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Studio di un sistema acustico passivo a basso costo per la sorveglianza di aree marine

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(1)

UNIVERSIT `

A DEGLI STUDI DI PISA

FACOLT `

A DI INGEGNERIA

CORSO DI LAUREA IN INGEGNERIA

DELL’AUTOMAZIONE

A.A. 2007/2008

Tesi di Laurea Specialistica

Studio di un Sistema Acustico Passivo

per la Sorveglianza di un’Area Marina

RELATORE

CANDIDATO

Prof. Ing. Andrea Caiti

Antonio Rossi

(2)

Indice

Elenco delle figure III

1 Introduzione 4

1.1 Panoramica iniziale sul problema . . . 4

2 Cenni sulla fisica del sistema 8 2.1 Introduzione . . . 8

2.2 Il suono . . . 8

2.3 Equazioni della propagazione nei fluidi . . . 9

2.3.1 Equazione di Eulero . . . 10

2.3.2 Equazione di continuit`a . . . 12

2.3.3 Equazione di stato . . . 12

2.3.4 Equazione dell’onda . . . 13

2.4 Velocit`a di propagazione del suono . . . 15

2.5 Propagazione di onde piane e sferiche . . . 15

2.6 Riflessione sulla superficie e sul fondo marino . . . 17

2.7 Profilo di velocit`a nel mare . . . 19

2.8 Panoramica sulle equazioni del sonar passivo . . . 20

2.8.1 Grandezze di interesse e unit`a di misura . . . 21

2.8.2 Euazioni del sonar passivo . . . 21

3 Sistema con due idrofoni in verticale 23 3.1 Geometria del problema . . . 23

3.2 Stima del Ritardo . . . 27

3.2.1 Correlazione . . . 28

3.2.2 Studio in Frequenza . . . 32

3.2.3 La correlazione generalizzata . . . 34

3.3 L’algoritmo . . . 39

(3)

INDICE 3.3.2 La funzione di correlazione . . . 41 4 Prove e Simulazioni 43 4.1 I Dati . . . 43 4.1.1 I Dati Simulati . . . 43 4.1.2 I Dati Reali . . . 44

4.2 I Risultati con i dati simulati . . . 44

4.3 I Risultati con i Dati reali . . . 50

4.4 Considerazioni sulla risoluzione e limiti del metodo . . . 55

5 Sistema con tre idrofoni in verticale 59 5.1 Estensione del problema . . . 59

5.2 Geometria del problema . . . 60

5.3 Stima del ritardo e costruzione dei dati . . . 64

5.4 Problema della discretizzazione . . . 65

6 Prove e Simulazioni con tre idrofoni 70 6.1 I dati . . . 70

6.2 Le prove . . . 71

6.2.1 Prima traiettoria . . . 71

6.2.2 Seconda traiettoria . . . 73

7 Conclusioni 77 A Uso dei file 79 A.1 File per il sistema a due idrofoni . . . 79

A.2 File per il sistema a tre idrofoni . . . 80

B Uso dell’interfaccia grafica per la stima dell’errore di discretizzazione 82 B.0.1 Opzioni per due idrofoni . . . 83

B.0.2 Opzioni per tre idrofoni . . . 85

(4)

Elenco delle figure

1.1 Vista schematica dall’alto dell’area marina da sorvegliare. . . 6

1.2 Idrofono. . . 7

2.1 Modello del moto ondoso. . . 9

2.2 Cubo infinitesimo di fluido. . . 10

2.3 Possibili cammini multipli di una sorgente puntiforme. . . 18

2.4 Un possibile profilo di velocit`a del suono in mare al variare della stagione e della profondit`a. . . 19

3.1 Schematizzazione del problema. . . 24

3.2 L’iperbole e cio`e il luogo geometrico dei punti che generano lo stesso ritardo. . . 26

3.3 Andamento del segnale per i due idrofoni (5000 campioni, circa 0.104 secondi). . . 28

3.4 Finestra di Hann. . . 40

4.1 Stima della distanza (SCOT ). . . 45

4.2 Stima della distanza (PHAT ). . . 45

4.3 Stima della distanza (correlazione standard). . . 46

4.4 Stima della cross-correlazione (SCOT ). . . 46

4.5 Stima della cross-correlazione standard. . . 47

4.6 Stima della distanza (SCOT ). . . 48

4.7 Stima della distanza (correlazione standard). . . 48

4.8 Stima della distanza (SCOT, M=1024 campioni). . . 49

4.9 Stima della cross-correlazione (SCOT ). . . 49

4.10 Stima della cross-correlazione standard. . . 50

(5)

4.12 Stima della distanza (correlazione standard). . . 51

4.13 Stima della cross-correlazione (SCOT ) intorno al secondo 1. . . 52

4.14 Stima della correlazione standard intorno al secondo 1. . . 52

4.15 Stima della distanza (SCOT ). . . 53

4.16 Stima della distanza (correlazione standard). . . 53

4.17 Stima della cross-correlazione (SCOT ) intorno al secondo 1. . . 54

4.18 Stima della correlazione standard intorno al secondo 1. . . 54

4.19 Analisi del file castoro2f.wav . . . 55

4.20 Andamento della stima di R in funzione dei ritardi registrati. . . 57

4.21 Andamento della stima di R in funzione dei ritardi registrati. . . 58

5.1 Vista schematica dall’alto dell’area marina da sorvegliare. . . 60

5.2 Vista schematica dall’alto dell’area marina da sorvegliare. . . 61

5.3 Lo spazio marino e le possibili zone di identificazione . . . 67

5.4 Traiettoria rettilinea e posizioni identificate. . . 69

6.1 Stima della distanza. . . 71

6.2 Stima della distanza: errore su x. . . 72

6.3 Stima della distanza: errore su y. . . 72

6.4 Stima della posizione dell’intruso e spostamento effettivo. . . 73

6.5 Stima della distanza: errore su x. . . 74

6.6 Stima della distanza: errore su y. . . 74

6.7 Stima della posizione dell’intruso e spostamento effettivo. . . 75

6.8 Stima della distanza: errore su x. . . 75

6.9 Stima della distanza: errore su y. . . 76

B.1 Interfaccia grafica. . . 82

B.2 Interfaccia grafica. . . 84

B.3 Interfaccia grafica. . . 84

B.4 Visualizzazione dei possibili punti nella localizzazione a tre idrofoni: intersezioni determinate dalle iperboli 12 e 13. . . 85

B.5 Visualizzazione dei possibili punti nella localizzazione a tre idrofoni: zone determinate dall’intersezione delle iperboli 12 e 13. . . 86

B.6 Grafico dell’errore nel sistema a tre idrofoni. . . 87

B.7 Visualizzazione dei possibili punti nella localizzazione a tre idrofoni: percorso reale (rettangolo) e posizioni stimate . . . 87

(6)

Sommario

Il lavoro di tesi consiste nello studio di un sistema di sorveglianza a basso costo per aree marine. Lo strumento principale sul quale si basa la ricerca `e l’idrofono. Attraverso la registrazione dei suoni captati nell’ambiente marino, si cerca di risalire alla distanza di un eventuale corpo estraneo che stia violando il perimetro marino.

Dopo una breve panoramica sui fenomeni fisici coinvolti nel problema, si passa allo studio vero e proprio della metodologia. Lo studio in verit`a si `e concentrato sull’u-tilizzo di due idrofoni; nel capitolo 3 sono presentati le considerazioni e gli algoritmi che consentono il funzionamento dell’installazione. Nel capitolo 4 sono effettuate delle prove su dati di simulazione e dati effettivamente raccolti in mare con due idrofoni. Successivamente il sistema `e ampliato a tre idrofoni e anche in questa situazione ven-gono proposte delle simulazioni; in questo caso per`o saranno possibili solamente prove su dati simulati.

In appendice `e presentato il software che consente di prevedere e visualizzare le incertezze legate ad alcuni limiti ineliminabili del problema, in funzione dei parametri geometrici e fisici dell’impianto.

(7)

Abstract

This research has been finalized to the study of a cheap surveillance system for marine areas. The main instrument for this aim is the hydrophone, principally for its semplicity and low cost, compared with the analogous tools used in military field. Through the recording of the ambiental sound, we try to track the position of an eventual intruder which is violating the perimeter under control.

The research has been focused on the use of two fixed hydrophones one over the other. They are located into the sea and hooked to a buoy. If we identify the delay of time between the arrival of the audio signal to those two receivers, we can reconstruct the position of the intruder, assuming it is set on the sea surface. Afterwards, we have expanded our study to the use of three hydrophones. This allows to localize also an underwater target.

The identification of the time delay has been mainly focused on the generalized cross-correlation method.

Another part of this research has developed the implementation of a software which can predict and show the dependence of the error from the physical and geometric parameter of the system. This can help to organize the installation.

(8)

Capitolo 1

Introduzione

1.1

Panoramica iniziale sul problema

Questa tesi nasce dallo studio di sistemi a basso costo per la sorveglianza di aree marine. La possibilit`a di costruire sistemi economici per la rilevazione della presenza di intrusi rappresenta una soluzione alla domanda crescente dovuta allo sviluppo delle attivit`a legate alla preservazione ed alla tutela di zone marine.

Per sua natura il sistema a basso costo deve essere semplice, facilmente riconfigu-rabile e allo stesso tempo deve avere prestazioni sufficienti a rispondere alle esigenze per le quali nasce.

