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UNIVERSIT `A CATTOLICA DEL SACRO CUORE Facolt`a di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali

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(1)

UNIVERSIT ` A CATTOLICA DEL SACRO CUORE Facolt` a di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali

ISTITUZIONI DI ALGEBRA SUPERIORE I parte: 6 crediti

Una introduzione alla Teoria di Galois

M. Chiara Tamburini Bellani

Anno Accademico 2016/2017

(2)
(3)

Indice

Prefazione iii

I Richiami di Algebra 1

1 Gruppi . . . . 1

2 Anelli . . . . 6

3 Anelli di polinomi . . . . 11

4 Sottocampo minimo . . . . 15

5 Campo dei quozienti . . . . 17

6 Il monomorfismo di Frobenius . . . . 17

7 Moduli e spazi vettoriali . . . . 18

II Primi risultati 21 1 Estensioni di campi . . . . 21

2 Estensioni semplici . . . . 23

3 Campi di spezzamento . . . . 27

4 La chiusura algebrica di un campo . . . . 29

5 Estensioni di Galois . . . . 32

III La corrispondenza di Galois 35 1 Gruppi di automorfismi . . . . 35

2 Gruppi di Galois . . . . 38

3 Il Teorema fondamentale della Teoria di Galois . . . . 41

4 Alcuni esempi . . . . 44

IV Campi finiti e polinomi ciclotomici 49 1 Esistenza e unicit` a del campo di ordine q = p

n

. . . . 49

2 Polinomi ciclotomici . . . . 54

(4)

V Un problema classico 61 1 Equazioni algebriche . . . . 61 2 Cenni storici . . . . 64

Bibliografia 67

(5)

Prefazione

La Teoria di Galois ` e un importante e affascinante filone, all’origine dell’algebra astratta.

Il suo nucleo iniziale consiste in una memoria, scritta da Evaristo Galois (1811-1832), alla vigilia della sua tragica morte. Tale memoria, rifiutata dall’Accademia delle Scienze, fu mandata nel 1843 dall’amico Auguste Chevalier al matematico Joseph Liouville, il quale la pubblic` o sul “Journal de Mathematique pure et appliqu´ ee” nel 1846. Ma rimase incompresa e ignorata per decenni.

Gli sviluppi della teoria si ebbero soprattutto nel secolo successivo: ad esempio con la classificazione dei gruppi semplici finiti. Essa costituisce ancora oggetto di ricerca. Per citare un problema ancora aperto, non ` e noto se ogni gruppo finito sia il gruppo di Galois di un polinomio a coefficienti razionali. Va comunque detto che la teoria di Galois nasce per risolvere problemi concreti, aperti da secoli, quali:

1. Il problema della trisezione di un angolo, della duplicazione del cubo, della quadratura del cerchio.... risalenti alla Grecia classica.

2. Il problema della risoluzione delle equazioni algebriche (affrontato nel Rinascimento Italiano).

Il secondo di questi problemi verr` a illustrato nei Capitoli 5 e 6. Quanto al primo diamo solo un cenno, rimandando per una trattazione pi` u approfondita a [5].

1. Usando riga e compasso ` e possibile trisecare un angolo ?

Esso rientra nel problema pi` u generale delle cosiddette “costruzioni con riga e compasso”.

In un piano, dati due punti distinti O, U diciamo che un punto P ` e costruibile se P ∈ {O, U } oppure esiste una sequenza finita di punti del piano

P

0

= O, P

1

= U, P

2

, . . . , P

n

= P con la seguente propriet` a. Posto

S

j

:= {P

0

, P

1

, . . . , P

j

} 1 ≤ j ≤ n

(6)

il punto P

j

(2 ≤ j ≤ n) ` e uno dei seguenti:

• intersezione di due rette distinte congiungenti, ciascuna, due punti di S

j−1

;

• intersezione di una retta congiungenti due punti di S

j−1

con una circonferenza avente centro in un punto di S

j−1

e raggio la distanza fra due punti di S

j−1

;

• intersezione di due circonferenze distinte i cui centri sono punti di S

j−1

e i cui raggi sono distanze fra due punti di S

j−1

.

Identificando il piano con l’insieme dei numeri complessi, ossia il punto P = (x, y) con z = x + iy, si ha:

(0.1) Teorema L’insieme K dei punti costruibili `e un sottocampo di C, chiuso rispetto alle radici quadrate e al coniugio.

Per il problema della trisezione di un angolo con riga e compasso, serve il seguente:

Criterio Se z = x + iy ` e costruibile, allora z ` e radice di un polinomio monico, ir- riducibile, di grado una potenza di 2, a coefficienti razionali.

Deduciamo allora che ci sono angoli non trisecabili: ad esempio l’angolo di 60

.

Infatti, se l’angolo di 20

fosse ottenibile da quello di 60

con riga e compasso, il punto (cos 20

, sin 20

) sarebbe costruibile. Lo sarebbe quindi anche il piede della perpendo- colare da tale punto all’asse x, ossia il punto

P = (cos 20

, 0) identificabile con il numero complesso z = cos 20

+ i 0.

Ricordiamo l’identit` a trigonometrica:

cos 3θ = 4cos

3

θ − 3cos θ e applichiamola a θ = 20

, ottenendo:

cos 60

= 4cos

3

20

− 3cos 20

. Posto si ha:

1

2 = 4z

3

− 3z.

Pertanto z, costruibile, sarebbe radice del polinomio 8x

3

−6x−1. Non ` e difficile mostrare

che tale polinomio non ha radici razionali, quindi ` e irriducibile in Q[x]. Ne segue che i

polinomi di cui z ` e radice sono i multipli di 8x

3

− 6x − 1, in contrasto con il Criterio.

(7)

Capitolo I

Richiami di Algebra

Questo capitolo ` e dedicato a un breve ripasso delle nozioni di base, la cui conoscenza

`

e indispensabile per la comprensione dei contenuti del corso. Per le dimostrazioni si rimanda ai testi utilizzati nei corsi di algebra. Ad esempio, [4], [5], [7], [8], [9].

1 Gruppi

(1.1) Definizione Un monoide (S, ·, 1

S

) ` e una struttura algebrica in cui S ` e un insieme, 1

S

un elemento di S, · ` e una operazione binaria in S per cui valgono le propriet` a:

1) 1

S

· s = s · 1

S

= s, per ogni s ∈ S;

2) (s

1

· s

2

) · s

3

= s

1

· (s

2

· s

3

) per ogni s

1

, s

2

, s

3

∈ S (propriet` a associativa).

(1.2) Esempi

• Il monoide (N, ·, 1) dei numeri naturali rispetto al prodotto;

• il monoide X

X

, ·, I

X

 delle funzioni di un insieme X in s`e, rispetto al prodotto di funzioni.

Un elemento s del monoide S ha inverso se esiste un elemento di S, indicato con s

−1

, tale che s · s

−1

= s

−1

· s = 1

S

. L’inverso di s, quando esiste, ` e unico.

Nel monoide (N, ·, 1) l’unico elemento che ha inverso `e 1.

(1.3) Definizione Un gruppo (G, ·, 1

G

) ` e un monoide in cui ogni elemento ha inverso.

