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IL GRUPPO ENTE LOCALE NELL'EVOLUZIONE DELLA FINANZA PUBBLICA

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CAPITOLO I

FINANZA PUBBLICA E GLOBALIZZAZIONE

1. Potere pubblico e aziendalizzazione della pubblica amministrazione

La globalizzazione è un fenomeno di perdita di confini su larga scala che determina una crisi del potere pubblico a livello statale e locale. Il diritto statuale, pensato per svolgere la propria funzione in un campo confinato, non pare in grado di affrontare questo fenomeno: ne consegue una crisi del potere autoritativo tipico della pubblica amministrazione e più in generale del potere pubblico. La crisi del potere pubblico, a tutti i livelli quindi del suo prodotto: il diritto lascia un vuoto di potere colmato dal mercato dal suo potere di autoregolarsi, da best practies di tipo contrattuale. La caduta dei confini determina anche un fenomeno di shopping giuridico che porta ad una competizione degli ordinamenti1.

Lo Stato, il cui potere è ancorato ad un territorio ben definito, 1 Galgano, La Globalizzazione nello specchio del diritto, Bologna, Il Mulino, 2005,

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perde sovranità a favore del potere economico distaccato dal concetto di confine come evidente dalla nascita di imprese transnazionali. Lo Stato inoltre perde ulteriore sovranità, con la nascita di organismi internazionali, a livello globale e regionale, di cui è fautore, nel tentativo di colmare il gap di potere con il mondo economico, cercando, in quello che apparentemente può sembrare un controsenso, di recuperare sovranità.

In questo contesto, lo Stato-nazione deve riorganizzarsi per essere competitivo a tutti i livelli a partire dai metodi operativi della pubblica amministrazione.

In Italia sulla scia di una riforma che parte dagli anni '90, anche come provvedimento preparatorio all'adesione al Trattato di

Maastricht del 1992, si accentuano progressivamente i caratteri di

trasformazione dell'ente pubblico in azienda fino ad arrivare successivamente anche ad un'esternalizzazione di alcune funzioni.

Questa trasformazione, oltre alla situazione internazionale, è legata ad una molteplicità di fenomeni: la complessità delle società contemporanee, la volatilità della domanda di servizi pubblici, la

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scelta ideologica dell'Unione Europea di optare per una dottrina neo-liberista di stampo anglosassone che mira a riorganizzare lo Stato dando maggior spazio agli organismi di governo locali, più vicini ai cittadini, per garantire una maggiore efficacia ed efficienza dell'intervento pubblico, alla riduzione del deficit e debito pubblico, all'esigenza internazionale, sulla scia di quanto accaduto nel settore privato, di avere una maggiore trasparenza di bilancio in un'ottica economico-patrimoniale per migliorare la comparabilità di dati.

Il percorso di aziendalizzazione dell'Ente pubblico è quindi iniziato negli anni '90 sulla base di due leggi fondamentali, l. 142/1990 e 241/1990, seguendo una teoria di amministrazione pubblica locale che si propone di applicare principi organizzativi e di gestione tipici dell'azienda che portano anche l'azione amministrativa ad uniformarsi a principi di trasparenza, imparzialità e buon andamento in linea con l'approccio della teoria del New

Public Management2

2 Governance pubblica di stampo anglosassone che si pone l'obiettivo di perseguire

l'interesse pubblico tramite strumenti tipici dell'attività imprenditoriale: principio di economicità, efficacia, efficienza, valutazione delle performance, controllo dei risultati e separazione delle funzioni di indirizzo e controllo.

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In una dimensione amministrativa, la ratio di questi provvedimenti è da ricercare nell'esigenza di una maggiore autonomia amministrativa delle entità pubbliche. Invece la ratio fondamentale, in una dimensione economico-aziendale, è quella di economicità intesa come principio economico del minimo mezzo per cui si tende a ottimizzare il rapporto tra risorse e risultato: il continuo aumento della domanda di beni e servizi pubblici non va di pari passo con le risorse disponibili per tali scopi, per questo si manifesta la necessità di utilizzare le risorse disponibili nel modo più conveniente cercando di evitare gli sprechi. L'azione amministrativa non deve più limitarsi a garantire il rispetto della legge ma deve anche preoccuparsi di problematiche sostanziali legate agli effetti dell'azione amministrativa sulla gestione, sulle

performance di produttività, economicità, efficienza, efficacia, sulla

coerenza dei risultati ai bisogni della collettività. Passando da un modello burocratico della PA a un modello manageriale devono essere implementate funzioni di programmazione (che superano il

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modello della spesa incrementale), per fissare obiettivi che la PA deve raggiungere, e di controllo, creando così un sistema informativo utile ai portatori d'interesse.

Al controllo di mera legittimità si aggiunge un controllo sostanziale: di gestione, nello step successivo alla programmazione, che verifica la coerenza tra obiettivi consuntivi e obiettivi programmati, ad esempio tramite una contabilità analitica dei costi, un controllo strategico che permette aggiustamenti dell'attività amministrativa in corso d'opera per raggiungere gli obiettivi programmati e un controllo delle performance. Questa mutazione di esigenze influisce anche sul sistema informativo portando ad un'omogenizzazione della contabilità e del bilancio nel settore pubblico.

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2. L'adeguamento dell'ordinamento nazionale al diritto dell'Unione Europea

Con l'adesione al Trattato di Maastricht del 1992, l'Italia si vincola al rispetto del principio di sana gestione finanziaria, ovvero l'obbligo di mantenere finanze pubbliche sane. Questo obiettivo l'Unione Europea, intende raggiungerlo fissando dei parametri che gli Stati membri dovrebbero rispettare, ovvero il rapporto deficit/ PIL del 3% e il rapporto debito pubblico/PIL del 60%, anche se inizialmente l'Italia fu esentata dal rispetto di quest'ultimo.

Il rispetto di questi parametri venne rafforzato nel 1997 con il Patto di stabilità e crescita europeo (PSC) che però sin da subito si mostrò inadeguato a stimolare la riduzione in particolare del debito pubblico e la crescita degli Stati membri con maggiori criticità come l'Italia. Nacque quindi l'esigenza di avere un controllo sul rispetto di tali vincoli che non fosse solo ex post com'era stato fino a quel momento. Le criticità dei conti pubblici vengono accentuate dalla crisi mondiale e dal continuo declassamento di credito subito degli Stati membri. Per cercare di arginare la situazione e

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migliorare la governance europea, sulla scia del Patto Europlus3 e del Six pack4, 25 dei 27 Stati membri siglarono il Trattato sulla

stabilità, il coordinamento e la governance nell'Unione Economica e Monetaria, nel 2012, conosciuto anche con il nome di “Fiscal

Compact”. L'impostazione del Fiscal Compact è sintomo di un

percorso evolutivo e di ridefinizione del Patto di stabilità e crescita, passando da un approccio meramente numerico ed egualitario per gli Stati membri ad un'impostazione più penetrante, stringente sulle politiche di bilancio e alla situazione economico finanziaria del singolo Stato membro garantendo un minimo di differenziazione nel percorso di riequilibrio dei conti pubblici. Facendo salvo le altre 3 Accordo non giuridicamente vincolante adottato dai Capi di Stato dell'area euro nel marzo 2011 con il quale si assunsero l'obbligo di recepire nel diritto interno le regole del Patto di stabilità e crescita.

4 È un pacchetto di iniziative legislative, il cui contenuto verrà riconfermato in gran parte nel

Fiscal Compact, composto da 5 regolamenti e una direttiva (la 2011/85 sui quadri di

bilancio) che è entrato in vigore nel dicembre del 2011. In particolare viene sostanzialmente aumentato il controllo su debito e deficit pubblico da parte della Commissione (in parte bilanciato dalla regola del voto inverso con maggioranza qualificata da parte del Consiglio) favorita nell'attività di monitoraggio anche dal vaglio di una serie di indicatori (es. costo del lavoro, prezzi delle case, competitività,...). In caso di scostamento di uno Stato membro dal saldo obiettivo per un periodo di tempo ritenuto eccessivo e non giustificato, il Consiglio su proposta della Commissione ha la possibilità di applicare sanzioni di solito pari allo 0,2 del PIL che divengono definitive (quindi vere e proprie multe) se lo Stato non si adegua alle raccomandazioni fornite dalle Istituzioni europee e non predispone piani di rientro con tempi certi anch'essi sottoposti a monitoraggio. Romagnoli, Legge di stabilità e politica economica in Italia, Milano, FrancoAngeli, 2013, p. 68-74.