Il mezzo marino pu`o essere sfruttato per la trasmissione di informazioni di carattere acustico. In esso le onde sonore si diffondono a grande distanza e con velocit`a maggiore rispetto a quanto accade in aria, nonostante vi siano alcune problematiche complesse da tenere presenti.

Infatti, dal punto di vista acustico, nel mare abbiamo una notevole presenza di rumore ambientale, i cui livelli possono variare a seconda delle condizioni atmosferiche (si pensi alla pioggia o al moto ondoso dovuto al vento), ma anche problematiche di carattere fisico, come i cammini multipli, riverbero, l’effetto doppler, la variazione della velocit`a del suono in mare in funzione delle diverse condizioni ambientali (temperatu-ra, profondit`a, composizione chimica), nonch´e la presenza di riflessioni imprevedibili dovute alla intrinseca variabilit`a del fondale marino e della superficie. Oltre a questo tipo di problemi, vi `e anche il rumore che nasce dal trasduttore stesso e in generale dall’elettronica che contribuisce al condizionamento del segnale.

Le ricerche sulla propagazione delle onde acustiche nel mare si sono sviluppate soprattutto nel XX secolo in funzione militare, a causa delle minacce che possono stare nascoste sotto la superficie. In questo caso l’emissione di onde sonore (intesa in

(9)

Cap. 1 Introduzione §1.1 Panoramica iniziale sul problema

senso attivo o passivo) `e rimasto il principale strumento per la “visione” in ambiente marino. Tuttavia, lo studio del sistema in esame `e orientato all’utilizzo di sensori a basso costo per l’identificazione di intrusi in aree marine di interesse prettamente archeologico, naturalistico o comunque tali da non coinvolgere situazioni di pericolosit`a per la sicurezza nazionale o per l’incolumit`a di alcun essere umano.

Il sistema deve utilizzare sensori non troppo costosi, ma allo stesso tempo deve essere flessibile per adattarsi con facilit`a alle diverse condizioni ambientali e fornire una certa robustezza dal punto di vista dell’identificazione dell’effettivo intruso nell’area di competenza. Lo scopo di questa ricerca `e proprio lo studio di un sistema che monitori un’area marina e che possa dare un allarme nel caso si rilevino movimenti anomali in questa area, come si pu`o vedere dalla fig. 1.1. Il risultato finale sar`a un sistema in grado di tracciare la posizione e la velocit`a radiali di un eventuale intruso. Visti gli studi precedenti ([27], [28]), il sistema che meglio risponde alle esigenze del problema in esame `e composto da due idrofoni (fig. 1.2) messi in verticale ad una certa distanza sotto la superficie del mare. Essi registrano ci`o che accade acusticamente nell’ambiente e attraverso l’analisi di questi segnali `e possibile capire se vi siano intrusi e a che distanza si trovino.

Per come `e concepito il sistema, generalmente dovranno essere previste due zone: la zona gialla e la zona rossa. Nella prima il sistema comincia a seguire l’intruso (tracking), ma questi non sta violando alcun perimetro. La zona rossa invece rappresenta l’area effettivamente soggetta a restrizioni. Questo, oltre ad essere un metodo logico, aiuta l’identificazione dei falsi allarmi. Infatti, se supponiamo che vi sia un solo intruso alla volta, attraverso la continuit`a dei suoi spostamenti `e possibile capire se il sistema sta captando un movimento sospetto o meno. Ci`o `e importante per un altra esigenza pratica: la presenza di falsi allarmi, un requisito importante per l’operativit`a effettiva del sistema. Ci`o significa che il sistema deve far scattare l’allarme solo quando si hanno elementi pi`u che sufficienti per giustificare l’intervento della sorveglianza. In quest’ottica, la possibilit`a di seguire con continuit`a la traiettoria dell’intruso permette di stabilire un confine decisionale automatizzabile, introducendo la verosimiglianza della traiettoria come ulteriore elemento di prova che giustifica l’allarme.

Come vedremo meglio nei seguenti capitoli, per le informazioni che riusciamo a raccogliere, `e opportuno scegliere la disposizione degli idrofoni in array verticali. In lavori precedenti sono state effettuate prove su tipi di sistema con un idrofono come sensore. Tuttavia queste ricerche hanno dato come risultato che `e necessario fare

(10)

Cap. 1 Introduzione §1.1 Panoramica iniziale sul problema

Figura 1.1: Vista schematica dall’alto dell’area marina da sorvegliare.

assunzioni sulle peculiarit`a dell’intruso per arrivare a trovare qualcosa di utile (ad esempio supponendo che entri nell’area un veicolo con un particolare tipo di motore). Per cui `e stato deciso di ampliare il sistema introducendo un secondo idrofono. Tale scelta consente, in linea teorica di massima, di identificare l’intruso in superficie senza fare particolari assunzioni. Il metodo `e incentrato sulla stima del ritardo che il segnale emesso dalla sorgente in superficie impiega a raggiungere i due idrofoni.

In questa tesi la ricerca si `e spinta a generalizzare il metodo in presenza di tre idrofoni. In questo caso le prove sono state possibili solo grazie a dati simulati, ma lo studio in questo caso mira a fornire elementi utili alla localizzazione dell’intruso nell’intero ambiente marino circostante gli idrofoni, e non solo in superficie. Gli idrofoni ([7], [9]) sono microfoni in grado di operare in ambiente acquatico e quindi in luoghi sottoposti ad una pressione idrostatica. Tali sensori captano l’energia sonora irradiata che arriva loro da ogni direzione, comprese quelle dovute alla riflessione e quindi captano l’intera molteplicit`a di sorgenti nel loro raggio operativo. Gli idrofoni convertono la pressione acustica in una tensione elettrica (od un segnale ottico, in caso di sensori pi`u costosi). Tipicamente gli idrofoni sono cilindri cavi di ceramica piezoelettrica con un diaframma all’estremit`a. I cilindri sono tappati con gomma o polietilene per resistere

(11)

Cap. 1 Introduzione §1.1 Panoramica iniziale sul problema

Figura 1.2: Idrofono.

all’acqua, e dall’altra estremit`a i cavi prelevano il segnale in tensione. Essi sono di solito appesi con dei supporti isolanti, in modo tale da non raccogliere le vibrazioni dovute alla nave o alla boa alla quale sono collegati.

(12)

Capitolo 2

Cenni sulla fisica del sistema

2.1

Introduzione

Per capire meglio le grandezze coinvolte nel problema, `e opportuno presentare un breve escursus sulla fisica acustica che ha l’obiettivo di inquadrare e dare un fondamento matematico ai fenomeni con i quali interagisce il sistema. I fondamenti della fisica del suono sono trattati nei capitoli 2.2, 2.3 e 2.4. Nel capitolo 2.5 si fornisce un semplice ma significativo modello matematico per la propagazione di onde sonore. I capitoli 2.6 e 2.7 riportano qualitativamente le problematiche concrete di trasmissione dell’onda sonora. Infine nel capitolo 2.8 sono presentate le equazioni relative al funzionamento degli idrofoni.

2.2

Il suono

Il sistema di sorveglianza si basa sulla ricezione delle onde sonore. Le onde sonore presentano analogie con gli altri fenomeni della fisica che si manifestano sotto forma di onde. Ad esempio le onde elettromagnetiche, le vibrazioni meccaniche oppure le onde che si generano sulla superficie dell’acqua. Osservando queste ultime, si possono capire alcune propriet`a: le onde costituiscono una perturbazione del mezzo oscillatorio rispetto alle condizioni di quiete (o comunque preesistenti). `E questa perturbazione a spostarsi e non il mezzo stesso, come si pu`o vedere in fig. 2.1, dove `e schematizzato il comportamento di una superficie liquida perturbata.

Si pu`o riscontrare una situazione simile nel caso di perturbazione acustica. Questa `

e la propagazione di un moto di compressione e dilatazione da una particella all’altra senza per`o che queste si spostino, se non localmente attorno alla propria posizione di equilibrio. Per permettere questa trasmissione le particelle devono possedere com-pressibilit`a ed inerzia. La prima `e necessaria per riportare nella posizione originale la

(13)

Cap. 2 Cenni sulla fisica del sistema §2.3 Equazioni della propagazione nei fluidi

Figura 2.1: Modello del moto ondoso.

particella dopo la perturbazione, la seconda, legata alla massa della particella, consente la trasmissione di energia e quantit`a di moto della particella perturbata a quelle a lei vicine.

Nei fluidi (gas e liquidi), a differenza dei solidi, si possono propagare solamente le onde longitudinali, poich´e i fluidi non offrono resistenza elastica alla deformazione di taglio; ovviamente questo vale nell’ipotesi di assenza di viscosit`a.

Quando la particella `e sollecitata dall’onda a vibrare, le grandezze che sono coinvolte nel fenomeno fisico sono lo spostamento dalla posizione di equilibrio e la velocit`a con cui avviene questa variazione, chiamata veocit`a di particella che va chiaramente distinta dalla velocit`a del suono. Lo spostamento relativo della particella si comunica a quelle circostanti e ci`o causa una variazione (in positivo o negativo) di densit`a e quindi di pressione nelle regioni contigue.

La grandezza pi`u importante per i fenomeni sonori nei fluidi `e quindi la pressione, o meglio la sua differenza rispetto alla pressione statica. A tale differenza viene dato il nome di pressione acustica (o pressione sonora) ed `e questa che viene rilevata dal-l’apparato uditivo, ma anche dagli strumenti di misura, o come gli idrofoni nel nostro caso.

