Teorie a sostegno di un
comportamento etico da parte
delle imprese
Strumenti, implicazioni e benefici della loro applicazione
Studente
Mladen Vujic
Corso di laurea
Economia aziendale
Tipo di documento
Tesi di Bachelor
Luogo e data di consegna
Titolo: Teorie a sostegno di un comportamento etico da parte delle imprese
Strumenti, implicazioni e benefici della loro applicazione
Autore:
Mladen Vujic
Relatore: Amalia Mirante
Tesi di Bachelor in Economia aziendale
Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana
Dipartimento economia aziendale, sanità e sociale
Manno, Settembre 2018
“L’autore è l’unico responsabile di quanto contenuto nel lavoro”
“Fino a non molto tempo fa il pensiero dominante nelle imprese era che contava solo il profitto. Oggi si fanno i conti anche con l’impatto globale della produzione e dei prodotti, e si prende coscienza che anche il mondo del lavoro e del business deve pensare al sistema nel quale agisce e alle conseguenze delle proprie scelte”.
KoAnn Vikoren Skrzyniarz
Abstract
L’obiettivo del presente lavoro di tesi è quello di comprendere se, e in che modo, in un sistema economico caratterizzato da un’intensità competitiva elevata, all’interno del quale i consumatori (sempre più informati su ciò che acquistano) sono in grado di minacciare l’offerta di un’impresa;; l’adozione di un comportamento etico implica la possibilità di ottenere dei concreti benefici economici e sociali che successivamente si concretizzano nella realizzazione di un vantaggio competitivo rispetto alla concorrenza.
A tale proposito, questo elaborato descrive in un primo momento l’evoluzione del rapporto tra etica ed economia nel corso dei secoli;; dopodiché definisce e approfondisce alcuni tra gli approcci etici al fare business (in particolare la Corporate Social Responsibility e lo Stakeholder Engagement), analizzandone successivamente le modalità di implementazione e di comunicazione da parte di alcune imprese, ed evidenziandone i benefici concreti attraverso lo studio di alcuni casi aziendali reali legati ad imprese operanti nel Canton Ticino;; per poi concludersi con alcune riflessioni e raccomandazioni a coloro che intendono implementare tali insegnamenti nelle proprie strategie di business.
Indice
Abstract ... IV
Elenco delle abbreviazioni ... VIII
Indice delle illustrazioni e delle tabelle ... IX
1.
Introduzione ... 1
1.1. Domanda di ricerca ... 1
1.2. Obiettivi della ricerca ... 2
1.3. Metodologia ... 2
2.
L’etica nell’economia ... 3
2.1. Le origini: il periodo greco e medievale ... 3
2.2. L’economia nel Medioevo (V-XV secolo) ... 4
2.3. Etica ed economia fino al XVIII secolo ... 5
2.4. Etica ed economia dalla fine del XIX secolo ... 7
2.5. L’economia nella società moderna e la ricerca di un nuovo legame con l’etica ... 9
3.
La Responsabilità Sociale d’Impresa (RSI) ... 12
3.1. Definizione di Responsabilità Sociale d’Impresa e origine del concetto ... 12
3.2. Le aree di intervento della Responsabilità Sociale d’Impresa ... 14
3.2.1 Marketplace (Mercato) ... 17
3.2.2 Workplace (Lavoro) ... 18
3.2.3 Community (Comunità) ... 19
3.2.4 Environment (Ambiente) ... 20
3.3. La Triple Bottom Line ... 21
3.3.1 Profit ... 22
3.3.2 People ... 22
3.4. Strumenti di formalizzazione della Responsabilità Sociale d’Impresa ... 24
3.4.1 Il Codice etico ... 24
3.4.2 Il Bilancio sociale ... 26
3.4.3 La Certificazione etica ... 28
3.4.3.1 Standard Social Accountability 8000 (SA8000) ... 29
4.
Lo Stakeholder Engagement (SE) ... 31
4.1. Definizione e classificazione degli Stakeholder ... 31
4.2. Shareholders view vs Stakeholders view ... 35
4.2.1 Shareholders view ... 35
4.2.2 Stakeholders view ... 36
4.3. Il modello AccountAbility ... 37
5.
Casi di studio: buone pratiche di RSI da parte delle imprese nel Canton Ticino ... 39
5.1. Il caso Elmec informatica ... 40
5.1.1 L’azienda ... 40
5.1.2 Le pratiche di Responsabilità Sociale d’Impresa di Elmec informatica ... 41
5.1.2.1 Ambito sociale ... 41
5.1.2.2 Ambito economico ... 43
5.1.2.3 Ambito ambientale ... 44
5.2. Il caso Argor- Heraeus ... 45
5.2.1 L’azienda ... 45
5.2.2 Le pratiche di Responsabilità Sociale d’Impresa di Argor-Heraeus ... 46
5.2.2.1 Coinvolgere i propri stakeholder ... 46
5.2.2.2 Impegnarsi per una filiera trasparente e responsabile ... 48
5.2.2.3 Contribuire allo sviluppo del territorio ... 49
5.2.2.4 Proteggere l’ambiente ... 50
5.3. Analisi comparativa dei casi di studio ... 53
6.
