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COLLEGIO DI BARI. Membro designato dalla Banca d'italia. Membro di designazione rappresentativa. dei clienti FATTO

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COLLEGIO DI BARI

composto dai signori:

(BA) DE CAROLIS Presidente

(BA) CAMILLERI Membro designato dalla Banca d'Italia

(BA) RUSSO Membro designato dalla Banca d'Italia

(BA) CAPOBIANCO Membro di designazione rappresentativa

degli intermediari

(BA) POSITANO Membro di designazione rappresentativa

dei clienti

Relatore ESTERNI - CAPOBIANCO ERNESTO

Seduta del 08/10/2020

FATTO

Il ricorrente, anche attraverso integrale rinvio al reclamo, censura plurime circostanze relative ai rapporti di conto corrente e carta di credito intrattenuti con l’intermediario.

In primo luogo lamenta l’incompletezza e la tardività (oltre 90 giorni) dei riscontri a numerose richieste di documentazione relative al rapporto di conto corrente e alla carta di credito. Riferisce, da un lato, che dalla prima richiesta di documentazione, più volte reiterata, è trascorso oltre un anno per recuperare una parte della documentazione mancante, dall’altro lato, che a tutt’oggi non ha ancora ricevuto copia del contratto relativo alla carta di credito e degli estratti conto di questa riferiti al periodo intercorrente tra la data di apertura del rapporto e il mese di aprile 2008. Sul punto aggiunge che per ricevere la documentazione richiesta gli sono stati inizialmente richiesti dei costi eccessivi ovvero, per la precisione, € 133,75 con la lettera del 7 novembre 2018, ridotti a € 66,50 con la lettera del 4 aprile 2019. Infine riferisce che, a seguito di un esposto alla Banca d’Italia, tra i documenti richiesti quelli effettivamente ottenuti gli sono stati forniti gratuitamente il 9 agosto 2019.

Dalla circostanza della mancata produzione della documentazione relativa al contratto di carta di credito inferisce la nullità di tutti i pertinenti addebiti effettuati sul conto corrente “o quantomeno” l’applicazione dell’art. 117 TUB, “non essendo noto il tasso di interesse e

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tutti gli alti prezzi e condizioni praticate”, con conseguente “ricalcolo al tasso nominale dei buoni ordinari del tesoro”.

In merito al rapporto relativo alla carta di credito espone ulteriori doglianze. Lamenta innanzitutto un’estinzione unilaterale e senza preavviso del rapporto nel mese di aprile 2009 da parte del direttore della filiale con addebito del saldo sul conto corrente, all’epoca presentante un saldo negativo. Considera la descritta operazione illegittima stante l’assenza del preavviso e la strumentalità della stessa all’applicazione dei costi derivanti dalla negatività del saldo del conto corrente conseguenti all’applicazione del tasso d’interesse debitore, della commissione di massimo scoperto e della capitalizzazione composta trimestrale.

Lamenta, altresì, il riscontro negativo ricevuto alla richiesta di chiusura del conto corrente, nel mese di marzo 2010, motivato dalla perdurante presenza del mandato di addebito del saldo della carta di credito “ritornata attiva nel 2010”, carta che “dieci mesi prima fu estinta e saldata”. Afferma quindi di aver inoltrato formale reclamo all’intermediario, non riscontrato.

Censura l’usurarietà dei tassi applicati ai saldi derivanti dall’utilizzo della carta di credito.

Tali interessi usurari sarebbero stati generati dall’addebito di detti saldi sul conto corrente e dalla conseguente applicazione delle condizioni economiche di quest’ultimo al saldo negativo generato. Alla luce dei calcoli effettuati, afferma che il “tasso reale applicato del 29,25%, [risulta] usuraio rispetto a qualunque trimestre prendiamo come riferimento” posto che “alla rata già comprensiva di interessi intorno al 15% venivano applicati ulteriori interessi e spese” relative al rapporto di conto corrente. Tanto discenderebbe dalla considerazione della necessità di considerare “carta di credito e conto corrente un unico rapporto”.