2.3

Equazioni della propagazione nei fluidi

Forniamo adesso alcuni strumenti matematici che consentono di studiare quantitati-vamente il fenomeno della propagazione delle onde. In particolare porremo l’attenzione

(14)

Cap. 2 Cenni sulla fisica del sistema §2.3 Equazioni della propagazione nei fluidi

sui fluidi ideali e cio`e omogenei, isotropi e perfettamente elastici. Questo consente una comprensione pi`u immediata dei fenomeni, che poi possono essere legati al caso in esame attraverso alcuni coefficienti correttivi.

Le equazioni fondamentali per l’idrodinamica sono quelle di Eulero e di continuit`a, oltre ovviamente all’equazione di stato termodinamico. Per portare avanti l’analisi consideriamo il volume infinitesimo di fluido come in fig. 2.2 di dimensioni dx, dy e dz.

Figura 2.2: Cubo infinitesimo di fluido.

2.3.1

Equazione di Eulero

Si applica il secondo principio della dinamica al volume interessato, imponendo l’equilibrio fra le forze di inerzia e le forze esterne. L’elemento di volume V0 `e in

movimento e contiene una quantit`a di fluido pari a ρV0 dove ρ `e la densit`a del fluido.

Indicando con p l’incremento della pressione rispetto alla condizione statica (p0) e

immaginando che essa cresca lungo la direzione x con un gradiente ∂p/∂x, la differenza di pressione fra due facce parallele (dydz) risulta (∂p/∂x)dx. La forza risultante sar`a allora uguale a questa differenza di pressione moltiplicata per l’area su cui agisce:

fx = −

∂p

∂xdx(dydz) = − ∂p

(15)

Cap. 2 Cenni sulla fisica del sistema §2.3 Equazioni della propagazione nei fluidi

dove il segno negativo deriva dalla scelta del verso dell’asse x.

Se ux `e la velocit`a di particella lungo l’asse x, la forza applicata risulta equilibrata

dalla forza d’inerzia del fluido contenuto nel volume: ∂p

∂xV0 = −ρ dux

dt V0. (2.2)

La densit`a tuttavia pu`o essere assunta costante rispetto alle grandezze ed uguale al suo valore in condizioni statiche; la (2.2) diventa quindi

∂p

∂x = −ρ0 dux

dt . (2.3)

In verit`a anche il termine che riguarda la variazione di velocit`a andrebbe espresso considerando la variazione di velocit`a anche nello spazio oltre che nel tempo:

dux dt = ∂ux ∂t + ux ∂ux ∂x (2.4) `

e giusto trascurare il termine ux(∂ux/∂x) se si ammette che la velocit`a di particella

sia trascurabile rispetto alla velocit`a dell’onda. In considerazione di ci`o, `e possibile considerare la sola derivata parziale della velocit`a rispetto al tempo. Estendendo il ragionamento alle altre direzioni che sono coinvolte nell’analisi del volume di fluido, si ottiene: ∂p ∂x = −ρ0 ∂ux ∂t , ∂p ∂y = −ρ0 ∂uy ∂t , ∂p ∂z = −ρ0 ∂uz ∂t . (2.5)

Considerando questi termini come le componenti del vettore velocit`a u = exux+eyuy+

ezuz si ottiene un’unica espressione vettoriale:

ex ∂p ∂x + ey ∂p ∂y + ez ∂p ∂z = −ρ0 ∂u ∂t, (2.6)

dove ex, ey e ez sono i versori degli assi cartesiani.

In forma sintetica la (2.6) pu`o essere riscritta nel seguente modo: ∇p = −ρ0

∂u

∂t (2.7)

Questa `e l’equazione di Eulero che riguarda i volumi infinitesimi di fluido interessati da una perturbazione sonora delle condizioni statiche.

(16)

Cap. 2 Cenni sulla fisica del sistema §2.3 Equazioni della propagazione nei fluidi

2.3.2

Equazione di continuit`

a

Sempre con in riferimento alla fig. 2.2, la perturbazione che investe il volume provoca uno flusso di massa lungo la direzione x che deve essere bilanciato fra ingresso e uscita. Se sx `e lo spostamento nella direzione di x e supponendo che questo abbia

un gradiente (∂sx/∂x lungo l’asse x), la differenza di massa fra quella entrante e quella

uscente rispetto alla direzione x `e: ρsx(dydz) − ρ(sx+

∂sx

∂xdx)(dydz) = ρ ∂sx

∂xdx(dydz). (2.8) Si ricavano analoghe equazioni per gli altri assi cartesiani. Complessivamente tale flusso di materia si ripercuote nella variazione di densit`a del fluido:

ρ∂sx ∂xdx(dydz) + ρ ∂sy ∂y dy(dxdz) + ρ ∂sz ∂z dz(dxdy) = −(ρ − ρ0)dxdydz. (2.9) Introduciamo la condensazione del mezzo che esprime la variazione relativa di densit`a: δ = ρ − ρ0 ρ ≈ ρ − ρ0 ρ0 . (2.10) Allora la (2.9) diventa: ∂sx ∂x + ∂sy ∂y + ∂sz ∂z = −δ. (2.11)

Ovvero, chiamando in causa l’operatore divergenza (div):

δ = −divs. (2.12)

Poich´e `e rilevante il flusso di massa in questa fase, la (2.12) va derivata rispetto al tempo per ottenere:

∂δ

∂t = −divu, (2.13)

la quale rappresenta l’equazione di continuit`a del flusso, ovvero una formulazione della conservazione della materia.

2.3.3

Equazione di stato

Le grandezze fisiche che esprimono il comportamento termodinamico del fluido sono espresse dall’equazione di stato. Per semplicit`a consideriamo il legame che esiste in un

(17)

Cap. 2 Cenni sulla fisica del sistema §2.3 Equazioni della propagazione nei fluidi

gas perfetto P V = RT . Le equazioni andranno poi corrette con alcuni indici per poter essere valide per i fluidi.

Utilizzando questa equazione `e possibile stabilire il legame fra la variazione di pres-sione e la variazione di volume (o preferibilmente di densit`a). Rimane l’incognita legata alla temperatura: e cio`e se il processo della trasmissione delle onde sonore sia isoter-mico (a temperatura costante) oppure adiabatico (senza scambio di energia termica). Data la alta velocit`a a cui si propaga l’onda sonora, tranne casi particolari, non si ha conduzione di calore, per cui il modello che meglio rispecchia il fenomeno `e quello adiabatico P Vγ = costante (γ = c

P/cV esprime il legame fra i calori specifici del fluido

rispettivamente a pressione costante e a volume costante). Per cui vediamo i passaggi:

p0V0γ = P V γ, (2.14) dalla quale P = p0  V0 V γ , (2.15)

ovvero, considerando la densit`a: P = p0

 ρ ρ0

, (2.16)

Adesso esprimiamo la (2.16) in termini differenziali, ricordando per`o le considerazioni sulla variazione di densit`a:

dP = γp0  ρ ρ0 γ−1 dρ ρ0 ≈ γp0 ρ − ρ0 ρ0 (2.17) alla luce di quanto visto in (2.10) e sulla differenza di pressione, si giunge a

p = γp0δ. (2.18)

Questa pu`o essere derivata rispetto al tempo per arrivare a 1 p0 ∂p ∂t = γ ∂δ ∂t. (2.19)

2.3.4

Equazione dell’onda

Le equazioni (2.7), (2.13) e (2.19) possono essere opportunamente combinate per ottenere l’equazione dell’onda sonora.

(18)

Cap. 2 Cenni sulla fisica del sistema §2.3 Equazioni della propagazione nei fluidi

Sostituendo il risultato (2.13) in (2.19), otteniamo: ∂p

∂t = −γp0divu (2.20)

e derivando rispetto al tempo: ∂2p

∂t2 = −γp0div

∂u

∂t (2.21)

Con l’applicazione dell’operatore divergenza a l’eq. (2.7): −div (∇p) = ρ0div

∂u

∂t (2.22)

La notazione div (∇p) pu`o essere sostituita dall’operatore laplaciano ∇2: −∇2p = ρ

0div

∂u

∂t (2.23)

`

e possibile ottenere un’equazione con la pressione come unica variabile indipendente inserendo il risultato dell’eq. (2.21):

∇2p = 1 c2

∂2p

∂t2, (2.24)

dove c `e la velocit`a del suono, ovvero la velocit`a di propagazione dell’onda sonora nel gas ed `e definita come:

c = r

γp0 ρ0

(2.25) L’equazione (2.24) descrive quindi il propagarsi della perturbazione sonora, sotto forma di pressione, in fluidi omogenei, isotropi e senza perdite dissipative. Essa `e chiamata anche equazione linearizzata dell’onda in quanto, durante l’analisi, sono stati trascurati tutti i termini superiori al primo. Ci`o `e possibile perch`e si ipotizza che le perturbazioni portate dall’onda stessa nel propagarsi siano di entit`a infinitesima, e questo `e ci`o che accade normalmente per tutti i fenomeni acustici.

Volendo generalizzare l’eq. (2.24) al caso di liquidi, occorre sostituire all’espressione della velocit`a del suono (2.25) la seguente:

c = s

Ks

ρ0

, (2.26)

dove Ks `e il modulo di elasticit`a adiabatico del fluido. Il suo inverso 1/Ks rappresenta

(19)

Cap. 2 Cenni sulla fisica del sistema §2.4 Velocit`a di propagazione del suono

2.4

Velocit`

a di propagazione del suono

La velocit`a del suono `e il parametro fisico che pi`u di altri influenza il sistema di sorveglianza. ´E attorno ad esso che si sviluppa la possibilit`a di rilevare la presenza di intrusi e la sua variabilit`a pu`o influenzare il funzionamento del sistema.

