra è una specie che gioca diversi ruoli nella successione ecologica.

 Come specie frugale, con una gran capacità di germinare e sviluppare un potente sistema radicale di ancoraggio nelle fessure delle rocce dolomico-calcaree, svolge un ruolo importante nella successione primaria che si produce in queste situazioni, soprattutto per quanto riguarda la pedogenesi, creando minime condizioni di suolo al di sotto delle sue chiome e facilitando i processi successionali con l’entrata di altre specie.

Di fatto, i rilievi eterogenei dolomitico-calcarei in cui vivono queste pinete sono molto dinamiche, con frequenti cadute di detriti dalle pareti rocciose, che aprono cavità nelle formazioni boscose ubicate alla base di questi dirupi, e asportando sedimenti rocciosi dolomitici sopra substrati mesozoici, spesso di diversa litologia, come possono essere le arene di Utrillas, calcare e marne. Pinus nigra colonizza facilmente questi dirupi, facilitando la loro disintegrazione grazie al forte sistema radicale e svolgendo un ruolo importante nei conseguenti processi di successione secondaria.

 Come specie di elevata longevità, grande crescita e con alta capacità competitiva in determinate condizioni ambientali (clima submediterraneo-continentale, con inverni

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22 molto freddi, probabilità di gelate tranne in uno o due mesi in estate, e siccità estiva bilanciata dalla frequenza di tormente estive), Pinus nigra svolge anche il ruolo di specie dominante nelle tappe successionali più avanzate, costituendo il principale elemento della copertura arborea in questi boschi.

Questa specie longeva e frugale, è pertanto capace di adattarsi ecofisiologicamente a condizioni ambientali molto diverse, colonizzando diverse nicchie ecologiche e essendo protagonista di diverse tappe all’interno dei processi di successione del bosco. Oltre al suo speciale adattamento e all’alta capacità di sviluppo in suoli ricchi di magnesio, Pinus nigra presenta una serie di caratteristiche adattative al clima submediterraneo-continentale, che gli conferiscono un’alta capacità competitiva e un maggior potenziale di crescita rispetto ad altre specie di frondose (soprattutto querce) e di conifere (soprattutto Juniperus thurifera) con cui convive.

 Pinus nigra può resistere bene a temperature minime che arrivano anche a -25°C, condizioni che limitano la crescita delle latifoglie, soprattutto le sempreverdi, come Quercus ilex subsp. ballota;

 La sua capacità di resistenza alle gelate, che possono verificarsi in qualsiasi mese dell’anno, o più frequentemente tra gli otto e i dieci mesi all’anno, gli permette di avere un periodo vegetativo più ampio delle specie caducifoglie, come Quercus faginea, vedendosi quest’ultima costretta a rimandare l’emissione delle foglie fino a giugno e a perderle prima dell’inizio dell’autunno, e avendo così una crescita vegetativa molto limitata. Essendo quindi, nell’area di distribuzione di Pinus nigra, frequenti le gelate e essendo l’estate caratterizzata da una siccità prolungata, le specie caducifoglie dispongono di un periodo vegetativo più limitato rispetto alle pinete di pino nero. Diversi studi hanno confermato che le conifere, a differenza delle latifoglie, possono ricaricare velocemente l’alburno del loro tronco con l’acqua delle precipitazioni estive, che sono brevi e seguite da forte evaporazione, e utilizzano l’alburno come riserva idrica in estate. Questo meccanismo favorirebbe il pino nero rispetto alle latifoglie, che invece rispondono alla siccità estrema diminuendo la superficie fogliare, e risultano avere così un minor potenziale di accrescimento, a meno che non si abbiano compensazioni edafiche, come nei fondovalle e nei versanti con suoli profondi, permeabili e ben idratati;

 Inoltre, i boschi di Pinus nigra nei loro stadi più avanzati possono sviluppare una densa copertura arborea con varie classi di età e individui che superano i 30 mt di altezza, e un

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23 sottobosco ombroso che non dispone delle condizioni favorevoli per la crescita di alcuni alberi caducifogli, come alcuni aceri (Acer monspessulanum, A. opalus) e l’olmo montano (Ulmus glabra). Altre conifere ben adattate alla continentalità, principalmente Juniperus thurifera, appaiono inserite nei boschi di Pinus nigra, nelle zone di brughiera, dove le pinete presentano una struttura meno fitta dovuta alla scarsa presenza di uno strato intermedio con specie arboree e arbustive caducifoglie;

