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Trittico con Pantalone : la commedia cittadina veneziana di Giovanni Bonicelli e Tommaso Mondini (1688-1693): Pantalone bullo, Pantalone mercante fallito, Pantalon spezier: edizione critica commentata

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(1)

Scuola Dottorale di Ateneo

Graduate School

Dottorato di ricerca

in Italianistica e filologia classico medievale

Ciclo 26

Anno di discussione 2014

Trittico con Pantalone.

La commedia cittadina veneziana di Giovanni Bonicelli e

Tommaso Mondini (1688-1693).

Pantalone bullo, Pantalone mercante fallito, Pantalon spezier.

Edizione critica commentata.

Settore scientifico disciplinare di afferenza: L-FIL-LETT/10

Tesi di Dottorato di Maria Ghelfi, matricola 955837

Coordinatore del Dottorato

Tutore del Dottorando

(2)

Introduzione

Trittico con Pantalone

Si presenta qui l’edizione critica e commentata di tre commedie veneziane della fine del

Seicento: Pantalone bullo (1688) di Giovanni Bonicelli; Pantalone mercante fallito di Tommaso Mondini

(1693); Pantalon spezier (1693) ancora di Bonicelli

1

.

Si tratta di tre testi di notevole rilievo nel panorama del teatro veneziano pregoldoniano, sotto il

profilo della storia della drammaturgia e della storia dello spettacolo, quanto preziosi per le

attestazioni relative alla storia del dialetto veneziano.

Al centro di essi il personaggio di Pantalone, che si presenta in tre differenti caratterizzazioni,

assai distanti dallo stereotipo della Commedia dell’Arte.

Fuori da facili e riduttivi itinerari evoluzionistici, questi testi, in varia misura connessi al genere

seicentesco della cosiddetta commedia ridicolosa, mostrano l’investimento su un’ambientazione

scenica concreta, tesa ad offrire al pubblico referenti oggettivi e conosciuti, quotidiani e condivisi,

che mostrano questa produzione come una tappa considerevole di una storia, dunque ininterrotta

nel tempo, dalla produzione cinquecentesca all’esperienza goldoniana, della commedia cittadina

veneziana.

I tre testi sono stati molte volte

2

citati e analizzati per la loro importanza nel panorama degli

studi dedicati alla drammaturgia italiana, considerando l’apporto significativo che queste commedie

interamente scritte offrono come testimonianza di alcune linee della storia della commedia cittadina

veneziana nel periodo di passaggio tra Cinquecento e Settecento.

Il Seicento fu infatti un secolo di grande importanza per la vita teatrale veneziana in quanto

non solo il numero dei teatri era molto alto, come il numero delle compagnie attive; ma la

rappresentazione scenica cominciò anche a reggersi sulle sovvenzioni che arrivavano dal pubblico

pagante, adattandosi anche alle richieste che questo poteva mettere in campo, e sugli investimenti

dei nobili che finanziavano le compagnie, creando una rete di collaborazione tra amanti del teatro,

1 La scelta di comporre i tre testi in quest’ordine è stata dettata da diversi elementi: la datazione permette di inserire il

bullo per primo; mentre per gli altri due testi si è preferito inserire prima il mercante fallito dello spezier perché nel secondo si contano numerose riprese degli altri due, tra cui la più importante è costituita dal canto del flon; vi si aggiungono ad esempio la citazione dell’osteria al Gàfaro, che si incontra una prima volta nella bellissima carrellata delle osterie veneziane per bocca di Pantalone bullo (che deve decidere in quale luogo recarsi per il pranzo in I.VI.13), e una seconda volta nello spezier dove proprio all’oste è diretta una delle fantasiose ricette (III.IX.23); o ancora, tra le riprese dello spezier, sempre nel novero dei pazienti della spezieria, ritroviamo alcuni nomi parlanti per prostitue come priora delle solennissime, priora de’ Carampane, Caterina Gran Potta; personaggi con designazioni simili si incontrano già nel bullo (I.VI.9, II.XII.5).

2 Si pensa ad esempio a VESCOVO 1987e2002,FERRONE 1997e 2011; PADOAN;ALBERTI;SCANNAPIECO 2001;

(3)

scrittori per diporto e comici professionisti. Inoltre vi erano altresì molti luoghi come le accademie,

le scuole e i circoli di nobili in cui il teatro era la più diffusa forma di intrattenimento; si faceva

teatro nelle case dei nobili, a carnevale o in occasioni festive, anche durante le villeggiature.

Non vi sono molte notizie sulla vita di Mondini e Bonicelli. Ciò che è possibile ricostruire si

evince in primo luogo dalla storia delle loro pubblicazioni, legate per lo più alla bottega di

Domenico Lovisa, in Ruga degli Oresi a Rialto. Tra gli altri librai e stampatori della città

3

il Lovisa

sembra essere il più importante per la nutrita offerta dei suoi scaffali che offrivano qualche classico e

una varia letteratura di intrattenimento e di consumo, che andava dal trattato sulla cioccolata, alle

vite dei santi, almanacchi e lunari, alcune opere di carattere storico, nonché numerose opere

teatrali.

4

Di Mondini

5

(anche noto nello scoperto anagramma di Simon Tomadoni) si sa che nacque a

Venezia nella seconda metà del XVII secolo e che nel 1689 si addottorò in studi di teologia presso

l’Università di Padova. Dai sonetti contenuti nella raccolta La Bagozzeide, pubblicata sotto lo

pseudonimo di Santo Bagozzi, poeta natural che del Parnaso netta i pozzi, (a lui attribuita in

M

AZZUCCHELLI

e V

ESCOVO

2002), si evince che facesse parte del Collegio dei savi, e forse

dell’Accademia degli Industriosi, che usava radunarsi nell’abitazione di Francesco Morosini. La

3 Si ricordano qui Francesco Nicolini, Vettor Romagnio, Leonardo Pittoni, Giacomo Dedini, (RE).

4 Ad esempio circa le pubblicazioni in vendita dal Lovisa si riporta qui un listino della libreria, riportato in calce di una

stampa del Pantalone Spezier, sempre del Bonicelli (altri esempi sono riportati in appendice):

Dal Lovisa libr. A Rialto in ruga d’Oresi si vende il Tasso tradotto di novo in lingua veneziana con figure in

rame, L 6:4

Il detto Tasso in piccolo in lingua veneziana, L 2:8 Le nove pazzie del Dottor, L :10 Le scioccherie di Gardellino, L :10 Pantalon Mercante fallito, L :1<0> Il finto prencipe, L :10 Il Pantalon Bullo, L :10 Il convitato di pietra, L :8 Le prodigalità d’Arlichino Comedia nuova, L :1<2> Zanobia a Radimisto, L :12 L’amante fedele, L :12 Le disgrazie di Pantalon, L :12 Vita, amori, e morte di Sanson, L :12 Trufaldin finto papagallo, L :12 Il Pantalon Spicier, L :12 L’invidia in corte, L :12 Pantalon Spizier, L :12

Il capit. Belisar. Con altre comedie e opere del Cicognini e opere d’ogni sorte. Trattato della cioccolata, L :10

Tutte l’imprese fatte dal Seren. Morosini, L 2: L’istoria di Maria Stuarda, L Secreti di medicina di missier Agresto de Bruschi, L Il Cembalo d’Erato, cioè cento sonetti in lingua veniziana, L

5 Le notizie qui riportate sono per lo più tratte dalla voce Mondini Tommaso, dal Dizionario Biografico degli Italiani, a cura di

(4)

produzione di Mondini conta i titoli di alcune commedie aderenti al genere della ridicolosa come Le

scioccherie di Gradellino, acchresciute dall’astuzie di Fenochio, sturbatore de’ matrimoni, Le nuove pazzie del dottore e

Gl’amori sfortunati di Pantalone. I testi si reggono su schemi fissi che contrappongono i lazzi delle

maschere alle vicende degli amorosi, sul plurilinguismo, e sulla commistione di stili, (per cui si

confronti V

ESCOVO

1987).

Il testo di cui si dà qui l’edizione, il Pantalone mercante fallito, è sicuramente

la commedia più significativa di Mondini, che peraltro deve in maggior parte la sua fama al

volgarizzamento in lingua veneziana de La Gerusalemme liberata del Tasso, (El Goffredo del Tasso cantà

alla barcariola).

