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COLLEGIO DI NAPOLI. Membro designato dalla Banca d'italia. Membro di designazione rappresentativa. dei clienti FATTO

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COLLEGIO DI NAPOLI

composto dai signori:

(NA) CARRIERO Presidente

(NA) BLANDINI Membro designato dalla Banca d'Italia

(NA) GIUSTI Membro designato dalla Banca d'Italia

(NA) MINCATO Membro di designazione rappresentativa

degli intermediari

(NA) GIGLIO Membro di designazione rappresentativa

dei clienti

Relatore ESTERNI - ANTONIO BLANDINI

Seduta del 10/09/2019

FATTO

Parte attrice ha stipulato con l’intermediario convenuto, in data 28 gennaio 2009, un contratto di mutuo fondiario per l’importo di euro 80.000,00 da restituirsi in 240 rate con cadenza mensile.

In particolare, tale contratto prevede un tasso di interesse nominale annuo fisso per tutta la durata del contratto pari al 5,050%; un ISC pari al 5.359% e un piano di ammortamento alla “francese”.

Orbene, con riguardo a tale contratto, parte ricorrente, oltre a contestare il mancato riscontro al reclamo, lamenta le seguenti irregolarità: omessa indicazione, nel testo contrattuale, del tasso annuo effettivo (TAE), mancata indicazione nel piano di ammortamento della capitalizzazione composta applicata, nonché assenza del piano di ammortamento originario come risulta dalla copia conforme del contratto di mutuo; errata indicazione del tasso annuo effettivo globale/indicatore sintetico di costo (TAEG/ISC);

violazione delle regole in materia di trasparenza e dell’ammortamento alla francese;

superamento del tasso usura.

L’intermediario, in primo luogo, riepiloga le contestazioni avanzate da parte attrice.

Esso, in via preliminare, eccepisce che il ricorso sarebbe inammissibile/irricevibile in quanto di natura “consulenziale”, atteso che le affermazioni contenute nel ricorso e nel reclamo risultano laconiche e non circostanziate da idonea documentazione quali perizia o altre evidenze da cui si dimostri incremento dei tassi. A tali carenze probatorie non può supplire l’ABF cui è precluso lo svolgimento di attività consulenziale a sostegno delle

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deduzioni delle parti.

Nel merito eccepisce quanto segue. Con riferimento alla asserita mancanza del piano di ammortamento originario, previsto dalla legge come indispensabile allegato, afferma che il piano di ammortamento c.d. “alla francese”, è stato sottoscritto dai ricorrenti nonché consegnato insieme al contratto di mutuo. Da tale documento si evince con chiarezza che le rate di mutuo erano composte inizialmente da quote interessi decrescenti, in quanto calcolate su un capitale residuo che decresce, e quote capitali crescenti, calcolate sottraendo alla rata una quota di interessi sempre più piccola.

Con riguardo all’asserita mancanza di riscontro al reclamo, fa notare che esso intermediario ha risposto l’11 gennaio 2019, presso l’indirizzo pec del difensore dei ricorrenti, fornendo loro chiarimenti, allegando il contratto e il piano di ammortamento.

In merito alla usurarietà dei tassi applicati del contratto, afferma l’infondatezza della censura. Invero, il tasso corrispettivo contrattualmente previsto è pari al 5,050%, quello di mora è pari al 6,8840%, mentre il tasso soglia all’epoca della stipula del contratto era pari al 8,085%. Inoltre, il tasso corrispettivo e moratorio sono limitati dalla clausola di salvaguardia di cui all’art. 4 e 5 del contratto che ne impedisce l’applicazione oltre il tasso soglia.

Con riguardo alla capitalizzazione infrannuale degli interessi non indicata in contratto attraverso il TAE - così come disposto dalla Delibera CICR del 9 febbraio 2000 – e dunque con riferimento all’omessa indicazione del TAE - , l’intermediario sottolinea che non è chiaro come parte ricorrente calcoli un TAE pari a 5,169% atteso che non argomenta tale contestazione. Esso precisa altresì che - avendo i ricorrenti sottoscritto un contratto di mutuo con ammortamento alla francese a tasso fisso ed interesse semplice - non è contrattualmente prevista alcuna capitalizzazione periodica degli interessi da indicare attraverso il TAE. Sul punto, richiama l’orientamento seguito dai Collegi ABF che riconosce che “il metodo di ammortamento alla francese non comporta alcuna forma di anatocismo in quanto la restituzione del capitale è prevista secondo quote crescenti, mentre, per ciascuna rata, la quota interessi è computata (senza fare applicazione di un meccanismo anatocistico) con la formula dell’interesse semplice in funzione del tasso, dei giorni e del capitale residuo, e non anche degli interessi pregressi” (cfr. Coll. Milano, n.

429/2013 e 221/16; Coll. Napoli, n. 595/2013).