 Infine, il carattere longevo della specie, che può tranquillamente superare i mille anni di età, gli conferisce un’importante competitività in condizioni ecologiche che possono favorire altre specie di latifoglie. Questo potrebbe essere il caso della colonizzazione da parte di Pinus nigra delle radure nate dalla caduta di detriti dolomitici nei versanti meno continentali e con suoli arenosi più profondi e idratati, dove le querce potrebbero essere competitivamente più favorito. In queste situazioni si sviluppa uno strato superiore di pino nero, e uno intermedio con querce sparse nelle aree meno colpite dai detriti, essendo prevedibile il mantenimento della copertura di pini a causa della loro maggior longevità.

Sebbene Pinus nigra subsp. salzmannii, come le altre specie di pini iberici, germini con facilità nei pendii e ai bordi della strada con suoli rimossi, ha particolare necessità di ombra e umidità che favoriscano una buona rigenerazione del bosco, potendosi classificare come una specie di media-ombra. Secondo alcuni studi, le tormente estive, che caratterizzano le aree montuose continentali dei boschi di pino nero, sarebbero basilari per lo sviluppo delle pinete, soprattutto per assicurare l’esito della rigenerazione.

La struttura della pineta è fortemente influenzata sia dall’approvvigionamento legnoso che ebbe luogo in molte di queste pinete nel XIX secolo sia dalla gestione forestale esercitata nel secolo scorso, fortemente incentrata sulla produzione di legname: il tipo di disboscamento più comune contribuisce a semplificare abbastanza la struttura del bosco, creando strutture regolari o semi-irregolari in cui domina una classe di età, o strutture semi-irregolari in cui mancano fusti di età avanzata. Un’altra caratteristica di questa struttura è l’assenza di legno morto, sia in piedi che sul suolo. Cosi, i disboscamenti, insieme con la mobilitazione del suolo prodotto dal prelievo del legno, possono causare problemi di degradazione del suolo forestale con una pedogenesi molto lenta, oltre a comportare problemi di rigenerazione a causa dell’assenza di copertura. La diminuzione della superficie coperta associata a questo tipo di disboscamento facilita l’ingresso di cespuglieti e di specie erbacee più eliofile nel sottobosco (Regato & Del Rio, 2009).

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ESIGENZE ECOLOGICHE

 Clima: i boschi di Pinus nigra subsp. salzmannii occupano il piano altitudinale sopra-mediterraneo, con bioclima umido o subumido ( si parla di precipitazioni annue tra i 700 e i 1600 mm) e inverni freddi o estremamente freddi (la media della temperatura del mese più freddo è compresa tra 0°C e -7°C). Le popolazioni relitte del Sistema Centrale solo eccezionalmente si ritrovano sotto un bioclima perumido. Si tratta di un clima con grande variabilità termica e gelate frequenti lungo tutto l’anno, tranne nei mesi di luglio e agosto. Le tormente sono frequenti nel periodo di siccità estiva, da giugno ad agosto. Queste condizioni climatiche caratterizzano un clima tra il continentale ed il molto continentale, con importanti condizioni limitanti lo sviluppo vegetativo delle piante. Pinus nigra, soprattutto le sottospecie salzmannii e pallasiana, è una specie molto ben adattatasi a questo clima estremo, mostrando un elevato potenziale di crescita che lo favorisce competitivamente rispetto ad altre specie arboree.

Nelle brughiere del piano supra-mediterraneo continentale che circondano il Sistema Iberico, appena ci si allontana dalle vette più alte si perde l’influenza orografica sopra le precipitazioni, ottenendo valori annuali che non superano i 600 mm e con scarse tormente estive. Al di sotto di queste condizioni, Juniperus sabina sostituisce il Pinus nigra. Nel passaggio tra il piano sopra-mediterraneo inferiore e il piano meso-mediterraneo, i boschi di Pinus nigra subsp. salzmannii incontrano il loro limite di distribuzione altitudinale, sotto le condizioni del bioclima secco continentale, tra il temperato e il molto freddo. Sotto queste condizioni climatiche si ha il passaggio tra i boschi di pino nero e i querceti e le pinete di pino carrasco. Nelle zone di versante o di fondovalle con substrati terziari in cui si sviluppano suoli profondi e ben idratati, le pinete di pino nero cedono il posto ai boschi di querce. Sono frequenti le situazioni ecotonali, in cui il pino nero da origine ad uno strato arboreo superiore e querce o roverelle danno invece origine a un denso strato arboreo intermedio.

