UNIVERSIT ` A CATTOLICA DEL SACRO CUORE Facolt` a di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali
MATEMATICHE COMPLEMENTARI I
Prof. Marco Degiovanni
Anno Accademico 2020/2021
Indice
I Complementi sulle funzioni reali di una variabile reale 5
1 Sulla definizione di funzione 7
1 Grafici funzionali e funzioni associate . . . . 7
2 Funzioni a valori in un insieme . . . . 17
2 Limiti e continuit`a 20 1 Funzioni continue e limiti al finito . . . . 20
2 La definizione riformata di limite . . . . 24
3 Limiti infiniti . . . . 26
4 Punti singolari . . . . 30
5 Funzioni esponenziali e numero di Nepero . . . . 31
6 Limiti riconducibili a limiti notevoli . . . . 39
7 Alcune disuguaglianze . . . . 44
3 Applicazioni del calcolo differenziale 48 1 Monotonia e segno della derivata . . . . 48
2 Un esempio di minimo . . . . 52
4 Applicazioni del calcolo integrale 56 1 Primitive e questioni di regolarit`a . . . . 56
2 Volume di alcuni solidi . . . . 59
3 Baricentri . . . . 66
5 Equazioni di grado superiore al secondo 69 1 Equazioni di terzo grado in ambito reale . . . . 69
3
2 Equazioni di terzo grado in ambito complesso . . . . 74
3 Risoluzione goniometrica in ambito reale . . . . 77
4 Equazioni di quarto grado . . . . 81
II Elementi di analisi non standard 87 6 La teoria degli insiemi ampliata 89 1 Un parallelo storico . . . . 89
2 Ampliamento dei concetti primitivi . . . . 92
3 I nuovi assiomi . . . . 94
4 Un assioma pi`u forte . . . . 100
7 Alcuni risultati in una variabile 102 1 Infinitesimi e infiniti . . . . 102
2 Funzioni continue . . . . 105
3 Una definizione alternativa . . . . 111
8 Spazi topologici 112 1 Concetti basilari . . . . 112
2 Spazi topologici compatti . . . . 116
9 Spazi uniformi 122 1 Concetti basilari . . . . 122
2 Spazi uniformi completi . . . . 129
3 Spazi uniformi totalmente limitati . . . . 134
4 Gruppi topologici . . . . 137
10 Spazi unitari e spazi normati 141 1 Spazi unitari . . . . 141
2 Spazi normati . . . . 145
Elenco dei simboli 159
Indice analitico 160
Parte I
Complementi sulle funzioni reali di una variabile reale
5
Capitolo 1
Sulla definizione di funzione
1 Grafici funzionali e funzioni associate
(1.1) Definizione Un sottoinsieme G del piano cartesiano R× R si dice grafico fun- zionale, se ogni retta verticale, quindi di equazione x = x0, interseca G in al pi`u un punto.
Ad esempio, l’iperbole equilatera riferita agli asintoti G ={(x, y) ∈ R × R : xy = 1}
`e un grafico funzionale.
Figura 1.1: Ogni retta verticale interseca l’iperbole in al pi`u un punto (la retta di equazione x = 0 non interseca affatto l’iperbole).
Viceversa, l’iperbole equilatera riferita agli assi G =
(x, y)∈ R × R : x2− y2 = 1 7
non `e un grafico funzionale.
Figura 1.2: In questo caso esistono rette verticali che inter- secano l’iperbole in pi`u di un punto.
Un esempio estremo di grafico funzionale `e costituito dall’insieme vuoto∅. In questo caso, per ogni x0 ∈ R, la retta di equazione x = x0 non interseca G in alcun punto.
(1.2) Definizione Dato un grafico funzionale G, denotiamo con dom (G) l’insieme degli x0 ∈ R tali che la retta di equazione x = x0 interseca effettivamente G (necessariamente in uno ed un solo punto). L’insieme dom (G) si chiama dominio del grafico funzionale G ed `e chiaramente un sottoinsieme di R.
Denotiamo anche con img (G) l’insieme degli y0 ∈ R tali che la retta (orizzontale) di equazione y = y0 interseca G in almeno un punto. L’insieme img (G) si chiama immagine del grafico funzionale G ed `e di nuovo un sottoinsieme di R.
(1.3) Definizione Sia G⊆ R × R un grafico funzionale. Si chiama funzione associata al grafico funzionale G la corrispondenza che, ad ogni x0 ∈ dom (G), associa l’ordinata dell’intersezione fra la retta di equazione x = x0 e G, ossia l’unico y0 ∈ R tale che (x0, y0)∈ G.