Infine, sottolinea che non può parlarsi di capitalizzazione di interessi neanche con riferimento agli interessi di mora, dato che l’art. 5 del contratto che in tema di interessi di mora dispone che essi vengano “calcolati sulla quota capitale delle rate scadute”.

Con riferimento all’indicazione di un Taeg/ISC difforme da quello effettivamente applicato, eccepisce che parte ricorrente non indica come ha ricalcolato il TAEG. Sottolinea altresì che il TAEG/ISC contrattualmente previsto, oltre ad essere chiaramente indicato in contratto, è stato calcolato includendo tutte le voci di costo previste dalla normativa vigente al momento della erogazione del prestito Precisa, inoltre, che l’erronea indicazione dell’ISC/TAEG in un contratto non disciplinato dall’art.125 bis TUB, può determinare unicamente conseguenze risarcitorie, ove il cliente provi che se fosse stato correttamente informato, non avrebbe stipulato il contratto di finanziamento prova che, in tal caso, non è stata fornita dai ricorrenti.

Per quanto concerne, invece, la richiesta di rimborso delle spese di assistenza legale, egli fa presente che tale rappresentanza professionale non è necessaria.

Con proprie repliche, parte attrice insiste per vedere accolta la sua pretesa, sottolinea in particolare: con riguardo alla difformità tra TAEG/ISC contrattuale e quello applicato, richiama le norme sulla trasparenza bancaria ai sensi delle quali l’indicazione dell’ISC rappresenta un elemento tipico del contratto e la sua omessa indicazione comporta la nullità del contratto. Pertanto, chiede che sia accertata la violazione degli artt. 116, 117 4°

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co. e 8° comma 121, 123, 125-bis e 127 TUB - atteso che l’ISC indicato in contratto pari al 5,359% è inferiore a quello reale, ovvero 5,396% -, non avendo la banca incluso tutti i costi del credito di cui occorre tener conto per la determinazione di tale valore.

Circa la mancata indicazione del TAE, parte attrice contesta il difetto di informazioni circa il regime di capitalizzazione composto, affermando che sarebbe stata necessaria l’indicazione del regime finanziario e del criterio di imputazione alla base del riparto della rata fra capitale ed interessi. In mancanza, si configura una violazione dell’art. 117, comma 4, T.U.B. In particolare, parte ricorrente afferma che le incomplete informazioni sul calcolo degli interessi le hanno impedito di percepire che l’ammortamento praticato ha comportato maggiori interessi e non consentono di ritenere che la volontà contrattuale si sia formata sul calcolo degli interessi in regime di capitalizzazione composta.

Infine, con riguardo all’anatocismo nel piano di ammortamento alla francese, parte attrice afferma che il piano di ammortamento alla francese produce un aggravio di interessi equivalente all’anatocismo che deriverebbe dal calcolo, per ciascun periodo, degli interessi sugli interessi maturati nei periodi precedenti. Nei mutui con ammortamento alla francese la capitalizzazione composta non dichiarata in contratto, ma risultante dal piano di ammortamento, risulta contravvenire al divieto posto dall’art. 1283 c.c. e dall’art. 120 T.U.B. In particolare, il regime di capitalizzazione adottato rappresenta un aspetto qualificante le condizioni contrattuali, la cui omissione configura un elemento di indeterminatezza contrattuale ed un vizio del consenso, rimanendo ignaro il mutuatario del regime di capitalizzazione oltre che del criterio di composizione delle rate. La mancata esplicitazione del regime finanziario composto o dell’alternativo regime finanziario semplice comporta l’indeterminatezza dell’operazione.

DIRITTO

Con riferimento all’eccezione dell’intermediario circa il carattere consulenziale del ricorso, si osserva che nelle sue conclusioni, parte ricorrente chiede espressamente al Collegio di

‘Accertare e dichiarare la difformità tra i tassi indicati nel contratto e quelli effettivamente applicati ai ricorrenti, tra l’altro in violazione della normativa sulla trasparenza bancaria, la mancata indicazione del TAE nonché la mancata indicazione della capitalizzazione composta applicata nel piano di ammortamento alla francese in luogo della capitalizzazione semplice con un conseguente aumento del costo totale del finanziamento, per tutte le motivazioni esposte nella narrativa del presente ricorso’.

La domanda dunque non ha una vesta di richiesta meramente consulenziale: la relativa eccezione pertanto non merita di essere accolta.

I ricorrenti lamentano anzitutto l’erronea indicazione del TAEG/ISC.

Si evidenzia che la fattispecie contrattuale in esame risulta esclusa dall’ambito di applicazione della disciplina in tema di credito ai consumatori in base all’art. 121, comma 4, lett. e) T.u.b. nella versione vigente al momento della stipula del mutuo de quo (ante D.Lgs. 141/2010): il mutuo, pur essendo stipulato da un soggetto consumatore, è

“finalizzato all’acquisto, alla costruzione o alla ristrutturazione di residenza principale o secondaria”; inoltre risulta garantito da ipoteca e ha una durata superiore al quinquennio (in specie, 240 mesi, pari a 20 anni).