(1.4) Esempi

• Il gruppo moltiplicativo (C

, ·, 1) dei numeri complessi diversi da 0.

• Il gruppo (R

, ·, 1) dei reali diversi da 0 e il gruppo (Q

, ·, 1) dei razionali diversi da 0

sono sottogruppi di (C

, ·, 1).

(8)

• Il gruppo additivo (C, +, 0) di tutti i numeri complessi.

• I gruppi (Q, +, 0) e (R, +, 0) sono sottogruppi di (C, +, 0).

(1.5) Teorema Per ogni insieme X, l’insieme Sym(X) delle funzioni bijettive da X a X ` e un gruppo rispetto al prodotto di funzioni. Esso ` e detto il gruppo simmetrico su X.

Se X ` e finito, di ordine n, allora Sym(X) ` e finito, di ordine n!. In tal caso Sym(X) si indica anche con Sym(n) e si chiama il gruppo simmetrico di grado n.

(1.6) Esempio Gli elementi di Sym(3) sono {id, (1, 2), (1, 3), (2, 3), (1, 2, 3), (1, 3, 2)}.

(1.7) Lemma Un sottoinsieme non vuoto H di un gruppo G ` e un sottogruppo se e solo se, per ogni h

1

, h

2

∈ H, anche h

1

h

−12

∈ H.

Un sottogruppo H di G d` a luogo alla relazione definita ponendo, per ogni a, b ∈ G:

(1.8) a ≡ b (mod H) ⇐⇒ ab

−1

∈ H.

Tale relazione, detta di congruenza modulo H, ` e di equivalenza in G. Si verifica facilmente che, per ogni g ∈ G, l’insieme degli elementi ad esso equivalenti in tale relazione ` e

Hg := {hg | h ∈ H} (laterale destro di H individuato da g).

In particolare

(1.9) a ≡ b (mod H) ⇐⇒ Ha = Hb.

I laterali destri di H in G, in quanto classi di equivalenza della congruenza modulo H, costituiscono pertanto una partizione di G. Ne segue il

(1.10) Teorema (di Lagrange). Se H ` e un sottogruppo di un gruppo finito G, allora l’ordine di H divide l’ordine di G.

L’intero m =

|G||H|

di chiama l’indice di H in G.

(1.11) Definizione Un sottogruppo N di G si dice normale se si ha gng

−1

∈ N , per ogni g ∈ G e per ogni n ∈ N .

(1.12) Esempi

• In ogni gruppo G, i sottogruppi banali {1

G

} e G sono normali.

• Ogni sottogruppo di un gruppo abeliano ` e normale.

(9)

• Nel gruppo simmetrico Sym(n) le permutazioni pari costituiscono un sottogruppo nor- male, detto il gruppo alterno di grado n e indicato con Alt(n).

Se N ` e normale in G, la congruenza modulo N ` e compatibile con il prodotto, ossia:

(1.13)

( a ≡ a

0

(mod N )

b ≡ b

0

(mod N ) =⇒ ab ≡ a

0

b

0

(mod N ).

Infatti

(ab)(a

0

b

0

)

−1

= abb

0−1

a

0−1

= a(a

0

)

−1

| {z }

∈N

a

0

b(b

0

)

−1

 (a

0

)

−1

| {z }

∈N

∈ N.

Ne segue che, se un sottogruppo ` e normale, ` e possibile definire un prodotto dei suoi laterali, dando luogo a un nuovo gruppo. Si ha infatti:

(1.14) Teorema Sia N un sottogruppo normale di G. L’insieme

NG

dei laterali di N in G ` e un gruppo rispetto al prodotto definito ponendo, per ogni a, b ∈ G:

(1.15) (N a) (N b) := N (ab).

G

N

si dice il gruppo quoziente di G rispetto a N .

(1.16) Definizione Siano (G

1

, ·, 1

G1

) e (G

2

, ∗, 1

G2

) due gruppi. Un omomorfismo da G

1

a G

2

` e una applicazione f : G

1

→ G

2

tale che, per ogni a, b ∈ G

1

:

(1.17) f (a · b) = f (a) ∗ f (b).

(1.18) Definizione Un omomorfismo f : G

1

→ G

2

si dice:

• un monomorfismo se ` e iniettivo;

• un epimorfismo se ` e suriettivo;

• un isomorfismo se ` e un monomorfismo e un epimorfismo.

Un isomorfismo f : G

1

→ G

1

si dice un automorfismo di G

1

. Due gruppi G

1

e G

2

di dicono isomorfi e, in tal caso, si scrive G

1

' G

2

se esiste un isomorfismo f : G

1

→ G

2

. Inoltre G

2

si dice immagine epimorfa di G

1

se esiste un epimorfismo f : G

1

→ G

2

. (1.19) Lemma Sia f : G

1

→ G

2

un omomorfismo di gruppi.

1) f (1

G1

) = 1

G2

;

2) per ogni g ∈ G

1

: f g

−1

 = f (g)

−1

;

3) per ogni sottogruppo H di G

1

la sua immagine f (H) ` e un sottogruppo di G

2

;

(10)

4) per ogni sottogruppo (normale) N di G

2

, la preimmagine f

−1

(N ) := {g ∈ G

1

| f (g

1

) ∈ N }

`

e un sottogruppo (normale) di G

1

.

In particolare Im f := f (G

1

) ` e un sottogruppo di G

2

e Ker f := {g ∈ G

1

| f (g) = 1

G2

}

`

e un sottogruppo normale di G

1

.

Le immagini epimorfe di un gruppo, a meno di isomorfismi, sono tutti e soli i suoi gruppi quozienti, in virt´ u del seguente:

(1.20) Teorema (fondamentale sugli omomorfismi).

1) Siano N un sottogruppo normale di G e

NG

il corrispondente gruppo quoziente. La proiezione canonica π : G →

NG

definita ponendo

π(g) := N g

`

e un omomorfismo suriettivo (epimorfismo). Inoltre N = Ker π.

2) Sia f : G

1

→ G

2

un omomorfismo e sia π : G

1

Ker fG1

la proiezione canonica.

Allora f induce un unico isomorfismo f :

Ker fG1

→ Im f tale che f π = f . In particolare

(1.21) G

1

Ker f ' Im f .

Ricordiamo la definizione di potenza di un elemento, con esponente intero, in un gruppo moltiplicativo (G, ·, 1

G

). Per ogni g ∈ G e per ogni k ∈ Z, poniamo:

(1.22) g

0

:= 1

G

, g

k

:= g

k−1

g se k > 0, g

k

:= g

−1



−k

se k < 0.

Cos`ı : g

1

= g, g

2

= g g, g

3

= g g g, g

−2

= g

−1

g

−1

, g

−3

= g

−1

g

−1

g

−1

. Sia Z il gruppo additivo dei numeri interi. Fissato g ∈ G, l’applicazione (1.23) γ : (Z, +, 0) → (G, ·, 1

G

) tale che k 7→ g

k

`

e un omomorfismo di gruppi, per le propriet` a delle potenze. In particolare

(1.24) Im γ =

n

g

k

| k ∈ Z o := hgi

`

e un sottogruppo di G. Esso ` e detto il sottogruppo ciclico generato da g.

