• Non ci sono risultati.

Il bilancio sociale. Teoria e pratica della responsabilità sociale.

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Il bilancio sociale. Teoria e pratica della responsabilità sociale."

Copied!
108
0
0

Testo completo

(1)

Università di Pisa

Dipartimento di Scienze Politiche

Corso di Laurea Magistrale in Sociologia e politiche sociali

Il bilancio sociale.

Teoria e pratica della responsabilità sociale

Relatore

Prof. Andrea Salvini

Candidata Ornella Greco

(2)

“Bisognerà finirla, prima o poi, con il caso.

Non so se ci sia un fine, ma so che ci deve essere una decisione”

(Il cielo sopra Berlino di Wim Wenders, 1987)

(3)

Indice

Introduzione...4

Capitolo 1. La responsabilità sociale d' impresa...7

1.1 Regolamentazione della responsabilità sociale d' impresa...10

1.2 Gli standard della responsabilità sociale...17

1.3 Chi sono gli stakeholder?...21

Capitolo 2. La responsabilità sociale e il bilancio sociale...29

2.1 Definizione e caratteristiche del bilancio sociale...31

2.2 Le linee guida del bilancio sociale...35

2.3 Il bilancio sociale nel settore profit...42

2.4 Il bilancio sociale nelle realtà non profit...51

2.5 Il bilancio sociale negli Enti pubblici...60

Capitolo 3. Un esempio nella Pubblica Amministrazione...68

3.1 La responsabilità sociale nella Pubblica Amministrazione...68

3.2 Il bilancio sociale del Comune di Rosignano Marittimo...70

3.3 Valutazione dell' esperienza nel Comune di Rosignano Marittimo...73

Capitolo 4. Indagine sui Comuni toscani che fanno bilancio sociale...79

4.1 Una analisi quantitativa...79

4.2 Comuni che fanno bilancio sociale...80

4.3 Comuni che fanno altri tipi di rendicontazione sociale...83

(4)

Bibliografia...93

Sitografia...95

Appendice...99

(5)

Introduzione

Il bilancio sociale è oggetto da molti anni di grande interesse, tecnicamente è uno strumento che consente di mostrare quali sono i risultati conseguiti da un' organizza-zione dal punto di vista dell' utilità sociale. Grazie ad esso un' azienda, un' ente non profit o una Pubblica Amministrazione può rendere conto delle proprie attività, delle proprie scelte e delle proprie responsabilità al contesto sociale nella quale opera ri-spondendo alla crescente domanda di trasparenza e apertura da parte della collettività di riferimento.

Col bilancio sociale viene preso atto che il semplice bilancio economico è uno stru-mento troppo povero per rendere conto di cosa viene prodotto da organizzazioni im-pegnate nell' erogazione di beni e servizi. “Il bilancio sociale costituisce pertanto un mezzo per migliorare l' informazione rispetto a come ha agito l' organizzazione e quali risultati è stata in grado di conseguire in modo da fare risaltare la peculiarità del proprio operato e interagire in modo costruttivo con gli stakeholder organizzativi”1.

Il presente lavoro ripercorre le basi teoriche sulle quali si sono sviluppati i “bilanci orientati” ovvero quei bilanci non prettamente economico-tradizionali e in particolar modo l' evoluzione e l' utilizzo del bilancio sociale nei diversi settori economici: aziendale, pubblico e non profit.

Punto di partenza concettuale è la responsabilità sociale d' impresa, una presa di co-scienza nata prima di tutto in ambito imprenditoriale ma che col tempo si è espansa negli altri settori economici. Al di là di ogni contingenza economica, politica o socia-le, l' impresa rimane un soggetto storico in grado di condizionare, mediante la sua azione, la vita sociale del mondo che la circonda. Gli effetti delle decisioni imprendi-toriali non si fermano ai cancelli dell' impresa (all' interno dei quali peraltro c' è una comunità di persone che ha dei legami con la realtà esterna), ma si estendono alle

di-1 Fazzi L., Giorgetti G. (2005) Il bilancio sociale per le organizzazioni non profit. Teoria e pratica. Angelo Guerrini e Associati SpA, Milano (p. 12).

(6)

verse sfere della vita sociale. Basterebbe richiamare la questione ambientale, con gli effetti provocati da numerose attività economiche sull' ecosistema naturale, o il tema delle condizioni e degli orari di lavoro (che incidono pesantemente sulla vita collettiva) o l' impatto delle tecnologie sui modi di lavorare e di consumare.

Ogni organizzazione, profit o non profit, assume precise responsabilità verso tutte le persone coinvolte, anche solo indirettamente, dalla propria azione per cui l' etica non può essere considerata un' opzione personale bensì deve connotare i loro comporta-menti.

Il primo capitolo definisce e spiega proprio l' evoluzione della nozione di responsabi-lità sociale d' impresa. Vengono descritte le regolamentazioni a riguardo che sono state date negli ultimi anni dall' Unione Europea a cominciare dal Libro Verde del 2001 nel quale si definisce la responsabilità sociale d' impresa come “l' integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle imprese nelle loro opera-zioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate”; e le altre Comunica-zioni della Commissione delle Comunità Europee sul tema.

Inoltre vengono brevemente presentati i più importanti standard della responsabilità sociale per capire come la si può realizzare concretamente nei diversi settori econo-mici: il Global Compact, le linee guida OCSE, la SA 8000, le linee guida UNI ISO 26000.

In questa parte viene dedicato un paragrafo specifico per spiegare un altro concetto importante, quello degli stakeholder ovvero i destinatari della responsabilità sociale ed in particolare del bilancio sociale. Non è un caso che la teoria degli stakeholder si sia sviluppata a partire dagli anni '80 proprio nel momento in cui si riscopre l' inte-resse verso l' etica e la responsabilità sociale nelle imprese. Gli stakeholder sono in generale i portatori di interesse di un' azienda, di una Pubblica Amministrazione o di un' organizzazione non profit; in questa parte si individuano alcune classificazioni che aiutano la comprensione di questo vasto gruppo di persone interessate all' attività economico-sociale di riferimento.

(7)

spiegare l' evoluzione storica del bilancio sociale come strumento per rendere conto agli stakeholder dei comportamenti responsabili ed aprire con loro un dialogo per migliorare le capacità dell' azienda o dell' ente che decide di intraprendere questo percorso di rendicontazione sociale. Questo è descritto nel secondo capitolo, conce-pito idealmente in due parti: una più teorica in cui si trovano definizioni, storia, ca-ratteristiche e linee guida ed una parte pratica in cui sono dati tre esempi di indice-ti-po di un bilancio sociale in un' azienda, in una realtà non profit e in un Comune. Na-turalmente questi indici non devono essere seguiti alla lettera per costruire un bilan-cio sociale, sono inseriti per dare un' idea di come può essere realizzato nei diversi settori economici.

Il terzo capitolo entra ancora di più nel concreto: si descrive l' esperienza di bilancio sociale in una Pubblica Amministrazione, quella del Comune di Rosignano Maritti-mo, in provincia di Livorno, che ha pubblicato questo tipo di rendicontazione nel 2010 e nel 2011. Grazie a questo esempio è stato possibile valutare l' esperienza sia in termini di realizzazione del progetto che in termini di risultati di comunicazione raggiunti con gli stakeholder di riferimento.

Infine, nel quarto capitolo è riportata un' indagine condotta sui Comuni della regione Toscana nel periodo che va da ottobre 2013 a febbraio 2014. L' indagine consiste in una mappatura dei 287 Comuni toscani ai quali è stato chiesto se avevano mai realiz-zato un bilancio sociale o un altro tipo di “bilancio orientato”. I risultati dimostrano che c' è ancora molta strada da fare nel percorso della rendicontazione sociale visto che solamente l' 8% dei Comuni di riferimento hanno pubblicato almeno un bilancio sociale; bisogna tener presente che non esiste nessun tipo di obbligo normativo al ri-guardo e che i Comuni che hanno intrapreso questo tipo di progetto lo hanno fatto in modo assolutamente volontario.

Il bilancio sociale è un argomento che è stato inflazionato dagli esperti che lo hanno considerato “di moda”, con questo lavoro si vuole andare più in profondità: capire da dove è nato e se realmente viene utilizzato e compreso, con particolare riferimento alla Pubblica Amministrazione.

(8)

Capitolo 1

La responsabilità sociale d' impresa

Il bilancio sociale è qui concepito come uno strumento fortemente interconnesso al concetto più generale di responsabilità sociale d' impresa (RSI) o, in inglese,

Corpo-rate Social Responsability (CSR). La responsabilità sociale d' impresa è un tema che

negli ultimi anni è emerso con forza sempre maggiore anche se oramai ha più di mezzo secolo di storia. Alla base di tale concetto sta l' idea che le imprese, in quanto attori sociali intervengono profondamente nella vita quotidiana di diverse categorie di persone e devono assumersi particolari responsabilità, di carattere etico, sociale ed ambientale, al di là delle attività che conducono per realizzare i loro obiettivi econo-mici, ovvero creare profitto2.

