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UN APPROCCIO MULTIDISCIPLINARE PER LA CURA DELLA PERSONA: LA MEDICINA NARRATIVA.

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UNIVERSITA’ DI PISA

Facoltà di Scienze Politiche

Corso di laurea Servizio Sociale e Politiche Sociali

TESI DI LAUREA

Un approccio multidisciplinare per la cura della persona: la medicina

narrativa.

Candidata Relatrice

Michela Mistretta

Prof.ssa Rita Biancheri

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INDICE

INDICE ... 2

INTRODUZIONE ... 3

CAPITOLO 1: LA SALUTE E LA CURA DELLA PERSONA NELLA SUA COMPLESSITÀ ... 6

1.1. La Definizione di Salute secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità ... 6

1.2 Le caratteristiche del Servizio Sanitario Nazionale ... 12

1.2.1 La Carta dei Servizi Nazionale dal progetto teorico all’applicazione ... 25

1.2.1.1 La Carta dei Servizi della Regione Toscana... 31

CAPITOLO 2: ATTORI ED INTERAZIONI IN TRASFORMAZIONE ... 38

2.1. Le trasformazioni del ruolo medico ospedaliero e delle altre figure professionali ... 41

2.2. Pazienti, utenti, clienti, cittadini ... 47

2.3. Dal paternalismo alla compliance ... 53

2.4. Processi di cura e di partecipazione oggi ... 58

CAPITOLO 3: LA MEDICINA NARRATIVA ... 64

3.1. La Medicina Narrativa come supporto alla Medicina tradizionale ... 67

3.1.1 Cos’è e come nasce la Medicina Narrativa ... 68

3.1.2 Criteri e metodi della Medicina Narrativa ... 71

3.2. La necessità di un medico narrativo nel futuro servizio socio-sanitario ... 72

3.3. La Medicina Narrativa nell’approccio con i pazienti ... 74

3.4. Il decalogo degli aspetti relazionali come parte integrante della Medicina Narrativa ... 76

3.4.1. Il Progetto NAME come esempio di Medicina Narrativa applicata ... 79

CONCLUSIONI ... 81

BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO ... 83

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INTRODUZIONE

L'interesse verso il tema in oggetto, “La Medicina Narrativa. Un approccio multidisciplinare per la cura della persona”, può essere considerato un

approfondimento di un percorso di studio e di riflessione iniziato con la stesura della tesi triennale, “Le trasformazioni del Sistema Sanitario in ottica partecipativa, l’empowerment del cittadino-paziente, il reclamo come diritto individuale e collettivo”.

In quell’occasione, era stata avviata una prima analisi del percorso che il sistema sanitario conduce quando si apre alle istanze di partecipazione dei pazienti, a cominciare dalla disposizione dei primi strumenti, per poter analizzare le possibili strade che consentono ai cittadini e/o ai loro familiari di richiedere il rispetto dei propri diritti.

In questo elaborato invece l’intento è quello di orientare l’analisi sul tema specifico del rapporto tra il personale curante e i pazienti, approfondendo gli apporti positivi offerti dalla medicina innovativa, scoprendo i vantaggi che la pratica narrativa può apportare alla medicina tradizionale, con una viva attenzione a quella che è la posizione di maggior rilievo in questo elaborato, quella dei cittadini-utenti.

Nel primo capito verrà introdotto il concetto di salute, e, a partire dalla definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, ne verrà offerta una definizione quanto più possibile precisa ma anche in grado di restituirne la complessità e se ne

sottolineerà il legame con i diritti alla cura.

L’analisi proseguirà con quelli che potrebbero essere considerati i tratti esclusivi del sistema sanitario nazionale, includendo i principi che riconoscono e regolarizzano tale sistema nella società.

Verranno studiate le varie figure professionali che vi lavorano e l’istaurarsi del rapporto di fiducia tra esse e il paziente, fulcro del loro operato.

Verrà quindi approfondito poi il rapporto medico-paziente: sia dal versante della patologia e della sua influenza su tale rapporto in base a severità, durata e prospettive

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di cura, sia dal versante delle interazioni con i familiari del paziente; tenendo conto delle più recenti trasformazioni organizzative e procedurali che vanno a ridisegnare gli attuali setting di cura.

Per tale motivo il rapporto tra il medico ed il paziente entra in collisione con quelli che sono i principi cardini del Sistema Sanitario Nazionale e i diritti inviolabili del malato, enunciati nella Carta dei Servizi; portando al sorgere di un ente, come

l’Ufficio Relazioni con il Pubblico, che gestisce la reazione del paziente nei confronti del personale della struttura sanitaria, con cui è venuto a contatto, e gli ha permesso di rilevare un disservizio nei suoi confronti, o nei confronti dei propri congiunti.

Un ente al quale è possibile rivolgersi quando si parla di reclami e segnalazioni nei confronti del personale ospedaliero.

Nel secondo capitolo sarà evidenziato sia l’evoluzione che la figura del paziente percorre, da soggetto passivo in cui non può esprimere la propria opinione sul suo percorso di cura, al divenire soggetto pienamente attivo nelle decisioni dirigenziali che riguardano il suo stato bio-psico-sociale, sia l’evoluzione che hanno avuto le figure di cura, dato tale evoluzione del paziente.

Con la Medicina Narrativa, si arriverebbe a promuovere l’istaurazione di un rapporto di fiducia e di un dialogo tra colui che viene curato e colui che detiene il sapere scientifico per farlo, con il fine ultimo di riuscire a prendere una decisione che sia consapevole, efficace e condivisa sul percorso di cura e raggiungere così l’auspicata guarigione.

Proseguendo, si chiarirà cosa si intende per Medicina Narrativa, come nasce, quali sono i criteri e metodi da essa adottati, facendo emergere come nel futuro del Servizio Sanitario vi è il bisogno di un medico narrativo.

L’analisi della medicina narrativa proseguirà con lo studio del suo inserimento nella quotidianità dei pazienti; in particolare sarà effettuato uno studio della medicina narrativa scomponendola in due blocchi, da un lato le trasformazioni che il paziente subisce, con le sue accezioni, che cambiano nel tempo, dall’altro lato verranno analizzate le trasformazioni che ha subito il medico, soprattutto dopo i due grandi cambiamenti che hanno modificato il sistema sanitario, la burocratizzazione e

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5 l’aziendalizzazione.

Il percorso fino a qui intrapreso permetterà di sottolineare ancora una volta la centralità della comunicazione tra attori interagenti: le mancanze potremmo dire “qualitative e/o quantitative” di dialogo tra medico e paziente sono preludio di difficoltà di espressione e di comprensione, di adesione alla cura, di fiducia. La medicina narrativa, in questo elaborato, verrà ad assumere quindi un possibile strumento da poter utilizzare per costruire un dialogo consapevole ed efficace nel percorso di cura tra medico e paziente.

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CAPITOLO 1: LA SALUTE E LA CURA DELLA PERSONA

NELLA SUA COMPLESSITÀ

Molto spesso si sente parlare di salute, in particolare di salute in ambito sanitario, come un concetto ormai di uso comune, ma è in realtà un concetto che, come è stato più volte sottolineato dalla letteratura sociologica e medica, per sua natura risulta essere ambiguo e polifemico.

Occuparsi di salute oggi però significa cercare di entrare in un grande universo, poiché sono infinite le prospettive disciplinari da cui poter leggere questo concetto, a tal proposito, diviene prioritario allora chiarire il percorso dell’oggetto di studio, il concetto di salute, nel tempo, per definire come si è affermato ed evoluto.

1.1. La Definizione di Salute secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità Il concetto di salute che comunemente viene usato, è stato formulato per la prima volta nel 1948 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e ancora oggi, è alla base della definizione ritenuta ufficiale del termine "salute".

La definizione formulata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, che in questi quasi 60 anni si è sempre di più affermata, è la seguente:

La salute è uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non consiste soltanto in un’assenza di malattia o di infermità1.

In questa concisa frase, emerge con forza la centralità non solo dei “fattori

individuali” legati al corpo e alla psiche, ma anche dei “fattori di contesto”, poiché è a partire dal contesto sociale in cui l’individuo si colloca e interagisce, che essa si determina come condizione.

1 http://www.move-europe.it/Salute.htm

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Nel corso degli ultimi decenni, il mondo medico ha avuto modo di ri-elaborare ed approfondire questo concetto; in particolare nel 1966 Seppilli, introduceva alcuni elementi che inserivano invece una chiave di lettura innovativa, del concetto di

salute:

La salute è una condizione di armonico equilibrio, fisico e psichico, dell’individuo, dinamicamente integrato nel suo ambiente naturale e sociale2.

