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I percorsi della cronicita' alla luce della riforma del Sistema Sanitario della Regione Toscana.

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UNIVERSITÀ DI PISA

Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove

Tecnologie in Medicina e Chirurgia

Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia

TESI DI LAUREA

I PERCORSI DELLA CRONICITA’ ALLA LUCE DELLA

RIFORMA DEL SERVIZIO SANITARIO TOSCANO

CANDIDATO

Rosario Andrea COCCHIARA

RELATORE

Prof. Angelo BAGGIANI

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al Mare, che mi ha allevato forte e libero, alla mia Ancora, che ha reso innocua ogni tempesta, all’Infinito, che si è fatto garante dei miei orizzonti.

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INDICE

Introduzione………...

3

CAPITOLO 1. Evoluzione del Sistema Sanitario

Nazionale……….……….…....

7

CAPITOLO 2.

Legge di riordino assetto istituzionale e

organizzativo del servizio sanitario regionale della

Toscana...………...…..

31

CAPITOLO 3. La Società della Salute (SdS)………

55

CAPITOLO 4. Le Aggregazioni Funzionali

Territoriali (AFT) e le Unità Complesse di Cure

Primarie (UCCP)……….………...……….

65

CAPITOLO 5. La Casa della Salute (CdS)………...

81

CAPITOLO 6.

Il Sistema e i percorsi della cronicità:

prima e dopo la riforma sanitaria…..……….………..

94

Conclusioni……….…....……..

110

Ringraziamenti……….……

113

Bibliografia………...

114

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Introduzione

Nel corso degli ultimi anni stiamo assistendo a notevoli cambiamenti per quanto riguarda l’epidemiologia delle patologie, con un passag-gio da una prevalenza di patologie di tipo acuto ed infettivo a patolo-gie di tipo cronico e degenerativo, in linea anche con il trend dell’allungamento della vita e con un’aspettativa di vita che si è spo-stata in avanti, intorno agli 83 anni.

Ci ritroviamo al contempo a dover fronteggiare una progressiva ridu-zione della disponibilità di risorse economiche e di conseguenza alla necessità di decurtare le quote della spesa sanitaria: ai governi nazio-nali e regionazio-nali si è posta la necessità di dare una risposta consona ed adeguata a questo nuovo complesso scenario.

Le patologie croniche determinano come prevedibile una consistente domanda di spesa assorbendo una rilevante percentuale delle risorse adibite al servizio sanitario. Esse incidono sui bilanci delle Regioni in maniera così consistente che negli anni è stato necessario rivalutare i

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modelli di gestione proposti, integrando agli originali soggetti, nuovi protagonisti strutturali. L' ideazione di nuove reti di servizi ed iter as-sistenziali che si facessero carico del nuovo profilo del malato hanno rivoluzionato l'approccio della sanità identificando nella tutela globa-le dell'individuo il punto ultimo del proprio intento di salute e la-sciando decadere al passato la concezione di disease-targeted therapy. Il diabete, l'ipertensione e le malattie cardiovascolari, le bronco-pneumopatie croniche ostruttive, le patologie neoplastiche e neuro-degenerative, l'obesità e l'osteoporosi, rappresentano sfide che non possono essere affrontate con l'erogazione di una prestazione sanita-ria in forma unica e diretta: è necessario un intervento multidiscipli-nare, globale e continuo che garantisca una gestione efficace a lungo termine, che ne argini l'evoluzione e scongiuri o prevenga le recidive e complicanze.

Partendo da queste considerazioni, che vedono al centro della sanità pubblica l'individuo, con i suoi nuovi bisogni di Salute da intendersi come benessere psico-fisico, la Regione Toscana ha inteso promuo-vere un riordino del servizio sanitario regionale con la Legge Regio-nale n.28 del 16 marzo 2015: l'intento è quello di poter presentare

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un’offerta ampia, soddisfacente ed esaustiva, che vede una rialloca-zione delle risorse e dei servizi sanitari e socio-assistenziali in enti ed iter innovativi e che dovrebbe in ultima analisi sfociare in una im-plementazione qualitativa dell’assistenza, pur contemplando una ri-duzione della spesa pubblica.

L'intento di questo progetto di tesi è proprio quello di indagare ed enucleare i punti cardine di questa legge di riforma che, ispirandosi al Chronic Care Model, si è espansa nella attuazione della sanità di ini-ziativa al fine di prevenire le complicanze e conseguire una migliore gestione della patologia.

Prima di prendere in esame e di interfacciarsi con il nuovo disegno legislativo si è ritenuto dunque interessante provvedere a fornire una visione panoramica di come negli anni si sia realizzata la metamorfo-si del nostro Sistema Sanitario, di riflesso alle mutanti necesmetamorfo-sità del malato e della società intorno ad esso.

Si è focalizzata l'attenzione su quegli enti nuovi protagonisti incom-benti nello scenario della sanità della Regione Toscana, entrando nel merito della descrizione delle funzioni e del precipuo ordine struttu-rale delle Società della Salute (SdS), della Casa della Salute (CdS),

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delle Aggregazioni Funzionali Territoriali (AFT) e delle Unita Com-plesse di Cure Primarie (UCCP). Si è infine conclusa la trattazione portando in evidenza alcuni esempi pratici di percorsi di approccio a patologie croniche (nello specifico Diabete tipo II e ictus/TIA) se-condo i modelli sperimentalmente adottati nell'ambito dell'ASL 5 di Pisa.

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CAPITOLO 1 - Evoluzione del Sistema

Sanitario Nazionale

La trasformazione del Sistema Sanitario Italiano si è realizzata di ri-flesso al progresso sociale, scientifico e tecnologico.

Un processo lungo e tortuoso nel corso di decenni si è evoluto da un Sistema Sanitario originario imperniato sui lavoratori ad un sistema che vedeva come fulcro il cittadino in quanto individuo, con i suoi bisogni ed i suoi diritti umani.

Numerosi sono stati i cambiamenti che si sono succeduti nel corso degli anni prima di approdare ad un livello organizzativo efficiente, in grado di dare risposte altamente qualitative ai bisogni richiesti. A seguito della proclamazione dell’Unità d’Italia nel 1861 emerse il problema di uniformare la legislazione a livello di assistenza sanitaria e ospedaliera sull’intero territorio nazionale regolata, fino ad allora, da un’attività di tipo caritatevole, che si reggeva sotto il profilo fi-nanziario, su lasciti e opere di beneficenza: venne così approvata la

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legge Rattazzi1 che introdusse una coordinata disciplina delle

istitu-zioni solidaristiche fino ad allora garanti dell’assistenza sanitaria per i più bisognosi, ovvero di ospedali e fondazioni.

La Direzione Generale per la Sanità venne istituita presso il Ministe-ro dell’Interno, cui fuMiniste-rono attribuite specifiche responsabilità e com-petenze, fino al 1945.

Il 20 marzo 1865 venne approvata la prima legge organica in materia di sanità pubblica che affidava la tutela della salute pubblica a livello centrale al Ministero dell’Interno, mentre a livello periferico ai Pre-fetti e ai Sindaci, rispettivamente nelle Province e nei Comuni. Tale articolo normativo realizzava per la prima volta una regolamentazio-ne unitaria e uniforme dal punto di vista finanziario, poregolamentazio-nendo a carico delle Province le spese per il mantenimento dei malati meno abbienti e attribuendo ai comuni le spese per il servizio dei medici, dei chirur-ghi e delle levatrici per i poveri.

La legge n. 5849 del 22 dicembre 1888 istituì, presso il Ministero dell’Interno, il Consiglio Superiore della Sanità, i cui compiti erano quelli di organizzare i vari settori dell’igiene e della polizia sanitaria,

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focalizzando l’attenzione sull’assistenza sanitaria domiciliare e det-tando le norme che regolavano la posizione giuridica dei medici inca-ricati del servizio.