Con riguardo al rapporto di conto corrente contesta innanzitutto la capitalizzazione degli interessi regolata dall’art. 10 del contratto. In merito eccepisce sia l’impossibilità della lettura del testo dovuta alla dimensione eccessivamente ridotta del carattere utilizzato sia la mancata approvazione specifica, dovuta in virtù della vessatorietà della clausola, con conseguente nullità della stessa. Denuncia la nullità per indeterminatezza della commissione di massimo scoperto in quanto non è specificato il criterio di calcolo. Ritiene gli importi pagati a tale tiolo indebiti e da restituirsi.

Il ricorrente riferisce poi di plurime violazioni in tema di ius variandi delle condizioni contrattuali relative al rapporto di conto corrente per mancanza di approvazione della clausola per iscritto, assenza di un giustificato motivo e carenza del preavviso. In particolare contesta le ripetute modifiche del tasso creditore, delle spese di liquidazione delle competenze e delle spese.

Lamenta anche la mancanza del preavviso e l’assenza dei presupposti per delle segnalazioni in Centrale dei rischi e nel SIC Crif non ulteriormente descritte.

Nel formulare le richieste all’arbitro, il ricorrente rinvia agli allegati “Descrizione_Generale”

e “Lettera_Reclamo”.

Nel documento “Descrizione_Generale”, il ricorrente chiede:

x “il ricalcolo al tasso dei buoni del tesoro del rapporto di conto corrente e della carta di credito”;

x “il risarcimento danni per avermi segnalato nella centrale rischi di Banca d’Italia e Crif senza essercene i presupposti”.

In sede di reclamo, chiede inoltre:

x “Risarcimento per aver prodotto la copia dei contratti del conto corrente dopo i 90 giorni previsti dalla legge”

x “Risarcimento per aver ostacolato il diritto alla documentazione bancaria chiedendo costi sproporzionati ed esorbitanti con l’unico fine di ostacolare un mio diritto”

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x “Risarcimento per non aver mai prodotto, seppur richiesto più volte, copia del contratto della carta di credito”

x “Risarcimento per non aver mai risposto alla famosa lettera del 2011”

x “Risarcimento per aver revocato la carta di credito senza nessun preavviso”

x “Risarcimento del danno biologico”

x “Risarcimento del danno esistenziale”

x “Risarcimento per segnalazione alla centrale rischi”

x “Restituzione di tutti i costi applicati sulla carta di credito e conto corrente oltre al maggiore tasso applicato eccedente il tasso sostitutivo bancario”

x “Storno anatocismo e commissione di massimo scoperto”

x “Il tutto comprensivo di interessi legali”.

Liquida tutte le richieste risarcitorie e restitutorie in complessivi € 25.000.

L’intermediario nelle proprie controdeduzioni riferisce che il rapporto di conto corrente di corrispondenza di cui si discute è stato acceso in data 21 giugno 2002 e chiuso in data 12 ottobre 2011. Dopo la chiusura del conto, nel mese di novembre 2014, l’intermediario ha ceduto la posizione relativa al credito in sofferenza del ricorrente a una SPV. Alla raccomandata del 16 maggio 2018, ricevuta il 25 maggio 2018, con la quale il cliente chiedeva copia del contratto di conto corrente e di apertura di credito, nonché degli estratti conto relativi sia al conto corrente sia alla carta di credito, l’intermediario riferisce di aver dato riscontro in data 21 agosto 2018 (allega la relativa comunicazione inoltrata al cliente), inviando gli estratti conto richiesti a partire dal mese di maggio 2008 sino alla data di chiusura del conto nel rispetto del termine decennale di cui all’art. 119, comma 4, TUB. A seguito di ulteriori richieste da parte del cliente del 1° e del 24 ottobre 2018, ha trasmesso anche copia del contratto di conto corrente con riscontro del 7 novembre 2018. In relazione all’ulteriore documentazione richiesta (contratti ed estratti conto della carta di credito) comunicava in un primo momento al cliente la necessità del versamento dell’importo di € 133,75 calcolato secondo le somme indicate nel foglio informativo disponibile presso le filiali e il sito internet della Banca e allegato alla lettera di risposta. A fronte di ulteriori rimostranze da parte del cliente del 6 marzo 2019 l’intermediario chiariva che l’invio dell’ulteriore documentazione non ancora trasmessa sarebbe stato subordinato al pagamento dei relativi costi, rideterminati in tale occasione nel minor importo di € 66,50.