Nel Pantalone mercante fallito il protagonista è il mercante veneziano imbertonà, cioè “innamorato

folle” di una giovane, come da tradizione dell’Arte e della ridicolosa (si ricordi il Pantalone imbertonà di

Giovanni Briccio, ambientata a Venezia); ma in questo caso l’innamoramento è la causa che porta

alla rovina economica dell’impresa commerciale di Pantalone, della sua famiglia e della relativa

servitù, per terminare con l’arresto del protagonista, che offrirà dalla prigione uno dei pezzi più

interessanti: il canto del fallimento e l’assunzione della mala condotta ad exemplum vitae per gli

spettatori. La quotidianità veneziana si esprime nella sua forma più intensa nella rappresentazione

del tragitto in gondola, (già de La Venetiana), con il canto e le risse per il diritto di precedenza in

canale, la gita a Murano. Tra gli aspetti più peculiari è da notare lo scontro generazionale, tra il

padre noncurante e scialacquatore e il figlio che non accetta di esser comandato e costretto a

ristrettezze, che raggiunge livelli di tensione e crudeltà piuttosto alti, con una scena in cui si arriva

allo scontro violento. Il mercante fallito è citata da Goldoni

6

nella prefazione a La Bancarotta, (come

ricorda anche F

ERRONE

2011,

p.58), che ne ravvede un soggetto pessimo e mal condotto sulle scene

veneziane, (probabilmente proprio la scena del canto del flon dalla cella della prigione ad essere

giudicata troppo immorale).

Per Giovanni Bonicelli (alias Bonvicino Gioanelli) dobbiamo immaginare un percorso simile

a quello di Mondini, anche se le notizie biografiche nel suo caso sono ancora più scarne. Dalle date

delle produzioni deduciamo che vive e scrive nello stesso periodo (tratto che si evince sensibilmente

da alcune corrispondenze intertestuali tra i due autori), e che ha studiato da avvocato all’Università

di Padova, negli stessi anni di Mondini, (V

ESCOVO

2002,

p.XIX).

La sua produzione è costituita da

testi ridicolosi di repertorio, ma anche da prove più significative come una traduzione de Il malato

immaginario di Molière, dal titolo L’amalato imaginario sotto cura del Dottor Purgon. Comedia tradotta da quelle

di Monsù Moliera, et accomodata ad uso de Comici Italiani per li linguaggi, e personaggi che corrono al presente, con

6 La citazione goldoniana è un chiaro indice del grado di diffusione di queste commedie nelle sale di Venezia, ed anche

in maniera indiretta un riconoscimento di valore da parte di un autore che è solito non nominare apertamente i propri avversari, ma citarne accuratamente idee e opinioni, lasciandoli chiaramente identificare.

(5)

il Famosissimo Dottorato di Pantalone in Medicina, Venezia, Lovisa, 1701; tra i titoli ricordiamo: La

prodigalità d’Arlecchino, mercante opulentissimo perseguitato dal basilisco del Bernagasso d’Etiopia, Il Dottor

Baccheton, Arlechino finto bassà d’Algieri, Vittoria cane dell’ortolano e Fichetto bullo per amore; e alcune opere

costruite sulla mescolanza di repertori, tecniche e tradizione, nell’indirizzo di una commistione

ardita (V

ESCOVO

1987,

pp.41-46). Le commedie qui scelte per darne edizione, il Pantalone bullo, overo

la pusillanimità coverta e il Pantalon spezier, sono i testi di Bonicelli che maggiormente rappresentano

un’espressione di commedia cittadina veneziana seicentesca, incanalandosi in un percorso di

tradizione del genere.

Nel bullo si assiste alla sovrapposizione della maschera del mercante Pantalone al personaggio

di tradizione bulesca. Un uomo che gira armato per Venezia, accompagnato da un manipolo di

sgherri, che rappresenta per lui sostegno e sicurezza di esser difeso, e si dedica ad una lunga serie di

scorribande, risse, violenze e soprusi, che si snodano in lunghi percorsi cittadini, tra Ridotto, osterie,

Ghetto e mercato, nelle ambientazioni da bassifondi; per quanto riguarda la struttura della

commedia rimane poco convincente il ravvedimento del bullo in uno stringato lieto fine che risulta

più artificioso, allo scopo di coronare il genere della commedia, che non un naturale epilogo delle

vicende. Più significativa invece la lunga serie di comparse cittadine: l’oste, il venditore di pollame, il

salsicciaio, le prostitute, i giocatori di carte, che colorano di vitalità e ancorano alla città di Venezia

le vicende. Anche il bullo ha influenzato di certo Goldoni e il suo Momolo (F

ERRONE

2011,

p.58).

Il Pantalon spezier è il testo che, nel suo complesso, sembra avere la struttura meno innovativa.

Assai preponderante è ancora l’apparato di lazzi della tradizione dell’Arte, in particolare riservati al

personaggio di Arlichino, come i suoi travestimenti in maschera di Morte, porco e orologio.

L’aspetto che ha maggior rilievo, nell’intenzione di costituire un percorso della commedia cittadina

a Venezia, è quello rappresentato dalla bottega, con i suoi lavoranti, Pantalone che si veste da

speziale, i facchini che pestano nei mortai, e i clienti che si avvicendano a chiedere rimedi per

infermità ordinarie, (come emorroidi e pidocchi): una efficacissima tranche de vie sulla Venezia

contemporanea all’autore e sugli aspetti della vita quotidiana e materiale che vi si conduceva.

Irresistibili, seppur contraddistinti da un livello di comicità piuttosto semplice, i fantasiosi e

truffaldini medicamenti che Pantalone esibisce ai suoi clienti seguendo le ricette di altrettanto

inverosimili medici. Di certo anche questo testo rappresentò una consistente fonte per Goldoni ne

(6)

Alcune riflessioni su spunti teorici e tratti comuni nel Trittico con Pantalone

Queste tre commedie presentano caratteristiche comuni. La più importante, che costituisce

la cifra significativa per classificarle nel genere della commedia cittadina è senz’altro

l’ambientazione.

La città di Venezia appare rappresentata in modo completamente realistico. Un primo livello

di riconoscimento avviene attraverso l’elencazione di luoghi e l’uso di toponimi precisi. Ci si riferisce

ai sestieri, a calli, ponti e fondamente, a traghetti, alle isole della laguna; ancora si nominano palazzi

comunali come la Zecca, in cui venivano coniate le monete e veniva conservato l’erario, o il palazzo

del tribunale (la Giustizia).

In secondo luogo ciò che crea una corrispondenza tra scena e realtà è la narrazione delle

abitudini di vita cittadina, che vanno dalla contrattazione del prezzo nella compravendita di beni

alimentari al mercato, alla modalità di scelta del tavolo di gioco al Ridotto, con relative mani di

gioco rappresentate; dalla gita in gondola all’isola di Murano, al banco dei pegni del Ghetto; dalla

riscossione di denaro presso il Banco Giro di Rialto, alle risse tra barcaioli, alla lettura dei fogli di

novità, alla passeggiata in Piazza.

Un terzo piano riguarda i personaggi che fanno vivere la città attraverso la loro apparizione

in scena: vere e proprie comparse caratteristiche, che mostrano le consuetudini della quotidianità

cittadina, relativamente alle situazioni appena descritte: il venditore di pollame, il facchino, l’oste, i

musicisti, colui che guida le danze, i giocatori di carte, per lo più bari, le maschere, i garzoni della

spezieria, i clienti che vanno a richiedere medicamenti, le pattuglie dell’ordine pubblico, il ragazzino

che vive facendo l’elemosina, i servi, le prostitute. Tutti questi personaggi sono parte integrante della

scena perché a loro è ampiamente attribuito il compito di incarnare la città.

Lo strumento fondamentale che i personaggi utilizzano in modo realistico, costituendo infine

un altro piano di riconoscimento tra platea e scena, è il linguaggio. Il dialetto veneziano che qui si

riproduce costituisce la fotografia di un tratto di lingua perduta. Le sue caratteristiche lo rendono

assai diverso da quello codificato in seguito da Carlo Goldoni. Tratti arcaici, commistione di lingue,

referenti lessicali densi, attinti dalla cultura materiale e popolare, di cui spesso non rimane traccia, il

cui contesto non è identificabile agli occhi di un lettore di oggi.