In seguito la legge fu integrata da ulteriori disposizioni intese a mi-gliorare l’organizzazione dell’assistenza farmaceutica, la lotta contro la tubercolosi, la pellagra, la malaria, la sifilide ed altre malattie, nonché di provvedimenti tesi all’assistenza degli indigenti e degli inabili al lavoro.

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Nel 1890 fu emanata la riforma più importante per il mondo della

sa-nità e dell’assistenza di quel periodo, la cosiddetta “Legge Crispi”2,

con la quale gli ospedali, le case di riposo, le opere pie (che una in-dagine statistica di sei anni più tardi avrebbe stimato in un numero di oltre 23.000 con un patrimonio superiore ai due miliardi), furono tra-sformati da enti privati in Istituti Pubblici di Assistenza e Beneficen-za (IPAB).

Questa legge, pur non incidendo in maniera significativa sul miglio-ramento della qualità del servizio sanitario, avendo gli ospedali un li-vello molto basso di competenze mediche e svolgendo quindi essen-zialmente una funzione assistenziale, rappresenta un tassello di note-vole importanza dal momento che fece emergere e disciplinò l’ormai diffuso senso comune del diritto all’assistenza ospedaliera, stabilendo che i requisiti per potervi beneficiare erano costituiti e riconosciuti per la legge nella povertà del malato e nell’urgenza del ricovero. Negli anni seguenti l’assistenza pubblica si va sviluppando in Italia gradualmente, con un sistema che può dirsi frammentario, giacché le norme che la regolano non formano un complesso organico: sebbene

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nel 1907 con il Regio Decreto n.636 tutte le norme e le leggi sanitarie furono incorporate in un Testo Unico, l’emanazione nel 1901 del “Regolamento generale Sanitario”3, la legge 242 del 1902 e il

rego-lamento n.41 del 19034, l’istituzione nel 1904 dei manicomi

provin-ciali e l’assistenza psichiatrica, erano stati provvedimenti singoli, non ascritti in un corpus normativo unitario.

Nel campo della previdenza le prime forme di assicurazione obbliga-toria, e specialmente l’assicurazione contro i rischi degli infortuni sul lavoro, si ispirano a concetti prettamente individualistici, secondo i quali il lavoratore infortunato ha il diritto di essere risarcito del danno subito al servizio della produzione e che è necessario garantire agli individui economicamente deboli il minimo indispensabile per la vita. Nel periodo fascista, nel quadro della politica del corporativismo, tut-ta una serie di leggi e di norme furono emanate al fine di creare un si-stema assicurativo- previdenziale in grado di migliorare le condizioni di salute fisica del singolo nell’ottica di dover garantire una tutela della collettività con lo Stato che diventa protagonista diretto e attivo,

3 Il Regolamento generale Sanitario” del 1901 disciplinava per la prima volta l’esercizio delle

professioni sanitarie ed affini

4 La legge n.242 del 19 giugno 1902 e il regolamento n.41 del 19 Gennaio 1903 provvedono alla

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mentre in passato le competenze centrali si erano limitate a gestire at-tività di igiene e profilassi delle malattie infettive.

A parte i vari interventi legislativi a tutela dell’infanzia e alla mater-nità, con importante valore propagandistico oltre che puramente sani-tario il 27 luglio 1934 fu approvato il Testo Unico delle leggi sanita-rie avente come obbiettivo la ristrutturazione organizzativa della sa-nità pubblica, la regolamentazione delle professioni sanitarie e una serie di provvedimenti contro le malattie infettive e sociali. Nello stesso periodo furono istituiti diversi enti mutualistici con compiti di assistenza sanitaria e previdenziale, quali l’INAIL (Istituto Nazionale per le Assicurazioni contro gli Infortuni sul Lavoro), l’INPS ( Istituto Nazionale della Previdenza Sociale), l’ENPAS (Ente Nazionale Pre-videnza e Assistenza Statali), l’INAM ( Istituto Nazionale di Assicu-razione contro le Malattie), nonché varie altre mutue per diverse ca-tegorie di lavoratori quali artigiani, commercianti e coltivatori diretti. Subito dopo la fine della seconda guerra mondiale il 12 luglio 1945 fu istituito l’ACIS5, l’Alto Commissariato per l’Igiene e la Sanità

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La materia sanitaria, così, venne sottratta al Ministero dell’Interno e a tale organismo vennero attribuite importanti funzioni quali la tutela della salute pubblica, della vigilanza sulla Croce Rossa, sull’opera nazionale per la protezione della Maternità e dell’Infanzia istituita con legge n. 2277 del 1925 e, inoltre, ebbe la funzione di coordinare e vigilare sulle organizzazioni sanitarie e sugli enti che avevano il compito di combattere e prevenire le malattie sociali.

Con l’entrata in vigore della Costituzione, il 1 gennaio 1948, ed in particolare dei nuovi principi in materia sanitaria, contenuti negli ar-ticoli 2, 3, e soprattutto 32 e 38, venne concretizzata l’esigenza di non smantellare l’apparato assistenziale e di mantenere il più possibi-le il livello quali-quantitativo delpossibi-le prestazioni sanitarie erogate con costi compatibili con le risorse finanziarie disponibili. Saranno queste le fondamenta sulle quali si verrà ad erigere l’architettura del moder-no Sistema Sanitario Nazionale.

L’articolo 32 al comma I, enuncia che: “La repubblica tutela la

salu-te come fondamentale diritto dell’individuo e insalu-teresse della colletti-vità e garantisce cure gratuite agli indigenti”.

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Il comma II dell’art. 32 afferma: “Nessuno può essere obbligato a un

determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.

Viene quindi sancito nella Costituzione che prima di tutto, viene la persona che decide se, quando e come curarsi.

L’articolo 117 attribuisce alle Regioni la potestà di legiferare in ma-teria sanitaria, cosa ulteriormente ribadita con la modifica del dettato costituzionale e precisamente con la modifica al Titolo V della Parte Seconda della Costituzione, nel 2001, nel rispetto dei principi fon-damentali stabiliti dalle leggi dello Stato.

Si deve alla legge 13 marzo 1958, n. 296, l’istituzione del Ministero della Sanità, il quale subentrò all’ACIS5, con la funzione di coor-dinare e vigilare su tutti gli enti erogatori di assistenza sanitaria, sull’esercizio delle professioni sanitarie, e di regolare tutte le attività sanitarie ed amministrative pubbliche in materia di sanità.

Il Ministero della Sanità fu la prima vera struttura istituzionale in ma-teria di sanità pubblica e quali organi periferici del Ministero furono

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istituiti il Medico Provinciale e gli Ufficiali sanitari comunali. Ad es-so furono attribuite le funzioni di provvedere ai servizi sanitari delle amministrazioni dello Stato, di vigilare su tutti gli enti erogatori di assistenza sanitaria e sull'esercizio di tutte le professioni sanitarie, nonché di emanare istruzioni obbligatorie per tutte le amministrazioni pubbliche che si occupavano di sanità.

Ma determinante, per un concreto passo in avanti nell'attuazione dell'articolo 32 della Costituzione e quindi per il riconoscimento dei diritti umani e sociali dei cittadini italiani fu la riforma ospedaliera del 1968 nota come legge Mariotti6 con la quale fu abbandonato il

concetto degli enti di assistenza e beneficenza e il criterio caritativo - assistenziale; gli ospedali vennero scorporati dagli enti pubblici (IPAB, Mutue, Ospedali civili ed altri enti pubblici) per essere costi-tuiti in enti autonomi, tutti con la stessa organizzazione e tutti con il solo scopo del ricovero e della cura.

La riforma individuò ospedali generali (suddivisi in regionali, pro-vinciali e zonali), altamente specializzati, per malati a lungo termine

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e convalescenti oltre a prevedere anche un'attività di programmazione ospedaliera - ovvero un piano nazionale ospedaliero da raccordare con i corrispondenti piani regionali ed il finanziamento della spesa tramite la retta di degenza e gli stanziamenti del Fondo Sanitario Ospedaliero.

