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Analisi numerica dell'interazione fluido-struttura in un linfagione del diaframma polmonare

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Academic year: 2021

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(1)

P

OLITECNICO DI

M

ILANO

Scuola di Ingegneria Industriale e dell’Informazione

Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Biomedica - Biomedical

Engineering: Biomeccanica e Biomateriali - Biomechanics and

Biomaterials

Tesi di Laurea Magistrale

ANALISI NUMERICA DELL’INTERAZIONE

FLUIDO-STRUTTURA IN UN

LINFANGIONE DEL DIAFRAMMA

POLMONARE

Relatore: Prof.ssa Federica Boschetti

Correlatore: Dott. Ing. Marco Ferroni

Autori:

Lucia Roccio

Matr: 842091

Erika Sironi

Matr: 841529

Anno Accademico 2016–2017

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A nonno Nino e nonna Anto, "I nonni ti vedono crescere sapendo che ti lasceranno prima degli altri. Forse per questo che ti amano più di tutti."

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A nonno Luigi e nonno Franco, i miei angeli custodi.

(4)

Sommario

Il sistema linfatico è un circolo di vasi che ha origine dai capillari a livello dello scambio artero-venoso e scorre parallelamente al sistema sanguigno in tutto il corpo. Dai capillari, che nascono a fondo cieco dall’interstizio, il liquido linfatico è riversato nei condotti precollettori e da questi nei dotti, passando attraverso i linfonodi. All’interno dei vasi linfatici precollettori è presente un’unità contrattile ripetitiva, detta linfangione, delimitata da due valvole dette secondarie, che impediscono un eccessivo retroflusso del fluido, e dalla parete del vaso, che è costituita da tessuto muscolare liscio e consente quindi al vaso di contrarsi. La funzione principale di questo sistema è quella di drenare il liquido interstiziale e le sostanze nutritive dai tessuti, per poi riversarle nelle vene giugulari. A differenza del circuito sanguigno, nel sistema linfatico non è dotato di una pompa centrale che funga da propulsore: di conseguenza, il liquido è spinto sia dalla differenza di pressione che viene a crearsi ai capi del linfangione che dalla pressione che i tessuti esterni esercitano sul condotto.

Lo scopo di questo lavoro è quello di implementare un modello numerico di un vaso linfatico precollettore diaframmatico, al fine di studiare l’interazione fluido-struttura tra il condotto e il fluido che scorre al sui interno. In letteratura sono presenti diversi modelli analitici o a parametri concentrati di tale fenomeno, ma tra questi pochi descrivono efficacemente l’accoppiamento tra deformazione strutturale del vaso e fluidodinamica del liquido. Per effettuare questo studio è stato utilizzato il programma COMSOL Multiphysics , con cui è possibileR

affrontare il problema con un approccio multifisico tramite la fisica Fluid Structure Interaction. Il modello è stato prima dapprima implementato in due dimensioni, rappresentando la sezione trasversale del vaso e considerando un linfangione

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v

preceduto e seguito da tratti di condotto libero da valvole. Sono stati quindi assegnati i parametri dei materiali con cui sono costituite le componenti del modello, considerando per il momento il tessuto del vaso e delle valvole come un materiale elastico lineare isotropo e assimilando il liquido linfatico all’acqua.

Tabella 1:Proprietà meccaniche dei materiali utilizzati.

E [Pa] ρ[kg/m3] ν µd [Pa·s]

VASO 1.72·106 960 0.49

-VALVOLA 1.72·103 960 0.49

-FLUIDO - 1000 - 0.001

Gli studi sono stati effettuati variando i valori di pressione in ingresso (Pin), in

uscita (Pout) ed esterna (Pext) al condotto. Nelle prime fasi del lavoro le pressioni

sono state imposte su valori costanti, nell’ordine dei Pascal, per poi adottare valori fisiologici, nell’ordine dei millimetri di mercurio, a quel punto il modello ha presentato delle inaccuratezze, riguardanti sia l’apertura delle valvole che il rigonfiamento del condotto stesso; è stato quindi necessario modificare il modello dal punto di vista geometrico, limitando lo studio al singolo linfangione. Tramite un’analogia con la circolazione sanguigna, è stato quindi aumentato il modulo elastico dei lembi valvolari, permettendo così di avere un’apertura più fisiologica.

Successivamente, sono stati utilizzati tracciati ricavati da studi sperimentali svolti dall’equipe di Daniela Negrini del Dipartimento di Scienze Morfologiche e Chirurgiche dell’Università degli Studi dell’Insubria di Varese per i valori di pressione da imporre al modello. Ci sono stati forniti dati riguardanti la variazione di diametro (D(t)) durante la contrazione e il rilassamento spontaneo del vaso e sull’andamento della velocità del liquido all’interno del condotto (V(t)). Tramite la seguente formula è stato ricavato il tracciato della variazione di pressione (∆P(t)):

∆P = D(tn−1) −D(tn)

D(tn−1)

· E·h

2πr3L

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vi

valori di flusso, a loro volta derivanti dal tracciato della velocità: ∆P= 128µl

πD4 ·Q

Figura 1:Andamenti di Pext(t)e Pin(t).

La pressione ricavata dalla variazione di diametro è stata imposta come pressione esterna per ricreare la contrazione del vaso; è stata utilizzata come andamento qualitativo in quanto come valori si sono imposte delle variazioni tra -5 e 5 mmHg, valori fisiologici verificati in letteratura. La variazione di pressione ottenuta tramite la formula di Poiseuille invece, è stata utilizzata come valore in ingresso al condotto, ponendo a zero la pressione in uscita.

Purtroppo, le ultime simulazioni hanno evidenziato alcuni importanti limiti della geometria 2D e in particolare si è notato che, al variare della pressione esterna, il vaso si comprime e le valvole, raggiunta la loro apertura massima, rimangono in tale configurazione, andando quindi a toccare le pareti del vaso: questo errore può essere attribuito sia ai limiti del modello 2D sia alla grande varietà dei valori di pressione presenti in letteratura, che non ha consentito la definizione di un corretto intervallo. Al variare della pressione in ingresso, invece, dato che essa raggiunge anche valori negativi, il flusso inverte la sua direzione e le valvole tendono a chiudersi. Tale chiusura non avviene però in modo fisiologico, in quanto solo un lembo di una sola valvola si muove, e si genera quindi un errore nella simulazione: questo risultato è di difficile interpretazione poiché, nonostante non sia stata imposta una condizione di simmetria esplicita, sia la geometria che le condizioni al contorno lo sono. Tutto ciò ha permesso di evidenziare la difficoltà che si riscontra nella risoluzione del problema tramite

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vii

il modello 2D: per l’ultima parte dello studio si è quindi deciso di sviluppare un modello in tre dimensioni, che includesse una sola valvola anziché due per contenere i tempi di calcolo.

Figura 2: GEOMETRIA 1e GEOMETRIA 2

La particolarità di questo modello sta proprio nella modalità con cui vengono implementate le geometrie dei lembi valvolari. Non esistono molte immagini riguardanti il sistema linfatico in generale e ancora meno per quanto riguarda le valvole, perciò sono state create due geometrie che potessero essere utili per lo studio dell’interazione fluido-struttura: la prima geometria prende spunto da quella delle valvole cardiache a due lembi ed è stata ricreata utilizzando un disco tagliato a metà da un piano e vincolato al condotto sull’intera circonferenza del lume; la seconda è invece ispirata alle valvole a coda di rondine presenti nei vasi venosi ed è stata ricreata utilizzando delle forme coniche.

Anche le proprietà meccaniche dei materiali utilizzati, considerati sempre elastici lineari e isotropi, sono state imposte in questa fase su valori più simili alle caratteristiche dei tessuti fisiologici.

Tabella 2:Proprietà meccaniche dei materiali utilizzati.