É ancora difficile individuare una definizione unica e largamente condivisa di re-sponsabilità sociale d' impresa. Quella più diffusa è stata pubblicata dall’ Unione Eu-ropea come: “Integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali e ecologiche delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessa-te.”3.

Questa nozione si sviluppa in un contesto storico-culturale ed accademico in cui si chiede alle imprese (e poi anche ad organizzazioni non profit ed agli enti pubblici) di adottare un comportamento socialmente responsabile, monitorando e rispondendo alle aspettative economiche, ambientali, sociali di tutti i portatori di interesse con l' obiettivo di cogliere anche un vantaggio competitivo e massimizzare gli utili di lun-go periodo.

A questo proposito è utile ripercorrere l' evoluzione del concetto di responsabilità so-ciale che inizia a farsi strada prima di tutto nel mondo imprenditoriale. Tra gli anni '30 e gli anni '50 negli Stati Uniti iniziano a diffondersi scuole di pensiero che

attri-2 Fazzi L., Giorgetti G. (attri-2005) Il bilancio sociale per le organizzazioni non profit. Teoria e Pratica. Guerini e Associati, Milano (p.21).

3 Commissione delle Comunità Europee (2001) Libro Verde: Promuovere un quadro europeo per la

(9)

buiscono ai manager obblighi sociali che vanno al di là della mera realizzazione di profitto legato alla produzione di beni o alla fornitura di servizi. In tal caso però la ri-flessione non è ancora matura, perché il riferimento è solo ad una responsabilità per-sonale del dirigente e non a quella dell' impresa stessa. Già in questo primo approc-cio tuttavia sono presenti le premesse di ciò che diventerà questo concetto, proprio perché si comincia ad intravedere un nuovo modo di concepire l' impresa, non più solo come un' organizzazione chiusa in se stessa e votata esclusivamente al profitto, ma come un' entità capace di incidere, più o meno direttamente, su numerosi altri aspetti della realtà circostante in quanto responsabile del suo impatto su di essa. Se inizialmente è il solo manager ad essere considerato titolare di tali obblighi “mo-rali”, nel giro di un ventennio tale titolarità viene estesa all' impresa stessa ed infatti è fra gli anni '60 e gli anni '70 che si comincia a parlare di responsabilità sociale d' im-presa.

Particolarmente importante è stato il contributo, alla fine degli anni '70, di Archie B. Carroll dato che diventerà basilare per i successivi approfondimenti sul tema4. L' au-tore include nella responsabilità sociale d' impresa, oltre agli obblighi economici e legali, anche quelli etici e filantropici,

La RSI è formata da quattro componenti che Carroll illustra attraverso una piramide. Alla base ci sono le responsabilità economiche: le imprese sono entità economiche il cui scopo principale è fornire beni e servizi ai membri della società civile, senza que-sta responsabilità le altre perdono di senso. Al secondo gradino troviamo le responsa-bilità legali in quanto le imprese lavorano per il profitto ma devono anche attenersi alle leggi e ai regolamenti promulgati dal governo locale e statale, in base ai quali l' organizzazione deve operare; sono presentate successivamente alle responsabilità economiche ma in realtà coesistono con esse. Dopo di che ci sono le responsabilità etiche ovvero tutte quelle attività e pratiche che la società si aspetta o proibisce anche se non sono state codificate in leggi; in concreto sono quegli standard, norme o

4 Carroll A. B. (1979) A three-dimensional conceptual model of corporate social performance. Aca-demy of Management Review, n. 4. Riferimento bibliografico in Freeman E., Rusconi G., Dorigat-ti M. (2007) Teoria degli Stakeholder Franco Angeli, Milano.

(10)

aspettative che riguardano un tema che i consumatori, i dipendenti, gli azionisti e la comunità considerano come equo e giusto. Sebbene sia descritta al livello successi-vo della piramide, la responsabilità etica deve essere costantemente vista in una inte-razione dinamica con la categoria della responsabilità legale perché i cambiamenti valoriali portano sempre un evoluzione delle norme e, allo stesso tempo, individua aspettative sempre maggiori affinché le persone coinvolte nell' azienda operino a li-velli al di sopra di quanto richiesto dalla legge.

In cima alla piramide ci sono, infine, le responsabilità filantropiche, cioè tutte quelle azioni dell' impresa che rispondono alle aspettative della società e che la renda un “buon cittadino”, partecipando finanziariamente e con risorse umane alla comunità e al miglioramento della qualità della vita, ad esempio tramite contributi economici aziendali o il coinvolgimento dei dipendenti a sostegno di progetti nel campo dell' arte, dell' istruzione o nella comunità.

Come si è già detto lo scopo della piramide di Carroll è quello di descrivere la re-sponsabilità sociale d' impresa attraverso le sue quattro componenti che, riunite, co-stituiscono un tutt' uno. Le parti costitutive sono state descritte separatamente ma in realtà sono in continuo scambio e si trovano in una costante tensione: le più critiche, naturalmente, saranno le tensioni fra responsabilità economiche e tutte le altre5. Negli anni successivi si sviluppano nuovi filoni di ricerca essenziali per l' attuale di-battito. In particolare la teoria degli stakeholder, dei primi anni '80, dell' americano Robert Edward Freeman, secondo la quale tutti i “portatori di interessi” (stakehol-der6) acquisiscono dignità, diventando soggetti attivi che si relazionano con l' impre-sa e influiscono sul suo agire.

Contemporaneamente si sviluppa un altro filone di studi, sempre negli Stati Uniti, che prende il nome di Business ethics ovvero “Etica degli affari”. Esso si concentra

5 Per ulteriori informazioni si rimanda all' articolo: “ The Pyramid of Corporate Social

Responsabi-lity: Toward the Moral Management of Organizational Stakeholder ” Business Horizons,

luglio-a-gosto 1991.

6 Il concetto di stakeholder venne utilizzato per la prima volta nel 1963 dallo Stanfort Research

In-stitute per indicare tutti coloro che hanno un interesse nell' azienda. Per approfondimenti si

(11)

sul versante morale, ponendo al centro i valori etici che devono fondare i comporta-menti delle imprese.

In generale questi studi hanno notevolmente contribuito allo sviluppo del tema della responsabilità sociale d' impresa, in particolare favorendo la nascita di due distinte visioni della responsabilità sociale. La visione “strategica” che individua il sorgere di un certo tipo di vantaggio, non necessariamente economico ma anche d' immagi-ne, come il perseguimento di finalità sociali da parte dell' impresa; e la visione “eti-ca” che, riscattando una sorta di dovere dell' impresa ad agire correttamente senza danneggiare nessun soggetto, ritiene che tale agire debba essere in primo luogo giu-sto, anche se non necessariamente vantaggioso.

1.1 Regolamentazione della Responsabilità sociale d' impresa.

A partire dagli anni '90, si sono inserite ulteriori analisi sempre più approfondite e specifiche sull' argomento della responsabilità sociale ma il punto di snodo attorno a cui ruoterà tutta la successiva produzione in materia è la definizione data dalla Com-missione Europea nel Libro Verde del 2001. Il documento la definisce, come si è già detto, “l' integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle im-prese nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate”. Le imprese quindi decidono volontariamente di seguire il modello della responsabili-tà sociale che si dovrà concretizzare in un comportamento eticamente ed ecologica-mente corretto.

La definizione data dal Libro Verde individua il campo di applicazione della respon-sabilità sociale, che è duplice: interno ed esterno. Internamente le imprese devono di-mostrare ai consumatori che non solo fabbricano dei prodotti sicuri, ma che tali pro-dotti sono stati creati secondo dei criteri socialmente responsabili. Inoltre, all' interno della stessa impresa, le pratiche socialmente responsabili vengono realizzate nel massimo rispetto della sicurezza e della salute delle risorse umane, così come nell' adattamento alle trasformazioni aziendali e nella gestione degli effetti sull' ambiente.

(12)

Esternamente l' azienda deve adottare pratiche socialmente responsabili nei confronti delle comunità locali che la accolgono, nei confronti dei partner commerciali e, in un mondo sempre più caratterizzato da imprese multinazionali, la RSI riguarda anche il rispetto dei diritti dell' uomo e dell' ambiente a livello planetario.

La Commissione pone qui le basi della strategia di promozione della responsabilità sociale d' impresa, secondo tre punti fondamentali:

a) un comportamento socialmente responsabile, perché al di là delle prescrizioni le-gali le imprese assumano volontariamente tale impegno in quanto ritenuto di interes-se sul lungo periodo.

b) garanzia di uno sviluppo sostenibile: nelle proprie attività le imprese devono tener conto anche delle ripercussioni economiche, sociali ed ambientali.

c) responsabilità sociale come elemento connesso al tipo di gestione stessa delle im-prese.