Successivamente, nel 1972, ci fu il trasferimento dei poteri e delle competenze amministrative e sanitarie dallo stato alle regioni, mentre nel 1974, con legge n. 386, furono estinti i debiti che le mutue aveva-no accumulato verso gli Enti ospedalieri, fu istituito il Fondo Nazio-nale per l'Assistenza Ospedaliera (che veniva dato alle regioni, che a loro volta lo erogavano agli ospedali e alle case di cura) e furono det-tate disposizioni per il concreto avvio della riforma, che avviava al Sistema Sanitario Nazionale con l’estensione delle cure ospedaliere gratuite per tutti e provvedimenti sanitari di tipo preventivo più che curativo.

Fu con la legge 23 dicembre 1978, n. 833 che venne istituito il Si-stema Sanitario Nazionale che riformò di fatto tutta la sanità italiana riordinando la rete ospedaliera e la rete territoriale. Essa previde una divisione dei compiti dello Stato, delle Regioni, delle Province e dei

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Comuni e l’istituzione delle USL7; con tale legge furono finalmente

superati i vari enti mutualistici, che furono sciolti, e si privilegiò l’attività di coordinamento tra ospedale e territorio, introducendo al-tresì importanti attività di prevenzione primaria e terziaria.

La legge 833 venne impostata su dei principi fondamentali traendoli direttamente dall’articolo 32 della Costituzione: primo fra tutti il principio della globalità, ovverosia che tutte le attività sanitarie, tanto di prevenzione quanto di cura, si muovessero nell'ambito del Servizio Sanitario Nazionale (SSN); il principio di uguaglianza di tutti i citta-dini nei confronti del servizio, senza distinzioni di condizioni indivi-duali o sociali; il controllo democratico da parte dei cittadini sulle strutture pubbliche; la

partecipazione delle organizzazioni del settore della sanità, in parti-colare delle associazioni di volontariato.

Gli obiettivi da raggiungere sono volti alla prevenzione delle

malat-tie e degli infortuni in ogni ambito di vita e di lavoro (finalità che non esisteva nel sistema mutualistico, basato esclusivamente sulla cura e sulla riabilitazione); l'igiene e la salubrità degli ambienti di vita e di

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lavoro e degli alimenti e il controllo dell'igiene ambientale; la

dia-gnosi, la cura e la riabilitazione delle malattie (rispondenti anche

queste al quadro del suddetto principio della globalità degli interven-ti); il superamento degli squilibri territoriali nelle condizioni sociali ed economiche nel Paese, per assicurare una effettiva eguaglianza di trattamento su tutto il territorio nazionale e la tutela della maternità,

dell'infanzia, della salute nell'età evolutiva e negli anziani, delle

atti-vità sportive e della salute mentale8.

Il Sistema Sanitario Nazionale venne ad essere organizzato con una ripartizione di compiti diversi, tra:

a) lo Stato, deputato alla programmazione sanitaria nazionale, con il Piano Sanitario Nazionale, alla cui gestione si provvedeva con il Fondo Sanitario Nazionale;

b) le Regioni, con il compito di legiferare ed amministrare in materia sanitaria ed ospedaliera, in un ambito inscritto alla cornice normativa stabilita dallo Stato. Esse ripartiscono il Fondo Sanitario Regionale dopo aver emanato il Piano Sanitario Regionale;

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c) le Province ed i Comuni che esercitano le attività amministrative e sanitarie con l’individuazione delle USL, che rappresentano le “strut-ture operative dei comuni e delle comunità montane”.

Le Unità Sanitarie Locali divennero quindi le affidatarie della gestio-ne diretta dell’assistenza sanitaria, con compiti specifici riguardanti l’educazione sanitaria, i progetti di prevenzione individuale e collet-tiva delle malattie fisiche e psichiche, di igiene, medicina scolastica e del lavoro, assistenza medica generalistica, specialistica, infermieri-stica, domiciliare ed ambulatoriale e medicina riabilitativa.

Esse venivano gestite da organismi nominati su base elettiva a livello locale e precisamente: l'Assemblea Generale, costituita dal Consiglio comunale o dall'assemblea dell'associazione dei comuni, nel caso in cui il territorio della USL insistesse su più comuni. All'Assemblea fu demandato il compito di fissare le linee di fondo dell'attività della USL (approvazione dei bilanci e dei conti consuntivi, dei piani, dei programmi e delle spese pluriennali, della pianta organica del perso-nale, dei regolamenti e delle convenzioni); il Comitato di Gestione eletto dall'Assemblea Generale cui spettavano tutti gli atti di ammini-strazione delle USL (le cosìddette delibere); il Presidente del

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Comi---

tato di Gestione eletto dallo stesso Comitato, con potere di

rappresen-tanza della USL e di adozione degli atti di gestione necessari ed ur-genti da sottoporre alla successiva ratifica del Comitato di Gestione;

il Collegio dei Revisori dei Conti, col compito di verificare la

con-formità alle leggi e la correttezza economico contabile degli atti della USL.

Ora, l’impianto della Legge 833 almeno a livello teorico, si presenta-va come un progetto ambizioso ma invidiabile, avendo introdotto no-tevoli innovazioni di carattere politico, tecnico ed economico, come il rispetto del principio di uguaglianza di fronte alle cure, di privile-gio dell’attività di prevenzione, oltre a quella di cura delle malattie, e il decentramento dei poteri decisionali. Ciononostante, ben presto vennero alla luce le sue innegabili criticità a minarne la validità e comprometterne l’affermazione: da un lato l’insoddisfazione dei

cit-tadini-utenti per la qualità delle prestazioni, dall’altro

l’incontrollabilità della spesa che lievitava vertiginosamente in virtù dell’assenza di vincoli di obbligazioni, sistemi di controllo o di appa-rati di responsabilizzazione del personale, fecero emergere la necessi-tà di un superamento di tale modello organizzativo.

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Il livello di crisi raggiunto dal sistema determinò dunque la necessità di una nuova riforma, ispirata agli obiettivi di aumentare l’economicità della gestione e responsabilizzare tutti i soggetti inte-ressati e coinvolti: le Regioni, le strutture ed i cittadini.

La manovra di riforma si venne a definire con una nuova normativa, il Decreto Legislativo n. 502 del 30 dicembre 1992, poi modificato dal D.L. n. 517 del 7 dicembre 1993, anch’esso più volte integrato e

modificato e completato dal D. L. n.229 del 19 giugno 19999, in cui i

cambiamenti più notevoli sono i seguenti:

- a livello centrale (lo Stato) vengono definiti, tramite il Piano Sanita-rio Nazionale, gli obiettivi fondamentali di prevenzione, di diagnosi e cura, i livelli uniformi di assistenza e l’entità del finanziamento assi-curato al Servizio Sanitario Nazionale.

- a livello regionale vengono definite le strategie organizzative e ge-stionali più adatte per attuare il Servizio Sanitario Regionale. A tal proposito una novità veramente rilevante sta nel fatto che le Regioni possono decidere se assicurare livelli di assistenza superiori a quelli

9 D.L. n 229 del 19 giugno 1999: Decreto meglio noto come “decreto Bindi” dal nome del Ministro

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uniformi e hanno altresì l’obbligo di ripianare gli eventuali disavanzi di USL ed Ospedali, utilizzando solo le proprie risorse economiche, per reperire le quali possono intervenire sui tickets esistenti, istituirne di nuovi e istituire nuove tasse.

- A livello delle strutture che erogano i servizi sanitari (Usl ed Ospeda-li), viene loro attribuita la dimensione di "azienda"; in particolare, le nuove aziende sanitarie assumono la personalità giuridica di diritto pubblico ed autonomia organizzativa, patrimoniale, contabile, gestio-nale e tecnica.