Un’osservazione a parte è da fare per l’apparato scenografico di questi testi, che, ancora una

volta, ci aiuta ad identificare e a fissare una fase teatrale “di passaggio”. Nel presente trittico su

(7)

Pantalone infatti le indicazioni scenografiche presentano tratti di tradizione della commedia

dell’Arte e dei suoi scenari, cioè, essenzialmente, fondali che raffigurano il classico “esterno con

case”, generico e adattabile a tutte le rappresentazioni. Ma si trovano anche indicazioni di cambi di

scena che spostano la visuale verso l’interno, adattando l’ambientazione all’intreccio. Tali cambi

sono indicati esclusivamente nelle didascalie e non lasciano indizi circa la realizzazione tecnica.

Tuttavia alcune ipotesi

7

suggeriscono la possibile presenza di un prospetto, cioè un divisorio tra scena

e platea , che possa venire alzato o abbassato all’occorrenza. Si può osservare la variazione di scena

attraverso un breve riepilogo delle indicazioni evinte dalle didascalie.

Pantalone bullo

• Ridotto (I.I-I.III)

• Esterno con case (I.IV-I.XI) e (II.I-II.IV)

• Magazino (II.V-II.IX)

• Esterno con case (II.X-II.XII)

• Ghetto (II.XIII-XVI)

• Esterno con case (II.XVII-III.III)

• Sala da ballo (III.IV-III.VI)

• Esterno con case:

a): (III.VII-III.XIX)

b): Notte (III.XX-III.XXII)

Pantalone mercante fallito

• Esterno con case (I.I)

• Interno, casa di Angela (I.II-I.IV)

• Esterno con case (I.VI-I.IX)

• Bottega di Pantalone (I.X-I.XIII)

• Esterno con case (II.I-II.IV)

• Esterno in gondola, notte (II.V)

• Esterno notte (II.VI-II.VIII)

• Esterno con case (II.IX-II.XII)

• Casino a Murano (II.XIII)

7 Queste riflessioni verranno riprese nel commento e si sono basate principalmente sui suggerimenti di VESCOVO 2011e

(8)

• Esterno con case (III.I-III.II)

• Ridotto (III.III-III.IV)

• Esterno con case (III.V-III.IX)

• Prigione (III.X-III.XIII)

Pantalon spezier

• Esterno con case (I.I-II.VII)

• Interno, spezieria (II.VIII-II.XXII)

• Interno, casa di Pantalone (II.XXIII)

• Esterno con case (III.I-III.VIII)

• Interno, spezieria

a): giorno (III.IX-III.XIII)

b): notte (III.XIV-XVI)

• Esterno con case (III.XVII-III.XXIII)

Come si può vedere da questo breve schema i cambi tra esterno e interno sono numerosi ed è

presumibile un’alternanza realizzata attraverso la discesa e la salita del prospetto, vale a dire il primo

fondale scenografico in rapporto al pubblico. Inoltre si consideri che spesso, in corrispondenza del

cambio si assiste ad un breve monologo di uno dei personaggi, con funzione di riepilogo, di

indicazione di spostamento e di determinazione di passaggio temporale. Il che non fa che

confermare la possibilità di qualche azione tecnica, cui il monologo rende servizio di riempimento o

copertura. Da notare come nel secondo atto del mercante fallito vi sia un uso piuttosto frequente di

ellissi temporali tra una scena e l’altra, come risulta ad esempio per il passaggio tra il pranzo che

Beatrice tiene con Leandro e Lucindo alle spalle di Pantalone: il vecchio mercante fa mandare la

spesa per il supposto pranzo dell’amate con delle sue amiche, e riappare nella scena

immediatamente successiva per l’appuntamento che egli ha con la donna dopo mangiato,

dichiarando che il pranzo deve essere già stato comnsumato ( si veda M II.IX e II.X). Un altro

aspetto che dai cambi scena risulta ricorrente è la scena notturna, che ritorna in tutti e tre i testi,

dando origine a topiche comiche di tradizione per effetti della scarsa visibilità.

Il presente lavoro parte dall’edizione delle commedie, che restituisce un testo ricostruito sulla

tradizione a stampa, rivalutata e riconsiderata, e si incentra sulla stesura di un commento, volto a

sottolineare e analizzare la struttura dei testi, dando approfondimento delle ragioni che ne

(9)

costituiscono le caratteristiche di maggior importanza, nonché ad offrire un’analisi linguistica, come

contributo allo studio del veneziano seicentesco, con particolare riferimento alla tradizione delle

lingue di scena, che connettono l’esperienza cinquecentesca a quella di Carlo Goldoni, che a questa

produzione – con distacco e sufficienza, ma con costante attenzione – mostra di avere fatto debito

riferimento, soprattutto negli anni del suo approdo alla scrittura comica e della rifondazione del

genere della commedia cittadina veneziana. Obbiettivo principale sono l’interpretazione dei detti e

dei modi di dire, e la ricostruzione dei referenti concreti delle espressioni. Oltre ai più consueti

dizionari dialettali ed etimologici

8

, con particolare riferimento all’uso del gergo, lo strumento più

significativo che qui si aggiunge è la Raccolta de’ proverbii, detti, sentenze, parole fresi veneziane, arricchita

d’alcuni esempii ed istorielle, di Francesco Zorzi Muazzo. Una fonte preziosissima di informazioni

riguardanti la vita quotidiana a Venezia. La testimonianza diretta, costituita da una scrittura di

getto, che esclude revisioni e ripensamenti, ma che anzi probabilmente coinvolge più lettere

contemporaneamente, scritta tra il 1767 e il 1771, è quella di un nobile veneziano rinchiuso a Santo

Spirito, poi San Servolo per la condotta violenta derivata dall’abuso di sostanze alcoliche. L’abuso di

vino e il conseguente peggioramento dello stato di salute si riflettono anche sulla scrittura, che

trascorre dall’annotazione lessicale al racconto, alla dissertazione cronachistica e di costume.

Bisogna anche ricordare che l’opera nasce per impiegare il tempo, “per passar i umori cattivi” della

reclusione forzata, prima a Santo Spirito, poi a San Servolo, dove l’opera viene conservata

manoscritta fino a passare all’Archivio di Stato di Venezia, dove probabilmente i fogli vengono

rilegati nel 1849. Il primo a segnalare l’importanza di queste carte, su suggerimento di Manlio

Cortelazzo, fu Paolo Zolli, alla fine degli anni sessanta

9

. Questa una veloce riflessine di Muazzo sulla

propria opera:

Quel che po’ posso dir intorno sta Raccolta e replicar zé che chi s’à messo a formar calepini o dizionarii de qualunque sorte i à vudo sempre compagni nella fadiga e libri dai quali i podeva ritrar le voci e i vocaboli. Basta dir che al zorno d’ancuo quei accademici affamai della Crusca i ghe magna el cotto el cruo al granduca di Toscana con l’inventar o trovar nove e stramballae dizion alla Crusca e mi, senza l’appoggio de libri e compagni, son andà facendo sta raccoltina che, spero, in tutto no la doveria esser, se non i tutto perfetta e bona, almanco in parte cattiva e degna d’andar dal luganegher a incartar el salà come tanti libri e corpi d’istorie francesi.

La cultura media, di un nobile non ricco, che ha vissuto gli anni della gioventù presso un collegio

nell’isola della Giudecca, che ha sempre nutrito personali interessi letterari, produce un testo

8 Per i quali si confronti la bibliografia delle opere citate in forma abbreviata.

9 Zolli dà una descrizione complessiva dell’opera nel saggio: La Raccolta de' proverbi, detti, sentenze, parole e frasi veneziane di F.

(10)

amplissimo nei contenuti, una sorta di dizionario negli intenti, scritto in difesa della lingua

veneziana sulle tendenze toscano-centriche emerse dalla cinquecentesca questione della lingua.