Conclusioni ... 55
6.1. Responsabilità sociale d’impresa come fonte di vantaggio competitivo ... 55
6.2. I principali vantaggi della Responsabilità Sociale d’Impresa ... 57
6.3. Riflessioni personali e raccomandazioni ... 59
Fonti bibliografiche ... 60
Fonti elettroniche ... 63
Allegati... 65
Allegato 1: Indicatori di performance del modello GRI ... 65
Allegato 2: Scheda “Progetto tesi di Bachelor” ... 74
Elenco delle abbreviazioni
AA1000 AccountAbility 1000CEP Council on Economic Priorities
CO2 Anidride carbonica
CS Corporate Sustainability
EMAS Eco-Management and Audit Scheme
GRI Global Reporting Initiative
ISO International Organization for Standardization
ONG Organizzazione non governativa
3P Profit, People, Planet
RAEE Rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche
RDC Repubblica Democratica del Congo
RSI Responsabilità Sociale d’Impresa
RU Risorse umane
SA Social Accountability
SAI Social Accountability International
SE Stakeholder Engagement
SK Stakeholder
SUPSI Scuola Universitaria Professionale della Svizzera italiana
SUVA Istituto nazionale svizzero di assicurazione contro gli infortuni
TARP Technical Assistance Research Program
TBL Triple Bottom Line
WTO World Trade Organization
Indice delle illustrazioni
Figura 1: Le pratiche di Responsabilità Sociale d’Impresa nella dimensione aziendale interna
Figura 2: Le pratiche di Responsabilità Sociale d’Impresa nella dimensione aziendale esterna
Figura 3: Triple Bottom Line
Figura 4: Indicatori di performance del modello GRI suddivisi per categoria
Figura 5: Classificazione degli stakeholder secondo il contesto sociale
Figura 6: Classificazione degli stakeholder per categoria
Figura 7: Classificazione degli stakeholder secondo gli attributi riconosciuti
Figura 8: Tematiche ad alta rilevanza per gli stakeholder di Argor Heraeus
Figura 9: Approccio di Argor Heraeus nell’impegno per una filiera responsabile
Figura 10: Approccio di Argor Heraeus nell’impegno per la protezione dell’ambiente
Figura 11: Approccio di Argor Heraeus nell’impegno per crescere con i propri collaboratori
Figura 12: Sintesi delle pratiche di RSI adottate da Elmec informatica e Argor Heraeus
1. Introduzione
La sempre maggiore consapevolezza dei consumatori di oggi, ed il loro crescente interesse relativamente alle fasi di produzione e di distribuzione dei prodotti e dei servizi che consumano, rendono particolarmente importante per le aziende l’implementazione e l’attuazione di un “codice etico e responsabile”, nei confronti degli stakeholder con cui interagiscono, dell’ambiente naturale in cui producono e, più in generale, delle comunità al cui interno queste operano. A questo proposito, i consumatori moderni “premiano” le imprese che adottano un comportamento eticamente corretto (socialmente responsabile) ed escludono dal mercato quelle che non se ne prendono carico (Osservatorio Socialis - Istituto Ixè srl, 2016).
Nel presente lavoro si vogliono approfondire le principali teorie a sostegno di un comportamento etico da parte delle imprese, quali la Responsabilità Sociale d’impresa (RSI) e lo Stakeholder Engagement (SE), al fine di comprendere quali siano gli strumenti concreti di cui le aziende possono disporre per comunicare il proprio impegno sociale ed ambientale (oltre che economico), a tutti coloro che possono essere influenzati dall’operato delle stesse.
Lo sviluppo dell’elaborato consiste dapprima nella comprensione dell’evoluzione storica del rapporto tra etica ed economia, per poi focalizzarsi sulla descrizione e lo studio delle attuali teorie;; nell’analisi e nello studio di alcuni casi aziendali concreti di imprese che hanno realmente integrato tali insegnamenti nelle proprie strategie di business;; nell’analisi delle implicazioni e degli effettivi benefici che l’adozione di tali comportamenti può portare alle imprese;; e nella formulazione di alcune raccomandazioni a coloro che intendono implementarle.
Il fine ultimo del presente lavoro di tesi è quello di comprendere se, e in che modo, l’applicazione degli strumenti sopra citati può permettere alle imprese di formare una strategia di business eticamente corretta ed ottenere al contempo un vantaggio competitivo durevole rispetto alla concorrenza, consentendo simultaneamente di ottenere consenso e legittimazione sociale, migliorare la propria immagine e reputazione, ma anche di realizzare profitti (condizione comunque imprescindibile dal fare impresa).
1.1. Domanda di ricerca
La domanda di fondo che guida il presente elaborato è la seguente:
“In che modo l’applicazione degli strumenti di Corporate Social Responsibility (CSR) e di Stakeholder Engagement (SE) può permettere alle imprese di formare una strategia di business eticamente corretta ed ottenere al contempo un vantaggio competitivo durevole rispetto alla concorrenza?”
1.2. Obiettivi della ricerca
Lo scopo finale del lavoro di tesi verrà raggiunto quando sarà data risposta ai seguenti obiettivi:
– Comprendere l’evoluzione del rapporto tra etica ed economia nel corso dei secoli;; – Descrivere le basi teoriche e gli strumenti a disposizione per l’integrazione di
considerazioni di natura etica nelle strategie di business da parte delle aziende;; – Identificare, tramite un caso di studio, le azioni effettivamente intraprese da due
aziende operanti nel Canton Ticino al fine di comunicare la propria responsabilità sociale nei confronti dei propri stakeholder,
– Evidenziare i concreti benefici derivanti dall’applicazione di tali insegnamenti;;
– Formulare dei suggerimenti e delle raccomandazioni strategiche alle imprese che intendono adottare un comportamento etico e socialmente responsabile, al fine di definire una strategia aziendale stabile, sostenibile ma anche altamente competitiva.
1.3. Metodologia
Al fine di ottenere una risposta alla domanda di ricerca e raggiungere gli obiettivi specifici, la presente tesi seguirà una metodologia di ricerca prevalentemente qualitativa.
Durante un primo momento si analizzerà la letteratura esistente sul tema della Responsabilità Sociale d’Impresa, con una focalizzazione prioritaria sull’origine del concetto, sui suoi punti cardine e sugli strumenti che la RSI mette a disposizione delle aziende che intendono integrare considerazioni di natura etica nella propria strategia di business. Per fare ciò verranno esaminati soprattutto articoli scientifici inseriti nei più rilevanti journal. Analogamente al tema della RSI, si procederà nella stessa maniera per il tema dello Stakeholder Engagement.
La seconda fase prevede invece la costruzione di un caso di studio basato su due aziende reali, orientato a comprendere in che modo, grazie all’attuazione delle teorie di RSI e SE, queste comunicano il proprio impegno economico, sociale e ambientale agli occhi dei propri portatori d’interesse. Al fine di svolgere questo punto in maniera efficace si andranno ad analizzare la storia dell’azienda, il suo sito web ufficiale ed il relativo rapporto di sostenibilità.
La fase finale della tesi consisterà nella formulazione di suggerimenti e raccomandazioni strategiche alle imprese che intendono seguire i principi della RSI e dello SE, sulla base dei dati e delle informazioni raccolte precedentemente.
2. L’etica nell’economia
Come è stato anticipato nella parte introduttiva dell’elaborato, il rapporto tra etica ed economia ha subito un’evoluzione paradigmatica nel corso del tempo.