- Alcuni ospedali, rispondenti a specifici requisiti10 - in generale

pos-siamo dire ad alta specializzazione o di rilevanza nazionale - diventa-no Aziende Ospedaliere e si separadiventa-no dalle USL mentre gli altri

10

I requisiti per la definizione di Azienda Ospedaliera sono rappresentati da un'organizzazione dipartimentale; un sistema di contabilità suddivisa per centri di costo; la presenza di almeno tre unità operative di alta specializ-zazione; la presenza del reparto di emergenza ed accettazione di secondo livello; la presenza di programmi inte-grati di assistenza su base regionale e interregionale in cui si osserva il Ruolo di ospedale di riferimento; deve risultare un'attività di ricovero in degenza ordinaria per pazienti residenti in Regioni diverse di almeno il 10% superiore rispetto ai valori medi della regione di appartenenza; deve risultare un indice di complessità della casi-stica dei pazienti in ricovero ordinario di almeno il 20% superiore rispetto ai valori medi della regione di appar-tenenza; un proprio patrimonio immobiliare che permetta lo svolgimento delle attività istituzionali di tutela della salute e di erogazione di prestazioni sanitarie; il finanziamento dell'azienda ospedaliera deve essere sostenuto dall'ASL "ospitante" ed economicamente dipende in base al numero di ricoveri che sostiene ogni anno.

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ospedali restano nelle USL come presidi interni alle stesse ma con una certa autonomia contabile (contabilità separata). Nascono così le ASL11 e le ASO11, strutturate come enti pubblici, ma con carattere di

tipo privatistico.

L’aziendalizzazione consiste quindi nell'introduzione nelle USL e nelle Aziende Ospedaliere di modelli di gestione tipici dell'impresa privata e di elementi di mercato nel rapporto tra domanda ed offerta di servizi. Si spiega così dunque la scelta di far dirigere le Aziende Sanitarie da un Direttore Generale, che tende ad assimilarsi all’immagine di un amministratore delegato dell'impresa privata in quanto accentra su di sé tutti i poteri di gestione e risponde poi del suo operato di fronte alla Regione. Vengono altresì introdotti sistemi contabili, di analisi e di previsione dei costi tipici dell'ambito del ma-nagement imprenditoriale (la contabilità economico patrimoniale, la contabilità analitica, il budget e l'obbligo del pareggio di bilancio) e viene conferita al cittadino la libertà di scelta delle strutture sanitarie: la remunerazione delle strutture stesse e dunque gli introiti realizzati

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dipendono dal numero delle prestazioni effettivamente erogate re-stando quindi vincolati alle scelte del cittadino.

Al vertice dell’Azienda viene nominato un Direttore Generale, che ha tutti i poteri di gestione e la rappresentanza dell'azienda ed è assunto dalla Regione con contratto privatistico. Egli è coadiuvato da un Di-rettore Amministrativo ed un DiDi-rettore Sanitario, che dirigono rispet-tivamente i servizi amministrativi e sanitari ed esprimono parere ob-bligatorio sugli atti relativi alle materie di rispettiva competenza. Al-tri organi previsti nell’amministrazione sono: il Collegio dei Revisori (poi sostituito dal Collegio sindacale) con il compito di verifica degli aspetti economici e legislativi dell’attività aziendale; il Consiglio dei sanitari, eletto dai dipendenti, con funzione di consulenza tecnico sa-nitaria; la Conferenza dei sindaci, con compiti di programmazione di politica sanitaria locale ed il Coordinatore dei servizi sociali.

La seconda riforma conferma l'attribuzione alle USL di compiti di prevenzione ed erogazione di prestazioni di medicina di base, specia-listiche, di diagnostica strumentale, di laboratorio ed ospedaliere e proprio in merito all’obiettivo della prevenzione vengono istituiti presso ciascuna USL i Dipartimenti di Prevenzione, che aggregano

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servizi prima separati (igiene e sanità pubblica, prevenzione e sicu-rezza degli ambienti di lavoro, igiene degli alimenti, servizi veterina-ri). Le prestazioni di medicina di base vengono erogate dai medici e pediatri convenzionati con le USL.

Le prestazioni specialistiche, di laboratorio ed ospedaliere vengono erogate dai presidi della USL o da Aziende ospedaliere, previo pa-gamento delle prestazioni da parte delle USL. Sul territorio poi le USL continuano ad articolarsi in Distretti socio sanitari ma con com-piti più rilevanti e qualificati rispetto a quelli previsti dalla prima ri-forma (erogazione dei servizi di primo livello e di pronto intervento). Il Distretto delle aziende USL è il centro di coordinamento dei servizi sanitari sul territorio, il centro di orientamento e controllo della do-manda socio sanitaria, dotato di autonomia economico finanziaria e gestionale. Vengono quindi rafforzate le funzioni di integrazione del Distretto e si individua la figura del Direttore di Distretto affiancato da un Ufficio di coordinamento delle attività distrettuali, composto dai rappresentati delle professionalità coordinate dal Distretto.

Pochi mesi dopo la “riforma della riforma” del Decreto Legislativo n. 229, viene emanato un nuovo Decreto Legislativo, n. 517 del 21

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di---

cembre 1999, col fine di precisare e migliorare la cooperazione tra il Servizio Sanitario Nazionale e i Policlinici Universitari e le strutture universitarie facenti parte di “Aziende Miste”, ridefinendone in parte i rapporti. Questo Decreto, in sintesi, prevede la stipula di protocolli di intesa tra Regioni ed Università per definire le linee generali della partecipazione delle Università alla programmazione sanitaria regio-nale, i volumi ottimali di attività, i posti letto, le strutture assistenziali, i criteri per l’adozione dell’atto aziendale di diritto privato; prevede altresì il riconoscimento delle aziende ospedaliero – universitarie come strutture attraverso le quali si realizza la collaborazione; l’organizzazione di tali aziende in Dipartimenti, Strutture Complesse e Strutture Semplici; l’individuazione del Direttore Generale, del Collegio Sindacale e dell’Organo di indirizzo12, quali organi delle

aziende ospedaliero – universitarie; la presenza nel Collegio di Dire-zione anche dei Direttori dei Dipartimenti ad attività integrata.

Con un ulteriore Decreto, il n. 254/2000, si integra e corregge il Decreto Legislativo 229 dove si stabilisce, fra l’altro, il compito per

12 L’Organo di indirizzo rappresenta una figura amministrativa innovativa con il compito di

sovrintendenza all’attività dei cosiddetti “Dipartimenti ad attività integrata” – attività assistenziale ed attività didattica – proponendo misure per assicurare la coerenza di queste due attività con la relativa programmazione generale

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le Regioni di programmare la realizzazione di strutture sanitarie per l’attività libero professionale intramoenia.

Risale a cinque anni dopo la legge regionale n. 4013 la quale si

prefiggeva l’obiettivo di disciplinare l’organizzazione globale del Servizio Sanitario Regionale: i criteri di finanziamento delle Aziende

USL, le erogazioni delle prestazioni, il patrimonio e la contabilità

delle Aziende sanitarie e gli strumenti e le procedure di

programmazione socio-sanitaria. Tale legge definiva altresì le

modalità di partecipazione degli enti locali al governo dei servizi

territoriali e le soluzioni organizzative atte alla presa in carico

integrata del bisogno sanitario e sociale e la continuità del percorso

diagnostico, terapeutico e assistenziale.

I servizi sanitari territoriali della zona- distretto e quelli ospedalieri in

rete erano organizzati allo scopo di garantire all'assistito la fruizione

di un percorso assistenziale appropriato; i medici di medicina

generale e i pediatri di libera scelta erano responsabili verso gli

assistiti dell'attivazione del percorso assistenziale e dovevano

garantire il coordinamento dei servizi ospedalieri e dei servizi sanitari

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territoriali sia domiciliari che semiresidenziali, residenziali e

riabilitativi della zona- distretto.