Una funzione reale di una variabile reale `e una funzione f associata a qualche grafico funzionale G⊆ R×R. Si pone dom (f) = dom (G) e img (f) = img (G) per cui, per defini- zione, dominio e immagine di f sono dominio e immagine del grafico funzionale G. Inoltre, per ogni x ∈ dom (f), si denota con f(x) l’unico numero reale tale che (x, f(x)) ∈ G. Si usa anche scrivere {x 7→ f(x)} per denotare la funzione f. In particolare, la funzione f associata a G =∅ si chiama funzione vuota e soddisfa dom (f) = img (f) = ∅.
1. GRAFICI FUNZIONALI E FUNZIONI ASSOCIATE 9
Da ora in poi in questa parte, quando parleremo di funzione, intenderemo sempre funzione reale di una variabile reale.
Molto spesso le funzioni vengono dichiarate scrivendo
f (x) = espressione matematica dipendente da x .
In questo caso `e sottointeso che viene innanzitutto introdotto il grafico funzionale G costituito dalle coppie (x, y) ∈ R × R tali che le operazioni coinvolte nell’espressione matematica hanno senso e tali che y = espressione matematica dipendente da x. Si considera poi la funzione f associata al grafico funzionale G.
Il fatto che ci sia all’origine un grafico funzionale `e ancora pi`u evidente quando si dice direttamente di considerare la funzione
y = espressione matematica dipendente da x .
In questo caso f nemmeno compare, mentre ci sono le coordinate x e y del piano cartesiano.
Due funzioni sono ritenute uguali se e solo se sono uguali i grafici funzionali a cui sono associate. Di conseguenza, ogni funzione f `e associata a uno ed un solo G, che si chiama grafico della funzione f e si denota con gph (f ).
L’idea che sta sotto alla definizione formale di funzione parte dalla convenzione che il grafico di una funzione individua completamente la funzione stessa, e viceversa. D’altra parte, se si immagina di possedere gi`a un minimo di familiarit`a con il concetto di insieme, il grafico funzionale `e solo un caso particolare di insieme, mentre il concetto di funzione `e qualcosa di nuovo. `E allora concettualmente pi`u economico pensare che innanzitutto c’`e il grafico funzionale, quindi un insieme, nulla di nuovo. Al concetto di grafico funzionale
`e poi ancorato quello di funzione, che `e qualcosa di nuovo, ma non `e presentato come un concetto primitivo.
Si usa dire che il concetto di funzione `e riconducibile al concetto di insieme. Questo fatto `e confermato dalla constatazione che anche le propriet`a e operazioni sulle funzioni sono riconducibili ai grafici delle funzioni stesse.
Ad esempio, vediamo come la composizione di funzioni sia definibile per mezzo dei grafici.
(1.4) Proposizione Siano f e g due funzioni e sia G l’insieme delle coppie (x, y)∈ R×R per cui esiste z ∈ R tale che (x, z) ∈ gph (f) e (z, y) ∈ gph (g).
Allora G `e un grafico funzionale.
Dimostrazione. Siano (x0, y1) e (x0, y2) due elementi di G entrambi quindi sulla retta di equazione x = x0. Per definizione di G, esistono z1, z2 ∈ R tali che
(x0, z1)∈ gph (f) , (z1, y1)∈ gph (g) , (x0, z2)∈ gph (f) , (z2, y2)∈ gph (g) .
Innanzitutto (x0, z1) e (x0, z2) sono due elementi di gph (f ) entrambi sulla retta di equa- zione x = x0. Essendo gph (f ) un grafico funzionale, ne segue z1 = z2. Allora (z1, y1) e (z2, y2) sono due elementi di gph (g) entrambi sulla retta di equazione x = z1. Essendo gph (g) un grafico funzionale, ne segue y1 = y2. Si conclude che (x0, y1) = (x0, y2), per cui G non pu`o possedere due elementi distinti sulla retta di equazione x = x0.
(1.5) Definizione Date due funzioni f e g, la funzione associata al grafico funzionale G appena introdotto si denota con g◦ f e si chiama funzione composta delle funzioni f e g.
Se (x, y) ∈ gph (g ◦ f), esiste per definizione z ∈ R tale che (x, z) ∈ gph (f) e (z, y)∈ gph (g). Innanzitutto ne segue x ∈ dom (f) e z = f(x). Allora f(x) ∈ dom (g) e y = g(z) = g(f (x)). Risulta quindi
dom (g◦ f) = {x ∈ dom (f) : f(x) ∈ dom (g)} , (g◦ f)(x) = g(f(x)) per ogni x∈ dom (g ◦ f) .