Questi boschi occupano anche il piano oro-mediterraneo, soprattutto nella parte meridionale del suo areale di distribuzione (dal Sistema Iberico meridionale lungo tutte le montagne Betico Orientali con vette oltre i 2000 mt di altitudine), dove l’effetto della latitudine fa sì che la siccità estiva e la variabilità termica siano più pronunciate. In

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25 questa situazione, il pino nero può condividere il piano con il pino silvestre, creando formazioni miste sopra uno strato di piante striscianti come ginepro e sabina e specie di pulvinar spinose.

Nella metà settentrionale dell’areale di distribuzione dei boschi di pino nero, la siccità estiva del piano oro-mediterraneo è molto poco marcata e il pino silvestre predomina sul pino nero. Quest’ultimo occupa principalmente le zone di maggiore xericità, come gli affioramenti rocciosi e i versanti soleggiati (Regato & Del Rio, 2009).

 Geomorfologia e suoli: i boschi di Pinus nigra subsp. salzmannii occupano principalmente substrati sopra litologie mesozoiche, con predominanza delle dolomie e dei calcari. I suoli sono in generale superficiali e poco sviluppati, appartenendo al gruppo delle rendzinas. Nei substrati dolomitici si verifica una lenta alterazione chimica che rende difficili i processi pedogenetici. Il pino nero ha un ruolo importante nella formazione del suolo in queste condizioni limitanti.

La fisiografia delle aree occupate dai boschi di Pinus nigra subsp. salzmannii è molto complessa, a causa dell’azione di modellazione carsiche e la frequente alternanza di litologie molto diverse rispetto alla disgregazione meteorica dei versanti montuosi. E’ frequente la presenza di pareti rocciose dolomitiche, che danno vita a un dinamismo geomorfologico di distacco roccioso, che mantiene la verticalità delle pareti, esportando detriti dolomitici sopra substrati di diversa natura litologica, come le marne, le arene e i calcari (Regato & Del Rio, 2009).

 Specie caratteristiche e diagnostiche: un elenco delle specie caratteristiche e diagnostiche dell’habitat 9530 è stato stilato da alcune delle società scientifiche spagnole più importanti, tra le quali “SEBCP - Sociedad Española de Biologìa de la Conservaciòn de Plantas” e “CIBIO – Centro Iberoamericano de la Biodiversidad”. In totale ammontano a circa 30 specie.

Tra le specie più significative, si possono citare Odontites viscosus subsp. granatensis e Aquilegia pyrenaica subsp. cazorlensis (fig. 8), entrambi endemismi andalusi e considerati rispettivamente come “CR” (Critically Endangered) e “EN” (Endangered) nella Lista Rossa della flora vascolare minacciata.

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26 Altre specie caratteristiche di questo habitat sono Clematis recta, Viola willkommii, Genista pumila subsp. rigidissima, Buxus sempervirens, Juniperus thurifera, J. sabina, J. phoenicea subsp. phoenicea, Ononis aragonensis (fig. 9), ..

Figura 8 - Odontites viscosus var. granatensis (in alto) e Aquilegia pyrenaica var. cazorlensis (in basso)

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27 Figura 9 - Ononis aragonensis

MINACCE

L’abbandono degli usi tradizionali del territorio porta all’uniformità delle comunità vegetali e ad un elevato accumulo di biomassa. Le pinete di pino nero non sono estranee a questa tendenza: nelle ultime decadi si è registrato un aumento di pini giovani e un accumulo di biomassa potenzialmente combustibile, con il conseguente aumento del rischio di incendi distruttivi. Inoltre i querceti climacici, considerati non prioritari, hanno iniziato a rigenerarsi a scapito delle pinete nelle zone con suoli profondi e in versanti orientati a nord.