Per la velocit`a del suono nei liquidi `e possibile l’utilizzo della formula (2.26), ma occorre notare che `e molto pi`u agevole misurare il modulo di elasticit`a isotermico Kt,

per il quale vale Ks = γKt; quindi la (2.26) diventa:

c = s

γKt

ρ0

, (2.27)

Nel caso di acqua distillata a 20o [C] alla pressione atmosferica, assumendo i valori

ρ0 = 998 [Kg/m3], γ = 1.004 e Kt = 2.18 · 109 [P a], si ricava una velocit`a del suono

di circa 1481 [m/s]. A causa del valore di γ prossimo ad uno, `e possibile considerare che la propagazione avvenga in maniera isotermica anzich`e adiabatica, commettendo un errore di circa uno per mille. Risulta pi`u difficile legare la velocit`a del suono con gli altri parametri, e cio`e con la temperatura e la pressione. Nel caso si tratti di acqua marina occorre considerare inoltre la presenza di un differente indice di salinit`a. In questo caso si usano formule empiriche. Nel nostro caso si pu`o fare riferimento alla seguente formula:

c = 1449 + 4.6T − 0.055T2+ 0.0003T3+ (1.39 − 0.012T )(S − 35) + 0.017z (2.28) Dove T si misura in gradi centigradi, S in parti per mille e z in metri. In quest’ultima formula la variazione di pressione `e gi`a stata collegata all’aumento di profondit`a z. Spesso l’andamento del profilo della velocit`a `e fornito in forma grafica con una look-up table. Anche la presenza in mare di altre sostanze (chimiche) disciolte ha un’influenza su c.

Come si vede la velocit`a del suono dipende da molti fattori e varia da luogo a luogo, da stagione a stagione come pure dal giorno alla notte. Essa cresce di alcuni metri al secondo per ogni innalzamento di grado. Le variazioni avvengono in senso verticale, mentre orizzontalmente sono meno rilevanti.

2.5

Propagazione di onde piane e sferiche

Una particolare soluzione dell’equazione delle onde (2.24) riguarda il caso semplice ma significativo in cui le grandezze variano, oltre che nel tempo, anche in una direzione,

(20)

Cap. 2 Cenni sulla fisica del sistema §2.5 Propagazione di onde piane e sferiche

ad esempio x. In questa situazione, il modello prevede che su piani perpendicolare a x ci sia lo stesso tipo di onda, e quindi la soluzione non dipende da y e z.

Se la pressione dipende solo dal tempo e dalla coordinata x, si pu`o scrivere p = p(x, t) e la (2.24) diventa: ∂2p ∂x2 = 1 c2 ∂2p ∂t2. (2.29)

La soluzione generale di questa equazione `e la somma di due termini p = ft − x c  + gt + x c  . (2.30)

Le funzioni f e g sono due funzioni arbitrarie che descrivono la distribuzione di pressione sonora nel tempo lungo la direzione x. La funzione f modellizza la propa-gazione dell’onda in una direzione, mentre g rappresenta la stessa onda nella direzione opposta. Considerando la propagazione nel solo verso positivo:

p = f  t − x c  . (2.31)

L’onda si muove uguale a s´e stessa e quindi in un tempo (t1− t0) essa avr`a percorso

uno spazio pari a c(t1− t0).

Ad esempio un pistone che si muove periodicamente in un cilindro rappresenta un caso in cui `e possibile utilizzare il modello ad onda piana. In questa situazione la soluzione `e data da:

p = ¯p coshωt − x c  + ϕ0 i = ¯p cos (ωt − kx + ϕ0) , (2.32)

dove ¯p `e l’ampiezza della pressione, k = ω/c definisce il numero d’onda e ϕ0 costituisce

semplicemente la fase in relazione alle condizioni iniziali del pistone. In questa soluzione armonica dell’andamento della pressione, ogni punto dello spazio `e soggetto ad una pressione che varia in modo sinusoidale e ritorna uguale a s´e stessa ogni ωT = 2π [rad]; se consideriamo la frequenza f misurata in hertz [Hz], T = 2π/ω = 1/f . Fissato il tempo t, la stessa soluzione si ritrova per`o uguale anche nello spazio ad intervalli kλ = 2π [rad] dove λ rappresenta la lunghezza d’onda espressa in metri:

λ = 2πc ω =

c

f = cT [m]. (2.33)

Una tipologia di onde pi`u adatta al nostro caso `e rappresentato dalle onde sferiche, cio`e le onde che si propagano con simmetria radiale da una sorgente puntiforme in

(21)

Cap. 2 Cenni sulla fisica del sistema §2.6 Riflessione sulla superficie e sul fondo marino

uno spazio omogeneo illimitato. Sotto questa ipotesi, l’equazione delle onde dipende dalla sola coordinata radiale r, oltre che al sempre presente tempo; il laplaciano dell’eq. (2.24) pu`o essere riscritto nella forma:

∇2p = ∂ 2p ∂r2 + 2 r ∂p ∂r = 1 r ∂2(rp) ∂r2 , (2.34)

e l’eq. (2.24) assume la sequente connotazione: ∂2(rp) ∂r2 = 1 c2 ∂2(rp) ∂t2 . (2.35)

Questa equazione `e del tutto analoga al caso (2.29) se si sostituisce il prodotto delle variabili rp alla variabile p. Per cui la soluzione ha la seguente forma familiare:

rp = f t − r c  + gt +r c  , (2.36) e quindi p = 1 r h ft − r c  + gt + r c i . (2.37)

Il primo termine rappresenta un’onda sferica che diverge dal punto sorgente e il secondo rappresenta un’onda sferica che converge. Per le ipotesi fatte sullo spazio e sull’unicit`a della sorgente, la soluzione si riduce alla sola componente divergente:

p = 1 rf  t − r c  . (2.38)

Se la sorgente emette un’onda sinusoidale, vale ancora la soluzione (2.32), con la correzione della distanza r al denominatore:

p = p¯

rcos (ωt − kx + ϕ0) . (2.39) ´

E importante osservare che, contrariamente a quanto visto nell’onda piana, nel caso di sorgente puntiforme e spazio illimitato l’onda sferica si attenua in modo inversamente proporzionale alla distanza dalla sorgente. Questo significa che se due punti sono a distanza r1 e r2 dalla sorgente a simmetria sferica e r2/r1 = 10, allora le pressioni

sonore rilevate sono p2/p1 = 0.1.

2.6

Riflessione sulla superficie e sul fondo marino

Un altro fenomeno da tenere presente riguarda la riflessione delle onde sonore. In ambiente marino essa si pu`o riscontrare nel caso in cui l’onda si rifletta sulla super-ficie oppure sul fondale sedimentoso. La riflessione rispetto alla supersuper-ficie `e totale a

(22)

Cap. 2 Cenni sulla fisica del sistema §2.6 Riflessione sulla superficie e sul fondo marino

causa dell’elevato indice di rifrazione fra acqua e aria, con perdita pressoch´e nulla di intensit`a sonora. La situazione `e per`o complicata dalla presenza delle increspature del-la superficie che ovviamente rende aleatorio uno studio che cerchi di sfruttare queste riflessioni.

Nel caso della riflessione sul fondo, avviene una riflessione non totale associata a perdita di intensit`a acustica. Ci`o `e dovuto alla complessit`a e variabilit`a della compo-sizione litologica e sedimentologica dei fondali marini. A causa della bassa differenza di impedenza fra acqua e sedimenti, una porzione significativa dell’onda originale che viaggiava nell’acqua si perde nel terreno. Questi problemi rendono molto difficoltoso un calcolo della riflessione.

Tuttavia non va sottovalutata la presenza di questi fenomeni perch`e un segnale acu-stico registrato potrebbe mostrare dei risultati falsati dalla presenza di queste riflessioni che si traducono nella presenza di cammini mltipli. Il suono emesso dalla sorgente po-trebbe infatti arrivare al ricevitore, oltre che per la via pi`u breve, anche dopo un certo numero di riflessioni sulle superfici (fig. 2.3).

(23)

Cap. 2 Cenni sulla fisica del sistema §2.7 Profilo di velocit`a nel mare

Alcuni metodi di localizzazione con idrofoni cercano di sfruttare le informazioni de-rivanti dai cammini multipli ([16], [26]) per risalire alla posizione. Tuttavia `e evidente che questa metodologia sia pi`u consona a sorgenti acustiche impulsive di elevata in-tensit`a rispetto al rumore ambiente, mentre per il caso di una sorgente di onde sonore continua (come un motore di una barca) a distanze relativamente elevate, la presenza di cammini multipli porta pi`u disturbi che informazioni.

2.7

Profilo di velocit`

a nel mare

Come gi`a detto, la velocit`a del suono in mare `e un parametro di fondamentale im-portanza per lo studio del sistema in esame. Il fatto che assuma un valore dipendente da altri fattori (principalmente temperatura, salinit`a e profondit`a) necessita un’attenzione particolare. Infatti in fig. 2.4 `e mostrato il diverso andamento stagionale della velocit`a, nel caso particolare del Mar Mediteraneo. In esso infatti le temperature non scendono mai, anche di inverno, al di sotto di 12o ÷ 13o, ma tuttavia `e rilevante l’escursione

soprattutto in estate fra giorno e notte.

