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Prodotti tipici e valutazione dell'autenticità: analisi dei fattori che influenzano le percezioni dei consumatori

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA DIPARTIMENTO DI

ECONOMIA E MANAGEMENT

Corso di Laurea in Marketing e Ricerche di Mercato

TESI DI LAUREA MAGISTRALE

Prodotti tipici e valutazione dell'autenticità:

analisi dei fattori che influenzano le percezioni dei consumatori

RELATORE

Prof. Matteo Corciolani

Anno Accademico 2018 / 2019

CANDIDATO

Virginia Spagnesi

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INDICE

Introduzione ... 4

Capitolo 1 Rassegna della letteratura ... 7

1.1 L’autenticità: concetto e significati ... 7

1.1.1 Autenticità come coerenza, conformità e connessione ... 9

1.1.2 Quality commitment, heritage, sincerity nella percezione di autenticità . 15

1.2 I prodotti tipici: panorama di riferimento ... 17

1.2.1 Definizione e caratteristiche dei prodotti tipici ... 18

1.2.2 La ricerca di autenticità nei prodotti tipici ... 20

1.2.3 La denominazione DOP ... 21

1.3 Ipotesi della ricerca ... 27

Capitolo 2 Metodo di ricerca ... 30

2.1 L’esperimento ... 30

2.1.1 Vantaggi dell’esperimento ... 32

2.1.2 Svantaggi dell’esperimento ... 32

2.2 L’indagine campionaria ... 34

2.3 Pianificazione del disegno di ricerca ... 36

2.3.1 Obiettivi della ricerca ... 36

2.3.2 Disegno di esperimento ... 38

2.3.3 Campione di indagine ... 38

2.3.4 Modalità di raccolta dei dati ... 40

2.3.5 Progettazione del questionario ... 42

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2.3.7 Realizzazione del questionario definitivo ... 46

2.5 Raccolta dei dati ... 52

2.5.1 Il pre-test ... 52

2.5.2 Rilevazione e raccolta dei dati ... 52

2.6 Analisi dei dati ... 54

2.6.1 Il software SPSS ... 54

2.6.2 Come analizzare i dati ... 55

Capitolo 3 Analisi dei risultati ... 60

3.1 Introduzione ... 60

3.1.1 Registrazione, revisione ed elaborazione dei dati ... 60

3.2 Analisi dei risultati della ricerca ... 63

3.2.1 Campione d’indagine ... 63

3.2.2 Familiarità e frequenza di consumo ... 65

3.2.3 Stimolo iniziale ... 66 3.2.4 Manipulation check ... 67 3.2.5 Qualità ... 71 3.2.6 Sincerità ... 80 3.2.7 Heritage ... 88 3.2.8 Autenticità percepita ... 96

3.2.9 Valutazione generale del prodotto, Disponibilità all’acquisto, Passaparola ... 104

Capitolo 4 Conclusioni della ricerca ... 117

4.1 Implicazioni teoriche ... 117

4.1.1 La ricerca ... 117

4.1.2 Risultati ottenuti ... 120

4.2 Implicazioni di marketing ... 124

(5)

4.4 Potenziali sviluppi futuri ... 130

Bibliografia ... 132

Sitografia ... 134

Appendice 1: questionario “Survey Valutazione Prodotti DOP” ... 135

Introduzione al questionario preliminare ... 135

Livello di familiarità prodotti DOP ... 136

Dati socio-demografici ... 138

Messaggio di ringraziamento finale ... 139

Risultati familiarità prodotti DOP ... 140

Appendice 2: questionario “Grana Padano DOP” ... 141

Stimolo iniziale ... 141

Manipulation check ... 142

Disponibilità di acquisto ... 143

Passaparola (Word of mouth) ... 144

Sensibilità al prezzo ... 145

Sensibilità al contagio ... 146

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Introduzione

L’obiettivo della seguente tesi sperimentale è dimostrare che un prodotto DOP a seconda di un determinato prezzo, località di produzione e tipologia di canale di vendita in cui è inserito porta a una diversa percezione dei consumatori sull’autenticità di quel determinato prodotto. Nel dettaglio, l’autenticità si analizza attraverso tre variabili dipendenti rispetto alle quali si effettua la rilevazione delle informazioni: autenticità come coerenza, autenticità come conformità ed infine autenticità come connessione. Al fine di misurare queste tre dimensioni, ci siamo serviti di un elenco di item riguardanti tre fattori: qualità, sincerità ed Heritage. Il focus della ricerca non si concentra però solamente sull’autenticità, ma anche su altre variabili quali la valutazione del prodotto, la disponibilità all’acquisto e il passaparola.

Le motivazioni che hanno spinto ad approfondire tale tema sono il risultato di una riflessione su quella che è la società contemporanea, caratterizzata oggi da fenomeni quali il consumismo, la globalizzazione e un continuo progresso tecnologico e scientifico, che si presenta come una realtà complessa e sempre più frammentata dove viene meno la netta distinzione tra il reale e l’immaginario in quanto tutto è disponibile ed accessibile velocemente ed ovunque.

In questo scenario, il tempo e lo spazio si contraggono, ovvero si indebolisce il legame tra la società e il territorio e il suo bagaglio culturale che sono spesso trascurati o abbandonati. Il consumatore odierno invece, sempre più consapevole e informato è alla ricerca di un consumo semplice, basato sulla trasparenza, sull’esperienza e sulla sostenibilità. Questa nuova dinamica dei consumi porta il consumatore ad adottare un comportamento di consumo alternativo, facendo emergere così una chiara ricerca di autenticità. La ricerca dell’autenticità, fenomeno ormai largamente diffuso ed in continua crescita nella società odierna, rappresenta per gli individui una vera e propria “ancora di salvezza” con cui essi possono staccarsi dalla quotidianità non autentica, ritrovare il loro sé, riscoprire la loro identità e ritornare al “reale”.

In particolare, nell’enogastronomia è forte oggi la ricerca dell’autenticità dei prodotti tipici, i quali riportano alla luce i sapori della tradizione e il gusto della terra.

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A tale proposito si prende in esame, come oggetto della ricerca, i prodotti DOP. Nello specifico, la nostra indagine ha come oggetto un prodotto DOP che risulta essere, da uno studio preliminare, un prodotto nei confronti del quale il target obiettivo ha una familiarità medio-alta.

Le variabili indipendenti prese in considerazione presentano ciascuna due modalità, per il prezzo, prezzo alto e prezzo nella media, per il canale di vendita, punto vendita specializzato e punto vendita della grande distribuzione, infine per la località di produzione, la località di produzione originaria e la località di produzione diversa da quella originaria.

Per raggiungere l’obiettivo prefissato, si svolge un’indagine sperimentale effettuata tramite la realizzazione di un questionario strutturato attraverso lo strumento CASI (Computer Assistent Self Interviewing). Il questionario è suddiviso in sezioni, ognuna delle quali ha lo scopo di analizzare le variabili chiave della ricerca. Inoltre, a ciascun partecipante viene presentato uno stimolo iniziale, attribuito secondo il principio di proporzionalità (50% per ciascuna modalità delle tre variabili indipendenti), dando la possibilità così ai rispondenti di focalizzare la propria attenzione solamente su uno scenario senza essere condizionato dagli altri. Il questionario è stato poi diffuso tramite il social network Facebook solo dopo aver apportato le modifiche necessarie grazie allo svolgimento di un pre-test volto ad individuare e a correggere le imperfezioni. Una volta raggiunto il numero di rispondenti adeguato, si procede con l’analisi dei dati tramite il software SPSS confrontando ogni variabile dipendente individuata con ogni singolo scenario attribuito.

Nel dettaglio, il lavoro risulta articolato come segue. La prima parte è rappresentata dal capitolo sulla rassegna della letteratura, nella quale si analizzano i principali paper scientifici di riferimento per i costrutti teorici oggetto di studio, quali l’autenticità e i prodotti tipici descrivendone le caratteristiche specifiche e le tipologie. La finalità̀ di questo primo capitolo è illustrare le basi teoriche, comprendere il focus della ricerca e formulare le ipotesi della ricerca sulla base di ciò che emerge dall’analisi della letteratura.

