COLLEGIO DI NAPOLI
composto dai signori:
(NA) CARRIERO Presidente
(NA) SANTAGATA DE CASTRO Membro designato dalla Banca d'Italia
(NA) LIACE Membro designato dalla Banca d'Italia
(NA) SILVESTRI Membro di designazione rappresentativa
degli intermediari
(NA) GIGLIO Membro di designazione rappresentativa
dei clienti
Relatore ESTERNI - SILVESTRI CHIARA
Seduta del 24/11/2020
FATTO
Il ricorrente espone di essere titolare di un buono fruttifero postale, sottoscritto il 15.3.1989 per l’importo di lire 500.000 ed emesso su modulo cartaceo appartenente alla serie “P”, poi modificata in “Q/P”. Deduce che al momento della presentazione del titolo, l’intermediario ha erroneamente corrisposto l’importo euro 2.863,99, mentre avrebbe dovuto liquidare la maggior somma di euro 5.244,67, in applicazione delle condizioni apposte sul titolo.
Esperito infruttuosamente il reclamo proposto, il ricorrente si è rivolto all’Arbitro al quale ha chiesto la condanna dell’intermediario al riconoscimento della maggior somma di euro 2.380,68, nonché il risarcimento dei danni emergenti per onorari della perizia stragiudiziale e del reclamo, per un credito totale di euro 3.221,64, oltre interessi moratori e danni subiti e subendi, e a un equo compenso per le competenze professionali di assistenza nella presentazione del ricorso.
Costituitosi ritualmente nel presente procedimento, l’intermediario convenuto ha contestato la richiesta della ricorrente, rilevando, innanzitutto, l’irricevibilità del ricorso, stante: a) l’incompetenza ratione temporis dell’Arbitro, atteso che il ricorso ha ad oggetto i rendimenti stabiliti all’atto della sottoscrizione del buono della serie “Q/P”, emesso nel 1986, mentre, secondo le Disposizioni della Banca d’Italia, l’ABF è competente a decidere in relazione a controversie afferenti a operazioni o comportamenti verificatisi a partire dal 1° gennaio 2009; b) l’incompetenza ratione materiae dell’Arbitro, sul presupposto che i BPF sono prodotti finanziari di raccolta del risparmio effettuata dall’intermediario per conto
di Cassa Depositi e Prestiti, con modalità e criteri definiti da una normativa a carattere speciale diversa dalla disciplina del titolo VI, tub, le cui controversie sono escluse dall’esame dell’Arbitro. Nel merito, l’intermediario ha rilevato che: i) le modalità di emissione dei Buoni Fruttiferi della serie “Q” sono stabilite dal D.M. del 13/06/1986; ii) ai sensi dell’art. 4 del DM 1986, nelle tabelle allegate allo stesso DM vengono indicati i
“saggi” di interesse; i tassi di interesse sino al 20° anno prevedono un rendimento calcolato con interesse annuo composto (infatti, l’importo dovuto per ogni bimestre cambia di anno in anno), mentre dal 21° anno sino al 30° il tasso di interesse è sempre il 12%, ma il rendimento è calcolato sulla base dell’interesse semplice (infatti, l’importo ivi indicato è fisso per ogni successivo anno fino al 30°, in quanto dopo il 20° anno non c’è più la capitalizzazione degli interessi); iii) l’art. 5 del DM 1986 dispone che sui moduli dei buoni della serie “P” venga apposto – oltre al timbro sulla parte anteriore, con la dicitura “serie Q/P” – un timbro sulla parte posteriore recante la misura dei “nuovi tassi”, ma non dispone che il timbro apposto sul retro del buono riporti (anche) l’importo da corrispondere al sottoscrittore (in tal senso, da ultimo, Tribunale di Venezia, sentenza n. 945 del 19.6.2020); iv) con l’apposizione dei suddetti timbri, i moduli dei buoni della serie “P” sono giuridicamente “a tutti gli effetti, titoli della nuova serie ordinaria [Q]”, quindi anche e soprattutto con riferimento alle condizioni economiche previste dal DM 1986 per la serie