Attraverso la promozione delle buone pratiche di RSI, l' Unione Europea vuole con-tribuire allo sviluppo sostenibile, sia a livello di mercato che di politiche pubbliche. Il Libro Verde ha avuto il merito di generare il dibattito, aperto a tutti i portatori di interesse. Le prime ad inviare il proprio contributo sul tema sono state le altre istitu-zioni comunitarie; nel dicembre 2001 il Consiglio dell' UE ha dato mandato alla Commissione di valorizzare le conclusioni raggiunte nelle discussioni con gli Stati membri e di avviare delle consultazioni. Il Parlamento ha redatto la sua proposta di risoluzione sul Libro Verde ed ha suggerito una regolamentazione della RSI per la sua integrazione in tutte le politiche europee.

Il 2 luglio 2002 viene pubblicata una nuova Comunicazione della Commissione delle Comunità Europee: “Responsabilità sociale delle imprese: un contributo delle

im-prese allo sviluppo sostenibile” [COM (2002) 347 definitivo]7. In particolare con tale comunicazione si è creato il Multistakeholder Forum uno spazio di incontro e dialo-go tra le parti interessate, cioè imprese, sindacati e organizzazioni della società civile

7 Per leggere la Comunicazione della Commissione delle Comunità Europee si rimanda al link http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2002:0347:FIN:IT:PDF

(13)

in generale. Il forum si è chiuso nel 2004 con la redazione di un report che ha sancito l' intesa sui principali strumenti di responsabilità sociale, in particolare: attenzione alla catena di forniture, inserimento della RSI nel core business (attività principale), coinvolgimento dei manager e comunicazione chiara e trasparente sui benefici della responsabilità sociale d' impresa.

Nel marzo 2006 la Commissione ha emesso una nuova comunicazione sul tema8. Es-sendo un' attività volontaria, qui si riafferma il suo sostegno allo sviluppo di pratiche di RSI che coinvolgano un' ampia gamma di attori per contribuire alla loro diffusione anche per le piccole e medie imprese, alla sensibilizzazione dei consumatori e alla diffusione della RSI come corso nelle scuole di gestione. Punto fondamentale della Comunicazione è dare un sostegno forte ad un' iniziativa condotta dalle imprese: l' Alleanza europea per la responsabilità sociale d' impresa.

Attraverso tale iniziativa sono stati identificati otto settori prioritari per l' azione dell' UE: la sensibilizzazione e lo scambio di buone pratiche, il sostegno ad iniziative multilaterali, la cooperazione con gli stati membri, l' informazione ai consumatori, la ricerca, l' educazione alla RSI, l' aiuto alle piccole e medie imprese, e la dimensione internazionale della responsabilità sociale d' impresa.

Nonostante i progressi fatti, rimangono ancora sfide importanti. Molte imprese in UE non hanno ancora pienamente integrato le questioni sociali e ambientali nella loro strategia aziendale, per questo motivo la Commissione nell' ottobre 2011 ha emanato una nuova Comunicazione che costituisce la strategia in tema di responsabilità socia-le d' impresa per il periodo 2011-20149.

Nella Comunicazione si evidenziano diversi fattori che contribuiranno a potenziare l' impatto della politica di RSI, tra cui:

8 Commissione delle comunità europee Il partenariato per la crescita e l' occupazione: fare dell'

Europa un polo d' eccellenza in materia di Responsabilità Sociale d' Impresa. Bruxelles,

22/03/2006 COM (2006) 136 definitivo. Per leggere la comunicazione si rimanda al link http://eu-r-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2006:0136:FIN:IT:PDF

9 Commissione Europea Strategia rinnovata dell' UE per il periodo2011-2014 in materia di

respon-sabilità sociale delle imprese. Bruxelles, 25/10/2011, COM (2011) 681 definitivo. Per leggere la

Comunicazione della Commissione delle Comunità Europee si rimanda al link http://eur-lex.euro-pa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2011:0681:FIN:IT:PDF

(14)

a) la necessità di un approccio equilibrato che coinvolga le diverse parti interessate e tenga conto dei punti di vista delle imprese, degli attori non aziendali e degli Stati membri;

b) la necessità di chiarire maggiormente cosa ci si attende dalle imprese e di rendere la definizione della RSI coerente con i principi e gli orientamenti internazionali nuo-vi e aggiornati.

c) la necessità di affrontare la questione della trasparenza delle imprese sui temi so-ciali e ambientali dal punto di vista di tutte le parti interessate, comprese le stesse im-prese.

d) la necessità di prestare maggiore attenzione ai diritti umani che hanno acquistato un rilievo di gran lunga maggiore nell' ambito della RSI.

e) la necessità di riconoscere il ruolo che la regolamentazione complementare svolge nel creare un ambiente più propizio a far sì che le imprese facciano volontariamente fronte alla loro responsabilità sociale.

Viene fornita una nuova definizione di RSI, intesa come “responsabilità delle impre-se per il loro impatto sulla società”10.

Tale definizione per essere soddisfatta prevede che le imprese integrino nelle loro politiche aziendali le questioni sociali, ambientali, etiche e che facciano il possibile per lavorare in armonia con tutte le parti interessate, dai fornitori ai consumatori, alla società in generale.

Nelle intenzioni della Commissione, il concetto di RSI deve andare ben oltre il sem-plice rispetto della legislazione vigente e, per come viene inteso, lo sviluppo delle sue pratiche dovrebbe addirittura portare ad una crescita aziendale. In tal senso si pone anche il ruolo delle autorità pubbliche, che sono incoraggiate a svolgere un ruo-lo di sostegno attraverso l' emanazione di una combinazione di misure politiche vo-lontarie e anche di regolamentazione complementare, creando magari incentivi di mercato per il comportamento responsabile. Le imprese hanno dimostrato di apprez-zare tali azioni dei poteri pubblici, in quanto in tal modo hanno dei parametri su cui

(15)

misurare il valore delle proprie azioni.

Nella Comunicazione la Commissione individua il programma d' azione per il perio-do 2011-2014 che contiene gli impegni assunti dall' Europa e i suggerimenti per le parti interessate e che di seguito sono sintetizzati in otto punti:

1) Promozione della visibilità della RSI e diffusione di buone pratiche.

La Commissione intende creare nel 2013 delle piattaforme multilaterali per la RSI in un certo numero di settori industriali rilevanti per le imprese, i loro lavoratori e altri soggetti interessati; ed avviare dal 2012 un premio europeo per dare un riconosci-mento ai partenariati RSI tra imprese e altre parti interessate.

2) Miglioramento e monitoraggio dei livelli di fiducia delle imprese.

La Commissione si pone l' obiettivo di affrontare la questione della commercializza-zione ingannevole relativa agli impatti ambientali dei prodotti (il cosiddetto

“green-washing”)11 nel contesto dell' applicazione della direttiva sulle pratiche commerciali scorrette prevista per il 2012; ed avviare un dibattito aperto con cittadini, imprese e altre parti interessate in merito al ruolo e alle potenzialità delle imprese nel XXI se-colo, con l' obiettivo di favorire la comprensione e l' individuazione di aspettative co-muni.

3) Miglioramento dei processi di autoregolamentazione e coregolamentazione. La Commissione vuole creare un codice deontologico di autoregolamentazione e

co-11 Il termine è un neologismo formato a partire dalle parole “ green ” e “ whitewashing ”, termine quest' ultimo che letteralmente significa “ imbiancare ”, anche nel senso di “ mascherare ”, “ coprire parzialmente ”, “ cocoprire male ”. Il termine è stato inserito per la prima volta nell' Oxford En -glish Dictionary nel 1999, con la seguente definizione: “ Disinformation disseminated by an organisation, ecc., so as to present an environmentally responsible public image; a public image of en -vironmental responsability promulgated by or for an organisation, ecc., but perceived as being

un-founded or intentionally misleading ” ( Coincise Oxford English Dictionary, decima edizione ). La

Commissione europea definisce, nel documento di orientamento per l' attuazione della direttiva re-lativa alle pratiche commerciali sleali, il Greenwashing, come “ appropriazione indebita di virtù ambientalistiche finalizzata alla creazione di un' immagine verde ”. Iraldo F., Melis M. (2012)

Green marketing. Come evitare il greenwashing comunicando al mercato il valore della sostenibi-lità. Il Sole 24 ore, Milano e Roma (p. 6).

(16)

regolamentazione per migliorare l' efficacia del processo di RSI in cui si prevede il coinvolgimento di tutti gli stakeholder interessati.

4) Aumento del premio di mercato per la RSI.

La Commissione intende favorire la migliore integrazione degli aspetti sociali e am-bientali negli appalti pubblici. In tema di fondi di investimento e istituzioni finanzia-rie si valuterà la possibilità di includere come requisito per tali enti l' obbligo di in-formare i clienti sui criteri di investimento etico/responsabile da loro applicati. Si prevede inoltre di rivedere il piano d' azione per il consumo e la produzione sosteni-bili per incoraggiare un consumo maggiormente responsabile da parte dei cittadini.

5) Migliorare la divulgazione da parte delle imprese delle informazioni sociali e am-bientali.