Gian Luigi Tostato, L'impatto della crisi sulle istituzioni dell'Unione, www.astrid-online.it, 2012, p. 1-7.

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disposizioni del diritto europeo e quindi anche i parametri di

Maastricht, l'art. 3 del Fiscal Compact prevede misure più

restrittive di bilancio, il “Fiscal Pact”5.

Alla lettera a) del suddetto articolo si prevede l'obbligo di garantire l'equilibrio finanziario, quindi una situazione di pareggio o di avanzo del bilancio della pubblica amministrazione, specificando alla lettera b) che tale principio si intende rispettato se “il saldo strutturale annuo della pubblica amministrazione è pari all'obiettivo di medio termine specifico per il Paese, quale definito nel Patto di stabilità e crescita rivisito, con il limite inferiore di un disavanzo strutturale6 dello 0,5% del prodotto interno lordo ai prezzi di mercato”.

La lettera c) dà la possibilità agli stati membri, in circostanze eccezionali7, di discostarsi temporaneamente dal percorso di riequilibrio pur non compromettendo la sostenibilità del bilancio a

5 Morgante, Note al Fiscal Compact, www.federalismi.it, 2012, pag. 1-19.

6 Per disavanzo strutturale deve intendersi un saldo annuo negativo corretto in base all'andamento del ciclo economico al netto di misure una tantum.

7 Per circostanze eccezionali si intendono eventi al di fuori del controllo dello Stato membro che abbiano effetti sulla sua situazione finanziaria, ad es. periodi di grave recessione economica.

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medio termine.

Per gli Stati virtuosi è prevista la possibilità di passare dallo 0,5% al 1% del PIL come limite al disavanzo annuo nel caso in cui il rapporto debito pubblico/PIL sia notevolmente inferiore al 60% e non ci siano rischi rilevanti sulla sostenibilità nel lungo termine delle finanze pubbliche. La lettera e) prevede meccanismi correttivi automatici da applicare agli Stati membri in caso di mancato rispetto dei parametri fissati, con l'obbligo di questi ultimi di attivarsi in tal senso.

Questi meccanismi di correzione devono però rispettare le prerogative dei parlamenti nazionali. L'art. 3 comma 2 del Fiscal

Compact prevede che le disposizioni del trattato dovranno essere

interpretate in conformità con il diritto europeo e recepite dagli Stati membri entro la fine del 2013 con disposizioni vincolanti, in particolare provvedimenti “rinforzati”, preferibilmente di natura costituzionale.

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l'equilibrio di bilancio8 rendendolo vincolante per i conti pubblici a partire dal 2014. Con questo provvedimento sono stati riformati gli articoli 81-97-117-119 della Costituzione rinviando a leggi ordinarie “rinforzate” per la disciplina attuativa.

Il nuovo articolo 81 della Costituzione al comma 1 recepisce il principio del “pareggio di bilancio”9 previsto all'interno del

Fiscal Compact, o meglio dell'equilibrio di bilancio, un equilibrio

finanziario, over the cycle, tra entrate e spese che tiene conto del ciclo economico: con questa formula non si intende un mero pareggio contabile delle poste perchè in quel caso nascerebbe una problematica legata alla spesa per interessi con la necessità di avere sempre un avanzo primario10 sufficiente a coprirla, annullando così il deficit e avviando, anche in situazioni di bassa crescita del sistema Paese una progressiva riduzione del rapporto debito pubblico/PIL anche al di sotto della soglia del 60%.

8 Il concetto di equilibrio di bilancio risulta più flessibile rispetto a quello di pareggio di bilancio infatti viene concesso un lieve disavanzo.

9 Morgante, La costituzionalizzazione del pareggio di bilancio, www.federalismi.it, 2012, pag. 1-37.

10 La differenza tra entrate e spese dello Stato (esclusi gli interessi) ci dà un risultato di disavanzo o avanzo primario a seconda delle entità in gioco. Le entrate, in questo caso, dovrebbero coprire tutte le spese compresi gli interessi.

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In realtà il nuovo comma 1 dell'art. 81 Cost. introduce il concetto più flessibile e dinamico di saldo strutturale11, un saldo congiunturale, sostenibile, di equilibrio tra le poste, legato alla situazione dei conti pubblici, alla crescita del Paese e che influisce sulla portata delle politiche fiscali nazionali degli Stati membri. In questo modo si cerca di raggiungere obiettivi fiscali e di bilancio più rigorosi che portino a risultati di avanzo di bilancio per ridurre il debito pubblico, procedura già “forzata” per Paesi come l'Italia che hanno un debito pubblico superiore al 60% in rapporto con il PIL: l'art. 4 del FSC, con la così detta regola del debito impone a questi di ridurre annualmente il debito pubblico di un ventesimo rispetto all'eccedenza della soglia limite consentita. Il comma 2 del nuovo art. 81 Cost. introduce come regola generale un divieto di indebitamento a livello statale superabile solo per esigenze over the

cycle12 “previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza

assoluta dei componenti, al verificarsi di eventi eccezionali”. Il 11 Saldo dei conti pubblici calcolato al netto degli effetti del ciclo economico e delle misure

temporanee.

12 Interpretazione minoritaria: solo per fasi avverse del ciclo economico. In realtà in questo modo in fasi espansive dell'economia lo Stato non potrebbe sfruttare l'eventuale avanzo per ridurre lo stock del debito.

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comma 3 dell'art. 81 Cost. va a sostituire il vecchio divieto di inserire nella legge di bilancio nuovi tributi o spese, inasprendo il principio di copertura finanziaria come corollario al principio cardine della sostenibilità dell'equilibrio di bilancio: l'introduzione di nuovi o maggiori oneri deve essere collegata a “certi mezzi per farvi fronte”.

Come evidenziato dal Dossier 551 del 4 Ottobre 2011 della Camera dei Deputati, la Consulta aveva già elaborato a suo tempo, ribadendolo più volte, un concetto di copertura finanziaria sganciato da una mera natura contabile13, ritenuto vincolante anche in assenza di una previsione ad hoc. In proposito a seguito dell'introduzione del bilancio pluriennale tale concetto si è sganciato dal principio di annualità del bilancio per abbracciare quello legato al “ciclo di vita” della spesa. Anche l'individuazione dell'entrata per far fronte alla spesa non è legata ad una precisa individuazione della stessa ma l'incremento di entrata va ricercato in una visione d'insieme del

13 equilibri tendenziali, una copertura credibile, sufficientemente sicura, non arbitraria o irrazionale. Corte Cost. sent. 106/2011, 68/2011, 141/2010,100/2010, 213/2008, 384/1991, 1/1966.

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bilancio in grado di preservarne l'equilibrio presente e futuro14. Con la riforma del 2012 la legge di bilancio perde la sua natura formale di modulatore quantitativo delle poste a norme vigenti, acquisendo una natura sostanziale che permette di introdurvi nuovi tributi e nuove spese, possibilità però “arginata” dall'obbligo generale di trovare i mezzi di copertura. In questo contesto, la legge-quadro sulla contabilità, valida per tutta la pa, da approvare entro febbraio 2013, prevista all'art. 5 comma 3 della legge cost. 1/2012, espressa al comma 6 del novellato art. 81 deve definire il contenuto della legge di bilancio avendo quindi la possibilità di superare lo schema dualistico di legge di stabilità-legge di bilancio con un unico provvedimento. Il nuovo comma 4 dell'art. 81 Cost. prevede l'approvazione annuale della legge di bilancio e del consuntivo da parte delle Camere in base ad un ddl governativo.