L’obiettivo del presente capitolo è dunque quello di comprendere ed identificare le principali fasi storiche ed il modo in cui il legame tra queste due scienze si è sviluppato e modificato;; e soprattutto verificare l’ipotesi che al giorno d’oggi la relazione tra queste stia riacquisendo una notevole importanza sia per le imprese (nell’ambito della loro responsabilità nei confronti dei propri dipendenti e dell’ambiente circostante), che per i consumatori (in riferimento all’attenzione posta nei confronti dei cicli di produzione e distribuzione dei beni che consumano).
2.1. Le origini: il periodo greco e medievale
Per comprendere come oggi si sia arrivati a definire l’economia come “uso razionale del denaro e di qualsiasi mezzo limitato, che mira a ottenere il massimo vantaggio a parità di dispendio o lo stesso risultato col minimo dispendio” (Treccani, 2018), è necessario comprendere l’evoluzione dell’importanza relativa dell’etica per l’economia nel corso dei secoli, compiendo dapprima alcuni passi indietro e risalendo alle prime teorie economiche formulate da Aristotele e Platone.
Effettivamente, i due filosofi sostengono due orientamenti radicalmente opposti rispetto all’economia. Aristotele, nella sua opera “Politica” evidenzia come ogni soggetto “debba
considerarsi libero di disporre delle proprie azioni, determinando in questo modo la vita pubblica delle città”. Secondo Aristotele infatti, la vera ricchezza è data dall’acquisizione di
beni e risorse necessarie al mantenimento della famiglia, della casa e della sfera privata. In tale maniera è possibile un arricchimento naturale dell’uomo, definito “cremastica naturale”1 (Aristotele, 2002).
Risulta perciò evidente che già durante questo periodo storico, esisteva per Aristotele un forte e imprescindibile legame tra valori morali (etici) ed economia, a causa del fatto che gli esseri umani durante la loro vita non perseguono unicamente scopi utilitaristici ma hanno anche dei doveri morali nei confronti degli altri (Totaro & Giovanola, 2008).
Al contrario, Platone (nella sua opera “Repubblica”) suggerisce che “i soggetti facenti parte di
una determinata società hanno il dovere di interessarsi alla vita comune e alle sue preoccupazioni, e non possano da ciò esimersi” (Scarnicci, 2012).
1
Aristotele sostiene che esistono sostanzialmente due tipi di ricchezza: quella cremastica naturale (considerata insita nella natura umana, ossia la ricchezza intesa come un mezzo per raggiungere altri fini, più importanti e legati ai valori morali dell’uomo) e quella innaturale, che invece ha come oggetto un tipo di arricchimento materiale e fine a se stesso.
Nonostante i vari dibattiti ed i diversi punti di vista, durante questo momento storico, l’economia era considerata una scienza che aveva l’obiettivo di occuparsi della produzione e dell’amministrazione dei beni materiali, così come della sfera privata, ed è sempre sottoposta al giudizio morale, poiché non è possibile dissociare l’economia dall’etica, perché “in tutto ciò
che esiste e in tutto ciò che l’uomo fa è presente una finalità, la quale può essere riconosciuta solo da un’etica finalistica” (Totaro & Giovanola, 2008).
2.2. L’economia nel Medioevo (V-XV secolo)
Durante il Medioevo la scienza economica ha vissuto una forte trasformazione, viste anche le forti difficoltà di quel periodo. Il sistema economico era un sistema chiuso, in cui l’attività predominante era l’agricoltura. In questi secoli si è assistito ad una decadenza sia dei traffici che delle attività artigianali e manifatturiere.
Dal punto di vista etico e morale, il denaro ed il guadagno venivano condannati dalla società: si riteneva che tutti i rapporti tra uomini dovessero essere regolati da prestazioni reciproche e scambi in natura (Scarnicci, 2012).
Proprio a causa di questa ideologia, tutte le attività remunerate, come per esempio quella dell’usuraio (il quale prestando denaro e chiedendo interessi veniva meno alla “fraternità cristiana”) o del mercante (che cercava di ricavare il massimo profitto dalla vendita di un bene e di conseguenza era in contrasto con l’idea del giusto prezzo2) erano disapprovati dalla
comunità dell’epoca (Scarnicci, 2012).
Molto probabilmente, dato il carattere povero dell’economia dell’epoca, l’economia non aveva nessuna autonomia ed era completamente assorbita alla morale. Di conseguenza, anche durante questo periodo della storia economica il legame tra etica ed economia era ancora molto forte ed imprescindibile (Murray A. , 1986).
Attorno all’anno Mille però, una serie di eventi determina alcuni cambiamenti all’interno delle società dell’epoca. La crescita demografica, l’incremento della produttività agricola, la ripresa delle attività produttive e commerciali determinano la ripresa della circolazione monetaria. In questo periodo il mercante assume quindi un ruolo sempre più importante nel panorama sociale (i lunghi viaggi, che determinavano alti rischi venivano remunerati in maniera proporzionale a questi ultimi). In questo periodo storico riprendono altresì le attività bancarie ed il denaro acquista dunque sempre maggiore rilevanza, tanto che la società ne riconosce appieno il valore (Todeschini, 2002).
2 Il giusto prezzo era il prezzo che si stabiliva sul mercato attraverso “comportamenti onesti”.
Relativamente al tema, Tommaso d’Aquino ha sottolineato come tutte le attività di compravendita debbano caratterizzarsi per la presenza di un reciproco vantaggio per le parti coinvolte, in osservanza del principio di uguaglianza. Di conseguenza il prezzo pagato per un bene doveva coincidere con il suo effettivo valore (Melina, 2002).
2.3. Etica ed economia fino al XVIII secolo
Dalla metà del XV secolo fino oltre la metà del XVIII secolo, sono state molteplici le trasformazioni in ambito economico, sociale, politico e culturale che hanno portato alla nascita dell’economia del capitalismo e, di conseguenza, anche di una nuova dottrina economica. La figura dell’artigiano è stata gradualmente sostituita da quella dell’imprenditore e, conseguentemente, la tradizionale attività artigianale ha lasciato spazio ad una forma di organizzazione produttiva più complessa, la quale ha permesso in tal modo la nascita di centri industriali e commerciali (Screpanti & Zamagni, 1992).