Va precisato che, in questo contesto, per ogni f e g ha senso la funzione composta g◦ f.
Eventualmente pu`o capitare g◦ f sia la funzione vuota.
Se f `e una funzione ed E ⊆ dom (f), si verifica facilmente che G = gph (f )∩ {(x, y) ∈ R × R : x ∈ E}
`e un grafico funzionale.
(1.6) Definizione Dati una funzione f ed E ⊆ dom (f), la funzione associata al grafico funzionale G appena introdotto si chiama restrizione di f a E e si denota con f
E.
1. GRAFICI FUNZIONALI E FUNZIONI ASSOCIATE 11
Naturalmente risulta
dom f
E
= E , f
E
(x) = f (x) per ogni x∈ E .
Figura 1.3: Il grafico della funzione
x7→ x2 .
Figura 1.4: Il grafico della funzione
x7→ x2
ristretta a [0, +∞[.
Vediamo infine come si inquadra il processo di inversione. Se G `e un grafico funzionale poniamo, per definizione,
G−1={(x, y) ∈ R × R : (y, x) ∈ G} .
In sostanza, G−1 `e ottenuto da G effettuando la riflessione rispetto alla bisettrice di primo e terzo quadrante.
Anche se G `e un grafico funzionale, non `e detto che G−1 lo sia. Ad esempio la parabola
G =
(x, y)∈ R × R : y = x2
`e un grafico funzionale.
Figura 1.5: La parabola con asse di simmetria verticale `e un grafico funzionale.
Se per`o dalla parabola G si passa alla parabola G−1 =
(x, y)∈ R × R : x = y2 , non si ha pi`u un grafico funzionale.
Figura 1.6: La parabola con asse di simmetria orizzontale non `e un grafico funzionale.
(1.7) Definizione Una funzione f si dice iniettiva se, per ogni y0 ∈ R, la retta (orizzontale) di equazione y = y0 interseca il grafico gph (f ) in al pi`u un punto.
1. GRAFICI FUNZIONALI E FUNZIONI ASSOCIATE 13
Si verifica facilmente che f `e iniettiva se e solo se [gph (f )]−1 `e un grafico funzionale.
Se f `e iniettiva, la funzione associata al grafico funzionale [gph (f )]−1 si chiama funzione inversa di f e si denota con f−1. Dal momento che [gph (f )]−1 `e ottenuto da gph (f ) scambiando le coordinate, risulta dom (f−1) = img (f ) e img (f−1) = dom (f ).
Risulta inoltre
(f−1◦ f)(x) = x per ogni x∈ dom (f) , (f ◦ f−1)(x) = x per ogni x∈ img (f) . Ad esempio, la parabola
G =
(x, y)∈ R × R : y = x2
`e associata alla funzione{x 7→ x2}, che non `e iniettiva.
Figura 1.7: La funzione
x7→ x2
non `e iniettiva.
Se per`o la medesima funzione viene ristretta a [0, +∞[, diventa iniettiva.
Figura 1.8: La funzione
x7→ x2
ristretta a [0, +∞[ `e iniettiva.
La funzione radice quadrata si ottiene invertendo proprio la restrizione della funzione {x 7→ x2} a [0, +∞[.
Figura 1.9: Il grafico della funzione radice quadrata.
Questo approccio al processo di inversione privilegia il percorso da funzione a funzione inversa rispetto al percorso da equazione a soluzione dell’equazione. Va per`o detto che il concetto di funzione si svilupp`o nel XVIII secolo, quando da tempo i matematici erano abituati a confrontarsi con equazioni e soluzioni di equazioni.
Un diverso approccio alla radice quadrata, secondo la linea da equazione a soluzione dell’equazione, consiste, dato x∈ R, nel considerare l’equazione
y2 = x
nell’incognita y per poi chiamare radice quadrata di x l’insieme delle soluzioni y dell’equazione stessa. Risulterebbe ad esempio, con questo approccio in ambito reale,
√−1 = ∅ ,
√0 ={0} ,
√4 ={−2, 2} .
In questo modo la radice quadrata non `e una funzione reale di una variabile reale. Facendo entrare in campo la teoria degli insiemi in maniera pi`u pesante, potrebbe essere vista come funzione
R−→ P (R) .