E [Pa] ρ[kg/m3] ν µd [Pa·s]

VASO 1.72·106 960 0.49

-VALVOLA 1.72·105 960 0.49

-FLUIDO - 997 - 0.0009

Dato che l’analisi tridimensionale si é rivelata sia più gravosa dal punto di vista computazionale che più complessa per le variabili considerate, le due

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dina-viii

miche presenti sono state osservate separatamente: in una prima fase si è cercato di riprodurre l’apertura delle valvole per azione del fluido che scorre nel vaso spinto della differenza di pressione, e successivamente ci si è concentrati sulla riproduzione della deformazione del vaso dovuta al carico esterno. Inizialmente lo scopo è stato quello di definire il range di valori all’interno del quale far va-riare la pressione in ingresso al condotto, in modo da consentire l’apertura delle valvole e allo stesso tempo evitare l’eccessiva deformazione dei lembi; successiva-mente si è invece dovuto definire l’intervallo di valori che ricreasse una corretta deformazione del vaso e che allo stesso tempo impedisse il collasso eccessivo. Per entrambe le geometrie di valvola è stata rilevata una eccessiva distorsione degli elementi, per una differenza di pressione a cavallo della valvola superio-re ad un valosuperio-re soglia rispettivamente di 3 mmHg per la GEOMETRIA 1 e 1.5 mmHg per la GEOMETRIA 2: nella prima si verificava una deformazione non attendibile in corrispondenza del vincolo laterale alla parete del vaso, mentre nella seconda si veniva a creare un accumulo di sforzi sulla parte terminale del vaso, che portava a una deformazione irreversibile del lembo, con conseguenti errori durante il calcolo. Per quanto riguarda invece il carico esterno, è stato necessario modificare la natura del vincolo rispetto a quello adottato per l’analisi bidimensionale: è stata imposta una forza distribuita sull’intera parete del vaso, variabile in direzione radiale, in modo tale da ottenere una buona deformazione del condotto. La forza e stata definita in questo modo:

F=Pext·Alaterale

(9)

ix

Nella fase successiva dell’analisi si è proceduto direttamente imponendo alle pressioni gli andamenti fisiologici dati dai tracciati forniti. Per il carico esterno è stato utilizzato l’andamento qualitativo ricavato in precedenza dalla variazione del diametro, facendo variare i valori di pressione da -5 a 5 mmHg in modo analogo a quanto svolto per l’analisi bidimensionale. In questo modo è stata ottenuta una corretta apertura della valvola e una deformazione della parete del condotto che tende a collassare ad a rigonfiarsi assecondando l’andamento del tracciato imposto.

Figura 4:Profilo di velocità e sforzo di taglio, t = 3 s, piano XY.

A questo punto si è però deciso di valutare l’interazione fluido-struttura in modo differente, imponendo come variabile in ingresso la velocità V(t) misurata sperimentalmente.

I lembi valvolari si deformano, consentendo il passaggio di flusso secondo i valori di velocità imposta, tuttavia quando questa assume valori negativi, essi si avvicinano fino a toccarsi e generadno una chiusura completa, con conseguente errore di calcolo durante la simulazione.

Figura 5:Profilo di velocità e sforzo di taglio, t = 1.65 s, piano XY.

Inoltre, ci sono stati forniti altri tracciati dell’andamento della pressione in-traluminale, ricavati da misure in vivo su un campione isolato, e quindi si è

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x

ritenuto opportuno utilizzare tali tracciati per definire la pressione in ingresso al vaso. Questo caso di studio è ancora in fase di analisi, dato che tali tracciati sono stati forniti successivamente agli altri e le relative simulazioni richiedono tempi dell’ordine di giorni per effettuare i calcoli.

In conclusione, il modello simula in modo corretto sia la dinamica di apertura valvolare durante il passaggio di liquido linfatico attraverso il condotto, sia il movimento della parete dovuto all’attività intrinseca della muscolatura liscia. Esso rappresenta quindi una buona base per lo studio dell’interazione fluido-struttura all’interno di un linfangione. Tuttavia, presenta alcuni limiti legati principalemnte alla geometria valvolare poichè quest’ultima può essere ulte-riormente migliorata utilizzando strutture più realistiche e non solo vincolate a sole forme geometriche semplici, nonostante essa sia già in ogni caso una buona approssimazione della geometria fisiologica.

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Abstract

The lymphatic system is a vessel system that originates from the capillary bed, where the artero-venous substance exchange occurs, and then develops itself in the whole body, running parallel to the blood vessels. The lymphatic fluid starts from the lymphatic capillaries, which are blind end vessels originating in the interstitium, and then travels into larger and larger lymph vessels until it reaches the lymph ducts, passing through the lymph nodes. Lymph vessels are built up by several repeating functional units, called lymphangions, which are the segments between two consecutive valves: as a matter of fact, lymph vessels are equipped with so called secondary valves, which avoid an excessive fluid reflux, and their walls also contain a smooth muscle layer that allows them to contract and push the fluid forward to the adjacent lymphangion.

The main function of this system is to drain the interstitial fluid and catabolytes from tissue and deliver them into the blood circulation, by the subclavian veins, so that they can be eliminated through the kidneys or the liver. Unlike blood circulation, the lymphatic system has no central pump: therefore, the fluid is pro-pelled both by the pressure difference along the lymphangion and the pressure exerted on the vessel by the surrounding tissues.

The aim of this work is to implement a numerical model of a precollector lym-phatic vessel of the diaphragm, in order to analyse the fluid-structure interaction between the vessel and the fluid flowing inside it. Many models - mostly analyti-cal or based on concentrated paramiters - have already been developed in this sense, but few of them accurately describe the effects of the coupling of vessel deformation and fluid dynamics. COMSOL Multiphysics is the software usedR

to perform this study, which allows to solve the problem with a multiphysical

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xii

approach, by applying the fluid-structure interaction physics.

Firstly, a bidimensional model was developed, in which the cross section of a lymphangion with two identical vessel sections without valves (one upstream and one downstream) was considered and represented.

As for the material parameters, the vessel and valves tissue was considered as an elastic linear isotropic material and the fluid was assimilated to water.

Table 3: Mechanical properties of materials used in the study.

E [Pa] ρ[kg/m3] ν µd [Pa·s]

VESSEL 1.72·106 960 0.49

-VALVE 1.72·103 960 0.49

-FLUID - 1000 - 0.001

Analyses were carried out by varying the upstream pressure (Pin), the

down-stream pressure (Pout) and the external tissue pressure (Pext) of the vessel: they

were assumed constant first, with a magnitude of pascals, and then set to physi-ological values, with a magnitude of millimeters of mercury: at that point, the model showed some inaccuracies, regarding both the opening of the valves and the local vessel swelling, and so the model was modified by only considering the lymphangion segment and by increasing by 100 times the elastic modulus of the valve leaflets, thus setting an analogy to the heart tissues and letting the model describe a more physiological valve opening.

Secondly, pressure boundary and initial conditions were set according to pressure signal curves that were experimentally obtained at the “Dipartimento di Scienze Morfologiche e Chirurgiche” of the “Università degli Studi dell’Insubria” of Varese. More precisely, data about the vessel diameter (D(t)) and the fluid velocity (V(t)) during the spontaneous vessel contraction and relaxation were provided. These data allowed to obtain the vessel external pressure signal (∆P(t)) by applying the following formula:

∆P = D(tn−1) −D(tn)

D(tn−1)

· E·h

(13)

xiii

Whereas the pressure difference along the lymphangion was calculated by applying Poiseuille’s Law:

∆P= 128µl πD4 ·Q

Figure 6: Pext(t)and Pin(t)curves.

The pressure obtained by the diamiter variation was imposed by setting an external pressure, in order to reproduce the vessel contraction: it was used as a qualitative profile, as it presented values between -5 and 5 mmHg, which were physiological values found in literature. The pressure variation obtained by Poiseuille law’s was, imposed by setting the upstream pressure to its value and the downstream pressure to zero.

Unfortunately, the last simulations showed some important flaws of the 2D geometry: in particular, when the external pressure varies, the vessel contracts and valves open but remain fully opened and touch the vessel walls, probably due to intrinsic limits of the 2D model or to the wide variety of pressure values found in literature, which did not allow the definition of a proper pressure interval. At the same time, when the upstream pressure varies, since it also reaches negative values, the flow inverts its direction and valves tend to close: this closure does not occur in a physiological way though, as only one leaflet of one valve moves, thus generating a simulation error: this result is difficult to interpret because both geometry and boundary conditions are explicit, although no such simmetry condition was imposed on the model. All these facts allowed to identify the difficulties the 2D model shows when used to study this FSI

(14)

xiv

problem: a 3D model was then developed, including one valve only instead of two in order to reduce computational times.

Figure 7: GEOMETRY 1and GEOMETRY 2.

Very few images of the valves in the lymphatic system can be found in literature, so they were reproduced in two different ways: the first geometry is similar to the bileaflet heart valves and was created by cutting a circular plate in half and attaching it to the whole vessel lumen circumference, whereas the second geometry is more similar to venous valves and was obtained by working on conic shapes.

As for material properties, they were set to even more physiological-like values, though still considering the vessel and valves as built up by an elastic linear isotropic material.

Table 4:Mechanical properties of materials used.

E [Pa] ρ[kg/m3] ν µd [Pa·s]

VESSEL 1.72·106 960 0.49

-VALVE 1.72·105 960 0.49

-FLUID - 997 - 0.0009

Since the FEM analysis of the 3D model has shown to be much more complex and time consuming than expected, the structural and fluid dynamical phe-nomena were analysed separately: a correct reproduction of the valve opening, caused by the fluid moving due to the pressure difference along the vessel, was attempted first and then the vessel deformation due to the external pressure was considered. The initial aim was to define the proper value range for the upstream

(15)

xv

pressure, in order to allow the valve opening and avoid the leaflet rupture at the same time, and later another value range was defined, in order to reproduce a proper vessel deformation without excessive vessel collapse.

An error was generated in both valve geometries by a pressure difference over the valve of more than 3 mmHg for GEOMETRY 1 and more than 1.5 mmHg for GEOMETRY 2: the first one show an excessive leaflets deformation at the junction with the vessel wall, while in the second one stresses overconcentrated at the downstream end of the vessel, causing an irreversible leaflet deformation and thus a critical calculation error.