Riproduce il comma 1 dell'art. 81 pre-riforma con un'unica differenza: si parla di “bilanci” e non di “bilancio” per non creare incomprensioni sul rispetto del principio di unitarietà del bilancio. 14 Corte cost. sent. n. 384/91.

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Al comma 5 viene riconfermata la possibilità di tollerare l'esercizio provvisorio del bilancio con legge ad hoc e per massimo 4 mesi.

L'art. 5 comma 4 della legge cost. 1/2012, affida al Parlamento una funzione di controllo sulla finanza pubblica, soprattutto sull'equilibrio delle poste di bilancio, nonché sulla qualità ed efficacia della spesa delle pa. La funzione di controllo sulla finanza pubblica sembrerebbe però già rientrare nella funzione di indirizzo politico delle Camere, funzione esercitata al momento dell'approvazione del bilancio e strumentale al principio di copertura finanziaria espresso all'art. 81 Cost. comma 3.

Rilevante il ruolo assegnato alle Camere sul controllo all'impegno del Governo di rispettare l'equilibrio di bilancio e la qualità ed efficacia della spesa pubblica, per garantire una sostenibilità nel lungo periodo delle finanze pubbliche compatibile con lo sviluppo economico sociale del Paese, in un contesto di recessione economica dove emerge un'alta ma soprattutto mal distribuita e improduttiva tassazione, che da molti viene ritenuta

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freno della crescita economica. La lettera f) del comma 1 dell'art. 5 della legge cost. 1/2012, rinviando alla legge-quadro rinforzata, prevede l'istituzione di un organo indipendente di controllo15 presso le Camere per verificare l'andamento della finanza pubblica e l'osservanza delle regole di bilancio: svolgerà quindi una funzione di supporto alle Camere nel controllo. Inoltre in virtù della richiamata “autonomia costituzionale” la disciplina di dettaglio di questo organo verrà demandata ai regolamenti parlamentari.

La ratio del provvedimento è quella di spezzare il monopolio informativo del Governo sui dati di finanza pubblica in linea con le migliori prassi individuate in sede europea. Il nuovo meccanismo di garanzia di rispetto dell'equilibrio di bilancio non potrebbe essere efficace senza il nuovo art. 97 della Costituzione che estende a tutte le pubbliche amministrazioni, quindi comprese le autonomie locali, il perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica e dei relativi principi costituzionali.

Accanto ai principi di imparzialità, buon andamento e legalità 15 In ricezione dell'art. 6 della direttiva 2011/85/UE del Consiglio approvata in data 8

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della pubblica amministrazione vengono inseriti quelli di equilibrio di bilancio e di sostenibilità del debito pubblico in “coerenza con l'ordinamento dell'Unione europea”.

Gli art. 3-5 della legge cost. 1/2012, ridefiniscono i rapporti tra Stato ed enti locali. In particolare la materia dell'armonizzazione dei bilanci da concorrente diviene di competenza esclusiva dello Stato (art. 3 legge cost. 1/2012 su art. 117 Cost.). In questo modo, da un lato, lo Stato acquista anche potestà regolamentare sulla materia e dall'altra acquisisce un tassello importante per il governo e il contenimento della finanza pubblica, sulla semplificazione, sulla comunicazione dei dati di bilancio tra le varie realtà della pubblica amministrazione a giovamento anche degli stakeholders.

L'art. 4 della legge cost. 1/2012 interviene sull'art. 119 Cost., comma 1, ancorando l'autonomia finanziaria di entrata e spesa degli enti locali all'equilibrio di bilancio e ai vincoli economico-finanziari, ribadendo ancora una volta l'obbligo di rispettare il vincolo di bilancio che per lo Stato è espresso all'art. 81 Cost. e che viene esteso a tutte le pubbliche amministrazioni dall'art. 97 Cost.

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L'art. 4 della legge cost. 1/2012, aggiunge alla possibilità di indebitamento degli enti locali individuata nel primo periodo del comma 6 dell'art. 119 Cost. solo per le spese per investimento16, la predisposizione di piani di ammortamento elevando a rango costituzionale la regola di sana e prudente gestione finanziaria secondo cui con l'assunzione di un nuovo debito si deve predisporre un accantonamento di bilancio presente e futuro per coprire l'intero arco temporale di esposizione.

Il vincolo d'indebitamento non riguarda solo l'an ma anche il

quantum. Infatti l'art. 204 TUEL per evitare che l'aumento del

debito possa compromettere la stabilità finanziaria degli enti locali, limita l'accesso al debito al rispetto di un vincolo percentuale annuale17. L'art. 30 comma 15 della legge 289/2002, prevede nel caso in cui l'Ente locale si indebiti per spese diverse da quelle di investimento una duplice sanzione: sul piano oggettivo e civilistico, la nullità di atti e contratti relativi all'indebitamento; sul piano soggettivo, ovvero della responsabilità dei soggetti che abbiano 16 La golden rule era stata introdotta con la riforma del titolo V della Costituzione ovvero la

l. cost. 3/2001. 17 Vedi paragrafo 2.1.

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deliberato l'indebitamento al di fuori della golden rule, gli amministratori, potranno essere sottoposti dalla Corte dei Conti a sanzione pecuniaria tra cinque e venti volte l'indennità di carica.

Come ribadito dalla Corte Costituzionale con sentenza 70/2012, questi meccanismi di coordinamento della finanza pubblica permettono il controllo dell'indebitamento complessivo delle amministrazioni pubbliche e la salvaguardia del principio cardine della finanza pubblica locale, regionale e statale ovvero dell'equilibrio di bilancio.

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2.1 Il Patto di stabilità interno

Il Patto di stabilità interno nasce con la finanziaria per il 1999 come strumento che ha l'obiettivo di permettere all'Italia di rispettare i vincoli del Patto di stabilità e crescita europeo chiamando regioni ed enti locali ovvero tutti i livelli di governo che costituiscono autonomi centri di spesa, a partecipare al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica nonché per garantire “l'unità economica della Repubblica”18. A livello europeo, il Patto di stabilità interno trova fondamento nell'art. 121 del Trattato di funzionamento dell'Unione Europea, in materia di politica economica, coordinata tra gli Stati membri, nonché nell'art. 126 del Trattato che pone vincoli stringenti sul disavanzo pubblico degli Stati membri che in caso di violazione saranno esposti a procedura d'infrazione come previsto sin dal Protocollo CE 20 del 1992. Tra i nuovi vincoli alla finanza pubblica, introdotti nel 2012, trova spazio nell'alveo costituzionale tra i principi fondamentali di 18 Art. 120 Cost.

R. Perez, Armonizzazione dei bilanci e contabilità locale, Convegno Ifel, Roma, 22 febbraio 2013.

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coordinamento della finanza pubblica il rispetto del Patto di stabilità interno la cui definizione di dettaglio è demandata al legislatore statale. Se da un lato nell'art. 119 Cost. viene riconosciuta autonomia finanziaria a regioni ed enti locali, dall'altro questi ultimi rimangono vincolati ai dettami dell'ordinamento comunitario in materia di bilancio.

Nel dare attuazione all'articolo 119, primo e sesto comma, della Costituzione, la legge 243/2012, reca al capo IV le disposizioni per assicurare l'equilibrio dei bilancio di regioni ed enti locali e il concorso dei medesimi anche alla sostenibilità del debito pubblico.

Lo strumento del Patto di stabilità interno, predisposto generalmente nell'ambito dell'annuale manovra di finanza pubblica, garantisce la partecipazione di regioni e autonomie locali al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica nazionali19 delineati dal Patto di stabilità e crescita europeo prevedendo, come affermato dalla Corte Costituzionale con sentenza 207/2011, limiti

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complessivi di spesa e sanzioni per le autonomie locali che superino questi limiti.

Nella stessa direzione va, nell'art. 117 della Costituzione, lo spostamento da materia concorrente ad esclusiva di competenza dello Stato dell'armonizzazione dei bilanci, per assolvere ad un'esigenza di uniformità contabile necessaria in questo contesto, ma sollevando però alcune perplessità di fronte al principio della leale collaborazione vista la non partecipazione dei livelli di governo locali alla formazione del testo di riforma costituzionale.