Alcune delle migliori popolazioni di P. nigra, principalmente della sottospecie salzmannii, sono fortemente colpite dal vischio (Viscum album subsp. austriacum), un parassita vegetale che provoca seri danni in vecchi esemplari. Il pino nero è anche esposto con frequenza agli attacchi della processionaria (Thaumetopea pityocampa e Th. pinivora).

Un’ultima minaccia, grave solo localmente, è quella derivante dall’invasione delle pinete da parte di piante esotiche invasive, come Ailanthus altissima o Robinia pseudoaccacia (Regato & Del Rio, 2009).

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MEZZI DI CONSERVAZIONE

La maggior parte delle popolazioni di Pinus nigra della Comunità Valenciana sono state incluse in SIC. Senza dubbio, tranne per i frammenti di pinete che sono stati dichiarati microriserve (La Palomita, Punta de Solà d’En Brull, Pouet de Fèlix, Bovalar de Cinctorres, Barranco de las Balsillas, Barranco del Escaiz, Barranco de Jiménez), nessuna delle grandi aree di pinete risulta tuttavia essere protetta.

La normativa valenciana per la riforestazione proibisce di piantare in habitat naturali sottospecie non autoctone di qualsiasi albero forestale. Inoltre, il CIEF (Centro de Investigatiòn y Experiencias Forestales), dipendente della Consellerìa de Territorio y Vivienda, conserva semi di Pinus nigra delle popolazioni valenciane per assicurare che qualsiasi futura ripopolazione venga effettuata con piante di origine controllata.

I progetti LIFE di “Microriserve” e “Conservazione degli Habitat Prioritari” hanno promosso la produzione di specie rare, endemiche o minacciate che crescono nel sottobosco di queste pinete, come l’agrifoglio (Ilex aquifolium) o il tasso (Taxus Baccata). Inoltre si sono realizzati impianti con alcune delle specie strutturanti di questi boschi, come Acer monspessulanum, Buxus sempervirens, Arctostaphyllos uva-ursi, Prunus spinosa o Crataegus monogyna.

Dal 1999 si è messo in marcia un insieme di studi e attività destinate a assicurare la conservazione e aumentare la popolazione delle farfalle protette Graellsia isabellae, Parnassius apollo e Euphydryas aurinia. Nel 2002 venne fatto un sondaggio tra i visitatori del SIC Penyagolosa, con l’obiettivo di registrare i possibili avvistamenti di queste specie (Regato & Del Rio, 2009).

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INQUADRAMENTO DELLE AREE DI STUDIO SPAGNOLE

TINENÇA DE BENIFASSÀ, TURMELL I VALLIVANA

Figura 10 - Localizzazione della Tinencça de Benifassà (INSITUT CARTOGRAFI VALENCIA’, 2011)

Il nome della prima zona di studio del progetto è Tinença de Benifassà, Turmell i Vallivana e copre un totale di 49.598 ha. Si trova localizzato nell'estremo nord della provincia di Castellon, nella Comunità Valenciana, (fig.10) e occupa i comuni di Canet lo Roig, Castell de Cabres, Cati, Xert, Herbes, Morella, Pobla de Benifassà, Rosell e Vallibona. E' una zona poco popolata, con una densità di popolazione molto bassa. La popolazione censita nei municipi che ricadono nel SIC conta 7250 persone, sebbene contando il numero di abitanti rispetto alla parte proporzionale che occupa il SIC in ogni municipio, il numero diminuisce a 2400. Una parte significativa dell'area è compresa all'interno della Riserva Nazionale di Caccia dels Ports de Tortosa i Beseit.

Il SIC della Tinença de Benifassà include 26.000 ha (più del 50%) protetti nel Piano di gestione delle Risorse Naturali nella Tinença de Benifassà, dei quali più di 5.000 ha appartengono al

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30 Parco Naturale omonimo. Altri mezzi di protezione sono le Microriserve della Flora (in tutto 14) e i Siti di Interesse Comunale (per un totale di 4); inoltre esiste una riserva faunistica. Il principale utilizzo del suolo in questa zona è quello forestale, con 43.373 ha (87,5%) di spazio in stato naturale o semi-naturale, dei quali 34.050 ha (68,7%) sono formazioni arboree e 9.323 ha (18,8%) non arboree.

Seguono gli usi agricoli per un totale di 5.707 ha (11,5%), dei quali la maggior parte sono dedicati ad una agricoltura poco produttiva di cereali e di specie frutticole.