La Regione si faceva carico inoltre della promozione della salute da

intendersi come interventi da attuare su target ambientali, economici

e sociali, i quali concorressero in maniera collaterale ma incisiva alla

determinazione del benessere della collettività. Venne promossa nei

cittadini una cultura della salute attraverso la diffusione di

conoscenze e di informazioni in grado di accrescere la capacità

individuale e collettiva di autotutela nei confronti delle malattie e dei

rischi presenti negli ambienti di vita e di lavoro, mentre sul versante

amministrativo locale i Comuni furono chiamati a partecipare al

governo dei servizi sanitari territoriali in forma integrata con i servizi

sociali attraverso le Società della Salute.

Le Aziende Sanitarie e le Società della Salute, ciascuna per le proprie

competenze, attuavano interventi di comunicazione, educazione e

promozione della salute in collaborazione con le istituzioni

scolastiche, universitarie e scientifiche, gli organismi professionali e

di categoria della sanità, le associazioni del terzo settore ed in

(30)

competenza degli enti locali e delle altre istituzioni pubbliche.

Infine con l’approvazione del Patto di Stabilità 2010-2012 vennero definiti i rapporti e le competenze del Governo e delle Regioni in

merito alla spesa ed alla programmazione del Servizio Sanitario

Nazionale, con lo scopo di migliorare la qualità dei servizi e

promuovere l’adeguatezza delle prestazioni nella garanzia dell’unitarietà del sistema.

Lo Stato si impegnava nell’assicurare un patrimonio fruibile dalle Regioni alle quali spettava, d’altra parte, il compito di assicurare l’equilibrio economico-finanziario della gestione.

La procedura di ripartizione delle risorse suddivideva il budget di

spesa tra i tre Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), secondo quote

programmatiche prestabilite, cercando progressivamente negli anni di

ridurre la quota destinata all’assistenza ospedaliera e di incrementare quelle destinate alla territoriale e alla prevenzione, assegnando ad

essi maggiori risorse rispetto alla spesa storica. Le quote furono così

distribuite: un 5% destinato alla prevenzione; all’assistenza

ospedaliera spettò il 44% e all’assistenza distrettuale/territoriale il

(31)

--

Per ogni livello veniva calcolato il valore del fabbisogno regionale

moltiplicando il valore pro-capite nazionale per la popolazione

ponderata di ogni Regione. Tale valore veniva infine corretto per la

mobilità sanitaria degli assistiti, verificata a consuntivo.

Il decreto identificava inoltre nel dettaglio i settori in cui operare allo

scopo di qualificare i servizi sanitari regionali:

• riorganizzazione delle reti regionali di assistenza ospedaliera; • governo del personale;

• assistenza farmaceutica;

• qualificazione dell’assistenza specialistica;

• meccanismi di regolazione del mercato e del rapporto pubblico – privato;

• accordi sulla mobilità interregionale; • assistenza territoriale e post acuta;

• potenziamento dei procedimenti amministrativo – contabili; • rilancio delle attività di prevenzione.

(32)

CAPITOLO 2 - Legge di riordino assetto

istituzionale e organizzativo del servizio

sanitario regionale della Toscana

La legge n.28 del Riordino dell'assetto istituzionale e organizzativo del

Servizio Sanitario Regionale della Toscana, la cui approvazione è

avvenuta il 16 Marzo 2015 da parte del Consiglio Regionale, si inserisce

nell'iter normativo che regola il profilo evolutivo dell'organizzazione

della Sanità nella nostra Regione.

In risposta alle mutate variabili epidemiologiche, dell'incremento dei

costi nei processi di diagnosi e cura e della riduzione delle risorse messe

a disposizione delle Regioni da parte dello Stato, la riforma prevede una

revisione e un rafforzamento della programmazione di area vasta e la

concomitante riduzione del numero delle unità sanitarie locali (dalle

dodici attuali a un numero di tre - una per area vasta). La legge di

riforma, la cui entrata in vigore nella sua stesura definitiva è prevista per

(33)

--

carico del bilancio regionale derivata in primis dalla consistente

riduzione del numero degli organi di vertice, e in seconda misura

dall'esito di ulteriori misure di intervento introdotte al fine di

perfezionare la razionalizzazione e garantire la qualità e l'efficienza

dell'offerta del servizio sanitario.

Tra i "Principi del riordino"14 però, la valorizzazione delle risorse umane,

della professionalità e delle competenze in ambito di medicina generale

e dei pediatri di libera scelta, l'eticità e la sobrietà nell'uso delle risorse e

la promozione dell'integrazione con operatori privati accreditati nelle

strategie del sistema sanitario risultano affiancate da obiettivi di

salvaguardia e ottimizzazione delle eccellenze presenti sul territorio e di

promozione di ricerca e innovazione. A tal riguardo se ne puntualizza in

dettaglio un indirizzo specifico all'art. 19 15 indicando il termine

massimo di sessanta giorni dall'entrata in vigore della legge come

termine ultimo per adottare tali iniziative. Lungi dal voler rappresentare

un conciso programma di riallocazione di risorse infatti, il decreto

assume invero la forma di un progetto gestionale a tutto tondo.

14. LR. 28/15 - Capo I - Art.2

(34)

Viene dimostrata altresì fedeltà ai principi e agli obiettivi che per prima

la legge 833 del 1978 aveva scelto come Manifesto nella realizzazione

del moderno Sistema Sanitario Nazionale:

- la Salute resta diritto del singolo cittadino e dovere della collettività16;

- le cure devono essere disposte secondo un principio di uguaglianza e

universalità, appropriate e personalizzate per le esigenze del singolo;

- deve essere garantita equità di accesso ai servizi e uniformità nei

livelli di assistenza.

In merito proprio a tale principio di tutela dell'universalità del servizio

offerto, ponendo attenzione a quelle aree disagiate rispetto agli standard

qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi dell'assistenza

ospedaliera e territoriale, nella stesura della legge ci si è anche premurati

di dar voce ad esempio ad UNCEM17 la quale ha ribadito la necessità

che nell'ambito della nuova riforma non si dia alcuna chance di un

possibile arretramento, in osservanza anche a quanto affermato nei Patti

Territoriali. Nella valutazione dell'allora ancora proposta di legge 396

infatti, l'UNCEM si era così espressa nel Febbraio 2015, tenendo a

16. Art. 32 della Costituzione Italiana

(35)

--

precisare l'importanza di dover rafforzare la centralità della

zona-distretto quale luogo in cui organizzare la programmazione e la gestione

indicandoli quali strumenti concreti e puntuali per sottolineare la

governance territoriale. La nota infatti centra l'argomentazione secondo

cui in un contesto di un accentramento quale quello profilato, debba

diventare essenziale rafforzare il ruolo di programmazione delle

conferenze dei sindaci, al fine di garantire una omogeneità a livello

regionale ma che sia basata sulla stabilità dell'unità gestionale periferica

nucleare. Le Società della Salute, o le conferenze zonali dei sindaci

fungerebbero infatti da anello di congiunzione tra direzioni aziendali e

amministratori locali evitando in tale maniera che il dimensionamento

sulle aziende tarate sull'area vasta possa dimostrarsi infine come un

allontanamento delle decisioni aziendali dai veri bisogni emergenti a

livello territoriale. Rispondendo a tali evidenze dunque si è conferito

alla Conferenza Regionale dei Sindaci un ruolo partecipativo e

decisionale all'interno dell'equipe coinvolta sia nella fase transizionale

(che vedrà protagoniste le figure dei Commissari e di cui parleremo più

avanti, nel corso della descrizione del decreto), sia nella concreta

(36)

sensibili nel dar voce e diritto di partecipazione attiva a quelle realtà più

piccole, marginali e distanti che vedranno poi nella pratica il riscontro

della riforma stessa.