Figura 2.4: Un possibile profilo di velocit`a del suono in mare al variare della stagione e della profondit`a.

Il metodo esaminato nel nostro studio dipende fortemente dalla velocit`a, ma la sua variazione fra c = 1500 [m/s] e c = 1530 [m/s] (ovvero il 2% di variazione) influenza in maniera marginale i risultati. Tuttavia la variabilit`a di c provoca un altro effetto che pu`o interessare il funzionamento dell’apparato oggetto dello studio. L’onda sonora, passando attraverso strati con differenti velocit`a del suono, o sia con differenti densit`a,

(24)

Cap. 2 Cenni sulla fisica del sistema §2.8 Panoramica sulle equazioni del sonar passivo

incontra il fenomeno della rifrazione espresso dalla legge di Snell: cos [θ(z)]

c(z) = COST, (2.40)

per il quale l’onda sonora subisce una deviazione verso le zone a pi`u bassa c.

Per affrontare questo problema si applica la legge (2.40) su strati infinitesimi di acqua. Tuttavia per il problema oggetto di studio non si `e proceduto ad una ricerca in questa direzione per due validi motivi:

• La non conoscenza della velocit`a del suono in ogni punto dello spazio.

• L’ipotesi che la sorgente si muova sulla superficie permette di assumere che le onde sonore, almeno quelle dirette (e quindi quelle meglio identificabili), si muovano per lo pi`u orizzontalmente, vista anche la bassa profondit`a alla quale sono stati messi gli idrofoni (massimo 25 [m]).

Questa seconda assunzione deve essere valutata in base all’effettivo ambiente di utilizzo del sistema. Infatti in teoria con il sistema a tre idrofoni `e possibile individuare intrusi anche nelle profondit`a e in questa situazione gli effetti del cambiamento di velocit`a del suono con la conseguente rifrazione dei raggi pu`o influire in maniera pi`u pesante sul sistema anti intrusione.

Questa stratificazione dovuta all’andamento della velocit`a del suono pu`o provocare in casi limite anche la presenza di zone d’ombra. A seconda della presenza di un gradiente positivo (l’onda sonora incontra strati in cui la velocit`a del suono `e maggiore) o negativo (l’onda incontra strati dove la velocit`a del suono `e minore), il segnale acustico pu`o subire delle deviazioni tali da non raggiungere alcune zone dello spazio marino. Il fenomeno si accentua in presenza di correnti.

2.8

Panoramica sulle equazioni del sonar passivo

Prendiamo in esame brevemente in questa sezione le principali caratteristiche del sistema a idrofoni. Esso `e un sistem sonar (SOund, Navigation And Ranging), ovvero uno strumento per determinare la presenza, la natura o la posizione di oggetti nel mare. L’idrofono fa parte della categoria sonar passivi in quanto esso `e in grado di operare solo se la sorgente interessata emette un segnale che abbia caratteristiche sufficientemente distinguibili in termini di livelli di pressione. Esistono anche i sonar attivi che emettono un suono e, in base alle caratteristiche del segnale di ritorno, riescono a “vedere” gli oggetti eseguendo di fatto una mappatura dello spazio.

(25)

Cap. 2 Cenni sulla fisica del sistema §2.8 Panoramica sulle equazioni del sonar passivo

2.8.1

Grandezze di interesse e unit`

a di misura

La grandezza di interesse rilevata dal nostro strumento di misura `e l’intensit`a di pressione. La pressione `e espressa in pascal [P a] (ma ne caso di onde sonore `e pi`u opportuno usare il milionesimo di pascal [µP a]). L’intensit`a `e misurata in watt al metro quadrato [W/m2]. In verit`a, per la natura delle onde sonore, `e pi`u indicata una

scala di misurazione logaritmica e cio`e in decibel [dB], per cui per la pressione acustica SPL (Sound Pressure Level ) vale

SP L [dB] = 20 log p p0



, (2.41)

dove p `e la pressione misurata e p0 la pressione di riferimento. Anche per

l’inten-sit`a acustica, IL (Intensity Level ) `e adottato un rapporto rispetto ad una intensit`a di riferimento:

IL [dB] = 10 log I I0



, (2.42)

2.8.2

Euazioni del sonar passivo

Le equazioni del sonar consentono di calcolare il rapporto segnale-rumore (SNR, Signal Noise Ratio) in funzione dei seguenti termini:

SN R = SL − T L − N − DT (2.43) che definisce l’identificabilit`a del segnale in base a

• SL: (Source Level ) rappresenta l’intensit`a sonora della sorgente.

• T L: (Transmission Loss) `e la degradazione che il segnale subisce nel raggiungere il ricevitore. Pu`o essere ottenuta sia attraverso l’uso di modelli di propagazione sia utilizzando le leggi della diffusione geometrica.

• N : (Noise) `e il rumore ricevuto da un singolo idrofono

• DT : (Detection Threashold ) configura la soglia minima di tolleranza in ingresso al ricevitore oltre la quale il processo decisionale assume la distinzione fra il rilevamento e il falso allarme.

(26)

Cap. 2 Cenni sulla fisica del sistema §2.8 Panoramica sulle equazioni del sonar passivo

In presenza di direttivit`a, nel caso di array di idrofoni, alla (2.43) si aggiunge un termine che migliora le prestazioni incrementando la sensibilit`a del sistema ricevente verso una particolare direzione (beamforming [7]).

In questo studio non si approfondiranno i singoli termini dell’equazione (2.43), ma sono utili alcune considerazioni generali. Innanzi tutto notiamo come la TL racchiuda i problemi messi in evidenza nei paragrafi precedenti circa le difficolt`a legate alla pro-pagazione dell’onda in ambiente marino. Ad esempio il modello di sorgente puntiforme e onda sferica (eq. (2.37)) mostra una degradazione del SPL in ragione proporzionale alla distanza. Altri problemi relativi alla TL riguardano le perdite per assorbimen-to dovute alla non omogeneit`a del mezzo marino. Il fatto che in esso siano presenti altre sostanze disciolte comporta una perdita del segnale acustico in relazione alla fre-quenza caratteristica dell’onda sonora. Il rumore in ambiente marino rappresenta una problematica molto complessa ([27], [19]). Dal nostro studio `e emerso come risultato significativo che, disponendo di due idrofoni relativamente vicini, senza disporre di ele-menti specifici, si pu`o ottenere un miglioramento della soglia di detection considerando i disturbi che contemporaneamente si concatenano su entrambi i canali, ma questo sar`a evidenziato meglio pi`u avanti. Per ora basti far notare che il sistema di sorveglianza ha comunque un limite fondamentale: un intruso deve emettere un segnale abbastan-za forte da prevalere nei termini della (2.43), in funzione del rumore, delle perdite di trasmissione e della soglia di detection, altrimenti l’obiettivo della sorveglianza `e disat-teso. Con operazioni di filtraggio e soprattutto cross-filtraggio si riesce a migliorare il rapporto SNR, ma rimangono comunque dei requisiti minimi di potenza acustica per la sorgente da identificare.

(27)

Capitolo 3

Sistema con due idrofoni in

verticale

3.1

Geometria del problema

Negli studi precedenti incentrati sulla medesima esigenza, l’attenzione `e stato fo-calizzata sull’utilizzo di un idrofono per rilevare il passaggio di intrusi nell’area sorve-gliata. I risultati per`o non hanno consentito di stabilire una procedura che assicurasse un metodo robusto e automatico per garantire la vigilanza dell’area.

Per questo motivo si `e resa necessaria l’introduzione almeno di un secondo idrofono. Questa scelta non complica particolarmente la struttura dell’impianto, ma ovviamente il costo hardware sale sensibilmente, essendo il prezzo dell’idrofono una voce importante dei costi complessivi. D’altra parte tale incremento di spesa `e giustificato se il sistema con due idrofoni riesce a fornirci sufficienti informazioni di adeguata precisione per la localizzazione dell’intruso in una determinata area. I risultati mostreranno una certa affidabilit`a della procedura implementata, ma vedremo che tuttavia `e necessario fare alcune ipotesi sulla tipologia di segnale da rilevare (l’intruso); infatti anche in questo caso, il sistema sottost`a a determinate limitazioni di carattere fisico e la stima della posizione `e affetta da vari problemi e incertezze.

I due idrofoni sono collocati ad array come fig. 3.1.

Per il prosieguo dell’analisi si suppongono note le profondit`a di posizionamento dei due idrofoni e la velocit`a (costante) del suono in acqua ( csuono = 1500 [m/s]).

Suppo-niamo per adesso che i due idrofoni ricevano il medesimo segnale audio dalla sorgente estranea, senza considerare interferenze o rifrazioni. La sorgente `e schematizzata come puntiforme e quindi l’onda si propaga secondo il modello sferico dell’eq. (2.37). Il segnale emesso dall’intruso, a causa della differente distanza dei due idrofoni dalla sor-gente, arriva logicamente prima all’idrofono 1 (quello pi`u vicino alla superficie) e, dopo

(28)

Cap. 3 Sistema con due idrofoni in verticale §3.1 Geometria del problema

Figura 3.1: Schematizzazione del problema.

un ritardo ∆t, all’idrofono 2 (quello pi`u vicino al fondo del mare). Il parametro ∆t `e di centrale importanza per la soluzione del problema, ed `e sulla base di esso che si stima la distanza dell’intruso. Ma per il momento si rimanda il problema della captazione del ritardo fra i due segnali audio raccolti al prosieguo, e l’attenzione `e concentrata su come operare nel caso se ne possegga il valore esatto.