Entrambi gli approcci sono legittimi e solo questioni di convenienza suggeriscono di propendere per l’uno o per l’altro. In ambito reale il primo approccio `e quello di uso pi`u comune. In ogni caso andrebbe raccomandata la coerenza, evitando di passare da un approccio all’altro nell’ambito della medesima trattazione senza alcun avvertimento.
Pu`o invece capitare di vedere scritto
√9 = ±3 ,
1. GRAFICI FUNZIONALI E FUNZIONI ASSOCIATE 15
dove l’espressione `e una versione amichevole di
√9 ={−3, +3} ,
che fa quindi riferimento al secondo approccio. Un po’ pi`u avanti, si pu`o trovare scritto che la formula risolutiva dell’equazione di secondo grado
ax2+ bx + c = 0 con a6= 0 e b2− 4ac ≥ 0 `e
x = −b ±√
b2− 4ac
2a .
Se applicata coerentemente all’equazione
x2− 5x + 4 = 0 , la formula risolutiva restituisce
x = 5±√ 9
2 = 5± (±3) 2 con qualche ± di troppo.
In effetti la formula risolutiva allude invece al primo approccio, in cui `e sottointeso
che √
9 = 3 , qundi
±√
9 =±3
e la formula risolutiva `e una scrittura amichevole per dire che l’insieme delle soluzioni `e
dato da
−b −√
b2− 4ac
2a , −b +√
b2− 4ac 2a
.
La stessa incoerenza pu`o essere riscontrata anche in altri ambiti. Per definizione, la funzione arcocoseno `e la funzione inversa della funzione coseno ristretta a [0, π]. In conformit`a con il secondo approccio, si pu`o invece pensare che arccos x sia l’insieme delle soluzioni y dell’equazione
cos y = x ,
ma anche in questa circostanza la coerenza `e d’obbligo. Se, nell’ambito degli esercizi sulle equazioni goniometriche, si propongono temi e soluzioni in questo modo
Figura 1.10: Alcuni esercizi sulle equazioni goniometriche.
si lascia intendere il secondo approccio, anche se magari, nella parte di teoria, era stata proprio introdotta una funzione arcocoseno conformemente al primo approccio. Quanto all’esercizio 224, l’equazione pu`o essere riscritta come
(cos x− 1)(cos2x− cos x − 1) = 0 , che ha per soluzioni l’unione delle soluzioni delle tre equazioni
cos x = 1 , cos x = 1−√ 5
2 , cos x = 1 +√ 5
2 .
Posto che l’ultima equazione non ammette soluzione, l’insieme delle soluzioni andava descritto nell’ambito di quel linguaggio come
x = 2kπ ; x = arccos1−√ 5
2 + 2kπ ; x =− arccos1−√ 5
2 + 2kπ o, abbreviando un po’,
x = 2kπ ; x =± arccos1−√ 5
2 + 2kπ . Se invece l’equazione fosse stata
sin x = 1−√ 5
2 ,
l’insieme delle soluzioni sarebbe stato descritto da x = arcsin1−√
5
2 + 2kπ , x =− arcsin1−√ 5
2 + (2k + 1)π .
2. FUNZIONI A VALORI IN UN INSIEME 17
Anche l’uso del simbolo ± richiede prudenza, se si ha a che fare con interlocutori poco esperti. Mentre la scrittura
x = −b ±√
b2− 4ac 2a
significa
va bene x = −b −√
b2− 4ac
2a e va bene anche x = −b +√
b2− 4ac
2a ,
la scrittura
cos x =±p
1− sin2x
ha un significato totalmente diverso. In effetti sarebbe preferibile scrivere
|cos x| =p
1− sin2x .
2 Funzioni a valori in un insieme
(2.1) Definizione Siano f una funzione e D, E due sottoinsiemi di R. Diciamo che f `e una funzione da D a valori in E e scriviamo f : D→ E, se dom (f) = D e img (f) ⊆ E.
L’insieme E si chiama codominio di f : D→ E.
Di fatto, rispetto al concetto di funzione che abbiamo gi`a introdotto, qui c’`e un ulteriore ingrediente in grado di muoversi con un certo livello di indipendenza da f , che `e il codominio E. Viceversa l’insieme D, essendo esattamente il dominio di f , `e totalmente determinato dalla funzione f . Naturalmente ogni funzione f reale di una variabile reale pu`o essere sempre interpretata come f : dom (f )→ R con dom (f) ⊆ R.
Una funzione f : D → E si dice iniettiva se f `e iniettiva nel senso gi`a introdotto.