(11)

(1.25) Definizione Il periodo o(g) di un elemento g ∈ G ` e cos`ı definito:

1) o(g) := 0 (∞), se g

k

6= 1

G

per ogni intero k 6= 0;

2) o(g) := n > 0 se g

n

= 1

G

e g

r

6= 1

G

per 0 < r < n.

(1.26) Osservazione Ker γ ` e il sottogruppo di Z generato da o(g).

Infatti se o(g) = 0 allora Ker γ = {0}. In particolare γ ` e iniettiva e quindi hgi ` e infinito.

Se o(g) = n > 0, allora nZ ≤ Ker γ. Infatti g

nz

= (g

n

)

z

= (1

G

)

z

= 1

G

. D’altra parte Ker γ ≤ nZ, ossia g

k

= 1

G

implica n|k. Infatti da k = nq + r, 0 ≤ r ≤ n − 1, si ha

1

G

= g

k

= g

nq+r

= (g

n

)

q

g

r

= g

r

da cui r = 0, per la minimalit` a di n. Si conclude nZ = Ker γ, da cui:

Z

nZ = Z

n

' hgi . Quindi hgi = g

0

, g, · · · , g

n−1

ha ordine n.

In particolare, in un gruppo finito G, ogni elemento ha periodo finito. Inoltre, per il Teorema di Lagrange, tale periodo divide l’ordine di G.

(1.27) Esempi Nel gruppo (C

, ·, 1):

• o(3) = ∞, h3i = . . .

19

,

13

, 1, 3, 9, . . . `e infinito;

• o(−1) = 2, h−1i = {1, −1} ha ordine 2;

• o(i) = 4, hii = {1, i, −1, −i} ha ordine 4.

(1.28) Lemma Sia o(g) = n > 0. Per ogni intero k > 0 si ha: o(g

k

) =

MCD(k,n)n

. In particolare

o(g

k

) = n ⇔ MCD(k, n) = 1.

Dimostrazione.

Poniamo d := MCD(k, n), con d > 0, e scriviamo n = dn, k = dk. Abbiamo:

 g

k



n

= g

kdn

= g

nk

= (g

n

)

k

= 1

G

.

Indicando con t il periodo di g

k

, ne segue che t divide n. D’altra parte, da 1

G

= g

k



t

=

g

kt

segue che n divide kt, quindi n divide kt. Siccome n e k sono coprimi, si ottiene che

n divide t. Si conclude t = n.

(12)

(1.29) Esempio Se o(g) = 10, le potenze di g che hanno periodo 10 sono g, g

3

, g

7

, g

9

. D’altra parte o g

2

 = 5, o g

4

 = 5, o g

5

 = 2, o g

6

 = 5, o g

8

 = 5.

(1.30) Definizione Un gruppo G ` e abeliano se l’operazione ` e commutativa.

In tal caso, per l’operazione, si usa a volte il simbolo + (notazione additiva).

L’unit` a si chiama lo zero e si indica con 0

G

; l’inverso di g ∈ G si chiama l’opposto e si indica con −g. Inoltre le potenze di g si chiamano i multipli. Pertanto, in un gruppo abeliano (G, +, 0

G

), per ogni k ∈ Z, si ha:

(1.31) 0g := 0

G

, kg := (k − 1)g + g se k > 0, kg := −k (−g) se k < 0.

.

Cos`ı 1 g = g, 2 g = g+g, 3 g = g+g+g, . . . −2 g = −g−g, −3 g = −g−g−g, . . . .

2 Anelli

(2.1) Definizione Un anello (A, +, ·, 0

A

, 1

A

) ` e una struttura algebrica in cui A ` e un insieme; 0

A

, 1

A

sono elementi di A; +, · sono operazioni binarie in A, tali che:

1) (A, +, 0

A

) ` e un gruppo abeliano;

2) (A, ·, 1

A

) ` e un monoide;

per ogni a, b, c ∈ A:

3) a · (b + c) = a · b + a · c (propriet` a distributiva sinistra);

4) (a + b) · c = a · c + b · c (propriet` a distributiva destra).

Si noti che, in un anello A, la somma ` e commutativa per definizione, ossia a + b = b + a, ∀ a, b ∈ A.

Se anche il prodotto ` e commutativo, si dice che A ` e un anello commutativo.

(2.2) Esempio L’anello commutativo (Z, +, ·, 0, 1) dei numeri interi.

Z ` e un anello privo di divisori dello zero, infatti ab = 0 implica a = 0 oppure b = 0.

Inoltre ` e un dominio euclideo, in virt` u del seguente

(2.3) Teorema Siano a, b ∈ Z, con b 6= 0. Esistono e sono unici q, r ∈ Z tali che a = bq + r con 0 ≤ r < |b|.

q ed r si chiamano rispettivamente il quoziente e il resto della divisione di a per b.

(13)

(2.4) Definizione Per ogni a ∈ A, si dice caratteristica di a e la si indica con char(a), il periodo di a come elemento del gruppo additivo (A, +, 0

A

).

Quindi

1) char(a) := 0 (oppure ∞) se ka 6= 0

A

per ogni intero k 6= 0;

2) char(a) := n > 0 (n ∈ N) se na = 0

A

e ka 6= 0

G

per 0 < k < n.

(2.5) Esempi

• Nell’anello Z dei numeri interi, 0 ha caratteristica 1. Gli altri elementi hanno carat- teristica 0.

• Nell’anello Z

5

delle classi di resti modulo 5, la classe [0]

5

ha caratteristica 1. Le altre classi hanno caratteristica 5.

• Nell’anello Z

20

delle classi di resti modulo 20, la classe [5]

20

ha caratteristica 4, la classe [10]

20

ha caratteristica 2, la classe [1]

20

ha caratteristica 20.

(2.6) Teorema In un anello A, privo di divisori dello zero, tutti gli elementi diversi da zero hanno la stessa caratteristica, detta la caratteristica di A. Essa ` e 0 oppure un numero primo p.

Dimostrazione. Siano a, b ∈ A, con a 6= 0

A

, b 6= 0

A

. Per ogni k ∈ Z:

ka = 0

A

⇐⇒ (ka)b = 0

A

⇐⇒ a(kb) = 0

A

⇐⇒ kb = 0

A

.

Ne segue che char(a) = char(b). Abbiamo cos`ı dimostrato che tutti gli elementi di A, diversi da zero, hanno la stessa caratteristica. Se ` e 0, abbiamo finito. Altrimenti, se ` e un intero positivo p, resta da dimostrare che ` e primo.

Per assurdo sia p = nm una fattorizzazione in cui 1 < m < p, 1 < n < p.

Posto b = ma, si ha b 6= 0

A

, quindi char(b) = p. D’altra parte:

nb = n(ma) = (nm)a = pa = 0

A

in contrasto con 1 < n < p. Si conclude che p ` e primo.

Indichiamo con A

l’insieme degli elementi unitari di un anello A, ossia degli elementi che hanno inverso moltiplicativo in A. Ricordiamo che, se A ` e commutativo, un elemento p ∈ A ` e irriducibile se p 6= 0, p 6∈ A

e gli unici divisori di p sono quelli banali. Ossia, per ogni a, b ∈ A:

p = ab =⇒ (a ∈ A

oppure b ∈ A

) .