Il secondo capitolo è incentrato sulla spiegazione del metodo di ricerca adottato, illustrando le varie fasi della ricerca. In particolare, con la pianificazione del disegno di ricerca sono specificati gli obiettivi della ricerca, il disegno di esperimento sviluppato in base agli obiettivi determinati e la definizione del campione di indagine. Inoltre, sempre in questa fase, si definisce il metodo d’indagine e l’illustrazione dei due questionari per la raccolta dei dati.

È necessario tenere presente che per raggiungere l’obiettivo di questa ricerca non ci siamo avvalsi di un questionario tradizionale, ma di un vero e proprio esperimento che ha lo scopo

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di indurre i soggetti a creare un proprio stato mentale attraverso delle manipolazioni e a recepire delle informazioni testuali attraverso degli stimoli, in base alle quali il soggetto deve rispondere poi successivamente a delle domande, utili a far emergere le percezioni degli intervistati.

La fase invece di raccolta dei dati prevede l’illustrazione del pre-test e la descrizione delle procedure di rilevazione e raccolta dei dati, mentre l’ultima fase di analisi prevede la descrizione del software SPSS e il metodo utilizzato per analizzare i dati.

All’interno del terzo capitolo viene riportata l’analisi statistica dei risultati ottenuti con l’indagine svolta, evidenziando se le ipotesi della ricerca formulate nel capitolo teorico sono state o meno verificate. Si vedrà che solo alcune di queste sono state confermate.

Nella parte conclusiva si descrivono i risultati ottenuti, si esaminano le possibili implicazioni teoriche e le implicazioni di marketing, si presentano i limiti della ricerca e una serie di spunti da cui partire per lo sviluppo di future ricerche sull’argomento.

Prima di procedere con la presentazione del lavoro, si anticipano le conclusioni trattate dettagliatamente nel capitolo finale. Il seguente studio sperimentale fa emergere principalmente che il prodotto DOP realizzato in una località di produzione diversa da quella originaria ottiene valori più bassi rispetto alle altre modalità delle variabili indipendenti, mentre il prodotto DOP realizzato nella sua località di produzione originaria è percepito più autentico rispetto agli altri. Se questi risultati ottenuti possono sembrare scontati, altri lo sono decisamente meno: infatti, non è scontato che non vi sia alcuna differenza significativa nella percezione di autenticità dei consumatori nei confronti di un prodotto DOP venduto ad un prezzo nella media e lo stesso prodotto DOP venduto ad un prezzo alto e infine non è neanche ovvio che non ci sia alcuna differenza significativa nella percezione di autenticità dei consumatori nei confronti di un prodotto DOP distribuito attraverso un punto vendita specializzato e un prodotto DOP distribuito attraverso un punto vendita della grande distribuzione.

Questo studio esplorativo è pertanto uno studio pilota che approfondisce la relazione tra autenticità percepita e prodotti tipici all’interno di un mercato in cui non è mai stata esplorata questa relazione.

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Capitolo 1

Rassegna della letteratura

1.1 L’autenticità: concetto e significati

“Autenticità non ha niente a che vedere con quanto condividi. Ma si tratta di quello che condividi. Essere autentici significa essere fedeli come persone e come brand o azienda.”

Neil Patel

L’autenticità è, oggigiorno, un concetto ampiamente affrontato dalla letteratura del marketing e dagli studi riguardanti le ricerche sul consumatore ed è arrivata ad assumere ormai una rilevanza tale che essa costituisce un elemento centrale della vita contemporanea. L’autenticità è oggetto di molte discipline accademiche come l’antropologia, la filosofia esistenziale, l’archeologia, le arti e alcuni rami della musica, dell’estetica e della psicoanalisi. Più recentemente il suo concetto è stato ampiamente studiato nell’ambito del turismo, dai teorici della cultura dei consumatori (Arnould e Thompson, 2005) e nel campo del marketing.

Apparentemente, potrebbe sembrare che esista un accordo diffuso sul suo significato: l’autenticità si riferisce a ciò che è “reale” o “genuino” o “vero”. In questo caso, fa riferimento ad una sorta di processo di verifica in quanto “descrive la valutazione di qualche verità o fatto” (Newman, 2016: 296) anche se “in definitiva non riguarda i fatti di per sé ma piuttosto le interpretazioni riguardanti quei fatti” (Kovács, Carroll & Leman, 2014: 460). In quanto tale, l’autenticità non è una proprietà delle entità ma è, invece, “un’affermazione fatta da o per loro… e accettata o respinta da altri” (Peterson, 2005: 1086). Gli studiosi di scienze sociali e comportamentali sostengono che le entità autentiche, siano esse individui o oggetti, “sono ciò che esse sembrano o dicono di essere” (Trilling, 1972: 92).

In realtà, l’autenticità racchiude in sé un concetto ed un argomento molto più complesso che non trova sintesi in un’unica definizione. Nei decenni, infatti, gli studiosi hanno affrontato

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questo tema da varie prospettive, fornendone un’ampia gamma di diverse interpretazioni. Ad esempio:

• “il tuo paio di jeans Levis preferito è vero o falso?” (Newman e Dhar, 2014); • “il vino servito alla cena di ieri sera, era vero Barolo?” (Negro et al., 2011); • “il tuo ristorante tailandese preferito serve davvero cucina tradizionale

tailandese?” (Kovács et al., 2014).

In ognuno di questi casi, viene invocata l’etichetta di autenticità e l’attribuzione di quest’ultima comporta un processo di verifica se quella cosa è reale, genuina o vera. Questi, però, implicano l’applicazione di un diverso significato del concetto stesso di autenticità e questo rimane incerto fino a quando non sappiamo chi è il referente alla base della sua attribuzione. L’autenticità è quindi un concetto controverso perché i fatti coinvolti possono indicare direzioni diverse e portare a conclusioni diverse.

Il concetto di autenticità ha pertanto una connotazione soggettiva in quanto questa non può essere univocamente definita ma può essere considerata in modo diversi da soggetti differenti (Cohen, 1988), con differente capitale culturale, differenti motivazioni ed esperienze di vita. Questo approccio trova ampio supporto dalla teoria di Bourdieu (1984) il quale afferma che la diversa combinazione dei tre livelli di capitale economico, culturale e sociale determina la differenza delle percezioni, delle preferenze e degli stili di vita nei diversi contesti sociali.

Sicuramente si può affermare che l’autenticità è un valore dell’era moderna, che si ricerca successivamente alla perdita di realtà che si verifica nella società contemporanea in cui viviamo. Le persone vogliono andare in profondità, ritrovare se stessi e la loro identità in una vita che va oltre la finzione e l’iper-creazione del contesto in cui si trovano.

La ricerca di autenticità oggi avviene sia nel processo di acquisto di oggetti e sia nel consumo di esperienze ed attività, quindi nell’intera offerta di mercato. La letteratura mostra come questa si ricerchi in prodotti e servizi di largo consumo (Goldman e Papson 1996); in opere d’arte (Bentor 1993), in cibi etnici e locali (Lu e Fine 1995), in souvenir (Harkin 1995, Costa e Bamossy 1995), nella musica e molto altro.

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La simulazione di autenticità, l’inautenticità, ovvero l’autenticità ricercata in maniera forzata, costruita ed artificiosa è invece un fenomeno che il marketing si trova oggigiorno ad affrontare in quanto risulta essere in forte crescita. Sempre più spesso, ci capita di sentire episodi di simulazione di prodotti autentici. Basti pensare nel settore agro-alimentare, oggetto del nostro studio, dove si hanno segnalazioni di imitazioni (il “Reggianito” in Argentina o il “Parmisan Italian Style” americano) e una lunga lista di prodotti stranieri chiamati con nomi italiani o come prodotti che fanno credere come italiani ma che invece sono realizzati con materia prima estera o che comunque non possiedono le caratteristiche che contraddistinguono i prodotti Dop italiani. Questi sono solo alcuni esempi del tentativo di soddisfare i consumatori proponendo una riproduzione che sia simile all’originale ma dove invece è assente il requisito di qualità, del legame con il territorio e della sua storia che invece i consumatori ricercano e i produttori cercano di valorizzare e tutelare. L’autenticità è, infatti, ciò che consente agli individui di maturare un sentimento di connessione e vicinanza con i luoghi, la cultura e la comunità, facendoli sentire parte di una totalità. Il concetto di autenticità presenta un grande appeal. Come afferma Potter (2010, p. i): “la richiesta di autenticità…è uno dei movimenti più potenti nella vita contemporanea”.