Un altro uso attuale di grande importanza è l'allevamento di bestiame da pascolo che viene effettuato molto sia nei terreni agricoli secchi abbandonati (960 ha) sia negli spazi naturali privi di alberi.

Le superfici urbane e le infrastrutture occupano solamente un 0,8% del totale (403 ha) e la zona assegnata all'estrazione mineraria occupa 160 ha (0,3%).

Per quanto riguarda le proprietà, 12.812 ha sono terreni pubblici (25,8% del totale), mentre il restante 75% è proprietà privata (Rivas-Martines, 1987).

Il SIC della Tinença de Benifassà è un esteso territorio montuoso nel quale sono rappresentati una grande varietà di habitats associati alla media e (in quantità minore) all'alta montagna mediterranea. Nel complesso, si ha una notevole biodiversità, sia per quanto riguarda la flora sia la fauna, con una buona rappresentanza di endemismi locali.

Possiamo trovarvi numerosi habitats, dichiarati di interesse comunitario secondo la direttiva 92/43/CEE, rientranti in sette tipologie principali: habitats di acqua dolce, brughiere e “matorrales” temperati, “matorralales” di sclerofille, formazioni erbacee, torbiere, habitats rocciosi e, infine, boschi.

Gli habitats forestali sono quelli meglio rappresentati nella zona, sia per quanto riguarda le leccete (9340) sia i boschi di roverella (9240). Bisogna anche includere le formazioni di Juniperus (5210) e di bosso (5110).

Tra gli habitats boschivi ricordiamo:

 9180*: boschi di versanti, ghiaioni e valloni del Tilio-Acerion;  92A0: foreste a galleria di Salix alba e Populus alba;

 9240: foreste di Quercus faginea e Q. canariensis;  9340: foreste di Quercus ilex e Q. rotundifolia;  9380: foreste di Ilex aquifolium;

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31  9530: pinete mediterranee di pino negro endemico. Nelle zone con altitudine maggiore appare anche Pinus sylvestris;

 9540: pinete mediterranee di pini mesogeni endemici;  9560*: boschi mediterranei di Taxus bacata;

(CONSELLERIA DE INFRAESTRUCTURAS, TERRITORIO Y MEDIO AMBIENTE, 2013).

Il Catalogo Valenciano della Flora Minacciata include 55 specie presenti all'interno del SIC, di cui sei sono vulnerabili, diaciassette sono protette non catalogate, trentuno protette ed una, Asplenium celtibericum, si considera in pericolo di estinzione.

Caratteristiche Geomorfologiche e Climatiche (Pitarch Garcìa, 1995)

Il SIC descritto fa parte del Gran Massiccio di Puertos de Beceite, suddiviso tra le Comunità Autonome di Aragon, Catalogna e Comunità Valenciana. In questo massiccio confluiscono geograficamente due sistemi montuosi, la Cadena Costero Catalana e il Sistema nororiental chiamato anche zona tabular di Maestrat. Il risultato di questa concomitanza ha dato luogo ad un insieme di montagne scoscese, che si distribuiscono tra i 400 m delle quote più basse e le vette che oltrepassano i 1.300 m di altitudine.

Alla modellazione di queste montagne ha contribuito il substrato geologico, formato essenzialmente da calcari e dolomie del mesozoico. Questi materiali si dispongono in strati, in cui i calcari hanno subito i processi erosivo e le dolomie si sono mantenute più inalterate. Il SIC è situato in materiale del Cretaceo, per la maggior parte, e del Giurassico (Liàasico). I depositi giurassici affiorano nel nucleo di grandi anticlinali con orientazione generale E-W e possono essere assegnate alle formazioni proprie della Cordillera Iberica. I depositi cretacei sono predominanti, specialmente, nel dominio strutturale del sinclinorio di Vallibona e nella zona con pieghe e faglie convergenti fino al nord.

Il SIC è situato in una zona molto scoscesa. Le principali catene montuose si sviluppano da ovest ad est e sono le Sierras de Turmell i de Vallivana a sud, le montagne di Benifassà e la Sierra de Sant Cristofol a nord. All'interno possiamo trovare un altro tipo di montagne, con una morfologia un poco più dolce, in cui si distingue la Sierra de Sant Marc.