La Commissione presenterà una proposta legislativa sulla trasparenza delle informa-zioni di RSI fornite dalle imprese, per rendere più omogenea la rendicontazione so-cio-ambientale in ambito comunitario. A tal proposito viene guardato con particolare attenzione il lavoro del Comitato internazionale per la rendicontazione integrata (International Integrated Reporting Committee – IIRC)12.

6) Ulteriore integrazione della RSI nell' ambito dell' istruzione, della formazione e della ricerca.

La Commissione intende fornire sostegno finanziario ai progetti di istruzione e for-mazione in tema di RSI all' interno dei programmi “Apprendimento permanente” e “Gioventù in azione”13.

12 L'International Integrated Reporting Council (IIRC), è un Comitato Internazionale multi-stakehol-der istituito nel 2010 che sta promuovendo il confronto tra diversi attori al fine di ottenere input per lo sviluppo e l'adozione di un contesto globalmente accettato per la rendicontazione integrata. 13 “Apprendimento permanente” si pone l' obiettivo generale di contribuire allo sviluppo dell' UE

quale società avanzata basata sulla conoscenza, promuovendo in tal modo lo sviluppo economico sostenibile, nuovi e migliori posti di lavoro, e una maggiore coesione sociale. L' obiettivo del Pro -gramma è, in particolare, quello di agevolare all' interno dell' UE gli scambi, la cooperazione e la mobilità tra i sistemi di istruzione e formazione, in modo da farne un punto di riferimento di quali

(17)

-7) Accentuazione dell' importanza delle politiche nazionali e subnazionali in materia di RSI.

In tale campo la Commissione si impegna a creare con gli Stati membri un meccani-smo di revisioni peer to peer (revisioni paritarie) per le politiche nazionali in materia di responsabilità sociale d' impresa. Le autorità locali e regionali sono invitate a fare un uso intelligente dei fondi strutturali dell' UE per sostenere lo sviluppo della RSI, in particolare tra le piccole e medie imprese, e a collaborare con le imprese per af-frontare meglio problemi quali la povertà e l' inclusione sociale.

8) Migliore allineamento degli approcci europei e globali alla RSI.

La Commissione intende monitorare gli impegni assunti dalle imprese europee di grandi dimensioni per tenere conto degli orientamenti internazionali sulla RSI. Ci si aspetta che entro il 2014 tutte le grandi imprese europee s' impegnino a rispettare il

Global Compact, i Principi dell’OCSE, la Dichiarazione dell' OIL e il rispetto dei

diritti umani così come intesi nei Principi guida dell' ONU14.

Con l' emanazione di questo Programma d' azione la Commissione si aspetta che tut-te le grandi imprese europee, e per quanto possibile le piccoli e medie imprese, adot-tino pratiche di responsabilità sociale d' impresa in linea con i principi europei e in-ternazionali. La politica di RSI europea mira a diffondere tali pratiche non solo per scopi puramente etici e di sostenibilità, ma anche in termini di vantaggi per le impre-se. Benché ci sia la possibilità per esse di vedersi incrementare i costi, questa pratica produce una serie di vantaggi positivi che permettono il loro riassorbimento. Gli

tà a livello mondiale. “Gioventù in azione” è un programma comunitario che mira a sviluppare la cooperazione nel settore della gioventù, a motivare i giovani a prender parte alla costruzione del futuro dell’UE, a promuovere un senso di cittadinanza europea attiva, la solidarietà e la compren-sione reciproca tra le giovani generazioni. Per maggiori informazioni consultare il link: http://eur-lex.europa.eu/legal-content/it/ALL/?uri=OJ:L:2006:327:TOC

14 Commissione Europea Strategia rinnovata dell' UE per il periodo2011-2014 in materia di

(18)

aspetti positivi sono per esempio la trasparenza, la miglior immagine sociale che si ripercuote anche sulle maggiori possibilità di ottenere un finanziamento, l' utilizzo ottimale delle risorse umane; tutto ciò permette all' impresa di massimizzare la pro-duzione grazie alle migliori prestazioni ottenute.

Durante il periodo di svolgimento del Programma d' azione la Commissione prevede anche di rafforzare il dialogo in tema con le altri istituzioni e di sviluppare una deon-tologia responsabile assieme alle imprese europee e a tutti gli altri soggetti interessa-ti, pubblici e privati.

Naturalmente, vista l' attualità della questione, si dovranno aspettare dati precisi per valutare i progressi fatti in materia ma sicuramente tale politica ha contribuito a mi-gliorare il settore della RSI visto che ad esempio il numero di imprese europee che pubblicano relazioni al riguardo è passato da 270 nel 2006 a oltre 850 nel 201115 e, attraverso l' Alleanza europea per la responsabilità sociale d' impresa, molte aziende hanno sviluppato degli strumenti pratici per affrontare questioni importanti: è au-mentato, ad esempio, il numero di organizzazioni con siti registrati nell' ambito del sistema EMAS16: nel 2011 erano più di 4.600 contro i 3.300 del 200617.

1.2 Gli standard della responsabilità sociale

Una volta ricostruita la strada che ha portato all' attuale concezione della responsabi-lità sociale d' impresa, è il momento di capire come essa si applica all' interno dell' impresa e quali ripercussioni ha sui soggetti che con l' impresa, più o meno

diretta-15 Comunicazione della Commissione Europea Strategia rinnovata dell' UE per il periodo

2011-2014 in materia di responsabilità sociale delle imprese. Bruxelles, 25/10/2010 COM (2011) 681

(p. 6).

16 L' EMAS (Eco-Management and Audit Scheme) è un sistema a cui possono aderire volontariamen-te le imprese e le organizzazioni, sia pubbliche che privavolontariamen-te, aventi sede nel volontariamen-territorio della Comu-nità Europea o al di fuori di esso, che desiderano impegnarsi nel valutare e migliorare la propria efficienza ambientale. EMAS è principalmente destinato a migliorare l' ambiente e a fornire alle organizzazioni, alle autorità di controllo e ai cittadini (al pubblico in senso lato) uno strumento at-traverso il quale è possibile avere informazioni sulle prestazioni ambientali delle organizzazioni. 17 Comunicazione della Commissione Europea Strategia rinnovata dell' UE per il periodo

2011-2014 in materia di responsabilità sociale delle imprese. Bruxelles, 25/10/2010 COM (2011) 681

(19)

mente, si relazionano.

Faremo una breve ricognizione sugli strumenti di RSI soffermandoci sulle novità in-tervenute negli ultimi anni.

Innanzitutto alla base di un' impresa socialmente responsabile vi è l' elaborazione di un codice etico. I primi codici etici sono comparsi in Gran Bretagna all' inizio degli anni '70 diffondendosi poi capillarmente nel resto d' Europa e negli Stati Uniti. Per trovarne una significativa applicazione in Italia bisogna aspettare l' inizio del terzo millennio ed in particolare l' entrata in vigore del decreto legislativo 231/0118 che, di-sciplinando la responsabilità amministrativa degli enti, incoraggia la nascita dei codi-ci eticodi-ci quali la “carta costituzionale” dell' impresa oppure di un documento che defi-nisce le responsabilità etiche e sociali dei propri dipendenti a tutti i livelli. Oggi nel nostro Paese la diffusione di questi strumenti è alta, in particolare in aziende di gran-di gran-dimensioni.

Sulla scia dei codici etici troviamo poi l' elaborazione da parte delle imprese dei co-dici di comportamento e della carta dei valori.

I principi contenuti in tali codici e carte dei valori trovano generalmente attuazione tramite il Comitato Etico, un organismo preposto a diffondere all' interno dell' azien-da la conoscenza del codice, a ricevere le segnalazioni in merito ad eventuali viola-zioni e a disporre eventuali sanviola-zioni.

Strumenti importanti per riconoscere l' impegno di un' impresa ad agire secondo principi etici sono le certificazioni e le adesioni ad iniziative internazionali; numero-se sono quelle che, più o meno direttamente, attengono al versante etico e di numero-seguito citeremo le più importanti.

1) Il Global Compact dell' Organizzazione Internazionale del Lavoro.

Si tratta di un' iniziativa volontaria promossa nel 1999 dall' ex Segretario delle Na-zioni Unite Kofi Annan il quale, in occasione del Forum economico mondiale di

Da-18 E' possibile leggere la normativa nel sito del Parlamento Italiano http://www.parlamento.it/parlam/leggi/deleghe/01231dl.htm

(20)

vos, ha invitato i leader dell' economia mondiale presenti a sottoscrivere con le Na-zioni Unite un patto al fine di affrontare in una logica di collaborazione gli aspetti più critici della globalizzazione, per promuovere un' economia sostenibile, rispettosa dei diritti umani e del lavoro, attenta alla salvaguardia dell' ambiente e alla lotta alla corruzione. L' intenzione è quella di coinvolgere imprese e altri soggetti (agenzie dell' ONU, organizzazioni sindacali e della società civile) su una piattaforma di 10 principi condivisi in tema, appunto, di diritti umani, lavoro e ambiente.

Dal suo lancio ufficiale nel 2000 vi hanno aderito oltre 8.700 aziende e organizzazio-ni proveorganizzazio-nienti da più di 130 paesi nel mondo. In Italia sono circa 200 le realtà rap-presentate, di cui più della metà imprese19.