In particolare, le parole “armonico equilibrio” all’interno di questa definizione di salute delinea una dimensione dinamica alla salute, ecco che proprio in questo caso l’equilibrio diviene una costante combinazione tra il mondo interno di ogni singolo individuo, ovvero la capacità di controllo, ed il mondo esterno, consistente nella situazione favorevole o sfavorevole dell’ambiente reale o da esso percepita. Qualche anno dopo Antonovski, nel 1979, nel definire il suo modello di salute, sostenne che:

La salute si presenta come un continuum, una proprietà del sistema vivente, che non è perfetto ed è soggetto a processi antropici e a inevitabile morte. Tutto individuabile nel continuum3.

Prendendo spunto proprio tra questi modelli e da altri, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, conosciuta nel mondo anche con l’acronimo OMS, articolò

ulteriormente il concetto di salute, enunciato in un documento del 1984 sulla promozione della salute, redatto in vista della preparazione della Carta di Ottawa, recitava:

(...) una concezione di "salute" intesa come campo di applicazione delle

2 http://www.move-europe.it/Salute.htm 3 Ivi

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capacità individuali o di gruppo, intese a modificare o a convivere con l’ambiente. La salute è quindi vista come una risorsa della nostra vita quotidiana, e non come lo scopo della nostra esistenza; si tratta di un concetto positivo che pone l’accento sia sulle risorse personali e sociali che sulle capacità fisiche4.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità assume quindi due funzioni: definire la salute come concetto ed affermarsi nel mondo come ente per la

promozione della salute; ma è a partire dal 1978 con la dichiarazione di Alma Ata,

che prende il via una diversa e nuova prospettiva di sanità pubblica, focalizzando l’attenzione sull’importanza della prevenzione all’interno dei sistemi sanitari nazionali e nell’ambito delle politiche sanitarie nazionali e internazionali. Successivamente, nel 1984 sono state create le basi concettuali della promozione della salute e una prima definizione di essa stessa:

La promozione della salute è il processo che permette alle persone di aumentare il controllo su di sé e migliorare la propria salute5.

Ma è nella Conferenza dell’OMS, che si tenne ad Ottawa in Canada il 21 novembre 1986, che fu redatta una carta sulla promozione della salute, in particolare nel documento finale di essa, che prese il nome “La Carta di Ottawa”, viene fornita una definizione più elaborato di promozione della salute:

La promozione della salute è il processo che conferisce alle popolazioni i mezzi per assicurare un maggior controllo sul loro livello di salute e migliorarlo. Questo modo di procedere deriva da un concetto che definisce la salute come la misura in cui un gruppo o un individuo possono, da un lato, realizzare le proprie ambizioni e soddisfare i propri

4 http://www.move-europe.it/Salute.htm 5 Ivi

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bisogni e dall’altro, evolversi con l’ambiente o adattarsi a questo. La salute è dunque percepita come risorsa della vita quotidiana e non come il fine della vita: è un concetto positivo che mette in valore le risorse sociali e individuali, come le capacità fisiche. Così, la promozione della salute non è legata soltanto al settore sanitario: supera gli stili di vita per mirare al benessere 6.

Inoltre, venne suggerita anche una strategia articolata su cinque azioni: · Costruire una politica per la salute

· Promuovere idee, dare mezzi (per attuarle), mediare (fra interessi conflittuali con quelli della salute)

· Rinforzare l’azione comunitaria (partecipazione), sviluppo delle capacità individuali · Creare un ambiente favorevole

· Riorientare i servizi sanitari

Ma soltanto nel 1988 venne redatto un glossario, pubblicato poi quasi dieci anni dopo, in cui l’Organizzazione Mondiale della Sanità definì la promozione della salute come:

il processo che conferisce alle persone la capacità di aumentare e migliorare il controllo sulla propria salute7;

Oltre tutto, questa specifica capacità rappresentava e continua a rappresentare un processo globale, sociale e politico, vale a dire che non comprende solo le azioni dirette a rinforzare le capacità degli individui, ma è primariamente volta alle azioni che sono dirette a cambiare le condizioni sociali, economiche, ambientali; in modo tale che si riduca l’impatto sulla salute, pubblica e individuale, di tutto quanto le è sfavorevole, e si incentivi invece tutto quello che la porta ad una crescita globale per

6 Ivi

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10 tutti gli individui.

Per tale motivo l’Organizzazione Mondiale della Sanità invita a considerare tre prospettive, vale a dire contesto di cura, dialogo ed ascolto, ritenute fondamentali per il benessere delle persone, ed è proprio basandosi su quanto detto, che il Sistema Sanitario Nazionale dovrebbe progettare le proprie politiche dirigenziali.

Purtroppo ancora oggi le discipline che si occupano di salute, nella sua accezione olistica, tardano a trovare chiavi di lettura in grado di superare l’auto-riflessività dei saperi.

Anche Rogers (2000, p.49), nella sua tesi ritenne che:

L’esperienza può alterare la biologia del cervello in termini di struttura e funzionalità cellulare, proprio come l’effettiva secrezione di ormoni, mentre fattori biologici possono influire sul modo in cui le esperienze vengono recepite ed elaborate. In ogni stadio dell’ontogenesi si hanno interazioni complesse fra fattori specifici o modificabili in termini di sviluppo.

Come si può desumere, quindi, da quello che lo stesso Rogers ha definito, lo sviluppo del comportamento risulta complesso poiché interagiscono molteplici fattori in ogni stadio di codesto processo, essendo coinvolti soprattutto fattori ritenuti dinamici. Se si effettuerebbe quindi un’analisi dello sviluppo delle differenze sessuali, questa definizione avrebbe maggior valenza se si tenesse conto di tutti i principali fattori che risulterebbero in grado di contribuire allo sviluppo delle differenze.

Secondo studi successivi, le interazioni tra fattori biologici e quelli ambientali, hanno stabilito che, vi è una diversificazione sessuale dei genitali e del cervello già nella vita intrauterina, ma essa vi porta limitate differenze sostanziali nella vita adulta,

quest’ultima invece viene influenzata principalmente dalle interazioni tra l’individuo, l’ambiente e la cultura, poiché, l’individuo è inserito in un contesto sociale, chiamata società.

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Da tutto questo si evince come la salute assume un valore multidimensionale, nel modello bio-psico-sociale; in esso, gli individui passano da essere organismi a persone, in questo modo il concetto di sanità si va ad intrecciare con il concetto di salute, andando ad inglobare ad essa anche le componenti sociali, ambientali e relazionali.

Quindi si potrebbe sostenere che alle dimensioni genetiche, si aggiungerebbero le interazioni di fattori ascrivibili sia a livello “micro”, vale a dire alla posizione socio-economica, al grado di istruzione, al livello professionale e all’appartenenza di genere; sia a livello “macro” riferito invece ai modelli culturali, alle condizioni di lavoro, alla qualità dell’ambiente e ai sistemi di welfare8.

Si può allora cogliere come l’Organizzazione Mondiale della Sanità, nel suo atto costitutivo, esplicita la multidimensionalità del fenomeno e sottolinea anche i limiti che può avere un’azione esclusivamente sanitaria per rispondere ai bisogni dei cittadini-utenti-pazienti; ecco come l’interazione tra i servizi socio-sanitari permette di rispondere alle condizioni di salute compromesse ed urgenti e di migliorare allo stesso tempo le qualità della vita.

La Carta di Ottawa, invece, focalizza la sua attenzione sulla necessità di operare sulle problematiche sanitarie e sulle dinamiche sociali che coinvolgono ogni singolo

individuo, come base per la promozione della salute e del benessere, andando a individuare fattori che ne determinano il successo, quali:

 le risorse economiche  l’abitazione

 il cibo  l’istruzione

8 Il rapporto medico-paziente, medicina generale e, non ultimo, processo di femminilizzazione della

professione sono alcuni dei temi più significativi che richiamano, con diverse sfaccettature, alla di-mensione psicologica e sociale della malattia, o meglio a come questi fattori interagiscono con l’aspetto biologico e clinico nell’ambito di un contesto della cura, dove il dialogo e l’ascolto diventa una fase importante del colloquio terapeutico (Biancheri R. e Ruspini E., 2015, p. 143).