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32 A causa di questa orografia tanto movimentata, il territorio presenta una gran quantità e varietà di corsi d'acqua con numerose fonti.

La zona si distingue in due grandi sistemi idrografici. Il primo riunisce i corsi d'acqua che arrivano direttamente fino al Mediterraneo, formando una parte della Rete di Drenaggio del Maestrazgo, essendo i corsi d'acqua più importanti di questo sistema la Rambla de Cervera e i fiumi Cérvol e Sénia; quest'ultimo fa parte del bacino di Ulldecona.

Il secondo è il bacino idrografico del fiume Ebro, essendo i corsi d'acqua più importanti il fiume Bergantes, la Rambla Escalona e il Matarraña. La maggior parte di questi fiumi ha un regime idrografico temporaneo e torrenziale, presentando un carattere permanente solo in alcune porzioni. A grandi tratti, le unità tassonomiche del suolo identificate sono le seguenti: Cambisoles, con un orizzonte B carbonatato, in generale nelle zone poco pendenti e con un profilo relativamente profondo; Kastanozems, con un orizzonte A mollico di origine vegetale, in generale, poco sviluppato, e un orizzonte B poco carbonatato con molte variazioni in profondità; Rendzinas con un orizzonte tipico AhC;e, meno interessanti per il progetto, Litosuoli e Fluvisoles.

Secondo la classificazione di Rivas Martines (1987), il SIC de la Tinença de Benifassà presenta i tipi bioclimatici Supramediterraneo e Mesomediterraneo, con precipitazioni annue che oscillano tra 350 mm e 1000 mm. Le zone selezionate per questo progetto rientrano tutte nel tipo bioclimatico Sopramediterraneo.

Nella stazione meteorologica di Morella (Lat: 40°37' Lon: 0°15'W e h:984 m) si ha una temperatura media annua di 11,3° C, essendo luglio il mese più caldo con una temperatura media di 20,3°C e gennaio il più freddo con una temperatura media mensile di 3,6°C. Le temperature massime e minime assolute sono 32,5°C, in luglio, e -6,7°C, in gennaio.

In questa stazione i mesi con temperatura media mensile superiore a 7,5°C sono otto, mesi nei quali è possibile lo sviluppo vegetazionale (fig.11).

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33 Figura 11 - Termoudogramma della stazione di Morella

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34 Le precipitazioni sono più abbondanti nei mesi di maggio, ottobre e novembre e si osserva stress idrico significativo solo durante il mese di agosto, rendendo necessarie per la sopravvivenza delle piante le riserve idriche del suolo. In questo caso le condizioni microclimatiche sono fondamentali per la definizione degli habitat di estensione molto ristretta, come nel caso del Tilio-Acerion. Nei versanti e negli ambienti di forra esposti a nord-est si può osservare un effetto provocato dalla bassa insolazione e dai venti umidi provenienti dal Mediterraneo che creano condizioni climatiche adatte per la stabilizzazione di specie di optimum eurosiberiano o atlantico, come quelle di cui si occupa questo progetto (Pitarch Garcìa, 1995).

L'ALT MAESTRAT

Figura 12 - Localizzazione de L'Alt Maestrat (INSITUT CARTOGRAFI VALENCIA’, 2011)

Il SIC de l'Alt Mestrat si trova a nord della provincia di Castellon nella Comunità Valenciana (fig. 12) e occupa i comuni di Ares del Mestre, Benasal, Castellfort, Cati, Cinctorres, Forcall, La Mata de Morella, Morella, Portell de Morella, Todolella e Vilafranca del Cid. Anche questa risulta essere una zona poco popolata, ma sicuramente presenta un numero di abitanti maggiore rispetto all'area di studio descritta precedentemente.

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35 Include aree sotto diverse figure di protezione disciplinate dalla legislazione regionale e locale come le Microriserve della Flora, che sono 17, e i Siti di Interesse Locale, che invece sono 3. L'uso principale della zona è quello forestale con 34.069 ha (78%) di spazio naturale o semi-naturale, di cui 18.585 (42,7%) sono formazioni arboree, il resto non arboree. Anche qui il secondo utilizzo principale è quello agricolo, basato principalmente sulla coltura di cereali, specie frutticole e infine vigne. Un altro uso è sempre quello relativo all'allevamento di bestiame da pascolo, sia in terreni secchi abbandonati sia nelle zone naturali non arboree. Le superfici urbane e le infrastrutture occupano solamente l'1,83% del totale (582 ha) e le zone di estrazione mineraria lo 0,8% (364 ha).