Per costante orientamento seguito dall’ABF, nell’ipotesi di mancata/non corretta indicazione del TAEG non può quindi trovare applicazione né la disciplina prevista dall’art.

125-bis T.u.b. né l’art. 117, commi 6 e 7 T.u.b.

In tale contesto, l’Arbitro ha più volte affermato che “il c.d. ISC/TAEG non è un tasso propriamente inteso, quanto piuttosto un indicatore sintetico del costo complessivo del

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finanziamento, avente lo scopo di mettere in grado il cliente di conoscere il costo totale effettivo del credito, prima di accedervi. Dunque, la sua erronea indicazione, non comporta, di per sé, una maggiore onerosità del finanziamento, quanto piuttosto un’erronea rappresentazione del suo costo complessivo”.

Lo stesso ha in più occasioni chiarito che l’omessa/erronea indicazione dell’ISC/TAEG, in un contratto non disciplinato dall’art. 125-bis TUB, può unicamente comportare conseguenze risarcitorie, dovendo, in tal caso, il cliente fornire la prova che ove fosse stato correttamente rappresentato il costo complessivo del credito, non avrebbe stipulato il contratto di finanziamento. Nel caso di specie, tuttavia, parte ricorrente non sembrerebbe aver dedotto alcun danno specifico (ex multis, Collegio di Napoli decisione n. 5434 del 7 marzo 2018).

La domanda pertanto non risulta fondata.

Quanto alla omessa indicazione TAE e capitalizzazione infrannuale degli interessi non indicata nel contratto, parte attrice afferma che ‘nelle condizioni contrattuali non risulta mai dichiarato il TAE, pari al 5,169%, applicato al finanziamento, ed obbligatorio dalla Delibera CICR 2000, ai fini della comprensione dell’effettivo costo della capitalizzazione applicata’.

Di contro, l’intermediario precisa che il contratto oggetto di controversia è un mutuo con ammortamento alla francese a tasso fisso e interesse semplice: ciò implica che non è contrattualmente prevista alcuna capitalizzazione periodica degli interessi da indicare attraverso il TAE.

Sul punto, si precisa che Collegi ABF hanno rilevato che l’indicazione in questione non sia imposta dalla normativa in tema di trasparenza e che in ogni caso tale informazione è ricompresa nel TAEG, che viene calcolato tenendo conto anche della periodicità del versamento delle rate (ex multis, Collegio di Bologna decisione n. 16822 del 3 agosto 2018).

Inoltre, l’orientamento consolidato dei Collegi ABF esclude che vi sia un effetto anatocistico implicito nel piano di ammortamento alla francese o, comunque, l’applicazione di interessi composti. Ciò in quanto “ciascuna rata ingloba interessi, semplici (non composti), sempre calcolati, al tasso nominale, sul residuo capitale da restituire”(cfr., ex multis, Collegio di Napoli n. 9749/18).

L’anatocismo di cui all’art. 1283 c.c., per vero, «si determina soltanto se gli interessi maturati sul debito in un dato periodo si aggiungono al capitale, costituendo in tal modo la base di calcolo produttiva di interessi. Per contro, la previsione di un piano di rimborso con rata fissa costante, vale a dire l’ammortamento “alla francese”, non comporta violazione dell’art. 1283 c.c., giacché gli interessi di periodo vengono calcolati esclusivamente sul capitale residuo e alla scadenza della rata gli interessi maturati non vengono capitalizzati, ma sono pagati come quota interessi della rata di rimborso» (così Trib. Roma, sez. IX, 13/04/2017, n. 7495; per la medesima conclusione Trib. Catania, sez. IV, 11/07/2018, n.

2948; Trib. Bologna, sez. IV, 24/06/2017, n. 1292; Trib. Padova, 29/05/2016).

Quanto infine alle doglianze in tema di usura, si evidenzia che il tasso corrispettivo contrattualmente previsto è pari al 5,050%, quello di mora è pari al 6,8840%, a fronte di un tasso soglia pari al 8,085%.

In ogni caso, il tasso corrispettivo e moratorio sono limitati dalla clausola di salvaguardia di cui all’art. 4 e 5 del contratto di mutuo che ne impedisce una loro applicazione oltre il tasso soglia.

Al riguardo, l’orientamento dell’Arbitro è nel senso di escludere, in presenza di clausole di salvaguardia, la possibile usurarietà degli interessi. Invero, la presenza di tale clausola esclude in radice l’usurarietà degli interessi e la conseguente nullità della relativa pattuizione.

Il ricorso, pertanto, non può essere accolto.

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P.Q.M.

Il Collegio non accoglie il ricorso.

IL PRESIDENTE

firma 1

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