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12  la pace

 ecosistema stabile  giustizia sociale  equità

Se questi elementi venissero tematizzati sulle conseguenze che uno di essi può avere sulla salute, aiuterebbero a migliorare l’approccio alla salute della persona,

migliorando e favorendo quindi la programmazione delle politiche sanitarie e sociali, sia per prevenire sia per curare lo stato di benessere dell’individuo.

1.2 Le caratteristiche del Servizio Sanitario Nazionale

Nel corso degli anni si sono evidenziati trasformazioni che hanno influito non solo a livello micro, nella relazione medico-paziente, ma hanno coinvolto anche altri livelli: definiti meso e macro, andando ad incentivare importanti cambiamenti a livello organizzativo ed istituzionale.

Prima di analizzare quello che viene definito il livello micro, ossia la relazione clinica che si istaura tra il medico (custode del sapere scientifico) ed il paziente (fulcro portante di tale sapere), è opportuno soffermarci su un altro tassello ritenuto

importante in questo percorso e quindi fondamentale quando parliamo di salute, vale a dire le principali tappe del processo di trasformazione del sistema di tutela e di promozione della salute in Italia.

Proprio seguendo il percorso di evoluzione del sistema sanitario, è importante richiamare la distinzione che Ardigò fece in un suo manoscritto, la differenza tra il

sistema sanitario e quello che viene definito il “sistema di salute”, un’analisi che basa

le coordinate generali per un approccio sociologico di natura multidimensionale ai fenomeni di salute/malattia (Giarelli, Venneri,2009).

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connesso al sistema di salute, il quale quest’ultimo diviene il contesto fondamentale su cui si basa il sistema sanitario nazionale, un sistema in cui vi entrano in rapporto molteplici connessioni: quella Ecologica, in cui vengono inglobati le risorse che l’ambiente esterno mette a disposizione e al loro utilizzo mediante divisione sociale del lavoro sanitario in relazione alle diverse forme di differenziazione sociale; vi è poi anche la connessione Strutturale, inerente ai rapporti fra tale sottosistema e gli altri sottosistemi sociali, come quello politico, economico, sociale e culturale.

Ecco che la congiunzione che sorge tra il sistema sanitario e il soggetto che entra in relazione con il mondo vitale, viene a costituire la connessione fenomenologica del Sistema Sanitario, relativa all’interazione dell’esperienza vissuta della salute/malattia da parte del soggetto cosciente con l’ambiente istituzionale sanitario.

Infine, vi è anche un’altra connessione, quella bio-psichica del sistema sanitario, legati invece ai suoi nessi di causa-effetto sulla salute dei soggetti umani, in quanto persone dotate di mente-corpo-cervello e che insieme intervengono sui fenomeni di salute/malattia.

Definire il sistema di salute significa quindi comprendere un sistema che va oltre quello sanitario, un sistema che ricomprende anche la natura esterna, il sistema sociale, senza dimenticare la natura interna, vale a dire la persona e le reciproche interconnessioni fra questi.

Ricordando che la Salute è un fenomeno che va oltre i sistemi sanitari, per

coinvolgere una molteplicità di aspetti di tipo biologico, sociale, simbolico, psichico e culturale che implica il coinvolgimento di ogni singolo individuo inserito in una società.

È opportuno soffermarsi su un altro aspetto ritenuto importante da alcune discipline quando l’attenzione è focalizzata sulla salute, Giarelli (Giarelli, Venneri, 2009, P.448) ad esempio cita la tipologia offerta da Field nel 1973, rielaborata poi da Martinelli nel 1983, per costruire quella che viene definita una “tipologia multidimensionale dei sistemi sanitari”, fondata su una serie di variabili chiave di natura economica, politica, organizzativa, epidemiologica, sociologica e antropologica.

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obbligatorie, riscontrato nel prototipo storico nel modello bismarckiano tedesco, istituito nel 1883 quale parte integrante di un più vasto sistema di sicurezza sociale, originariamente pensato per proteggere i lavoratori dell’industria e le classi sociali più povere, successivamente gradualmente esteso a quasi tutta la popolazione, con un grado di copertura sanitaria che è arrivato a superare il 90% dei cittadini tedeschi; una struttura con un sistema di base cooperativa, personalizzata a ciascuna categoria professionale tramite un apposito fondo di malattia.

La natura non profit di tali fondi, i cui contributi sono pagati in parti uguali dai datori di lavoro e dai lavoratori, è basato sul principio solidaristico, anche se su base corporativa, l’entità dei contributi pagati è commisurata al reddito di ciascuno e alla propria categoria professionale e non al grado di rischio individuale.

Ritorneremo, nel corso di questo elaborato, sul ruolo del paziente e come si esplica principalmente sulla base della sua categoria professionale e del fondo di malattia cui conseguentemente aderisce; mentre l’orientamento culturale di fondo è volto a contemperare il principio di solidarietà con quello di efficienza legato al rapporto di prestazione-contribuzione.

È proprio in questo caso il ruolo dello Stato diviene centrale a livello di

pianificazione, controllo e di erogazione diretta dei servizi sanitari; il paziente viene considerato sulla base del suo ruolo di cittadino-utente di un servizio pubblico che, in base all’orientamento culturale dominante, ha il diritto di ricevere l’assistenza

sanitaria, mentre lo Stato ha l’obbligo di garantirgli il diritto alla salute, rispettando il principio di Equità.

Ma è nel momento in cui il cittadino diviene consapevole delle possibilità a sua disposizione, del sapere e delle tecnologie biomediche che si sono evolute, le sue aspettative aumentano e la domanda diviene sempre più esigente, meglio informata e meno disponibile ad accontentarsi delle risposte fornitegli dal personale sanitario a cui si rivolge, rivendicando una maggiore personalizzazione e qualità delle cure. Ritornando ad analizzare il sistema italiano, è chiaro che, solo dopo l’unificazione del Paese, 1860, possiamo dividere l’evoluzione successiva del sistema sanitario italiano in 4 periodi principali (Giarelli, Venneri, 2009, P.460):

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15 - Periodo liberale 1860-1921;

- Periodo fascista 1922-1943;

- La transizione democratica e il primo periodo repubblicano 1944-1977;

- Il secondo periodo repubblicano 1978 ad oggi;

Il periodo liberale fu caratterizzato dalle Riforme del Governo Crispi della Sinistra storica, e in una seconda fase, della politica di Giolitti; nel corso degli anni ’80 del XIX secolo il governo Crispi introdusse alcuni importanti riforme che tenderò a delineare un “modello di welfare residuale”, in cui l’intervento dello Stato in campo sanitario incominciò ad affiancarsi alle istituzioni, come la famiglia, le istituzioni religiose della Chiesa Cattolica e le organizzazioni di solidarietà del movimento operaio e contadino, quest’ultimi avevano dato vita alle società di mutuo soccorso. Durante il governo Crispi tre furono le principali Riforme varate sul piano sanitario (Giarelli, Venneri, 2009, p. 461):

- la Legge 3818 del 1886 “Le società di Mutuo Soccorso” in cui vennero riconosciuti giuridicamente quali erano le organizzazioni di mutuo aiuto che erogavano sussidi ai soci in caso di malattia, inabilità, vecchiaia e morte dei familiari;

- l’emanazione nel 1888 del Codice sanitario Crispi-Pagliani, che creò nel paese una nuova struttura del servizio di igiene e sanità pubblica, estendendo e potenziando il ruolo del medico condotto, assicurando l’assistenza e la cura gratuita dei poveri da parte dei singoli o associati Comuni, escludendo l’assistenza farmaceutica;

- la promulgazione della legge 6972 sulle istituzioni pubbliche di beneficienza,

Legge sulle Opere Pie, che per la prima volta tentarono di istituire un

controllo amministrativo da parte dello Stato sulla vasta rete di opere di beneficienza (ospedali, orfanotrofi, ricoveri), fino a quel momento gestite soprattutto dalla Chiesa Cattolica.

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Queste riforme emanate durante il governo Crispi delinearono un primo assetto di quello che successivamente divenne il sistema sanitario italiano post-unitario, essenzialmente basato su quattro settori (Giarelli, Venneri, 2009, p. 462):

- il pubblico, basato su una struttura piramidale tecnico-burocratica, in cui la figura del medico condotto e dell’ostetrica comunale vennero messi a

disposizione delle persone povere, iscritte regolarmente nelle liste comunali, e alla tutela dell’igiene e della sanità pubblica;

- il privato, basato sui medici libero-professionisti, rivolto alle classi medio-alte, in cui il servizio era previsto anche a domicilio;

- il settore non profit della società di mutuo soccorso, rivolto soltanto ai lavoratori soci, in cui venivano rimborsate sia le cure a domicilio sia quelle ospedaliere;

- il settore caritativo delle Opere Pie, che gestivano gran parte delle istituzioni di assistenza e ricovero rivolte soprattutto ai poveri, finanziati attraverso le rendite patrimoniali, beneficienza e contributi comunali per i poveri e

pagamenti delle società di mutuo soccorso per i propri soci, tutti questi settori furono tra loro complementari.