(14)

(2.7) Definizione Un campo K `e un anello commutativo in cui ogni elemento k 6= 0

K

ha inverso moltiplicativo in K.

Equivalentemente K `e un campo se K

= K \ {0

K

}.

Ogni campo ` e privo di divisori dello zero. Infatti da ab = 0

K

segue a = 0

K

oppure a 6= 0

K

. In tal caso a ha inverso in K e a

−1

ab = 0

K

, da cui b = 0

K

.

Per il Teorema 2.6, K ha caratteristica 0, oppure un primo p > 0.

(2.8) Esempi Il campo (C, +, ·, 0, 1) dei numeri complessi, con le usuali operazioni di somma e prodotto. Esso ha caratteristica 0. Importanti esempi di sottocampi di C sono:

• Il campo R dei numeri reali.

• Il campo Q dei numeri razionali.

(2.9) Definizione Un sottoinsieme I di un anello A si dice un ideale se:

1) 0

A

∈ I;

2) per ogni i

1

, i

2

∈ I, anche (i

1

− i

2

) ∈ I;

3) per ogni a ∈ A, e per ogni i ∈ I, anche (ai) ∈ I e (ia) ∈ I.

Per ogni ideale I di A, vale il seguente fatto:

(2.10) 1

A

∈ I =⇒ A = I.

Infatti da 1

A

∈ I segue A1

A

≤ I. Essendo A1

A

= A si conclude che A = I.

Una importante conseguenza ` e questa:

(2.11) Corollario Gli unici ideali di un campo K sono {0

K

} e K.

Dato a ∈ A, indichiamo con Aa l’insieme dei multipli di a. In simboli:

Aa := {xa | x ∈ A} .

Se A ` e commutativo, si dimostra facilmente che Aa ` e il minimo ideale a cui a appartiene.

Esso ` e detto l’ideale principale generato da a, e si indica anche con < a >.

(2.12) Esempio L’insieme dei numeri pari ` e un ideale dell’anello Z, generato da 2.

(2.13) Teorema Ogni dominio euclideo ` e un dominio a ideali principali, i.e., tutti i suoi ideali sono principali.

(2.14) Teorema Sia D un dominio a ideali principali. Allora D ` e fattoriale, ossia:

1) ogni elemento a ∈ D, con a 6= 0

D

e a 6∈ D

, ` e prodotto di un numero finito ≥ 1 di

elementi irriducibili in D;

(15)

2) se a = p

1

. . . p

n

= q

1

. . . q

m

dove i p

i

e i q

j

sono irriducibili in D, allora n = m e, per un opportuno ordinamento dei fattori, q

j

= p

j

λ

j

, con λ

j

∈ D

, 1 ≤ j ≤ n.

(2.15) Esempio Ogni ideale I dell’anello Z `e principale. Infatti se I = {0} si ha I = Z0. In caso contrario, dal Teorema 2.3 segue che I = Zn =< n >, dove n `e un elemento di modulo minimo fra gli elementi non nulli di I. Pertanto Z `e un dominio a ideali principali e quindi anche un dominio fattoriale. Quest’ultima propriet` a ` e nota come il Teorema Fondamentale dell’Aritmetica.

Un ideale I di un anello A ` e in particolare, un sottogruppo additivo di A. Per ogni a ∈ A il corrispondente laterale si indica mediante la notazione additiva, quindi con I + a, dove:

I + a := {i + a | i ∈ I} .

La congruenza (mod I) ` e compatibile con la somma, essendo I un sottogruppo nor- male del gruppo additivo di A, che ` e abeliano. Per definizione di ideale essa ` e anche compatibile con il prodotto, come si pu´ o verificare. Ne segue facilmente:

(2.16) Teorema Nell’insieme

AI

dei laterali di I in A, sono ben definite le seguenti operazioni di somma e prodotto. Per ogni a, b ∈ A:

(I + a) + (I + b) := I + (a + b) (I + a)(I + b) := I + (ab).

A

I

` e un anello rispetto ad esse, detto l’anello quoziente di A rispetto a I.

(2.17) Definizione Siano A un anello commutativo e I 6= A un suo ideale.

Si dice che I ` e massimale se l’unico ideale che contiene propriamente I ` e A stesso.

In un dominio a ideali principali, che non sia un campo, gli ideali massimali sono quelli generati dagli elementi irriducibili. Notiamo che l’ideale nullo {0

A

} ` e massimale se e solo se A ` e un campo. Pi` u in generale si ha:

(2.18) Teorema Sia A commutativo. L’anello quoziente

AI

` e un campo se e solo se I

`

e massimale.

(2.19) Esempio L’anello quoziente

hniZ

, dove hni = nZ, n ≥ 2.

Per ogni laterale hni+a, detto r il resto della divisione di a per n, si ha hni+a = hni+r, 0 ≤ r ≤ n − 1. Poich` e resti distinti danno luogo a laterali distinti, gli elementi dell’anello

hniZ

sono gli n laterali:

hni + 0, hni + 1, . . . , hni + (n − 1).

(16)

La somma e il prodotto sono definite da:

(hni + a) + (hni + b) := hni + (a + b), (hni + a)(hni + b) := hni + (ab).

Poich` e ogni laterale hni + a coincide con la classe di resti [a]

n

, ` e lo stesso scrivere:

[a]

n

+ [b]

n

:= [a + b]

n

, [a]

n

[b]

n

:= [ab]

n

.

L’anello

hniZ

si dice anche l’anello delle classi di resti modulo n e si indica con Z

n

. Per le precedenti considerazioni

hniZ

` e un campo se e solo se n = p ` e un numero primo.

In tal caso il campo

pZZ

= Z

p

si indica anche con F

p

. Esso ha caratteristica p.

(2.20) Definizione Siano A, B due anelli. Un omomorfismo da A a B ` e una appli- cazione f : A → B tale che, per ogni a, b ∈ A:

1) f (a + b) = f (a) + f (b);

2) f (ab) = f (a)f (b);

3) f (1

A

) = 1

B

.

Conviene definire sottoanello di A ogni sottogruppo S di (A, +, 0

A

) tale che 1

A

∈ S e, per ogni a

1

, a

2

∈ S, anche a

1

a

2

∈ S.

(2.21) Teorema Sia f : A → B un omomorfismo di anelli.

1) Per ogni sottoanello S di A, la sua immagine f (S) ` e un sottoanello di B;

2) per ogni ideale I di B la sua preimmagine f

−1

(I) ` e un ideale di A.

In particolare f (A) ` e un sottoanello di B e

Ker f := {a ∈ A | f (a) = 0

B

}

`

e un ideale di A.

Ricordiamo che B si dice immagine epimorfa di A, se esiste un epimorfismo f : A → B.

Le immagini epimorfe di un anello sono, a meno di isomorfismi, tutti e soli i suoi anelli quoziente. Vale infatti il seguente:

(2.22) Teorema fondamentale sugli omomorfismi

1) Siano I un ideale di A e

AI

il corrispondente anello quoziente. La proiezione canonica π : A →

AI

definita ponendo

π(a) := I + a

`

e un epimorfismo di anelli. Inoltre Ker π = I.