Il modello organizzativo del riordino prevede che alla fine si esiti in una

integrazione completa tra aziende unità sanitarie locali e aziende

ospedaliero-universitarie in un'unica azienda a livello di area vasta

permettendo di migliorare ulteriormente la qualità dei servizi, potenziare

didattica e ricerca e il governo complessivo del sistema, restando tale

obiettivo comunque subordinato alla modifica del quadro normativo

(37)

--

1 GENNAIO 2016 ASSESSORATO – GIUNTA REGIONALE

DIRETTORE DELLA PROGRAMMAZIONE

NUCLEO TECNICO

COOMITATO OPERATIVO ( DG USL + DG AOU+ESTAR)

Assemblea

di dipartimento di DipartimentoCoordinatore Dipartimenti gestionali

aziendali

DIPARTIMENTI INTERAZIENDALI

COMITATO DEI DIPARTIMENTI INTERAZIENDALI

unità operative

Dipartimenti gestionali aziendali

coordinatori AFT

Dipartimento della Medicina generale

direttori di zona distretto

DIRETTORE USLToscana NORD OVEST ( Lucca, Massa Carrara, Versilia, Pisa, Livorno)

unità operative

dipartimenti gestionali aziendali

DIRETTORE AZIENDA OSPEDALIERA UNIVERSITARIA

Al fine di favorire tale fusione di organi amministrativi è prevista

l'istituzione, a partire dal 1 Gennaio 2016, di un direttore per la

programmazione di area vasta evitando duplicazioni, sprechi di risorse,

volumi di attività inadeguati e insufficiente utilizzo delle tecnologie: a

tale figura spetterà l'elaborazione della proposta di programmazione di

area vasta, d'intesa con l'azienda ospedaliero-universitaria e l'azienda

(38)

vasta e del rettore dell'università. Si individua il dipartimento

interaziendale di area vasta come strumento di programmazione

coordinata per promuovere qualità e appropriatezza delle cure,

omogeneità sul territorio ed efficienza delle attività. Si prevede altresì il

consolidamento del modello zonale-distrettuale dei servizi sanitari e

socio-sanitari tramite attribuzione di competenze gestionali alla

zona-distretto o società della salute (come sopra riportato in relazione alle

esigenze espresse dall'UNCEM, ma come anche già disposto dalla legge

regionale n.4018 del 2005 e della legge n.4119 dello stesso 2005) e

vengono inoltre stabilite linee di indirizzo al fine di ridefinire la

composizione e le funzioni della conferenza dei sindaci e delle

conferenze zonali. E' prevista l'istituzione presso ciascuna azienda unità

sanitaria locale del dipartimento della medicina generale e la

partecipazione della medicina generale nei dipartimenti interaziendali;

lo sviluppo di reti e percorsi clinico-assistenziali tramite la cooperazione

tra ASL e aziende ospedaliero-universitarie; la definizione e il rispetto di

specifici standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi entro

il 31 Dicembre 2016; la valorizzazione e la partecipazione del ruolo

18. Disciplina del servizio sanitario regionale

(39)

--

direzionale, della professione infermieristica e tecnico-sanitaria, della

medicina generale, dei pediatri di libera scelta e degli specialisti

ambulatoriali; coordinamento e riorganizzazione delle attività regionali

in materia di epidemiologia, qualità e sicurezza dei servizi sanitari,

formazione sanitaria e consulenza inerente organizzazione e

programmazione sanitaria, anche tramite l'eventuale costituzione di un

organismo regionale, e un riallineamento delle retribuzioni delle figure

direzionali del sistema sanitario e socio-sanitario regionale.

Il capo II della legge 28 descrive dettagliatamente - all'articolo 4, 5, 6, 7

e 8 - le figure e gli enti che assumeranno il ruolo di protagonisti nel

nuovo scenario organizzativo.

Il dato più eclatante, al punto da aver meritato già un nostro rapido

accenno all'introduzione di questo capitolo, è senza dubbio il passaggio

dalle 12 ASL alle 3 ASAV (Azienda Sanitaria dell'Area Vasta). Queste

nuove aziende, come espresso nell'articolo 8, saranno enti del servizio

sanitario regionale, dotate di personalità giuridica pubblica e di

autonomia imprenditoriale e risulteranno ordinate in:

(40)

fusione delle ASL di Firenze (ASL 10), Prato (ASL 4), Pistoia (ASL 3)

ed Empoli (ASL 11);

– Azienda unità sanitaria locale Toscana nord-ovest (istituita mediante la fusione delle ASL di Lucca (ASL 2), di Massa e Carrara

(ASL 1), di Viareggio (ASL 12), di Pisa (ASL 5) e di Livorno (ASL 6);

– Azienda unità sanitaria locale Toscana sud-est (istituita mediante la fusione delle ASL di Siena (ASL 7), Arezzo (ASL 8) e Grosseto (ASL

9).

Le Aziende unità sanitarie locali sono organizzate in dipartimenti

tecnico-scientifici, istituiti in riferimento almeno ad ambito di territorio,

prevenzione, salute mentale e dipendenze, riabilitazione e medicina

generale. Questi dipartimenti forniscono elementi conoscitivi necessari

alla programmazione e al controllo delle attività e dei risultati ottenuti;

promuovono la formazione multidisciplinare dei professionisti ed

elaborano attività di ricerca e sviluppo anche in collaborazione con

università e altre istituzioni; svolgono funzioni attinenti alle cure

primarie e all'integrazione socio-sanitaria articolandosi a livello della

(41)

--

territorio. I dipartimenti rappresentano i mezzi tramite i quali la zona

distretto assicura una organizzazione strutturata, ordinata e completa

delle attività residenziali, semiresidenziali e domiciliari, così da poter

fornire una continuità assistenziale tra ospedale e territorio e poter

erogare le prestazioni richieste.

La pianificazione territoriale prevede dunque la presenza di moduli

amministrativi macroscopici identificati nelle aree vaste i cui piani

operativi, di concerto con quelli delle aziende sanitarie che ne fanno

parte, saranno volti alla tutela della omogeneità.

Presso ciascuna di tali circoscrizioni, la gestione verrà affidata ad un

direttore per la programmazione di area vasta, nominato dal presidente

della Giunta regionale20 con varie funzioni: elaborare la proposta di

programmazione di area vasta (previo parere della conferenza dei

sindaci di area vasta e del rettore dell'università); verificare l'attuazione

della programmazione nei piani operativi dell'azienda

ospedaliero-universitaria e dell'ASL; monitorare le iniziative intraprese (nel rispetto

dell'autonomia gestionale aziendale) e predisporre per la Regione una

20. Tale nomina verrà assegnata scegliendo tra i soggetti in possesso di requisiti normati nel D.L.

(42)

proposta di attribuzione delle risorse necessarie. Ad adiuvare il direttore

nell’elaborazione della proposta di programmazione di area vasta verrà costituito un comitato operativo composto dai direttori generali delle

aziende sanitarie afferenti all'area vasta e dal direttore generale

dell'ESTAR21; per la gestione delle altre attività invece (supporto alla

programmazione, attività di verifica e monitoraggio e attività

tecnica-amministrativa) il direttore potrà avvalersi di un nucleo tecnico

costituito da personale derivato dalle aziende sanitarie e dal servizio

sanitario regionale.

Presso ogni azienda unità sanitaria locale vengono poi ad essere

costituiti dei dipartimenti a carattere gestionale e in particolare un

Dipartimento delle professioni infermieristiche e ostetriche e un

Dipartimento delle professioni tecnico-sanitarie, riabilitative e della

prevenzione.

Lo strumento organizzativo di riferimento per la programmazione di

area vasta è invece il dipartimento interaziendale di area vasta: tale

importante organo analizza e valuta i modelli organizzativi in corso, i

livelli di attività e il loro rendimento, formula e propone una

(43)

--

programmazione attenta a tutti gli aspetti di qualità, efficacia ed

efficienza della rete della prevenzione, dell'assistenza territoriale e

ospedaliera dell'area vasta. La gerarchia di tale ente prevede:

- una assemblea, composta da uno o più direttori per ciascuna

professione sanitaria del dipartimento, uno o più rappresentanti della

medicina generale, da un responsabile per la didattica e dai responsabili

di ciascuna unità operativa;

- un coordinatore del dipartimento, nominato dal direttore per la

programmazione di area vasta, il quale coordina le attività

dell'assemblea e rimane in carica per un anno, con incarico rinnovabile

fino a un massimo di tre anni.