Innanzitutto bisogna considerare che la scrittura di Muazzo segue la motivazione principale del

passatempo nei lunghi anni di reclusione. Ma forte è anche la volontà di testimoniare la ricchezza e

la completezza della lingua veneziana, nonché alcuni aspetti della vita quotidiana nella città

lagunare, alcune tradizioni e costumi. Le carte di Muazzo sono divise in un ordine alfabetico

imperfetto. Le lettere danno adito a grandi capitoli, ma i lemmi sono scritti in maniera mescolata,

così come vengono alla mente, dettati in base all’estro, ai pensieri, a collegamenti intuitivi e

improvvise associazioni di idee; approfondite a seconda del momento in diverse pagine o a volte

solamente accennate o elencate. Questo strumento è servito a dare valore ad alcuni vocaboli, non

altrimenti attestati, testimoniandone la diffusione. Non sempre Muazzo dà una spiegazione dei

lemmi, come quella che ci aspetteremmo da un vocabolario. Molte volte le parole sono soltanto

annotate con un esempio d’uso. Per chiarire il tipo di aiuto che questo strumento ha portato nella

stesura del commento alle commedie bastano due esempi: «che carne squarzadona che zé questa»,

(p.942 s.v. squarzo), ci permette di dare conferma del valore individuato per l’espressione polastrazze

squarzadonazze, (B I.XI.13 ); e «co’ zogo a zoghetti, fasso sempre sonica colle carte», e «co’ zogo,

fasso sempre sonica»; (M

UAZZO

,

rispettivamente p.973 e 986), riescono a contestualizzare una frase

come hallo cattào sonica delongo, (M III.III.16), altrimenti non attestata, consentendoci di identificare

con certezza l’uso di questa espressione nell’ambito del gioco di carte, facendola apparire una

strategia o una mossa. Purtroppo le grandi potenzialità di questo strumento sono frenate dalla grave

difficoltà di lettura. Primo per la mole dell’opera: si tratta di più di mille pagine. Secondo per la

scarsa praticità del supporto che, nonostante una recente edizione

10

, rimane purtroppo sprovvista di

indice. Inoltre le voci sono catalogate in maniera mista: non solo lemmi, ma frasi, proverbi, voci che

cominciano con preposizioni o pronomi, (come una lunga serie di espressioni del tipo a

bada, a

bagnomaria, a barca leva, a basso, a bella succession de, a boae, a bon conto, a bon riverirla, a bon’ora dei mondi, a

bonora in beccaria e tardi in pescaria, a bove maiore discit arare minor, a cao viazo, ecc., raccolte sotto la lettera

a

11

; o la serie di frasi che cominciano col pronome chi: chi à vudo, chi assae e chi gnente, chi ben comincia, chi

beve assae per lo più, chi beve col boccal, chi dà e chi tol vien la bissa al cuor, chi de vinti no ghe n’à, chi di cortel

ferisce, chi falla de pie, chi far de fatti vuole, suol far poche parole, chi gà creanza la campa e chi no ghe n’à la campa

megio, chi gà da dar ha d’aver, chi ghe n’à ghe ne pol spender, chi ha arte, chi ha perso la reputazion, chi ha tempo non

aspetta tempo, chi ha zocchi ha anca delle stele, chi l’indovina è savio, chi magna de bon caga de bon, ecc.

10 L’edizione di riferimento è quella a cura di Franco Crevatin.

(11)

Preziosissime però alcune voci come questa:

«Gondola. Gondolin: barchin. Gondola a un remo. Gondola a do remi. Gondola da traghetto. Gondola de casa. Gondola co’ speggi da drio e davanti per foresti. Gondola da noviziado coi so pomoli d’oro banda per banda del felce, in cima. Gondole d’oro del nunzio che gà ferro e a poppe e a prova. Gondola da Mestre, che porta timon e vela co’ porta l’occasion e anca el tempo e la zé tanto grande che ò visto alle volte, anzi quasi sempre co’ zé el tempo de’ vini, a portar a Venezia delle botte de vin. Le gondole per altro de’ nostri dì zé assae più proporzionate, più vaghe e più belle de quelle goffe e sproporzionae che se usava anticamente e in sala del Mazor Consegio, visin alla porta del scrutinio, ghe zé un quadro dove ghe ne rappresenta un esemplar e credo che anca se veda el ponte de legno che giera a Rialto avanti che i formasse quel de piera che zé al presente. Mozza zé quella gondola senza ferro e chi va dalle bande dei Scalzi vederà un prototipo e un sortimento de mozze particolari e che se distingue in questo perché tutte le barche de quel traghetto zé tutte mozze e i leva la zente per un bezzo a testa. Barchetta. Barchetta coverta, che dopera per lo più i religiosi claustrali, come saravve a dir domenicani, cappuccini, reformati, francescani, paolotti, certosini, olivetani. I nomi po’ che gà ogni parte componente la gondola i zé infiniti e per saverli bisogna andar da un squerariol in squerro a San Trovaso o a San Moisé o a Santa Soffia, che lu quando nol gabbia altro per la testa, ve li pol suggerir tutti quanti o anca se non tutti la maggior parte el barcariol vostro de casa, come saravve a dir, per dirghene su alcuni, costrai, sentina, forcola da poppa, forcola da mezzo, remo da poppe, remo da mezzo. Semo soliti, o co’ se va fora in campagna o in qualche funzion, armar la gondola a quattro remi, do a poppe e do a prova. Ferro da barca. Feral de barca. Corbole. Batticoppo. Felce. Stramazzetti de bulgaro negro e de panno co zé l’inverno. Trasto. Banchette. Sessola. Sponza. Scalinetti da prova; altri scalinetti postizzi che se mette sora la prova vicin a quelli co’ l’acqua zé bassa. Zenia. Scuretti. Speggi da barca. Lai da poppe. Lai da prova. Siar, premer, stallir: termini de barcarioli. Ghe zé quel dito che li comprende tutti tre sti vocaboli: Sia, premi, stalli, la barca va intei pali. Ghe zé stà trovà dai nolezini ai barcarioli fora el so soranome e i li giama cavai d’acqua. Ghe giera, da putello per così dir in fasce, un’aria da battello che scomenzava: Se la gondola averé no crié, no crié che la gondola averé. Scambiar, levar: termini barcarioleschi. Ò levà el mio paron sta mattina al traghetto del Buso e l’ò buttà al Lion Bianco. “Òe, amigo, me leveu?” “La ghe dimandi a questo che zé in barca che l’è el paron” “Levello, levello pur, no me dà nissun fastidio”. “Collega, fevve un tantin a premando, se vollé che se scambiemmo”.

In un brano come questo si può cogliere non solo lo stile di Muazzo, ma, quel che più ha valore

per il tipo di uso che ne facciamo, si evince che la scrittura è concreta e materiale, che tratta di

referenti oggettivi, di cui esamina le differenze minute, e ancora, elemento utilissimo, che fornisce

molti esempi d’uso relativamente a termini, frasi, modi proverbiali e relativi contesti.

Si nota anche

che la scrittura tende alle sovrapposizioni e al ridondante, aspetto che probabilmente è dovuto alla

stesura di getto, ma che non fa che arricchire per noi le informazioni, seppur a volte renda poco

scorrevole la lettura delle voci. Si veda ancora quello che scrive in vari luoghi Muazzo sui giochi:

Ziogar all’erbete, alla trapola, a mercante in fiera, una partia a tresette in tola, a tresette scoverto, a tresette coll’agiutarse, a tresette colle mannine, a tresette in man, a tresette rabbioso, a quintiglio, all’ombre, a picchetto, a baccega, a chi fa più perde, a stoppa, a viva l’amor sette carte d’un color, a coteggio, a fottin, a trionfo, a trionfetti, al partion, alla meneghella, a barba Valerio, a tondina, a cresciman, a camuffo, a primiera, a rustega, a cricca, alla

(12)

cecchinetta, a muggietti. Far un battifondo a fottin. Questi e altri zoghi, che se fa colle carte, se impara più colla pratica e coll’esercizio, sia a vederli sia a zogarli, che a lezerli descritti, onde a vollerli descriver e metter zo saravve giusto un perder el tempo e po’ mai se arriva a segno de spiegarli a sufficienza per i infiniti casi e accidenti che in ognun nasce.

E ancora:

Ziogar a Maria orba, el qual zogo, per dir qualcosa, consiste nel bendar uno i oggi, che nualtri disemo star sotto, el qual così orbo se ghe basta l’anemo de brincar qualchedun de quelli che attorno i ghe va zirando, lu resta libero e quello che l’à giappà tocca star sotto.

In altro luogo, sempre a proposito di giochi:

Zogar coi dai a par o dispar, a mea tua (che zé pezo della bassetta e de faraon, come che se costumava in Collegio dei Nobili alla Zuecca, con sti altri che anderò disendo), al più al manco, al trentaun, al pellacchiù, all’oca, a tria (fatta sora un tocco de carton o su una banca come i baroni), ai castelletti (coi ossi de persego), a sottomuro, a quarta, a busa, al trottolo, al pandolo, a San Marco Madonna. Coi pomi, peri, o perseghi, che i da de poppasto; alla caporionna, alla bissonna. Per scaldarse po’ l’inverno ai schiavi, che zé correrse l’un drio l’altro e quando se ghe ne giappa uno se dise “Ti zé cotto”. E quella parte de muro dove che sti barbari tol le so mosse e le so corrate se giama star a mea, andar a mea. […] Questi e altri che no me sovvien zé i zoghi e i trattenimenti della maggior parte dei zentilomeni veneziani, allevati sotto la pura e particolar disciplina dei padri somaschi. Che profitto po’ che i ghe ne possa ricavar e che scienza non solo da sti zoghi, ma dalla educazion somasca lasso al benevolo lettor considerarla e ponderarla, che mi no me dà né me basta l’anemo de spiegarla. Zogo de man zogo da villan. Zogar al lotto, alla venturina.