“Q”; v) quale soggetto collocatore dei buoni, ha agito come previsto dal citato art. 5 del DM, apponendo sul modulo cartaceo della precedente serie “P”, due timbri: (i) sul fronte del titolo, il timbro recante la lettera di appartenenza della “serie Q/P” e (ii) sul retro del titolo, il timbro indicante i nuovi quattro tassi (8%, 9%, 10,50% e 12%) in sostituzione dei quattro tassi applicabili alla precedente serie “P”; vi) alla scadenza, ha correttamente offerto al titolare dei buoni esattamente quanto stabilito agli artt. 4 e 5 del DM, ovvero l’importo calcolato ai tassi indicati dal DM 1986 sino al 20° anno, con interessi composti, e, per il periodo dal 21° al 30° anno, con interessi semplici sull’importo maturato al termine del 20° anno; vii) la legittimità del comportamento dell’intermediario; viii) i buoni fruttiferi non sono titoli di credito, ma sono titoli di legittimazione ex art. 2002 c.c.; ix) la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del D.M. 13.6.1986 ha assolto pienamente alla funzione di trasparenza; x) l’asserito affidamento incolpevole del ricorrente è del tutto infondato, in quanto conosceva tutti i tassi di rendimento del Buono sottoscritto (dal primo anno sino al 31 dicembre del trentesimo anno) e, comunque, usando la normale diligenza, avrebbe potuto/dovuto conoscere tali tassi, data la pubblicazione del DM 1986 in Gazzetta Ufficiale.
L’intermediario ha chiesto quindi il rigetto del ricorso.
Con le proprie repliche, il ricorrente ha contestato i rilievi dell’intermediario con particolare riferimento alle eccezioni di incompetenza. Ha altresì rilevato le modalità di calcolo dei rendimenti per i primi vent’anni mediante la applicazione della ritenuta fiscale che avrebbe comportato una notevole riduzione delle somme da rimborsarsi, sia lorde che nette, maturate sia fino al 20° anno che per il decennio successivo.
DIRITTO
La questione sottoposta all’Arbitro attiene all’accertamento delle corrette condizioni di rimborso di un buono fruttifero postale, del valore di lire 500.000, emesso il 15.3.1989, dunque successivamente all’entrata in vigore del D.M. 13.6.1986. All’atto della presentazione per l’incasso, l’intermediario ha corrisposto l’importo di euro 2.863,99, mentre a dire del ricorrente, tale somma è inferiore a quanto effettivamente dovuto di euro 2.380,68, tenendo conto dei rendimenti indicati sul lato retro del buono.
Innanzitutto, dovranno esser esaminate le eccezioni sollevate dall’intermediario in via preliminare e relative alla assunta incompetenza ratione temporis e incompetenza per materia di questo Arbitro; le stesse, tuttavia, non meritano di essere accolte.
Ed invero, quanto all’eccezione di incompetenza temporale, il relativo rilievo è infondato, secondo l’orientamento consolidato dell’Arbitro, atteso che ai fini della contestazione relativa ai rendimenti dei buoni fruttiferi occorre far riferimento non tanto alla fase di formazione del consenso ed agli eventuali vizi genetici dei titoli, bensì all’interpretazione dei termini e delle condizioni riportati sui contratti, nonché ai diritti del cliente che ne derivano in termini di rendimenti maturati (cfr., ad esempio, ABF Coll., Bologna, n.
7097/2020, Coll. Milano, n. 478/2014, nonché, in particolare, Collegio di Coordinamento, n. 6142/2020).