As for the external load, it was changed from a pressure value to a force, applied on the whole vessel wall and varying in radial direction, so that a proper vessel deformation could be obtained. The force was defined with the following formula:

F =Pext·Alateral

In the following phase of the study, pressures were set to the values given by the experimetal curves provided.

Figure 8:V(t) and Pin(t)curves.

The external load was set to a value obtained from the qualitative diameter profile, but in this case the choice of proper pressure values was complicated. It was used pressure values varied between -5 a 5 mmHg like in the bidimen-tional model.

(16)

xvi

deflate and than inflate according to pressure signal curves imposed.

Figure 9:Velocity and shear stress profile, t = 3 s, XY plane.

At this point, the FSI phenomenon was analysed by also imposing experimen-tally obtained values to the fluid velocity (V(t)).

The leaflets deformed themself, thus opening the valves and allowing the fluid to flow along the vessel; however, when velocity reaches negative values, they tend to return to their initial configuration and even to touch one another, thus leading to the full closure of the valve and to a consequent simulation error.

Figure 10:Velocity and shear stress profile, t = 1.65 s, XY plane.

Moreover, intraluminal pressure profiles were also provided, which were obtained after in vivo measurements on an isolated sample, ande so the upstream pressure was set to values given by these profiles.

This case study is still being analysed, since the intraluminal pressure profiles were provided after those mentioned above and the related simulations need some days to be fully solved.

Concluding, the model correctly reproduces the valve opening, caused by the lymphatic fluid flowing in the vessel, and the vessel wall deformation due to

(17)

xvii

the intrinsic smooth muscle activity, and so it can be considered a good starting point for the study of the FSI phenomena inside a lymphangion.

However, the model still has some limits, mainly related to the valve geome-try, which is a good approximation of the physiological geometry but can be improved by using less simplified shapes to generate it.

(18)

Indice

1 Introduzione 1

1.1 Anatomia . . . 2

1.1.1 Gli organi del sistema linfatico . . . 2

1.1.2 La circolazione linfatica . . . 4

1.2 Fisiologia del sistema linfatico . . . 6

1.3 Patologie . . . 7

1.3.1 Tumori e metastasi . . . 7

1.3.2 Edema e linfedema . . . 8

2 Stato dell’Arte 9 2.1 Fondamenti teorici . . . 9

2.1.1 Composizione della matrice extracellulare . . . 10

2.1.2 Attività dei vasi linfatici . . . 11

2.1.3 Proprietà meccaniche della parete e del fluido . . . 13

2.2 Fondamenti sperimentali . . . 19

2.3 Studi precedenti . . . 25

2.3.1 Studi sperimentali . . . 26

2.3.2 Modelli Matematici . . . 30

3 Materiali e Metodi 38 3.1 Definizione del problema . . . 38

3.2 Modello computazionale 2D . . . 39

3.2.1 COMSOL Multiphysics . . . 39

3.2.2 Geometria del modello . . . 40

(19)

INDICE xix

3.2.3 Materiali . . . 42

3.2.4 Condizioni e vincoli . . . 44

3.2.5 Mesh . . . 48

3.3 Analisi computazionale preliminare . . . 54

3.3.1 Primo step . . . 54 3.3.2 Secondo step . . . 55 3.3.3 Terzo step . . . 56 3.3.4 Quarto step . . . 56 3.4 Modello computazionale 3D . . . 58 3.4.1 GEOMETRIA 1 . . . 59 3.4.2 GEOMETRIA 2 . . . 61 3.4.3 Materiali . . . 63 3.4.4 Condizioni e vincoli . . . 64 3.4.5 Mesh . . . 69

3.5 Analisi computazionale del modello 3D . . . 72

3.6 Utilizzo di dati sperimentali . . . 74

3.6.1 Sviluppo del modello 2D . . . 74

3.6.2 Sviluppo del modello 3D . . . 81

4 Risultati 85 4.1 Analisi preliminare del modello 2D . . . 85

4.1.1 Analisi della sensitività della mesh . . . 89

4.1.2 Risultati delle simulazioni del modello 2D . . . 90

4.2 Analisi del modello 3D . . . 106

4.2.1 Risultati simulazioni GEOMETRIA 1 . . . 106

4.2.2 Risultati simulazioni GEOMETRIA 2 . . . 112

5 Discussione dei risultati 126 5.1 Discussioni dei risultati del modello 2D . . . 126

5.1.1 Sensitività della mesh . . . 126

5.1.2 Simulazioni 2D . . . 129

(20)

INDICE xx

5.2.1 Valvola GEOMETRIA 1 . . . 133

5.2.2 Valvola GEOMETRIA 2 . . . 134

5.3 Dati sperimentali . . . 135

6 Conclusioni e sviluppi futuri 139 6.1 Conclusioni . . . 139

6.2 Sviluppi futuri . . . 141

(21)

Elenco delle figure

1 Andamenti di Pext(t)e Pin(t). . . vi

2 GEOMETRIA 1 e GEOMETRIA 2 . . . vii

3 Andamento di V(t) e Pin(t). . . viii

4 Profilo di velocità e sforzo di taglio, t = 3 s, piano XY. . . ix

5 Profilo di velocità e sforzo di taglio, t = 1.65 s, piano XY. . . ix

6 Pext(t)and Pin(t)curves. . . xiii

7 GEOMETRY 1 and GEOMETRY 2. . . xiv

8 V(t) and Pin(t)curves. . . xv

9 Velocity and shear stress profile, t = 3 s, XY plane. . . xvi

10 Velocity and shear stress profile, t = 1.65 s, XY plane. . . xvi

1.1 Gli organi del sistema linfatico [2]. . . 3

1.2 Schema dello scambio di liquidi nel tessuto interstiziale [2]. . . 4

2.1 Flussi di liquidi all’interno del vaso [12]. . . 9

2.2 Schema esemplificativo di un vaso a parete sottile. . . 15

2.3 Immagine di un loop linfatico nel diaframma murino [19]. . . 20

2.4 Valori di pressione interna media nei diversi vasi. . . 22

2.5 A:vaso linfatico, B: microsfere fluorescenti all’interno del vaso [21]. 24 2.6 Micropuntura durante respiro spontaneo in un ratto [25]. . . 28

2.7 Modello elettrico [15]. . . 37

3.1 Schema del modello base. . . 40

3.2 Geometria delle valvole secondarie. . . 41

3.3 Immagine di un capillare linfatico e del linfangione [15]. . . 42

3.4 Vincoli dei lembi valvolari. . . 44

(22)

ELENCO DELLE FIGURE xxii

3.5 Vincoli dell’intera geometria. . . 45

3.6 Pressione in ingresso. . . 45

3.7 Pressione in uscita. . . 46

3.8 Pressione esterna. . . 46

3.9 Funzione gradino step(t). . . 46

3.10 Qualità della mesh iniziale. . . 50

3.11 Qualità della mesh dopo l’utilizzo dell’Automatic Remeshing. . . . 51

3.12 Mesh nella zona di interessse. . . 52

3.13 Mesh nel condotto. . . 52

3.14 Mesh nella parete del vaso. . . 53

3.15 Mesh nei lembi valvolari. . . 53

3.16 Primo step. . . 54

3.17 Secondo step. . . 55

3.18 Terzo step: Modello geometrico completo. . . 56

3.19 Geometria del modello accorciato. . . 57

3.20 GEOMETRIA 1, vista ZX, XY. . . 60

3.21 GEOMETRIA 1, vista YZ . . . 60

3.22 GEOMETRIA 1 visione tridimensionale. . . 60

3.23 GEOMETRIA 2, vista ZY, XY. . . 61

3.24 GEOMETRIA 2, vista ZX in sezione. . . 62

3.25 GEOMETRIA 2 visione tridimensionale. . . 62

3.26 Confronto valvola in 2D, in 3D e fisiologica [7]. . . 63

3.27 Vincoli applicati al condotto GEOMETRIA 1. . . 65

3.28 Vincoli applicati al condotto GEOMETRIA 2. . . 65

3.29 Vincoli applicati alla valvola della GEOMETRIA 1. . . 66

3.30 Vincoli applicati alla valvola della GEOMETRIA 2. . . 66

3.31 Pressione in ingresso imposta al vaso. . . 67

3.32 Pressione in uscita imposta al vaso. . . 67

3.33 Carico applicato come forza distribuita. . . 68

3.34 Mesh del condotto. . . 70

(23)