Sebbene resti in vigore l'operatività delle reti cliniche come quella

materno-infantile, delle reti tempo-dipendenti come la rete trauma, la

rete infarto e la rete ictus e dei coordinamenti tecnico-professionali nelle

aree vaste come neurologia e anestesia e rianimazione, verranno

individuati come livello minimo i seguenti dipartimenti interaziendali:

(44)

– dipartimento interaziendale di area vasta di chirurgia generale e d'urgenza

– dipartimento interaziendale di area vasta delle specialità chirurgiche

– dipartimento interaziendale di area vasta di medicina diagnostica per immagini

– dipartimento interaziendale di area vasta di medicina diagnostica di laboratorio

– dipartimento interaziendale di area vasta per la prevenzione, diagnosi e cura delle malattie cardiovascolari

– dipartimento interaziendale di area vasta delle specialità mediche – dipartimento interaziendale di area vasta per la prevenzione, diagnosi e cura delle malattie neurologiche

– dipartimento interaziendale di area vasta per intensità di cura ospedaliera;

(45)

--

diagnosi e cura delle malattie oncologiche

– dipartimento interaziendale di area vasta materno infantile e della salute in età evolutiva.

Il direttore per la programmazione di area vasta costituisce poi il

comitato dei dipartimenti interaziendali che è composto dai direttori

generali dell'azienda unità sanitaria locale e dall'azienda

ospedaliera-universitaria, dai coordinatori dei dipartimenti interaziendali, dai

direttori di zona-distretto/ società della salute delle ASL, un

rappresentante per ogni dipartimento universitario medico, il direttore

del dipartimento aziendale della medicina generale e un direttore delle

professioni infermieristiche e delle professioni tecnico- sanitarie. Tale

comitato è predisposto alla formulazione di linee di indirizzo per la

programmazione annuale di area vasta con particolare riferimento alla

integrazione delle attività socio-sanitarie, ospedaliere, formative, di

didattica e di ricerca.

La riforma mantiene tuttavia invariato il ruolo della zona-distretto come

(46)

delle comunità oltre che di organizzazione ed erogazione effettiva dei

servizi inerenti le reti territoriali sanitarie, socio-sanitarie e sociali

integrate. L'integrazione socio-sanitaria a livello locale è realizzata

tramite le Società della Salute22. La zona-distretto o la società della

salute costituiscono il livello unitario dell'organizzazione delle funzioni

direzionali, interprofessionali e tecnico-amministrative riferite alle reti

territoriali sanitarie, socio-sanitarie e sociali integrate23. A questo livello

si realizza quindi la vera interfaccia con i bisogni di salute della

popolazione:

- l'allocazione delle risorse e il monitoraggio diretto dei risultati

operativi;

- l'organizzazione dei percorsi assistenziali delle cronicità;

- gestione della continuità assistenziale tra ospedale e territorio e dell'integrazione socio-sanitaria;

- gestione del sistema dei presidi sanitari, delle attività, dei servizi e degli interventi di sanità territoriale;

22. Ai sensi degli articoli 71 bis e seguenti della L.R. 40/2005, ovvero mediante la stipulazione

della convenzione socio-sanitaria di cui trattato all'art. 70Bis della L.R. 40/2005

(47)

--

- definizione degli obiettivi di spesa a livello territoriale e ospedaliero nell'ambito della direzione aziendale in area vasta;

- partecipazione alla definizione delle relazioni tra i dipartimenti aziendali e le articolazioni zonali.

Anche a questo livello la coordinazione delle attività è affidata alla

figura di un direttore del distretto o responsabile di zona. Come sopra

riportato la zona distretto si serve degli enti dei dipartimenti per poter

garantire un servizio di continuità tra l'ospedale e il territorio e di

erogare prestazioni necessarie ai bisogni di cronicità, fragilità e

complessità. In particolare tramite il dipartimento relativo al territorio

vengono assicurati servizi assistenziali delle cure primarie organizzando

forme di aggregazione dei medici di medicina generale e dei pediatri di

libera scelta; la formazione di team multidisciplinari per le cure primarie;

il sistema dei presidi territoriali e delle case della salute.

Sull'impronta della precedente strutturazione di Governance

istituzionale la L.R. 28/2015 mantiene una linea multilivello i cui due

organi basilari risultano nella Conferenza regionale dei sindaci e nelle

(48)

La conferenza regionale dei sindaci è un organo attraverso il quale i

primi cittadini partecipano alla definizione delle politiche regionali in

materia sanitaria e sociale e al coordinamento di programmazione a

livello regionale e locale. A tale conferenza partecipano i presidenti delle

conferenze zonali, ovvero delle società della salute, il direttore generale

della azienda unità sanitaria locale e il direttore per la programmazione

di area vasta; il tutto è presieduto da un presidente scelto tra i presidenti

delle conferenze zonali. Le funzioni dell'assemblea sono disciplinate

negli art. 11 e 12 della L.R. 40/2005 e la proposta di legge 396 si

occuperà, secondo quanto puntualizzato nell'art.18, di definirne in

dettaglio i nuovi caratteri e le nuove attività pur mantenendone il

carattere di funzione di raccordo tra la dimensione aziendale e la

dimensione locale delle zone-distretto: nello specifico la conferenza si

occuperà di emanare indirizzi per l'elaborazione del piano attuativo

locale, di approvare il suddetto, di esprimere valutazioni sugli atti di

bilancio dell'azienda unità sanitaria locale e approvare il piano integrato

di salute, nonché di esprimere valutazioni in merito al direttore generale

e di eventualmente proporne la revoca al Presidente della Giunta24.

(49)

--

La conferenza zonale integrata invece risulta composta da tutti i sindaci

dei comuni afferenti allo stesso ambito zonale, ovvero dai presidenti

delle unioni comunali e dal direttore generale dell'azienda unità sanitaria

locale. Tale ente si occupa di esercitare le funzioni di indirizzo degli

obiettivi sanitari, socio-sanitari e sociali integrati a livello locale in

accordo con la programmazione aziendale di area vasta: nel dettaglio si

occupa di elaborare atti di programmazione per la salute a livello locale

coordinando gli strumenti della programmazione operativa a livello

zonale; esprime l'intesa necessaria per la nomina del direttore di zona e

attiva strumenti per il governo amministrativo, professionale e

gestionale dell'integrazione socio-sanitaria.

Nell'enucleazione della strutturazione e delle funzioni di tali enti, si è

cercato sostegno nel lavoro svolto da ANCI25 Toscana, la quale nel

CdAL26 del 20 febbraio 2015 ha proposto uno dei possibili assetti di

governance utili a ricomporre per ciascuna area vasta le responsabilità di

governo relative all'azienda USL e all'azienda ospedaliera-universitaria.

dell'art. 37, comma 2, lettera a) della L.R. 40/2005 e ai sensi dell'art.39, comma 8, della L.R. 40/2005 rispettivamente.

25. Associazione Nazionale Comuni Italiani

(50)

L'ipotesi di gestione prevista si esprime nel Comitato di Area Vasta27

composto dall'assessore regionale competente, dal presidente della

conferenza aziendale e da due tra i presidenti delle conferenze zonali,

dal rettore, direttore di area vasta, direttore dell'azienda USL, dal

direttore dell'azienda ospedaliera e dal direttore dell'ESTAR. Tale

comitato avrebbe la funzione di coordinare le relazioni tra i comuni, le

università e le aziende sanitarie afferenti alla stessa area vasta al fine di

esprimere indirizzi e valutazioni circa le azioni di competenza

interaziendale. Concorrerebbe altresì all'elaborazione del piano di area

vasta, ad esaminare la proposta di allocazione delle risorse e ad

esprimere pareri riguardo il piano di area vasta, i piani attuativi delle

aziende ospedaliero-universitarie e sulle convenzioni e sugli atti di

concertazione interaziendale.