Con riferimento, poi, all’eccezione di incompetenza per materia, anche tale censura va disattesa, in conformità del consolidato indirizzo dell’Arbitro secondo cui le controversie inerenti ai buoni fruttiferi rientrano nella propria competenza, poiché riconducibili alle attività di «bancoposta» ai sensi dell’art. 2 d.p.r. 14 marzo 2001, n. 144. E difatti se è pur vero che l’art. 1, comma 1, lettera u), del T.U.F. definisce prodotti finanziari “gli strumenti finanziari e ogni altra forma di investimento di natura finanziaria; e che non costituiscono prodotti finanziari i depositi bancari o postali non rappresentati da strumenti finanziari”; e che tale norma precisa al comma successivo che “per strumenti finanziari si intendono: a) valori mobiliari; b) strumenti del mercato monetario; c) quote di un organismo di investimento collettivo del risparmio; d) contratti di opzione […]”; ebbene, raccordando le fattispecie in gioco, nelle “Disposizioni della Banca d’Italia sulla trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari del 29.7.09, Sez. 1, punto 1.1 (e v. anche il punto 3)”, si nega ai BPF la qualifica di “strumenti finanziari”, e in via derivata di “prodotti finanziari” suscettibili di “collocamento” ai fini dell’applicazione del T.U.F., per il fatto di essere incedibili e dunque non destinati alla negoziazione sui mercati (elemento confermato dallo stesso D.M. Economia del 6.10.2004, che pure aveva inteso qualificarli come “prodotti finanziari” (così, Coll. Coord., n. 5673/2013).
Tanto chiarito, si rileva che il buono in contestazione risulta emessi su modulo cartaceo appartenente alla precedente serie “P” poi corretta, con relativo timbro, in “Q/P” , quest’ultimo in conformità dell’art. 5 del D.M. 13.6.1986, secondo cui: “…Sono, a tutti gli effetti, titoli della nuova serie ordinaria, oltre ai buoni postali fruttiferi contraddistinti con la lettera "Q", i cui moduli verranno forniti dal Poligrafico dello Stato, i buoni della precedente serie "P" emessi dal 1° luglio 1986. Per questi ultimi verranno apposti, a cura degli uffici postali, due timbri: uno sulla parte anteriore, con la dicitura "Serie Q/P", l'altro, sulla parte posteriore, recante la misura dei nuovi tassi”.
Sul retro dei buoni, poi, risulta riportata l’originaria tabella dei rendimenti relativa alla serie
“P”, alla quale è sovrapposta la stampigliatura dei rendimenti relativi ai tassi della serie
“P/Q”, per ciascun scaglione temporale, ma soltanto fino al 20° anno di durata; risulta poi l’indicazione di sintesi con i rendimenti bimestrali per gli anni dal 21° al 30° anno.
Pertanto, non emerge alcuna nuova disciplina relativa ai tassi da applicare, dal ventunesimo al trentesimo anno, diversa dai rendimenti indicati per l’originaria serie “P”.
Si osserva a tal riguardo che l’art. 5 del D.M. 13 giugno 1986, intervenuto prima della emissione del titolo in questione - con il quale era stata disposta l’ultima modifica dei tassi di interesse precedente all’emissione del titolo in esame, secondo quanto previsto dall’art.
173 del D.P.R. 29 marzo 1973, n. 156 (Codice Postale), che prevede e regola le variazioni dei tassi di interesse - ha imposto agli uffici emittenti l’obbligo, pur quando fossero stati utilizzati moduli preesistenti, di indicare sul documento il differente regime cui essi erano soggetti (ciò che l’emittente non ha fatto, nel caso di specie, con riguardo al periodo tempo dal 21° al 30° anno).
E ciò perché tale titolo si configura quale documento di legittimazione in riferimento al quale non possono trovare applicazione i principi dell’astrattezza, dell’incorporazione e della letteralità tipici dei titoli di credito, come dimostrato dalla prevalenza, sul loro tenore letterale, delle successive determinazioni ministeriali in tema di interessi ai sensi dell’art.
173 del D.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, come modificato (cfr., sul punto, Cass., 16.12.2005, n. 27809).