ELENCO DELLE FIGURE xxiii

3.36 Mesh della valvola GEOMETRIA 1. . . 71

3.37 Mesh della valvola GEOMETRIA 2. . . 71

3.38 Immagini ricavate in vivo dal gruppo di studi dell’Università di Varese [23]. . . 75

3.39 D(t). . . 76

3.40 ∆P(t). . . 77

3.41 Variazione della velocità nel tempo. . . 78

3.42 Variazione del flusso intrinseco nel tempo. . . 78

3.43 Variazione della pressione. . . 79

3.44 Pext. . . 81

3.45 Andamento di pressione dei vasi trasversali. . . 82

3.46 Andamento di pressione dei vasi longitudinali. . . 82

3.47 Andamento di pressione utilizzato nel modello. . . 83

3.48 Variazione della velocità nel tempo. . . 84

4.1 Grafico della velocità al termine della simulazione. . . 87

4.2 Grafico dello sforzo di taglio al termine della simulazione. . . 88

4.3 Partiolare dei picchi dello sforzo di taglio. . . 88

4.4 Grafico della velocità al termine della simulazione. . . 91

4.5 Grafico dello sforzo di taglio al termine della simulazione. . . 91

4.6 Grafico dello sforzo di taglio in prossimità dei lembi valvolari. . . 91

4.7 Grafico della velocità al termine della simulazione. . . 92

4.8 Modello corretto. . . 93

4.9 Grafico della velocità. . . 94

4.10 Grafico dello sforzo di taglio. . . 94

4.11 Grafico della velocità. . . 96

4.12 Grafico dello sforzo di taglio. . . 96

4.13 Profilo di velocità, t = 0.5 s. . . 98

4.14 Profilo di velocità, t = 1.8 s. . . 98

4.15 Profilo di velocità, t = 1.9 s. . . 99

4.16 Sforzo di taglio, t = 0.5 s. . . 99

(24)

ELENCO DELLE FIGURE xxiv 4.18 Sforzo di taglio, t = 1.9 s. . . 100 4.19 Profilo di velocità, t = 0.7 s. . . 101 4.20 Sforzo di taglio, t = 0.7 s. . . 101 4.21 Profilo di velocità, t = 0.7 s. . . 102 4.22 Profilo di velocità, t = 1.2 s. . . 103 4.23 Profilo di velocità, t = 1.7 s. . . 103 4.24 Sforzo di taglio, t = 0.7 s. . . 104 4.25 Sforzo di taglio, t = 1.2 s. . . 104 4.26 Sforzo di taglio, t = 1.7 s. . . 105

4.27 Apertura della valvola. . . 106

4.28 Sforzo di taglio, t = 1 s, piano YX. . . 108

4.29 Profilo di velocità, t = 1 s, piano YX. . . 108

4.30 Profilo di velocità e sforzo di taglio nel vaso, t = 1 s, piano XZ. . . 109

4.31 Profilo di velocità, t = 2 s. . . 109

4.32 Profilo di velocità, t = 4 s. . . 110

4.33 Sforzo di taglio, t = 2 s. . . 110

4.34 Sforzo di taglio, t = 4 s. . . 111

4.35 Sforzo di taglio, t = 0.19 s, piano XY. . . 112

4.36 Profilo di velocità, t = 0.19 s, piano XY. . . 113

4.37 Sforzo di taglio, t = 1.5 s, piano XY. . . 114

4.38 Profilo di velocità, t = 1.5 s, piano XY. . . 114

4.39 Profilo di velocità, t = 2 s, piano XY. . . 115

4.40 Sforzo di taglio, t = 2 s, piano XY. . . 116

4.41 Profilo di velocità, t = 3.3 s, piano XY. . . 116

4.42 Sforzo di taglio, t = 3.3 s, piano XY. . . 117

4.43 Profilo di velocità e sforzo di taglio nel vaso, t = 1.39 s, piano XZ. 118

4.44 Sforzo di taglio, t = 1.39 s, piano XY. . . 118

4.45 Profilo di velocità, t = 1.39 s, piano XY. . . 118

4.46 Sforzo di taglio, t = 2 s. . . 119

4.47 Profilo di velocità, t = 2 s. . . 119

(25)

ELENCO DELLE FIGURE xxv

4.49 Profilo di velocità e sforzo di taglio nel vaso, t = 3 s, piano XZ. . . 120

4.50 Profilo di velocità e sforzo di taglio nel vaso, t = 4 s, piano XZ. . . 121

4.51 Sforzo di taglio, t = 1 s, piano XY. . . 121

4.52 Profilo di velocità, t = 1 s, piano XY. . . 121

4.53 Sforzo di taglio, t = 3 s, piano XY. . . 122

4.54 Profilo di velocità, t = 3 s, piano XY. . . 122

4.55 Sforzo di taglio, t = 4 s, piano XY. . . 122

4.56 Profilo di velocità, t = 4 s, piano XY. . . 123

4.57 Profilo di velocità, t = 1 s, piano XY. . . 124

4.58 Sforzo di taglio, t = 1 s, piano XY. . . 124

4.59 Profilo di velocità, t = 1.65 s, piano XY. . . 124

4.60 Sforzo di taglio, t = 1.65 s, piano XY. . . 125

5.1 Errore al variare del numero degli elementi della mesh. . . 127

(26)

Elenco delle tabelle

1 Proprietà meccaniche dei materiali utilizzati. . . v

2 Proprietà meccaniche dei materiali utilizzati. . . vii

3 Mechanical properties of materials used in the study. . . xii

4 Mechanical properties of materials used. . . xiv

3.1 Dimensioni del condotto. . . 42

3.2 Dimensioni dei lembi valvolari. . . 42

3.3 Proprietà meccaniche del vaso. . . 43

3.4 Proprietà meccaniche del liquido linfatico. . . 43

3.5 Proprietà meccaniche dei lembi valvolari. . . 43

3.6 Caratteristiche dello studio. . . 57

3.7 Dimensioni del condotto. . . 59

3.8 Proprietà meccaniche del vaso. . . 64

3.9 Proprietà meccaniche del liquido linfatico. . . 64

3.10 Proprietà meccaniche dei lembi valvolari. . . 64

3.11 Caratteristiche dello studio. . . 73

3.12 Condizioni iniziali. . . 80

3.13 Condizioni iniziali al contorno. . . 80

4.1 Sensitività della mesh al variare del numero di elementi. . . 89

4.2 Qualità della mesh al variare della soglia del criterio di distorsione. 90

4.3 Confronto valori medi approssimati per pressioni costanti in Pa. . 92

4.4 Valori di pressione. . . 92

4.5 Valori di pressione. . . 94

4.6 Confronto valori medi approssimati per pressioni costanti in mmHg. 95

(27)

ELENCO DELLE TABELLE xxvii

4.7 Valori di pressione. . . 95

4.8 Confronto valori medi approssimati per pressioni costanti in mmHg. 95

4.9 Confronto valori medi approssimati per PingessoVARIABILE. . . . 99

4.10 Confronto valori medi approssimati per PesternaVARIABILE in Pa. 101

4.11 Confronto valori medi approssimati per PesternaVARIABILE. . . . 105

4.12 Confronto valori medi approssimati per pressioni costanti in mmHg.106

4.13 Valori di carico esterno. . . 107

4.14 Confronto valori medi approssimati per PingessoVARIABILE. . . . 111

4.15 Valori di pressione. . . 113

4.16 Confronto valori medi approssimati per PesternaVARIABILE. . . . 117

4.17 Confronto valori medi approssimati per PesternaVARIABILE. . . . 117

(28)

Capitolo 1

Introduzione

Il sistema linfatico è una rete di vasi che scorre, parallelamente alla circo-lazione ematica, in tutto il corpo. Le principali funzioni che esso svolge sono il drenaggio dei liquidi e l’attivazione del sistema immunitario, qualora fosse necessario; è composto da una rete di vasi ad una via che ha origine nei tessuti interstiziali, a livello dei capillari arteriosi, e scorre attraverso ogni distretto del corpo per poi riversarsi nella circolazione sanguigna a livello delle vene cave superiori.

I primi studi riguardo questo sistema risalgono ai tempi di Ippocrate e Aristotele, anche tra gli scritti della scuola di medicina di Alessandria, risalenti al 300 a.C., sono stati ritrovati testi in cui era descritta la circolazione di un liquido lattiginoso che, si suppone, potrebbe essere identificato proprio con la linfa.

Il primo scienziato a confermare questa teoria fu Gasparo Aselli, professore di anatomia e chirurgia a Milano e a Parigi, nella prima metà del 17thsecolo. Nel corso dei secoli successivi vennero condotti altri studi ma il ruolo e l’impor-tanza del sistema linfatico rimasero sempre in secondo piano rispetto agli studi riguardanti la circolazione ematica[33].

Il ruolo principale è il mantenimento dell’omeostasi dei liquidi dell’intero organi-smo e il trasporto di cellule del sistema immunitario. In assenza di una pompa centrale, come il cuore per il sistema circolatorio, è fondamentale studiare con quale meccanismo il liquido è raccolto nei capillari linfatici dal tessuto intersti-ziale e successivamente spinto all’interno dei vasi.

(29)

1.1. Anatomia 2

Un’altra importante funzione di questo sistema è la produzione di linfociti a livello dei linfonodi: essi svolgono un’azione fondamentale per combattere gli agenti patogeni esterni.