Un sistema sanitario che non subì molte variazioni, anche durante la successiva epoca giolittiana e durante la I Guerra Mondiale, con le uniche eccezioni nel 1907 della Legge sulla malaria e l’istituzione degli ordini provinciali dei medici e della cassazione nazionale della maternità nel 1910.

Bisognò aspettare il ventennio fascista per assistere a un ulteriore cambiamento nel sistema sanitario nazionale, un regime autoritario che creò un nuovo modello di sistema sanitario, il “modello familistico-corporativo”, che si pose l’obiettivo di avere il consenso popolare, poiché sosteneva il ruolo svolto dalla famiglia nucleare, quale luogo principale di soddisfazione dei bisogni di cura (Giarelli, Venneri, 2009, p. 462).

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sistema associativo delle società di mutuo soccorso in un sistema nazionalizzato di

casse mutue su base corporativa ( vale a dire per categorie professionali) di tipo

parastatale, posto quindi sotto il controllo del regime; proprio in quest’epoca venne riconosciuto un ruolo centrale alla Chiesa Cattolica, soprattutto dopo il concordato del 1929, “I Patti Lateranensi” che misero fine al lungo periodo di conflittualità che vi fu con lo Stato Liberale, istituito nel 1874 con il “Non Expedit”, tutelando a livello sanitario la popolazione, istituendo una propria rete ospedaliera e avviando così una laicizzazione dello Stato.

Un regime che assegnò un ruolo autoritario e repressivo ai medici, a cui venne riconosciuto il compito di controllare il comportamento delle nuove e delle vecchie generazioni di italiani, secondo un processo di medicalizzazione del lavoro, della famiglia e del tempo libero, un regime che esaltò il potere della medicina scientifica che venne però subordinata agli interessi delle classi dominanti e del regime stesso. Durante il periodo del Regime Fascista vi furono adottati numerosi provvedimenti in materia sanitaria (Giarelli, Venneri, 2009, p. 463) tra cui la creazione nel 1925 dell'Opera Nazionale Maternità e Infanzia (OMNI) e l'introduzione nel 1927 dell'assicurazione obbligatoria contro la tubercolosi e le malattie professionali; venne varata anche la Riforma della legge sulle Opere Pie e la reintroduzione di vari benefici a favore della Chiesa Cattolica, soprattutto dopo il Concordato del 1929, intervenendo sulle condizioni igienico-sanitari e vennero assicurati grandi bonifiche contro la malaria che culminarono nella Legge del 1933 ,che portò durante gli anni Trenta e Quaranta alla costituzione degli Enti Previdenziali (INAM, INPS e INAIL) , infine avvenne la Razionalizzazione del sistema ospedaliero con la legge del 1938 che sancì il potere autoritario della gerarchia medica negli ospedali.

Nel 1946 importanti cambiamenti internazionali e nazionali, come la fine della seconda guerra mondiale e il sorgere della repubblica italiana, caratterizzarono il contesto italiano, i tempi si dimostrarono prematuri per un radicale mutamento sanitario, motivo per cui in Italia continuò a esservi il sistema

mutualistico-corporativo.

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universalistico, creato dalla Commissione D'Aragona (istituita nel 1947 per la riforma della provvidenza sociale durante i lavori dell'Assemblea costituente) venne bloccato dalla Confindustria e dai medici, creando nel secondo dopoguerra ancora

disuguaglianze nella copertura assistenziale e nelle prestazioni.

Durante il periodo della ricostruzione dell'Italia del dopoguerra si ebbero solo l'istituzione del Ministero della Sanità creata nel 1958 e la legge ospedaliera del 1968, successivamente rafforzata con la L.382 del 1975 “Legge Mariotti” in cui venne trasferita la gestione degli ospedali dalle mutue alle Regioni, quest'ultime istituite nel 1970.

Alla fine degli anni Settanta avvenne un rinnovamento nel Servizio Sanitario Italiano, fino a quel momento a base mutualistico, tale rinnovamento portò all’istituzione del

Servizio Sanitario Nazionale (SSN), con la Legge n°833 del 1978, un clima di

trasformazione sociale e politica che portò una nuova domanda di accesso

universalistico alla salute e ai servizi sanitari, considerati in un’ottica di prevenzione sul territorio, quali assi portanti di un nuovo sistema sanitario.

Con tale Legge avvenne la creazione di 680 Unità Sanitarie Locali (USL) quali entità territoriali fondamentali del Servizio sanitario Nazionale, costituendo una base per la frammentazione delle disuguaglianze prodotto dal sistema mutualistico, integrando

servizi ospedalieri e servizi territoriali (inclusi quelli sociali), in un unico sistema per

tutti i cittadini, governato democraticamente dai Comitati di gestione quale espressione del governo locale (Giarelli, Venneri, 2009, P. 464).

La svolta si ebbe con la chiusura dei manicomi, vale a dire con la Legge Basaglia

n°180 del 1978 e l’integrazione dei nuovi servizi psichiatrici territoriali (SIMAP)

nell’ambito delle USL, quest’ultime divenute ASL con il processo di

Aziendalizzazione, andando a costituire un elemento essenziale del sistema sanitario

integrato, insieme all’Igiene pubblica e il Servizio Sociale.

Nel corso degli anni ’80 la realizzazione effettiva del Servizio Sanitario Nazionale risultò problematica, poiché venne a mancare un’adeguata programmazione

sanitaria; sul modello delle riforme sanitarie di tipo neo-liberista in atto a livello

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Decreto Legislativo n°502 del 1992, modificato poi dal Decreto Legislativo n°517 del 1993 che rese obbligatoria l’iscrizione al Servizio Sanitario Nazionale per tutti i cittadini italiani (Giarelli, Venneri, 2009, p.446).

Aziendalizzazione e managerializzazione in particolare trasformarono il Servizio

Sanitario Nazionale portando alla nascita di quelle che oggi sono le cosiddette “Aziende Ospedaliere”; successivamente il Decreto Legislativo n°229 del 1999 stabilisce una revisione dei meccanismi di aziendalizzazione, nel tentativo di una collaborazione tra pubblico e privato, per migliorare la qualità dei servizi e nella valorizzazione del ruolo dei Distretti come centro dei servizi socio-sanitari. In questo caso il ruolo dello Stato assunse un valore più marcato nel determinare i “Livelli Essenziali di Assistenza” (LEA), definiti dal DPCM del 29/11/2001, per garantire un accesso universalistico ai servizi sanitari per tutti i cittadini italiani e per riequilibrare le disuguaglianze emergenti (Giarelli, Venneri, 2009, p.466).

A seguito delle menzionate riforme che hanno coinvolto i sistemi dei servizi e degli interventi sociali, agiscono all’interno di essi una pluralità di attori, istituzionali e non, per cui ogni prestazione sociale o sanitaria si fonda oggi sull’interazione fra un sistema (visto anche come una rete) di servizi e il cittadino.

In questo panorama la partecipazione attiva del cittadino nel sistema di gestione sanitario è diventata una possibile strategia di tutela e della qualità del

servizio/prestazione, che consente un continuo controllo della qualità attraverso la tutela dei diritti(Giarelli, Venneri, 2009, p. 466).

Un primo problema che si presenta a chi cerca di studiare la qualità nei servizi sociali e sanitarie è di stabilire a quale livello si deve intervenire, infatti, nel valutare la qualità si suppone che si debba muovere a livello micro, che come detto in precedenza, coinvolge la relazione medico-paziente.

Quindi nel monitoraggio delle performance, all’interno delle condizioni strutturali, emergono due momenti fondamentali (Altieri, 2009, p.163):

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- la rilevazione della soddisfazione dei pazienti tramite appositi sondaggi.

La valutazione della qualità, oltre a coinvolgere il livello individuale si dovrebbe espandere anche a livello macro, cioè si arriva a chiedersi se si debba occuparsi del

system design, vale a dire l’insieme costituito da strutture, legislazione, risorse

complessive e sistema di formazione.