La diffusione di nuove realtà produttive e commerciali, accompagnata da una progressiva libertà di pensiero (sfociata successivamente nella Rivoluzione scientifica), ha di fatto segnato l’inevitabile allontanamento dalla dottrina ufficiale della Chiesa. Di conseguenza, l’economia assume progressivamente una propria autonomia come scienza nell’ambito dell’attività umana e si distacca dai valori morali ed etici che fino a quel periodo storico l’hanno contraddistinta (Screpanti & Zamagni, 1992).
Complice di questo cambiamento paradigmatico è l’influsso sull’economia da parte della Rivoluzione scientifica del XVII secolo, per mezzo della quale si affermano alcune teorie quali il Positivismo economico3 e la Tesi dell’avalutatività (il sapere prodotto dalle scienze sociali, rappresenta una pura descrizione dei fatti e le libera da ogni riferimento ai valori umani).
La nuova realtà sviluppatasi in questo periodo storico, prende il nome di “economia moderna” e per convenzione la sua nascita viene fatta risalire al 1776, ossia l’anno di pubblicazione dell’opera di Adam Smith: “Indagine sulla natura e sulle cause della ricchezza delle nazioni”.
Nella sua opera Smith non definisce completamente l’attitudine egoista quale unico comportamento veramente razionale, ma contrariamente sostiene ancora la giustizia, la generosità e lo spirito collettivo come qualità di fondamentale importanza ed utilità ai fini di una buona convivenza nella società politica4, e loda questi aspetti soprattutto in un altro suo contributo scritto, nell’opera intitolata “Teoria dei sentimenti morali”.
Con riferimento all’emancipazione da parte dell’economia rispetto alla morale, possiamo senza dubbio affermare come ciò abbia segnato una rottura con la tradizione economica precedente. Effettivamente, come affermato in precedenza, per diversi secoli l’economia è stata una scienza subordinata alla morale, pertanto, del tutto assoggettata alla branca dell’etica e della politica: “era considerata il luogo dell’egoismo e pertanto veniva socialmente
controllata, guardata con sospetto e tollerata come un male necessario” (Bruni, 1997).
L’economia diventa dunque quella scienza che ha l’obiettivo di aumentare la ricchezza e la potenza dello Stato, e non è più considerata una scienza subordinata alla politica e all’etica
3
Teoria libera da valori morali nella quale gli aspetti normativi e positivi dell’economia possono essere nettamente distinti (Papa, 1985)
che attiene all’amministrazione della casa e della sfera privata. Negli scritti di Smith, per la prima volta, l’economica assume un ruolo che la svincola dall’etica e in tal modo segna l’inizio di un processo che la porterà ad assumere progressivamente sempre più autonomia, che porterà alla nascita di una figura nuova, cioè quella dell’ “Homo oeconomicus”5.
In particolare Smith, sostenendo il fatto che esiste una netta separazione tra l’economia e l’etica, sostiene, mediante il meccanismo della “mano invisibile”, che il perseguimento dell’interesse personale comporti il benessere complessivo della società nel suo insieme. Infatti, ciascun individuo, cercando di ottenere il proprio interesse (di soddisfare i propri bisogni), in realtà realizza, pur senza rendersene conto, il bene dell’intera collettività (Salvatore, 1988). Nei propri scritti Smith afferma infatti che la società può sopravvivere anche quando il rapporto tra i suoi membri non sia necessariamente basato sul rispetto e l’affetto reciproco, ma bensì è sufficiente che lo scambio tra questi determini un vantaggio mutualistico.
Nella sua opera del 1759, “Teoria dei Sentimenti Morali”, Smith sostiene che “per quanto
egoista si possa ritenere l’uomo, sono chiaramente presenti nella sua natura alcuni principi che lo rendono partecipe delle fortune altrui e che rendono per lui necessaria l’altrui felicità, nonostante da essa egli non ottenga altro che il piacere di contemplarla” (Smith A. , Teoria dei
sentimenti morali, 1995). Egli sostiene comunque i principi di giustizia, ma soprattutto i valori relazionali, sottolineando come l’attenzione per l’altro sia un elemento fondamentale ed inevitabile della natura umana e come essa sia anche indispensabile al fine di comprendere le scelte individuali, e di conseguenza quelle economiche. A sostegno di questa affermazione si può citare un’altra celebre frase di Smith, che riprende e rinforza l’idea che in una rete di reciprocità i rapporti economici assumano un ruolo di notevole rilevanza (Zamagni, Paradossi sociali della crescita ed economia civile, 1997): “non è dalla benevolenza del macellaio, del
birraio o del fornaio che ci aspettiamo il nostro desinare, ma dalla considerazione che questi hanno per il proprio interesse personale. Non ci rivolgiamo alla loro umanità, ma al oro egoismo, e ad essi parliamo dei loro vantaggi e non delle nostre necessità” (Sen, Etica ed
economia, 2002).
A partire da questo momento storico, dunque, si afferma l’economia come scienza autonoma, orientamento influenzato dalla corrente degli utilitaristi tra i quali massimi esponenti Jeremy Bentham (1748-1832), John Stuart Mill (1806-1873) e John C. Harsanyi (1920-2000).
5
L’Homo oeconomicus è un concetto della teoria economica classica che definisce il “prototipo
umano” con le caratteristiche di egoismo (si interessa unicamente dei suoi bisogni), amoralità (nel senso che non effettua considerazioni di natura morale rispetto alle conseguenze delle proprie azioni) ed egocentrismo (non è toccato dal giudizio altrui).2.4. Etica ed economia dalla fine del XIX secolo
A partire dalla fine del 1800, in una situazione di economia positiva e di approvazione del progresso scientifico, la filosofia morale viene messa in discussione attraverso l’idea di applicare il metodo scientifico a tutte le sfere della conoscenza e della vita umana e si afferma una nuova corrente di pensiero: quella neoclassica, la quale definisce e caratterizza l’economia come quella scienza che “studia l’ambito economico del comportamento umano
con un unico obiettivo: il raggiungimento del massimo interesse individuale” (L.Bruni, 1997).