Insieme al commento di carattere prevalentemente lessicale si è aggiunta, dove necessario,

l’analisi di alcuni aspetti sintattici e grammaticali che nei testi riproducono il parlato, come ad

esempio le frasi a cornice o le costruzioni con il pronome che sottinteso.

Caratteristica di queste commedie è anche l’uso del plurilinguismo in relazione ai

personaggi. I dialetti bolognese (per il Dottore), e bergamasco (per i servi Arlichino, Bagolino e

Fenochio), sono lingue rese in modo convenzionale, secondo la tradizione della commedia a partire

dal Cinquecento, che parte dal veneziano aggiungendovi i tratti più caratteristici, e crea delle lingue

comprensibili ma caricate di comicità. Il contrasto tra il dialetto veneziano e le parlate di

terraferma, (testimoniate anche in commedia in alcune scene come S III.X in cui Celio travestito da

contadino imita una parlata simile al pavano; ma anche nella scena I.XI del bullo, in cui per insultare

il galliner Pantalone gli attribuisce la provenienza da diverze zone della campagna tra Venezia,

Padova e Vicenza, come Camponogara, Campo Sanpiero, Zocco). La scelta dei criteri grafici

adottati, descritta più avanti, è volta a fornire indicazioni di lettura per le diverse parlate.

(13)

Per il Dottore si assiste, in modo leggero nei primi due testi, mentre in modo molto più

marcato nello spezier, ad una commistione di bolognese e latino, a volte piuttosto ingarbugliata.

Questo è l’espediente linguistico che serve a caratterizzare il personaggio per la sua saccenteria e per

l’abitudine al parlare dilungandosi inutilmente. Le citazioni sono realistiche, alcune anche puntuali

(per la maggior parte sono tratte da Digesto o Pandette, ovvero la parte del Corpus Iuris Civilis che

raccoglie la tradizione romana classica del diritto, testo che il Bonicelli ha certamente frequentato

nei suoi studi universitari). Ma su una base di latino si innesta qualche coniazione fantasiosa, e si

mescola il dialetto bolognese. Nel testo a stampa sono presenti numerose abbreviazioni che sono

state sciolte

12

, di volta in volta, con l’aiuto del Dizionario di abbreviature latine ed italiane, (C

APPELLI

).

Un’altra caratterizzazione linguistica che le commedie utilizzano è il parlare aulico affettato

degli amorosi. Questo tipo di linguaggio, mentre nasce in rapporto parodistico con la lingua

dell’opera seria o del dramma per musica, riflette spesso la vacuità dei caratteri nella costruzione di

un espressività prevalentemente finta e falsamente ricercata. In quest’ottica si trovano in

numerosissimi luoghi delle chiusure di battuta in distico baciato, o lunghe parti in versi in

corrispondenza delle patetiche scene d’addio. Queste parti sono probabilmente da pensarsi

accompagnate da musica.

Infine è da segnalare che il linguaggio di Pantalone

13

acquista in questi testi una maggiore

profondità espressiva rispetto agli stereotipi degli scenari dell’Arte. Il suo dialetto veneziano è intriso

di aspetti della vita famigliare, affettiva, mercantile; l’utilizzo che egli fa di detti gnomici, proverbi e

sentenze, qualche piccola interferenza di linguaggio aulico, ad esempio in qualche parola di latino

che, a differenza delle ampollose citazione del Dottore, entra a far parte del linguaggio corrente. Si

può dire che in generale anche la lingua del personaggio segue le sperimentazioni caratteriali, perciò

nel bullo sono più marcate le espressioni aggressive, l’uso della minaccia, con una galleria di termini

specifici legati all’ambito lessicale delle armi, di epiteti offensivi, l’abuso del suffisso spregiativo

accrescitivo in -azzo/-azza. Nel mercante fallito sono due gli aspetti linguistici che emergono: il primo

riguarda l’innamoramento. Pantalone per dichiarare il suo amore a Beatrice utilizza una lunga serie

di referenti concreti e anatomici, seguendo l’idea insita nell’espressione vissere mie, che quanto più il

sentimento è forte e profondo, tanto più trova spazio nella parte più interna del corpo, dalla spienza

alle buelle. Il secondo aspetto è quello che riguarda prima lo spender per la putta, poi il dissesto

economico, corredato da espressioni che riguardano il denaro, i tassi di strozzinaggio, per finire nel

lungo riepilogo del flon. Nello spezier, infine, il linguaggio di Pantalone è da una parte più equilibrato:

12 Alcuni esempi: ff > Pandectae; § > paragraphus; cap. > capitulus; c. > codice; a. > apud; ecc.

(14)

già nella scena iniziale, quando il mercante racconta al Dottore i suoi piani per l’avvio della

spezieria, i toni e le parole sono quelle di un uomo anziano che ha ben considerato la propria

posizione e situazione. In quest’ottica rientra il linguaggio da padre di famiglia, affettuoso, che egli

adotta ad esempio col garzone di bottega Manteca, (fino a che non gli fa perdere la pazienza); e in

particolare con le clienti della bottega che vengono a acquistare medicamenti. Ma proprio dalla

spezieria deriva l’altro aspetto della lingua di Pantalone in questa commedia: il lessico medico di

base, su cui trova spazio il linguaggio metaforico e fantasioso dei recipi.

Nello svolgersi degli eventi che nelle tre commedie si snodano su filoni tematici differenti si

assiste tuttavia ad alcune scene ricorrenti.

Una scena con brindisi ricorre nel bullo e nel mercante fallito, e rappresenta in entrambi i luoghi

un momento metateatrale: i personaggi fanno un brindisi diretto “all’onorata udienza” (B II.IX.2) o

alla città di Venezia, con tanto di coro “Venezia viva” (M I.XI.20).

Il gioco di carte con relative scommesse al Ridotto ricorre nelle scene iniziali del bullo

(I.I-III), dove ha il pretesto di presentare il personaggio di Pantalone e il suo carattere arrogante e

violento, nonché la sua squadra di soldati; nel mercante fallito al gioco è riservata la rappresentazione

della perdita degli ultimissimi denari da parte di Pantalone. Nello spezier si assiste ad una variazione,

che rimane comunque nell’ambito del gioco d’azzardo, la morra. I due lavoranti di bottega, Nane e il

giovane garzone Manteca, si giocano una piccola, cioè una bevuta.

La gondola appare in numerose scene, anche se il mercante fallito è il testo in cui questo

elemento ha più spazio e più sfaccettature, la più importante quella del canto e dell’aperto

riferimento alla traduzione del Tasso ad opera di Mondini (III.III).

Certo anche il canto rappresenta un importante elemento ricorrente anche quando non è

legato alla gondola. Il personaggio a cui le parti cantate e improvvisate, probabilmente secondo la

tecnica del contrafactum applicata a melodie note, sono maggiormente attribuite è il protagonista:

Pantalone. Nel bullo assistiamo al canto per richiamare l’attenzione degli ebrei del Ghetto. Nel

mercante fallito il canto è dapprima mezzo di corteggiamento, introdotto dall’esplicito: “se no ve la

posso sonar ve la vogio almanco cantar”; per poi avere il suo più ampio sfogo nella lunga sequenza

del canto in prigione, sull’aria del flon, a cui Pantalone affida l’analisi del comportamento che l’ha

portato alla rovina, forse la parte della commedia meno accettabile per il più moralista Goldoni (cfr.

V

ESCOVO

1987,

p.64). Il flon ritorna nello spezier, la prima volta sulla bocca di Manteca, che, secondo

l’usanza sopra descritta, improvvisa delle strofe a piacere, mantenendo invariati struttura ritmica e

ritornello; mentre una seconda volta da Pantalone, che canta prima di addormentarsi. Altri motivi e

(15)

filastrocche varie, che si possono, per metrica e rima, immaginare cantate, costellano i testi qua e là,

ora in bocca al soldato Mezzettino, ora ad Arlichino.