Come già affermato da questo Arbitro, invero, il vincolo contrattuale tra emittente e sottoscrittore si forma sulla base dei dati risultanti dal testo dei buoni, fatta salva la possibilità di una successiva etero-integrazione per effetto di decreti ministeriali modificativi dei tassi di rendimento, ai sensi dell’art. 173, codice postale, disposizione, quest’ultima, che opera un ragionevole bilanciamento tra tutela del risparmio e un’esigenza di contenimento della spesa pubblica, nel pieno dei principi sanciti dagli artt. 3 e 47 Cost..
Occorre quindi far riferimento al principio sancito dal Collegio di coordinamento, cui questo Arbitro si conforma, espresso nella decisione n. 6142/2020, il quale ha chiarito che
“assume un indubbio significato la circostanza che il richiamato art. 5 del D.M. 13 giugno 1986, con il quale era stata disposta l’ultima modifica dei tassi di interesse precedente all’emissione qui in rilievo secondo quanto previsto dall’art. 173 del D.P.R. 29 marzo 1973, n. 156 (Codice Postale) - che prevede e regola (non è superfluo rilevarlo) le variazioni dei tassi -, si è fatto carico di imporre agli uffici emittenti l’obbligo, pur quando fossero stati utilizzati moduli preesistenti, di indicare sul documento il differente regime cui essi erano soggetti; il che nella vicenda qui in esame non è accaduto con riguardo al periodo tempo dal 21° al 30° anno.
Così che, “per il periodo dal 21° al 30° anno, in assenza di variazione dei tassi secondo il differente regime, la liquidazione deve avvenire secondo quanto testualmente previsto dal titolo”.
A ben vedere, con tale soluzione, il Collegio di coordinamento di questo Arbitro (n.
6142/2020) ha precisato che la Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, che si era pronunciata sul punto (sentenza n. 3962/2019), “lungi dall’operare un revirement rispetto a Cass. SS.UU. n. 13979/2007, ne ha piuttosto fedelmente riproposto l’impostazione… Nulla ha ritenuto di aggiungere in ordine al principio enucleato dalla pronuncia del 2007- che resta pertanto impregiudicato – in relazione alla diversa fattispecie di BFP sottoscritti successivamente all’emanazione di un D.M. modificativo dei rendimenti dell’investimento, quando questi ultimi risultino difformi a quelli riportati sul titolo”; ha così confermato l’orientamento consolidato di questo Arbitro, secondo cui, per quanto concerne il periodo di tempo successivo alla scadenza ventennale, ossia dal ventunesimo anno e fino al trentesimo anno successivo, mancando, nella timbratura sovrapposta dall’ufficio, un’indicazione specifica del rendimento per tale scaglione temporale, e non risultando quindi modificata l’originaria dicitura, è da riconoscere il diritto del ricorrente ad ottenere l’applicazione delle condizioni originariamente riportate sul retro del buono fruttifero scaduto della serie in questione.
In considerazione delle ragioni che precedono, in accoglimento del ricorso, il Collegio accerta dunque il diritto della ricorrente ad ottenere l’applicazione delle condizioni originariamente riportate sul retro del buono fruttifero scaduto per quanto concerne il rendimento dal ventunesimo fino al trentesimo anno successivo a quello di emissione del buono.
Infine, non potrà essere la richiesta di rimborso delle spese di perizia, in virtù di deposito di mero avviso di fattura, in assenza di prova da parte del ricorrente di aver sopportato il relativo costo.
Né è meritevole di accoglimento la domanda di risarcimento del danno pure formulata, in difetto di qualsivoglia elemento di prova del danno che si ritiene subito.
P.Q.M.
In parziale accoglimento del ricorso, il Collegio accerta il diritto alla rideterminazione degli interessi nei sensi di cui in motivazione.
Il Collegio dispone inoltre, ai sensi della vigente normativa, che l’intermediario corrisponda alla Banca d’Italia la somma di € 200,00 quale contributo alle spese della procedura e al ricorrente la somma di € 20,00 quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso.
IL PRESIDENTE
firma 1