La definizione delle regole del Patto di stabilità interno è stata rivista di anno in anno. Come evidenziato dalla giurisprudenza costituzionale, in particolare con la sentenza 417/2005, il legislatore statale è legittimato a predisporre vincoli di bilancio secondo lo schema dell'obbligazione di risultato, lasciando quindi libere Regioni ed enti locali nelle modalità di raggiungimento di questi obiettivi. Dal 1999 il vincolo-obiettivo di limitare l'indebitamento degli Enti si estende a “macchia d'olio” sugli stessi.

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di stabilità interno sono: le province, i comuni con popolazione superiore a 1000 abitanti20, unioni di comuni a cui partecipano comuni con popolazione inferiore a 1.000 abitanti21.

Per il calcolo degli abitanti si deve far riferimento all'art. 156 comma 2 TUEL ovvero alla popolazione rilevata al 31/12 del penultimo anno precedente.

Per quanto riguarda le società pubbliche, la legge di stabilità 2014 abroga il comma 5 dell'art. 3 bis del d.l. 138/2011 che prevedeva l'assoggettamento al patto di stabilità delle società affidatarie in house22 secondo modalità da definire in un decreto ministeriale mai emanato, a cui si aggiungeva un ruolo di vigilanza sulle stesse da parte dell'Ente locale.

Le aziende speciali e le istituzioni23, in virtù dell'art. 114 del

20 Dal 2013. Prima era esteso solo ai comuni con popolazione superiore ai 5.000 abitanti. 21 Introdotto con d. l. 138/2011 art. 16 comma 5 ultimo periodo. Tuttavia occorre ricordare

che la legge di stabilità 2014 nel determinare gli obbiettivi del Patto non ha fissato regole per tali enti lasciandoli di fatto “fuori dai giochi”.

22 Le società in house sono quelle: (a) il cui capitale è interamente pubblico, (b) sulle quali l’ente o gli enti pubblici titolari del capitale pubblico esercitano un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e (c) che realizzano la parte più importante della loro attività con l’ente o con gli enti pubblici che le controllano (art. 113, c. 5, lett. c, TUEL). 23 L'azienda speciale è un ente strumentale dell'ente locale dotato di personalità giuridica, di

autonomia imprenditoriale e con un proprio statuto approvato a livello consiliare.

L'istituzione è organismo strumentale all'Ente locale per l'esercizio di servizi sociali, dotato di autonomia gestionale.

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d.lgs. 267/2000 (TUEL) comma 5 bis, dovevano essere assoggettate al Patto entro il 1° Gennaio 2013, secondo decreto del Ministero dell'economia e delle finanze mai emanato. Tale disposizione è stata cancellata dalla legge di stabilità 201424 che ha escluso questi enti dal Patto a fronte dell'introduzione di un controllo da parte degli enti locali che dovranno riscrivere i proprio bilanci, disponendo accantonamenti vincolati per eventuali risultati negativi di aziende speciali e istituzioni.

Per gli enti di nuova costituzione, la legge di stabilità 2014 ridefinisce i parametri di riferimento del Patto a cui saranno vincolati: per gli enti istituiti dal 2011, saranno soggetti al Patto di stabilità interno a partire dal terzo anno successivo alla loro nascita, con una base di calcolo riferita all'anno successivo all'istituzione25; per gli enti istituiti negli anni 2009-2011, assumono come base di calcolo per il Patto, le risultanze medie del biennio 2010-2011 e le risultanze del 2011.

Rispetto ad un'impostazione originaria dove i vincoli alla spesa 24 Civetta, Legge di stabilità 2014, Rimini, Maggioli, 2014, pp. 47-125.

25 Es. se l'Ente è stato istituito nel 2012, sarà soggetto al patto a partire dal 2015 e avrà come base di calcolo le spese correnti dell'anno 2013.

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pubblica avevano un peso eguale su tutti gli enti, il Patto di stabilità interno ha avuto un'evoluzione normativa che nel corso della XVI legislatura26 ha portato ad un adattamento qualitativo delle regole del Patto anche sulla base di criteri di virtuosità27 che livellano l'incidenza del Patto in base alla diligenza delle diverse realtà di governo.

La legge di stabilità per il 2014 ha introdotto un’ulteriore misura per alleggerire i vincoli del Patto, in modo da consentire il pagamento dei debiti in conto capitale delle regioni, di comuni e province al 31 dicembre 2012, per un importo complessivo di 500 milioni di euro nel 201428.

26 2008-2013.

Disciplina del Patto di stabilità interno per l'anno 2013, Temi dell'attività parlamentare,

www.Camera.it.

Disciplina del Patto di stabilità interno per l'anno 2014, Temi dell'attività parlamentare,

www.Camera.it.

27 I criteri di virtuosità sono: a) prioritaria considerazione della convergenza tra spesa storica e costi e fabbisogni standard; b) rispetto del Patto di stabilità interno; c) incidenza della spesa del personale sulla spesa corrente dell'ente in relazione al numero dei dipendenti in rapporto alla popolazione residente, alle funzioni svolte anche attraverso esternalizzazioni nonché all'ampiezza del territorio; per la valutazione di questo parametro si tiene conto del suo andamento nell'intera legislatura o consiliatura; d) autonomia finanziaria; e) equilibrio di parte corrente; f) tasso di copertura dei costi dei servizi a domanda individuale per gli enti locali; g) rapporto tra gli introiti derivanti dall'effettiva partecipazione all'azione di contrasto all'evasione fiscale e i tributi erariali, per le regioni; h) effettiva partecipazione degli enti locali all'azione di contrasto all'evasione fiscale; i) rapporto tra le entrate di parte corrente riscosse e accertate; j) operazioni di dismissioni di partecipazioni societarie nel rispetto della normativa vigente.

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Per il 2014 è inoltre previsto un'ulteriore allentamento del Patto per gli enti locali che partecipano alla sperimentazione per l'armonizzazione degli schemi contabili e di bilancio29.

L'impostazione del Patto è attualmente incentrata, per le regioni sul contenimento delle spese finali30; per gli enti locali sul controllo dei saldi finanziari.

Per quanto riguarda le regioni, l'evoluzione normativa del Patto segna una tappa fondamentale nel 2011 dove, pur facendo sempre riferimento alla spesa finale complessiva, fu introdotto un doppio vincolo legato alla competenza economica e di cassa che però doveva coprire il taglio di risorse, dei trasferimenti statali, fatta dalle varie manovre di consolidamento dei conti pubblici. La legge di stabilità per il 2013 inserì una nuova modalità di calcolo di spesa per le regioni basata sulla competenza eurocompatibile31 ovvero sulla somma degli impegni di parte corrente al netto dei

29 Articolo 36 del d.lgs. 118/ 211 (ai sensi dell'art. 31 comma 4 ter l. 183/2011). Vedi paragrafo 3.1.

30 Vale la pena di ricordare che dal Patto di stabilità interno per le regioni è esclusa la spesa sanitaria corrente, spesa che costituisce circa il 75% della spesa corrente delle regioni a statuto ordinario; tuttavia è sottoposta ad un apposito monitoraggio, a limiti e vincoli specifici la cui violazione determina responsabilità e sanzioni per la regione inadempiente. 31 Al posto del criterio di cassa basato sui flussi finanziari.

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trasferimenti, delle spese per imposte e tasse e per gli oneri straordinari della gestione corrente; dei pagamenti per trasferimenti correnti, per imposte e tasse e oneri straordinari della gestione corrente; dei pagamenti in conto capitale escluse le spese di concessione crediti, per l'acquisto di titoli, di partecipazioni azionarie e di conferimenti.

Con la legge di stabilità per il 2014, sono stati ridefiniti in modo restrittivo sulla spesa gli obiettivi del Patto per gli anni 2014, 2015, 2016 e 2017, nonché è stato eliminato il criterio di calcolo basato sulla competenza finanziaria lasciando unicamente il criterio di competenza eurocompatibile. Sono escluse dal calcolo una serie di spese individuate dalle legge, in particolare le spese sanitarie, per la concessione di crediti e quelle finanziate dall'UE32.

