Scuola Dottorale di Ateneo
Graduate School
Dottorato di ricerca
in Italianistica e filologia classico medievale
Ciclo 26
Anno di discussione 2014
Trittico con Pantalone.
La commedia cittadina veneziana di Giovanni Bonicelli e
Tommaso Mondini (1688-1693).
Pantalone bullo, Pantalone mercante fallito, Pantalon spezier.
Edizione critica commentata.
Settore scientifico disciplinare di afferenza: L-FIL-LETT/10
Tesi di Dottorato di Maria Ghelfi, matricola 955837
Coordinatore del Dottorato
Tutore del Dottorando
Introduzione
Trittico con Pantalone
Si presenta qui l’edizione critica e commentata di tre commedie veneziane della fine del
Seicento: Pantalone bullo (1688) di Giovanni Bonicelli; Pantalone mercante fallito di Tommaso Mondini
(1693); Pantalon spezier (1693) ancora di Bonicelli
1.
Si tratta di tre testi di notevole rilievo nel panorama del teatro veneziano pregoldoniano, sotto il
profilo della storia della drammaturgia e della storia dello spettacolo, quanto preziosi per le
attestazioni relative alla storia del dialetto veneziano.
Al centro di essi il personaggio di Pantalone, che si presenta in tre differenti caratterizzazioni,
assai distanti dallo stereotipo della Commedia dell’Arte.
Fuori da facili e riduttivi itinerari evoluzionistici, questi testi, in varia misura connessi al genere
seicentesco della cosiddetta commedia ridicolosa, mostrano l’investimento su un’ambientazione
scenica concreta, tesa ad offrire al pubblico referenti oggettivi e conosciuti, quotidiani e condivisi,
che mostrano questa produzione come una tappa considerevole di una storia, dunque ininterrotta
nel tempo, dalla produzione cinquecentesca all’esperienza goldoniana, della commedia cittadina
veneziana.
I tre testi sono stati molte volte
2citati e analizzati per la loro importanza nel panorama degli
studi dedicati alla drammaturgia italiana, considerando l’apporto significativo che queste commedie
interamente scritte offrono come testimonianza di alcune linee della storia della commedia cittadina
veneziana nel periodo di passaggio tra Cinquecento e Settecento.
Il Seicento fu infatti un secolo di grande importanza per la vita teatrale veneziana in quanto
non solo il numero dei teatri era molto alto, come il numero delle compagnie attive; ma la
rappresentazione scenica cominciò anche a reggersi sulle sovvenzioni che arrivavano dal pubblico
pagante, adattandosi anche alle richieste che questo poteva mettere in campo, e sugli investimenti
dei nobili che finanziavano le compagnie, creando una rete di collaborazione tra amanti del teatro,
1 La scelta di comporre i tre testi in quest’ordine è stata dettata da diversi elementi: la datazione permette di inserire il
bullo per primo; mentre per gli altri due testi si è preferito inserire prima il mercante fallito dello spezier perché nel secondo si contano numerose riprese degli altri due, tra cui la più importante è costituita dal canto del flon; vi si aggiungono ad esempio la citazione dell’osteria al Gàfaro, che si incontra una prima volta nella bellissima carrellata delle osterie veneziane per bocca di Pantalone bullo (che deve decidere in quale luogo recarsi per il pranzo in I.VI.13), e una seconda volta nello spezier dove proprio all’oste è diretta una delle fantasiose ricette (III.IX.23); o ancora, tra le riprese dello spezier, sempre nel novero dei pazienti della spezieria, ritroviamo alcuni nomi parlanti per prostitue come priora delle solennissime, priora de’ Carampane, Caterina Gran Potta; personaggi con designazioni simili si incontrano già nel bullo (I.VI.9, II.XII.5).
2 Si pensa ad esempio a VESCOVO 1987e2002,FERRONE 1997e 2011; PADOAN;ALBERTI;SCANNAPIECO 2001;
scrittori per diporto e comici professionisti. Inoltre vi erano altresì molti luoghi come le accademie,
le scuole e i circoli di nobili in cui il teatro era la più diffusa forma di intrattenimento; si faceva
teatro nelle case dei nobili, a carnevale o in occasioni festive, anche durante le villeggiature.
Non vi sono molte notizie sulla vita di Mondini e Bonicelli. Ciò che è possibile ricostruire si
evince in primo luogo dalla storia delle loro pubblicazioni, legate per lo più alla bottega di
Domenico Lovisa, in Ruga degli Oresi a Rialto. Tra gli altri librai e stampatori della città
3il Lovisa
sembra essere il più importante per la nutrita offerta dei suoi scaffali che offrivano qualche classico e
una varia letteratura di intrattenimento e di consumo, che andava dal trattato sulla cioccolata, alle
vite dei santi, almanacchi e lunari, alcune opere di carattere storico, nonché numerose opere
teatrali.
4Di Mondini
5(anche noto nello scoperto anagramma di Simon Tomadoni) si sa che nacque a
Venezia nella seconda metà del XVII secolo e che nel 1689 si addottorò in studi di teologia presso
l’Università di Padova. Dai sonetti contenuti nella raccolta La Bagozzeide, pubblicata sotto lo
pseudonimo di Santo Bagozzi, poeta natural che del Parnaso netta i pozzi, (a lui attribuita in
M
AZZUCCHELLIe V
ESCOVO2002), si evince che facesse parte del Collegio dei savi, e forse
dell’Accademia degli Industriosi, che usava radunarsi nell’abitazione di Francesco Morosini. La