C'è anche un altro livello, quello politico, in cui le grandi scelte si trasformano in normativa e attribuzione delle risorse; nella storia delle valutazioni vi è stato un momento in cui al centro dell'attenzione vi era la categoria della qualità, la categoria dell'efficacia, la capacità di un'azione sociale di raggiungere gli obbiettivi “dotati di valore”, anche se purtroppo l'insistenza sulla categoria di qualità può portare ad una sottovalutazione.

I decreti sulla riorganizzazione della sanità portarono all’introduzione di alcune innovazioni nella valutazione della qualità, venne così dichiarata una duplice visione con cui affrontare il problema: l'articolo 10 del D.lgs. 502/92 che si occupò e che attualmente ancora sì occupa di “controllo di qualità” dal lato del servizio e l'articolo 14 che enunciò i “diritti dei cittadini”, analizzando la qualità dal lato degli utenti, mettendo in relazione le due ottiche appena citate, si ottenne l’ equità e la qualità della cura, due principi ritenuti fondamentali nel nostro Sistema Sanitario Nazionale. Altieri (2009, p. 165), ricorda che secondo L'Organizzazione Mondiale della Sanità:

La valutazione della qualità dell'assistenza sanitaria tende a far sì che ogni paziente riceva l'insieme di atti diagnostici e terapeutici che portino ai migliori esiti in termine di salute, tenendo presente dello stato attuale delle conoscenze scientifiche, con il minor costo possibile e a minor rischi iatrogeni, ottenendo la sua soddisfazione rispetto agli interventi, agli esiti ottenuti e alle interazioni umane avute all'interno del sistema sanitario.

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Una definizione che mette in evidenza alcuni concetti ritenuti essenziali per il servizio sanitario, quali l'efficacia (migliori esiti in termini di salute), la qualità tecnica (migliori risultati allo stato attuale delle conoscenze scientifiche), l'efficienza (minor costo possibile), la sicurezza e l'affidabilità (minor rischi iatrogeni).

Inoltre garantisce la soddisfazione dell'utente rispettando il principio della personalizzazione e dell'umanizzazione della prestazione socio-sanitaria. Il rapporto dell'equità dipende sull'interpretazione di che cosa si intende per

prestazione riferita ad ogni paziente, oltre a poter permettere a ogni potenziale utente di divenire effettivo; quindi possiamo ritenere che l’equità è la creazione delle condizioni che riescono a permettere a ogni individuo, potenziale utente, di passare tutti e quattro i livelli, che vanno dal bisogno all'utilizzo effettivo del servizio. È per questo che secondo L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) (Altieri, 2009, p.165):

ad ogni paziente vada garantito l'insieme degli atti diagnostici e terapeutici.

Come si può costatare nelle più recenti normative sembra riaffermarsi il valore dell'equità, l'articolo 10 del D.lgs. 502\92 intende infatti garantire:

la qualità dell'assistenza nei confronti della generalità dei cittadini

in cui qualità ed equità non devono essere in contraddizione, definire l'equità come garanzia di qualità nei confronti della “generalità dei cittadini” è affermazione di un principio fondamentale e generale.

La Carta dei Servizi Sanitari e la normativa confermarono i principi ritenuti fondamentali nel Servizio Sanitario Nazionale (Altieri,2009, p. 166): - eguaglianza;

- imparzialità; - continuità;

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- diritto di scelta; - partecipazione; - efficienza ed efficacia;

Risulterebbe quindi indispensabile che la valutazione della qualità vada affiancata dalla valutazione dell'equità, poiché quest'ultima dovrebbe poter significare che eguaglianza e imparzialità risultino ormai concetti insiti nel sistema, quando si passerà ad analizzare l’equità nell'acquisizione delle informazioni, nell'accesso, nel trattamento, nell'equa ripartizione dei costi sociali.

La lettura dei bisogni è un compito assegnato ai ricercatori sociali, ecco che per distingue e cogliere la differenza fra bisogno e necessità bisognerebbe capire se è stata fatta una rilevazione dei bisogni e se è stata svolta in modo corretto, rispettando le normative vigenti.

Come già detto, accanto all’equità, primo diritto di cittadinanza, esistono altri criteri guida, principi considerati ispiratori, che dall’inizio del nuovo millennio ad oggi, hanno assunto un ruolo fondamentale nella definizione degli standard di qualità della vita: partecipazione e valutazione.

In particolare l’articolo 14 del Decreto Legge 502/92 fornisce delle indicazioni sui possibili ambiti da poter sottoporre a valutazione degli utenti; Ardigò sottolinea, che i temi vanno intesi come veri e propri criteri-base, in tal modo è possibile definire la qualità dal lato degli utenti, come dei veri e propri diritti, sanciti anche dalla legge (Altieri, 2009, p.178):

- Personalizzazione;

- Umanizzazione;

- Diritto all’informazione;

- Qualità delle prestazioni, comfort;

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In particolare è opportuno soffermarsi su tre dei cinque diritti appena citati (Altieri, 2009, p. 179-80):

la personalizzazionedella prestazione, un diritto che permette di mettere al centro dell’attenzione l’intera personalità del paziente, dell’assistito, del cittadino; quando si parla di personalizzazione si deve intendere l’attenzione e la disponibilità degli operatori, sempre entro certi limiti, di entrare in empatia, verso la soggettività dell’utente e per quanto possibile dei suoi familiari.

In sanità la personalizzazione riguarda soprattutto il diritto alla privacy9, un principio in cui si viene a mettere in risalto la qualità delle relazioni interpersonali tra operatori e delegati, il livello di contatto con il mondo vitale del degente, i criteri di esclusione e di accesso al trattamento.

Inoltre è importante anche l’umanizzazione, situazione in cui la componente relazionale che unisce l’erogazione di un servizio e che contribuisce al senso di fiducia, accoglienza, credibilità, affidabilità da parte dell’utente che si rivolge al servizio verso il personale della struttura ospedaliera.

Infine vi è un altro diritto individuato e riconosciuto da molti autori, tra cui Altieri (2009, p.180) che va ad integrare il precedente modello: il diritto all’informazione. Quest’ultimo si pone su due livelli:

- le informazioni sul servizio, quali strumenti informativi dispone il ser-vizio, come circolano le informazioni, sulle sedi, gli orari e il tipo di operatori, sulle modalità di accesso. Ci sono varie modalità di raccolta delle richieste, di critiche, di lamentele, garantendo anche l’anonimato. - Le informazioni personali per l’utente al fine di giungere al consenso

informato (compliance) da parte sua al trattamento che lo aspetta.

I diritti appena citati sono esplicitamente previsti dalla normativa nazionale, L.

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405/2001, ma esistono altri diritti che possono essere oggetto di partecipazione e valutazione da parte dei cittadini, come ad esempio l’accessibilità, la continuità e il

respect (Altieri, 2009, p.182):

L'Accessibilitàè la concreta possibilità per tutti i cittadini, aventi diritto\bisogno, di poter entrare in contatto e usufruire del servizio o intervento necessario.

L'accessibilità è correlata all'equità, al centro dell'attenzione, ove il sistema dei servizi sociali e sanitari è privatizzato, esso si articola a livello informativo, in cui vi è un sistema di informazioni adeguato, comprensibile a tutti i potenziali utenti, invece a livello economico, viene giudicato se e quanto i costi economici dei servizi a carico dei singoli e delle famiglie ostacolano la fruizione degli stessi, mentre a livello fisico, si cerca di ridurre tutto quello che impedisce o rende difficoltoso l'accesso.

Inoltre a livello culturale, deve essere chiaro che la segnaletica e i codici linguistici delle informazioni devono essere comprensibili a tutti gli utenti.

La continuità è un concetto che non coinvolge solo la sanità, ma anche altre strutture di servizio, come le scuole; analizzando la continuità, che coinvolge il nostro tema d’interesse, vale a dire la continuità dell'assistenza sanitaria, notiamo che essa si combina con l'equità; in quest’analisi emerge chiaramente come le diversità dei redditi incidono sulla possibilità di dotarsi di risorse atte a garantire una continuità terapeutica di qualità.

Oltre tutto scopriamo che ad incidere sul risultato della prestazione ha rilevanza anche il capitale sociale, l'avere a disposizione strumenti culturali, di competenze e di esperienze e l'inserimento in reti di relazioni amicali e solidali, in grado di sopperire ai bisogni di un individuo.