Per quanto riguarda le proprietà, circa il 10% dei terreni sono pubblici (4.009 ha), mentre il restante 90% è privato (Rivas-Martines, 1987).

Il SIC de l'Alt Maestrat fu proposto il 01-Dic-1997 e attualizzato il 01-Mar-2004.

E' una zona di elevata qualità paesaggistica, in cui si trovano i molti dirupi nei quali, nei boschi misti, trovano rifugio specie uniche del Mediterraneo, proprie della regione eurosiberiana. Alternati a questi dirupi, si trovano le brughiere di Juniperus sabina tipiche della zona del Maestrazgo.

Tra gli habitats boschivi ricordiamo:

 9180*: foreste di versanti, ghiaioni e valloni del Tilio-Acerion;  92A0: foreste a galleria di Salix alba e Populus alba;

 92D0: gallerie e forteti ripariali meridionali (Nerio-Tamaricetea e Securinegion tinctoriae);  9240: foreste di Quercus faginea e Q. canariensis;;

 9340: foreste di Quercus ilex e Q. rotundifolia;

 9530*: pinete (sub)mediterranee di pino negro endemico. Nelle zone di altitudine maggiore appare anche Pinus sylvestris;

 9540: pinete mediterranee di pini mesogeni endemici;  9560*: foreste mediterranee endemiche di Juniperus spp;  9580*: foreste mediterranee di Taxus baccata;

(Conselleria de Infraestructuras, Territorio y Medio Ambiente, 2013).

All'interno della grande biodiversità della zona, bisogna inoltre ricordare, sia per estensione sia per interesse, oltre alle lande oromediterranee endemiche a ginestre spinose (habitat 4090), i

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36 matorral arborescenti con Juniperus spp. (habitat 5210), le formazioni erbose calcicole alpine e subalpine (habitat 6170), le pareti rocciose calcaree con vegetazione casmofitica (habitat 8210), ed i fiumi mediterranei a flusso permanente con Glaucium flavum (habitat 3250), ecc.. (Rivas-Martines, 1987)

Nel sito sono presenti 41 specie comprese nel Catalogo Valenciano della Flora Minacciata (decreto 70/2009 del Consell), e di queste sei sono vulnerabili, sette sono protette non catalogate, ventisei sono protette e due, Apium repens e Spiranthes aestivalis sono in pericolo di estinzione

Caratteristiche Geomorfologiche e Climatiche (Pitarch Garcìa, 1995)

Questa zona appartiene al Sistema Iberico Nordorientale, nella zona pianeggiante del Maestrat, che si distingue per una struttura con ondulazioni anticlinali e per le pieghe, lasciando a nord il settore piegato e ad est-sudest il settore fratturato. I materiali della zona provengono esclusivamente dal Cretaceo; la matrice minerale del substrato è predominata da materiali di origine calcarea e marne, seguiti da dolomie e arenarie.

Questa zona non è tanto aspra e sconnessa come l'area de la Tinença. Qui possiamo trovare valli più estese rispetto al primo sito, nel quale invece sono tagliate da profondi e scoscesi dirupi. Le montagne principali sono la Sierra d’Enseller, i monti del Boalar e la Sierra Palomita.

Per quanto riguarda l'idrografia, anche questa zona si divide negli stessi due sistemi idrografici. Alla Red de Drenaje del Maestrazgo appartengono il fiume Montlleò e la rambla Carbonera e fino al bacino dell'Ebro si trovano alcuni affluenti del fiume Bergantes come i fiumi Cuba e Cantavieja e le ramblas di Celumbres e della gola di Ares. La maggior parte di questi fiumi ha un regime idrico temporaneo e torrenziale, con carattere permanente sono in alcuni tratti.

Per quanto riguarda questo aspetto i due siti presentano condizioni molto simili, essendo la unica differenza che in questo SIC troviamo, rispetto al primo sito, in misura maggiore le Rendzine su materiale calcareo ben consolidato, dove abbonano di più i materiali marnosi.