(17)

2) Siano f : A → B un omomorfismo di anelli e π : A →

Ker fA

la proiezione canonica.

Allora f induce un unico isomorfismo di anelli f : A

Ker f → Im f tale che f π = f.

In particolare

Ker fA

` e isomorfo a Im f .

3 Anelli di polinomi

Sia A un anello commutativo. L’insieme A[x] dei polinomi a coefficienti in A, nella indeterminata x, ` e un anello commutativo rispetto alla somma e al prodotto di polinomi.

Conviene definire −∞ il grado del polinomio nullo e ritenere −∞ < n, per ogni n ∈ N.

Se A ` e privo di divisori dello zero, ad esempio se A = K `e un campo, A[x] `e privo di divisori dello zero. Infatti, indicando con deg il grado di un polinomio, si ha:

deg (a(x)b(x)) = deg a(x) + deg b(x), ∀ a(x), b(x) ∈ A[x].

Notiamo tuttavia che K[x] non `e un campo. Infatti gli elementi di K[x] che hanno inverso moltiplicativo sono solamente i polinomi di grado 0.

(3.1) Teorema Siano a(x), b(x) ∈ K[x] con b(x) 6= 0

K[x]

. Allora esistono e sono unici q(x), r(x) ∈ K[x] tali che:

a(x) = b(x)q(x) + r(x), deg(r(x)) < deg(b(x)).

q(x) e r(x) si chiamano il quoziente e il resto della divisione di a(x) per b(x).

(3.2) Osservazione Ogni ideale I di K[x] `e principale. Infatti dal Teorema 3.1 segue che I =< f (x) >, dove f (x) ` e un qualunque polinomio di grado minimo fra gli elementi di I. Pertanto K[x] `e un dominio a ideali principali e quindi anche a fattorizzazione unica.

Consideriamo l’anello quoziente

<f (x)>K[x]

, deg f (x) = n ≥ 1. Per ogni laterale

< f (x) > +a(x), detto r(x) il resto della divisione di a(x) per f (x), si ha:

< f (x) > +a(x) =< f (x) > +r(x), deg r(x) ≤ n − 1.

Inoltre r(x) ` e l’unico polinomio di grado ≤ n − 1 appartenente a < f (x) > +r(x).

E lecito quindi identificare l’anello quoziente `

<f (x)>K[x]

con l’anello i cui elementi sono i polinomi di K[x] di grado ≤ n − 1, ossia con l’insieme:

k

0

+ k

1

x + · · · + k

n−1

x

n−1

| k

i

∈ K

(18)

rispetto alla usuale somma di polinomi e al prodotto mod f (x). ` E lo stesso procedi- mento con cui si identifica l’anello quoziente

<n>Z

con l’anello Z

n

degli interi mod n.

In particolare, se K `e finito:

(3.3)

K[x]

< f (x) >

= |K|

n

.

(3.4) Osservazione Per il Teorema 2.18 e l’osservazione che lo precede, l’anello quoziente

K[x]

<f (x)>

` e un campo se e solo se f (x) ` e irriducibile in K[x].

(3.5) Esempio

Z2[x]

hx2+x+1i

= 2

2

= 4. Gli elementi dell’anello

hx2Z+x+1i2[x]

sono:

{0, 1, x, x + 1}

Le tavole di somma e prodotto sono:

+ 0 1 x x + 1

0 0 1 x x + 1

1 1 0 x + 1 x

x x x + 1 0 1

x + 1 x + 1 x 1 0

· 1 x x + 1

1 1 x x + 1

x x x + 1 1

x

2

x + 1 1 x

.

Come si vede anche direttamente dalla tavola di moltiplicazione

hx2Z+x+1i2[x]

` e un campo.

Ci` o ` e in accordo con il fatto che il polinomio x

2

+ x + 1 ` e irriducibile in Z

2

[x].

Siano A e A

0

due anelli commutativi e ψ : A → A

0

un omomorfismo di anelli.

E facile verificare che ψ induce l’omomorfismo `

ψ : A[x] → A b

0

[x]

fra i corrispondenti anelli di polinomi, definito ponendo

(3.6) ψ (a b

0

+ a

1

x + · · · + a

n

x

n

) := ψ(a

0

) + ψ(a

1

)x + · · · + ψ(a

n

)x

n

per ogni a

0

+ a

1

x + · · · + a

n

x

n

di A[x]. Usando un diagramma:

(3.7) A[x]

ψˆ //

A

0

[x]

A

ψ //

A

0

Inoltre se ψ ` e un isomorfismo, anche b ψ ` e un isomorfismo.

(19)

(3.8) Definizione Sia K un sottocampo di un campo F. Un elemento α ∈ F `e radice di f (x) ∈ K[x] se f (α) = 0.

(3.9) Teorema (di Ruffini) Sia f (x) ∈ K[x], dove K `e un campo. Un elemento α ∈ K

`

e radice di f (x) se e solo se (x − α) divide f (x).

Dimostrazione.

Siano q(x) e r(x) il quoziente e il resto della divisione di f (x) per (x − α). Poich` e (x − α) ha grado 1, deve essere deg (r(x)) ≤ 0, ossia r(x) = kx

0

.

Da f (x) = (x − α) q(x) + kx

0

segue

f (α) = (α − α) q(α) + kα

0

= 0

K

q(α) + k 1

K

= k.

Si conclude

f (α) = 0

K

⇐⇒ k = 0

K

⇐⇒ r(x) = 0 ⇐⇒ (x − α) | f (x).

Sia f (x) ∈ K[x], di grado n.

• Se n = 0, f (x) ` e unitario;

• se n = 1, f (x) ` e irriducibile in K[x].

D’altra parte, per il Teorema di Ruffini, valgono i seguenti fatti:

• Se n = 2, 3 e f (x) non ha radici in K, allora `e irriducibile in K[x];

• Se n ≥ 2 e f (x) ha qualche radice in K, allora `e riducibile in K[x];

Ricordando che K[x] `e un dominio fattoriale, si ha il seguente

(3.10) Corollario Sia f (x) ∈ K[x] di grado n. La somma delle molteplicit`a delle radici di f (x) non supera n.

(3.11) Teorema (fondamentale dell’algebra) Il campo complesso C `e algebricamente chiuso. Ossia gli unici polinomi irriducibili di C[x] sono quelli di grado 1.

Ben diversa ` e la situazione in Q[x], come emerge dalle seguenti considerazioni, basate su un celebre risultato di Gauss.

(3.12) Definizione f (x) ∈ Z[x] `e primitivo se un MCD dei suoi coefficienti `e 1.

(3.13) Lemma di Gauss. In Z[x] il prodotto di polinomi primitivi `e primitivo.

(20)

Dimostrazione.

Supponiamo per assurdo che f (x), g(x) ∈ Z[x] siano primitivi, ma che h(x) = f (x)g(x) non lo sia. Allora esisterebbe un primo p che divide h(x), ma non divide n` e f (x) n` e g(x). Consideriamo l’epimorfismo canonico π : Z → Z

p

definito ponendo π(a) = [a]

p

per ogni a ∈ Z ed estendiamolo all’omomorfismo π : Z[x] → Z b

p

[x]. Otteniamo

π (a b

n

x

n

+ . . . a

1

x + a

0

) := [a

n

]

p

x

n

+ . . . [a

1

]

p

x + [a

0

]

p

.