3 Si ricordano qui Francesco Nicolini, Vettor Romagnio, Leonardo Pittoni, Giacomo Dedini, (RE).
4 Ad esempio circa le pubblicazioni in vendita dal Lovisa si riporta qui un listino della libreria, riportato in calce di una
stampa del Pantalone Spezier, sempre del Bonicelli (altri esempi sono riportati in appendice):
Dal Lovisa libr. A Rialto in ruga d’Oresi si vende il Tasso tradotto di novo in lingua veneziana con figure in
rame, L 6:4
Il detto Tasso in piccolo in lingua veneziana, L 2:8 Le nove pazzie del Dottor, L :10 Le scioccherie di Gardellino, L :10 Pantalon Mercante fallito, L :1<0> Il finto prencipe, L :10 Il Pantalon Bullo, L :10 Il convitato di pietra, L :8 Le prodigalità d’Arlichino Comedia nuova, L :1<2> Zanobia a Radimisto, L :12 L’amante fedele, L :12 Le disgrazie di Pantalon, L :12 Vita, amori, e morte di Sanson, L :12 Trufaldin finto papagallo, L :12 Il Pantalon Spicier, L :12 L’invidia in corte, L :12 Pantalon Spizier, L :12
Il capit. Belisar. Con altre comedie e opere del Cicognini e opere d’ogni sorte. Trattato della cioccolata, L :10
Tutte l’imprese fatte dal Seren. Morosini, L 2: L’istoria di Maria Stuarda, L Secreti di medicina di missier Agresto de Bruschi, L Il Cembalo d’Erato, cioè cento sonetti in lingua veniziana, L
5 Le notizie qui riportate sono per lo più tratte dalla voce Mondini Tommaso, dal Dizionario Biografico degli Italiani, a cura di
produzione di Mondini conta i titoli di alcune commedie aderenti al genere della ridicolosa come Le
scioccherie di Gradellino, acchresciute dall’astuzie di Fenochio, sturbatore de’ matrimoni, Le nuove pazzie del dottore e
Gl’amori sfortunati di Pantalone. I testi si reggono su schemi fissi che contrappongono i lazzi delle
maschere alle vicende degli amorosi, sul plurilinguismo, e sulla commistione di stili, (per cui si
confronti V
ESCOVO1987).
Il testo di cui si dà qui l’edizione, il Pantalone mercante fallito, è sicuramente
la commedia più significativa di Mondini, che peraltro deve in maggior parte la sua fama al
volgarizzamento in lingua veneziana de La Gerusalemme liberata del Tasso, (El Goffredo del Tasso cantà
alla barcariola).
Nel Pantalone mercante fallito il protagonista è il mercante veneziano imbertonà, cioè “innamorato
folle” di una giovane, come da tradizione dell’Arte e della ridicolosa (si ricordi il Pantalone imbertonà di
Giovanni Briccio, ambientata a Venezia); ma in questo caso l’innamoramento è la causa che porta
alla rovina economica dell’impresa commerciale di Pantalone, della sua famiglia e della relativa
servitù, per terminare con l’arresto del protagonista, che offrirà dalla prigione uno dei pezzi più
interessanti: il canto del fallimento e l’assunzione della mala condotta ad exemplum vitae per gli
spettatori. La quotidianità veneziana si esprime nella sua forma più intensa nella rappresentazione
del tragitto in gondola, (già de La Venetiana), con il canto e le risse per il diritto di precedenza in
canale, la gita a Murano. Tra gli aspetti più peculiari è da notare lo scontro generazionale, tra il
padre noncurante e scialacquatore e il figlio che non accetta di esser comandato e costretto a
ristrettezze, che raggiunge livelli di tensione e crudeltà piuttosto alti, con una scena in cui si arriva
allo scontro violento. Il mercante fallito è citata da Goldoni
6nella prefazione a La Bancarotta, (come
ricorda anche F
ERRONE2011,
p.58), che ne ravvede un soggetto pessimo e mal condotto sulle scene
veneziane, (probabilmente proprio la scena del canto del flon dalla cella della prigione ad essere
giudicata troppo immorale).
Per Giovanni Bonicelli (alias Bonvicino Gioanelli) dobbiamo immaginare un percorso simile
a quello di Mondini, anche se le notizie biografiche nel suo caso sono ancora più scarne. Dalle date
delle produzioni deduciamo che vive e scrive nello stesso periodo (tratto che si evince sensibilmente
da alcune corrispondenze intertestuali tra i due autori), e che ha studiato da avvocato all’Università
di Padova, negli stessi anni di Mondini, (V
ESCOVO2002,
p.XIX).
La sua produzione è costituita da
testi ridicolosi di repertorio, ma anche da prove più significative come una traduzione de Il malato
immaginario di Molière, dal titolo L’amalato imaginario sotto cura del Dottor Purgon. Comedia tradotta da quelle
di Monsù Moliera, et accomodata ad uso de Comici Italiani per li linguaggi, e personaggi che corrono al presente, con
6 La citazione goldoniana è un chiaro indice del grado di diffusione di queste commedie nelle sale di Venezia, ed anche
in maniera indiretta un riconoscimento di valore da parte di un autore che è solito non nominare apertamente i propri avversari, ma citarne accuratamente idee e opinioni, lasciandoli chiaramente identificare.
il Famosissimo Dottorato di Pantalone in Medicina, Venezia, Lovisa, 1701; tra i titoli ricordiamo: La
prodigalità d’Arlecchino, mercante opulentissimo perseguitato dal basilisco del Bernagasso d’Etiopia, Il Dottor
Baccheton, Arlechino finto bassà d’Algieri, Vittoria cane dell’ortolano e Fichetto bullo per amore; e alcune opere
costruite sulla mescolanza di repertori, tecniche e tradizione, nell’indirizzo di una commistione
ardita (V
ESCOVO1987,
pp.41-46). Le commedie qui scelte per darne edizione, il Pantalone bullo, overo
la pusillanimità coverta e il Pantalon spezier, sono i testi di Bonicelli che maggiormente rappresentano
un’espressione di commedia cittadina veneziana seicentesca, incanalandosi in un percorso di
tradizione del genere.