A seguito di ulteriori richieste da parte del cliente l’intermediario si è infine offerto di trasmettere gratuitamente la documentazione richiesta. All’ulteriore richiesta del cliente del 14 ottobre 2019 a riguardo l’intermediario chiariva, con comunicazione del 16 gennaio 2020, “di aver già trasmesso tutto quanto in suo possesso, non essendo onerata dall’obbligo di conservare gli estratti conto anteriori al 2008, in ragione del decorso del termine decennale di cui al combinato disposto degli artt. 119, comma 4, TUB e 2220 c.c.”.

In seguito alla ricostruzione dei fatti l’intermediario eccepisce in via preliminare la prescrizione delle pretese del ricorrente. In particolare sostiene che, con riguardo alle pretese restitutorie “per indebita applicazione di tassi usurari, anatocismo, commissione di massimo scoperto e illegittimo ricorso allo ius variandi, è ampiamente decorso il termine decennale di prescrizione a cui è sottoposto il diritto di ripetizione dell’indebito, in ragione di quanto previsto ex art. 2946 c.c., per tutti gli addebiti effettuati nei dieci anni precedenti all’invio del reclamo (22 marzo 2020)”. Cita in merito la sentenza Cass. S.U. n.

24418/2010 sulla qualificazione delle rimesse operate sul conto corrente alla stregua di pagamenti. L’intermediario eccepisce inoltre il difetto di assolvimento dell’onere probatorio in merito all’affidamento del conto in quanto il ricorrente non ha prodotto alcuna evidenza.

Cita sul tema Cass. n. 27704/2018. Riferisce inoltre che non è pervenuto alcun atto interruttivo della prescrizione giacché tali non possono essere considerate le generiche richieste di documentazione ex art. 119 TUB o le contestazioni inerenti l’asserita

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applicazione di interessi usurari. Cita ulteriore giurisprudenza a sostegno (Cass., n.

20889/2019 e Trib. Parma 11-03-2019, n. 416).

Sostiene infine la decorrenza del termine prescrizionale quinquennale delle pretese risarcitorie di natura extracontrattuale ex art. 1947, comma 1, c.c.

Eccepisce, in via del tutto assorbente, l’inammissibilità delle domande per incompetenza temporale dell’Arbitro. Tanto deriva dal fatto che il ricorrente contesta condotte relative ad un rapporto risalente a data antecedente al 1° gennaio 2009, considerato che il contratto di conto corrente è stato sottoscritto in data 21 giugno 2002.

Sempre in via preliminare eccepisce l’assoluta genericità delle contestazioni del ricorrente posta la mancanza di allegazioni specifiche dei fatti posti a fondamento delle pretese. In particolare il ricorrente, con riguardo alla presunta applicazione di tassi usurari, “non chiarisce quali sarebbero i periodi in cui si considera superato il tasso soglia, né il saggio di interesse che si ritiene sia stato applicato al singolo rapporto, nonché i criteri utilizzati nel calcolo e la percentuale di sconfinamento rispetto al tasso soglia usura” e la medesima indeterminatezza del petitum la riscontra anche in merito alle pretese aventi oggetto l’illegittima capitalizzazione degli interessi e l’applicazione della commissione di massimo scoperto, giacché “non è nemmeno indicato quando tali poste debitorie sarebbero state applicate”.

A fortiori l’intermediario aggiunge che le pretese del cliente, oltre che essere generiche, non risultano supportate da alcun fondamento probatorio, giacché avrebbero dovuto essere prodotti “il contratto, gli estratti conto e gli scalari relativi all’intero rapporto, quali documenti contenenti la dettagliata indicazione dei movimenti del rapporto indispensabili alla verifica delle poste che sono state addebitate e accreditate in conto e quindi alla determinazione del saldo finale, nonché i Decreti Ministeriali recanti il tasso soglia relativo agli specifici periodi contestati”.