Data la sua complessità, l’autenticità è un concetto utilizzabile in vari modi e con diversi significati sia dai consumatori che dagli studiosi.

Nella presente ricerca, si ripercorre lo studio di David W. Lehman, Kieran O’connor, B. Kovacs, George E. Newman (2017) all’interno del quale si fa una distinzione tra tre differenti significati di autenticità. Per poi andare oltre questa teoria, con l’analisi di Napoli et al. (2013) che definisce una scala di misurazione dell’autenticità percepita partendo dal presupposto che i consumatori facciano riferimento ad una combinazione di fattori per valutare l’autenticità di un prodotto.

1.1.1 Autenticità come coerenza, conformità e connessione

Lehman e colleghi (2017), nella loro rassegna, delineano tre prospettive di autenticità fondamentali ma distinte trovate in letteratura, che andiamo ad analizzare separatamente per facilità espositiva.

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Secondo il primo significato di autenticità come coerenza, “un’entità è autentica quando vi è coerenza tra le sue espressioni esterne da una parte e i suoi valori e credenze interne dall’altra”. Il referente alla base dell’attribuzione di autenticità, secondo questo significato, è l’entità medesima: è fedele a se stessa? Ad esempio, consideriamo le seguenti domande:

• “sei veramente te stesso a lavoro?” (Guerrier & Adib, 2003);

• “sai almeno chi sei veramente a fine giornata?” (Schlegel et al., 2009; Schlegel, Hicks, King, & Arndt, 2011).

Entrambe invocano lo stesso significato di autenticità.

Il concetto di autenticità come coerenza deriva dai fondamenti teorici radicati nelle opere filosofiche classiche degli antichi greci, degli esistenzialisti e degli studiosi contemporanei i quali ipotizzano che l’importanza del vero sé è emersa in un vuoto esistenziale (Arnould&Price, 2000; Holto, 2002). Infatti, mentre gli individui nelle società del passato vivevano secondo un insieme di valori condivisi come la religione oppure altre tradizioni che li guidavano verso una vita significativa, gli individui nelle società moderne, dotati di meno valori comunemente condivisi, si rivolgono verso se stessi in cerca di significato. Goffman, invece, introduce il concetto di impression management (letteralmente “gestione delle impressioni”), ovvero, il processo attraverso il quale gli individui tentano di controllare l’impressione che lasciano negli altri. Inoltre, Goffman, invoca la metafora del teatro per evidenziare la distinzione tra la sfera interiore o privata (vale a dire il “back stage”) e la sfera esterna o pubblica (ovvero il “palcoscenico”). Il sé, infatti, non esiste in isolamento ma si trova all’interno di un contesto sociale. Pertanto, secondo Goffman, “tutto il mondo è un teatro dove tutti gli uomini e le donne sono attori che recitano la loro parte”. Come attori in un’opera teatrale, l’individuo nella vita sociale recita una parte, offre la sua performance e mette in scena il suo spettacolo a beneficio degli altri.

Facendo riferimento alla metafora del teatro, i temi di ricerca che adottano la prospettiva dell’autenticità come coerenza sono tre. La caratteristica che li accumuna è che il back stage (dietro le quinte) rappresenta il vero sé mentre il front stage (palcoscenico) può o meno essere un ritratto accurato dello stesso.

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• Self-concept (concetto di sé): la teoria sul concetto di sé definisce i fattori che danno origine alla sensazione che il soggetto stia agendo in accordo con il suo vero sé, ad esempio, alcuni stati psicologici come alti livelli di nostalgia, buon umore e indipendenza oppure alcuni comportamenti come fare un sacrificio personale e fare un lavoro dignitoso. Questa sensazione produce benefici psicologici positivi sia per l’individuo che per gli altri come maggior benessere ed autostima. Al contrario, i sentimenti di inautenticità possono produrre esiti negativi come immoralità ed impurità.

La teoria sul concetto di sé ha infine aperto un interrogativo per quanto riguarda la natura del sé nel tempo ovvero se questa rimane invariata oppure possa evolversi o modificarsi.

• Self-presentation (presentazione di sé): la seconda teoria si fonda sulla presentazone di sé focalizzandosi sul modo in cui gli individui si presentano ad un pubblico esterno in contesti sociali. A tal riguardo, le pressioni sociali ed organizzative spesso costringono le persone a presentarsi in modi disallineati con il loro vero sé. Il self-presentation è, infatti, il processo attraverso il quale una persona cerca di manipolare la percezione che gli altri hanno della sua immagine. In particolare, i ruoli che richiedono sul posto di lavoro dimostrazioni affettive hanno una maggiore probabilità di suscitare un’espressione non veritiera. Pertanto, le persone sono costrette a mostrare emozioni che non sono allineate con i loro veri sentimenti, ad esempio, una falsa rappresentazione del sé creata dai dipendenti per apparire come se condividessero i valori organizzativi di un’azienda. Questo ha un impatto negativo sia sulla soddisfazione dei clienti e sia sui dipendenti stessi sotto forma di minore benessere e soddisfazione lavorativa.

• Organizational and brand identity: la ricerca all’interno di quest’ultimo tema concettualizza l’autenticità come coerenza estendendola ad entità diverse dagli individui ovvero alle organizzazioni e ai loro marchi. Per quanto riguarda le organizzazioni, queste sono autentiche nella misura in cui incorporano i valori scelti dai loro fondatori, proprietari o membri. I consumatori attribuiscono autenticità ad un’organizzazione sulla base dei processi di produzione osservati, i nomi dei prodotti, campagne pubblicitarie, il fatto di essere “locali” e il ritratto del CEO.

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L’autenticità di un’organizzazione è quindi concepita come la coerenza tra i valori della stessa e le sue azioni.

Per quanto riguarda invece la marca, i consumatori attribuiscono autenticità ad un marchio basandosi su tattiche di emotional branding come la narrazione, metodi di produzione artigianale, coerenza tra il marchio e i suoi dipendenti o tra il marchio e i suoi consumatori. L’autenticità della marca genera risposte positive come brand identification e brand attachment.

In base al concetto di conformità, l’autenticità può essere vista nel seguente modo: “un’entità è autentica nella misura in cui è conforme alla categoria sociale alla quale è stata assegnata o che ha reclamato per se stessa”.

Il referente alla base dell’attribuzione dell’autenticità, a differenza del primo significato, può essere trovato al di fuori dell’entità stessa: un’entità agisce secondo le norme e le aspettative della sua categoria sociale?

Questo secondo significato ha fondamenti teorici più contemporanei ed è radicato in due lavori principali: uno sulle categorie cognitive ed un altro sulle categorie istituzionali. Il primo lavoro sulle categorie cognitive sottolinea il fatto che queste siano percepite come dispositivi cognitivi che gli individui utilizzano per organizzare, ricordare e comunicare informazioni. Ad esempio, gli individui non hanno bisogno di ricordare che un dato oggetto è rosso, pesa otto grammi ed è commestibile, ricordano semplicemente che si tratta di una mela.

Pertanto, le categorie e gli schemi cognitivi forniscono una comprensione più coerente delle entità, aiutano a identificare nuovi membri e comunicano informazioni astratte.

Il secondo lavoro, invece, focalizza la sua attenzione sulle norme e i processi che modellano le categorie. I modi in cui le categorie emergono ed evolvono sono modellati dai processi a livello sociale. “Le organizzazioni che mostrano un modello comune vengono considerate come appartenenti ad una forma” (Hannan, Pólos, & Carroll, 2007:30). Questo è importante al fine di raggruppare somiglianze tra una serie di individui. Infatti, quando un certo numero di soggetti condivide elementi comuni, le categorie emergono e di conseguenza vengono etichettate come tali. L’identità di un’entità è quindi formata da codici sociali o da una serie di regole che specificano le caratteristiche che un’organizzazione dovrebbe possedere.