Supponiamo perci`o di aver stimato correttamente il ritardo ∆t . In questo caso `e lecito chiedersi in quali altri punti dello spazio la sorgente dovrebbe situarsi per generare il medisimo ritardo percepito dai due idrofoni. La risposta a questa domanda traccia il luogo geometrico dei punti che hanno costante il valore assoluto della differenza (in metri: k = csuono· ∆t) delle distanze da due punti (gli idrofoni). In definitiva, il luogo

geometrico che rispetta queste propriet`a `e un iperbole che ha i fuochi nei due idrofoni. In verit`a, pensando che gli idrofoni captano segnali omnidirezionali, dovremmo parlare di iperboloidi nello spazio [8]. Tuttavia, data la simmetria cilindrica della struttura ad array, `e possibile usare efficacemente due sole dimensioni, tenendo per`o presente che il nostro sistema non pu`o individuare la posizione di un intruso, ma soltanto la sua distanza dalla boa (risposta utile visti gli scopi del sistema); ovvero pu`o individuare i suoi spostamenti (e la velocit`a) radiali. Se vale l’ipostesi che il segnale acustico provenga dalla superficie, sussistono i vincoli necessari per determinare univocamente la distanza della sorgente rispetto all’asse contenente i due idrofoni. Vediamo i passaggi.

(29)

Cap. 3 Sistema con due idrofoni in verticale §3.1 Geometria del problema

Scegliamo il sistema di riferimento come in fig. 3.2. Gli idrofoni sono posizionati nei fuochi, e quindi le coordinate degli elementi in gioco sono:

• Id1(c, 0),

• Id2(−c, 0),

• Intruso: (xmare, R).

In generale, fissati i fuochi, `e possibile tracciare l’iperbole per generici punti P (x, y), essendo nota anche la differenza costante k fra questi punti e i fuochi.

|d(P F1) − d(P F2)| = k. (3.1)

Come accennato, avendo registrato un ritardo di ∆t, `e possibile tracciare i due rami di iperbole. Introduciamo le seguenti notazioni per semplificare i passaggi.

k = ∆t · csuono = 2a. (3.2)

Riscriviamo in forma esplicita la (3.1) per un generico punto P (x, y): p (x + c)2+ y2p(x − c)2+ y2 = 2a. (3.3)

Dopo semplici passaggi algebrici si arriva alla seguente forma:

(c2− a2)x2− a2y2 = a2(c2− a2). (3.4)

Poich´e risulta a ≤ c, in quanto a `e il vertice dell’iperbole, `e possibile porre

b2 = c2− a2 (3.5)

che rappresenta un numero positivo. Si ottiene cos`ı l’equazione dell’iperbole in posizio-ne normale (con centro di simmetria posizio-nell’origiposizio-ne e fuochi sull’asse delle ascisse), come ad esempio quella in fig. 3.2.

x2 a2 −

y2

(30)

Cap. 3 Sistema con due idrofoni in verticale §3.1 Geometria del problema

Figura 3.2: L’iperbole e cio`e il luogo geometrico dei punti che generano lo stesso ritardo. Avendo imposto il vincolo che la sorgente sia in superficie, l’unica incognita del nostro problema `e l’ordinata (R) dell’intruso, la quale `e ricavabile con il seguente passaggio: R = b a p x2 mare− a2. (3.7)

Da notare che in verit`a si individuerebbero quattro punti, anche dopo aver ridotto il problema a due dimensioni: l’ambiguit`a sussiste, oltre che su ±R, anche su ±xmare.

D’altronde questa molteplicit`a di soluzioni non compromettono le funzionalit`a del si-stema: infatti la distanza R fornisce comunque un indice di intrusione valido nell’area sorvegliata, mentre i punti sotto la superficie (−xmare) sono esclusi per ipotesi.

Tutta-via quest’ultima ambiguit`a sarebbe solvibile per la struttura stessa del sistema: infatti se ipotizzassimo di captare un segnale che viene da −xmare, e pi`u in generale da

qua-lunque punto con ascissa strettamente minore di zero, il ritardo sarebbe registrato sul segnale dell’idrofono 1. Questo si pu`o tradurre per via algoritmica come ottimizzazione del codice, escludendo che tale situazione possa verificarsi, ovvero `e anche possibile re-gistrare queste anomalie e prevedere comportamenti specifici, in particolare dal punto di vista della sicurezza dell’area.

(31)

Cap. 3 Sistema con due idrofoni in verticale §3.2 Stima del Ritardo

orizzontalmente, probabilmente sarebbe pi`u agevole aumentare la distanza fra di loro. Da un lato ci`o favorisce un miglioramento della risoluzione nel tempo del minimo ritardo percepibile, dall’altro migliora l’individuazione del ritardo in generale. Tuttavia, a causa della superficie che due soli idrofoni determinano, questa disposizione non `e sufficiente a determinare un maniera univoca la distanza dell’intruso. In questo caso infatti gli iperboloidi nello spazio sono intersecati dal piano del mare secondo una direzione perpendicolare all’asse non traverso dell’iperboloide. Il luogo geometrico che risulta sulla superficie `e una parabola. Questo rende l’identificazione della distanza impossibile, poich´e la sorgente pu`o stare su un numero infinito di punti di una linea aperta.

Per queste ragioni la disposizione in colonna degli idrofoni `e quella che meglio si adatta agli scopi di sorveglianza. Da un lato si mantiene la semplicit`a poich´e la collocazione in orizzontale implica il dislocamento di un’altra boa, dall’altra, con la collocozione in colonna, si determina una figura geometrica che consente di individuare in maniera univoca la distanza, intesa come raggio di una circonferenza.

3.2

Stima del Ritardo

Come `e stato fatto notare, l’identificazione della posizione dell’intruso avviene in maniera corretta se `e effettivamente possibile stimare con sufficiente accuratezza il ri-tardo con cui il segnale arriva all’idrofono 2 rispetto all’idrofono 1. Come si pu`o vedere in fig. 3.3, i file audio dei rispettivi idrofoni hanno andamento simile, ma, soprattutto, la presenza del segnale utile, quello che dovrebbe emergere dal rumore ambientale, `e indistinguibile in prima istanza. Altra cosa sarebbe se la sorgente emettesse segnali impulsivi, ben distinguibili in intensit`a e durata (come mostrato didascalicamente in fig. 2.3). Tuttavia il segnale da tracciare, ha un andamento distribuito con continuit`a e progressivit`a nel tempo (ad esempio una barca che si muove in lontananza e si av-vicina). Anche dal punto di vista dell’intensit`a, soprattutto per intrusi posizionati ad una certa distanza, il segnale di interesse `e caratterizzato da basso SNR. Inoltre i livelli di intensit`a dei due segnali non sono uguali, proprio per la differente distanza degli idrofoni dalla sorgente. Oppure essi possono essere differenti in livelli di ampiezza per un diverso bilanciamento nell’amplificazione elettronica a valle (ad esempio si possono avere guadagni differenti per i due canali, come nel caso dei file a nostra disposizione).

`

(32)

Cap. 3 Sistema con due idrofoni in verticale §3.2 Stima del Ritardo

di campionamento di 48 [kHz], ma sull’importanza di questo parametro si parler`a nel seguito.

Figura 3.3: Andamento del segnale per i due idrofoni (5000 campioni, circa 0.104 secondi).

3.2.1

Correlazione

Un metodo comunemente utilizzato per il riscontro del ritardo fra due segnali `e la cross-correlazione.

La registrazione dei segnali audio in mare `e una operazione che ci porta a considerare segnali aleatori. Per poter sfruttare con efficacia gli strumenti di analisi e sintesi a nostra disposizione `e necessario fare alcune ipostesi e richiamare alcuni strumenti che consentono appunto di elaborare i dati.

La registrazione del segnale audio `e in realt`a un processo aleatorio che dipende dal tempo. Nelle condizioni in cui il sistema opera, in teoria, non sarebbe possibile considerare pi`u realizzazioni di un medesimo evento, poich´e appunto nel tempo, in generale, la sorgente che emette il segnale di interesse cambia posizione. Essa pu`o essere di varia natura (in termini di ampiezza e frequenza), e genera con continuit`a processi aleatori che hanno differenti propriet`a statisitche al variare del tempo. D’altronde proprio sulla base di queste caratteristiche `e possibile risalire alle informazioni che permettono di arrivare ad una soluzione. Per cui, in generale, durante il monitoraggio dell’area marina, `e consentito osservare solamente una possibile funzione campione del processo aleatorio.

Un’analisi statisticamente pi`u accurata pu`o essere condotta sul rumore ambienta-le ([9] e [22]) in ambito marino ad esempio per conoscere la distribuzione congiunta di probabilit`a, anche se per il nostro problema sarebbe pi`u opportuno uno studio del rumore nel luogo specifico nel quale il sistema si trover`a ad operare. Detto questo, la

(33)

Cap. 3 Sistema con due idrofoni in verticale §3.2 Stima del Ritardo

distribuzione congiunta di probabilit`a che caratterizza in modo univoco il processo os-servato `e ignota. Pi`u avanti, soprattutto per lo sviluppo pratico dell’algoritmo, saranno formulate alcune ipotesi pi`u specifiche. Tuttavia, gi`a a questo punto, per portare avanti l’analisi, `e necessario introdurre le seguenti assunzioni statistiche sul segnale registrato: • Per poter utilizzare alcune formule, dovremo supporre che i segnali registrati

siano stazionari di ordine almeno 2.