Il Patto per gli enti locali è disciplinato dall'art. 31 della legge 183/2011 su cui poi è intervenuta la legge di stabilità per il 2014.

Per gli enti locali si fa riferimento all'obiettivo del saldo finanziario ossia differenza tra entrate e uscite finali33 rappresentate 32 Per quelle cofinanziate solo per la parte finanziata dall'UE.

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con la competenza mista ovvero in termini di competenza per la parte corrente, in termini di cassa per la parte in conto capitale34.

Anche per gli enti locali sono previste delle esclusioni dal computo del limite sia dal lato delle spese che dal lato delle entrate, in particolare le spese legate alle calamità naturali, nonché entrate di origine comunitaria. In questo modo si cercano di ovviare ad effetti irrazionali e eccessivamente distorsivi del Patto sull'autonomia finanziaria dell'Ente locale, salvaguardando priorità non rinviabili soprattutto in sede di spesa e alla frequente non coincidenza temporale tra entrata e spesa.

Nella stessa direzione, in un contesto di crisi economica, si muovono le misure di flessibilità del Patto, introdotte già a partire dal 2002 e confermate con la legge di stabilità per il 2014, che consentono di rimodulare il Patto a livello regionale sia in senso

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verticale35 che orizzontale36 per stimolare la spesa per investimento e quindi il pagamento dei debiti in conto capitale. Il meccanismo del Patto regionale verticale e del Patto regionale o nazionale orizzontale, avrebbe dovuto esser accantonato per il Patto regionale integrato37, introdotto con l'art. 20 c1 D. L. 98/2011, modificato dalla legge di stabilità per il 2012 ma attualmente ancora senza attuazione. La legge di stabilità per il 2014 ne ha posticipato l'applicazione al 2015.

Il Patto di stabilità interno influisce anche sulle tecniche di bilancio obbligando gli enti locali, pena inadempimento dello stesso e applicazione delle misure sanzionatorie, al bilancio di previsione38, un prospetto che indica i flussi di cassa di entrate e 35 Patto regionale verticale: le regioni possono autorizzare gli enti locali sul proprio territorio a peggiorare il loro saldo obiettivo, consentendo un aumento dei pagamenti in conto capitale, contro la definizione di un obiettivo di risparmio della regione, tramite una riduzione delle proprie spese soggette al Patto, per un ammontare pari all'entità complessiva dei pagamenti in conto capitale autorizzati, al fine di garantire nel complesso, ossia regioni più propri enti locali, il rispetto degli obiettivi finanziari.

Il Patto di stabilità, Servizio studi della Camera, www.Camera.it.

Il Patto di stabilità-Evoluzione normativa, Servizio studi della Camera, www.Camera.it. Il Patto di stabilità, Temi dell'attività parlamentare, www.Camera.it.

36 Le regioni possono rimodulare il peso del saldo obiettivo tra i propri enti locali in base a particolari situazioni degli stessi purchè venga rispettato il saldo obiettivo complessivo di regioni ed enti locali appartenenti. Solo per spese in conto capitale o inderogabili o che incidendo positivamente sul ciclo economico. La stessa cosa può avvenire per gli enti locali con decisione a livello nazionale sulla rimodulazione dei saldi obiettivo.

37 Possibilità per le regioni di concordare direttamente con lo Stato le modalità di raggiungimento dei saldi obiettivo per sé e per gli enti locali ad essi riconducibili.

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spese per verificare preventivamente il rispetto del Patto. Gli enti sono tenuti a trasmettere semestralmente al Ministero dell’economia e finanze, le informazioni riguardanti le risultanze in termini di competenza mista, attraverso un sistema web, pena sanzioni legate allo “sforamento” del Patto che limiteranno la capacità di spesa e di indebitamento temporanea dell'ente.

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2.2 Possibili scenari di sviluppo. Critiche e proposte

Il principio del pareggio di bilancio, pur essendo frutto dell'attuale momento di crisi economica, politica e istituzionale e di scelte prese in sede sovranazionale, fu elaborato da Buchanan, all'interno della teoria contrattualistica nella seconda metà del XX secolo per frenare le esplosioni di spesa pubblica e l'interventismo dello Stato nell'economia.

Rispondere ad un'esigenza di regolamentare in modo chiaro e preciso la finanza pubblica non significa necessariamente “ingabbiarla”39 con la rigidità tipica del principio del pareggio di bilancio. Sicuramente questa scelta è dettata dalla necessità di arginare la crisi del debito sovrano che colpisce gli Stati membri dell'UE ma essendo una misura emergenziale dovrebbe essere temporanea o almeno modulabile ad eventuali mutamenti delle condizioni economico-finanziarie altrimenti si avvale l'idea bizzarra di voler separare le dinamiche di bilancio dall'economia reale.

39 Nardini, La costituizionalizzazione del pareggio di bilancio secondo la teoria economica.

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Sulle dinamiche di bilancio incidono da un lato, la discrezionalità politica, la policy maker; dall'altro l'andamento del ciclo economico con il meccanismo degli “stabilizzatori automatici”40.

Stabilire l'obbligo di conseguire annualmente il pareggio di bilancio ridimensiona l'effetto anticiclico di alcune voci di bilancio e delle politiche attive41, nonché gli effetti dell'economia reale sul bilancio stesso se non legati alla discrezionalità politica. In questo modo senza distinguere le variazioni “automatiche”, legate all'andamento del ciclo economico, da quelle legate alla discrezionalità politica, inducono i policy makers a concentrarsi unicamente sul saldo contabile perdendo di vista il collegamento esistente tra bilancio ed economia reale, atteggiamento che risulta essere incompatibile con le esigenze dello Stato sociale.

Senza poter attuare una politica di deficit spending, essendo vincolati alla rigidità del pareggio di bilancio, in fase di recessione economica, si innesca un meccanismo perverso che porta ad una 40 Le fluttuazioni del ciclo economico incidono sui flussi di entrata e di spesa.

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spirale recessiva: scelte di bilancio recessive in successione, sempre più restrittive, nel tentativo di colmare un disavanzo che ha natura ciclica quindi legato all'andamento dell'economia reale che sicuramente in questo modo non cambierà “rotta”.

Una lettura superficiale del nuovo art. 81 Cost. sembrerebbe escludere tali rigidità visto il riferimento al concetto di equilibrio di bilancio e la previsione di deroghe. Ma l'ostentata flessibilità espressa a livello letterale risulta essere solo apparente. Inoltre c'è da considerare a priori il dubbio e confusionario atteggiamento del legislatore italiano che parla nel titolo del ddl di revisione costituzionale di “pareggio di bilancio” per poi parlare nel teso di “equilibrio di bilancio”.

Come evidenziato dal Prof. M. Luciani, durante un'audizione alla Camera nell'Ottobre del 2011, l'origine di tale scelta è legata alla crisi ma anche a pressioni esterne (Francia, Germania, Bce con la famosa “lettera”). Nemmeno con il Patto Europlus del 2011 né con la famosa “lettera” si obbligava l'Italia, infatti, ad inserire il pareggio di bilancio in Costituzione ma si richiedeva solo che la

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“regola aurea” fosse espressa in una fonte di “adeguato grado di vincolatività”.

I difetti normativi, tra cui, la vaghezza sul livello di deficit considerabile come accettabile scostamento dal principio di pareggio di bilancio,i problemi di coordinamento della finanza pubblica tra i vari livelli di governo dopo il passaggio da materia di competenza concorrente a esclusiva, la compressione della golden

rule con i piani di ammortamento per gli enti di governo e

concomitante estensione dell'equilibrio di bilancio, l'incerto legame con l'andamento del ciclo economico, in generale una carenza di dinamicità dei vincoli di bilancio, assumono poi un carattere patologico nel “caso italiano” in virtù dell'alto debito pubblico.