Si avrebbe b π(h(x)) = 0, b π(f (x)) 6= 0 e b π(g(x)) 6= 0. D’altra parte π(h(x)) = b π(f (x)) b b π(g(x)).

E questa ` e una contraddizione perch` e l’anello Z

p

[x] ` e privo di divisori delle zero.

Un facile calcolo aritmetico mostra che ogni polinomio g(x) ∈ Q[x] si scrive nella forma g(x) = n

m g(x) con g(x) ∈ Z[x], primitivo. Per esempio

x

3

+ 2 3 x

2

− 1

5 x + 2 = 1

15 15x

3

+ 10x

2

− 3x + 30 .

(3.14) Corollario Un polinomio primitivo di Z[x], di grado > 0, `e irriducibile in Z[x]

se e solo se ` e irriducibile in Q[x].

Dimostrazione. Sia f (x) ∈ Z[x], primitivo, di grado > 0. Se f (x) `e irriducibile in Q[x]

lo ` e, a maggior ragione, in Z[x]. Viceversa sia f (x) irriducibile in Z[x].

Supponiamo, per assurdo, che ammetta una fattorizzazione f (x) = f

1

(x)f

2

(x)

con f

1

(x), f

2

(x) ∈ Q[x], entrambi di grado > 0. Scrivendo i due fattori nella forma f

i

(x) =

mni

i

f

i

(x), con f

i

(x) ∈ Z[x], primitivi, si ha

m

1

m

2

f (x) = n

1

n

2

f

1

(x)f

2

(x).

Essendo f (x) primitivo, m

1

m

2

` e un MCD dei coefficienti del primo membro.

Essendo f

1

(x)f

2

(x) primitivo per il Lemma di Gauss, n

1

n

2

` e un MCD dei coefficienti del secondo membro. Ne segue m

1

m

2

= ±n

1

n

2

, da cui:

f (x) = ±f

1

(x)f

2

(x).

Ma questo contraddice l’irriducibilit` a di f (x) in Z[x].

(21)

(3.15) Corollario (Criterio di Eisenstein) Dato un polinomio f (x) = z

0

+z

1

x+. . . z

n

x

n

, di grado n ≥ 1, a coefficienti interi, si supponga che sia MCD (z

0

, z

1

, . . . , z

n

) = 1 e che esista un primo p tale che:

p divide z

j

, 0 ≤ j ≤ n − 1, p

2

non divide z

0

. Allora f (x) ` e irriducibile in Q[x].

Dimostrazione. Supponiamo, per assurdo, che f (x) sia riducibile in Q[x] e quindi in Z[x], essendo primitivo. Ammetterebbe dunque una fattorizzazione

f (x) = a(x) b(x), a(x), b(x) ∈ Z[x].

Considerando l’epimorfismo π : Z[x] → Z

p

[x] si ha π(f (x)) = [z

n

]

p

x

n

, con [z

n

]

p

6= [0]

p

. Per l’unicit` a della fattorizzazione di un polinomio in irriducibili, i divisori di π(f (x)) sono della forma [k

m

]

p

x

m

, 0 ≤ m ≤ n. In particolare π(a(x)) e π(b(x)) sono di questa forma, e hanno entrambi grado positivo per la primitivit` a di f (x). Detti a

0

e b

0

i loro termini noti, si ha che p divide sia a

0

sia b

0

e si conclude che p

2

divide a

0

b

0

= z

0

, contraddizione.

In particolare, in Q[x] ci sono polinomi irriducibili di qualsiasi grado n ≥ 1. Ad esempio, per ogni primo p, il polinomio x

n

− p ` e irriducibile in Q[x].

4 Sottocampo minimo

(4.1) Definizione Il sottocampo minimo K

0

di un campo K `e l’intersezione di tutti i sottocampi di K.

(4.2) Lemma

• Se K ha caratteristica 0, allora K

0

' Q;

• se K ha caratteristica p > 0, allora K

0

' Z

p

. Dimostrazione.

Se K ha caratteristica 0, m1

K

6= 0

K

per ogni intero m 6= 0. Ne segue che (m1

K

)

−1

∈ K.

Possiamo quindi considerare l’applicazione f : Q → F definita ponendo f  n

m



:= (n1

K

) (m1

K

)

−1

.

(22)

Essa ` e un omomorfismo di anelli. Inoltre ` e iniettiva perch` e n1

K

= 0

K

solo se n = 0.

Ne segue Q ' Im f . Pertanto Im f `e un sottocampo di K.

Se K ha caratteristica p > 0, definiamo f : Z → K mediante f (n) := n1

K

.

Tale applicazione ` e un omomorfismo di anelli. Inoltre Ker f = pZ `e un ideale massimale di Z, essendo p primo. Ne segue

pZZ

= Z

p

' Im f . Di nuovo Im f ` e un sottocampo di K.

In entrambi i casi K

0

≤ Im f . D’altra parte, per definizione di sottocampo, 1

K

∈ K

0

: quindi anche tutti i suoi multipli n1

K

, gli inversi m1

K−1

di quelli non nulli e i prodotti (n1

K

) (m1

K

)

−1

appartengono a K

0

. Si conclude Im f = K

0

.

E utile notare che, se K ha caratteristica 0: ` K

0

= Im f =

n

(n1

K

) (m1

K

)

−1

| n, m ∈ Z, m 6= 0 o . Se K ha caratteristica p > 0

K

0

= Im f = {0

K

, 1

K

, . . . , (p − 1)1

K

} .

(4.3) Lemma Siano K, F campi e σ : K → F un omomorfismo di anelli.

1) σ ` e iniettivo, ossia un monomorfismo;

2) se F = K, la restrizione di σ al sottocampo minimo K

0

` e l’identit` a.

Dimostrazione.

1) Per definizione di omomorfismo fra anelli, σ(1

K

) = 1

F

. Ne segue Ker σ 6= K. Siccome Ker σ ` e un ideale di K e un campo non ha ideali propri, Ker σ = {0

K

}, cio` e σ ` e iniettiva.

2) Si ha σ(n1

K

) = n1

K

per ogni n ∈ Z. Questo si dimostra per induzione se n ≥ 0.

Infatti per n = 0 ` e chiaro e, per n > 0:

σ(n1

K

) = σ ((n − 1)1

K

+ 1

K

) = σ ((n − 1)1

K

) + σ (1

K

) = (n − 1)1

K

+ 1

K

= n1

K

. Se n < 0 allora σ(−n1

K

) = −n1

K

e, ricordando che σ(−α) = −σ(α):

σ (n1

K

) = σ (−(−n1

K

)) = −σ(−n1

K

) = −(−n1

K

) = n1

K

.

Siccome σ conserva il prodotto si conclude che, per ogni n, m ∈ Z con m1

K

6= 0

K

, σ



(n1

K

) (m1

K

)

−1



= (n1

K

) (m1

K

)

−1

da cui l’asserto.