Nota al testo

Edizioni utilizzate

Di seguito l’elenco e la descrizione delle edizioni di cui si è tenuto conto per la presente

edizione del Pantalone bullo. Si tratta di una tradizione di testi esclusivamente a stampa che non

presentano un panorama significativo di varianti.

1.- Bp:

PANTALONE / BVLLO, / OVERO / LA PVSI<LL>ANIMITA’ / Coverta. /

<C>O<MME>DIA / DI BONVI<CINO GI>OANELLI. / [riga orizzontale] /

CONSACRATA / Al Molt’Illustre Signor / PIETRO ZIANI. / [insegna] / I<N> VENETIA,

M.DC.LXXXVIII.

Alle pp. 3-5 si colloca la dedica:

MOLT’ILLVSTRE / Signore. / [segue la dedica che si chiude con] / Di V. S. Molt’Illust. / [e a

fondo pagina] / Humil. Osseq. & Affettuos. Serv. / Gio: Pietro Pittoni.

Alla pagina successiva si colloca l’elenco dei personaggi.

La commedia va da p. 7 a p. 81.

2.- Bl:

PANTALONE / BVLLO, / OVERO / LA PVSILLANIMITA’ / Coperta. / COMEDIA / DI

BONVICIN GIOANELLI. / [insegna che rappresenta un uomo che cammina] / In Venetia, Per il

Lovisa, à Rialto. / [riga orizzontale] / Con Licenza de’ Superiori.

Alla pagina successiva si colloca l’elenco dei personaggi.

La commedia va da p. 6 a p. 84.

(16)

3.- Bm:

PANTALONE / BVLLO, / OVERO / LA PVSILLANIMITA’ / Coperta. / COMEDIA / DI

BONVICIN GIOANELLI. / Seconda Impressione. / [riga orizzontale] / CONSACRATA /

All’Illustrissimo Signor / GIOVANNI / SENACHI. / [insegna] / IN VENETIA,

M.DC.LXXXXIII. / [riga orizzontale] / Per Sebastian Menegatti. / Con Licen<za de’ Superiori.>

Alle pp. 3-5 si colloca la dedica:

ILLVSTRISSIMO / Signore. / [segue la dedica che si chiude con]/ Di V. S. Illustrissima. / [e a

fondo pagina] / Humil. Devot. & Oblig. Serv. / Sebastian Menegatti.

Alla pagina successiva si colloca l’elenco dei personaggi.

La commedia va da p. 7 a p. 81.

4.- Bp

2

:

PANTALONE / B<V>LLO, / O<V>ERO / LA PVSILLANIMITA’ / Co<p>erta. /

<C>O<ME>DIA / DI BON<VICINO GIO>ANELLI. / [riga orizzontale] / CONSACRATA /

Al Molt’Illustre Signor / PIETRO ZIANI. / [insegna] / <IN> VENETIA, M.DC.LXXXVIII. /

[riga orizzontale] / P<e>r Leonardo Pittoni Lib<raro à San Mar>co / Con Licenza de’ Superi<ori

e Priv>il.

Alle pp. 3-5 si colloca la dedica:

MOLT’ILLVSTRE / Signore. / [segue la dedica che si chiude con]/ Di V. S. Molt’Illust. / [e a

fondo pagina] / Humil. Osseq. & Affettuos. Serv. / Gio: Pietro Pittoni.

Alla pagina successiva si colloca l’elenco dei personaggi.

La commedia va da p. 7 a p. 81.

A p. 82 si colloca un messaggio del libraio al lettore.

IL LIBRARO / al Benigno Lettore..

5.- Br:

PANTALONE / BVLLO, / OVERO / LA PVSILLANIMITA’ / Coperta. / COMEDIA / DI

BONVICIN GIOANELLI. / Seconda impressione. / [riga orizzontale] / CONSACRATA /

(17)

All’Illustrissimo Signor / GIOVANNI SENACHI. / [insegna] / IN VENETIA,

M.DC.LXXXXIII. / [riga orizzontale] / Per Vettor Romagnio. / Con Licenza de’ Superiori

Alle pp. 3-5 si colloca la dedica:

ILLVSTRISSIMO / Signore. / [segue la dedica che si chiude con] / Di V.S. Illustrissima. / Humil.

Devot. & Oblig. Serv. / Sebastian Menegatti.

Alla pagina successiva si colloca l’elenco dei personaggi.

La commedia va da p. 7 a p. 81.

L’edizione più antica di cui si ha notizia, Bp, è il testimone su cui si basa la presente edizione,

mentre Bp

2

risulta identica a Bp.

Bm è una seconda impressione. Si differenzia per la data (1693 invece di 1688), per editore

(Sebastiano Menegatti) e per destinatario della dedica (Giovanni Senachi). Mentre per quanto

riguarda il confronto del testo, esso risulta identico alle altre copie.

La stampa edita dal Lovisa, Bl, non riporta né la data, né la dedica, ma è la copia meno

danneggiata. Anche Br è in buono stato e ha permesso di integrare con Bl una lacuna ed alcuni

errori presenti nelle altre copie; precisamente nei seguenti punti:

• I.III.5: «da dar via», solo Bl riporta la preposizione «da».

• III.X.3: in Bl e in Br è perfettamente leggibile la frase «perché l’è vecch, ma che a’ no l’avì volsud

far mal».

• III.XXIII: Bl e Br riportano «diverse», le altre copie compare «dioverse».

• III.XXIII. 6: in Bl e in Br si legge «che me credeva», mentre nelle altre copie il pronome «me» è

ripetuto due volte.

Si segnala infine un’ultima variante di Bl:

• I.I.2: si trova «truca a traversar i campi», invece di «trucar o traversar i campi» che si trova in Bp;

o «truca o traversar i campi» in Br.

Tutte le copie presentano in diversi punti cadute di caratteri. In questi casi, quando la caduta

di carattere è evidenziata da uno spazio vuoto all’interno di parola e il significato appare chiaro, le

integrazioni non sono segnalate (ad esempio I.II.9: dove compare «sc do»

14

, è stato integrato).

14 In questo caso fa eccezione PBr che non presenta caduta di carattere; mentre per i casi segnalati in seguito tutte le

(18)

Elenco infine i punti in cui sono stati operati degli interventi che non saranno segnalati nel

testo in quanto considerati guasti tipografici e non varianti.

• I.V.18: è stato trascritto «dofevi» con «dovevi».

• I.VII.3: la forma «dispido» è stata interpretata come agglutinazione involontaria ed è stata sciolta

in «di spido».

• I.IX.1: è stato trascritto «infruire» con «influire».

• I.IX.1: in «aggiasi» è stata ipotizzata una caduta di carattere, anche se non evidenziata dallo

spazio vuoto; è stata pertanto operata un’integrazione, per cui nel testo si troverà «aggirasi».

• II.II.1, 2 e 3: in queste tre battute è stato necessario un intervento per ricreare la corrispondenza

tra il personaggio e le parole dette durante l’azione descritta dalla didascalia.

Dove compare:

è stato riportato:

«Mezzetino. Chi batte Spinetta?

«Spinetta. Chi batte?

Spinetta. Oh, de casa, chi è la bestia?»

M e z z e t i n o . S p i n e t t a ! O h , d e c a s a !

Spinetta. Chi è la bestia?»

• II.VI.3: è stato trascritto «pago» con «pagao».

• II.VI.37: è stata aggiunta la preposizione all’espressione «fuora del corpo de quella vacca».

• II.XI.1: si trova «forùo», ma è stato cambiato in «fotùo».

• III.III.5: è stato inserito un articolo nell’espressione «oggi i miei lumi».

Pantalone mercante fallito.

-

Edizione siglata Ml:

PANTALONE / MERCANTE / FALLITO, / COMEDIA / ESEMPLARE /

Nuovamente data in / luce / DAL DOTTOR / SIMON TOMADONI / [insegna] / IN

VENETIA, M.DC.LXXXXIII. / [riga orizzontale] / Domenico Lovisa sotto i Port à

Rialto. / <Con> Licenza de’ Superiori. <E> Privilegio.

A p. 2 si colloca l’ elenco dei personaggi.

La commedia va da p. 3 a p. 72.

A metà di p. 72 si colloca il listino della libreria.

[riga orizzontale] / Dal Lovisa à Rialto

(19)

-

Edizione siglata Ml

2

:

PANTALONE / MERCANTE / FALLITO. / COMEDIA / ESEMPLARE /

Nuovamente data in / luce / DAL DOTTOR / SIMON TOMADONI / [insegna] / IN

VENETIA, M.DC.LXXXXIII. / Per Domenico Lovisa à Rialto. / Con Licenza de’

Superiori.