In ogni caso l’intermediario rileva che l’eventuale superamento del tasso soglia usura andrebbe misurato all’atto della stipula dei contratti, non avendo alcun rilievo il superamento del tasso soglia in corso di rapporto. In riferimento alla capitalizzazione degli interessi riferisce che i sensi della normativa vigente ratione temporis il fenomeno anatocistico deve considerarsi del tutto legittimo nel caso in cui sia garantita la pari periodicità di capitalizzazione tanto degli interessi attivi, quanto di quelli passivi, come in effetti disposto dall’art. 10 del contratto specificamente approvato dal cliente. Con riguardo alla censura relativa all’illegittima applicazione della commissione di massimo scoperto precisa che il ricorrente non ne ha provato l’applicazione nei rapporti intercorsi e che comunque era legittimamente disciplinata in contratto. Del pari l’intermediario ritiene le contestazioni sull’asserita illegittima variazione delle condizioni contrattuali non provata e che, in ogni caso, da un lato lo ius variandi era legittimamente disciplinato all’art. 20 del contratto, dall’altro tutte le variazioni sono state sottoscritte regolarmente dal cliente.

Con riferimento alla presunta nullità del contratto di carta di credito eccepisce in via preliminare l’incompetenza temporale dell’Arbitro, atteso che il primo estratto conto inviato a seguito delle richieste del cliente risale al 15 maggio 2008 e che la censura riguarda un preteso vizio genetico del contratto (cita Coll. Coord. Decisione n. 72/2014). In subordine evidenzia che nel documento di sintesi sottoscritto dal cliente in data 18 gennaio 2006 sono chiaramente indicati i tassi e le condizioni connesse alla carta di credito. In estremo subordine fa presente che, in ogni caso, dalla nullità deriverebbe l’obbligo per il ricorrente di restituire quanto ricevuto in sorte capitale, unitamente agli interessi a far data dalla messa a disposizione delle somme al ricorrente.

Sulle ulteriori richieste risarcitorie l’intermediario fa presente che “sono del tutto infondate e carenti del benché minimo fondamento probatorio ed in ogni caso prescritte” e che, in particolare, il ricorrente ha omesso in ogni caso di indicare le posizioni soggettive

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asseritamente violate, i danni evento, i danni conseguenza e il nesso di causalità tra le condotte e i danni.

L’intermediario chiede il rigetto integrale delle istanze del cliente in quanto infondate.

Il ricorrente, in sede di repliche, contesta nuovamene la mancanza di tempestività dei riscontri forniti dall’intermediario alle varie richieste documentali inoltrate nel corso del rapporto e sopra descritte in quanto pervenuti oltre i 90 giorni dall’invio delle stesse. In secondo luogo insiste sull’incompletezza della documentazione di volta in volta ottenuta rispetto alle originarie richieste. In particolare si sofferma sulla missiva di riscontro alla propria comunicazione del 16 maggio 2018 che sostiene di non aver mai ricevuto con la raccomandata spedita il 21 agosto, citata dall’intermediario. Afferma invece di avere ricevuto risposta solo a seguito di un sollecito inoltrato con mail del 10 settembre 2018.

Sostiene poi il valore interruttivo della prescrizione delle missive del 24 ottobre 2018, del 29 gennaio 2019 e del 5 marzo 2019 (copia delle quali allega in sede di repliche).

Denuncia presunte finalità dilatorie delle condotte dell’intermediario stanti l’intempestività e l’incompletezza dei riscontri, nonché le iniziali richieste di costi eccessivi per la produzione della documentazione richiesta; ciò gli avrebbe impedito di esercitare i propri diritti.

Successivamente con riferimento alla comunicazione del 2011 (di cui in sede di repliche produce copia unitamente alle evidenze relative alla spedizione tramite posta raccomandata) ne afferma il carattere di “documento interruttivo dei termini di prescrizione”. Ne inferisce che con riguardo alle censure relative all’usura non risulta prescritto il diritto alla ripetizione di quanto indebitamente pagato. Nel prosieguo afferma che il contratto di carta di credito non è stato sottoscritto in occasione della conclusione del contratto di conto corrente ***1413 del 18 gennaio 2006 come sembrerebbe asserire l’intermediario. Precisa che la circostanza della presenza delle condizioni economiche relative alla carta di credito riportate nel documento di sintesi del conto corrente non attesta la sottoscrizione del contratto relativo a quest’ultima. Riferisce dell’effettiva esistenza delle segnalazioni a sofferenza in Centrale dei rischi menzionate nel ricorso e contestate dall’intermediario, precisa che queste sono intervenute continuativamente da ottobre 2011 a novembre 2014, allega quindi un estratto della visura in CR. Insiste infine per l’accoglimento delle domande avanzate in sede di ricorso e di reclamo.