(23)

5 Campo dei quozienti

Ogni sottoanello D di un campo K `e un dominio di integrit`a, ossia un anello commutativo privo di divisori dello zero. Viceversa, ogni dominio di integrit` a pu` o essere immerso in un campo, il cosiddetto campo dei quozienti F di D. Accenniamo brevemente alla costruzione di F, lasciando la verifica delle affermazioni come esercizio.

Nell’insieme delle frazioni 

a

b

| a ∈ D, b ∈ D \ {0} , definiamo la relazione a

b ≡ c

d ⇐⇒ ad = bc.

Tale relazione ` e di equivalenza. Chiamiamo F l’insieme quoziente, ossia l’insieme i cui elementi sono le classi di equivalenza. Rispetto alle usuali operazioni di somma e prodotto del calcolo frazionario la precedente relazione ` e una congruenza e F risulta un campo.

In particolare D pu` o essere identificato con il sottonallo 

d

1

| d ∈ D di F.

6 Il monomorfismo di Frobenius

Tale monomorfismo esiste solo per i campi di caratteristica p > 0, ed ` e basato su una propriet` a dei coefficienti binomiali.

Per ogni intero n ≥ 0 e ogni intero k tale 0 ≤ k ≤ n si pone:

n k



:= n!

(n − k)! k! (coefficiente binomiale).

Si vede facilmente che

nk

 `e sempre un intero.

(6.1) Lemma Sia p primo.

1) p divide

pk

 per ogni k tale che 0 < k < p;

2) se K ha caratteristica p, per ogni α, β ∈ K:

(α + β)

p

= α

p

+ β

p

.

Dimostrazione.

1) Il numeratore p! ` e divisibile per p. Invece (p−k)! e k! non sono divisibili per p, in virt` u dell’ipotesi 0 < k < p. Pertanto p, essendo primo, non divide il denominatore (p − k)!k!

2) Per lo sviluppo del binomio,

(α + β)

p

=

p

X

k=0

p k



α

n−k

β

k

= α

p

+

p−1

X

k=1

p k



α

n−k

β

k

+ β

p

.

(24)

Per il punto 1), se 0 < k < p, i termini

pk

n−k

β

k

sono della forma pγ

k

, con γ

k

∈ K.

Siccome K ha caratteristica p tali termini sono nulli, da cui l’asserto.

(6.2) Teorema Sia K un campo di caratteristica p > 0. L’applicazione σ : K → K definita ponendo, per ogni α ∈ K,

(6.3) σ(α) = α

p

(monomorfismo di Frobenius)

`

e un monomorfismo. Se σ ` e suriettivo, K si dice perfetto.

Dimostrazione.

σ(1

K

) = 1

p

K

= 1

K

.

Per il punto 2) del Lemma precedente: σ(α + β) = (α + β)

p

= α

p

+ β

p

= σ(α) + σ(β).

Per la commutativit` a del prodotto: σ(αβ) = (αβ)

p

= α

p

β

p

= σ(α)σ(β).

7 Moduli e spazi vettoriali

Sia A un anello con unit` a 1

A

6= 0

A

.

(7.1) Definizione Un gruppo abeliano (M, +, 0

M

) ` e un A-modulo sinistro se ` e definito un prodotto (a, m) 7→ am da A × M a M per cui valgono le seguenti propriet` a.

Per ogni a, a

1

, a

2

∈ A e per ogni m, m

1

, m

2

∈ M : 1) a(m

1

+ m

2

) = am

1

+ am

2

;

2) (a

1

+ a

2

)m = a

1

m + a

2

m;

3) a

1

(a

2

m) = (a

1

a

2

)m;

4) 1

A

m = m.

Se A ` e un corpo, un A-modulo sinistro si dice anche uno spazio vettoriale su A.

(7.2) Esempio Il gruppo abeliano (A, +, 0

A

) ` e un A-modulo sinistro rispetto al prodotto di anello (a

1

, a

2

) 7→ a

1

a

2

. Tale modulo si chiama l’A-modulo regolare sinistro e si indica con

A

A o anche solo con A.

Il precedente esempio ammette la seguente generalizzazione.

(7.3) Esempio Il modulo A

n

.

(25)

Per ogni n ≥ 1 il modulo A

n

ha come elementi i vettori colonna a n componenti in A e le operazioni di modulo risultano le seguenti:

(7.4)

 x

1

. . . x

n

 +

 y

1

. . . y

n

 =

x

1

+ y

1

. . . x

n

+ y

n

 , r

 x

1

. . . x

n

 =

 rx

1

. . . rx

n

 .

(7.5) Definizione Un sottoinsieme N di un A-modulo M si dice un sottomodulo (o anche un sottospazio quando A ` e un corpo) se soddisfa i seguenti assiomi:

1) 0

M

∈ N ;

2) per ogni n

1

, n

2

∈ N , l’elemento (n

1

+ n

2

) appartiene a N ; 3) per ogni a ∈ A, n ∈ N , l’elemento (an) appartiene a N .

Dato un sottoinsieme S di un A-modulo M , sia < S > l’insieme delle combinazioni lineari finite, a coefficienti in A, degli elementi di S, ossia:

(7.6) < S >:=

(

n

X

i=1

a

i

m

i

| m

i

∈ M, a

i

∈ A, n ∈ N )

(sottomodulo generato da S).

Si dimostra facilmente che < S > ` e il minimo sottomodulo di M che contiene S. In particolare < ∅ >:= {0

M

}.

(7.7) Definizione Un sottoinsieme S di M genera M se il sottomodulo generato da S

`

e M stesso, ossia se < S >= M .

(7.8) Definizione Siano M e M

0

degli A-moduli. Un A-omomorfismo da M a M

0

` e una applicazione Φ : M → M

0

tale che, per ogni m

1

, m

2

, m ∈ M e per ogni r ∈ A:

1) Φ(m

1

+ m

2

) = Φ(m

1

) + Φ(m

2

), 2) Φ(rm) = r Φ(m).

Quando A ` e un corpo, un A-omomorfismo si dice anche una applicazione lineare.

(7.9) Lemma Sia Φ : M → M

0

un A-omomorfismo. Per ogni sottomodulo N di M e per ogni sottomodulo N

0

di M

0

valgono i seguenti fatti:

1) l’immagine Φ(N ) := {Φ(n) | n ∈ N } ` e un sottomodulo di M

0

;

2) la preimmagine Φ

−1

(N

0

) := {m ∈ M | Φ(m) ∈ N

0

} ` e un sottomodulo di M .

(7.10) Definizione Un sottoinsieme S di un A-modulo M si dice indipendente se, per ogni sottoinsieme finito {m

1

, . . . , m

n

} di S e per ogni a

1

∈ A, . . . , a

n

∈ A :

n

X

i=1

a

i

m

i

= 0

M

⇒ a

1

= · · · = a

n

= 0

A

.

(26)

L’insieme ∅ ` e indipendente per definizione.

(7.11) Definizione Un sottoinsieme B di un A-modulo M ` e una base di M se genera M ed ` e indipendente.

Notiamo che {v

1

, · · · , v

n

} ` e una base di M se ogni m ∈ M si scrive in modo unico nella forma x

1

v

1

+ · · · + x

n

v

n

con x

i

∈ A.