Nel bullo si assiste alla sovrapposizione della maschera del mercante Pantalone al personaggio
di tradizione bulesca. Un uomo che gira armato per Venezia, accompagnato da un manipolo di
sgherri, che rappresenta per lui sostegno e sicurezza di esser difeso, e si dedica ad una lunga serie di
scorribande, risse, violenze e soprusi, che si snodano in lunghi percorsi cittadini, tra Ridotto, osterie,
Ghetto e mercato, nelle ambientazioni da bassifondi; per quanto riguarda la struttura della
commedia rimane poco convincente il ravvedimento del bullo in uno stringato lieto fine che risulta
più artificioso, allo scopo di coronare il genere della commedia, che non un naturale epilogo delle
vicende. Più significativa invece la lunga serie di comparse cittadine: l’oste, il venditore di pollame, il
salsicciaio, le prostitute, i giocatori di carte, che colorano di vitalità e ancorano alla città di Venezia
le vicende. Anche il bullo ha influenzato di certo Goldoni e il suo Momolo (F
ERRONE2011,
p.58).
Il Pantalon spezier è il testo che, nel suo complesso, sembra avere la struttura meno innovativa.
Assai preponderante è ancora l’apparato di lazzi della tradizione dell’Arte, in particolare riservati al
personaggio di Arlichino, come i suoi travestimenti in maschera di Morte, porco e orologio.
L’aspetto che ha maggior rilievo, nell’intenzione di costituire un percorso della commedia cittadina
a Venezia, è quello rappresentato dalla bottega, con i suoi lavoranti, Pantalone che si veste da
speziale, i facchini che pestano nei mortai, e i clienti che si avvicendano a chiedere rimedi per
infermità ordinarie, (come emorroidi e pidocchi): una efficacissima tranche de vie sulla Venezia
contemporanea all’autore e sugli aspetti della vita quotidiana e materiale che vi si conduceva.
Irresistibili, seppur contraddistinti da un livello di comicità piuttosto semplice, i fantasiosi e
truffaldini medicamenti che Pantalone esibisce ai suoi clienti seguendo le ricette di altrettanto
inverosimili medici. Di certo anche questo testo rappresentò una consistente fonte per Goldoni ne
Alcune riflessioni su spunti teorici e tratti comuni nel Trittico con Pantalone
Queste tre commedie presentano caratteristiche comuni. La più importante, che costituisce
la cifra significativa per classificarle nel genere della commedia cittadina è senz’altro
l’ambientazione.
La città di Venezia appare rappresentata in modo completamente realistico. Un primo livello
di riconoscimento avviene attraverso l’elencazione di luoghi e l’uso di toponimi precisi. Ci si riferisce
ai sestieri, a calli, ponti e fondamente, a traghetti, alle isole della laguna; ancora si nominano palazzi
comunali come la Zecca, in cui venivano coniate le monete e veniva conservato l’erario, o il palazzo
del tribunale (la Giustizia).
In secondo luogo ciò che crea una corrispondenza tra scena e realtà è la narrazione delle
abitudini di vita cittadina, che vanno dalla contrattazione del prezzo nella compravendita di beni
alimentari al mercato, alla modalità di scelta del tavolo di gioco al Ridotto, con relative mani di
gioco rappresentate; dalla gita in gondola all’isola di Murano, al banco dei pegni del Ghetto; dalla
riscossione di denaro presso il Banco Giro di Rialto, alle risse tra barcaioli, alla lettura dei fogli di
novità, alla passeggiata in Piazza.
Un terzo piano riguarda i personaggi che fanno vivere la città attraverso la loro apparizione
in scena: vere e proprie comparse caratteristiche, che mostrano le consuetudini della quotidianità
cittadina, relativamente alle situazioni appena descritte: il venditore di pollame, il facchino, l’oste, i
musicisti, colui che guida le danze, i giocatori di carte, per lo più bari, le maschere, i garzoni della
spezieria, i clienti che vanno a richiedere medicamenti, le pattuglie dell’ordine pubblico, il ragazzino
che vive facendo l’elemosina, i servi, le prostitute. Tutti questi personaggi sono parte integrante della
scena perché a loro è ampiamente attribuito il compito di incarnare la città.
Lo strumento fondamentale che i personaggi utilizzano in modo realistico, costituendo infine
un altro piano di riconoscimento tra platea e scena, è il linguaggio. Il dialetto veneziano che qui si
riproduce costituisce la fotografia di un tratto di lingua perduta. Le sue caratteristiche lo rendono
assai diverso da quello codificato in seguito da Carlo Goldoni. Tratti arcaici, commistione di lingue,
referenti lessicali densi, attinti dalla cultura materiale e popolare, di cui spesso non rimane traccia, il
cui contesto non è identificabile agli occhi di un lettore di oggi.
Un’osservazione a parte è da fare per l’apparato scenografico di questi testi, che, ancora una
volta, ci aiuta ad identificare e a fissare una fase teatrale “di passaggio”. Nel presente trittico su
Pantalone infatti le indicazioni scenografiche presentano tratti di tradizione della commedia
dell’Arte e dei suoi scenari, cioè, essenzialmente, fondali che raffigurano il classico “esterno con
case”, generico e adattabile a tutte le rappresentazioni. Ma si trovano anche indicazioni di cambi di
scena che spostano la visuale verso l’interno, adattando l’ambientazione all’intreccio. Tali cambi
sono indicati esclusivamente nelle didascalie e non lasciano indizi circa la realizzazione tecnica.
Tuttavia alcune ipotesi
7suggeriscono la possibile presenza di un prospetto, cioè un divisorio tra scena
e platea , che possa venire alzato o abbassato all’occorrenza. Si può osservare la variazione di scena
attraverso un breve riepilogo delle indicazioni evinte dalle didascalie.