Recentemente si sono aperti nuovi interessanti campi di ricerca riguardo al ruolo che la circolazione linfatica ricopre nello sviluppo dei tumori e nel trasporto delle metastasi. Da esami istologici è stato riscontrato che alcuni tipi di tumori hanno la tendenza a instaurarsi nelle vicinanze di linfonodi, e si è potuto anche osservare che la genesi di nuovi vasi, sia ematici che linfatici, può essere stimolata proprio dalla presenza dei linfonodi . Per questo motivo è importante capire i meccanismi di regolazione di questo sistema, per capire in che modo sono legati questi due fenomeni.

1.1

Anatomia

Il sistema linfatico è composto da una serie di canali che si diramano in tutto il corpo. In alcune zone specifiche sono raggruppati i linfonodi che hanno princi-palmente la funzione di filtro del liquido linfatico; inoltre fanno parte di questo complesso sistema, ancora in parte sconosciuto, anche alcune ghiandole come le tonsille, il timo e la milza.

La circolazione è asimmetrica: i linfatici provenienti dalla parte destra, dal cuore, dal diaframma, dal polmone, dall’arto e dal capo confluiscono nel dotto linfatico destro e successivamente nella giunzione giugulo-succlavia destra, mentre i vasi provenienti da tutto il resto del corpo riversano nel dotto toracico e in seguito nella vena succlavia sinistra.

1.1.1

Gli organi del sistema linfatico

Oltre che dalla rete di vasi linfatici questo sistema è composto anche da una serie di ghiandole, principalmente deputate alla funzione immunitaria, che sono: timo, milza, tonsille, midollo osseo e linfonodi.

(30)

1.1. Anatomia 3

Figura 1.1:Gli organi del sistema linfatico [2].

• timo: situato alla base del collo sotto lo sterno, ha un ruolo importante della differenziazione dei linfociti. Svolge le sue funzioni già prima della nascita dell’individuo ed è attivo fino ad età puberale e si atrofizza in adulta. • milza: organo di natura ghiandolare situato tra il colon discendente e il

rene sinistro, al di sotto dello stomaco e del diaframma. Ha il compito di secernere leucociti non granulari.

• tonsille: palatine, faringee e linguali fungono da prima difesa contro gli agenti esterni che possono attaccare il cavo orale.

• midollo osseo: svolge un importante ruolo nella produzione di globuli bianchi.

(31)

1.1. Anatomia 4

• I linfonodi: situati in tutto il corpo, svolgono la funzione di filtro; la loro funzione sarà approfondita nella sezione seguente.

1.1.2

La circolazione linfatica

La circolazione linfatica ha origine dal tessuto interstiziale, dove a livello dello scambio tra capillari arteriosi e venosi si creano a fondo cieco una serie di piccoli vasi allo scopo di drenare il liquido interstiziale. Questi piccoli vasi sono detti vasi linfatici iniziali o capillari linfatici hanno un diametro compreso tra 10 e 60 µm e uno spessore della parete di circa 50 o 100 nm.

Figura 1.2:Schema dello scambio di liquidi nel tessuto interstiziale [2].

Tramite osservazioni con il microscopio elettronico si è potuto osservare che i capillari linfatici non sono dotati una lamina basale continua bensì la loro parete è formata da cellule di tessuto endoteliale, si è scoperto inoltre che sono collegati alle pareti dei tessuti che li circondano tramite dei filamenti di ancoraggio, che evitano il collasso completo del vaso. Come vedremo in seguito, proprio questo legame crea una continuità con la matrice extracellulare che caratterizza il com-portamento meccanico dei vasi dell’intera circlazione linfatica [15].

I linfatici precollettori sono i vasi che collegano i capillari ai condotti linfatici; hanno una struttura intermedia: è presente una lamina basale discontinua ma anche un sottile e discontinuo strato muscolare. Sono inoltre presenti delle

(32)

val-1.1. Anatomia 5

vole dette valvole primarie, disposte in maniera apparentemente irregolare nel circolo linfatico, il cui scopo principale è di evitare il retroflusso o la fuoriuscita di liquido linfatico in caso di collasso eccessivo del vaso.

I linfatici precollettori hanno il compito di raccogliere le sostanze dallo spazio interstiziale e spingerle verso i collettori linfatici, riversandole in vasi più grandi detti collettori linfatici, essi hanno una parete più spessa e continua con uno strato di tessuto muscolare e la presenza di valvole secondarie: valvole a coda di rondine che evitano il retroflusso del liquido. La zona tra due valvole è detta linfangione.

La parete di questi vasi ha una struttura molto simile a quella dei vasi arteriosi, infatti anch’essa viene divisa dall’interno verso l’esterno in tonaca intima, media e avventizia. I vasi collettori possono avere un diametro variabile tra 0.2 e 2 mm, le dimensioni sono influenzate dal luogo in cui si trova il vaso e delle forze utilizzate per la propulsione del liquido. In recenti studi si è visto che la struttura dei vasi linfatici è più simile a quella dei vasi venosi che non a quella dei vasi arteriosi, poiché le arterie sottoposte a pressioni più elevate rispetto al circolo linfatico, sono dotate di una parete più spessa e più elastica. La combinazione dei tessuti nella parete dei vasi linfatici è molto particolare, in quanto sono presenti sia uno strato di cellule muscolari lisce che scheletriche: questo è dovuto anche alla singolarità della funzione dei vasi, che in assenza di un organo pulsatile centrale devono anche svolgere la funzione di pompaggio del liquido al suo interno.

I linfonodi sono gli unici che hanno un ruolo nella funzione di trasporto di li-quidi del sistema linfatico. Più che ghiandole, sono bacini di raccolta posizionati periodicamente lungo il circolo del liquido linfatico, che lo filtrano e si occu-pano del suo trasporto. Sono circa 450 in tutto il corpo, e ciascuno è costituito da una serie di unità funzionali dette lobuli. In generale hanno una struttura molto complessa, in quanto al loro interno si interfacciano la circolazione venosa, arteriosa e linfatica. Sono anche incubatori per i linfociti B e T, liberati in maggior quantità in caso di infiammazione. I linfonodi sono costituiti da una capsula di tessuto connettivo fibroso, generalmente in collagene di tipo III, che forma un

(33)

1.2. Fisiologia del sistema linfatico 6

fitto reticolato, attraverso il quale passano i vasi linfatici afferenti. Questi ultimi entrano nel linfonodo perpendicolarmente al seno sottocapsulare, che funge da vero e proprio filtro essendo formato da filamenti capsulari molto sottili, ricoperti da macrofagi e cellule reticolari dendritiche. Dal seno sottocapsulare la linfa passa per altre intricate cavità, dette seni trabecolari corticali, e seni midollari fino a confluire in bacini di raccolta sempre più ampi fino all’ilo dove la linfa può essere spinta verso i linfatici efferenti. Nei linfonodi è presente un’interfaccia tra circolazione venosa, arteriosa e linfatica: le arteriole entrano dall’ilo e si ramifica-no per raggiungere tutte le diverse cavità in cui scorre la linfa; mentre le venule scorrono in senso opposto e sono formate da un tessuto endoteliale differente, caratterizzato da cellule cuboidali specializzate in transcitosi che favoriscono il passaggio dei linfociti e macrofagi da una circolo all’altro.

1.2

Fisiologia del sistema linfatico

Il liquido linfatico si forma a livello dei vasi linfatici iniziali. Le sostanze entrano nei vasi, spinte dalla differenza di pressione osmotica, attraverso le inva-ginazioni della parete. É stato dimostrato, in diversi studi su animali di piccola taglia, come topi e conigli, che a questo livello non è presente una muscolatura nella parete del vaso e il liquido è spinto dalle contrazioni dei tessuti circostanti e dalla pressione osmotica [18] [25].

Il liquido interstiziale è composto da sostanze di scarto, antigeni e citochine provenienti dal flusso ematico che possono essere trasportati all’interno da mec-canismi attivi o passivi. La circolazione linfatica si trova in tutti i tessuti ad eccezione di quelli non vascolarizzati, la composizione del liquido varia in base al tessuto che circonda il vaso: questa varietà di condizioni al contorno influenza il comportamento meccanico e fisiologico del sistema linfatico.

Recenti studi hanno confermato che il trasporto attraverso la parete dei vasi linfatici è regolato da tre meccanismi: trasporto per formazione di vescicole, tra-sposto per gradiente di pressione osmotica e trasporto per gradiente di pressione idrostatica. Quest’ultimo meccanismo sarebbe anch’esso influanzato dal tessuto

(34)

1.3. Patologie 7

in cui si trivano i vasi: si è infatti scoperto che i vasi linfatici dell’intestino hanno un importante ruolo nel trasporto delle sostanze nutritive.[35]

Anche la pressione transmurale che agisce sul vaso può influire sul passaggio di sostanze. Nei vasi linfatici iniziali sono presenti dei filamenti di ancoraggio e delle valvole che evitano lo schiacciamento e la eventuale fuoriuscita di liquido dal vaso: anche un piccolo squilibrio nel compensare il flusso di sostanze riversa-te nell’inriversa-terstizio e quello di recupero dei vasi linfatici potrebbero causare gravi danni e provocare un edema.