Il modulo nullo ha base ∅. Il modulo regolare A =

A

A ha come base il singoletto {1

A

}.

Per n ≥ 2, ` e immediato verificare che A

n

ha come base l’insieme:

(7.12)

 e

1

:=

 1

A

. . . 0

A

 , . . . , e

n

:=

 0

A

. . . 1

A

(base canonica).

(7.13) Teorema Ogni spazio vettoriale V su un campo K ha una base. Inoltre tutte le basi di V hanno la stessa cardinalit` a, detta la dimensione di V .

L’esistenza di una base si ottiene notando che ogni sottoinsieme indipendente massimale

di V ` e un insieme di generatori.

(27)

Capitolo II

Primi risultati

1 Estensioni di campi

(1.1) Lemma Se K `e un sottocampo di un anello commutativo F, l’anello F risulta, in modo naturale, uno spazio vettoriale su K. Inoltre se f : F → F `e un omomorfismo di anello la cui restrizione a K `e l’identit`a , allora f `e una applicazione lineare.

Dimostrazione. (F, +, 0

F

) ` e un gruppo abeliano. Il prodotto in F induce un prodotto K × F → F rispetto al quale F risulta uno spazio vettoriale su K. Infatti, per ogni k

1

, k

2

∈ K, α ∈ F si ha: (k

1

+ k

2

)α = k

1

α + k

2

α, k

1

(k

2

α) = (k

1

k

2

)α e 1 · α = α.

Infine, per definizione di omomorfismo di anelli, per ogni k ∈ K, α, β ∈ F si ha f (α+β) = f (α) + f (β) e, per l’ ipotesi f

|K

= id, f (kα) = f (k)f (α) = kf (α). Pertanto f ` e lineare.

(1.2) Definizione La dimensione di F come spazio vettoriale su K si chiama il grado di F su K e si indica mediante [F : K].

Per esempio [C : R] = 2. Infatti {1, i} `e una base di C su R.

(1.3) Osservazione Sia f (x) un polinomio di grado n in K[x]. Ricordiamo che si pu`o identificare il quoziente

<f (x)>K[x]

con l’anello i cui elementi sono i polinomi di K[x] di grado ≤ n − 1, rispetto alla usuale somma di polinomi e al prodotto mod f (x). Da

K[x]

< f (x) > = k

0

+ k

1

x + · · · + k

n−1

x

n−1

| k

i

∈ K

si ha che x

0

, x, . . . , x

n−1

`e una base di tale anello su K. Quindi [F : K] = n.

(1.4) Definizione Dati due campi K e F, diciamo che F `e estensione di K se esiste un

monomorfismo di anelli ι : K → F.

(28)

Chiaramente K `e isomorfo al sottocampo ι(K) di F. In particolare se K `e un sottocampo di F, allora F `e estensione di K (prendendo come ι, ad esempio, l’inclusione).

(1.5) Osservazione Se ι : K → F `e una estensione, poniamo [F : K] := [F : ι(K)].

L’ estensione F si indica anche con F : K.

(1.6) Lemma Siano F ≥ L ≥ K dei campi. Allora [F : K] < ∞ se e solo se [F : L] < ∞ e [L : K] < ∞. In tal caso si ha:

[F : K] = [F : L][L : K].

Dimostrazione.

Supponiamo [F : K] < ∞. Sia B una base di F su K. Ogni α ∈ F `e combinazione lineare di elementi di B con coefficienti in K ≤ L. Quindi B `e, a maggior ragione, un insieme di generatori di F su L. Ogni sottoinsieme indipendente massimale C di B `e una base finita per F su L, da cui [F : L] < ∞. Chiaramente L, in quanto sottospazio di F, ha dimensione finita su K. Concludiamo [L : K] < ∞.

Supponiamo ora [F : L] = n < ∞ e [L : K] = m < ∞.

F

n

L

m

K

Siano {v

1

, . . . , v

n

} una base di F su L e {w

1

, . . . , w

m

} una base di L su K.

Dimostriamo che l’insieme

B := {v

i

w

j

| 1 ≤ i ≤ n, , 1 ≤ j ≤ m}

` e una base di F su K. A tale scopo, sia α ∈ F. Esso si scrive nella forma α = P

n

i=1

`

i

v

i

, per opportuni coefficienti `

i

∈ L. Ciascun `

i

, a sua volta, si scrive nella forma `

i

= P

m

j=1

k

ij

w

j

, per opportuni coefficienti k

ij

∈ K. Ne segue α =

n

X

i=1

m

X

j=1

k

ij

w

j

 v

i

= X

i,j

k

ij

(v

i

w

j

) .

Pertanto B genera F su K. Inoltre B `e indipendente. Supponiamo infatti

0

F

= X

i,j

k

ij

(v

i

w

j

) =

n

X

i=1

m

X

j=1

k

ij

w

j

 v

i

.

(29)

Per l’indipendenza dei v

i

su L si conclude:

m

X

j=1

k

1j

w

j

= 0

L

,

m

X

j=1

k

2j

w

j

= 0

L

, . . . ,

m

X

j=1

k

nj

w

j

= 0

L

.

Per l’indipendenza dei w

i

su K si ha:

k

1j

= 0

K

, 1 ≤ j ≤ m, k

2j

= 0

K

, 1 ≤ j ≤ m, . . . , k

nj

= 0

K

, 1 ≤ j ≤ m.

Pertanto B ` e una base di F su K, da cui [F : K] = |B| = nm.

2 Estensioni semplici

(2.1) Definizione Sia K ≤ F. Se S `e un sottoinsieme di F, si indica con K(S) l’intersezione di tutti i sottocampi di F che contengono K e S.

L’estensione K(S) si dice semplice quando |S| = 1.

Poich` e fra i sottocampi di F che contengono S c’`e F stesso e l’intersezione di sottocampi

` e un sottocampo, si ha che K(S) `e il minimo sottocampo di F che contiene K e S.

Se S = {α

1

, . . . , α

n

}, scriviamo K(S) = K (α

1

, . . . , α

n

). Esempio: C = R(i).

(2.2) Definizione Siano K ≤ F dei campi e sia α ∈ F.

• α ` e algebrico su K quando `e radice di qualche polinomio non nullo di K[x];

• α ` e trascendente su K in caso contrario.

Fissato α, possiamo considerare l’omomorfismo di anelli

(2.3) ϕ

α

: K[x] → F tale che ϕ

α

(f (x)) := f (α).

Per le propriet` a degli omomorfismi, Ker ϕ

α

` e ideale di K[x], Im ϕ

α

` e sottoanello di F.

α ` e algebrico su K precisamente quando l’ideale Ker ϕ

α

` e non nullo. Infatti:

Ker ϕ

α

= {f (x) ∈ K[x] | f (α) = 0

F

} .

(2.4) Definizione Se α ` e algebrico su K, il generatore monico di Ker ϕ

α

si dice il polinomio minimo di α su K. Lo indicheremo con m

α,K

(x).

In base a tale definizione, per ogni f (x) ∈ K[x],

(2.5) f (α) = 0

F

⇐⇒ f (x) ∈ Ker ϕ

α

⇐⇒ m

α,K

(x) divide f (x).

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