A p. 2 si colloca l’ elenco dei personaggi.

La commedia va da p. 3 a p. 72.

A metà di p. 72 si colloca il listino della libreria.

[riga orizzontale] / Dal lovisa à Rialto.

Nota per il Pantalone Mercante Fallito.

La composizione del Pantalone Mercante Fallito è avvenuta sulla base dell’edizione Ml,

conservata alla Biblioteca Nazionale di Roma. Il confronto è avvenuto con Ml

2

, copia

conservata alla biblioteca di Casa Goldoni. Il testo è identico anche se in alcuni casi Ml

2

ha

permesso

di integrare parti che in Ml erano poco leggibili.

Sono elencate le varianti di Ml

2

rispetto a Ml.

-

I.I.49: presenta “se i avessi” invece di “se i gh’avessi”;

-

I.VI.1: presenta “vintena” invece di “vintina” e “ma ancùo doman” invece di “si

ancùo doman”;

-

I.VII.1: presenta come numero di indicazione di scena VI invece di VII;

-

I.VIII.13: presenta “a patte” invece di “a parte”;

-

I.IX.1: nella didascalia di inizio scena presenta “Beatrice, Bagolino” invece di

“Beatrice e Bagolino”;

-

III.IV.15: presenta “caval una lirazza” invece di “caval a una lirazza”;

-

III.V.33: presenta “gazeta” al posto di “gàzia”;

-

III.X.1: presenta “aggiare” al posto di “agiare”;

-

III.XI.2: presenta “conzalavez” al posto di “conzalavezi”;

-

III.XI.27: presenta “agiutti” invece di “agiuti”;

(20)

Sono segnalati in seguito i punti, comuni alle due copie, dove è stato operato un

intervento.

-

I.XIII.24: è stato trascritto “e” con “el”;

-

III.XI.18: è stato trascritto “dofevi” con “dovevi”;

-

III.XII.23: è stato trascritto “cospetto de Dina” con “cospetto de Diana”.

Pantalon spezier.

-

Edizione siglata Sl:

PANTALON / SPETIER / Con le Metamorfosi / d’ Arlechino per / Amore / Scenica

Rappresentanza / Dell’ Eccell. Sig. Dottor / GIOVANNI BONICELLI. / Dedicata / All’

Illustriss. Signor / GIACOMO DALRE’ / [insegna] / In Venetia, Per Domen. Lovisa a

Rialto / [riga orizzontale] / Con Licenza de’ Sup. e Privilegio.

Alle pp. 3-4 si colloca la dedica.

ILLVSTRISS. SIG. / [segue la dedica che si chiude con] / Di V. S. Illustr. / [e a fondo

pagina] / Umil. Div. & Oblig. Serv. / Domenico Lovisa.

A p. 5 si colloca l’ elenco dei personaggi.

A p. 6 si colloca la descrizione della scena.

La commedia va da p. 7 a p. 115.

Alle pp. 116-117 si colloca il listino della libreria.

Dal Lovisa Libr. à Rialto in Ruga d’ Ore<si>.

-

Edizione siglata Sl

2

:

PANTALON / SPETIER / Con le Metamorfosi / d’ Arlechino per / Amore / Scenica

Rappresentanza / Dell’ Eccell. Sig. Dottor / GIOVANNI BONICELLI. / Dedicata / All’

Illustriss. Signor / GIACOMO DALRE’. / [insegna] / In Venetia, Per Domen. Lovisa à

Rialto / [riga orizzontale] / Con Licenza de’ Sup. e Privilegio.

Alle pp. 3-4 si colloca la dedica.

ILLVSTRISS. SIG. / [segue la dedica che si chiude con] / Di V. S. Illustr. / [e a fondo

pagina] / Umil. Div. & Oblig. Serv. / Domenico Lovisa.

A p. 5 si colloca l’ elenco dei personaggi.

A p. 6 si colloca la descrizione della scena.

(21)

La commedia va da p. 7 a p. 115, con la mancanza delle pp. 97-100.

A p. 116 si colloca il listino della libreria.

Nota per il Pantalon Spezier.

La composizione del Pantalon spezier si è basata su due copie edite da Domenico

Lovisa. Entrambe le copie non presentano né data né dedica. Il testo risulta identico,

a

parte le varianti grafiche illustrate sotto. La copia di riferimento per la trascrizione, Sl, è

conservata al Centro di Studi Veneti e presenta alcune lacune dovute all’impaginazione che

in alcune facciate di sinistra non rende leggibili le lettere finali delle parole. Mentre la copia

conservata nella Biblioteca Marciana, Sl

2

, seppur mutila di quattro pagine nell’atto terzo, è

stata utile all’integrazione delle lacune presenti in Sl.

In diversi punti è stato riscontrato un errore nel riferimento al personaggio all’inizio

di battuta. Un filone della trama è costruito sulle relazioni tra Leandro e Vittoria e tra

Beatrice e Celio; ma nei casi sotto segnalati i personaggi vengono scambiati tra loro. In altri

tre casi, invece, vengono scambiati i nomi dei due personaggi che lavorano nella spezieria

di Pantalone, Nane e Manteca. Si tratta di errori maturati in fase di stampa. Le correzioni

sono riportate in base allo sviluppo dell’intreccio e alle battute dei personaggi.

-

II.IV.1: nella didascalia di inizio scena compare: “Fenochio, Leandro”; ma dal

momento che nel testo si parla di Celio e Beatrice, è stato riportato “Fenochio,

Celio”;

-

II.V.2: la battuta di Fenochio cita così: “Che liei dia buone parole al siur

Leander che vive innamurad mort, spant, per lei; […] zà anche el siur Celi ha

impiegad tutti i so affet nella siura Vittoria”. Considerando che il servo qui si

rivolge a Beatrice con l’intento di convincerla a cedere ai corteggiamenti di

Celio, sono stati invertiti i nomi dei due personaggi. La frase diventa: “Che liei

dia buone parole al siur Celi che vive innamurad mort, spant, per lei; […] zà

anche el siur Leander ha impiegad tutti i so affet nella siura Vittoria”;

-

II.V.14: di nuovo viene scambiato Leandro per Celio nella didascalia: compare

“Fenochio parla all’orecchio di Leandro”, mentre è stato riportato: “Fenochio

parla all’orecchio di Celio”;

(22)

-

II.VI.1: compare “Vittoria”, ma siccome Celio parla del modo in cui la sua

amata ha cambiato idea nei confronti del suo amore, è stato riportato

“Beatrice”;

-

II.VII.1: qui al contrario compare per due volte “Beatrice” quando Leandro

discorre della sua amata. Inoltre egli vede Celio e lo indica come fratello della

sua amata, quindi è stato riportato “Vittoria”;

-

II.VIII.7: in questo caso, in un dialogo a due tra Nane e Manteca, il nome del

primo ad inizio battuta compare due volte di seguito. È stato riportato quindi

“Manteca” al posto di “Nane”;

-

II.IX.52: nella didascalia compare: “Nane le viene a mangiando”. Ma dal

momento che in questa scena Nane e Pantalone reagiscono ai dispetti di

Manteca, è stato riportato “Manteca le viene a mangiando”;

-

II.IX.68: di nuovo ad inizio battuta vengono scambiati i personaggi. Compare

“Nane”, ma per la stessa ragione illustrata al punto precedente è stato riportato

“Manteca”;

-

III.III.3,4,6: anche in questa sequenza di battute vengono scambiati dei

personaggi. Dove, dopo una battuta di Beatrice, compare:

“Beatrice. Son scoperta, oh stelle!

Vittoria. Non vi smarrite, bellissima Vittoria, s’ alla presenza del signor Celio, a

cui son già noti i nostri affetti, vi porgo la destra di sposo.

Vittoria. (a parte) Io sono la più confusa donna del mondo.

Celio. Et io il più fortunato! Già che voi, divenendo sposa del signor Leandro, e

io pure della signora Vittoria, dobbiamo chiamarsi contenti.”

È stato riportato:

“Vittoria. Son scoperta, oh stelle!

Leandro. Non vi smarrite, bellissima Vittoria, s’ alla presenza del signor Celio, a

cui son già noti i nostri affetti, vi porgo la destra di sposo.

Vittoria. (a parte) Io sono la più confusa donna del mondo.

Celio. Et io il più fortunato! Già che voi, divenendo sposa del signor Leandro, e

io pure della signora Beatrice, dobbiamo chiamarsi contenti.”.