2) Le linee guida OCSE per le multinazionali.

Si tratta di un insieme di raccomandazioni e orientamenti per le imprese che voglio-no ispirare la propria condotta a criteri di responsabilità sociale. Esse si prefiggovoglio-no di stimolare il contributo positivo che le imprese multinazionali possono apportare al progresso economico, ambientale e sociale. Il testo delle linee guida è articolato in due parti: una prima parte nella quale si tratta di diritti umani, occupazione e relazio-ni industriali, ambiente, lotta alla corruzione e concussione, interessi del consumato-re, scienza e tecnologia, concorrenza e fiscalità. Una seconda parte dedicata invece agli organismi che in ambito nazionale si occupano della corretta diffusione e appli-cazione delle linee guida: i Punti di Contatto Nazionale (PCN). In Italia il Punto di Contatto Nazionale è organizzato all' interno del Ministero dello Sviluppo Economi-co20.

3) La SA 8000 (Social Accountability 8000).

È uno standard di responsabilità sociale pubblicato per la prima volta nel 1997 e suc-cessivamente rivisto nel 2001 e nel 2008. La sua nascita si deve al CEPAA

(Conun-19 Fonte: www.globalcompactnetwork.org

(21)

cil of Economical Priorities Accreditation Agency, oggi denominato SAI, Social Ac-countability International) istituto statunitense nato negli anni '70 per permettere a

consumatori ed investitori di analizzare le performance sociali delle aziende.

La SA 8000 è principalmente incentrata sul rispetto da parte delle organizzazioni di alcuni requisiti minimi in materia di diritti umani e diritti fondamentali dei lavorato-ri. Anche in questo caso si tratta di una certificazione di carattere volontario e trova il suo fondamento nelle convenzioni ILO, nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e nella Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell' infanzia. Grazie a tale certificazione è possibile controllare la catena dei fornitori, migliorare le condizioni di lavoro all' interno dell' azienda, garantire che i prodotti o servizi siano realizzati nel rispetto di alcuni requisiti in materia di: lavoro infantile, lavoro obbligatorio, sa-lute e sicurezza, libertà di associazione e diritto alla contrattazione collettiva, discri-minazione, procedure disciplinari, orario di lavoro, retribuzione, sistema di gestione per le risorse umane.

Fin dalla nascita di tale standard l' Italia ha sempre avuto il primato in Europa per il numero di aziende certificate: attualmente sono circa un migliaio21.

Infine particolarmente interessante, ai fini della nostra trattazione, è segnalare la re-cente pubblicazione (1 novembre 2010) delle linee guida UNI ISO 26000 per la Re-sponsabilità Sociale delle Organizzazioni. Dal 2005 infatti l' ISO22 stava lavorando, alla realizzazione di questo documento che tuttavia non è una norma vera e propria, come quelle attinenti alla qualità, all' ambiente o alla sicurezza, bensì semplicemente un insieme di linee guida volontarie la cui corretta applicazione è oggetto del con-fronto con le proprie parti interessate, prima fra tutte i sindacati. L' intento esplicito è quello di aiutare le organizzazioni a contribuire allo sviluppo sostenibile, di incorag-giarle ad andare al di là del mero rispetto delle leggi, di promuovere una

comprensio-21 Fonte: http://www.sa8000.info/

22 L' Organizzazione internazionale per la normazione (ISO) è la più nota organizzazione internazio-nale per la definizione di normative relative alla gestione e la certificazione di qualità. Vi parteci-pano gli enti di 162 Stati. L'Italia ne è membro attraverso la rappresentanza dell' UNI (Ente Nazio-nale Italiano di Unificazione). Per maggiori informazioni: http://www.iso-academy.it/

(22)

ne comune nel campo della responsabilità sociale e di integrare altri strumenti e ini-ziative per la responsabilità sociale, ma non di sostituirsi ad esse.

Nel quarto dei sette capitoli in cui si divide la ISO 26000 vengono elencati i principi della responsabilità sociale, vale a dire: la responsabilità di rendere conto, la traspa-renza, il comportamento etico, il rispetto degli interessi degli stakeholder, il rispetto del principio di legalità, il rispetto delle norme internazionali di comportamento ed il rispetto dei diritti umani23.

Fino ad ora abbiamo concentrato la nostra attenzione sulla responsabilità sociale nel settore profit ed in particolare nelle imprese solamente perché è in questo campo che è nato e si è sviluppato l' argomento ed è qui che si possono trovare norme e standard ad hoc.

In realtà il discorso sulla responsabilità sociale ha un respiro molto più ampio: ri-guarda infatti non soltanto le aziende ma anche il settore non profit e la Pubblica Amministrazione.

Questi settori hanno chiaramente un impatto sulla collettività molto importante e ne-gli ultimi anni sta emergendo, come si vedrà più avanti, anche da parte loro un gran-de interesse e una maggiore volontà di rengran-dere conto ai loro stakeholgran-der, e in genera-le alla comunità di riferimento, del loro lavoro interno e del loro operato.

1.3 Chi sono gli stakeholder?

Non è possibile trattare l' argomento della responsabilità sociale d' impresa, né tanto meno del bilancio sociale, oggetto d' analisi principale del presente lavoro, senza ap-profondire un concetto preliminare, che si è già citato, quello di stakeholder.

Freeman ne dà una spiegazione ormai classica: “Lo stakeholder di una organizzazio-ne è (per definizioorganizzazio-ne) ogni gruppo o individuo che può influire, o essere influenzato, dal raggiungimento degli obiettivi dell' organizzazione”24.

23 Fonte: http://www.an.camcom.gov.it/sites/default/files/ISO%2026000.pdf

(23)

Anche questa nozione proviene dal mondo imprenditoriale difatti la teoria degli sta-keholder è nata proprio per dare una spinta, più morale che economica, al manage-ment d' impresa verso la metà degli anni '8025. Alla base della teoria degli stakehol-der c' era la ricerca di una struttura che rispondesse ai problemi delle imprese in balia dei profondi cambiamenti sociali, economici ed ambientali del decennio. Grazie al gioco di parole con il termine “stockholder” (azionista), quest' approccio intende svi-luppare nuovi orientamenti strategici e creare nuove opportunità allargando il concet-to di business oltre le sue tradizionali radici economiche.

Un' altra metafora a cui è associato il termine è quella di “giocatore” di un gioco come il poker “uno con una posta nel gioco è uno che gioca e mette a rischio un qualche valore economico”26.

Nel mondo profit sono quindi quelle persone o gruppi che hanno, o si aspettano, pro-prietà, diritti o interessi nei confronti di una impresa e delle sue attività passate, pre-senti o future. Si possono suddividere in stakeholder primari cioè il gruppo senza la cui partecipazione continua l' impresa non potrebbe sopravvivere; solitamente fanno parte di questo gruppo gli azionisti, gli investitori, i dipendenti, i clienti, i fornitori e gli stakeholder pubblici: governo e comunità che forniscono infrastrutture, leggi, di-ritti e doveri.

Esiste un alto livello di interdipendenza fra l' impresa e i suoi gruppi di stakeholder primari: si intuisce facilmente che se una parte di loro non dovesse essere soddisfatto e decidesse di uscire in parte o totalmente dal sistema dell' impresa questa sarebbe notevolmente danneggiata o addirittura non sarebbe in grado di continuare la sua at-tività.

Ci sono inoltre gli stakeholder secondari ovvero coloro che influenzano o sono in-fluenzati dall' impresa ma non sono impegnati in transazioni con essa e non sono

es-25 Sebbene gli anni '80 offrirono un ambiente che dimostrava la forza dell' approccio rivolto agli sta-keholder, l' idea non era completamente nuova. L' uso del termine stakeholder derivava dal lavoro pionieristico svolto dallo Stanford Research Institute negli anni '60. Freeman R. E., Rusconi G., Dorigatti M. (2007) Teoria degli stakeholder Franco Angeli, Milano (p.257).

26 Freeman R. E., Rusconi G., Dorigatti M. (2007) Teoria degli stakeholder Franco Angeli, Milano (p.82).

(24)

senziali per la sua sopravvivenza; ne fanno parte i media e una vasta gamma di parti-colari gruppi di interesse.

Gli stakeholder secondari possono essere contrari alle politiche e ai programmi adot-tati da una impresa per adempiere alle proprie responsabilità o per soddisfare i biso-gni e le aspettative dei suoi gruppi di stakeholder primari.

E' opportuno soffermarci su una questione teorica importante: capire cosa si intende per stakeholder “comunità” in quanto portatore d' interesse fondamentale per com-prendere la teoria e il nostro successivo approfondimento sul bilancio sociale come strumento di responsabilità sociale.