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• category membership: questo tema sottolinea il ruolo del pubblico nel definire i confini delle categorie sociali e nel determinare l’appartenenza al loro interno. In quanto tale, sono gli individui stessi a determinare se un’entità è autentica o meno valutando la loro idoneità all’interno delle categorie sociali esistenti. I consumatori, infatti, utilizzano le categorie per individuare e valutare l’autenticità. Un modo attraverso il quale gli individui perseguono questo obiettivo è ad esempio tramite delle dichiarazioni pubbliche: una serie di studi dimostrano che i consumatori si basano su un linguaggio carico di autenticità sui siti di recensione online, per valutare l’autenticità dei produttori e comunicare queste informazioni ad altri. I consumatori, quindi, giocano un ruolo non solo nel determinare se un’entità è autentica o meno ma anche nel definire i criteri usati per compiere tali giudizi;

• category reinterpretation: enfatizza l’impegno attivo e dinamico di un’entità con una categoria e i suoi confini. Gli studiosi all’interno di questo filone di ricerca assumono che le entità devono dedicare un insieme finito di risorse al fine di “individuare le preferenze del pubblico per ogni categoria, adattare l’offerta a quei gusti e sviluppare l’autenticità” (Hsu et al., 2009:155). I confini di queste categorie cambiano e si evolvono nel tempo e le entità sembrano perseguire l’autenticità attraverso la reinterpretazione di categoria, quando l’autenticità o la loro posizione al suo interno è minacciata oppure a rischio. Il risultato quindi è che l’autenticità non è solo una questione se un’entità appartiene o meno a una categoria esistente o quale logica viene impiegata, ma serve anche a capire l’evoluzione della stessa categoria.

Infine, concludiamo la nostra analisi con un ultimo significato di autenticità: l’autenticità come connessione. Secondo quest’ultima, “un’entità è autentica nella misura in cui è connessa a una persona, luogo o tempo secondo quanto affermato”.

Il referente alla base dell’attribuzione di autenticità può essere trovato al di fuori dell’entità stessa, ma in questo caso è connessa ad una specifica persona, luogo o tempo: l’entità è collegata ad esso/essa come dichiarato?

Questo terzo significato deriva da un lavoro sull’essenzialismo psicologico e un lavoro sulla semiotica.

Il lavoro sull’essenzialismo psicologico afferma che alcune entità contengono un “essenza” o una qualità che gli individui non possono osservare direttamente e quest’essenza non visibile può essere trasmessa da un’entità all’altra senza che essa diminuisca. Come tale, gli

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individui, tendono a rappresentare psicologicamente concetti non visibili attraverso il processo del contagio, ovvero vi è la convinzione che gli oggetti possano acquisire l’essenza di una particolare fonte attraverso il contatto fisico con quella fonte (Stravrova et al., 2016). Si consideri, ad esempio, una collana di perle finta indossata da Jaqueline Onassis: “uno persona non diventa Jaqueline Onassis indossando le sue perle, ma piuttosto possiede un po' del suo essere” (Gelman, 2003:307).

Il lavoro sulla semiotica si concentra invece sul processo di creazione di significato attraverso il collegamento dei segni con i concetti. In particolare, si evidenziano due tipi di collegamenti: indexical cues in cui un oggetto ha una connessione spazio-temporale con qualcosa di specifico nel mondo reale (Pierce, 1940) e iconic cues che, a differenza di una reale connessione con una persona, luogo o tempo, è un’icona che produce esperienze analoghe tali che “la sensazione che percepiamo dal percepire il segno è simile alla sensazione che percepiamo quando percepiamo l’oggetto” (Grayson & Shulman, 2000:18). Quindi un “segno iconico si riferisce al suo oggetto in quanto imita o assomiglia a quell’oggetto” come un “attore che rappresenta Benjamin Franklin” (Mick, 1986:199) oppure una riproduzione moderna delle perle di Jaqueline Onassis.

Gli studiosi che adottano questa interpretazione enfatizzano tre diversi tipi di connessioni che potrebbero dare origine ad un’attribuzione di autenticità: la provenienza, il trasferimento e il simbolismo.

La provenienza dimostra come un oggetto è autentico in virtù delle sue origini. Infatti, le entità sono considerate autentiche nella misura in cui si ha una connessione spazio-temporale con la fonte di un’entità. L’autenticità, in questo caso, può essere valutata sulla base della qualità percepita, ovvero l’origine di un oggetto fornisce un segnale sulla sua qualità o valore di mercato: ad esempio, un autentico dipinto di Picasso è valutato maggiormente perché è considerato di qualità superiore rispetto ad un falso (Frazier et al., 2009). La connessione con la fonte di origine produce quindi percezioni più elevate di qualità mentre invece i prodotti contraffatti sono generalmente considerati di qualità inferiore perché mancano di tali connessioni. Un secondo meccanismo attraverso il quale una connessione con la fonte di un oggetto può generare valore è quella del contagio secondo cui gli oggetti percepiti come autentici generano valore non perché sono di qualità superiore, di per sé, ma piuttosto perché contengono “l’essenza della loro fonte” (Newman, 2016). Ad esempio, il valore degli oggetti fatti a mano deriva dal fatto che questi contengono l’amore dell’artigiano e

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l’essenza del suo produttore varia a seconda della prossimità spazio-temporale: gli oggetti prodotti in una fabbrica originale (Newman & Dhar 2014) oppure gli oggetti originali piuttosto che i duplicati perfetti, sono considerati più autentici in quanto “più vicini al loro creatore” e quindi contengono maggiormente l’essenza di quel creatore.

Il tema del trasferimento, a differenza della provenienza, indica come un oggetto può diventare autentico attraverso una connessione, anche se la connessione sorge molto tempo dopo la sua creazione. Gli studi all’interno di questo tema si focalizzano su oggetti di uso quotidiano che sono stati “contaminati” attraverso il contatto fisico e questi oggetti, in quanto tali, sono autentici poiché forniscono “prove percepite” che la persona, il luogo o il tempo a cui un oggetto è connesso esista effettivamente. Ad esempio, un articolo di abbigliamento indossato da una persona famosa potrebbe essere prezioso per i suoi fan perché l’articolo fornisce la prova di una connessione a quell’individuo. La celebrità non ha prodotto quell’oggetto, ma la connessione fisica spazio-temporale tra di esso e la persona famosa garantisce un’attribuzione di autenticità.

Infine, gli studi nel caso del simbolismo suggeriscono che le connessioni fisiche spazio-temporali non sono necessarie affinché un’entità sia ritenuta autentica. Gli individui, invece, “sono motivati a concentrarsi su quei particolari segnali negli oggetti che per loro trasmettono autenticità” (Beverland & Farrelly, 2010:838). La ricerca all’interno di questo tema si focalizza sia sulle riproduzioni di oggetti o spazi ritenuti autentici sulla base di una connessione simbolica, ad esempio un’automobile d’epoca restaurata potrebbe essere considerata autentica se possiede le qualità originali del veicolo anche se molte delle sue parti sono di fatto nuove (oggetto accettato come “simbolo di autenticità” perché segnala o punta a un originale anche se è comunemente noto che l’oggetto in questione non è in effetti l’originale), e sia sulle prestazioni o processi considerati autentici nella misura in cui sono riproduzioni “credibili” e “plausibili”.

Gli individui disegnano perciò connessioni simboliche a modo loro, “coproducendo” l’autenticità.

1.1.2 Quality commitment, heritage, sincerity nella percezione di autenticità

Al primo contributo teorico che delinea i diversi significati di autenticità, si aggiunge quello di Napoli et al (2013) che mira ad enunciare i fattori che concorrono alla percezione

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complessiva di autenticità della marca. L’autenticità è percepita, in questo caso, come una valutazione soggettiva di genuinità attribuita dal consumatore nei confronti di un brand. I brand possono acquisire un’aura di autenticità attraverso: “l’affermazione pubblica di devozione alla tradizione, passione per la produzione d’eccellenza e al contempo l’affermazione del disconoscimento dell’importanza dell’industria moderna e delle motivazioni commerciali legate alla produzione” (Beverland, 2005: p.1008).

Nel 2005, Beverland, compie uno studio sui produttori di vino di lusso americani esaminando le loro strategie per esprimere l’autenticità e dimostra come lo sviluppo di una storia sincera che consiste nel luogo, nella tradizione e nei valori non commerciali è cruciale per trasmettere l’autenticità del marchio.