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37 Climatologicamente parlando valgono le stesse considerazioni fatte per la Tinença de Benifassà: anche la zona de L’Alt Maestrat è interessata dai tipi bioclimatici Supramediterraneo e Mesomediterraneo, e la quantità di precipitazioni medie annue varia ancora tra i 350mm ed i 1000mm.

La stazione meteorologica più vicina è situata nella piccola città di Vilafranca (Lat: 40°26' Long: 0°15'W e h: 1.125 m). Qui è stata registrata una temperatura media annua di 10,6°C, ed i mesi rispettivamente più caldo e più freddo sono luglio (con temperatura media di 19,9°C) e gennaio (che presenta una temperatura media di 3,5°C). Per quanto riguarda le temperature assolute, la massima corrisponde a 31,8°C di luglio, la minima a -5,9°C di gennaio.

In questa zona, i mesi in cui la temperatura media mensile supera i 7,5°C sono sette, uno in meno rispetto alla Tinença de Benifassà (fig. 13).

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38 Figura 13 - Termoudogramma de L’Alt Maestrat

Per quanto riguarda le precipitazioni, valgono le stesse considerazioni fatte per il sito descritto in precedenza: sono più abbondanti nei mesi di maggio, ottobre e novembre, mentre agosto è il mese in cui lo stress idrico raggiunge livelli significativi, per cui la presenza di riserve idriche

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39 del suolo risulta fondamentale. Quindi, concludendo, si può affermare che anche qui le condizioni microclimatiche abbiano un ruolo definitivo per quanto riguarda la crescita e l’espansione degli habitat in cui è presente l’alleanza Tilio-Acerion; le condizioni climatiche ideali per la crescita delle specie di questa alleanza si ritrovano nelle zone esposte a nord – nordest, grazie alla combinazione di una bassa insolazione con i venti umidi mediterranei.

LE AZIONI DEL PROGETTO

Come già spiegato in precedenza, gli obiettivi di “Renaix el Bosc” sono fondamentalmente di 3 tipi: educazione ambientale, conservazione ex-situ e conservazione in-situ, e di conseguenza le azioni proposte dal LIFE+ in questione ricalcano queste 3 categorie di traguardi; in totale le azioni sono 24, riconducibili a 6 categorie, come riportato nelle seguenti tabelle.

A. Azioni preparatorie, elaborazione di piani di gestione e/o di piani d’azione

Codice azione Nome dell’azione

A.1 Caratterizzazione floristica e fitosociologica delle ristrette aree di Tilio-Acerion della zona;

A.2 Caratterizzazione dettagliata delle parcelle nelle quali si va ad intervenire;

B. Azioni concrete di conservazione

Codice azione Nome dell’azione

B.1 Miglioramento della struttura del bosco;

B.2 Eliminazione delle specie arboree alloctone;

B.3 Raccolta del materiale forestale di riproduzione;

B.4 Produzione delle piante;

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40 C. Monitoraggio dell’impatto delle azioni del progetto

Codice azione Nome dell’azione

C.1 Analisi degli impatti delle azioni di conservazione;

C.2 Valutazione della qualità dei lotti di semi conservati;

C.3 Monitoraggio delle fasi post-piantagione;

C.4 Analisi dell’impatto socio-economico del progetto

D. Sensibilizzazione del pubblico e divulgazione dei risultati

Codice azione Nome dell’azione

D.1 Campagna di divulgazione e sensibilizzazione ambientale;

D.2 Disegno, impostazione grafica e produzione di materiale tecnico e

divulgativo;

D.3 Informe divulgativo (Layman report);

D.4 Pagina web;

D.5 Segnaletica (disegno e fabbricazione);

D.6 Partecipazione nella campagna educativa scolastica dal titolo “Ajudem el Nostre Bosc”;

D.7 Giornate e seminari tecnici per esperti e gestori locali; D.8 Laboratori e seminari per stakeholders e proprietari rurali;

E. Funzionamento complessivo del progetto e monitoraggio dei progessi

Codice azione Nome dell’azione

E.1 Costituzione di reti con altri progetti;

E.2 Piani di comunicazione e conservazione dopo il LIFE;

La prima delle azioni effettuate è quella relativa alla caratterizzazione botanica e fitosociologica delle attuali stazioni di Tilio-Acerion (A1), proponendo un insieme di azioni mirate a correggere l’elevata vulnerabiltà dell’habitat.

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