La valutazione deve interrogarsi sull'esistenza di questa continuità, sulla disponibilità per tutti e sulla sua qualità.

Il respect è l'insieme di diversi temi, come il diritto alla privacy, la qualità delle relazioni interpersonali tra operatori e degenti, il livello di contatto col mondo vitale del degente, la vivibilità del contesto in cui avviene il trattamento, il senso di fiducia e l'accoglienza.

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25 altrui e l'attenzione alle diversità etnico-culturali.

Ai nuovi servizi si pone una sfida ulteriore, quella di imparare a relazionarsi con nuovi utenti, che hanno diversi modelli culturali, con concezioni diverse sul corpo e sulla salute, oltre ad una diversa idea sui diritti e del rapporto con i servizi.

Nuovi utenti con approcci diversi in base al genere, cioè a seconda se si tratta di un uomo o di una donna, hanno anche esperienze negative in rapporto con servizi e operatori che l'influenzano e quindi influenzeranno anche l’esito della prestazione. Il cittadino elabora dentro di sé un giudizio sul trattamento o prestazione ricevuta, su tale giudizio baserà la propria fiducia e il proprio atteggiamento futuro verso quel dato servizio, quindi è interesse del servizio conoscere i giudizi dell'utenza anche sulla qualità tecnico-professionale.

Una dialettica fra opinioni degli utenti e quella degli operatori può rendere i cittadini più competenti e attribuire al servizio un'immagine positiva, tramite anche le istanze di partecipazione dei cittadini, riducendo in questo modo le opinioni negative.

1.2.1 La Carta dei Servizi Nazionale dal progetto teorico all’applicazione

Le Carte dei Servizi sono un protocollo e prevedono percorsi istituzionali che permettono il riconoscimento dei diritti dei cittadini e permettono di definire il modo di soddisfazione e di giudizio sul rispetto di tali diritti (Altieri, 2009, P.186).

Le Carte dei diritti stabiliscono che si devono svolgere quattro funzioni per salvaguardare i diritti degli utenti:

- l’informazione, scambi di concetti fra servizio ed utenti;

- l’accoglienza ed accompagnamento per limitare i disagi, per garantire all'utente di poter esternare i suoi bisogni e aiutarlo a superare i suoi problemi;

- la tutela, seguendo un inter che prevede reclami e segnalazioni;

- la partecipazione, tramite la presenza di organismi di rappresentanza e volontariato.

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Solo chi detiene questi diritti può avere la forza di porli nel dibattito politico, nei processi decisionali, nel comportamento concreto e quotidiano delle strutture dei servizi; una forza che può esercitare solo attraverso la partecipazione, per canali e organismi formali ed istituzionali, creando un intreccio fra equità, diritti e

partecipazione.

La compatibilità fra equità e qualità si scontra spesso con la realtà, perché le risorse limitate per la spesa sociale mette a rischio la contrapposizione tra i requisiti; una limitazione che si accompagna tra fasi di stagnazione nello sviluppo e fasi di sviluppo economico, quest’ultimo non accompagnato dallo sviluppo dell'occupazione e della distribuzione del reddito.

L'Equità assume quindi il significato di rimuovere gli ostacoli che impediscono a tutta la potenziale utenza di divenire effettiva, attraverso differenti interventi di promozione, garantendola in tutto il percorso dell'utente; questo significa imparzialità

nel trattamento, anche nella fase di dimissione del servizio, visto che l'obiettivo di

ogni servizio è rendere l'utente autonomo (Altieri, 2009, p.188).

L'interlocutoreè un attore sociale intenzionale complesso, o, più comunemente, un cittadino; quest'ultimo è soggetto di partecipazione, di valutazione più ampia sulla

base dei diritti (Altieri, 2009, p.189).

La partecipazione attiva e consapevole si pone per tale motivo come percorso principale per affermare i diritti dei cittadini; equità ed efficienza, economicità e produttività sono legate tra loro.

Dagli anni Novanta ad oggi si è incominciato a dare sempre più rilevanza alla comunicazione con i cittadini, come punto essenziale della partecipazione,

rappresentando una dimensione sempre più significativa di due attori che, con i loro pensieri, si scambiano segnali e messaggi su un progetto di cura o di assistenza, inerente alla salute; una sana e buona comunicazione permette quindi di assumere comportamenti e stili di vita positivi.

Pertanto la Partecipazione assume diversi significati:

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27 riabilitativo;

- processo attraverso cui, con il cittadino, intervengono a definire le decisioni e le azioni che riguardano la comunità.

I decreti legislativi 502\1992, modificato dal Decreto 517/1993, e 229\1999, hanno posto particolare attenzione all’ascolto e alla partecipazione del cittadino, con l’obiettivo di creare una rete permanente della rilevazione di soddisfazione della qualità percepita e dell’esito delle cure dal punto di vista dei cittadini\utenti.

In questo caso la “voce” degli utenti all’interno del Servizio Sanitario può esprimersi tramite molteplici canali:

- forme soggettive e spontanee, come il reclamo, suggerimento, encomio; - forme collettive e formalizzate, come convenzioni, segnalazioni, protocolli, promosse da organismi politici di rappresentanza dei cittadini, da associazioni di volontariato e di tutela.

Viene così istituito un sistema di gestione del reclamo nel progetto di miglioramento integrale della qualità dei servizi, poiché l’utente, attraverso il pagamento del ticket, diviene partecipe della spesa sanitaria, e lo pone in una posizione di chiedere un servizio efficiente e tempestivo.

Il reclamo, definito da Cipolla (2005, p. 30) come:

l’istanza che l’utente inoltra nel momento in cui, consapevole dei suoi diritti, ritiene di aver subito un torto, un mancato servizio, da parte dell’Azienda.

In questa definizione si evince che l’utente che reclama è una persona che utilizza abitualmente i servizi dell’Azienda, vuole continuare ad utilizzarli e che pretende quindi di avere un buon servizio.

Solitamente il reclamo fa riferimento ad un’esperienza personale relativa ad uno specifico episodio in cui vi è un grande coinvolgimento emotivo, che mette in discussione i bisogni primari dell’individuo, come in questo caso la salute.

Il tipo di risposta attesa è quella personale, viene richiesta all’operatore la capacità relazionale e di trovare immediatamente una soluzione al problema sollevato, tenendo

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in considerazione la persona nella propria unità, con gli aspetti emotivi-affettivi che la contraddistingue.

Come possiamo vedere in questo percorso che stiamo svolgendo, per una gestione efficace del reclamo è indispensabile la costruzione della rete comunicazionale, un servizio in cui vengono attivati reti di organizzazioni interne ed esterne all’Ente per la tutela dei diritti; vi sono segnalazioni di disservizi occasionali e talvolta segnalazioni di disservizi strutturali, e variano a seconda della gravità del caso.

La possibilità di avere un sistema di reclami efficace è legata alla consapevolezza dei propri diritti che ogni utente ha, senza di essa non si può contribuire attivamente al miglioramento del servizio stesso, promosse avvolte dalla medesima Azienda. Negli ultimi due decenni si è assistito all’affermarsi della consapevolezza della necessità di considerare il malato come persona autonoma, in grado di

autodeterminarsi, assumendo il peso e la responsabilità delle decisioni che lo riguardano; tale autodeterminazione del paziente rimette in discussione il ruolo del medico e conferisce un valore diverso all’opinione del soggetto sulla prestazione sanitaria.

I reclami riferiti alla qualità delle prestazioni percepiti dai pazienti, vanno riconsiderati in base all’evoluzione del rapporto medico-paziente, affermatasi in questi ultimi anni, poiché è emerso chiaramente come il bisogno di quest’ultimo di essere ascoltato, di potere avere una risposta individualizzata, specifica, rispetto al suo problema, si divenuto il fulcro del servizio a cui si rivolge; l’insoddisfazione nasce proprio dal sentirsi estraneo del sistema che si occupa della sua salute, specie in una situazione di debolezza e di preoccupazione, ecco che in questo preciso

momento, si rafforza quindi l’esigenza di dare voce alla propria individualità. Il paziente in una situazione di dipendenza fisica ed emotiva avverte subito se viene rispettato come persona o viene trattato come numero o un minorato.

Purtroppo nella relazione tra medico-paziente sorge un altro problema, definito del tempo, il rispetto dei tempi e degli orari anche semplicemente organizzativi, fa emergere una mancanza di rispetto per l’altra persona e come tale è percepita e meno tollerata in sanità.