Per le aziende, infatti, risultare autentiche è un punto critico per il raggiungimento del loro successo in quanto questo è utile sia per rinforzare il proprio status, sia per applicare un premium price e sia per distaccarsi dai competitors.

Secondo Beverland, quindi, l’autenticità è una delle componenti base del successo di una marca poiché è parte di un’unica identità di marca (Aaker 1996, Kapferer 2001, Keller 1993, citati in Beverland, 2005, p. 1003).

Nello studio di Napoli et al (2013) si fa riferimento a tre fattori che influenzano la percezione di autenticità di un consumatore: quality commitment, heritage e sincerity. Il primo fattore, quality commitment, indica l’impegno di un brand verso la qualità dei suoi prodotti (“il brand è un potente simbolo di continua qualità”; “solo i più pregiati materiali sono utilizzati per la creazione di questo brand”). Il fattore heritage suggerisce come la storia del brand, il suo legame con il passato e con le sue tradizioni rientrino all’interno della sua valutazione sottolineando il fatto che la storia di un brand rappresenti una garanzia di autenticità per i consumatori. Infine, il fattore sincerity prevede che la valutazione di autenticità si basi sulla verifica della coerenza tra il brand e le sue azioni e i valori della tradizione sui quali il brand si fonda.

La misurazione dell’autenticità attraverso questi tre fattori indica la capacità di un brand di creare un’associazione tra questo e i drivers che maggiormente impattano su tale valutazione.

Nel nostro esperimento, questi tre fattori verranno misurati sulla base di molteplici item. I rispondenti al questionario esprimeranno, per ciascun item, il proprio grado di accordo o disaccordo con riferimento ad uno specifico prodotto attraverso una scala Likert basata su sette punti. Gli elevati punteggi per ciascun fattore suggeriscono un’elevata percezione di

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1.2 I prodotti tipici: panorama di riferimento

I prodotti tipici rappresentano oggi un fenomeno socio-culturale, oltre che economico, di assoluta rilevanza. La convergenza delle attenzioni dei consumatori, delle imprese e delle istituzioni verso questi prodotti, è uno dei fenomeni più significativi degli ultimi anni nell’evoluzione del panorama agroalimentare nazionale.

Il nostro Paese è caratterizzato da un elevato numero di prodotti tipici, ma, nonostante ciò, i consumatori italiani non sono ancora in grado di cogliere appieno le loro caratteristiche distintive. Le ricerche di mercato delineano un consumatore disorientato, che confonde i prodotti tipici con i prodotti locali, ha scarsa conoscenza dei marchi di certificazione comunitaria e raramente riconosce il valore delle denominazioni di origine (Ismea, 2012)1.

Questo quadro di riferimento non stupisce se consideriamo la complessità del contesto in cui oggi hanno luogo le scelte di consumo e di acquisto. Il mercato dei prodotti tipici è costituito dalla presenza di differenti attori che si fanno garanti della qualità del prodotto e della sua origine (produttori, consorzi e distributori), numerose certificazioni a tutela dell’autenticità dei prodotti tipici (DOP, Igp, Stg), più marchi (industriali, collettivi e commerciali) e diversi canali distributivi (specializzati, despecializzati, diretti e online).

Infatti, negli ultimi decenni il processo di globalizzazione ha visto, la diffusione di grandi supermercati e gallerie commerciali all’interno del quale è possibile trovare tutto ciò che un consumatore necessita in un solo luogo, la velocizzazione dei mezzi di trasporto e la diffusione di nuove tecniche di coltivazione che consentono il superamento di barriere quali la stagionalità e la distanza, garantendo così la disponibilità di qualsiasi tipologia di prodotto in ogni momento dell’anno. Pertanto, i ritmi frenetici della quotidianità hanno assorbito il consumatore così tanto da allontanarlo dalle origini, dalla natura e dal territorio.

Nonostante ciò, la risposta a questo fenomeno è un rinnovato entusiasmo verso tutto ciò che è tradizionale e locale. Infatti, oggi è forte la ricerca di autenticità dei prodotti tipici da parte dei consumatori che riportano alla luce i sapori della tradizione e il gusto della terra. Anche gli operatori economici e gli amministratori pubblici fanno della valorizzazione della qualità dei loro prodotti agroalimentari, l’elemento centrale della strategia di sviluppo economico aziendale e/o territoriale mirando alla salvaguardia culturale delle tradizioni produttive e gastronomiche locali e regionali.

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1.2.1 Definizione e caratteristiche dei prodotti tipici

Il progressivo passaggio del modello di consumo alimentare dal paradigma quantitativo a quello qualitativo e la crescente domanda di cibo autentico determina un processo di rilocalizzazione dei circuiti di produzione e consumo e l’affermazione di alternative food networks (Ranting H., Marsden T.K., Banks J. 2003), ovvero, modelli di produzione e consumo legati fortemente al territorio. Le produzioni tipiche ne sono un esempio. La crescente attenzione nei confronti di queste produzioni ha fatto sì che l’Unione Europea tutelasse e salvaguardasse questi sistemi di produzione con l’istituzione di marchi di tipicità. In seguito, nel 1992, con l’emanazione del Regolamento Ce 2081 poi sostituito dal 510/06, si è attribuito il riconoscimento di Denominazione di origine protetta (DOP). Si tratta di un processo rigoroso e selettivo che consiste nel valutare le caratteristiche specifiche del prodotto e la presenza di un legame forte con il territorio tanto da contraddistinguerlo. Questo trova giustificazione in una serie di motivazioni di natura economica, ma non solo:

• tutela della concorrenza sleale attraverso la salvaguardia delle produzioni tipiche dai crescenti tentativi di contraffazione e imitazione presenti in tutto il mondo;

• controllo dei mercati agricoli tramite il riposizionamento delle produzioni tipiche su segmenti dove non prevale la competizione sul prezzo;

• sviluppo rurale, ovvero, le produzioni tipiche risultano fondamentali sia per lo sviluppo dell’intero territorio nel quale esse avvengono e sia per la riscoperta e il mantenimento delle tradizioni culturali locali assumendo un ruolo multifunzionale e stimolando lo sviluppo dei settori collegati alla tipicità;

• patrimonio e conservazione delle risorse in quanto alla produzione tipica si associa la possibilità di conservare e valorizzare le risorse endogene dei territori rurali. Queste due ultime motivazioni hanno un valore sociale. Infatti, il consumo di prodotti tipici, non risponde solo a bisogni di natura funzionale, ma anche ad altre esigenze di natura sociale e culturale (Palomba P., Nomisma, 2009).

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La specificità da cui deriva il carattere distintivo dei prodotti tipici è frutto del contesto geografico nel quale questi sono realizzati, inteso come insieme di fattori naturali e umani. Pertanto, la definizione di prodotto tipico parte dall’origine geografica e dalle modalità attraverso il quale questa interferisce sulle caratteristiche di prodotto.

La letteratura ha fornito una serie di definizioni che sottolineano soprattutto l’influenza del territorio, della memoria storica e del capitale umano: la territorialità è fondamentale nel determinare le caratteristiche distintive del prodotto; il recupero della memoria storica consente invece di generare competenze e saperi tradizionali che sono inclusi nel prodotto tipico; il capitale umano è anch’esso essenziale in quanto traduce il sapere e la lavorazione tradizionale nella manifattura del prodotto rendendolo unico e inimitabile.

A conferma di quanto già detto, Marescotti (2002) afferma che: “un prodotto tipico è l’esito di un processo storico collettivo e localizzato di accumulazione di conoscenza contestuale che si fonda su di una combinazione di risorse territoriali specifiche sia di natura fisica che antropica, che dà luogo ad un legame forte, univo e irriproducibile col territorio di origine”. Questa definizione conferma dunque il superamento di una prospettiva meramente fisica del legame di un prodotto con il territorio e l’affermazione di una duplice valenza di quest’ultimo: la prima di tipo fisico che concepisce il territorio come supporto pedo-climatico e la seconda di tipo umano che individua nel territorio uno spazio di sapere e di pratiche locali.