Pantalone bullo
• Ridotto (I.I-I.III)
• Esterno con case (I.IV-I.XI) e (II.I-II.IV)
• Magazino (II.V-II.IX)
• Esterno con case (II.X-II.XII)
• Ghetto (II.XIII-XVI)
• Esterno con case (II.XVII-III.III)
• Sala da ballo (III.IV-III.VI)
• Esterno con case:
a): (III.VII-III.XIX)
b): Notte (III.XX-III.XXII)
Pantalone mercante fallito
• Esterno con case (I.I)
• Interno, casa di Angela (I.II-I.IV)
• Esterno con case (I.VI-I.IX)
• Bottega di Pantalone (I.X-I.XIII)
• Esterno con case (II.I-II.IV)
• Esterno in gondola, notte (II.V)
• Esterno notte (II.VI-II.VIII)
• Esterno con case (II.IX-II.XII)
• Casino a Murano (II.XIII)
7 Queste riflessioni verranno riprese nel commento e si sono basate principalmente sui suggerimenti di VESCOVO 2011e
• Esterno con case (III.I-III.II)
• Ridotto (III.III-III.IV)
• Esterno con case (III.V-III.IX)
• Prigione (III.X-III.XIII)
Pantalon spezier
• Esterno con case (I.I-II.VII)
• Interno, spezieria (II.VIII-II.XXII)
• Interno, casa di Pantalone (II.XXIII)
• Esterno con case (III.I-III.VIII)
• Interno, spezieria
a): giorno (III.IX-III.XIII)
b): notte (III.XIV-XVI)
• Esterno con case (III.XVII-III.XXIII)
Come si può vedere da questo breve schema i cambi tra esterno e interno sono numerosi ed è
presumibile un’alternanza realizzata attraverso la discesa e la salita del prospetto, vale a dire il primo
fondale scenografico in rapporto al pubblico. Inoltre si consideri che spesso, in corrispondenza del
cambio si assiste ad un breve monologo di uno dei personaggi, con funzione di riepilogo, di
indicazione di spostamento e di determinazione di passaggio temporale. Il che non fa che
confermare la possibilità di qualche azione tecnica, cui il monologo rende servizio di riempimento o
copertura. Da notare come nel secondo atto del mercante fallito vi sia un uso piuttosto frequente di
ellissi temporali tra una scena e l’altra, come risulta ad esempio per il passaggio tra il pranzo che
Beatrice tiene con Leandro e Lucindo alle spalle di Pantalone: il vecchio mercante fa mandare la
spesa per il supposto pranzo dell’amate con delle sue amiche, e riappare nella scena
immediatamente successiva per l’appuntamento che egli ha con la donna dopo mangiato,
dichiarando che il pranzo deve essere già stato comnsumato ( si veda M II.IX e II.X). Un altro
aspetto che dai cambi scena risulta ricorrente è la scena notturna, che ritorna in tutti e tre i testi,
dando origine a topiche comiche di tradizione per effetti della scarsa visibilità.
Il presente lavoro parte dall’edizione delle commedie, che restituisce un testo ricostruito sulla
tradizione a stampa, rivalutata e riconsiderata, e si incentra sulla stesura di un commento, volto a
sottolineare e analizzare la struttura dei testi, dando approfondimento delle ragioni che ne
costituiscono le caratteristiche di maggior importanza, nonché ad offrire un’analisi linguistica, come
contributo allo studio del veneziano seicentesco, con particolare riferimento alla tradizione delle
lingue di scena, che connettono l’esperienza cinquecentesca a quella di Carlo Goldoni, che a questa
produzione – con distacco e sufficienza, ma con costante attenzione – mostra di avere fatto debito
riferimento, soprattutto negli anni del suo approdo alla scrittura comica e della rifondazione del
genere della commedia cittadina veneziana. Obbiettivo principale sono l’interpretazione dei detti e
dei modi di dire, e la ricostruzione dei referenti concreti delle espressioni. Oltre ai più consueti
dizionari dialettali ed etimologici
8, con particolare riferimento all’uso del gergo, lo strumento più
significativo che qui si aggiunge è la Raccolta de’ proverbii, detti, sentenze, parole fresi veneziane, arricchita
d’alcuni esempii ed istorielle, di Francesco Zorzi Muazzo. Una fonte preziosissima di informazioni
riguardanti la vita quotidiana a Venezia. La testimonianza diretta, costituita da una scrittura di
getto, che esclude revisioni e ripensamenti, ma che anzi probabilmente coinvolge più lettere
contemporaneamente, scritta tra il 1767 e il 1771, è quella di un nobile veneziano rinchiuso a Santo
Spirito, poi San Servolo per la condotta violenta derivata dall’abuso di sostanze alcoliche. L’abuso di
vino e il conseguente peggioramento dello stato di salute si riflettono anche sulla scrittura, che
trascorre dall’annotazione lessicale al racconto, alla dissertazione cronachistica e di costume.
Bisogna anche ricordare che l’opera nasce per impiegare il tempo, “per passar i umori cattivi” della
reclusione forzata, prima a Santo Spirito, poi a San Servolo, dove l’opera viene conservata
manoscritta fino a passare all’Archivio di Stato di Venezia, dove probabilmente i fogli vengono
rilegati nel 1849. Il primo a segnalare l’importanza di queste carte, su suggerimento di Manlio
Cortelazzo, fu Paolo Zolli, alla fine degli anni sessanta
9. Questa una veloce riflessine di Muazzo sulla
propria opera:
Quel che po’ posso dir intorno sta Raccolta e replicar zé che chi s’à messo a formar calepini o dizionarii de qualunque sorte i à vudo sempre compagni nella fadiga e libri dai quali i podeva ritrar le voci e i vocaboli. Basta dir che al zorno d’ancuo quei accademici affamai della Crusca i ghe magna el cotto el cruo al granduca di Toscana con l’inventar o trovar nove e stramballae dizion alla Crusca e mi, senza l’appoggio de libri e compagni, son andà facendo sta raccoltina che, spero, in tutto no la doveria esser, se non i tutto perfetta e bona, almanco in parte cattiva e degna d’andar dal luganegher a incartar el salà come tanti libri e corpi d’istorie francesi.
La cultura media, di un nobile non ricco, che ha vissuto gli anni della gioventù presso un collegio
nell’isola della Giudecca, che ha sempre nutrito personali interessi letterari, produce un testo
8 Per i quali si confronti la bibliografia delle opere citate in forma abbreviata.
9 Zolli dà una descrizione complessiva dell’opera nel saggio: La Raccolta de' proverbi, detti, sentenze, parole e frasi veneziane di F.
amplissimo nei contenuti, una sorta di dizionario negli intenti, scritto in difesa della lingua
veneziana sulle tendenze toscano-centriche emerse dalla cinquecentesca questione della lingua.