Siamo infatti di fronte ad un problema: “si vuole la comunità per fare un lavoro con-cettuale e che le imprese siano responsabili delle loro azioni nei suoi confronti ma non si specifica esattamente chi e che cosa sia, in modo che si possa poi conoscere se abbiamo o no avuto successo”27. Il concetto è stato sviscerato più volte da diversi studiosi di filosofia, psicologia, sociologia, antropologia e di scienze politiche ma ci concentreremo sulle spiegazioni più moderne perché meglio si adattano al problema di collegare questa nozione alla teoria degli stakeholder.

La comunità è stata abitualmente definita dalle scienze sociali con riferimento alle categorie della coesione interna, dell' appartenenza dei suoi membri, dell' integrazio-ne sociale, della sicurezza dei confini territoriali e soprattutto simbolici (norme, valo-ri e rappresentazioni)28; su questo presupposto è possibile identificare quattro catego-rie di comunità.

La comunità di luogo, in cui sono fondamentali la prossimità fisica dei membri per cui le imprese devono considerare gli effetti delle loro attività nei confronti di coloro che vivono nelle loro vicinanze.

La comunità di interesse, in cui i membri sono vicini, anche solo metaforicamente grazie alle nuove tecnologie, per un comune scopo o passione: un hobby, una religio-ne, uno schieramento politico, eccetera. Questi gruppi si sono moltiplicati negli

ulti-27 Freeman R. E., Rusconi G., Dorigatti M. (2007) Teoria degli stakeholder Franco Angeli, Milano (p.227).

(25)

mi decenni tanto da diventare degli stakeholder chiave per cui gli imprenditori devo-no codevo-noscere i loro obiettivi e saper dare loro delle risposte adeguate. Un esempio banale è quello dei sindacati: un gruppo di interesse che può influenzare pesantemen-te le decisioni aziendali.

La comunità virtuale di supporto nasce sulle orme della precedente come gruppo di azione ma l' identità non è data da un comune interesse quanto piuttosto da un comu-ne sentimento di opposiziocomu-ne. Pensiamo ad esempio a quei gruppi nati e cresciuti in rete che hanno dato vita alle manifestazioni contro la globalizzazione: questo tipo di stakeholder pone dei problemi molto più spinosi ai manager aziendali. Come ha commentato Freeman: “Alcuni gruppi possono avere come obiettivo semplicemente quello di interferire con alcune attività dell' impresa. Ad esempio, alcune imprese possono inserire fra gli stakeholder i «gruppi di terroristi». Per quanto disgustoso possa essere ammettere che tali gruppi «illegittimi» abbiano una «posta in gioco» nell' impresa, dal punto di vista del management strategico ciò deve essere fatto”29. Infine abbiamo la comunità nella pratica ovvero i gruppi di lavoro professionali uniti da interessi, valori e scopi condivisi che sono caratterizzati da un forte senso di iden-tità, obbligo reciproco e da una apertura che facilita l' apprendimento e i cambiamen-ti all' interno delle organizzazioni. In questo cambiamen-tipo di comunità si considerano sia i bi-sogni del singolo sia quelli del gruppo per raggiungere gli obiettivi comuni ma anche quelli individuali; in questo senso, ad esempio, una impresa è una comunità nella pratica. Compito del manager è quello di favorire azioni e politiche per supportare lo sviluppo del gruppo di stakeholder senza dimenticare i singoli individui che lo com-pongono.

Viste le profonde differenze che si trovano all' interno del concetto generale di comu-nità è necessario che il manager imprenditoriale quando si avvicina a questo tipo di stakeholder adotti degli atteggiamenti etici diversi. A seconda della circostanza può adottare delle strategie di collaborazione, per supportare il loro sviluppo; delle strate-gie di cooperazione, per negoziare le soluzioni migliori per tutti; ed infine delle

(26)

strategie di contenimento, per ridurre al minimo i danni provocati da gruppi antago-nisti30.

Dopo questa parentesi sul concetto di comunità si torna ad analizzare la teoria degli stakeholder e le sue implicazioni nella responsabilità sociale, delineata precedentem-ente.

Nell' approccio rivolto agli stakeholder si possono individuare “quattro livelli di im-pegno”31 che rispecchiano i principi della responsabilità sociale d' impresa.

Al primo livello l' imprenditore o il manager deve capire in che modo può soddisfare il cliente e, contemporaneamente, offrire una proposta di valore interessante per i di-pendenti, i fornitori, le comunità e i finanziatori. Questa condizione è basilare visto che il fallimento negli affari o le performance mediocri sono spesso riconducibili all' incapacità dell' impresa di formulare simultaneamente proposte di valore sufficiente-mente forti per tutti i suoi stakeholder.

Al secondo livello si trova la continuità della cooperazione tra gli stakeholder. I con-testi competitivi, macro-economici, politici e i regolamenti sono così dinamici da rendere necessaria una revisione costante degli accordi iniziali con gli stakeholder per trovare l' effettivo bilanciamento nel tempo dei loro diversi interessi.

Al terzo livello l' imprenditore deve avere una conoscenza di questioni sociali più ampie: è importante prendere posizioni su problematiche che apparentemente non sono direttamente collegate agli affari per tutelare i rapporti con gli stakeholder pri-mari ma soprattutto con quelli secondari.

Infine il quarto livello riguarda la leadership etica visto che esiste un forte legame tra valori etici e risultati aziendali positivi. Questo tipo di direzione imprenditoriale può esistere solo se si conoscono in maniera approfondita gli interessi, le priorità e le

30 Per approfondimenti sulla categorizzazione del concetto di comunità e sull' approccio della teoria degli stakeholder si rimanda al saggio di R. E. Freeman, Dunham L., Liedtka J. M. Aumentare le

applicazioni pratiche della teoria degli stakeholder: una analisi specifica della comunità all'

inter-no di Freeman R. E., Rusconi G., Dorigatti M. (2007) Teoria degli stakeholder Franco Angeli, Mi-lano.

31 Freeman R. E., Rusconi G., Dorigatti M. (2007) Teoria degli stakeholder Franco Angeli, Milano (p.259).

(27)

problematiche degli stakeholder.

La responsabilità sociale riguarda non solo il settore profit ma anche quello pubblico, infatti anche le istituzioni pubbliche sono vincolate dagli stakeholder nello svolgere le proprie funzioni in modo adeguato.

Nelle amministrazioni pubbliche i portatori di interessi sono numerosi32:

1) i cittadini (dello Stato, della Regione, della Provincia, del Comune di riferimento) dei quali bisogna distinguere gli interessi collettivi, in quanto comunità, ed interessi singoli, in quanto cittadini ovvero individui titolari di diritti personali, civili, politici, economici e destinatari di servizi di pubblica utilità (servizi di trasporto, di erogazio-ne gas, acqua, elettricità ecc.). É importante, inoltre, distinguere tra cittadini presenti e futuri perché le istituzioni pubbliche devono essere in grado di adottare politiche idonee anche in previsione delle generazioni di domani.

2) i rappresentanti eletti dalla comunità (i politici): devono essere considerati stake-holder quando perseguono i propri obiettivi con modalità tali da consentire il perse-guimento di obiettivi generali per la collettività. É grazie a loro che le istituzioni han-no il consenso necessario per mantenere la legittimazione nel tempo.

3) i dipendenti pubblici: riconoscerli come portatori di interesse significa ad esempio cercare di migliorare il loro lavoro tramite meritocrazia, retribuzioni adeguate al li-vello professionale, evitare politiche di blocchi alle assunzioni eccetera.

4) le imprese che forniscono beni e servizi alle Amministrazioni Pubbliche: sono im-portanti stakeholder perché la “domanda pubblica” è un tipico strumento di sostegno dell' economia in periodi di crisi e di rilancio della stessa. Naturalmente questo mer-cato si deve svolgere tramite procedure d' acquisto che garantiscano la trasparenza, la migliore scelta in termini di prezzo-qualità e la lotta ai comportamenti illeciti ma an-che an-che stimolino una corretta competizione tra imprese fornitrici grazie ad efficaci politiche industriali.

5) le imprese che usufruiscono di servizi da parte delle Amministrazioni: devono

es-32 La classificazione è ripresa dal saggio di Borgonovi E. Considerazioni per una teoria degli

stake-holder nelle Amministrazioni Pubbliche all' interno di Freeman R. E., Rusconi G., Dorigatti M.

(28)

sere coinvolte direttamente nella funzione pubblica di miglioramento del benessere e di sostegno del progresso delle comunità locali.

6) i risparmiatori e i finanziatori: sono da tenere in considerazione in quanto da un lato si assiste alla diversificazione delle forme di ricorso al prestito da parte delle isti-tuzioni pubbliche (tramite dei soggetti esterni) e dall' altro crescono le richieste di adottare normative, politiche finanziarie e comportamenti per tutelare i risparmiatori-finanziatori.

7) le altre istituzioni pubbliche nazionali o sovranazionali: ritenerle portatrici di inte-ressi significa mantenere il confronto istituzionale, politico ed economico. Ricordia-mo che oggi al centro del dibattito abbiaRicordia-mo il “patto di stabilità e crescita”33 euro-peo, l' approvazione e l' applicazione delle norme sul decentramento delle funzioni (devolution) e la richiesta di interventi funzionali dei vari livelli di governo per di-fendere o recuperare la competitività del Paese sul piano economico e dare nuovi in-put per la crescita del suo ruolo internazionale.