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Molto spesso a reclamare non sono però le persone con problematiche gravi, ma persone con una problematicità di relativa gravità oggettiva, l’operatore in questo caso non sempre riesce a mantenere il necessario equilibrio di fronte a manifestazioni cariche di emotività; la maggiore difficoltà comunicativa insorge spesso nei confronti dei familiari, infatti solitamente sono i familiari a presentare il reclamo, poiché quest’ultimi si sentono poco coinvolti o perfino ignorati nel processo di cura del paziente.

Il punto di vista però dei familiari si differenzia dal punto di vista del diretto

interessato, si differenziano le aspettative, la correttezza della diagnosi, della terapia e dell’esito della cura, quindi è necessario stabilire anche nei confronti dei familiari una corretta comunicazione che ponga le premesse per il diretto coinvolgimento nel processo terapeutico.

Il rapporto con i genitori dei bambini malati è complesso, assumono connotazioni particolari, poiché devono rivolgersi per cure alle strutture; i genitori in questo caso non si sentono sufficientemente coinvolti e informati su quanto accade al bambino e nello stesso tempo si sentono caricati di un’eccessiva responsabilità.

Emerge chiaramente come il reclamo nasce da un fallimento comunicativo relazionale, si tratterebbe di ristabilire una relazione che possa consolidare con il paziente e con i suoi familiari quel percorso di presa di coscienza e di

responsabilizzazione che consenta di costruire un più adeguato coinvolgimento sui diritti e sui doveri che ogni persona coinvolta nell’interazione deve rispettare. Non dimenticando che l’attenzione dovrebbe essere sulla persona che riceve la prestazione sanitaria, tenendo presente che la soddisfazione sarebbe correlata ai fattori razionali ed emotivi indotti dalla malattia, dalla cura e dalla sofferenza, inglobando i parenti nel migliorare il soddisfacimento dei bisogni.

Con il termine reclamo si tenderebbe a sottolineare il controllo del cliente sul processo produttivo dell’azienda sanitaria, poiché questo cliente\utente è il

destinatario di tale processo; si riconosce la dignità e la necessità del reclamo come forma di comunicazione di chi è titolare di interessi e di diritti soggetti alla tutela di un bene primario, come quello della Salute.

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Per questo motivo la Segnalazione diviene un segno, vale a dire che si afferma come (Cipolla, 2005, p.85):

un’entità a due facce, composta da significante e significato nella concezione saussuriana: è una parola e il suo concetto.

È un testo in cui si pone in rapporto tra istituzione e cliente, tra ospedale e paziente, tra servizio pubblico e contribuente.

Accanto al concetto di reclamo va affiancato il concetto di disservizio, visto dal soggetto a cui viene erogato; proprio in questo contesto che si afferma anche il concetto di disservizio come (Cipolla, 2005, p.96):

una prestazione fornita dall’Azienda al di sotto degli standard promessi, per la quale il cliente subisce delle conseguenze negative e comunque una non completa fruizione del servizio richiesto.

Il disservizio può essere causato da un divario tra la qualità prestata e la qualità progettata, lo scostamento tra qualità prestata e qualità percepita può generare insoddisfazione nell’utenza; da ciò si evince la definizione di reclamo, come

manifestazione, implicita o esplicita, di insoddisfazione da parte del cliente\ utente. Garantire al cittadino-utente la tutela è un passo molto importante per riconoscere il suo diritto di empowerment, l’assunzione in termini di responsabilità della sua capacità di porsi alla pari nei confronti dell’istituzione e di una consapevolezza del ruolo delle istituzioni nei confronti del cittadino.

L’ascolto del paziente è, il passo più importante della relazione, perché nel momento in cui la persona coinvolta si sente accolta, compresa, aiutata a esprimere i propri sentimenti e pensieri, ridimensiona i suoi problemi, ed è proprio restituendo alla persona dignità e senso del valore, al di là dei problemi contingenti, cala l’emotività e quindi porta al diminuimento delle segnalazioni e dei reclami.

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raccogliere tutte le informazioni rilevanti al fine di individuare in maniera chiara ed univoca il problema che l’utente pone e poter intervenire quanto prima e con i mezzi necessari per risolvere il problema rilevato.

1.2.1.1 La Carta dei Servizi della Regione Toscana

La gestione del reclamo rientra nel sistema della Carta dei Servizi, uno strumento per favorire il dialogo con il cittadino-utente, delineandosi come uno strumento del sistema sanitario.

Seguendo la linea del nostro interesse, ci soffermeremo adesso ad osservare la composizione della Carta dei Servizi della regione Toscana.

La regione Toscana nella sua legislazione e programmazione ha sempre riservato una particolare attenzione agli aspetti legati al rapporto con il cittadino, puntando sulla crescita della sua autonomia.

Nel 1995 fu varata la “Direttiva per l’attenzione della Carta dei Servizi” contenente uno “Schema di regolamento per l’esercizio della tutela degli utenti”, una carta in cui si fa particolare riferimento alla gestione dei reclami; in questa direttiva infatti vengono inseriti gli aspetti della tutela dei diritti del cittadino e della gestione dei reclami (Cipolla, 2005, p. 144).

Il Piano sanitario del 2002-2004 della Regione Toscana pone tra i principali obiettivi strategici, oltre al miglioramento della salute e del benessere della popolazione, all’efficienza e sostenibilità del sistema, anche la necessità di conseguire la “soddisfazione e la partecipazione del cittadino” (Cipolla, 2005, p.145).

La politica sanitaria deve quindi tenere presente il ruolo del cittadino, che diviene sempre più informato e con maggiori capacità di giudizio nei confronti del contesto sociale; costruendo percorsi informativi e comunicativi, egli stesso può assumere un ruolo attivo nel contribuire al processo di miglioramento della qualità dei servizi. Nel sistema di valori che caratterizzano il modello di Sanità della Regione Toscana rivestono un ruolo di primaria importanza aspetti legati all’ accoglienza, (Cipolla, 2005, p.146) intesa come:

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impegno del Servizio Sanitario al miglioramento della qualità dell’accoglienza rivolta al cittadino per tutte le prestazioni.

È nella partecipazione, intenta a considerare i cittadini soggetti delle decisioni in tema di salute, in cui emerge chiaramente la necessità di promuovere lo sviluppo della competenza del cittadino in direzione di una scelta libera e consapevole dei comportamenti, dei servizi e delle cure.

La legge di “Riordino delle norme per l’organizzazione del Servizio Sanitario Regionale”, L. Regione Toscana, 8 marzo 2000, n°22, all’articolo 19 pone l’attenzione alla “partecipazione dei cittadini e tutela dei diritti dell’utenza”, per assicurare al cittadino l’esercizio della libera scelta nell’accesso alle strutture e la verifica della qualità dei servizi e delle prestazioni erogate (Cipolla, 2005, p.147). Durante il corso della propria vita i pazienti hanno una percezione diversa di sicurezza, quest’ultima intesa come tutte quelle dinamiche che afferiscono alla percezione della salute\malattia.

La definizione di malattia diviene in questo caso una rappresentazione del rapporto dell’individuo con la società, delle complesse relazioni ed interpretazioni che coinvolgono l’individuo, la sua identità, la rappresentazione della malattia e la rappresentazione che la società dà della malattia.

Ad essa si lega il concetto di rischio, come margine di probabilità che non vengono rispettate le proprie aspettative di benessere, di salute, che afferiscono a condizioni oggettive; i soggetti principali sono coloro hanno subito un danno dalle strutture sanitarie.

Non è facile approfondire il punto di vista dei cittadini con il punto di vista degli esperti, sia delle organizzazioni sanitarie sia delle associazioni, che accompagnano e sostengono i cittadini nel percorso del contenzioso sanitario.

Il rapporto medico-paziente ha subito, negli ultimi anni, evoluzioni complesse ed ha alimentato non poche polemiche; l’attenzione per il malato e per il bene salute ha determinato profondi cambiamenti anche nel rapporto fiduciario tra il medico e

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paziente, inducendo il medico a una c.d. medicina difensiva, il medico si limita ad applicare schemi della tecnica e di linee guida, per il timore di somministrare le cure e per la sfiducia nel sistema giudiziario (Cipolla, 2010, p.43).

Negli ultimi Cinquant’anni le conseguenze negative, derivanti dall’esercizio

dell’attività medica e la contestuale riaffermazione e consacrazione dell’inviolabilità dei valori fondamentali dell’individuo, ha spinto dottrina e giurisprudenza a delineare e formulare nuove figure di danno risarcibile, suscettibili di essere applicate in ambito della responsabilità medica.