In conclusione, la riscoperta del prodotto tipico è data dall’unione di due gruppi di consumatori molto diversi tra di loro: il consumatore con comportamenti tradizionali che non ha mai smesso di consumare i prodotti tipici ed ora li riscopre con orgoglio per il significato di appartenenza che portano con sé; il consumatore in evoluzione che ha maggiori esigenze, aspettative di prezzo e di qualità. Pertanto, ci troviamo di fronte ad un consumatore capace di destreggiarsi tra prodotti differenti e tra imprese di produzioni distinte. Il prodotto tipico non rappresenta perciò solo un ritorno alle origini, ai legami con il territorio e ai ricordi con il passato ma la scoperta di una novità per molti clienti che non intendono vivere la spesa e il consumo alimentare come una routine.

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1.2.2 La ricerca di autenticità nei prodotti tipici

La ricerca di autenticità nei prodotti agro-alimentari consiste nella ricerca e riscoperta di ciò che è:

• tipico: caratterizzato da specifici connotati storico culturali legati al territorio d’origine;

• locale: realizzato in un determinato luogo dove i confini fisici e culturali sono ben definiti, grazie ad elementi sia spaziali che storici;

• tradizionale: in questo caso prevale la componente legata alla storia piuttosto che quella spaziale. Un forte legame con la storia e con la tradizione che va oltre la dimensione spaziale del luogo.

Il prodotto agro-alimentare autentico è sintetizzabile quindi con i significati di questi tre concetti e con le caratteristiche che contraddistinguono tali prodotti.

I motivi che spingono gli individui a ricercare l’autenticità nei prodotti tradizionali e locali sono i seguenti:

• alcuni desiderano consumarli al fine di riscoprire ciò che è genuino e di alta qualità per fuggire dalla routine quotidiana;

• altri perché sono alla ricerca di un contatto diretto e profondo con il luogo che produce quel determinato prodotto.

Secondo gli studiosi, il processo attraverso il quale si percepisce la qualità di un prodotto e si soddisfa la ricerca di autenticità si individua nei fattori soggettivi del consumatore e nella qualità attesa: nel primo caso facciamo riferimento ad esperienze, preferenze, caratteristiche psicologiche e demografiche (Ophius and Van Trijp, 1995) dell’individuo, mentre la qualità attesa è invece influenzata a sua volta da altri fattori tra cui il brand name (Di Monaco et al., 2003), il prezzo (Lange et al., 1999), le informazioni nutritive (Tourila et al. 1998), i benefici per la salute (Bower et al., 2003) e le origini (Caporale e Monteleone, 2001).

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L’autenticità di un prodotto tipico costituisce quindi il marchio distintivo di una località con cui esso crea un’associazione e un legame unico (D’Amico, 2004). L’autenticità oggi è ricercata infatti all’interno di un’ampia gamma di prodotti, servizi ed esperienze divenendo così uno strumento di branding.

1.2.3 La denominazione DOP

Dopo aver analizzato i prodotti tipici, concludiamo con un approfondimento sulle denominazioni DOP, oggetto del nostro studio.

Per denominazione di origine protetta, si intende (art.2 reg. 510/2006): “il nome di una regione, di un luogo determinato o, in casi eccezionali, di un paese che serve a designare un prodotto agricolo o alimentare:

• originario di tale regione, di tale luogo determinato o di tale paese;

• la cui qualità o le cui caratteristiche sono dovute essenzialmente o esclusivamente ad un particolare ambiente geografico, inclusi i fattori naturali e umani;

• la cui produzione, trasformazione ed elaborazione avvengono nella zona geografica delimitata”.

Il vincolo prodotto-territorio è massimo, in quanto, tutte le fasi del processo produttivo devono far riferimento ad una precisa zona geografica delimitata.

La certificazione DOP viene quindi attribuita esclusivamente a prodotti agroalimentari le cui caratteristiche qualitative dipendono dal territorio all’interno del quale essi vengono prodotti.

L’ambiente geografico riguarda fattori naturali (materie prime, caratteristiche ambientali e localizzazione) e fattori umani (produzione tradizionale ed artigianale) i quali, combinati insieme, consentono di ottenere un prodotto inimitabile al di fuori di quel territorio di origine. Pertanto, nel luogo e nella regione specifica di cui il prodotto porta il nome, devono avere luogo tutti i processi di produzione e trasformazione delle materie prime fino

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all’ottenimento del prodotto finito, in quanto, questi alimenti presentano particolari caratteristiche proprio a causa dell’intimo legame tra il prodotto e il territorio.

Inoltre, con l’istituzione del DOP, si sono salvaguardate due categorie: quella dei produttori tramite l’utilizzo esclusivo della denominazione e il diritto di vietare e perseguire qualunque forma di utilizzo indebito del marchio da parte di soggetti non legittimati e quella dei consumatori sempre più interessati alle produzioni locali che tramite i marchi di denominazione possono tutelare i loro interessi grazie alla possibilità di disporre informazioni sull’origine e sulla qualità del prodotto.

Il logo di Denominazione di Origine Protetta (Figura 1.1) permette ai produttori del settore agroalimentare di aumentare la visibilità dei propri prodotti presso i consumatori europei. Questo è caratterizzato dai colori rosso e giallo e al suo interno sono rappresentati dei solchi di un campo arato in riferimento proprio all’importanza dell’origine geografica di tali prodotti. Nel complesso, si vuole rendere questa rappresentazione grafica il più riconoscibile possibile da parte dei consumatori.

Figura 1.1 Logo marchio DOP

Il marchio DOP deve essere però considerato come punto di partenza e non di arrivo per un fondamentale principio di marketing, ovvero, che nessun consumatore è disposto a pagare un prezzo più alto semplicemente per un prodotto con il “Bollino” comunitario senza conoscere il significato del medesimo logo e soprattutto le caratteristiche qualitative che presenta tale prodotto. Perciò risulta fondamentale, per il marchio DOP, assumere una valenza di marketing affiancando al riconoscimento comunitario, uno sviluppo commerciale e promozionale del prodotto a marchio e attivando sinergie e relazioni commerciali con il sistema economico locale, ad esempio, con la ristorazione, il commercio e l’artigianato al

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fine di consolidare il legame territoriale della Denominazione in maniera attiva e incrementare la notorietà presso il pubblico dei consumatori.

Pertanto, il sistema di certificazione DOP, nonostante sia nato con finalità di tutela e valorizzazione di produzioni radicate sul territorio assume nel tempo anche una valenza di marketing.

Il marchio DOP viene percepito dagli operatori di settore, non solo come un’opportunità di guadagno ma anche come la possibilità di migliorare la reputazione e l’apprezzamento del prodotto sul mercato finale.

L’evidente finalità è quella di tutelare i consumatori dall’effettiva provenienza dei prodotti ma anche dall’osservanza di specifici disciplinari che autorizzano l’utilizzo del marchio. Un prodotto agricolo, per poter beneficiare della protezione comunitaria, deve inoltre essere realizzato secondo regole di produzione precise, deve essere cioè conforme alle indicazioni riportare in un disciplinare di produzione (art. 4 reg. 510/2006: “per beneficiare di una DOP i prodotti devono essere conformi ad un disciplinare”) depositato in sede comunitaria con l’accertamento di tale conformità da parte di un organismo predisposto.

Tale disciplinare è un documento che al suo interno raccoglie una serie di requisiti produttivi e aspetti specifici come gli elementi storici, il logo ed il marchio identificativo, la descrizione del prodotto e delle materie prime che devono essere utilizzate, le principali caratteristiche chimiche, fisiche e organolettiche che permettono di differenziare il prodotto da altri simili della stessa categoria, la delimitazione del territorio di produzione e il nesso causa-effetto fra le peculiarità della zona e la qualità del prodotto. In altre parole, devono essere presenti tutti gli elementi che giustificano il legame tra qualità, caratteristiche del prodotto, reputazione, ambiente geografico di riferimento e descrizione del metodo di lavorazione e di ottenimento.

Il disciplinare diventa così “la disciplina obbligatoria” ovvero il documento di riferimento che tutti i produttori coinvolti nel circuito di produzione tipica devono rispettare e essere sottoposti al controllo da parte di un ente incaricato.

Tuttavia, il marchio DOP rappresenta un “certificato di omologazione” ovvero la garanzia che tutti i prodotti che riportano il logo previsto dalla normativa rispettano uno stesso disciplinare.