Sarebbe stato maggiormente idoneo allo scopo il “vecchio” art. 81 Cost. che contemplava un disavanzo ciclico nel documento “formale” di bilancio in cui si parlava di equilibrio, e al comma 4 il principio di copertura come vincolo al pareggio per la sola spesa legata alla discrezionalità politica. In questo modo, pur escludendo la possibilità di deficit spending con politiche attive per stimolare la

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crescita, si eviterebbero però politiche pro-cicliche ovvero che “assecondano” l'andamento del ciclo economico senza permettere un “cambio di rotta”.

Il vizio della vecchia formulazione si evidenziò però nella prassi di ignorare il principio di copertura in assenza di adeguati controlli42 con la tecnica della legge finanziaria che andava ad influire sui saldi che la legge di bilancio non poteva modificare. Il principio di pareggio così era legato alle singole operazioni compiute durante l'esercizio di riferimento e non al quadro generale di entrate ed uscite.

Il problema non è il deficit in sé, visto che l'Italia è da anni in avanzo primario bensì il debito che non si riduce con “il pareggio” ma riducendo il debito stesso si produce una diminuzione della spesa per interessi che genera effetti positivi sui saldi di bilancio.

Il Fiscal Compact, pur ribadendo “il pareggio di bilancio” e rimanendo per larga parte “sganciato” dagli andamenti dell'economia reale, ha dato un minimo di dinamicità ai vincoli di 42 Sarebbe stato opportuno introdurre un controllo della Corte Costituzionale sul rispetto del principio di copertura attivabile da una minoranza parlamentare, magari prevedendolo anche a livello regionale e locale.

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bilancio, precisando il deficit strutturale tollerabile43 e impostando un piano di rientro del debito, in rapporto con il PIL, di un ventesimo annuo fino al conseguimento del saldo obiettivo del 60% che però è influenzato da una serie di variabili44.

La stessa Commissione europea risulta essere più “tollerante” nelle inadempienze a questo parametro considerando vari fattori45 che hanno permesso più volte all'Italia, pur avendo un debito pubblico alto, attualmente intorno al 132,6%, di non essere sanzionata.

Il rapporto deficit/PIL, attualmente vicino alla soglia del 3%, ci dà il polso dell'efficacia e dell'efficienza delle politiche economiche sulla crescita: il rapporto rimarrà invariato se l'incremento della spesa genererà un pari aumento del PIL. La rigidità, più che dai parametri numerici di bilancio europei, che comunque potrebbero essere articolati in una “forbice” modulabile in base all'andamento del ciclo economico, è legata all'ancorare tali parametri ad una base 43 Non può superare lo 0,5% del PIL

44 Dinamica dei saldi di bilancio, dei livelli di tassi d'interesse, dell'inflazione, della crescita economica.

45 Ad esempio la solidità sistema bancario, l'indebitamento settore privato, la sostenibilità nel lungo periodo del sistema pensionistico.

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annuale: sarebbe auspicabile che venissero riferiti a periodi più ampi, acquistando così flessibilità, vista anche la natura previsionale46 del bilancio pubblico. I parametri numerici non risolvono le cause sottese all'andamento negativo della finanza pubblica legate ad inadeguate procedure di bilancio. Il vizio di questa impostazione contrattualistica, che si pone l'obiettivo di limitare la policy makers, sta nella distinzione netta tra meccanismi di bilancio ed economia reale. Infatti l'inserire “il pareggio” in Costituzione non dà la garanzia della lungimiranza delle scelte dei governanti in quanto non viene rimosso l'incentivo a comportamenti opportunistici da parte dei politici ma si pone solo un ostacolo di dubbia validità al loro esercizio. Quindi la sua efficacia dipende dalle scelte dei politici.

Per ovviare a tale vizio si potrebbe limitare la spesa pubblica mediante l'acquisto di titoli che però potrebbe andare a danno della spesa in conto capitale. La golden rule potrebbe limitare l'atteggiamento strategico dei politici ma c'è il rischio di “trucchi

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contabili”47, che producono effetti pro-ciclici pericolosi48, contrastabili solo con adeguati controlli, ad esempio si potrebbe introdurre un controllo, della Corte dei Conti o della commissione bilancio in modo da ridare centralità al Parlamento sull'argomento, sulla qualificazione della spesa, attivabile da una minoranza parlamentare49, e con l'accrescimento della trasparenza di bilancio.

Fondamentale sarebbe rivedere i meccanismi di bilancio riferendoli ad una base temporale più ampia rispetto ad un anno50, ad esempio 5 anni, in modo da recuperare l'effettività della fase di programmazione e “il voto fiscale”51 dei cittadini sarebbe così riferito all'intero programma di governo e non a singoli atti.

Affrontando la questione in ottica keynesiana, si è evidenziato che l'equilibrio finanziario è più facilmente raggiungibile senza una regola ex ante che lo preveda perchè con essa non si tiene conto degli effetti prodotti dal bilancio in concreto: non solo si priva il 47 Far passare spesa corrente per spesa per investimento.

48 Ovvero surriscaldando l'economia in fase di sua crescita; deprimendo l'economia ulteriormente in fase recessiva.

49 Controllo estendibile anche a livello locale, anche per verificare il rispetto del Patto di stabilità interno.

50 Scelta legata ad un maggior controllo dell'indebitamento.

51 Le politiche di spesa e fiscali del governo vengono approvate o meno dai cittadini in base al livello di acquisto dei titoli di Stato, una sorta di voto simile a quello “delle urne”.

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settore pubblico della possibilità di intervenire nell'economia ma si producono anche effetti pro-ciclici soprattutto perchè c'è una parte della spesa pubblica il cui andamento è legato a quello dell'economia reale.

In conclusione, il legislatore italiano appare confusionario nell'introdurre “la regola aurea”. La flessibilità del concetto di equilibrio di bilancio rispetto a quello di pareggio, non pare sfruttata a pieno: non vengono definiti in modo chiaro i casi di deroga sull'indebitamento52 e rimangono dubbi sui reali spazi di “manovra” di regioni ed enti locali in base anche al nuovo art. 97 della Costituzione, in una contrapposizione tra responsabilità e solidarietà53.

Sulla stessa lunghezza d'onda, non è previsto un apparato sanzionatorio se non di tipo politico in sede europea.

È necessario sviluppare una flessibilità concreta e non solo astratta dei conti pubblici dando la possibilità di attuare politiche di

52 Che pur mostrano un impianto interventista dello Stato di stampo keynesiano non ben definito.

53 Passalacqua, Pareggio di bilancio contro intervento pubblico nel nuovo art. 81 della

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bilancio e fiscali anti-cicliche, legate ad una politica del deficit

spending e ad una classificazione qualitativa della spesa pubblica

collegata a controlli efficaci (Corte costituzionale, Corte dei Conti, Parlamento), pur salvaguardando il valore dell'equilibrio di bilancio complessivo. Per regioni ed enti locali il Patto di stabilità interno deve esser “allentato” ulteriormente se si vuole garantire la sostenibilità dei servizi pubblici nel lungo periodo e soprattutto per le spese in conto capitale “tollerando” gli effetti ciclici sulla spesa, ancorando maggiormente i saldi di bilancio all'economia reale.

Il punto è quello di garantire l'efficacia e l'efficienza della spesa in riferimento all'economia reale. Tendendo a far coincidere la variazione di spesa con la variazione del reddito non avremo una modifica dei parametri di Maastricht né effetti ciclici per l'economia. Sarebbe necessario introdurre anche dei limiti di tolleranza legati agli effetti ciclici dell'andamento economico sulle poste di bilancio54.

Attualmente il Ministro dell'economia Padoan ha comunicato 54 Es. sul lato della spesa per i sussidi di disoccupazione nei periodi di recessione.

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alla Commissione europea che il raggiungimento dell'equilibrio di bilancio è rimandato dal 2015 al 2016, che quest'anno ci sarà una tenue se pur fragile “ripresa” dell'economia e che la riduzione del debito verrà rispettata nella scadenza concordata del 2016. Stima prudenzialmente un aumento del PIL dello 0,3% per il 2014, che potrebbe raggiungere complessivamente nel 2018, secondo la sua opinione, 2,25 punti percentuali in più, se non risultati migliori. Il DEF55 2014 stima uno 0,8, valore più basso rispetto a quello quantificato dal precedente Governo Letta56.