Innanzitutto bisogna considerare che la scrittura di Muazzo segue la motivazione principale del
passatempo nei lunghi anni di reclusione. Ma forte è anche la volontà di testimoniare la ricchezza e
la completezza della lingua veneziana, nonché alcuni aspetti della vita quotidiana nella città
lagunare, alcune tradizioni e costumi. Le carte di Muazzo sono divise in un ordine alfabetico
imperfetto. Le lettere danno adito a grandi capitoli, ma i lemmi sono scritti in maniera mescolata,
così come vengono alla mente, dettati in base all’estro, ai pensieri, a collegamenti intuitivi e
improvvise associazioni di idee; approfondite a seconda del momento in diverse pagine o a volte
solamente accennate o elencate. Questo strumento è servito a dare valore ad alcuni vocaboli, non
altrimenti attestati, testimoniandone la diffusione. Non sempre Muazzo dà una spiegazione dei
lemmi, come quella che ci aspetteremmo da un vocabolario. Molte volte le parole sono soltanto
annotate con un esempio d’uso. Per chiarire il tipo di aiuto che questo strumento ha portato nella
stesura del commento alle commedie bastano due esempi: «che carne squarzadona che zé questa»,
(p.942 s.v. squarzo), ci permette di dare conferma del valore individuato per l’espressione polastrazze
squarzadonazze, (B I.XI.13 ); e «co’ zogo a zoghetti, fasso sempre sonica colle carte», e «co’ zogo,
fasso sempre sonica»; (M
UAZZO,
rispettivamente p.973 e 986), riescono a contestualizzare una frase
come hallo cattào sonica delongo, (M III.III.16), altrimenti non attestata, consentendoci di identificare
con certezza l’uso di questa espressione nell’ambito del gioco di carte, facendola apparire una
strategia o una mossa. Purtroppo le grandi potenzialità di questo strumento sono frenate dalla grave
difficoltà di lettura. Primo per la mole dell’opera: si tratta di più di mille pagine. Secondo per la
scarsa praticità del supporto che, nonostante una recente edizione
10, rimane purtroppo sprovvista di
indice. Inoltre le voci sono catalogate in maniera mista: non solo lemmi, ma frasi, proverbi, voci che
cominciano con preposizioni o pronomi, (come una lunga serie di espressioni del tipo a
bada, a
bagnomaria, a barca leva, a basso, a bella succession de, a boae, a bon conto, a bon riverirla, a bon’ora dei mondi, a
bonora in beccaria e tardi in pescaria, a bove maiore discit arare minor, a cao viazo, ecc., raccolte sotto la lettera
a
11; o la serie di frasi che cominciano col pronome chi: chi à vudo, chi assae e chi gnente, chi ben comincia, chi
beve assae per lo più, chi beve col boccal, chi dà e chi tol vien la bissa al cuor, chi de vinti no ghe n’à, chi di cortel
ferisce, chi falla de pie, chi far de fatti vuole, suol far poche parole, chi gà creanza la campa e chi no ghe n’à la campa
megio, chi gà da dar ha d’aver, chi ghe n’à ghe ne pol spender, chi ha arte, chi ha perso la reputazion, chi ha tempo non
aspetta tempo, chi ha zocchi ha anca delle stele, chi l’indovina è savio, chi magna de bon caga de bon, ecc.
10 L’edizione di riferimento è quella a cura di Franco Crevatin.
Preziosissime però alcune voci come questa:
«Gondola. Gondolin: barchin. Gondola a un remo. Gondola a do remi. Gondola da traghetto. Gondola de casa. Gondola co’ speggi da drio e davanti per foresti. Gondola da noviziado coi so pomoli d’oro banda per banda del felce, in cima. Gondole d’oro del nunzio che gà ferro e a poppe e a prova. Gondola da Mestre, che porta timon e vela co’ porta l’occasion e anca el tempo e la zé tanto grande che ò visto alle volte, anzi quasi sempre co’ zé el tempo de’ vini, a portar a Venezia delle botte de vin. Le gondole per altro de’ nostri dì zé assae più proporzionate, più vaghe e più belle de quelle goffe e sproporzionae che se usava anticamente e in sala del Mazor Consegio, visin alla porta del scrutinio, ghe zé un quadro dove ghe ne rappresenta un esemplar e credo che anca se veda el ponte de legno che giera a Rialto avanti che i formasse quel de piera che zé al presente. Mozza zé quella gondola senza ferro e chi va dalle bande dei Scalzi vederà un prototipo e un sortimento de mozze particolari e che se distingue in questo perché tutte le barche de quel traghetto zé tutte mozze e i leva la zente per un bezzo a testa. Barchetta. Barchetta coverta, che dopera per lo più i religiosi claustrali, come saravve a dir domenicani, cappuccini, reformati, francescani, paolotti, certosini, olivetani. I nomi po’ che gà ogni parte componente la gondola i zé infiniti e per saverli bisogna andar da un squerariol in squerro a San Trovaso o a San Moisé o a Santa Soffia, che lu quando nol gabbia altro per la testa, ve li pol suggerir tutti quanti o anca se non tutti la maggior parte el barcariol vostro de casa, come saravve a dir, per dirghene su alcuni, costrai, sentina, forcola da poppa, forcola da mezzo, remo da poppe, remo da mezzo. Semo soliti, o co’ se va fora in campagna o in qualche funzion, armar la gondola a quattro remi, do a poppe e do a prova. Ferro da barca. Feral de barca. Corbole. Batticoppo. Felce. Stramazzetti de bulgaro negro e de panno co zé l’inverno. Trasto. Banchette. Sessola. Sponza. Scalinetti da prova; altri scalinetti postizzi che se mette sora la prova vicin a quelli co’ l’acqua zé bassa. Zenia. Scuretti. Speggi da barca. Lai da poppe. Lai da prova. Siar, premer, stallir: termini de barcarioli. Ghe zé quel dito che li comprende tutti tre sti vocaboli: Sia, premi, stalli, la barca va intei pali. Ghe zé stà trovà dai nolezini ai barcarioli fora el so soranome e i li giama cavai d’acqua. Ghe giera, da putello per così dir in fasce, un’aria da battello che scomenzava: Se la gondola averé no crié, no crié che la gondola averé. Scambiar, levar: termini barcarioleschi. Ò levà el mio paron sta mattina al traghetto del Buso e l’ò buttà al Lion Bianco. “Òe, amigo, me leveu?” “La ghe dimandi a questo che zé in barca che l’è el paron” “Levello, levello pur, no me dà nissun fastidio”. “Collega, fevve un tantin a premando, se vollé che se scambiemmo”.