In questo periodo dunque, l’economia, così come le altre scienze sia sociali che naturali hanno l’unico scopo di comprendere, per mezzo delle leggi che regolamentano tutti i fenomeni, i comportamenti che permettono il raggiungimento del bene dell’uomo. “Il riferimento a valori,
moventi, a principi morali, quali criteri d’orientamento, risulta superfluo. Giuste e morali in sé sono le leggi che emergono dallo studio della realtà economica”. Si arriva, in questo modo,
all’affermazione dell’utilitarismo ed al completo distacco dell’economia dall’etica, con la conseguente autonomia della prima dalla seconda (G.Crepaldi & Papini, 1990).
Jeremy Bentham (1748 -1832), filosofo e giurista inglese, è stato uno degli utilitaristi di maggiore spicco. Egli, per mezzo delle sue opere, diffuse il principio degli esseri umani come individui egoisti, razionali e competitivi. Dunque, dal punto di vista di Bentham, ogni individuo persegue determinati interessi al fine di realizzare la propria utilità. Di conseguenza, la somma delle singole utilità individuali determina l’utilità collettiva e, dunque, lo scopo diventa quello di massimizzarne i risultati in vista di una “felicità più grande per il numero più grande” (Shotter, 1991).
Bentham scrive: “la comunità è un corpo fittizio, composto da persone individuali, che vanno
considerate come i membri che lo costituiscono. Che cosa è allora l’interesse della comunità? È la somma degli interessi dei diversi membri che la compongono” (Bentham, 1984). Quindi l’utilità da lui teorizzata non assume unicamente un aspetto individuale, ma orienta invece la propria attenzione sull’intera comunità.
Altri autori, come Jevons, Menger e Walras, sostengono in maniera più estrema questa teoria ed individuano nell’egoismo il principio in grado di spiegare tutti i meccanismi economici (Bruni, 1997). In particolare, Walras (1834 -1910) ritiene che la “caratteristica distintiva di una scienza
è la sua completa indifferenza alle conseguenze, buone o cattive, con cui procede nella ricerca della verità pura” (Screpanti & Zamagni, 1992).
Della stessa idea è Menger (1840 -1921) il quale afferma che “il cosiddetto orientamento
dell'economia politica è un vago postulato vuoto di ogni profondo significato, sia rispetto ai problemi teorici che a quelli pratici, una confusione di pensiero” (Screpanti & Zamagni, 1992).
Al contrario, Marshall (1842 - 1924), non condivide la visione di un mercato dissociato dalle regole, ma bensì sostiene la necessità di un intervento statale affinchè sia possibile evitare e correggerne le imperfezioni mediante la cooperazione e la compartecipazione ai profitti. A causa di ciò, dunque, è possibile riconoscere ancora un collegamento ai valori morali, ritenuti importanti per raggiungere il benessere collettivo. In ogni caso, nonostante sembri possibile riscontrare opinioni discordanti all’interno della stessa la scuola neoclassica, l’elemento comune è legato alla logica dell’Utilitarismo, il quale concepisce il comportamento umano
guidato al raggiungimento della massima utilità attraverso il solo calcolo razionale capace di spiegare tutti i fenomeni economici (Savona, 1996).
Hayek (1899 - 1992) sostiene invece come l’individualismo sia principalmente una teoria della società e delle istituzioni che spiega il benessere comune attraverso l’azione spontanea, non vincolata e non finalizzata a scopi secondari, di soggetti individuali liberi di scegliere. Lo stesso, infatti, afferma “...seguendo gli effetti combinati delle azioni individuali, noi scopriamo che
molte delle istituzioni su cui si poggiano le realizzazioni umane sono nate e funzionano senza che una mente le abbia create e le diriga;; per cui, come ha detto Adam Ferguson, le nazioni si imbattono per caso in strutture direttive che sono certo il risultato dell'azione umana, ma non il risultato dell'umano disegno;; per cui, infine, la collaborazione spontanea di uomini liberi spesso crea cose che sono più grandi di quanto le loro menti individuali siano in grado di comprendere appieno” (Hayek, 1948). Dunque, lo stesso Hayek sostiene che gli individui non
necessitano dell’intervento delle istituzioni nei mercati, poiché a suo modo di vedere, gli uomini sono assolutamente capaci di raggiungere gli obiettivi collettivi della comunità meglio di quanto lo farebbero le istituzioni stesse.
Dello stesso pensiero è J. Locke, il quale considera l’individuo come entità al centro della società, essendo esso il primo ad averne tutti i diritti ma, al contempo, a rispettarne tutti gli obblighi, in un’ottica di diritti e doveri collettivi che compongono la società. Il ruolo dello Stato dovrebbe pertanto limitarsi a garantire di mantenere tale equilibrio, senza avere alcun potere di giudicare o di cambiare un risultato sociale definito dalle libere scelte individuali, se questo è stato raggiunto senza violare il diritto di nessuno (Shotter, 1991). J. Locke sposta quindi l’attenzione dal rapporto interpersonale della società nel suo complesso al singolo, il quale sarebbe “capace di risolvere i problemi impliciti di massimizzazione matematica che deve
affrontare nella vita quotidiana” (Shotter, 1991), essendo “pienamente consapevole delle proprie preferenze e capace di fare tutti i calcoli necessari per perseguire in modo efficiente i propri interessi” (Shotter, 1991).
In questa ottica si afferma l’ipotesi della razionalità economica, intesa come la capacità dell’individuo di perseguire e massimizzare i propri obiettivi, mentre al contrario, saranno irrazionali quei comportamenti che non sono volti al raggiungimento della massima possibile soddisfazione individuale (e di conseguenza quella collettiva) e, pertanto, fortemente criticati.
2.5. L’economia nella società moderna e la ricerca di un nuovo legame con
l’etica
Durante gli anni ’80 del ‘900 l’economia di mercato subisce un ribaltamento di carattere neoliberista6, contraddistinto da tagli alla spesa pubblica in particolar modo in campo sociale, sgravi fiscali e deregulation che hanno da un lato portato ad una rapida crescita sia economica che occupazionale, ma che dall’altro ha provocato una esclusione delle fasce più deboli della popolazione ed una emarginazione dei settori economici più arretrati (Scidà, 2006).
Il risentimento determinato dall’insorgere di numerosi scandali e crisi finanziarie ha favorito l’emersione di un sentimento di etica, ossia del bisogno di introdurre nuove regole e di stabilire determinati sistemi e codici di comportamento. A dimostrazione di ciò vi sono un gran numero di pubblicazioni che negli ultimi anni sono state dedicate alla “questione etica”, le quali ne sottolineano l’importanza e la centralità nel fare impresa.