Nei vasi linfatici collettori invece la propulsione è agevolata dalle continue contra-zioni dei linfangioni, oltre al connubio con il tessuto circostante i vasi, la citologia della parete favorisce una spinta del liquido contro il gradiente di pressione. Sono stati condotti molti studi che dimostrano la capacità contrattile di questi vasi anche isolati dal tessuto [8].

1.3

Patologie

1.3.1

Tumori e metastasi

Il sistema linfatico ha un ruolo importante nella diffusione di tumori legati alla degenerazione del tessuto endoteliale come ad esempio quelli del colon, polmonari, del seno e della prostata. La ricerca ha già evidenziato, anche se il processo in sé è complesso e ancora non del tutto chiaro, che alcune forme tumorali sviluppano metastasi trasportate dal flusso ematico e altre dal sistema linfatico. L’importanza dunque dello studio della fluido dinamica del sistema linfatico è accresciuta dall’idea di veicolare i farmaci all’interno di esso per agire contro queste forme tumorali [33]. A supporto dell’idea di sfruttare il sistema linfatico per il trasporto di sostanze troviamo varie ragioni: le velocità inferiori del flusso linfatico rispetto a quello ematico (100-500 volte inferiori), ma anche il maggior diametro generale dei vasi linfatici e il fatto che i linfonodi siano da un lato incubatori di cellule e dall’altro sede di un’interfaccia con il circuito ematico. In generale si ha a che fare con siti più difficili da individuare ma che garantiscono una maggiore efficienza nella diffusione e nel trasporto di sostanze.

(35)

1.3. Patologie 8

1.3.2

Edema e linfedema

Il sistema linfatico come visto ha un ruolo indispensabile nel funzionamento dell’intero organismo, tuttavia ci si accorge della sua importanza solamente nel momento in cui viene a mancare. Due importanti situazioni patologiche sono rappresentate in questo da edemi e linfedemi. L’edema è un accumulo di liquido dovuto a un danno del tessuto che può essere causato da un trauma, un inter-vento chirurgico o può anche essere di natura congenita. La causa principale dell’edema è la perdita di tono della parete dovuta alla riduzione delle proprietà meccaniche o dei legami con i tessuti che, perciò impedisce il flusso e la forma-zione di liquido linfatico. Si può verificare un edema tipicamente, in seguito a una variazione di pressione osmotica o ad un aumento di microcircolazione locale, oppure ancora in seguito alla rimozione chirurgica di uno o più linfonodi: quando si rimuovono masse tumorali è necessario rimuovere anche linfonodi o vasi linfatici in cui possono essersi annidate cellule tumorali; tuttavia venendo a mancare l’azione di drenaggio locale propria dei linfonodi, in tali regioni si assisterà ad un accumulo di fluidi, un edema, che influenzerà il funzionamento dell’intero organismo e la vita del soggetto stesso.

Il linfedema é un particolare tipo di edema la cui caratteristica principale è un’e-levata concentrazione proteica nell’interstizio. In base al tipo di sintomatologia riscontrata è possibile distinguere due tipologie:

• linfedema primario può presentarsi in età infantile e porta ad alterazioni strutturali del sistema linfatico complessivo;

• linfedema secondario si presenta in seguito a traumi di diverso genere come ad esempio l’asportazione di linfonodi, radioterapia o parassitosi. Purtroppo per i linfedemi non esistono ancora terapie sufficientemente ef-ficaci e mirate, perciò per il momento la terapia consiste in massaggi, bendag-gi, pressoterapia e, nei casi più gravi, nell’asportazione chirurgica del tessuto interessato.

(36)

Capitolo 2

Stato dell’Arte

2.1

Fondamenti teorici

Come già accennato nel capitolo precedente, le proprietà meccaniche del sistema linfatico dipendono sia dai vasi, quindi dal livello di circolazione preso in considerazione, che dal tessuto circostante. I vasi sono legati al tessuto intersti-ziale a formare un continuo che ha comportamento meccanico complesso.

Possiamo prendere in considerazione due fenomeni che costituiscono le

azio-Figura 2.1:Flussi di liquidi all’interno del vaso [12].

ni principali del sistema: le forze locali che spingono il fluido all’interno dei capillari, queste sono dovute alla pressione del fluido nello spazio interstiziale e alla deformazione della matrice extracellulare, e le forze che governano la propulsione del liquido dovute, sia alle caratteristiche del tessuto circostante

(37)

2.1. Fondamenti teorici 10

per esempio pressione del sangue, i movimenti dovuti alla respirazione o la contrazione muscolare, che ai movimenti intrinseci della parete del vaso stesso.

2.1.1

Composizione della matrice extracellulare

Le proprietà meccaniche della matrice extracellulare sono fondamentali per il corretto funzionamento del sistema linfatico: fondamentali in questo senso sono elasticità, rigidezza e grado di idratazione. La matrice extracellulare (ECM) è composta principalmente da collagene e glicosamminoglicani (GAGs).

Esistono diverse tipologie di collagene nel corpo, il collagene di tipo I è presente in ossa, tendini e cute, mentre di collagene di tipo II sono più ricchi le cartila-gini, l’umor vitreo dell’occhio, le membrane e i padiglioni auricolari. L’unità fondamentale è il tropocollagene, formato dall’avvolgimento di tre catene alpha a formare una tripla elica destrorsa. Esistono diversi tipi di catene alpha e in base all’appaiamento delle eliche si formano i diversi tipi di collagene sopra citati. Nel nostro corpo è presente il collagene in grado di formare delle fibrille, triple eliche stabili in grado di autoassemblarsi; si ritiene che in base alla struttura secondaria e terziaria in cui si organizza la molecola si formino diversi siti attivi in cui possono instaurarsi legami con diverse molecole presenti in ambiente fisiologico.

I GAG sono dei carboidrati costituiti dalla ripetizione di un numero variabile di unità disaccaridiche, possono portare a modifiche di natura chimica come la for-mazione di gruppi carichi negativamente sulla catena; le catene che si combinano con le proteine a formare i proteoglicani, generalmente con carica negativa hanno il compito di mantenere in equilibrio la concetrazione di sostanze nel tessuto con i legami che instaurano con altre molecole. La loro mancanza porta a perdita di elasticità del tessuto e nel caso del tessuto cartilagneo potreppero provocare un linfedema [33]. I proteoglicani PG, sono strutture proteiche che supportano i glicosamminoglicani.

Un altro importante componente del tessuto interstiziale è l’elastina, struttura proteica formata da particolari sequenze amminoacidi ricche di glicina che ha il compito di conferire elasticità al tessuto in cui è presente. La glicina è un

(38)

2.1. Fondamenti teorici 11

amminoacido con minimo ingombro sterico è possibile che si formino diverse configurazioni energeticamente equivalenti.

2.1.2

Attività dei vasi linfatici

In base al livello di circolazione considerato, i vasi linfatici hanno conforma-zioni differenti anche per quanto riguarda le valvole all’interno: i linfatici iniziali e terminali hanno valvole che permettono entrata di sostanze ma ne impediscono la fuoriuscita in caso di schiacciamento eccessivo del vaso, mentre i collettori hanno unità contrattili ripetitive che si contraggono in sequenza suddivise in linfangioni dalle valvole. La contrazione dei vasi non è prevedibile dipende dal tessuto da cui è circondato e dagli stimoli a cui sono sottoposti, è distribuita lungo tutto il vaso in cui si susseguono le contrazioni delle singole linfagioni; questo è agevolato dal rapido comunicare attraverso le gap junctions del tessuto della parete del vaso e dalla presenza di cellule pacemaker.[3]

Queste caratteristiche lo rendono per certi versi molto simile al tessuto cardiaco in cui le contrazioni sono attivate da un flusso di ioni calcio che penetrano nella membrana delle cellule muscolari provocando una depolarizzazione e quindi la contrazione; è stato osservato un flusso di ioni calcio, Ca++, anche nei vasi linfatici collettori durante la contrazione collegato ad un flusso di anioni che funge da pacemaker.

Da recenti studi sull’attività del tessuto muscolare liscio è stato individuato anche un legame tra la deformazione e il flusso di ioni. Se il tessuto è deformato i canali si aprono e gli ioni passano più agevolmente, studi sperimentali hanno rilevato una similitudine tra vasi linfatici , vene e arteriole nella sensibilità allo ione calcio. La frequenza di contrazione è influenzata dal flusso, se è alto, il ritmo diminuisce; durante la contrazione aumenta la resistenza del vaso e quindi anche lo sforzo di taglio che sentono le pareti: la risposta è quella di diminuire sia la contrazione sia la frequenza in modo da riportare la resistenza entro valori fisiologici accetta-bili dal sistema. Questo è un particolare meccanismo a feedback negativo che autoregola la pompa intrinseca del sistema linfatico.