In un brano come questo si può cogliere non solo lo stile di Muazzo, ma, quel che più ha valore
per il tipo di uso che ne facciamo, si evince che la scrittura è concreta e materiale, che tratta di
referenti oggettivi, di cui esamina le differenze minute, e ancora, elemento utilissimo, che fornisce
molti esempi d’uso relativamente a termini, frasi, modi proverbiali e relativi contesti.
Si nota anche
che la scrittura tende alle sovrapposizioni e al ridondante, aspetto che probabilmente è dovuto alla
stesura di getto, ma che non fa che arricchire per noi le informazioni, seppur a volte renda poco
scorrevole la lettura delle voci. Si veda ancora quello che scrive in vari luoghi Muazzo sui giochi:
Ziogar all’erbete, alla trapola, a mercante in fiera, una partia a tresette in tola, a tresette scoverto, a tresette coll’agiutarse, a tresette colle mannine, a tresette in man, a tresette rabbioso, a quintiglio, all’ombre, a picchetto, a baccega, a chi fa più perde, a stoppa, a viva l’amor sette carte d’un color, a coteggio, a fottin, a trionfo, a trionfetti, al partion, alla meneghella, a barba Valerio, a tondina, a cresciman, a camuffo, a primiera, a rustega, a cricca, alla
cecchinetta, a muggietti. Far un battifondo a fottin. Questi e altri zoghi, che se fa colle carte, se impara più colla pratica e coll’esercizio, sia a vederli sia a zogarli, che a lezerli descritti, onde a vollerli descriver e metter zo saravve giusto un perder el tempo e po’ mai se arriva a segno de spiegarli a sufficienza per i infiniti casi e accidenti che in ognun nasce.
E ancora:
Ziogar a Maria orba, el qual zogo, per dir qualcosa, consiste nel bendar uno i oggi, che nualtri disemo star sotto, el qual così orbo se ghe basta l’anemo de brincar qualchedun de quelli che attorno i ghe va zirando, lu resta libero e quello che l’à giappà tocca star sotto.
In altro luogo, sempre a proposito di giochi:
Zogar coi dai a par o dispar, a mea tua (che zé pezo della bassetta e de faraon, come che se costumava in Collegio dei Nobili alla Zuecca, con sti altri che anderò disendo), al più al manco, al trentaun, al pellacchiù, all’oca, a tria (fatta sora un tocco de carton o su una banca come i baroni), ai castelletti (coi ossi de persego), a sottomuro, a quarta, a busa, al trottolo, al pandolo, a San Marco Madonna. Coi pomi, peri, o perseghi, che i da de poppasto; alla caporionna, alla bissonna. Per scaldarse po’ l’inverno ai schiavi, che zé correrse l’un drio l’altro e quando se ghe ne giappa uno se dise “Ti zé cotto”. E quella parte de muro dove che sti barbari tol le so mosse e le so corrate se giama star a mea, andar a mea. […] Questi e altri che no me sovvien zé i zoghi e i trattenimenti della maggior parte dei zentilomeni veneziani, allevati sotto la pura e particolar disciplina dei padri somaschi. Che profitto po’ che i ghe ne possa ricavar e che scienza non solo da sti zoghi, ma dalla educazion somasca lasso al benevolo lettor considerarla e ponderarla, che mi no me dà né me basta l’anemo de spiegarla. Zogo de man zogo da villan. Zogar al lotto, alla venturina.
Insieme al commento di carattere prevalentemente lessicale si è aggiunta, dove necessario,
l’analisi di alcuni aspetti sintattici e grammaticali che nei testi riproducono il parlato, come ad
esempio le frasi a cornice o le costruzioni con il pronome che sottinteso.
Caratteristica di queste commedie è anche l’uso del plurilinguismo in relazione ai
personaggi. I dialetti bolognese (per il Dottore), e bergamasco (per i servi Arlichino, Bagolino e
Fenochio), sono lingue rese in modo convenzionale, secondo la tradizione della commedia a partire
dal Cinquecento, che parte dal veneziano aggiungendovi i tratti più caratteristici, e crea delle lingue
comprensibili ma caricate di comicità. Il contrasto tra il dialetto veneziano e le parlate di
terraferma, (testimoniate anche in commedia in alcune scene come S III.X in cui Celio travestito da
contadino imita una parlata simile al pavano; ma anche nella scena I.XI del bullo, in cui per insultare
il galliner Pantalone gli attribuisce la provenienza da diverze zone della campagna tra Venezia,
Padova e Vicenza, come Camponogara, Campo Sanpiero, Zocco). La scelta dei criteri grafici
adottati, descritta più avanti, è volta a fornire indicazioni di lettura per le diverse parlate.
Per il Dottore si assiste, in modo leggero nei primi due testi, mentre in modo molto più
marcato nello spezier, ad una commistione di bolognese e latino, a volte piuttosto ingarbugliata.
Questo è l’espediente linguistico che serve a caratterizzare il personaggio per la sua saccenteria e per
l’abitudine al parlare dilungandosi inutilmente. Le citazioni sono realistiche, alcune anche puntuali
(per la maggior parte sono tratte da Digesto o Pandette, ovvero la parte del Corpus Iuris Civilis che
raccoglie la tradizione romana classica del diritto, testo che il Bonicelli ha certamente frequentato
nei suoi studi universitari). Ma su una base di latino si innesta qualche coniazione fantasiosa, e si
mescola il dialetto bolognese. Nel testo a stampa sono presenti numerose abbreviazioni che sono
state sciolte
12, di volta in volta, con l’aiuto del Dizionario di abbreviature latine ed italiane, (C
APPELLI).