Questo determina inoltre il bisogno di spostare l’attenzione dalla scelta dei mezzi utilizzati per raggiungere un determinato fine a quello di avere a disposizione più scelte tra fini alternativi. Infatti, la scelta tra fini non può trovare una soluzione ricorrendo unicamente alla tecnica, ma bensì necessita il ricorso ai valori. Queste iniziative vengono intraprese da un lato con al fine di recuperare la distanza venutasi a creare tra etica ed economia, ma, altresì, con l’obiettivo di combattere l’impoverimento dell’economia moderna determinato proprio da questa lontananza (Zamagni, Il problema economico nella società post industriale e l'urgenza di un nuovo orizzonte di senso, 1995).
Dunque, possiamo affermare come la scienza economica oggi stia subendo un forte cambiamento di orientamento con l’affermazione del bisogno di “internalizzare nelle proprie
elaborazioni alcuni comportamenti che la teoria tradizionale assumeva come extra- economiche: in particolare la solidarietà, l’onestà, la socialità, l’equità;; in definitiva quelle componenti che possono conglobarsi nella concezione etica dell’economia” (Zamagni, Il
problema economico nella società post industriale e l'urgenza di un nuovo orizzonte di senso, 1995). La conseguenza di tali scelte è la messa in discussione del paradigma classico e neoclassico dell’homo oeconomicus quale perseguitore della massimizzazione del profitto al fine di arrivare a considerare come complementari due elementi che in passato venivano ritenuti elementi opposti, cioè l’efficienza e la solidarietà, in grado di supportarsi reciprocamente nel processo di sviluppo (Zamagni, Il problema economico nella società post industriale e l'urgenza di un nuovo orizzonte di senso, 1995).
Al giorno d’oggi si affermano dunque dei modelli operativi che guardano al di là del concetto classico dell’economia come puro atto meccanico condotto da scelte razionali di utilità. Al contrario, le pratiche economiche in diffusione oggi rappresentano il risultato di scelte pensate
6
In particolar modo si fa riferimento il governo di Margaret Thatcher in Gran Bretagna nel 1979
e quello di Ronald Reagan negli Stati Uniti d’America nel 1980.e orientate volontariamente ad affiancare all’economia determinati ragionamenti di natura sociale oltre che meramente economica. L’obiettivo è, dunque, quello di includere nella
missione aziendale non solamente gli stakeholders aziendali, ma bensì la società civile nel
suo complesso, prestando particolare importanza a temi quali la giustizia sociale, la coesione sociale ed il benessere della collettività nel suo complesso (Goinelli, 2006).
Un esempio di branchia dell’economia che considera questi aspetti è l’economia di comunione7. Tale particolare impegno è la risposta alle sempre maggiori richieste da parte dei consumatori più attenti al rispetto dei criteri di giustizia sociale e al rispetto dell’ambiente, in quanto sempre maggiormente interessati, oltre che alla qualità del prodotto che domanda, anche alla qualità del processo di produzione che quel determinato prodotto genera. In altri termini, non è vero che la preferenza da parte di un consumatore rispetto ad un prodotto piuttosto che un altro è definita unicamente rispetto alle caratteristiche del prodotto finito, perché il soggetto acquirente è interessato a conoscere come quel prodotto è stato ottenuto (Zamagni, Stato sociale e economia civile: perchè è riduttivo parlare di terzo settore).
Come abbiamo affermato in precedenza, sostanzialmente si possono raggruppare le diverse interpretazioni del rapporto tra etica ed economia in due gruppi: nel primo si collocano coloro che ritengono che le due siano completamente distinte o che siano già fondamentalmente conciliate;; nel secondo coloro che ritengono che le due debbano essere conciliate ma che ad oggi non lo siano (A. K. Sen, 1987).
Secondo la prima corrente di pensiero, l'economia è, di per sé, a-etica, poiché “il mondo della
realtà, delle decisioni efficienti e razionali in funzione delle cose che contano davvero e che, in ultima analisi, sono quelle materiali, tendenzialmente traducibili nel loro denominatore comune: il denaro. Che piaccia o no, il mondo è quello che è e non lo si può cambiare, né si possono cambiare gli esseri umani, che sono fondamentalmente egoisti (e se qualcuno è meno egoista e/o "assertivo" degli altri peggio per lui, perché nel mondo reale è destinato a rimetterci), prosaici nel loro materialismo e razionali nel perseguire solo il proprio interesse”.
Questa concezione, trova un’importante opposizione da parte di concezioni espressamente etiche presenti nell’attuale mondo imprenditoriale: movimenti per l'etica negli affari e per la responsabilità sociale delle imprese soprattutto. Chi sostiene la prima visione afferma spesso che vi sia una oggettiva coincidenza tra gli interessi individuali e quelli della collettività (Burlando R. , 2007).
Nella seconda categoria troviamo invece i punti di vista di chi, come H. Daly e A. K. Sen, ritiene che oggi etica ed economia siano sostanzialmente separate affermando però che questa non sia una condizione naturale né tantomeno desiderabile, ma al contrario un fatto grave. Per questi autori il legame tra etica ed economia non riguarda unicamente la fase di distribuzione del reddito ma tutta l'attività economica e le sue varie fasi, cominciando da cosa, come e per chi si produce fino al funzionamento delle istituzioni economiche soprannazionali, come il
7
L’economia di comunione è un particolare aspetto dell’economia civile che pone l’accento sia sulla produzione che sulla distribuzione della ricchezza, ma altresì sulla libertà di partecipazione.
Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale e l’Organizzazione mondiale del Commercio (WTO) (J.Stiglitz, 2001).
Questo pensiero trova ormai un ampio supporto, sia da parte di studiosi di varie discipline, sia di movimenti e istanze della società civile, i quali richiedono la revisione dei meccanismi di funzionamento dell'economia attuale, con l’obiettivo di renderla più democratica e partecipativa (come le istituzioni ed i movimenti che trovano momenti di incontro nei forum sociali mondiali), rispettosa dei diritti umani (come Amnesty International) e, al contempo, in grado di fornire soluzioni adeguate ed accettabili ai problemi che incombono sul futuro del pianeta e della sua intera popolazione (come le tante iniziative del volontariato e della società civile, ormai ovunque nel mondo) (Burlando R. , 2001).