(39)

2.1. Fondamenti teorici 12

sono stati isolati, alla presenza in esso di muscoli, arterie, e al tenore di pressione sanguigna e gravitazionale al suo interno. Un interessante esempio è quello dei vasi mesenterici: essi continuano a pulsare anche in presenza di alto shear rate e viscosità elevate, in quanto devono assorbire le sostanze nutritive derivanti dalla digestione dei cibi ingeriti e trasportarle nel flusso ematico. Si è notato anche che in questa parte di circolazione il liquido linfatico è più denso e appare lattiginoso, a causa della presenza di lipidi in generale delle sostanze che sono estratte dai cibi.

É stato rilevato anche un meccanismo di regolazione atto a facilitare l’azione delle cellule immunitarie per far fronte ad un’infiammazione o una reazione immunitaria. All’aumento dello sforzo di taglio a cui sono sottoposte le cellule endoteliali della parete del vaso, provocato da un aumento del flusso di liquido linfatico a valle, segue una diminuzione della permeabilità della parete del vaso in modo da ridurre lo shear rate, mentre ad un aumento del flusso transmurale è stato riscontrato l’effetto opposto: la permeabilità della parete aumenta allo scopo di facilitare l’ingresso di cellule immunitarie nel circolo linfatico. [26] Proprio in studi riguardanti il sistema linfatico nel circolo mesenterico o nel der-ma è stato notato un interessante meccanismo di autoregolazione: all’aumentare del flusso le cellule della parete del vaso producono una grande quantità di ossido nitrico (NO), una sostanza che a contatto con le cellule muscolari lisce le inibisce. Sia nel circolo del mesenterico che dermico i vasi linfatici possono trasportare una grande quantità di fluido, perciò é necessaria l’esistenza di un qualche meccanismo che impedisca la formazione di un flusso eccessivo tale da poter recare danni al circolo linfatico stesso. Nella parete dei vasi sono situate delle particolari proteine che se stimolate da un eccessivo stiramento superficiale reagiscono producendo NO, che inibisce l’azione pompante della muscolatura liscia del vaso e porta quindi ad un abbassamento del flusso [4].

2.1.3

Proprietà meccaniche della parete e del fluido

Le proprietà meccaniche dell’interstizio hanno grandi ripercussioni sulle normali funzioni del sistema linfatico e assumono importanza ancora maggiore

(40)

2.1. Fondamenti teorici 13

in situazioni patologiche.

Parametri strutturali

Lo sforzo meccanico, ,σ, è rappresentato dalla normalizzazione della forza sull’unità di superficie su cui esse agisce. Nell’interstizio sono presenti, in par-ticolare, due tipi di sforzi, uno solido e uno fluido, dovuti sia al gradiente di pressione che al flusso di liquido provocato da quest’ultimo. Il contatto di un liquido in movimento sulle pareti del condotto produce anche uno sforzo di taglio, τ, e uno shear rate ˙γ.

σ = Forza

Area

In aggiunta, possono esserci degli sforzi intrinseci dovuti alla crescita e al rimodellamento del tessuto stesso.

La deformazione meccanica ε è dovuta invece dalla variazione provocata dallo stress applicato al tessuto. In questo caso la struttura è organizzata in modo complesso e grazie alle integrine lo sforzo viene trasmesso alle singole cellule. Se sottoposte ad un determinato tipo di stress per uno specifico periodo di tempo le cellule possono modificare la loro fisiologia, per esempio cambiando orientazione e proprietà meccaniche per assecondare o interagire meglio con gli sforzi a cui sono sottoposte. Questo concetto sta alla base dei processi di ingegneria tissutale che cercano di riprodurre in vitro tessuti fisiologici; in questo caso specifico si può notare una disposizione delle fibre muscolari esterne in direzione circonferenziale, mentre per l’endotelio interno le cellule sono disposte in direzione longitudinale in modo tale da ridurre al minimo lo sforzo di taglio alla parete e non danneggiare il vaso stesso.

Il modello più semplice per descrivere il comportamento di un materiale elastico sottoposto ad una forza è il modello di Hooke: un solido é perfettamente ela-stico se, sottoposto ad una forza costante, subisce una deformazione istantanea proporzionale alla forza stessa.

(41)

2.1. Fondamenti teorici 14

dove: σ è lo sforzo calcolato come il rapporto tra la forza applicata e l’area, E è il modulo elastico del materiale considerato, ε è la deformazione calcolata come il rapporto tra allungamento e la lunghezza iniziale del materiale.

La stiffness matrix descrive le proprietà meccaniche del materiale sottoposto a uno sforzo in diverse direzioni, per un materiale lineare elastico è semplice-mente espressione del modulo elastico E mentre, per altri tipi di materiali, l’E è calcolabile solo per uno stretto range di sforzi e deformazioni.

Più usata in ambito biologico è la compliance, C, più facile da ottenere spe-rimentalmente ed è inversamente proporzionale al modulo elastico. Essa in sostanza è la misura di quanto il tessuto ceda se sottoposto ad una determinata pressione, ed è generalmente esprimibile come la variazione di volume rispetto alla variazione di pressione:

C= ∆Vintersiziale

∆Pf luido

In particolare per quanto riguarda il calcolo della Compliance in un condotto a geometria semplice in cui agisce una pressione interna ad esso (figura:2.2) è nota la seguente trattazione meccanica:

σ·h=r·dP

dove h è lo spessore del vaso, σ lo sforzo circonferenziale, r il raggio del vaso. La variazione di pressione dP può essere calcolata come:

dP= σ·h r = εc·E·h r = E·h r dr r = E·h r2 dr

dove εc è la deformazione in direzione circonferenziale e può essere scritto

come: εc = dr

r .

Invece la variazione di volume dV è data da:

dV =2πrLdr

Combinando le equazioni sopra citate si può scrivere l’equazione della complian-ce per un condotto cilindrico a parete sottile:

(42)

2.1. Fondamenti teorici 15

Figura 2.2:Schema esemplificativo di un vaso a parete sottile.

C= ·r

3·L

E·h

Supponendo che la lunghezza del condotto si mantenga costante, è possibile approssimare la variazione di volume alla variazione di diametro:

C∼= ∆D

D /∆P

Da cui è possibile ricavare la variazione di pressione nel seguente modo:

∆P = ∆D D · E·h 2πL | {z } costante ·1 r3

Proprietà del liquido

Nel caso di un flusso di liquido che attraversa un condotto sono interessanti da studiare anche il valore dello sforzo di taglio, τ e dello shear rate, ˙γ.

• Lo sforzo di taglio è la componente di sforzo che si sviluppa parallela alla parete;

(43)

2.1. Fondamenti teorici 16

La viscosità è la proprietà di un fluido di opporre una forza resistente allo scorrimento di un suo filetto su un altro. La formula generale per ricavarne il valore può essere ottenuta considerando lo scorrimento di un fluido tra due lastre piane parallele di area A, una fissa e l’altra posta a distanza H alla quale viene applicata una forza F tale da mantenerla in moto con velocità costante v. Il fluido vicino alla lastra superiore esercita su di essa una resistenza viscosa che si oppone al moto, che si trasmette in direzione y da un filetto a quello ad esso adiacente. Il profilo dello sforzo di taglio varia linearmente da un valore massimo in corrispondenza della lastra superiore fino a un valore nullo su quella inferiore. In meccanica dei fluidi è possibile distinguere tra fluidi newtoniani e fluidi non newtoniani: un fluido è detto newtoniano se il coefficiente di viscosità è costante nel campo di moto, cioè non dipende dallo shear rate, per tali fluidi vale la legge di Newton:

τxy = −µ∂vx

∂y = −µ ˙γ

dove:τxy è lo sforzo di taglio esercitato dalla in movimento, vx è la velocità del

fluido in direzione x, ˙γ è lo shear rate.

Viceversa, un fluido é non newtoniano se la viscosità dipende in maniera non lineare dallo sforzo di taglio applicato. Generalmente il liquido linfatico può essere assunto newtoniano.

Legge di Poiseuille

Il passaggio di flusso laminare attraverso un condotto è governato dalla legge di Poiseuille, che esprime un legame lineare tra portata e gradiente di pressione:

∆P =R·Q

dove: ∆P è la differenza di pressione tra i capi del condotto, R è la resistenza del vaso, Q é la portata.

Esprimendo la dipendenza della resistenza dai parametri geometrici del vaso e del fluido presi in esame si ha:

∆P= 128µl πD4 ·Q

(44)

2.1. Fondamenti teorici 17

Questa formula è valida solo in caso di flusso laminare. Nei vasi nel corpo umano, in condizioni fisiologiche ,il flusso è sempre laminare anche per quanto riguarda il circolo ematico, poiché la presenza di turbolenze potrebbe causare danni alla parte corpuscolare del sangue. Nella circolazione linfatica, essendo le velocità più ridotte, è possibile assumere un flusso laminare.

Flusso attraverso un mezzo poroso

Altre importanti proprietà dei tessuti sono la conducibilità idraulica e la permeabilità. La prima rappresenta la resistenza al flusso di un certo liquido in un condotto,che per semplicità può essere descritto come il passaggio di liquido attraverso un mezzo poroso [33].