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All’interno dell’Unione Europea, l’Italia può vantare di una tradizione agroalimentare e gastronomica molto ricca e risulta essere il paese che presenta il maggior numero di prodotti con il riconoscimento comunitario di qualità.

Analizzando l’evoluzione del numero di denominazioni riconosciute a partire da quando sono avvenute le prime registrazioni europee (1996) ad oggi, possiamo notare come l’Italia riveste un importante ruolo a livello europeo. Il numero di questi riconoscimenti risulta in costante crescita per l’Italia. Infatti, possiamo vedere come dal 2006 questa abbia raddoppiato quasi il suo numero, passando da 158 a 283 prodotti registrati (Figura 1.2).

Figura 1.2: Trend registrazioni Italia (2016). Fonte: Dati Qualivita.

La distribuzione percentuale in base invece al settore vede al primo posto l’ortofrutta e i cereali con un peso del 38%, seguita dai formaggi 18%, dagli oli e grassi 15% e dai prodotti a base di carne 14% (Figura 1.3).

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Figura 1.3: Prodotti italiani con riconoscimento per categorie. Fonte: Dati Qualivita.

Nel 2017 si è rafforzato questo trend di crescita dei prodotti agroalimentari di qualità con un aumento, rispetto al 2016, dell’1,8% 2. In Italia sono presenti esattamente 575 prodotti DOP3.

Infine, vediamo come la strategia di valorizzazione dei prodotti DOP comporti una serie di costi e oneri che un’impresa può ricavare nell’appartenere ad una filiera DOP:

• costi preliminari, sostenuti anteriormente al riconoscimento e riguardano tutti gli adempimenti necessari per l’ottenimento dello stesso;

• costi diretti, legati ad attività di controllo e certificazione;

• costi indiretti, ovvero costi di adattamento strutturale e operativo, di riorganizzazione e i costi di non conformità;

• costi complementari, come costi promozionali, di sorveglianza e quelli legati ad eventuali sanzioni.

A tali costi aggiuntivi che un’impresa deve sostenere per ottenere la certificazione di prodotto si aggiungono però i benefici che derivano da questa certificazione che sono:

2 https://www.istat.it/it/archivio/224608

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• possibilità di vendere il prodotto con un premium price; • difesa della concorrenza sleale;

• utilizzo del marchio ottenuto dalla certificazione come strumento di differenziazione; • stabilizzazione dei rapporti commerciali;

• sviluppo di nuovi canali e mercati; • garanzia verso i consumatori.

Il plusvalore culturale dei prodotti tipici può quindi essere trasformato in un plusvalore economico conseguibile dalle imprese nel rendimento della loro attività applicando un surplus sul loro prezzo di vendita.

La possibilità di monetizzare il plusvalore deriva però dalla capacità delle imprese di riuscire a far percepire al consumatore gli aspetti peculiari dell’offerta attraverso attività di acculturazione nei confronti del prodotto e delle sue componenti. Tale processo infatti “non deve limitarsi all’awareness, ossia alla consapevolezza circa l’esistenza del prodotto, ma riguardare soprattutto, la knowledge e il linking, ossia rispettivamente, la conoscenza delle sue caratteristiche e l’apprezzamento dei benefici offerti” (D’Amico A., 2002).

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1.3 Ipotesi della ricerca

Questo progetto di tesi si propone di analizzare i fattori che influenzano la percezione di autenticità dei consumatori nei confronti di uno specifico prodotto DOP.

Il seguente elaborato manipola tre variabili indipendenti che sono: il prezzo, la località di produzione e il canale di vendita.

In particolare, per quanto riguarda il prezzo verranno presi in esame il caso in cui quest’ultimo è più elevato del prezzo medio a cui generalmente viene venduto il prodotto e un prezzo medio; per la località di produzione, un luogo di produzione che corrisponde a quello di origine e un luogo di produzione diverso da quello originale; per invece il canale di vendita, un punto vendita specializzato e un punto vendita che fa parte della grande distribuzione organizzata. Questi, si ipotizza che influenzino la percezione di autenticità

dei consumatori nei confronti di un prodotto DOP viste le caratteristiche che contraddistinguono quest’ultimi, ovvero, il legame con il territorio di origine, un

premium price sul loro prezzo di vendita e un canale specializzato che garantisce qualità

ed autenticità.

Il prodotto preso in esame è quello derivante da uno studio preliminare che prevede una serie di domande rivolte ad un campione di rispondenti che hanno l’obiettivo di far emergere quale, tra una lista di prodotti DOP, è quello maggiormente conosciuto, in modo tale da concentrare l’analisi su di un prodotto nei confronti del quale la maggior parte dei rispondenti ha familiarità.

Pertanto, si ipotizza che un prezzo alto comporti un aumento della percezione di

autenticità dei consumatori4 nei confronti di un prodotto di consumo in quanto più un prodotto è caro, maggiore è la percezione della sua qualità e di conseguenza più autentico viene percepito il prodotto.

H1: Il prodotto DOP venduto ad un prezzo alto viene percepito più autentico rispetto ad uno stesso prodotto venduto ad un prezzo in linea con il suo prezzo medio.

4La seguente ipotesi deriva dallo studio qualitativo realizzato da Groves Angela (2008), “Authentic British

food products: a review of consumer perceptions”, International Journal of Consumers Studies. Volume 25,

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Anche la località di produzione influenza la percezione di autenticità nei consumatori. Infatti, quando l’autenticità è un fattore rilevante, le informazioni relative a dove un prodotto è fabbricato possono avere un impatto importante sulle preferenze dei consumatori e possono tradursi in un vantaggio sostenibile per i marchi che mantengono un legame con l’impianto di produzione originale.

Newman e Dhar (2014) nella loro ricerca rilevano che, di fronte ad un elevata sensibilità al contagio, i prodotti provenienti dal luogo di produzione originale sono visti come contenenti l’essenza del marchio. Tuttavia, le differenze nel luogo di produzione possono influenzare le preferenze dei consumatori. Questa convinzione nell’essenza trasferita porta quest’ultimi a considerare i prodotti della fabbrica originale come più autentici e preziosi rispetto a prodotti identici realizzati altrove influenzando così la percezione di autenticità per i prodotti di consumo. Si ipotizza quindi, che un prodotto DOP realizzato nel luogo di produzione

originale venga percepito più autentico rispetto ad uno stesso prodotto fabbricato in un luogo diverso da quello originale.5

H2: Il prodotto DOP realizzato nel luogo di produzione originale è percepito come più autentico rispetto allo stesso prodotto DOP realizzato in un luogo diverso da quello originale.

Infine, anche il canale di vendita assume un ruolo importante nel processo di valutazione dei consumatori e può anch’esso influenzare la percezione di autenticità di un prodotto tipico. Il canale di vendita specializzato si fa garante della tipicità e dell’autenticità dei prodotti tipici, perciò, si ipotizza che un prodotto tipico acquistato in un punto vendita specializzato

sia percepito maggiormente autentico rispetto ad uno stesso prodotto tipico acquistato in un punto vendita della grande distribuzione.6

5 La seguente ipotesi deriva dalla ricerca di Newman G. E. and Dhar R. (2014), “Authenticity Is

Contagious: Brand Essence and the Original Source of Production”, Journal of Marketing Research,

51(3), 371–86.

6 La seguente ipotesi deriva dalla ricerca qualitativa di Bellini Silvia, Cardinali Maria Grazia (2015),

“Strategie di valorizzazione dei prodotti tipici: ruolo dei brand e dei canali distributivi”, Fascicolo 3,

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H3: Il prodotto DOP venduto attraverso un punto vendita specializzato è percepito più autentico rispetto allo stesso prodotto DOP distribuito attraverso un punto vendita appartenente al canale della grande distribuzione.

Di seguito è riportata la tabella delle ipotesi della ricerca appena enunciate (Tabella 1.1), mentre, nei capitoli successivi sarà illustrato il metodo seguito per realizzare la ricerca empirica (Capitolo 2).