L’intermediario, in sede di controrepliche, contesta innanzitutto la rilevanza della documentazione allegata in sede di repliche dal ricorrente. Ribadisce la mancanza di fondamento probatorio delle richieste risarcitorie sia nell’an che nel quantum, nonché il decorso della prescrizione. Con riguardo alle pretese restitutorie per indebita applicazione di tassi usurari, anatocismo, commissione di massimo scoperto e illegittimo ricorso allo ius variandi, ribadisce l’eccezione di intervenuta prescrizione giacché i pretesi diritti del ricorrente potevano essere esercitati già prima della chiusura del rapporto di conto corrente (cita sul punto Cass. S.U. n. 24418/2010). Contesta le deduzioni di controparte aventi ad oggetto la pretesa strumentalità dei ritardi nella consegna della documentazione richiesta al fine di far decorrere la prescrizione, precisa a riguardo che da un lato ha regolarmente trasmesso la documentazione oggetto delle richieste avversarie, nei limiti dei termini di conservazione previsti dalla normativa di riferimento bancaria, dall’altro il ritardo è imputabile al rifiuto opposto dal cliente alla richiesta di pagamento dei costi di produzione dei documenti, poi azzerati. Ribadisce l’incompetenza temporale dell’Arbitro con riguardo alle domande relative al preteso superamento del tasso usurario, alla capitalizzazione degli interessi e all’invalidità del contratto di carta di credito. Ribadisce la mancanza di allegazione dei danni subiti e di fondamenti probatori della richiesta di risarcimento del danno per la segnalazione in centrale dei rischi. Insiste infine per il rigetto integrale delle domande del ricorrente.

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DIRITTO

Col presente ricorso, il cliente lamenta plurime anomalie con riferimento a rapporti di conto corrente e di carta di credito intercorsi con l’intermediario; in conseguenza delle stesse avanza domande restitutorie e risarcitorie.

Il Collegio esamina preliminarmente l’eccezione formulata dall’intermediario riguardante l’incompetenza ratione temporis dell’Arbitro.

Al riguardo, si rammenta che, come più volte ribadito anche dal Collegio di Coordinamento, “la norma della Sez. I, § 4, 2° alinea Reg. ABF, che esclude la competenza dell’Arbitro Bancario Finanziario per fatti o comportamenti anteriori al 1/1/2009 vada intesa nel senso che, in caso di controversia avente ad oggetto un rapporto di durata sorto anteriormente al limite temporale cognitivo posto dal Reg. ABF ma ancora efficace (i.e. produttivo di effetti) successivamente a tale data, occorra aver riguardo al petitum onde verificare se esso si fondi su vizi genetici del rapporto (nel qual caso vi sarà incompetenza temporale) oppure su una divergenza tra le parti che riguardi effetti del negozio giuridico prodottisi successivamente al predetto limite (nel qual caso vi sarà competenza temporale)” (Collegio di Milano, decisione n. 5532/2014).

Venendo al caso di specie, le pretese restitutorie risultano fondate:

- sull’indeterminatezza delle condizioni applicate, stante la mancanza della documentazione contrattuale relativa alla carta di credito, e la conseguente applicazione dell’art. 117 t.u.b.;

- sull’illegittimità della clausola regolante la commissione di massimo scoperto del contratto di conto corrente, per indeterminatezza del metodo di calcolo;

- sull’illegittimità della clausola relativa alla capitalizzazione degli interessi, inserita nel contratto di conto corrente di corrispondenza, per illeggibilità della stessa e per mancata approvazione specifica;

- sull’applicazione di tassi usurari, derivanti dalla sommatoria dei costi relativi al conto corrente e alla carta di credito.