La riforma complessiva sarà convertita in legge regionale alla fine di un

processo articolato di analisi organizzativa, informazione, confronto e

partecipazione nel tempo utile per l'avvio del nuovo assetto

27. Art.7 quater – Emendamenti alla proposta di Legge n. 396. CdAL 20 febbraio 2015- Anci

(51)

--

organizzativo con il 1 Gennaio 2016. L'impegno sarebbe stato quello di

avere entro il 30 Settembre 2015 una proposta di legge che disciplinasse

in maniera dettagliata il nuovo assetto istituzionale ed organizzativo del

servizio sanitario regionale, in riferimento a tutti gli istituti, enti e

aziende del servizio sanitario regionale, nonché degli istituti di ricovero

e cura a carattere scientifico e alla direzione regionale competente in

materia di diritto alla salute28, sebbene ad oggi tale decreto non risulti

non ancora stato emanato.

Trattandosi tuttavia di un processo graduale sono stati previsti dei

periodi di transizione al fine di favorire la conversione dei poteri e la

metamorfosi delle strutture amministrative: i componenti degli organi

del Consiglio sanitario regionale ad esempio, resteranno in carica sino al

90° giorno successivo all'entrata in vigore di suddetta legge. L'intero

Capo IV29 della riforma presentata in Consiglio regionale espone un

attento piano contenente le norme transitorie necessarie a garantire

un'efficace transizione.

28. L.R. 28/2015 – Art.18 – Comma2

(52)

A partire dal 1 Maggio 2015 si è disposta la decadenza dei comitati di

area vasta e la nomina di Commissari di area vasta: questa figura,

nominata dal Presidente della Giunta regionale30 è preposta ad elaborare

un piano annuale di area vasta, ad istituire in via sperimentale i

30. La nomina è subordinata al possesso dei requisiti di cui all'articolo 3 bis, comma 3, del D.L

(53)

--

dipartimenti interaziendali e a nominarne i coordinatori. Nell'ambito

delle sue funzioni il Commissario si avvale di un nucleo tecnico con

personale o mezzi messi a disposizione dal servizio sanitario regionale.

Per quanto concerne invece la gestione amministrativa delle aziende

unità sanitarie locali queste hanno subito un commissariamento a partire

dal 1 Luglio 2015 data in cui si è realizzata la decadenza dei direttori

generali, dei direttori amministrativi, dei direttori sanitari e dei direttori

dei servizi sociali delle aziende unità sanitarie locali afferenti alla stessa

area vasta. Anche in questo caso la nomina dei Commissari, uno per

ciascun ambito territoriale, risulta di competenza del Presidente della

Giunta regionale. Le funzioni del Commissario (di cui si tratta

nell'art.14) ricalcano quelle di spettanza del direttore generale31 e oltre a

ciò egli presiede la funzione di curatore del processo di fusione

aziendale e del progetto di riorganizzazione dei servizi sanitari

propedeutico alla nascita della nuova azienda promuovendo la

semplificazione dei processi, la razionalizzazione delle risorse e il

riassetto dell'organizzazione del personale. Il Commissario al fine di

conseguire gli obiettivi che gli spettano si avvale di un nucleo tecnico

(54)

appositamente costituito e impartisce direttive al proprio

Vicecommissario: questa carica viene assegnata dal Presidente della

Giunta regionale ad un soggetto in possesso dei requisiti per la nomina

a direttore generale, direttore amministrativo o direttore sanitario32. I

Vicecommissari dunque, uno per area vasta, esercitano funzioni di

gestione ordinaria delle aziende unità sanitarie locali attuando interventi

di revisione della spesa per quanto di competenza, eventualmente

adottando atti di gestione straordinaria se autorizzati dal Commissario

ed effettuando ricognizione dei rapporti giuridici attivi e passivi, della

consistenza del patrimonio immobiliare e mobiliare e dei rapporti di

lavoro in essere. Per l'espletamento delle sue funzioni il

Vicecommissario nomina uno staff composto da professionisti del

servizio sanitario regionale e, qualora necessario, da non più di un

soggetto esterno di provata esperienza nell'area interessata.

Al direttore generale dell'azienda ospedaliero-universitaria è in questa

fase assegnato il compito di curare l'elaborazione del processo di

riorganizzazione aziendale rendendolo coerente con l'organizzazione e

la programmazione dell'area vasta anche nel rispetto della

(55)

--

programmazione regionale. In particolare al direttore è richiesto

l'impegno nell'istituzione dei dipartimenti interaziendali di area vasta e

dei modelli convenzionali che favoriscono l'integrazione tra assistenza,

ricerca e didattica, promuovendo altresì interventi di semplificazione dei

processi, razionalizzazione delle risorse e riassetto della gestione del

personale.

La legge 28 disciplina inoltre il ruolo dell'azienda

ospedaliero-universitaria Meyer, della Fondazione Gabriele Monasterio e degli altri

enti e aziende del servizio sanitario nel processo di riordino. Nel

dettaglio la Fondazione Toscana Gabriele Monasterio per la Ricerca

medica e di Sanità pubblica partecipa alle attività del Commissario

dell'area vasta Nord-Ovest e ai dipartimenti interaziendali della stessa

area vasta; l'azienda ospedaliero-universitaria Meyer partecipa alle

attività dei commissari delle aree vaste con la finalità di elaborare una

proposta di riorganizzazione del settore pediatrico ospedaliero a livello

regionale; gli altri enti, istituti ed aziende del servizio sanitario regionale

partecipano invece con un'analisi organizzativa al fine di semplificare i

processi, razionalizzare le risorse e nel riassetto dell'organizzazione del

(56)

CAPITOLO 3 – La Società della Salute (SdS)

Nel corso del decennio scorso e fino ai nostri giorni la Regione Toscana

ha fissato le nuove colonne portanti del sistema dei servizi sociali,

ridisegnando interamente, di fatto, il welfare toscano.

Con la legge regionale n. 41 del 24 febbraio 2005 è stato indicato un

percorso di evoluzione del welfare regionale toscano che, partito dai

piani di zona, si è sviluppato verso un processo più avanzato di

integrazione, di interazione e di programmazione cooperata con le

comunità locali.

Quel quadro normativo oggi è stato completato con tutti gli strumenti

regolamentari che permettono, in questa fase iniziale di legislatura, di

poter attivare un nuovo “sistema sociale” moderno e ambizioso. In pochi anni la Regione Toscana ha prodotto:

(57)

--

b) il relativo regolamento applicativo che ha stabilito i nuovi criteri

autorizzativi delle strutture sociali;

c) la legge 60/08 che ha normato le Società della Salute;

d) la legge 66/08 che ha istituito il fondo per la non autosufficienza;

e) la legge 51/09 che ha riformato il sistema di accreditamento sanitario;

f) la legge 82/09 e il suo regolamento applicativo che hanno introdotto, a

tempo di record, il nuovo sistema di accreditamento dei servizi sociali. A

questi si aggiungono ancora altri importanti cammini legislativi che hanno determinato l’emanazione di dispositivi sulla partecipazione, la cittadinanza di genere e i patti di welfare.

Per tanto tempo abbiamo assistito in Italia ad una serie di interventi

legislativi e di programmazione che hanno fatto sì che si venisse a

creare una dicotomia tra i programmi socio assistenziali e i programmi

sanitari in “sensu strictu”. Da molti anni il sistema di welfare del nostro Paese fa i conti con la difficoltà di una piena e virtuosa integrazione fra i

servizi di inclusione sociale e quelli di cura e assistenza sanitaria ed è

questo forse un vizio d’origine che si è, nel tempo, sclerotizzato e che tutt’oggi soffre di un percorso normativo e operativo fondato su due

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