Un’altra caratterizzazione linguistica che le commedie utilizzano è il parlare aulico affettato
degli amorosi. Questo tipo di linguaggio, mentre nasce in rapporto parodistico con la lingua
dell’opera seria o del dramma per musica, riflette spesso la vacuità dei caratteri nella costruzione di
un espressività prevalentemente finta e falsamente ricercata. In quest’ottica si trovano in
numerosissimi luoghi delle chiusure di battuta in distico baciato, o lunghe parti in versi in
corrispondenza delle patetiche scene d’addio. Queste parti sono probabilmente da pensarsi
accompagnate da musica.
Infine è da segnalare che il linguaggio di Pantalone
13acquista in questi testi una maggiore
profondità espressiva rispetto agli stereotipi degli scenari dell’Arte. Il suo dialetto veneziano è intriso
di aspetti della vita famigliare, affettiva, mercantile; l’utilizzo che egli fa di detti gnomici, proverbi e
sentenze, qualche piccola interferenza di linguaggio aulico, ad esempio in qualche parola di latino
che, a differenza delle ampollose citazione del Dottore, entra a far parte del linguaggio corrente. Si
può dire che in generale anche la lingua del personaggio segue le sperimentazioni caratteriali, perciò
nel bullo sono più marcate le espressioni aggressive, l’uso della minaccia, con una galleria di termini
specifici legati all’ambito lessicale delle armi, di epiteti offensivi, l’abuso del suffisso spregiativo
accrescitivo in -azzo/-azza. Nel mercante fallito sono due gli aspetti linguistici che emergono: il primo
riguarda l’innamoramento. Pantalone per dichiarare il suo amore a Beatrice utilizza una lunga serie
di referenti concreti e anatomici, seguendo l’idea insita nell’espressione vissere mie, che quanto più il
sentimento è forte e profondo, tanto più trova spazio nella parte più interna del corpo, dalla spienza
alle buelle. Il secondo aspetto è quello che riguarda prima lo spender per la putta, poi il dissesto
economico, corredato da espressioni che riguardano il denaro, i tassi di strozzinaggio, per finire nel
lungo riepilogo del flon. Nello spezier, infine, il linguaggio di Pantalone è da una parte più equilibrato:
12 Alcuni esempi: ff > Pandectae; § > paragraphus; cap. > capitulus; c. > codice; a. > apud; ecc.
già nella scena iniziale, quando il mercante racconta al Dottore i suoi piani per l’avvio della
spezieria, i toni e le parole sono quelle di un uomo anziano che ha ben considerato la propria
posizione e situazione. In quest’ottica rientra il linguaggio da padre di famiglia, affettuoso, che egli
adotta ad esempio col garzone di bottega Manteca, (fino a che non gli fa perdere la pazienza); e in
particolare con le clienti della bottega che vengono a acquistare medicamenti. Ma proprio dalla
spezieria deriva l’altro aspetto della lingua di Pantalone in questa commedia: il lessico medico di
base, su cui trova spazio il linguaggio metaforico e fantasioso dei recipi.
Nello svolgersi degli eventi che nelle tre commedie si snodano su filoni tematici differenti si
assiste tuttavia ad alcune scene ricorrenti.
Una scena con brindisi ricorre nel bullo e nel mercante fallito, e rappresenta in entrambi i luoghi
un momento metateatrale: i personaggi fanno un brindisi diretto “all’onorata udienza” (B II.IX.2) o
alla città di Venezia, con tanto di coro “Venezia viva” (M I.XI.20).
Il gioco di carte con relative scommesse al Ridotto ricorre nelle scene iniziali del bullo
(I.I-III), dove ha il pretesto di presentare il personaggio di Pantalone e il suo carattere arrogante e
violento, nonché la sua squadra di soldati; nel mercante fallito al gioco è riservata la rappresentazione
della perdita degli ultimissimi denari da parte di Pantalone. Nello spezier si assiste ad una variazione,
che rimane comunque nell’ambito del gioco d’azzardo, la morra. I due lavoranti di bottega, Nane e il
giovane garzone Manteca, si giocano una piccola, cioè una bevuta.
La gondola appare in numerose scene, anche se il mercante fallito è il testo in cui questo
elemento ha più spazio e più sfaccettature, la più importante quella del canto e dell’aperto
riferimento alla traduzione del Tasso ad opera di Mondini (III.III).
Certo anche il canto rappresenta un importante elemento ricorrente anche quando non è
legato alla gondola. Il personaggio a cui le parti cantate e improvvisate, probabilmente secondo la
tecnica del contrafactum applicata a melodie note, sono maggiormente attribuite è il protagonista:
Pantalone. Nel bullo assistiamo al canto per richiamare l’attenzione degli ebrei del Ghetto. Nel
mercante fallito il canto è dapprima mezzo di corteggiamento, introdotto dall’esplicito: “se no ve la
posso sonar ve la vogio almanco cantar”; per poi avere il suo più ampio sfogo nella lunga sequenza
del canto in prigione, sull’aria del flon, a cui Pantalone affida l’analisi del comportamento che l’ha
portato alla rovina, forse la parte della commedia meno accettabile per il più moralista Goldoni (cfr.
V
ESCOVO1987,
p.64). Il flon ritorna nello spezier, la prima volta sulla bocca di Manteca, che, secondo
l’usanza sopra descritta, improvvisa delle strofe a piacere, mantenendo invariati struttura ritmica e
ritornello; mentre una seconda volta da Pantalone, che canta prima di addormentarsi. Altri motivi e
filastrocche varie, che si possono, per metrica e rima, immaginare cantate, costellano i testi qua e là,
ora in bocca al soldato Mezzettino, ora ad Arlichino.