Di conseguenza il codominio di f non ha alcuna influenza sulla iniettivit`a di f : D→ E.
Vediamo invece alcuni ulteriori concetti in cui il codominio gioca un ruolo.
(2.2) Definizione Una funzione f : D → E si dice suriettiva se img (f) = E. Una funzione f : D → E si dice biiettiva se `e contemporaneamente iniettiva e suriettiva.
Ad esempio, la funzione
arctan : R→ R
non `e suriettiva, mentre la funzione
arctan : R→i
−π 2,π
2 h
`e suriettiva, anzi biiettiva. Non ha quindi senso chiedersi se la funzione arcotangente sia suriettiva/biiettiva, senza dichiarare esplicitamente il codominio.
Volendo conferire rilevanza agli insiemi D ed E, viene concessa minore libert`a al momento di dichiarare le operazioni ammissibili su funzioni a valori in un insieme.
Quanto alla funzione composta, viene considerato ammissibile solo il caso in cui f : D → E e g : E → F , ossia con la prima funzione che ha per codominio il dominio della seconda funzione, nel qual caso per definizione la funzione composta `e
g◦ f : D → F .
A differenza di quanto avveniva nella sezione precedente, per le funzioni a valori in un insieme non `e vero che la funzione composta ha sempre senso.
Quanto alla funzione inversa, viene considerato ammissibile solo il caso in cui f : D → E `e biiettiva. Per il solo fatto che f `e iniettiva, sappiamo che `e definita la funzione inversa f−1 con dom (f−1) = img (f ) e img (f−1) = dom (f ). Sapendo in pi`u che img (f ) = E e dom (f ) = D, ha senso considerare f−1 : E → D, che `e per definizione la funzione inversa di f : D → E.
In conclusione, se f : D → E `e biiettiva, l’inversa `e f−1 : E → D con lo scambio dei due insiemi D ed E.
C’`e un aggettivo, riguardante le funzioni, che va usato con cautela e parsimonia: si tratta del termine invertibile.
Se ci muoviamo nell’ambito delle funzioni in quanto puramente associate a grafici funzionali, allora funzione invertibile `e sinonimo di funzione iniettiva.
Se invece ci muoviamo nell’ambito delle funzioni a valori in un insieme, del tipo f : D→ E, allora funzione invertibile `e sinonimo di funzione biiettiva.
Occorre quindi prestare attenzione al contesto, tutte le volte che si incontra l’espressione “funzione invertibile”.
Tanto gli esercizi dei libri di testo quanto i temi degli esami di maturit`a fanno di regola riferimento al concetto di funzione in quanto puramente associata a un grafico funzionale.
2. FUNZIONI A VALORI IN UN INSIEME 19
Tuttavia nella parte di teoria i testi presentano non di rado il concetto di funzione a valori in un insieme, creando una incongruenza fra teoria ed esercizi.
Si consideri, ad esempio, un esercizio del tipo:
Si determini il dominio della funzione composta g◦ f, dove f (x) = sin x , g(y) =√
y .
Non essendovi alcun codominio indicato, l’esercizio pu`o avere senso solo nell’ambito delle funzioni in quanto puramente associate a grafici funzionali. D’altra parte la richiesta di determinare il dominio di una funzione composta nel contesto delle funzioni a valori in un insieme avrebbe poco senso. O la composizione non si pu`o fare o il dominio della funzione composta `e esattamente il dominio della prima funzione.
Come secondo esempio, consideriamo un quesito apparso nella Sessione Suppletiva della Maturit`a Scientifica Sperimentale PNI del 2001-02.
7. Verificare che la funzione:
y= 1 − e1−x 1 + e1−x
è invertibile e detta g la funzione inversa, calcolare g′(0).
Figura 1.11: Un quesito all’esame di maturit`a.
Non essendo indicato alcun codominio, non ha senso domandarsi se la funzione sia biiettiva. Se poi si volesse dare per scontato che il codominio `e R, risulterebbe che la funzione di fatto non `e biiettiva. Bisogna quindi intendere che anche qui si fa riferimento al concetto di funzione in quanto puramente associata a un grafico funzionale e che funzione invertibile significa funzione iniettiva.
Limiti e continuit` a
1 Funzioni continue e limiti al finito
Ricordiamo il concetto di punto di accumulazione.
(1.1) Definizione Siano x un numero reale ed E un sottoinsieme di R. Diciamo che x
`e di accumulazione per E se, per ogni δ > 0, esiste ξ ∈ E con 0 < |ξ − x| < δ.