Ipotesi della ricerca:

H1: Il prodotto DOP venduto ad un prezzo alto viene percepito più autentico rispetto ad uno stesso prodotto venduto ad un prezzo in linea con il suo prezzo medio; H2: Il prodotto DOP realizzato nel luogo di produzione originale è percepito come più

autentico rispetto allo stesso prodotto DOP realizzato in un luogo diverso da quello originale;

H3: Il prodotto DOP venduto attraverso un punto vendita specializzato è percepito più autentico rispetto allo stesso prodotto DOP distribuito attraverso un punto vendita

appartenente al canale della grande distribuzione;

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Capitolo 2

Metodo di ricerca

2.1 L’esperimento

Il test progettato per la realizzazione della ricerca non è un questionario tradizionale ma un vero e proprio esperimento che ha lo scopo di indurre i rispondenti a creare un proprio stato mentale nel caso delle manipolazioni, reperire delle informazioni testuali nel caso degli stimoli ed è sulla base di questi che i soggetti devono rispondere alle domande conseguenti. L’esperimento è lo strumento principe per il controllo delle ipotesi causali. La sperimentazione non è però l’unico approccio attraverso il quale possono essere analizzate le relazioni tra variabili nella ricerca sociale: oltre all’esperimento è presente anche un’analisi della covariazione.

Una prima differenza che si può rilevare tra i due approcci è che l’analisi della covariazione è naturale in quanto analizza le covariazioni che non vengono manipolate dal ricercatore ma così come si presentano nelle situazioni sociali, mentre l’esperimento è artificiale ovvero si realizza in un laboratorio e la variazione della variabile indipendente è prodotta dal ricercatore.

Quindi nel primo caso, il ricercatore si limita ad osservare e ad analizzare come le variazioni di X (causa, variabile indipendente) si accompagnano a quelle di Y (effetto, variabile dipendente) in una situazione naturale, nel secondo caso lo sperimentatore produce (ovvero fa variare e manipola dall’esterno la variabile indipendente) una variazione di X in una situazione controllata (mediante l’assegnazione per sorteggio dei soggetti ai due gruppi, egli tiene sotto controllo tutte le altre variabili e quindi i due gruppi si differenziano solo per la variazione della variabile indipendente) e misura quanto varia Y, tenendo costanti le altre possibili cause.

Pertanto, l’intervento del ricercatore nel caso dell’analisi della covariazione si colloca a valle della raccolta dei dati, nel caso dell’esperimento invece il ricercatore controlla a monte la produzione stessa dei dati che avviene in una situazione da lui costruita.

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Tuttavia, gli elementi che caratterizzano l’esperimento e che delineano una differenza tra i due approcci sono la manipolazione della variabile indipendente e il controllo delle terze variabili.

Per rinforzare un’ipotesi di relazione causale tra le due variabili è necessario però disporre di elementi empirici sui tre aspetti:

• covariazione fra variabile indipendente e variabile dipendente, ovvero che al variare di una variabile deve variare anche l’altra;

• direzione causale, cioè al variare della variabile indipendente deve corrispondere una variazione della variabile dipendente e non il contrario;

• controllo delle variabili estranee, si deve escludere che la causa del variare della variabile dipendente non sia la variabile indipendente ma altre variabili ad essa correlata che variano simultaneamente.

L’esperimento può essere definito come “una forma di esperienza su fatti naturali che si realizza a seguito di un deliberato intervento modificativo da parte dell’uomo, e quindi come tale si contrappone alla forma di esperienza che deriva dall’osservazione dei fatti nel loro svolgersi naturale” (Corbetta, 2003, pag. 69-117).

I due elementi che caratterizzano il metodo sperimentale sono:

• assegnazione dei soggetti ai gruppi che può avvenire tramite la randomizzazione ovvero l’assegnazione causale dei soggetti ai gruppi che porta ad avere gruppi equivalenti. Quando questo non è possibile, un criterio alternativo è quello dell’accoppiamento, ovvero formare coppie di soggetti identici sulla base di alcune caratteristiche rilevanti;

• manipolazione della variabile indipendente, ovvero ogni gruppo presenta una differente modalità di variabile. La variazione può essere trai i gruppi (nello stesso tempo) o nel tempo (nello stesso gruppo, ma correndo il rischio che la ripetizione del test influenzi le risposte).

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Infine, lo sperimentatore ha la possibilità di misurare i valori della variabile dipendente sia prima di aver introdotto la variabile indipendente (pre-test) sia dopo averla introdotta (post-test). A causa delle limitazioni pratiche, lo sperimentatore non è spesso in grado di esercitare tutte queste forme di controllo. Pertanto, cerca di confrontare una situazione in cui è presente la variabile causale con un’altra in cui non è presente.

Il metodo sperimentale nelle scienze sociali presenta sia vantaggi che svantaggi.

2.1.1 Vantaggi dell’esperimento

I vantaggi del metodo sperimentale sono i seguenti:

• metodologico, ovvero è il metodo di ricerca che meglio consente di affrontare il problema della relazione causale perché riesce ad isolare la causa, consente di ottenere il massimo controllo del setting e quindi il ricercatore può nutrire maggiore fiducia nei suoi risultati, per l’effetto delle terze variabili e perché si svolge in modo longitudinale (l’esperimento fornisce l’opportunità di studiare i cambiamenti temporali, il ricercatore osserva e raccoglie i dati in un certo arco di tempo e li rileva ripetutamente a intervalli prestabiliti);

• natura dei problemi che consente di affrontare, cioè isola fenomeni che nelle condizioni naturali non potrebbero essere studiati.

2.1.2 Svantaggi dell’esperimento

Gli svantaggi dell’esperimento sono invece:

• artificialità dell’ambiente perché avviene in un contesto non naturale e della relazione del soggetto perché esso è osservato e può essere condizionato (effetto sperimentatore: le aspettative dello sperimentatore possono influire sui suoi risultati);

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• non rappresentatività, ovvero i risultati spesso non possono essere generalizzati a tutta la popolazione o a segmenti diversi da quello studiato sia perché i campioni sono assai ristretti (non è possibile far variare la variabile indipendente e tenere sotto controllo tutte le altre variabili quando il campione di casi studiati è troppo ampio: questa limitazione provoca una scarsa rappresentatività del campione) e sia perché non seleziona uno spaccato rappresentativo di tutta la popolazione (visto che i gruppi sperimentali non possono aspirare ad essere campioni rappresentativi della popolazione, spesso succede che lo sperimentatore rinuncia a porsi il problema dei criteri di selezione dei soggetti da sottoporre all’esperimento e quindi sceglie rispondenti all’interno dello stesso ambiente sociale).

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2.2 L’indagine campionaria

Con “indagine campionaria” si intende un processo di misurazione di un insieme di variabili (caratteri) su un sottoinsieme di popolazione finita.

Descriviamo adesso gli elementi della definizione di indagine campionaria:

• in statistica con popolazione si fa riferimento ad un insieme di elementi (individui, famiglie, imprese, porzioni di territorio, istanti temporali successivi etc.). Una popolazione viene detta finita se è composta da un numero finito di elementi e questi devono essere inoltre “etichettabili”, ossia identificabili e distinguibili gli uni dagli altri;

• il processo di misurazione può assumere molte forme, può consistere in un’intervista, in un colloquio telefonico, nella compilazione di un questionario cartaceo etc. Si possono distinguere misurazioni “semplici”, ossia basate su risposte a singole domande e misurazioni “complesse” in cui la misurazione richiede l’analisi congiunta di molte risposte;

• un’indagine campionaria misura un insieme di variabili su un sottoinsieme della popolazione finita. Un campione è un sottoinsieme della popolazione. Concentrare lo sforzo di osservazione su una parte e non su tutto è ciò che caratterizza le indagini campionarie rispetto ai censimenti.

L’obiettivo di un’indagine campionaria è quello di descrivere la popolazione oggetto di studio rispetto ai caratteri rilevati. Per fare ciò, occorrono metodi di campionamento e procedure inferenziali appropriate, che ci permettano di generalizzare legittimamente quanto osservato sul campione all’insieme più generale da cui proviene. L’indagine statistica è rilevante per le finalità conoscitive e di analisi degli utilizzatori, deve fornire stime e indicatori il più attendibili possibili, cioè caratterizzati da elevati livelli di accuratezza oltre a cogliere tempestivamente i fenomeni oggetto di studio per effettuare confronti.

L’inferenza statistica, invece, è il procedimento per cui si inducono le caratteristiche di una popolazione dall’osservazione di una parte di essa, selezionata solitamente mediante un esperimento casuale (aleatorio).

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