Nota al testo
Edizioni utilizzate
Di seguito l’elenco e la descrizione delle edizioni di cui si è tenuto conto per la presente
edizione del Pantalone bullo. Si tratta di una tradizione di testi esclusivamente a stampa che non
presentano un panorama significativo di varianti.
1.- Bp:
PANTALONE / BVLLO, / OVERO / LA PVSI<LL>ANIMITA’ / Coverta. /
<C>O<MME>DIA / DI BONVI<CINO GI>OANELLI. / [riga orizzontale] /
CONSACRATA / Al Molt’Illustre Signor / PIETRO ZIANI. / [insegna] / I<N> VENETIA,
M.DC.LXXXVIII.
Alle pp. 3-5 si colloca la dedica:
MOLT’ILLVSTRE / Signore. / [segue la dedica che si chiude con] / Di V. S. Molt’Illust. / [e a
fondo pagina] / Humil. Osseq. & Affettuos. Serv. / Gio: Pietro Pittoni.
Alla pagina successiva si colloca l’elenco dei personaggi.
La commedia va da p. 7 a p. 81.
2.- Bl:
PANTALONE / BVLLO, / OVERO / LA PVSILLANIMITA’ / Coperta. / COMEDIA / DI
BONVICIN GIOANELLI. / [insegna che rappresenta un uomo che cammina] / In Venetia, Per il
Lovisa, à Rialto. / [riga orizzontale] / Con Licenza de’ Superiori.
Alla pagina successiva si colloca l’elenco dei personaggi.
La commedia va da p. 6 a p. 84.
3.- Bm:
PANTALONE / BVLLO, / OVERO / LA PVSILLANIMITA’ / Coperta. / COMEDIA / DI
BONVICIN GIOANELLI. / Seconda Impressione. / [riga orizzontale] / CONSACRATA /
All’Illustrissimo Signor / GIOVANNI / SENACHI. / [insegna] / IN VENETIA,
M.DC.LXXXXIII. / [riga orizzontale] / Per Sebastian Menegatti. / Con Licen<za de’ Superiori.>
Alle pp. 3-5 si colloca la dedica:
ILLVSTRISSIMO / Signore. / [segue la dedica che si chiude con]/ Di V. S. Illustrissima. / [e a
fondo pagina] / Humil. Devot. & Oblig. Serv. / Sebastian Menegatti.
Alla pagina successiva si colloca l’elenco dei personaggi.
La commedia va da p. 7 a p. 81.
4.- Bp
2:
PANTALONE / B<V>LLO, / O<V>ERO / LA PVSILLANIMITA’ / Co<p>erta. /
<C>O<ME>DIA / DI BON<VICINO GIO>ANELLI. / [riga orizzontale] / CONSACRATA /
Al Molt’Illustre Signor / PIETRO ZIANI. / [insegna] / <IN> VENETIA, M.DC.LXXXVIII. /
[riga orizzontale] / P<e>r Leonardo Pittoni Lib<raro à San Mar>co / Con Licenza de’ Superi<ori
e Priv>il.
Alle pp. 3-5 si colloca la dedica:
MOLT’ILLVSTRE / Signore. / [segue la dedica che si chiude con]/ Di V. S. Molt’Illust. / [e a
fondo pagina] / Humil. Osseq. & Affettuos. Serv. / Gio: Pietro Pittoni.
Alla pagina successiva si colloca l’elenco dei personaggi.
La commedia va da p. 7 a p. 81.
A p. 82 si colloca un messaggio del libraio al lettore.
IL LIBRARO / al Benigno Lettore..
5.- Br:
PANTALONE / BVLLO, / OVERO / LA PVSILLANIMITA’ / Coperta. / COMEDIA / DI
BONVICIN GIOANELLI. / Seconda impressione. / [riga orizzontale] / CONSACRATA /
All’Illustrissimo Signor / GIOVANNI SENACHI. / [insegna] / IN VENETIA,
M.DC.LXXXXIII. / [riga orizzontale] / Per Vettor Romagnio. / Con Licenza de’ Superiori
Alle pp. 3-5 si colloca la dedica:
ILLVSTRISSIMO / Signore. / [segue la dedica che si chiude con] / Di V.S. Illustrissima. / Humil.
Devot. & Oblig. Serv. / Sebastian Menegatti.
Alla pagina successiva si colloca l’elenco dei personaggi.
La commedia va da p. 7 a p. 81.
L’edizione più antica di cui si ha notizia, Bp, è il testimone su cui si basa la presente edizione,
mentre Bp
2risulta identica a Bp.
Bm è una seconda impressione. Si differenzia per la data (1693 invece di 1688), per editore
(Sebastiano Menegatti) e per destinatario della dedica (Giovanni Senachi). Mentre per quanto
riguarda il confronto del testo, esso risulta identico alle altre copie.
La stampa edita dal Lovisa, Bl, non riporta né la data, né la dedica, ma è la copia meno
danneggiata. Anche Br è in buono stato e ha permesso di integrare con Bl una lacuna ed alcuni
errori presenti nelle altre copie; precisamente nei seguenti punti:
• I.III.5: «da dar via», solo Bl riporta la preposizione «da».
• III.X.3: in Bl e in Br è perfettamente leggibile la frase «perché l’è vecch, ma che a’ no l’avì volsud
far mal».
• III.XXIII: Bl e Br riportano «diverse», le altre copie compare «dioverse».
• III.XXIII. 6: in Bl e in Br si legge «che me credeva», mentre nelle altre copie il pronome «me» è
ripetuto due volte.
Si segnala infine un’ultima variante di Bl:
• I.I.2: si trova «truca a traversar i campi», invece di «trucar o traversar i campi» che si trova in Bp;
o «truca o traversar i campi» in Br.
Tutte le copie presentano in diversi punti cadute di caratteri. In questi casi, quando la caduta
di carattere è evidenziata da uno spazio vuoto all’interno di parola e il significato appare chiaro, le
integrazioni non sono segnalate (ad esempio I.II.9: dove compare «sc do»
14, è stato integrato).
14 In questo caso fa eccezione PBr che non presenta caduta di carattere; mentre per i casi segnalati in seguito tutte le