Molte di queste iniziative vengono portate avanti da gruppi di persone che ritengono necessario e imprescindibile intervenire in prima persona (come consumatori, turisti, risparmiatori o assicurati) affinché sia possibile modificare dall’esterno, utilizzando tutta la propria forza contrattuale, le condizioni attuali del sistema economico e produttivo (si vedano, ad esempio, i Manuali del consumo critico e del risparmio responsabile del Centro Nuovo Modello di Sviluppo in Italia). “Alcune altre invece operano direttamente dal lato dell’offerta e
realizzano la loro specificità nella capacità di agire all’interno del sistema produttivo e finanziario secondo criteri esplicitamente etici” (Burlando R. , 2007).
Tra queste possiamo ad esempio trovare la finanza etica e le iniziative per la responsabilità sociale e ambientale delle imprese. Si tratta di iniziative che hanno l’obiettivo di introdurre significativi cambiamenti nelle abitudini operative e nei valori di riferimento degli operatori economici rilevanti nei contesti locali e globali, e che sono tra loro collegate. Infatti “la
valutazione, sulla base di criteri etici predefiniti, della responsabilità sociale d’impresa è alla base della caratteristica essenziale della finanza etica, la selezione delle attività e dei progetti, dei soggetti da finanziare, sia come fondi di investimento o pensione etici che come banche etiche o istituzioni di microcredito” (Burlando R. , 2007).
Diversi autori, tra cui Burlando, sostengono che probabilmente il futuro sviluppo dei rapporti tra economia ed etica sarà determinato proprio dalla capacità di queste iniziative di diventare dei soggetti importanti nel panorama economico-produttivo, e dalla loro capacità di influenzare il modo in cui la popolazione percepisce l’importanza delle questioni etiche negli affari. (Burlando R. , 2007).
3. La Responsabilità Sociale d’Impresa (RSI)
La crescente attenzione da parte dei consumatori rispetto ai temi quali la sicurezza, la qualità, la provenienza ed i processi produttivi dei prodotti che acquistano hanno determinato il fatto che le loro scelte di consumo sono sempre più legate a fattori intangibili, e che la reputazione aziendale8 diventa sempre maggiormente un fattore critico di successo per le imprese (Perrone, Studi in Strategia e Corporate Social Responsibility, 2009).
Infatti, i recenti disastri ambientali, gli scandali finanziari, così come l’accresciuta sensibilità della collettività e la pressione da parte delle organizzazioni non governative, spingono le aziende ad una maggiore gestione dei rischi sia di carattere ambientale che sociale. “Lo
sviluppo e l’evoluzione della rendicontazione sociale è dunque la risposta alla “crisi di legittimità” in cui sono cadute le imprese per effetto dei cambiamenti economici, sociali e culturali nei singoli paesi” (Perrini & Tencati, 2008).
Nel presente capitolo verranno dunque trattati i principi generali che caratterizzano la Responsabilità Sociale d’Impresa (in seguito RSI), i suoi obiettivi, gli strumenti della RSI ed i benefici che questa porta sia alle imprese, che ai loro portatori d’interesse.
3.1. Definizione di Responsabilità Sociale d’Impresa e origine del concetto
Secondo la Commissione delle Comunità Europee, la Responsabilità Sociale d’Impresa (o Corporate Social Responsibility) rappresenta:“L’integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle imprese nelle loro
operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate».
A tale proposito la CEE afferma che:
«Essere socialmente responsabili significa non solo soddisfare pienamente gli obblighi
giuridici applicabili, ma anche andare al di là, investendo “di più” nel capitale umano, nell’ambiente e nei rapporti con le altre parti interessate”
(Commissione delle Comunità Europee, 2001).
8
Giudizio complessivo su un’organizzazione, dato da coloro che in modo diretto o indiretto ne
influenzano l’operato o sono da questo influenzati. La reputazione si basa sulla fiducia che l’impresa gode presso il mercato, i clienti, i fornitori, i dipendenti, le Istituzioni, ecc.Essere socialmente responsabile per un’impresa significa perciò integrare le questioni sociali, ambientali, etiche, i diritti umani e le sollecitazioni dei consumatori nelle proprie operazioni commerciali e nella propria strategia di base in stretta collaborazione con i rispettivi interlocutori, con l’obiettivo di:
– fare tutto il possibile per creare un valore condiviso tra i suoi proprietari/azionisti e gli altri soggetti interessati e la società in generale;;
– identificare, prevenire e mitigare i loro possibili effetti avversi» (Commissione delle Comunità Europee, 2001)
Di conseguenza, L’esercizio effettivo della RSI si verifica quando un’impresa si fa carico delle attese degli stakeholder9 anche oltre gli obblighi previsti dalla legge, non come puro gesto di
altruismo, ma quando tale comportamento è inscritto nella strategia dell’impresa così da tendere a costituirne una fonte di vantaggio competitivo.
Il concetto di responsabilità sociale d’impresa è nato intorno agli anni ’20 del ‘900, quando si iniziava a riconoscere l’importanza per i manager aziendali di operare non più solo negli interessi degli azionisti (shareholders view), ma anche di tutti gli altri interlocutori sociali (stakeholders view). A partire dagli anni ‘60, si è passati da una responsabilità sociale legata unicamente al manager ad una concezione di responsabilità estesa all’impresa nel suo complesso. Successivamente, negli anni ’70, si è prestata l’attenzione all’ “individuazione dei
comportamenti delle imprese qualificabili come socialmente responsabili e che sviluppano procedure interne capaci di fare integrare e fare proprie tutte le preoccupazioni e tutte le istanze sociali” (Perrone, Studi in Strategia e Corporate Social Responsibility, 2009).
Negli anni ’80, sono state sviluppate diverse teorie relativamente al tema: la Teoria degli Stakeholders, la Business Ethics (che esplora la sfera etica delle imprese), e la Corporate Social Performance, legata alle prestazioni finanziarie dell’impresa. Negli anni seguenti il concetto della CSR si è affermato come “fattore rilevante negli studi sulle strategie sociali
dell’impresa, sul concetto di sostenibilità finalizzato alla creazione di valore nel lungo periodo, sulla sistematica valutazione delle performance aziendali, sullo sviluppo della comunicazione e del marketing CSR e sullo sviluppo di modalità e tecniche di rendicontazione socio- ambientale delle imprese (bilanci sociali)” (Perrone, Studi in Strategia e Corporate Social
Responsibility, 2009).