I vizi lamentati attengono pertanto alla fase genetica del rapporto contrattuale (21 giugno 2002) e non agli effetti del contratto prodotti successivamente e, pertanto, con riguardo a dette domande il ricorso non può essere accolto.

Il ricorrente contesta altresì l’applicazione di tassi usurari dall’aprile 2010 al maggio 2011 sul presupposto della sommatoria dei costi relativi al conto corrente e alla carta di credito, dovuta all’addebito del saldo della carta sul conto corrente recante un saldo negativo.

La questione, può essere esaminata dal Collegio, in quanto riconducibile alla diversa fattispecie dell’usura sopravvenuta non ricompresa nel periodo escluso dalla competenza temporale dell’Arbitro.

La relativa domanda non può essere accolta.

Va infatti osservato da un lato che il ricorrente a tale riguardo risulta aver effettuato calcoli non coerenti con le Istruzioni di banca d’Italia per la rilevazione del TEG (cfr. Banca d’Italia – Istruzioni per la rilevazione del tasso effettivo globale medio ai sensi della legge sull’usura – aggiornamento agosto 2009), dall’altro che, nei calcoli, il ricorrente somma indebitamente costi e oneri afferenti a rapporti contrattuali diversi ed in ogni caso non allega elementi probatori comprovanti l’applicazione di tali costi.

Non può del resto sottacersi che il Collegio di Coordinamento, con la decisione n. 7440/18, ha comunque negato la possibilità di sanzionare fattispecie di usura quale quella in commento: “La normativa vigente non consente di sanzionare la cosiddetta usura sopravvenuta, cioè il superamento, nel corso dello svolgimento del rapporto, da parte del tasso degli interessi concordato tra mutuante e mutuatario la soglia dell’usura come determinata in base alle disposizioni della legge n. 108 del 1996, sempre che, al momento

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della stipula del contratto di finanziamento, il predetto tasso non eccedesse il tasso soglia”.

Nello stesso senso Cass., sez. un., 19 ottobre 2017, n. 24675.

Per quanto attiene alla doglianza relativa all’anatocismo, richiamato quanto innanzi in relazione alla data di sottoscrizione del contratto, va ribadita l’incompetenza ratione temporis del Collegio relativamente all’eccezione di illegittimità della clausola per illegibilità della stessa e in ogni caso per mancata approvazione specifica.

In ordine alle pretese restitutorie degli addebiti effettuati nel corso del rapporto dopo il 1°

gennaio 2009, va rilevato che il ricorrente non offre elementi probatori con riguardo agli addebiti (salvo allegare gli e/c solo in sede di repliche), né quantifica le richieste.

La domanda pertanto risulta comunque di tipo consulenziale e pertanto inammissibile secondo il consolidato orientamento dell’arbitro (più di recente espresso dal Collegio di Bari, decisione n. 12260/20, ove ulteriori riferimenti).

Quanto, infine, alle pretese risarcitorie, relative ad asseriti pregiudizi patrimoniali e non patrimoniali subiti, esse risultano fondate sui seguenti fatti:

- tardiva consegna della documentazione contrattuale relativa al conto corrente richiesta (oltre 90 giorni);

- illegittima segnalazione in Centrale dei Rischi e in Crif;

- mancata consegna della documentazione contrattuale richiesta relativa alla carta di credito;

- mancata risposta ad una lettera del 2011;

- revoca senza preavviso della carta di credito.

In relazione agli elementi costitutivi dell’eventuale responsabilità dell’intermediario, il Collegio rileva la totale assenza di elementi probatori con riferimento ai pregiudizi asseritamente subiti, tanto sub specie danni-evento quanto sub specie danni- conseguenza. Più precisamente detti elementi non risultano neanche descritti dal ricorrente che invece si è limitato soltanto ad indicare una liquidazione forfettaria, peraltro comprensiva sia delle pretese risarcitorie sia di quelle restitutorie.

La domanda appare sul punto generica e non provata.

In considerazione, respinta ogni altra domanda, il ricorso non può essere accolto.

P.Q.M.

Il Collegio non accoglie il ricorso.

IL PRESIDENTE

firma 1

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