In alcuni punti, in entrambe le copie, è stato riscontrato un uso imperfetto delle

cifre romane ad indicare il numero di scena. Sono segnalati sotto gli interventi operati.

(23)

-

I.XIX: si trova XIV, è stato corretto con XIX;

-

II.XIV: si trova XIIII, è stato corretto con XIV;

-

II.XIX: si trova XVIIII, è stato corretto con XIX.

Sl

2

presenta inoltre alcune varianti.

-

I.I.18: presenta “sereve”, mentre in Sl si trova “serave”; II.XVIII.6: non

presenta una parte della battuta. Manca “a impenir el cadavero”.

Sono segnalati in seguito gli altri punti, comuni alle due copie, in cui sono stati

operati degli interventi.

-

I.IV.1: nella didascalia si legge “sopraginnge” mutato in “sopragiunge”;

- II.IV.5: è stata aggiunta la congiunzione che nella battuta di Celio: “l’ amore incessante

che porto a Beatrice”;

- II.IX.6: nella canzone che canta Manteca, nel secondo verso, è stata ipotizzata una

caduta di carattere così integrata: “in battello i vol andar”;

- II.X.14: è stato emendato “dofevi” con “dovevi”; (vedi B I.V.18);

- II.XIII.2: è stato emendato “varder” con “vardar”;

- II.XIV.11: nel testo compare: “elle nose muschiàe d’India, cosa ghe diséu?”, ma dal

momento che si tratta del resoconto che Pantalone e Nane fanno a Tofolo

riguardo alle malefatte di suo figlio Manteca, si è preferito dividere la parola in

“e le”;

- II.XVII.4: è stato emendato “vian zà” con “vien zà”;

- III.IX.31: è stato emendato “retrigerio” con “refrigerio”;

- III.IX.29: è stato emendato “macaroài paìi” con “macaroni paìì”: la scelta è stata

guidata da un principio logico di senso, nonché dalla ricorrenza nei testi di

(24)

Norme grafiche

La presente edizione segue alcune regole grafiche volte ad unificare visivamente la lettura,

nonché ad avvicinare all’ortografia moderna la stesura del testo.

Non si danno in questa sede indicazioni fonetiche in quanto una possibile ricostruzione della

pronuncia della lingua della commedia sarebbe operazione puramente congetturale. Gli interventi

sono volti a fornire indicazioni diacritiche interpretative che costituiscano una guida alle lettura,

distinguendo per lo più omografi e omofoni, favorendo la classificazione grammaticale delle parole.

Verranno sotto descritte le norme grafiche adottate per il testo delle commedie, con una

visione riassuntiva degli esempi, riguardante in particolare la trascrizione dei monosillabi:

• Sono mantenute l’alternanza nell’uso delle geminate: vedé e veddé; l’oscillazione d’uso tra forme

dittongate e non dittongate: poco e puoco; l’alternanza vocalica: Arlichino e Arlechino; l’alternanza

nell’uso dei pronomi: el, lo, li, i.

• È stata mantenuta anche l’alternanza nella grafia di alcune parole: gniente e gnente.

• Per la pronuncia affricata di c- nel veneziano è stata introdotta la grafia con cediglia, ç; in questi

casi si tratta di una grafia intermedia che riguarda parole come ceca per zecca, risultante çeca; o

cechino per zecchino, çechino. L’introduzione della cediglia permette di segnalare la grafia ancora

non normalizzata e al tempo stesso di dare una disambiguazione lessicale.

• Nelle parti in veneziano, le stampe rappresentano con chi + vocale tanto chi- velare che ci- palatale.

Nel testo questo uso grafico è stato ricondotto ad una forma interpretativa, con distinzione

dunque di chi- da ci-, in modo da poter guidare il lettore nella pronuncia. Alcuni casi limite, che

con l’eliminazione di -h darebbero luogo al nesso sci-, di pronuncia furviante, vedono

l’introduzione di un apostrofo che indichi la pronuncia palatele: schioppo > s’cioppo.

• È stato eliminato l’uso di - j - : nij > nii.

• È stato eliminato l’uso di - y - : chyco > cico.

• Le parti in latino e latino maccheronico sono riportate in carattere corsivo, mentre per quanto

riguarda gli elementi linguistici latineggianti in casi come homo, dove si trova h- all’inizio di

parola, sono stati operati interventi normalizzanti.

• Il nesso - ti - è stato reso con - z - : Gratian > Grazian.

• Per quanto riguarda la trascrizione di numeri che nei testi originali compaiono in cifre arabe, sono

state riportate sciolte in lettere secondo un criterio imitativo normalizzante.

(25)

• Le preposizioni articolate sono state legate in alcuni casi e in altri casi normalizzate come nella

tabella riassuntiva.

• Anche le forme avverbiali sono state legate: da seno > daseno.

• L’accentazione dei monosiallabi, che nei testi di riferimento appare sregolata e casuale, è stata

ricondotta all’uso moderno ed è riassunta nella tabella sottostante.

• L’accentazione del veneziano è stata regolata nelle parole giudicate di pronuncia dubbia e nelle

parole in cui l’accentazione piana dell’equivalente italiano avrebbe potuto trarre in inganno,

véder / vedere.

• Vengono accentati stò e stà, nel veneziano, quando hanno funzione verbale.

• L’accento è stato introdotto per le forme verbali di seconda persona plurale che presentano la

riduzione del pronome enclitico vu nella forma interrogativa, ciaméu.

• Inoltre sono state accentate, per una lettura facilitata, le forme interrogative di seconda persona

singolare che presentano il pronome enclitico: crédistu.

• La terza persona singolare del verbo essere è stata accentata anche quando legata ad un pronome

in forma interrogativa: èllo.

• Gli imperativi di seconda persona singolare sono stati apostrofati, invece che accentati.

• Le particelle esclamative sono state ricondotte alla grafia moderna.

• Gli articoli dimostrativi plurali e le preposizioni articolate corrispondenti, sono stati apostrofati

davanti a parole comincianti per vocale.

• Le forme del verbo avere sono state regolate secondo la grafia della grammatica italiana, anche

nelle forme composte con gh-: ad esempio ghà > gh’ha.

• Per le parti in bolognese (Dottore) i pronome personali sono distinti dalla preposizione a e

dall’articolo i tramite apostrofo: a’, i’.

• Inoltre, sempre per le parti in bolognese, è segnalata con apostrofo, la caduta di vocali all’interno

di parola: b’lognes.

• Le didascalie e le indicazioni di scena presenti nei testi sono state in alcuni casi spostate (ad

esempio dalla fine all’inizio della battuta) o integrate, ma a parte i casi specificati sopra, questi

interventi non sono segnalati.

Si confronti la tabella seguente che ha lo scopo di riassumere visivamente un esempio dei

casi di intervento nella composizione del testo. Nella colonna di sinistra è riportata la voce nella

grafia dei testi di riferimento, con indicate tra parentesi alcune precisazioni sul significato per i

monosillabi omografi, e nella colonna di destra viene riportata la grafia diacritica di tale voce.

(26)

Voce

Grafia diacritica

à / a (preposizione)

a

a (pronome personale)

a’

cà (casa)

ca’

co (capo)

co (con)

co

co (come)

co’

co (quando)

co

da (dai /dà, modo indicativo)

da (dato, modo participio)

da (dai, modo imperativo)

da’

da seno

daseno

fa (fai /fa, modo indicativo)

fa

fà (fai, modo imperativo)

fa’

fè (fate)

fè (fede)

fe’

ghà (hai, ha, hanno)

gh’ha

in tel

inte’l

in tela

inte la

in tei

int’i

in tun

int’un

mel (me lo)

me l’

men (me ne)

me n’

mi (miei)

mi’

pe (piede)

pe’

pel (per il)

pe’ ’l

pò (poco)

po’

pò (poi)

po

sen (se ne)

se n’

sie (sei, numerale)

sie

sie (siate)

sie’

stà (stai, modo imperativo)

sta’

Il commento accompagna la lettura dei testi e si sviluppa a piè di pagina, riprendendo

l’indicazione di atto, scena, numero di battuta e riferimento testuale. In fondo al testo commentato

(27)

delle commedie si trova un’appendice che contiene alcune dediche, un messaggio del libraio al

lettore e alcuni listini con elenco di opere in vendita.

(28)

Pantalone bullo

Overo

La pusillanimità coverta

Comedia di

Bonvicino Gioanelli

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