Un materiale poroelastico è caratterizzato, oltre che dalle proprietà dei suoi costituenti, anche dalla porosità e dalla permeabilità. Quest’ultima è un indice di quanto agevolmente il fluido possa fluire attraverso il materiale. Per descrivere questo tipo di fenomeno si utilizza un approccio multifase, ovvero si considerano sia le proprietà del mezzo poroso, che del liquido. Considerando uno stato di equilibrio tra le due fasi si può descrivere il fenomeno mediante la legge di Darcy:

vf luido−vsolido =k∇P

dove: v è il campo vettoriale delle velocità della relativa fase, k è la permeabi-lità,∇P è il gradiente di pressione che determina il movimento del fluido. Considerando il flusso in un unica direzione è possibile utilizzare la formula semplificata:

∆P

l =

µ

kν

dove: ∆P è la differenza di pressione applicata agli estremi, l è la lunghezza del tratto poroso, µ è la viscosità dinamica del liquido, k è la permeabilità, v è la velocità del fluido.

(45)

2.1. Fondamenti teorici 18 Tubi collassabili

Come già precedentemente accennato, è possibile sfruttare metodi di studio sviluppati per il sistema circolatorio anche per la circolazione linfatica. I vasi linfatici, per alcuni aspetti, sono assimilabili ai condotti venosi e quindi, se sotto-posti a carico eccessivo, è possibile che collassino. Da quanto detto finora, risulta chiaro e di notevole importanza il ruolo della pressione esterna sul comporta-mento meccanico del vaso. La portata all’interno del condotto sarà funzione non solo delle pressioni in ingresso e in uscita, ma anche della pressione esterna. Il collasso della parete del vaso si avrà quando la pressione esterna sarà maggiore di quella interna, ovvero quando la pressione transmurale risulterà negativa. Di seguito le varie casistiche:

• Il vaso risulta pervio lungo tutte le sue sezioni ∆Pin =Pin−Pext >0

∆Pout =Pout−Pext >0

• La parte terminale del vaso risulta collassata ∆Pin =Pin−Pext >0

∆Pout =Pout−Pext <0

• Il vaso risulta occluso lungo tutte le sue sezioni ∆Pin =Pin−Pext <0

∆Pout =Pout−Pext <0

La maggior criticità si riscontra nel secondo caso in quanto si instaura un fenomeno di instabilità: poiché la parte terminale del vaso risulta chiusa, la pres-sione a monte dell’occlupres-sione sale vertiginosamente divenendo maggiore della pressione esterna, il che comporta una riapertura della sezione precedentemente occlusa, quindi un ulteriore calo di Pout, fino a scendere al di sotto della pressione

(46)

2.2. Fondamenti sperimentali 19 Equazione di Navier e Stokes

Consideriamo il moto laminare, assialsimmetrico e stazionario di un fluido attraverso un tubo di sezione circolare costante e di raggio R. Data la geometria del problema, è conveniente utilizzare le coordinate cilindriche(r, ϑ, z). Assu-miamo che vr = vϑ =0, l’unica componente non nulla nel campo di velocità e

quella in direzione z, vz.

Nell’applicare la teoria di Navier e Stokes il fluido è stato assunto newtoniano e assimilabile ad un continuo deformabile e il vaso come materiale elastico i cui campi di sforzi e deformazioni sono descritti con la teoria di Saint Venant -Kirchhoff.

É necessario scrivere le condizioni si continuità in coordinate cilindriche: per quando detto finora e per le assunzioni geometriche del problema le derivate parziali del vettore velocità vznelle direzioni delle coordinate cilindriche sono

nulle. Questo significa che la velocità dipende solo dal raggio. Lungo r l’equazione risultante è la seguente:

ρ ∂vr ∂t +vr ∂vr + vϑ r ∂vr ∂ϑ − v2ϑ r +vz ∂vr ∂z ! = −∂P ∂r +ρgr+ +µ 1 r ∂r  r∂vr ∂r  − v 2 r r + 1 r2 2vr ∂ϑ2 − 2 r2 ∂vϑ ∂ϑ + 2vr ∂z2 

2.2

Fondamenti sperimentali

Il modello computazionale da noi sviluppato si basa principalmente su alcuni studi svolti nel Dipartimento di Scienze Morfologiche e Chirurgiche dell’Università degli Studi dell’Insubria di Varese. In questo ateneo già da diversi anni si svolgono ricerche riguardo alla fisiologia e al funzionamento del sistema linfatico: in particolare vengono analizzati i vasi presenti nella membrana diaframmatica il cui movimento e regolazione sono influenzati dalla meccanica ventilatoria. In questo tessuto si posso identificare due popolazioni di vasi morfologicamente e fisiologicamente diversi: vasi rettilinei che fungono da collegamento tra le varie

(47)

2.2. Fondamenti sperimentali 20

aree e i vasi con loop che hanno dimensioni e variabilità intrinseca inferiori, e si trovano solo in determinate aree (figura2.3).

Figura 2.3:Immagine di un loop linfatico nel diaframma murino [19].

Tutti gli esperimenti sono stati svolti utilizzando cavie animali, in particolare ratti, in accordo con le linee guida dell’Animal Care and Use Committee of the Ministry of University and Research. Le cavie sono state anestetizzate e tramite tracheotomia è stato possibile inserire le cannule e gli accessi per la ventilazione meccanica e il collegamento con lo pneumotacografo. Il tidal volume e la fre-quenza respiratoria sono stati imposti automaticamente dalla macchina per la ventilazione sulla base del peso corporeo dell’animale mentre lo pneumotacogra-fo è collegato ad un amplificatore che permettesse di registrare in modo continuo i parametri respiratori.

Per visualizzare i vasi linfatici diaframmatici si utilizza un’iniezione intraperi-toneale di destrani fluorescenti (FITC; molecular weight 70,000 Da, Sigma Co. St. Louis, MO) che permettono una migliore identificazione. Inoltre, durante l’esperimento, il diaframma viene bagnato con soluzione salina per mantenere l’idratazione. Tutte le fasi vengono rilevate tramite tecniche di imaging, e utiliz-zando uno stereomicroscopio, dall’analisi di queste ultime è possibile stimare lo spessore del vaso e la velocità del fluido [20]. Il flusso rilevato non presenta sostanziali differenze tra i vasi lineari e i loop, nonostante i valori di velocità siano molto dispersi l’andamento di questo parametro decresce in maniera

(48)

esponen-2.2. Fondamenti sperimentali 21

ziale all’aumentare del diametro. La cinetica dei loop, tuttavia, è molto diversa da quella dei vasi lineari: essa è infatti antioraria e la sua configurazione porta a pensare che siano presenti delle valvole secondarie che ne regolano il flusso; dalle seguenti considerazioni sembra che i loop fungano da riserva e successivamente riversino il liquido ai vasi rettilinei. Il liquido è raccolto durante l’espirazione, quando il tono del diaframma è inferiore, ed è poi spinto nei vasi lineari durante la fase d’inspirazione, quando le fibre muscolari si contraggono e favoriscono la spinta nel fluido.

I vasi linfatici del diaframma possono essere orientati in modo parallelo o per-pendicolare alle fibre muscolari e si riversano nei circoli. Le contrazioni della muscolatura liscia dei vasi sono quasi sempre assenti nei vasi lineari e nei loop di questa zona. Una caratteristica importante di questi vasi sono le interconnes-sioni con la membrana diaframmatica e con i tessuti muscolari circostanti, questi filamenti non solo prevengono il collasso del vaso ma trasmettono anche le con-trazioni muscolari ai vasi aiutando il movimento propulsivo del vaso influendo in modo significativo sulla pressione interna.

In uno studio successivo, effettuato dallo stesso gruppo di ricercatori precedente-mente citato, si valuta la variazione della geometria del vaso linfatico in base alle contrazioni esterne misurate nel tessuto vivo, facendo riferimento a vasi sia in direzione longitudinale che trasversale rispetto alle fibre muscolari [19].

Utilizzando la stessa procedura di preparazione dell’animale dell’esperimento precedente, si valuta la meccanica dei vasi; per semplicità non si analizzano i loop ma solo i tratti rettilinei. Per completezza è stato deciso di distinguere i vasi, oltre che sulla base dell’orientazione rispetto alla fibre muscolari, anche in base alla profondità in cui si posizionano:

• i vasi profondi decorrono sotto almeno uno strato di fibre muscolari; • i vasi superficiali decorrono sotto il mesotelio e quindi sopra le fibre

muscolari.

La lunghezza del vaso e la variazione di diametro sono state misurate a riposo, durante la contrazione massima ed al termine di essa; la contrazione

Figura

Figura 3.8: Pressione esterna.
Figura 3.26: Confronto valvola in 2D, in 3D e fisiologica [7].
Figura 3.27: Vincoli applicati al condotto GEOMETRIA 1.
Figura 3.34: Mesh del condotto.
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Riferimenti

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