8) l' ambiente e il patrimonio non riproducibile: il territorio, le bellezze naturali, un ambiente non inquinato, beni storici, architettonici, artistici sono beni non ripro-duci-bili da conservare. É chiaro che le generazioni presenti, ma soprattutto quelle future hanno interesse alla protezione di tali beni. Le istituzioni pubbliche hanno il compito di gestire il delicato equilibrio tra utilizzo delle risorse naturali e la conservazione della ricchezza non sostituibile.

Si nota bene come la logica, le teorie e l' approccio dei molteplici stakeholder debba essere considerata coerente con la natura stessa delle istituzioni pubbliche. Tale ap-proccio deve essere realizzato tramite l' esercizio delle funzioni di legislazione, una corretta gestione delle attività svolte direttamente dalle Amministrazioni ed un effi-cace controllo. In questo tipo di percorso si richiede la massima coerenza possibile, spesso vengono definite regole e politiche che le stesse istituzioni non rispettano:

33 In estrema sintesi il Patto di Stabilità e Crescita è un accordo, stipulato e sottoscritto nel 1997 dai paesi membri dell' UE, inerente al controllo delle rispettive politiche di bilancio, al fine di mante-nere fermi i requisiti di adesione all' Unione Economica e Monetaria e rafforzare il percorso d’in-tegrazione monetaria intrapreso nel 1992 con la sottoscrizione del Trattato di Maastricht.

(29)

nell' approccio degli stakeholder la fiducia è una componente fondamentale perché Amministrazioni Pubbliche che non rispettano le regole non sono legittimate a chiedere ad altri soggetti scelte e comportamenti coerenti con questa impostazione. Per concludere l' argomento è opportuno esaminare i portatori di interesse nelle orga-nizzazioni non profit.

Nel terzo settore gli interessi in gioco degli stakeholder hanno solo in parte una natu-ra economica e quando anche la hanno essa non pare essere esclusiva. Inoltre qui la funzione primaria della rendicontazione sociale consiste nel favorire la creazione e/o il mantenimento di fiducia e collaborazione che consente lo scambio di beni e servizi relazionali.

I principali stakeholder in una organizzazione non profit da ricordare sono: gli utenti, i familiari degli utenti e i loro rappresentanti, i volontari, le altre associazioni non profit, gli enti pubblici, i clienti (ovvero coloro che pagano per l' erogazione del ser-vizio), i finanziatori e le autorità di vigilanza34.

É evidente la profonda differenza dell' utilizzo della teoria degli stakeholder nel mondo delle imprese, in cui è nata e si è sviluppata, e settore non profit. In entrambi i casi è utilizzata per svolgere funzioni di responsabilità sociale ma qui cambiano le premesse valoriali e il linguaggio coi quali si dialoga coi portatori di interessi.

34 La classificazione degli stakeholder nelle organizzazioni non profit è stata ripresa da Fazzi L., Giorgetti G. (2005) Il bilancio sociale per le organizzazioni non profit. Teoria e Pratica. Guerini e Associati, Milano (p. 130).

(30)

Capitolo 2

La responsabilità sociale e il bilancio sociale

Tra gli strumenti di responsabilità sociale il bilancio sociale rappresenta quello più efficace in quanto strumento di trasparenza che meglio si adatta all' analisi dei rap-porti tra aziende, organizzazioni non profit, Pubblica Amministrazione e contesto so-ciale in cui operano.

Non esiste una definizione univoca di bilancio sociale tuttavia è possibile cominciare a delineare l' argomento con questa:

“Il bilancio sociale […] rappresenta la certificazione di un profilo etico, l' elemento che legittima il ruolo di un soggetto, non solo in termini strutturali ma soprattutto morali, agli occhi della comunità di riferimento, un momento per enfatizzare il proprio legame con il territorio, un' occasione per affermare il concetto di impresa come buon cittadino, cioè un soggetto economico che perseguendo il proprio interesse prevalente contribuisce a migliorare la qua-lità della vita dei membri della società in cui è inserito. La missione azienda-le e la sua condivisione sono eazienda-lementi importanti per ottenere il consenso della clientela, del proprio personale, dell' opinione pubblica”35.

É nato in ambito privato anche se oggi viene redatto anche da enti pubblici e da organizzazioni non profit. La sua storia attraversa tutta la seconda metà del XX seco-lo. La prima esperienza nel combinare informazioni sociali al bilancio economico-fi-nanziario è della società tedesca AEG36. Questo progetto, che potrebbe essere defini-to un antenadefini-to dell' attuale bilancio sociale, era formadefini-to da un quadro sintetico delle

35 Questa definizione è ripresa dal sito www.bilanciosociale.it : un portale realizzato da un gruppo di giovani professionisti che hanno maturato una specifica esperienza nel settore della comunicazio-ne, in particolare nella comunicazione sociale e sul web e credono che nel prossimo futuro sia sempre più indispensabile per le imprese migliorare il dialogo e l' informazione rivolta al cliente. Hanno individuato nel Bilancio Sociale lo strumento migliore per rendicontare ai consumatori, dell' impegno etico-sociale dell' azienda a cui fanno riferimento. L' attività prestata dai componenti del team di www.bilanciosociale.it è completamente gratuita e si pone l' obiettivo di diffondere la cultura della responsabilità sociale nelle imprese italiane, facendo conoscere il Bilancio Sociale, come strumento per migliorare la trasparenza, l' informazione, la qualità del rapporto cliente/forni-tore.

36 Romolini A. (2012) Accountability e bilancio sociale negli enti locali Franco Angeli, Milano (p. 87).

(31)

prestazioni a favore del personale e delle spese sostenute per la collettività; l' espe-rienza rimase, tuttavia, un evento isolato almeno fino alla fine degli anni '60. I dibat-titi e le teorie che si svolsero nel decennio successivo videro come protagonisti la Gran Bretagna, la Germania, la Francia e gli Stati Uniti.

In un documento delle Nazioni Unite del 1977 si fa per la prima volta riferimento alla responsabilità sociale d' impresa verso la collettività: “l' impresa deve rendere conto della sua attività a tutta la società, in particolare per l' uso fatto delle risorse umane e di quelle naturali e per le conseguenze delle sue attività sull' ambiente.”37. Il bilancio sociale come lo si intende attualmente, ha iniziato a diffondersi a livello mondiale proprio in questo periodo; difatti sempre negli anni '70 è stata emanata l' unica norma di legge che, fino ad oggi, ha previsto come obbligatoria la redazione del bilancio sociale. “Si tratta della legge francese del 12 luglio 1977, n. 77-769, che ha introdotto l' obbligo di redazione del bilan social per le imprese con un organico pari o superiore a 750 dipendenti (300 dal 1982).”38.

Anche in Italia, nello stesso periodo, si sono registrate alcune esperienze significati-ve. Si ricorda quella della società Merloni che ha realizzato il suo primo bilancio so-ciale nel 1978; “questa sperimentazione rimase però un evento isolato, tanto che fu necessario attendere ben vent' anni per vedere un altro bilancio sociale, quello delle Ferrovie della Stato relativo al biennio 1992-1993”39.

A livello teorico, i primi studi italiani sulla rendicontazione sociale si svilupparono a partire dagli anni '80. Tuttavia, questo decennio è stato caratterizzato da una sostan-ziale inattività nella produzione di documenti di rendicontazione.

Soltanto negli anni '90 abbiamo assistito al boom di questo argomento tanto da co-minciare a diffondersi anche nel settore non profit e, ancor di più, nel settore pubbli-co e negli enti locali in partipubbli-colare. Il primo caso, nel 1997, è stato quello del

bilan-37 Fonte: Documento Nazioni Unite, International standards of accounting and reporting for

trans-national corporation, New York, 1977.

38 Romolini A. (2012) Accountability e bilancio sociale negli enti locali, Franco Angeli, Milano. (p. 87 corsivo dell' autore).

(32)

cio sociale del Comune di Bologna, relativo al settore delle “libere forme associati-ve” ovvero al complesso di associazioni ed enti a cui il Comune trasferisce risorse o concede l' utilizzo di immobili di proprietà40. Alla fine del decennio sono già nume-rosi i bilanci sociali dei Comuni e delle Province. Nel 1998 è stato il Comune di Copparo (provincia di Ferrara) a realizzare il primo bilancio sociale di un ente locale riferito all' intera gestione.

La Pubblica Amministrazione è arrivata in ritardo nell' adozione di strumenti di ren-dicontazione sociale rispetto alle imprese private, ma, comunque, sta dimostrando un grande interesse per questo tema. Del resto, per le imprese pubbliche, “sociali” per definizione, la scelta di rendicontare socialmente dovrebbe rappresentare un obbligo e non una scelta etica.