Nella fase evolutiva attuale dell’economia, le imprese hanno la necessità di dover operare in un contesto economico e sociale caratterizzato da un elevato grado di complessità. Di conseguenza, il comportamento strategico delle aziende si è evoluto nel tempo. Ha preso sempre più rilevanza il tema della flessibilità, che “impone un sempre più ampio ricorso al
decentramento sia del potere decisionale collegato alla normale operatività, che del potere decisionale strategico. Il decentramento, infatti, ha coinvolto non solo le strutture decisionali, ma anche l’apparato produttivo, distribuito sul territorio in molteplici unità di dimensioni più contenute, caratterizzate da minore complessità di governo e localizzate spesso in luoghi in
cui sono presenti fattori ambientali di convenienza” (costo del lavoro, imposizione fiscale, ecc)
(Cavalieri & Franceschi).
In aggiunta, la ricerca dell’efficienza ha spinto le imprese ad un’attenta analisi del livello di performance (soprattutto nell’ambito della produzione) con il quale erano capaci di realizzare le differenti fasi del ciclo produttivo. Si sono così prodotti fenomeni di esternalizzazione10.
Si può affermare, dunque, che: “ad oggi l’azienda si pone al centro di “una rete di rapporti e
relazioni” con diversi interlocutori sociali che ne testimoniano i distinti momenti di apertura verso l’ ambiente ;; essa non può, dunque, esimersi dall’ operare attraverso la sistematica collaborazione con i singoli attori della scena globale, siano essi comunità economiche o paesi, istituzioni o organizzazioni produttive, aziende cooperative, pubbliche amministrazioni, fondazioni, associazioni, ONG, ecc. Tale collaborazione con gli stakeholder aziendali è necessaria per gestire le problematiche sociali e ambientali che influenzano la competitività dell’azienda e il suo ruolo nell’economia e nella società”. “Infatti, il conseguimento dell’economicità nella gestione è legato non solo al realizzarsi di soddisfacenti processi interni di trasformazione, ma anche agli effetti che discendono dalla “qualità dei rapporti” che l’azienda ha saputo instaurare con i propri fornitori, clienti, finanziatori, con le istituzioni di riferimento, quindi con quella che viene definita “area esterna dell’azienda”” (Perrone, Studi in
Strategia e Corporate Social Responsibility, 2009).
3.2. Le aree di intervento della Responsabilità Sociale d’Impresa
Le iniziative intraprese da parte delle imprese relativamente al tema di responsabilità sociale possono essere ricondotte a comportamenti responsabili declinati ed attuati in diverse modalità, mediante la dimensione interna ed esterna dell’azienda, relativamente alla situazione di ciascuna impresa ed al contesto specifico in cui essa si trova ad operare (Commissione delle Comunità Europee, 2001).
Le due dimensioni sono delineate nel Libro Verde della Commissione Europea “Promuovere
un quadro europeo per la responsabilità sociale delle imprese”. L’impegno da parte dell’Unione
Europea nell’ ambito della RSI risale al 2001 con la redazione del suddetto Libro Verde, nel quale la Commissione Europea riporta le linee guida in materia di RSI, proponendola come uno degli elementi basilari della cultura imprenditoriale, caratterizzata dall’integrazione nella gestione aziendale dell’etica. In particolare, la RSI viene definita come "l'integrazione, nelle
operazioni commerciali delle imprese e nei loro rapporti con le parti interessate (stakeholder), di 18 preoccupazioni di carattere sociale ed ecologico, attraverso un processo volontario di autoregolamentazione" (Perrone, Studi in Strategia e Corporate Social Responsibility, 2009).
Di conseguenza, le attività socialmente responsabili possono sostanzialmente riguardare la dimensione interna e la dimensione esterna dell’azienda.
10 Trasferimento verso altre organizzazioni produttive, delle attività o dei processi che in termini di costi o qualità non è conveniente realizzare internamente alla propria struttura
La dimensione interna fa riferimento all’ambito aziendale interno e riguarda le aree d’intervento seguenti:
– Gestione delle risorse umane, ossia l’attenzione e gli investimenti legati al capitale umano di un’azienda;;
– Salute e sicurezza nel lavoro, cioè l’adozione di misure volontarie che devono integrare gli obblighi legislativi oltre a sviluppare una propria cultura aziendale orientata alla protezione dei propri collaboratori;;
– Adattamento alle trasformazioni, ovvero l’impegno da parte dell’impresa per una gestione responsabile delle ristrutturazioni aziendali, al fine di attenuarne gli impatti sociali;;
– Gestione delle risorse naturali e degli effetti sull’ambiente, ossia l’impiego delle risorse naturali che vengono utilizzate dall’impresa nel ciclo produttivo dei propri prodotti, in modo da ridurre l’impatto ambientale di quest’ultimo (Commissione delle Comunità Europee, 2001).
Nella tabella seguente vengono proposte le azioni che un’azienda può attuare nell’ambito aziendale interno, in materia di RSI:
Figura 1: Le pratiche di Responsabilità Sociale d’Impresa nella dimensione aziendale interna
Gestione delle risorse umane
Salute e sicurezza nel lavoro
Adattamento alle trasformazioni
Gestione degli effetti sull’ambiente
Istruzione e formazione continua dei collaboratori
Curare le garanzie offerte dalla catena di fornitura rispetto al tema della salute e sicurezza sul lavoro
Prestare attenzione alla partecipazione ed al coinvolgimento di tutte le parti interessate
Riduzione del consumo di risorse, di emissioni di inquinanti e di rifiuti
Livelli di retribuzione e orario lavorativo
Selezionare fornitori che tengono conto degli aspetti di sicurezza e salute sul lavoro
Adottare politiche di riconversione professionale
Attenzione per l’impatto dei prodotti nel corso di tutto il loro ciclo di vita
Uguaglianza e pratiche non discriminatorie
Migliorare il livello di sicurezza dei propri prodotti
Stringere partnership a favore dell’occupazione locale e dell’inserimento sociale
Adozione di sistemi di gestione ambientale e di audit certificabili da organismi accreditati Prospettive di inserimento professionale Miglioramento delle prestazioni ambientali lungo tutta la catena produttiva