L’articolo 2043 del Codice Civile disciplina “qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno” (Cipolla, 2010, p.45).

In passato il risarcimento del danno alla persona era ancorato ad una logica patrimoniale, connessa alla produttività del soggetto, ma con l’evoluzione

giurisprudenziale elaborata in questi ultimi cinquant’anni, e con il rafforzamento della tutela del bene salute quale interesse della collettività, attuata attraverso la L.

833\1978 , si è arrivati ad affermare che ogni lesione del diritto di salute della persona obbliga il responsabile al pagamento di una somma di denaro quale risarcimento del danno biologico.

Il risarcimento del danno extrapatrimoniale, (Cipolla, 2010, p.47) consacra la definitiva valorizzazione del bene salute quale diritto inviolabile del singolo individuo e della collettività, l’articolo 2043 c.c., correlato all’articolo 32 della Costituzione italiana, va esteso fino a comprendere:

il risarcimento, tutti i danni che, potenzialmente, ostacolano le attività realizzatrici della persona umana.

Già l’articolo 2 della Costituzione riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, un danno inteso come lesione di valori inerenti alla persona, e non più solo come danno morale oggettivo.

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esistenziale quale lesione delle espressioni fondamentali della personalità umana che danneggia l’individuo pregiudicando tutti gli ambiti della propria esistenza, come il danno alla vita relazionale, il danno alla serenità familiare, sessuale con esclusione degli aspetti medico legali afferenti al danno biologico.

È compito del giudice accertare l’effettiva consistenza del pregiudizio allegato, individuando quali ripercussioni negative sul valore-uomo si siano verificate e provvedendo alla loro integrale riparazione; in primo luogo viene considerata la sofferenza morale come turbamento dell’animo, il dolore intimo sofferto.

Sarà il giudice a procedere ad una adeguata personalizzazione della liquidazione del danno biologico, valutando nella loro effettiva consistenza le sofferenze fisiche e psichiche patite dal soggetto leso.

Possono considerarsi voci del danno biologico il c.d. danno alla vita relazionale, i pregiudizi di tipo esistenziale concernenti aspetti relazionali della vita, conseguenti a lesioni dell’integrità psicofisica.

La chiave positiva che si riesce a cogliere da uno studio condotto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, e che ha pubblicato il Word Health Statistics 2007, ha messo a confronto i sistemi sanitari nazionali di tutto il mondo, riconoscendo all’Italia il secondo posto in assoluto per la capacità di risposta assistenziale in rapporto alle risorse investite alle strutture; il ritardo nella richiesta di risarcimento sembra essere dovuto alla difficoltà incontrata nel processo di raggiungimento della consapevolezza di aver subito un danno e, quindi di qualificarsi come “vittima”, o il senso di

abbandono, di fiducia svilita e disillusa, di disattenzione verso quanto dichiarato. Per incentivare una partecipazione sempre più attiva del cittadino-paziente al processo di cura, è stato istituito un servizio verso cui potersi rivolgere, quando il rapporto medico-paziente subisce delle variazioni, un servizio la cui denominazione è: “URP, Ufficio Relazione con il Pubblico”, riconosciuto dal D.P.C.M. del 19 Maggio 1995, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 31 Maggio del 1995, n°125, S.O. Schema generale di riferimento della “Carta dei servizi pubblici sanitari” al punto 3 di esso, “informazione, accoglienza, tutela e partecipazione” , afferma come la chiarezza e la tempestività dell’informazione da fornire agli utenti è un fattore

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fondamentale che ogni Carta dei servizi sanitari deve contenere, poiché tale fattore è alla base di un buon rapporto tra soggetto erogatore ed utente.

L’informazione deve essere data in termini chiari, da personale preparato, gentile, disponibile, accondiscendente e paziente; in attuazione della Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 27 gennaio 1994, che individua i principi fondamentali a cui devono ispirarsi i servizi pubblici, ogni Unità Sanitaria Locale, divenute

Aziende Sanitarie Locali, così come sancito dall’articolo 14 del D.lgs. del 30 dicembre 1992, n°502, deve garantire agli utenti le seguenti funzioni:

I. Informazione;

II. Accoglienza;

III. Tutela;

IV. Partecipazione;

L’ Informazione, in armonia con il principio di partecipazione, deve sviluppare in modo esauriente l’informazione sulle prestazioni sanitarie e relative modalità di accesso, sulle procedure di attuazione del diritto di accesso e partecipazione. Per facilitare l’accesso alle prestazioni e garantire l’attuazione del principio di uguaglianza e di imparzialità, l’URP promuove l’apertura di “punti informazione” dislocati nei presidi di maggiore afflusso dell’utenza.

Un servizio in cui scaturisce la distinzione fondamentale tra Segnalazione di un

disservizio di uno dei reparti degli ospedali o delle ASL, divenuti distretti, in cui

viene segnalato al personale dirigenziale la mancata performance ottimale del servizio verso cui i cittadini si rivolgono; colui o colei che effettua tale segnalazione non ha diritto a una risposta scritta da parte del personale dirigenziale.

Invece quando avviene un Esposto, altra parte della distinzione, colui o colei che si rivolge al servizio dirigenziale della struttura in cui è avvenuto il disservizio, ha diritto a una risposta scritta da parte del Direttore Sanitario sui provvedimenti e

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sull’esito che tale direttore ha dovuto effettuare all’interno della propria struttura, in un indagine interna; nel caso in cui la risposta che l’utente riceve non fosse esaustiva, può chiedere che si apra la Commissione Mista Conciliativa, una commissione che si riunisce con l’obiettivo di raggiungere un accordo tra l’Azienda che ha commesso il danno, convocando il personale coinvolto, e colui o colei che ha subito in prima o in seconda persona (come il tutore di un minore o di tutte quelle persone sottoposte alla categoria di tutela da parte della Repubblica Italiana) .

Nel caso in cui in tale istanza non viene raggiunto l’accordo tra le parti, il caso passa tramite il Tribunale del Malato, che aprirà le sue indagini e quindi un Processo Penale.

Quindi possiamo riassumere le funzioni dell’ufficio Relazioni con il Pubblico in 7 punti fondamentali10:

1. Riceve le osservazioni, le opposizioni o i reclami in qualunque forma presentati dai soggetti individuati al comma quinto dell’art.14 del D.lgs. 30 dicembre 1992, n° 502 e successive modificazioni;

2. Provvedere, su delega del Legale Rappresentate, a dare immediata ri-sposta all’utente per le segnalazioni che si presentano di prevedibile, univoca e certa definizione;

3. Predispone l’attività istruttoria, acquisendo tutti gli elementi neces-sari alla formazione di giudizio (relazioni o pareri) dai Responsabili delle Unità Operative e dagli uffici interessati e fornisce parere al Legale Rappresentante dell’ente per la definizione di quei reclami che non si presentano all’immediata e rapida definizione;

10 Come enunciati dal D.P.C.M. del 19 maggio 1995, Schema generale di riferimento della “Carta dei

Servizi pubblici sanitari”, pubblicato nella gazzetta ufficiale del 31 maggio 1995, n° 125, S.O., mate-riale fornito dal Direttore dell’U.O. Relazioni con il Pubblico Dott. Paolo M. Ursino, CIT. Tirocinio.

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4. Convoca la Commissione Mista Conciliativa per le segnalazioni di dis-servizio ad esso pervenute per il tramite delle Associazioni di Volonta-riato e degli Organismi di tutela;

5. Attiva la procedura di riesame del reclamo innanzi al Difensore Civico (Regionale, comunale o consortile) o presso altra figura, definita “super partes”, qualora l’utente si dichiari insoddisfatto dagli esiti prodotti in prima istanza;

6. Predispone la lettera di risposta all’utente, sottoscritta dal Legale Rap-presentante dell’ente;

7. Informa il Comitato Permanente di cui alla Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 27 gennaio del 1994.

Se ci soffermiamo un momento ad analizzare la 4° funzione fondamentale dell’URP, la Commissione Mista Conciliativa, in ottemperanza ai principi di trasparenza e di partecipazione, assolvendo la funzione di favorire la presenza e l’attività degli

organismi di volontariato e di tutela all’interno delle strutture sanitarie nello specifico obiettivo della tutela dell’utente.

La Commissione Mista Conciliativa viene attivata dal responsabile dell’U.R.P., qualora il disservizio venga segnato all’ASL per il tramite dell’organismo di volontariato e di tutela.

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