2.1 Definizione e caratteristiche del bilancio sociale

Il termine bilancio sociale già di per sé potrebbe trarre in inganno: il sostantivo “bi-lancio”, infatti, rimanda subito all' altro bilancio, quello contabile, che non ha nulla a che fare col nostro argomento. Il bilancio tradizionale è obbligatorio per tutte le atti-vità economiche ed ha finalità, metodologie e forma completamente diverse dal bi-lancio sociale.

Qui col termine bilancio s' intende un rendiconto dei comportamenti attenti agli as-petti sociali ed etici dell' attività esaminata e una presentazione documentata dei ri-sultati conseguiti.

L' aggettivo “sociale” indica che questo tipo di bilancio non limita la propria atten-zione ai soli aspetti del proprio business, ma tiene presente e coniuga anche gli inte-ressi degli stakeholder, in altre parole, presta attenzione a tutti coloro che gravitano e risentono dell' attività in esame.

L' espressione bilancio sociale ha due significati distinti: può essere inteso come

do-40 Per ulteriori informazioni si rimanda al link del Comune di Bologna, http://www.iperbole.bolo-gna.it/rendicontazione-sociale/ .

(33)

cumento ma anche come processo d' elaborazione41.

In sintesi il bilancio sociale è un documento col quale un' organizzazione presenta se stessa e rende manifesti i suoi comportamenti, socialmente apprezzabili, portando, a conferma, la testimonianza delle persone coinvolte ed interessate.

Con questa definizione si comprendono le sue tre componenti principali: in un bilan-cio sociale non possono mancare la descrizione dell' organizzazione, la dimostrazione dei propri comportamenti socialmente apprezzabili ed infine le testi-monianze esterne; fondamentale in tutto questo è l' utilizzo di un linguaggio sempli-ce e alla portata di tutti per comprenderlo e valutarlo.

L' altro significato operativo è il processo di elaborazione col quale si redige un bi-lancio sociale. Se un' attività vuole manifestare la propria responsabilità sociale do-vrà costantemente tenere presente gli effetti che il suo lavoro ha sulla collettività e, inoltre, dovrà cercare gli strumenti più adeguati per misurare fenomeni e fatti che te-stimoniano il comportamento responsabile.

Si tratta di una rivoluzione nel modo di operare e misurare questi aspetti della gestio-ne, che si tratti di un' impresa piuttosto che di un' Amministrazione Pubblica, perché prima di elaborare un bilancio sociale si devono definire strategie e obiettivi, orga-nizzare la struttura per documentare i comportamenti responsabili ed infine misurare i risultati che si ritiene raggiunti.

Parlare del solo documento, senza accennare questo secondo aspetto, è molto limita-tivo visto che la decisione di elaborarlo ha un preciso valore strategico ed un indiscu-tibile impatto organizzativo sulla struttura che intende realizzarlo.

Per tutti questi motivi i protagonisti del bilancio sociale non possono che essere i re-sponsabili al massimo grado dell' istituzione, dell' azienda o di qualunque altro sog-getto; sulla loro decisione comincia il lavoro e l' impegno della struttura interna. Il vertice dell' organizzazione, quindi, organizza una squadra interna in grado di riu-nire i dati quantitativi e qualitativi necessari per la stesura del documento magari

41 Corrocher A. (2005) Il bilancio sociale. Come realizzarlo nelle aziende profit, nelle organizzazioni

(34)

coadiuvata dall' assistenza di un esperto esterno (studioso di sociologia, di marketing strategico, esperto del settore qualità, rappresentanti del mondo non profit, del terzo settore o genericamente del sociale).

Parallelamente fra i protagonisti del bilancio sociale ci sono i destinatari del docu-mento: gli stakeholder, ovvero tutti quei soggetti interessati che, come abbiamo già detto, sono diversi a seconda del tipo di organizzazione che intende redigere un bi-lancio sociale.

Dopo questa introduzione è possibile analizzare quegli elementi che qualificano un documento per poterlo considerare un bilancio sociale. Corrocher indica otto caratte-ristiche42.

Il primo requisito è sicuramente la leggibilità: bisogna utilizzare un linguaggio il più semplice possibile e contenere la lunghezza del documento visto che dev' essere letto da un vasto pubblico formato soprattutto da non addetti ai lavori. É uno strumento di comunicazione per cui deve catturare l' attenzione ed essere capito con facilità, le in-formazioni possono essere date, ad esempio, tramite testi brevi, tabelle semplici e grafici intuitivi.

Il secondo requisito, che va di pari passo col primo, è la trasparenza grazie alla quale il lettore può comprendere e valutare le informazioni. Merita una particolare atten-zione anche un altro aspetto della trasparenza ovvero gli argomenti di cui di solito non si gradisce parlare; nella logica del bilancio sociale le reticenze sono assoluta-mente da evitare altrimenti si perderebbe di credibilità e l' essenza della responsabili-tà sociale.

Terzo requisito è la significatività. Per non allungare troppo un bilancio sociale è ne-cessario scegliere degli argomenti da trattare, che poi si allargheranno nelle edizioni successive. Nella presentazione del documento perciò si deve esplicitare e motivare la scelta delle tematiche affrontate ed inserire solo i dati più attinenti e significativi. Quarta caratteristica è la periodicità: il bilancio sociale è uno strumento di

comunica-42 Corrocher A. (2005) Il bilancio sociale. Come realizzarlo nelle aziende profit, nelle organizzazioni

(35)

zione grazie al quale è possibile aprire un dialogo con gli stakeholder che deve resta-re aperto. Una volta cominciato interromperlo avresta-rebbe poco senso, oltresta-re che esseresta-re controproducente per l' attività stessa, per cui è importante pubblicare il bilancio so-ciale con una sistematicità fissa (uno o due anni) e con informazioni aggiornate in modo da coinvolgere gli stakeholder in un feedback positivo.

La quinta caratteristica è la percezione. Più che essere una qualità del documento in sé è piuttosto un aspetto rilevante nella sua elaborazione perché nel farlo è necessario prestare attenzione alla valutazione dei destinatari: una cattiva o distorta percezione dissolve qualunque risultato positivo.

Sesta caratteristica è la verificabilità che dà al lavoro affidabilità e attendibilità. É importante che il bilancio sociale non diventi uno strumento di marketing puramente autoreferenziale per cui si deve cercare di dare una valenza oggettiva alle afferma-zioni contenute nella rendicontazione. Gli strumenti che permettono la verificabilità dei dati sono molteplici: le misurazioni tecniche degli indicatori, se si tratta di dati quantitativi, oppure le testimonianze dirette tramite interviste o questionari agli inte-ressati e infine i focus group, cioè delle riunioni di stakeholder in cui possono dare un giudizio sulla bozza del bilancio sociale. La scelta dei metodi di verifica da segui-re dipende chiaramente dalle situazioni specifiche e dalle circostanze del momento. La settima caratteristica è la socialità nell' accezione più ampia del termine. In un bi-lancio sociale non bisogna limitare la rendicontazione agli aspetti più evidenti e scontati della realtà in esame, ma andare oltre per individuare nei comportamenti tut-ti i risvoltut-ti che hanno una rilevanza positut-tiva, o negatut-tiva, per gli stakeholder. Ad esempio non basta che un' impresa rendiconti gli utili degli azionisti ma deve far ca-pire i modi, socialmente apprezzabili, coi quali raggiunge i propri scopi, o ancora un bilancio sociale di una organizzazione non profit non si deve limitare a spiegare la missione statuaria ma deve esaminare anche il modo in cui viene svolto il lavoro per-ché anche questo fa parte degli aspetti dei comportamenti socialmente lodevoli. Inoltre nella realtà da rendicontare è facile incontrare comportamenti che non sono positivi, anche questi ultimi devono essere affrontati con trasparenza allo scopo di

Riferimenti

Documenti correlati

Aree di CSR Titolo progetto Obiettivi Risultati in sintesi Partners coinvolti SDGs e Target di riferimento Welfare Aziendale /. Benessere /

• comunicazione via mail a clienti e fornitori di norma RJC CoP e delle procedure di responsabilità sociale Registrazioni: PESAVENTO SRLU mantiene appropriate

In ogni caso, alla luce dell’attenzione che svariate organizzazioni dello sport dilettantistico manifestano nei confronti dell’inclusione nel terzo settore, ciò che

ii) segue due canali di diffusione verso l’interno, attraverso la messa a disposizione di copie in formato cartaceo presso tutti i siti dell’organizzazione; verso l’esterno,

Il  Sig.  Simone  Boninsegna  è  l’attuale  rappresentante  dei  lavoratori  SA8000,  a  seguito  della  sua  elezione  avvenuta  in 

Analizzando i motivi per i quali le imprese che non si concentrano sulla massimizzazione del valore per gli azionisti ottengono rendimenti molto elevati, si

Registrazioni: NUOVI GIOIELLI SRL mantiene appropriate registrazioni previste dal sistema di gestione per la responsabilità sociale e di sostenibilità al fine di

È infatti nell’innovazione e nella Trasformazione Digitale, che investe e definisce il New Normal, che stiamo concentrando i nostri sforzi maggiori, finalizzati alla riduzione