• In definitiva, per poter effettuare i calcoli, dovremmo supporre addirittura che i segnali registrati siano ergodici.

Ovviamente queste assunzioni devono essere effettuate con cautela: esse non sono vere in generale, perch´e, ad esempio, a seconda della natura dell’intruso, oltre che al variare della distanza, osserveremo densit`a di probabilit`a che nel tempo possono essere soggette a variazioni. Per poter considerare validi i dati raccolti, `e necessaria allora la seguente fondamentale ipotesi: si suppone le propriet`a statistiche del segnale varino lentamente rispetto ad un campione minimo di registrazione il quale consente comun-que l’estrazione di informazioni utili ai fini del nostro obiettivo. Questo `e un punto molto importante da sottolineare per il funzionamento pratico dell’algoritmo: in prati-ca si considera il segnale per un tempo relativamente breve (tipiprati-camente nell’ordine di 0.5-1.5 secondi), e successivamente questo spezzone di segnale `e suddiviso in altri sot-toinsiemi. Tali sottoinsiemi sono considerati la realizzazione di un medesimo processo aleatorio, per il quale `e possibile definire univocamente alcune caratteristiche statisti-che. Ci`o permette di considerare i segnali su tali intervalli stazionari in senso debole e fondamentalmente rende possibile l’utilizzo della correlazione e l’analisi spettrale.

Tale ipotesi ha senso se effettivamente, nel periodo di tempo considerato, la sorgen-te da identificare non cambia bruscamensorgen-te la sua natura (ovvero, passando al campo frequenziale, `e possibile parlare di uno spettro in maniera univoca), e cio`e, nel caso pi`u semplice ma anche pi`u rappresentativo, non si sposta con alta velocit`a. Per il parti-colare ambiente marino e per l’utilizzo previsto del sistema, tale ipotesi `e sicuramente valida: supponendo una velocit`a di 10 nodi (circa 5.1444 [m/s]), negli intervalli di tempo considerati (circa 1 sec) la barca pu`o variare, nel caso peggiore di moto radiale rispetto all’array degli idrofoni, la propria posizione di circa 5 metri; `e verosimile sup-porre che il segnale registrato in questo intervallo dai due idrofoni abbia caratteristiche statistiche stazionarie almeno riguardo ai primi due momenti. Per la natura non linea-re del problema, questa ipotesi si indebolisce con l’avvicinarsi dell’imbarcazione alla

(34)

Cap. 3 Sistema con due idrofoni in verticale §3.2 Stima del Ritardo

boa. Tuttavia nelle vicinanze di questa il segnale registrato `e meno equivoco, anche in termini di ampiezza (il source level dell’eq (2.43) aumenta notevolmente). Ormai, in questa situazione, la violazione dell’area `e palese, e quindi l’algoritmo si trova in una situazione meno critica. Da notare che da un lato sorgerebbe l’esigenza “statistica” di collezionare sequenze tanto pi`u lunghe possibili per incrementare l’affidabilit`a delle previsioni, dall’altro ci`o `e impossibile per l’utilit`a stessa del sistema: la grandezza da individuare, e cio`e il ritardo, deve essere stimata su una sequenza temporalmente breve perch´e i dati raccolti devono possedere una certa uniformit`a. L’individuazione di un compromesso fra queste due esigenze `e un parametro importante per la buona riuscita dell’identificazione. Si pu`o pensare anche ad un algoritmo che scali automaticamente il tempo di osservazione in funzione della distanza stimata (al passo precedente), ma per ora queste migliorie non sono state adottate, essendo questo uno studio di massima e mancando di sufficienti dati sperimentali.

Sempre riguardo all’intervallo di tempo da considerare, `e opportuno porre in risalto un altro fatto: l’aumento della distanza fra gli idrofoni non provoca solo effetti posi-tivi. Infatti `e vero che una maggiore lontananza fra gli idrofoni migliora la precisione del tracking e la portata del sistema di sorveglianza, ma `e altrettanto vero che, con l’aumentare della loro distanza, dobbiamo prelevare un numero maggiore di campioni affinch´e la correlazione dia risultati chiari. Questo vuol dire che le rilevazioni avven-gono in tempi pi`u lunghi e ci`o, in caso di movimento della sorgente, peggiora l’ipotesi di stazionariet`a dei segnali. Sotto queste condizioni si indebolisce quindi la robustezza delle stime effettuate, e possiamo avere risultati che si allontanano maggiormente dalla realt`a.

Per effettuare il calcolo dei parametri che caratterizzano i processi stocastici in esame, dobbiamo ipotizzare che le medie statistiche siano uguali, con probabilit`a 1, a quelle temporali. Ci`o equivale ad assumere che la coppia di processi aleatori in esame sia congiuntamente ergodica. In definitiva, bisogna assumere che i processi aleatori in nostro possesso siano strettamente stazionari.

Dopo queste considerazioni, si pu`o far uso della funzione di correlazione Rxx(τ ),

dipendente solamente dalla traslazione τ . Essa pu`o essere definita per un singolo segnale (auto-correlazione) ovvero lo stesso tipo di operazione pu`o essere effettuata fra due differenti segnali (cross-correlazione).

(35)

Cap. 3 Sistema con due idrofoni in verticale §3.2 Stima del Ritardo

nulla, ma nel seguito daremo per scontato di aver sottratto la media) `e la seguente Rxx(τ ) = E {x(t)∗x(t + τ )} , (3.8)

in cui E esprime il valore atteso e l’operatore di coniugato generalizza la funzione anche in presenza di segnali complessi (ma non `e il nostro caso). La funzione di auto-correlazione `e legata alla risposta in frequenza del processo aleatorio. Se Rxx(τ )

rimane costante al crescere di τ , mediamente i campioni di x prelevati fra t = t1 e

t = t1+ τ , saranno circa uguali ([2]). Questo denota che il segnale non varia (in media)

nel tempo in modo significativo, e le sue componenti spettrali saranno concentrate a bassa frequenza. Viceversa se x(t) decresce velocemente al crescere di Rxx(τ ), significa

che il processo contiene frequenze pi`u elevate.

Analogamente `e possibile effettuare lo stesso tipo di operazione fra due segnali x(t) e y(t), e definire la cross-correlazione. Essa dipende dal solo parametro di traslazione per le ipostesi fatte precedentemente circa la stazionariet`a dei segnali misurati.

Rxy(τ ) = E {x(t)∗y(t + τ )} . (3.9)

Quindi la cross-correlazione (o cross-covarianza ricordando che sono segnali a media nulla) `e una funzione che rappresenta la somiglianza fra due segnali in funzione di una traslazione temporale. In corrispondenza del massimo della cross-correlazione, si registra la massima somiglianza fra i due segnali, e, prelevando il τ corrispondente, otteniamo l’entit`a temporale che ci interessa.

τrit = argmax τ

[Rxy(τ )] . (3.10)

Da questa osservazione si pu`o capire quanto questo strumento sia prezioso per la misurazione del ritardo nel nostro caso. Naturalmente, essendo in presenza di segnali aleatori, `e possibile effettuare solamente una stima della funzione di auto e cross-correlazione. Considerando che il segnale `e campionato e non potendo disporre di sequenze infinite di dati, una stima a massima verosimiglianza (ML) della funzione di auto-correlazione per una sequenza di N campioni `e la seguente:

ˆ Rxx(kT ) = 1 N N −1 X i=0 x(iT )x(iT + kT ), (3.11) mentre l’analoga formula per la cross-correlazione `e:

ˆ Rxy(kT ) = 1 N N −1 X i=0 x(iT )y(iT + kT ). (3.12)

(36)

Cap. 3 Sistema con due idrofoni in verticale §3.2 Stima del Ritardo

3.2.2

Studio in Frequenza

Di altrettanta importanza `e il fatto che il medesimo problema pu`o essere letto nel dominio della frequenza, utilizzando la trasformata di Fourier dei segnali, o pi`u correttamente, una stima della trasformata di Fourier, del particolare processo x(t). Se avessimo segnali deterministici tempo continui ad energia finita, potremmo calcolare

X(f ) = Z ∞

−∞

x(t)e−j2πf tdt. (3.13)

Attraverso questa trasformazione, con un ulteriore passaggio, si pu`o arrivare a definire lo spettro di x(t):

Φx(f ) = |X(f )|2, (3.14)

ovvero si pu`o arrivare a capire il contenuto di energia/informazione in frequenza del segnale x(t). Ma nel caso in esame siamo in presenza di processi stocastici discreti limitati nel tempo. Per questo motivo `e opportuno fornire gli strumenti in questo ambito.

La trasformata di Fourier diventa perci`o una stima della Trasformata Discreta di Fourier (DFT, anche se per fini algoritmici `e utilizzata la Fast Fourier Transform FFT ) rispetto al periodo di campionamento T di una sequenza di lunghezza N :

ˆ XN(f ) = T √ N N −1 X k=0 xN(kT )e− j2πf kT N . (3.15)

Questa quantit`a mostra il peso in frequenza (secondo la ripartizione discreta k/(N T ) [Hz] del campo delle frequenze). Il suo valore assoluto al quadrato ci fornisce quindi il contenuto (medio) di energia/informazione in frequenza, ovvero il periodogramma di una singola realizzazione i del processo discreto di lunghezza N :

Φ(i)N(f ) = | ˆXN(f )|2. (3.16)

Si pu`o dimostrare che se un segnale `e filtrato da un filtro lineare, esso cambia il proprio periodogramma. Sia F (f ) la risposta in frequenza del filtro da applicare. In uscita lo spettro complessivo del segnale originale vede modificate le propriet`a di polarizzazione e varianza:

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Cap. 3 Sistema con due idrofoni in verticale §3.2 Stima del Ritardo

Se questa operazione `e effettuata con criterio, si possono attenuare i disturbi o eviden-ziare le frequenze di maggior interesse.