55 Documento di economia e finanza che fissa gli obiettivi programmatici per il bilancio di stato.

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3. Controllo del debito pubblico e armonizzazione dei criteri contabili: caso italiano, IPSAS e EPSAS

L'armonizzazione dei bilanci e il coordinamento della finanza pubblica è stata introdotta nella Costituzione come materia di competenza concorrente per poi diventare, dopo la riforma del 2012, materia di competenza esclusiva dello Stato a partire dal 2014. Più precisamente la riforma ha separato l'armonizzazione dal coordinamento, assegnando solo la prima alla competenza esclusiva dello Stato.

Sul piano legislativo è fondamentale ricordare la legge 42/2009, delegò il Governo ad emanare uno o più decreti legislativi attuativi del processo di armonizzazione. L'attuazione si ebbe con il d.lgs. 118/2011 e correlato DPCM del 28 settembre 2011 sulla “sperimentazione” e il d.lgs. 91/2011 per i sistemi contabili statali.

Questi interventi legislativi trovano nell'armonizzazione57 la risposta al soddisfacimento di due esigenze: garanzia dell'idoneità 57 L'armonizzazione dei sistemi contabili della pa, Temi dell'attività parlamentare della

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dei meccanismi di controllo accentrato della spesa pubblica previsti per garantire il rispetto dei vincoli europei e l'attuazione del principio di autonomia finanziaria per regioni ed enti locali previsto all'art. 119 della Costituzione. Questa “corsa all'armonizzazione” è legata anche ad una preesistente situazione di frammentarietà e disomogeneità dei sistemi contabili del settore pubblico, situazione che non consentirebbe di rispondere facilmente alla domanda informativa delle regole europee e di riflesso sul patto di stabilità interno che rappresenta il canale informativo nazionale per l'implementare i dati statali sulla situazione dei conti pubblici.

Nel periodo successivo alla riforma del 2012 parte una ricognizione con decreto legislativo dei “principi fondamentali in materia di armonizzazione”58 che però si traduce di fatto in una mera ripetizione della disciplina vigente con qualche modifica marginale, senza nessuna menzione ai criteri contabili internazionali. In questa fase risulta più efficace l'attività di organi tecnici come l'Osservatorio per la finanza e la contabilità degli enti 58 L. Mercati, Armonizzazione dei bilanci pubblici e principi contabili, www.federalismi.it,

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locali che pur non potendo elaborare nozioni vincolanti a livello giuridico, produce interventi sistematici sul punto che evidenziano una necessità di veridicità e correttezza dei bilanci pubblici, pur rimanendo lontani dal contenuto dei criteri contabili internazionali del settore pubblico perchè si limitano a precisare le disposizioni di legge sul punto che prevedono una competenza finanziaria.

Con il d.lgs. 118/2011 abbiamo al giuridicizzazione di questi criteri contabili generali, avviando una fase di sperimentazione che terminerà nel 2015. Questa attenzione del diritto al tema dell'armonizzazione è sospinta a livello internazionale dalla globalizzazione che riconducendo il mondo ad un unico “Stato” richiede di parlare un linguaggio universale a tutti i livelli in modo che i dati e le informazioni siano comprensibili da chiunque indipendentemente dalla posizione geografica.

Questo processo evolutivo, anche nel campo contabile, si innesca prima nel settore privato in virtù della sua naturale flessibilità rispetto alla tradizione del settore pubblico. A livello

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internazionale59, per quanto riguarda il settore pubblico, l'IFAC60, cui aderiscono le organizzazioni professionali di più di 150 Paesi, ha sviluppato attraverso il proprio Comitato61 principi contabili e di bilancio ad hoc, chiamati IPSAS62 la cui adesione può essere solo volontaria. In questi criteri risulta evidente la progressiva introduzione di principi aziendalistici nella gestione della pa come il principio di economicità, dell'efficacia, dell'efficienza, confermata dal richiamo, in larga parte, dei principi contabili internazionali IAS63. In concreto si prevede l'applicazione di una contabilità

accrual basis64, simile al settore privato, regolando non solo gli

aspetti tecnici ma anche le modalità di implementazione di natura organizzativa e gestionale che prevedono ad esempio l'introduzione di un bilancio consolidato che permetta di quantificare esattamente la situazione contabile del “gruppo pubblico”, a cui è possibile

59 Mineri, Compendio di contabilità di stato e degli enti pubblici, Rimini, Maggioli, 2013, pag. 47-144; pag. 229-259.

60 Associazione Internazionale delle professioni contabili.

61 Il PSC (Public Sector Commitee) rinominato nel 2004 IPSASB (International Public

Sector Accounting Standards Board).

62 International Public Sector Accounting Standars.

63 IAS (International Accounting Standards) ossia criteri contabili internazionali previsti per il settore privato.

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affiancare la “vecchia” contabilità cash basis65 tipica della

tradizione della pa europea.

Gli IPSAS si applicano a tutte le entità economiche del settore pubblico (Stato, Regione, Ente locale) ma non alle imprese sotto controllo pubblico sottoposte ai criteri IAS. Anche in sede di Unione Europea si è posta attenzione agli IPSAS evidenziandone sin da subito l'utilità anche rispetto alla verifica dei vincoli di finanza pubblica. Tuttavia ancora oggi gli IPSAS, anche a livello europeo, sono poco utilizzati o comunque anche nei casi più estremi non si è avuta una totale attuazione poiché troppo legati alle realtà delle aziende private e incapaci di carpire a pieno le particolarità della pubblica amministrazione.

A livello europeo, l' Eurostat66 nel maggio 2012, ha raccolto, con una consultazione pubblica, le opinioni su l'adeguatezza degli IPSAS. Le conclusioni, allegate ad una relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo del 6 marzo 201367, evidenziano da un lato, una parziale inadeguatezza 65 Contabilità finanziaria, per cassa.

66 L'Istituto statistico dell'Unione Europea.

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all'automatica attuazione degli IPSAS negli Stati membri legata a lacune nelle pratiche da seguire, perchè in alcuni casi si dà la possibilità di scelta tra vari trattamenti contabili limitando così l'armonizzazione, al non contemplare l'applicazione per alcuni flussi pubblici rilevanti come le prestazioni sociali o le imposte, al non rispondere a pieno all'esigenza dell'informativa finanziaria per il settore pubblico, alla non stabilità degli stessi visto che è nel corso del 2014 che si concluderà una fase di consultazione che darà poi spazio ad un programma di lavoro di riforma degli IPSAS per il quinquennio 2015-2019, ad una questione di costi che si aggirano per un Paese europeo di medie dimensioni sui 50 milioni di euro per la sola amministrazione centrale; dall'altra è da molti stati membri condivisa l'opinione che gli IPSAS possono essere una base imprescindibile per il futuro sviluppo degli EPSAS68 ossia criteri contabili pubblici comuni per i Paesi dell'UE.

Gli EPSAS avrebbero il ruolo di migliorare comparabilità e qualità dei dati esistenti per migliorare i controlli sul rispetto delle

bilancio.

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politiche macroeconomiche e di bilancio dell'UE, la trasparenza e la responsabilità della pubblica amministrazione. Come passo successivo alla relazione, l'Eurostat ha organizzato nel maggio 2013 la conferenza “Verso l'applicazione dei principi contabili europei per il settore pubblico” a cui hanno partecipato vari esperti ed autorità contabili, con il forte appoggio del Presidente Van Rompuy e dal commissario Šemeta. Van Rompuy, in un passaggio del suo discorso d'apertura ha affermato a chiare lettere che “ Una contabilità poco accurata contribuisce a far assumere decisioni politiche infondate, non induce a compiere sufficienti sforzi di consolidamento allorché il disavanzo e il debito sono sottostimati e, infine, determina la totale perdita di fiducia con conseguenti problemi di rifinanziamento. Sfortunatamente è quello che è avvenuto in Europa[…] L'armonizzazione dei conti pubblici e la transizione verso principi contabili armonizzati per il settore pubblico negli Stati membri dell'UE sono sicuramente più facili da realizzare a parole che nei fatti”. Anche il Commissario Šemeta ha dichiarato che per raggiungere questo difficile obiettivo ci sarà

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bisogno di una precisa tabella di marcia, auspicando il pieno sostegno delle Istituzioni europee al progetto.