Il concetto introdotto con la (3.16) ha il limite di essere riferito a sequenze di tempo finito. In molti casi pratici non vale la semplice estensione che consentirebbe di utilizzare il periodogramma come lo spettro del segnale per lo studio asintotico dei processi stocastici e delle loro propriet`a statistiche: il limite

lim

N →∞| ˆXN(f )| (3.18)

fallisce la sua esistenza per molti segnali di interesse pratico.

Per eseguire l’analisi spettrale dei segnali aleatori, la funzione del tempo che si usa `e la funzione di auto-correlazione [1]. Il caso di segnali deterministici si riconduce a questa analisi come caso particolare. Dalla teoria sappiamo che `e possibile dimostrare (teorema di Wiener-Khintchine) il legame fra funzione di auto-correlazione e densit`a spettrale di potenza: se il processo `e stazionario (almeno) in senso lato, la densit`a spettrale di potenza `e uguale alla trasformata di Fourier della funzione di auto-correlazione del processo:

Φx(f ) = F [Rxx(τ )] =

Z ∞

−∞

Rxx(τ )e−j2πf τdτ, (3.19)

sotto l’ipotesi ragionevole che Rxx(τ ) diventi sufficientemente piccola al crescere di τ ,

ovvero Z ∞

−∞

|τ Rxx(τ )|dτ ≤ ∞. (3.20)

Analogamente `e possibile compiere la stessa operazione per la funzione di cross-correlazione, per ottenere cio`e il cross-spettro:

Φxy(f ) = F [Rxy(τ )] =

Z ∞

−∞

Rxy(τ )e−j2πf τdτ. (3.21)

Ovviamente vale anche la trasformazione inversa: Rxy(τ ) = F−1[Φxy(f )] =

Z ∞

−∞

Φxy(f )ej2πf τdf. (3.22)

Nel caso il segnale sia tempo discreto, Φx(f ) = T

τ =∞

X

τ =−∞

(38)

Cap. 3 Sistema con due idrofoni in verticale §3.2 Stima del Ritardo e il cross-spettro Φxy(f ) = T τ =∞ X τ =−∞ Rxy(τ )e−jk2πf T. (3.24)

Anche se la (3.16) non vale, si pu`o dimostrare ([1]) che il valor medio del periodogramma converge debolmente verso lo spettro:

En| ˆXN(f )|2

o

−→ Φx(f ). (3.25)

Un altro inconveniente dovuto all’utilizzo del dominio della frequenza `e rappresen-tato dalla risoluzione che, come gi`a fatto notare, diventa k/(N T ) [Hz] (k = 1 . . . N ). Essa dipende quindi dal periodo di campionamento, ma anche dalla lunghezza della sequenza. In generale, per migliorare la stabilit`a della stima dello spettro (il quale per sua natura tende a subire forti oscillazioni), si rinuncia alla massima risoluzione che fornirebbe l’utilizzo di N campioni e si privilegia la scelta di sequenze pi`u corte, con l’obiettivo di avere funzioni di pi`u smooth e quindi pi`u regolari.

3.2.3

La correlazione generalizzata

Le propriet`a di un segnale sono alterate da un filtraggio lineare. Per gli spettri abbiamo il seguente risultato, che torner`a utile per migliorare la stima del ritardo fra i segnali. Se un segnale debolmente stazionario x(t) attraversa un filtro lineare e diventa z(t),

z(t) = H(q)x(t), (3.26)

allora lo spettro di z(t) e il cross-spettro fra z(t) e x(t) subiscono le seguenti modifiche:

Φz(f ) = |H(ej2πf)|2Φx(f ), (3.27)

e

Φzx(f ) = H(ej2πf)2Φx(f ). (3.28)

In verit`a, `e conveniente approfondire l’approccio in frequenza perch´e questo per-mette, attraverso l’ipotesi di conoscenza delle distribuzioni congiunte di probabilit`a, di operare dei filtraggi in maniera relativamente semplice e veloce. Queste operazioni han-no come risultato quello di evidenziare meglio il ritardo fra i due segnali. Nel problema

(39)

Cap. 3 Sistema con due idrofoni in verticale §3.2 Stima del Ritardo

oggetto di studio si `e dimostrato di enorme efficacia il metodo della correlazione gene-ralizzata proposto in [24] e ripreso in [4], e pi`u specificatamente l’approccio proposto in [6] e [7], dove si ricorre alla Smoothed Coherence Transform (SCOT). Riprendiamone gli sviluppi e adattiamolo al caso specifico.

Una sorgente che emette suono in un ambiente rumoroso, raggiunge i due idrofoni con un certo ritardo e con un diverso livello di intensit`a. Matematicamente, il problema pu`o essere modellato nel seguente modo:

x1(t) = s1(t) + n1(t)

x2(t) = αs1(t + D) + n2(t) (3.29)

dove s1(t), n1(t) e n2(t) sono processi stocastici reali e congiuntamente stazionari. Il

parametro che dobbiamo individuare `e ovviamente il ritardo D. Come abbiamo gi`a detto, la correlazione `e lo strumento usato. `E possibile esprimerla nel dominio della frequenza e antitrasformarla: Rx1x2(τ ) = Z ∞ −∞ Φx1x2(f )e j2πf τ df. Operando il filtraggio Y1(f ) = H1(f )X1(f ), Y2(f ) = H2(f )X2(f ), (3.30)

anche il cross-spettro `e modificato: Φy1y2(f ) = H

1(f )H2(f )Φx1x2(f ). (3.31)

In questo caso la correlazione generalizzata fra x1(t) e x2(t) `e proprio l’antitrasformata

del cross-spettro filtrato: Ry1y2(τ ) = Z ∞ −∞ Ψ(f )Φx1x2(f )e j2πf τdf, dove Ψ(f ) = H1∗(f )H2(f )

caratterizza il filtraggio in frequenza. Come gi`a fatto notare, avendo a disposizione solamente un numero finito di osservazioni, bisogna effettuare la stima

ˆ Ry1y2(τ ) = Z ∞ −∞ Ψ(f ) ˆΦx1x2(f )e j2πf τdf,

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Cap. 3 Sistema con due idrofoni in verticale §3.2 Stima del Ritardo

per poter risalire al ritardo. A seconda delle informazioni a priori che possediamo sul segnale da identificare o sul rumore ovvero a seconda delle caratteristiche che possiamo recuperare sul rumore, sar`a opportuno stimare anche Ψ(f ). Per il modello matematico (3.29), la cross-correlazione fra x1(t) e x2(t) `e

Rx1x2(τ ) = αRs1(τ − D) + Rn1n2(τ ).

La trasformata di Fourier della cross correlazione fornisce il cross spettro: Φx1x2(f ) = αΦs1(f )e

−j2πf D

+ Φn1n2(f ).

Se n1(t) e n2(t) non sono correlati (Φn1n2(f ) = 0), il cross-spettro fra x1(t) e x2(t) `e un

auto-spettro scalato del segnale s1(t) moltiplicato per un esponenziale complesso che

veicola il ritardo. Dal momento che la moltiplicazione in frequenza corrisponde ad una convoluzione nel tempo, abbiamo che

Rx1x2(τ ) = αRs1(τ ) ⊗ δ(t − D), (3.32)

dove ⊗ `e l’operatore di convoluzione.

Una possibile interpretazione della (3.32) `e la seguente: la funzione delta di Dirac `e distribuita su un certo intervallo e allo stesso tempo `e “contaminata” dalla trasformata di Fourier dello spettro del segnale. Una propriet`a importante dell’auto-correlazione `

e che Rs1(τ ) ≤ Rs1(0) e questo va tenuto presente durante la stesura dell’algoritmo.

Nonostante ci`o, in generale, la cross-correlazione “vera” avr`a un picco per τ = D. La contaminazione ha infatti semplicemente l’effetto di spandere la funzione delta su un certo intervallo, ma l’ascissa del massimo rimane inalterata, anche se magari `e sottoposta ad un grado di ambiguit`a maggiore.

Tuttavia per i problemi dovuti ai cammini multipli o alle interferenze visti pre-cedentemente, si possono avere problemi di ritardi multipli. In questo caso la cross-correlazione `e data da

Rx1x2(τ ) = Rs1(τ ) ⊗

X

i

αiδ(t − Di).

Questo caso rappresenta meglio la nostra situazione: i due idrofoni captano infatti anche i cammini multipli emessi dall’intruso che si riflettono sul fondale e sulla superfi-cie, anche se verosimilmente i coefficienti αi tendono a diminuire rispetto al contributo

principale. Tuttavia, in questa situazione la convoluzione con l’auto-spettro pu`o por-tare a confondere due o pi`u funzioni delta vicine, rendendo il picco del segnale falso o

Figura

Figura 1.1: Vista schematica dall’alto dell’area marina da sorvegliare.
Figura 3.3: Andamento del segnale per i due idrofoni (5000 campioni, circa 0.104 secondi).
Figura 4.2: Stima della distanza (PHAT ). `
Figura 4.3: Stima della distanza (correlazione standard). cross-correlazione standard per il campione di dati attorno ai 6 secondi.
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