Gli EPSAS sono stati considerati uno strumento per raggiungere anche una maggiore integrazione sul piano fiscale e del bilancio nell'Unione. Il progetto è giudicato molto ambizioso, con una prospettiva a medio termine. Come passo successivo si è proposta l'elaborazione di una comunicazione della Commissione sugli EPSAS in vista di una potenziale proposta legislativa in materia nel 2015. Eurostat individua come base di discussione una serie di principi da cui poi sviluppare gli EPSAS, divisibili in due serie. Una prima serie di principi sono legati a processi e strutture per la gestione degli EPSAS ovvero uno sviluppo: indipendente senza condizionamenti; neutro, imparziale che tenga conto delle varie opinioni; che rispetti l'interesse pubblico dell'UE e al quadro procedurale europeo con le regole professionali più rigorose; con modalità trasparenti conoscibili facilmente da tutti; con risorse e personale di settore di tutti i Paesi membri; sostenibile nel rispetto dei principi di economicità, efficacia ed efficienza; responsabile con

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ampie possibilità di controllo da parte degli interessati. Una seconda serie di principi legati alla solida gestione degli EPSAS, successiva alla loro costituzione ovvero all'attività di manutenzione, secondo gli standards professionali più elevati in modo da essere il più conformi possibile alla realtà che intendono rappresentare; che soddisfi la domanda di informazioni degli utilizzatori, in particolare autorità contabili nazionali ed europee; che garantisca la loro coerenza e rispondenza alle esigenze internazionali nonché evidenzi le differenze con gli IPSAS; che garantistica accessibilità e chiarezza degli EPSAS a tutti gli utilizzatori compresi tutti i cittadini dell'UE, per questo dovrebbero essere tradotti in tutte le lingue ufficiali dell'UE.

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3.1 Controllo del debito pubblico e metodo

contabile: dal Sec95 al Sec 2010

Il Sec9569, Sistema europeo dei conti nazionali e regionali, nasce con Regolamento UE 2223/1996, sotto la spinta e l'ispirazione dello Sna9370 redatto dall'ONU in collaborazione con altri enti internazionali tra cui l'Eurostat, come aggiornamento del Sec79, nell'ottica di avere un'omogeneità degli schemi di bilancio, quindi una rappresentazione delle economie degli Stati membri il più possibile veritiera, in modo da avere statistiche affidabili e comparabili71 per le analisi macroeconomiche, ad esempio per l'Eurostat, che permettano di verificare efficacemente il rispetto dei vincoli europei di finanza pubblica ma anche come base di decisione per l'attività degli organi di governance europea grazie allo strumento del conto economico consolidato della pa.

Le regole del Sec95 sono caratterizzate da un' alta flessibilità e 69 Giovannelli, Contabilità di stato e sistema europeo dei conti (Sec 95) nella prospettiva

comunitaria, Milano, Giuffrè, 2006, pag. 12 e ss.

Benvenuti, Il nuovo sistema dei conti economici nazionali e regionali Sec 95, Milano, FrancoAngeli, 2000, p. 1-30.

70 System of National Account.

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per agevolarne l'utilizzo è stato creato un apposito Manuale72 da parte dell'Eurostat. Gli Stati membri, tramite gli istituti di statistica nazionali, trasmettono le informazioni alla Commissione europea per permetterle di monitorare l'andamento della finanza pubblica e il rispetto degli obiettivi programmatici contenuti nei Programmi di Stabilità73. Il Sec95, oltre un sistema di contabilità, adotta una classificazione di spesa elaborata in sede OCSE74 nel 1997,

Classification On Fuctions Of Government (COFOG)75. Il suo

funzionamento, in prima battuta, è legato all'identificazione degli operatori economici nazionali ovvero le unità statistiche, delle operazioni da essi compiute che generano flussi

economico-72 “Manuale del Sec 95 sul disavanzo e debito pubblico”.

73 Previsto dall'art. 4 del regolamento del Consiglio dell'Unione Europea n.1466/97, secondo cui, all'inizio di ogni anno, gli Stati membri sono tenuti a presentare al Consiglio ed alla Commissione Europea un Programma di stabilità, aggiornando quello dell'anno precedente, che si pone l'obiettivo dell'attuazione interna del Patto di stabilità e crescita concordato in sede europea. Viene redatto dal Governo, responsabile degli impegni europei assunti, che potrà informare il Parlamento con una nota informativa che diviene obbligatoria quando ci sono modifiche rispetto al DEF. Es. “Lettera” del Ministro dell'economia Padoan all'UE per spostamento temporale pareggio di bilancio.

74 L'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico.

75 Classificazione della spesa della pubblica amministrazione per funzioni. La classificazione è articolata su 3 livelli gerarchici di aggregati contabili: divisioni, gruppi e classi. Le divisioni rappresentano gli obiettivi generali della spesa pubblica (servizi generali della Pubblica amministrazione; Difesa; Ordine pubblico e sicurezza; Affari economici; Protezione dell’ambiente; Abitazione e assetto territoriale; Sanità; Attività ricreative, culturali e di culto; Istruzione; Protezione sociale). I gruppi riguardano specifiche aree di intervento della pubblica amministrazione. Le classi identificano gli obiettivi specifici in cui si articolano le aree di intervento.

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finanziari, stock patrimoniali nonché le loro variazioni nel tempo. Le unità istituzionali sono raggruppate in cinque settori76: oltre le amministrazioni pubbliche, abbiamo le società non finanziarie, le società finanziarie, le famiglie, gli enti senza scopo di lucro e resto del mondo. Il sistema dei conti, per ogni unità istituzionale, si basa generalmente sulla partita doppia, ovvero “ogni operazione deve essere registrata due volte, una sul lato delle attività, impegno, una sul lato delle passività, risorse. Il totale di attività e passività deve essere uguale: in questo modo si attua un controllo di congruenza ovvero il controllo bilanciante tipico della partita doppia”.

In realtà, poiché la maggior parte delle operazioni coinvolge due unità istituzionali, i conti nazionali adottano la partita quadrupla in quanto ciascuna operazione deve essere registrata due volte per ciascun operatore coinvolto.

Le valutazioni delle poste all'interno del Sec 95 vengono fatte generalmente in riferimento al valore di mercato. Il principale problema legato all'applicazione del Sec 95 per le amministrazione 76 I conti economici nazionali per il settore Istituzionale: le nuove stime secondo il Sec 95,

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pubbliche, in riferimento ai vincoli europei, è quello dell'attendibilità: spesso le informazioni sono contenute in documenti amministrativi per cui c'è un “rischio manipolativo”. Il Sec95 utilizza un criterio di registrazione contabile consuntiva legato alla competenza economica intesa come rilevazione dei flussi sia all'interno che tra le unità istituzionali nel momento della loro maturazione gestionale e non nel momento della loro manifestazione finanziaria, il che comportava, almeno fino a poco tempo fa, degli aggiustamenti in virtù della tradizione della competenza giuridica (bilancio di previsione) o per cassa della pa italiana (flussi finanziari).

L’introduzione del Sec95 ha richiesto una completa revisione degli aggregati di contabilità nazionale, sia gli aspetti di tipo definitorio che le modalità di elaborazione degli stessi.

Le innovazioni introdotte hanno coinvolto in maniera rilevante il settore istituzionale delle Amministrazioni Pubbliche77. Il sistema del Sec 95 prevede che un'unità statistica possa svolgere un'attività 77 Monorchio, Mottura, Compendio di contabilità di stato, Bari, Carducci editore, 2014, pag.

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