Ricordiamo poi la classica definizione di limite “alla Cauchy”, per semplicit`a nel caso finito.
(1.2) Definizione Siano f una funzione e x, ℓ due numeri reali con x di accumulazione per dom (f ).
Diciamo che f ammette limite ℓ in x se, per ogni ε > 0, esiste δ > 0 tale che, per ogni ξ ∈ dom (f) con 0 < |ξ − x| < δ, si abbia
|f(ξ) − ℓ| < ε .
L’ipotesi che x sia di accumulazione per dom (f ) consente di dimostrare l’unicit`a del limite. Qualora f ammetta limite in x, si denota con
ξ→xlimf (ξ) l’unico ℓ che `e limite di f in x.
A livello di curiosit`a logica, si pu`o controllare che cosa avverrebbe, omettendo l’ipotesi che x sia di accumulazione per dom (f ). La definizione di limite avrebbe ancora senso.
D’altra parte, in modo pi`u formale, ci`o che viene richiesto risulta essere
∀ξ : ξ∈ dom (f) e 0 <|ξ − x| < δ
=⇒ |f(ξ) − ℓ| < ε . 20
1. FUNZIONI CONTINUE E LIMITI AL FINITO 21
Se x non fosse di accumulazione per dom (f ), allora esisterebbe δ > 0 che rende la condizione
ξ∈ dom (f) e 0 <|ξ − x| < δ falsa per ogni ξ, quindi
ξ ∈ dom (f) e 0 <|ξ − x| < δ
=⇒ |f(ξ) − ℓ| < ε
vera per ogni ξ, indipendentemente da ℓ, tenuto conto della tavola di verit`a di ⇒. La conclusione sarebbe che ogni ℓ∈ R `e limite di f in x (e non varrebbe l’unicit`a del limite).
Pertanto l’ipotesi “x `e di accumulazione per dom (f )” non viene assunta “perch´e altrimenti il limite non ha senso”, ma per garantire l’unicit`a del limite.
Il concetto di limite `e strettamente legato con quello di funzione continua. Quasi sem- pre i limiti finiti al finito sono calcolati riconducendosi, per mezzo di identit`a e confronti, a opportune funzioni continue.
(1.3) Definizione Siano f una funzione e x∈ dom (f). Diciamo che f `e continua in x se, per ogni ε > 0, esiste δ > 0 tale che, per ogni ξ ∈ dom (f) con |ξ − x| < δ, si abbia
|f(ξ) − f(x)| < ε .
Diciamo che f `e continua, se f `e continua in ogni x∈ dom (f).
Ricordiamo un tipico risultato di collegamento.
(1.4) Teorema Siano f una funzione e x∈ dom (f) con x di accumulazione per dom (f).
Allora le due affermazioni:
(a) f `e continua in x
(b) f ammette limite in x e risulta lim
ξ→xf (ξ) = f (x) sono equivalenti.
Si pu`o notare che il risultato appena menzionato non riconduce completamente il concetto di funzione continua a quello di limite. Si consideri ad esempio f definita da
f (x) =√
x3− x2.
Si pu`o verificare che f `e continua in ogni x ∈ dom (f) o direttamente, servendosi della Definizione1.3, o appellandosi al teorema sulla continuit`a della funzione composta.
(1.5) Teorema Siano f e g due funzioni e sia x∈ dom (g ◦ f). Supponiamo che f sia continua in x e che g sia continua in f (x).
Allora g◦ f `e continua in x.
Interpretando f come ψ◦ ϕ con
ϕ(x) = x3− x2, ψ(y) =√y ,
segue subito che f `e continua in ogni x∈ dom (f), in particolare in 0.
Figura 2.1: Il grafico della funzione
x7→ x3− x2 .
D’altra parte, dal momento che
dom (f ) ={0} ∪ [1, +∞[ ,
1. FUNZIONI CONTINUE E LIMITI AL FINITO 23
risulta che 0 non `e di accumulazione per dom (f ), per cui la continuit`a di f in 0 non pu`o essere dedotta dal Teorema 1.4.
Non `e quindi appropriato trasformare il Teorema 1.4 nella definizione di funzione continua in x. Seguendo l’approccio alla Cauchy, occorre avere le due Definizioni1.2e1.3 autonome e autosufficienti con un risultato di collegamento, il Teorema 1.4, con le ipotesi del caso.
Anche il limite di funzione composta presenta qualche peculiarit`a.
(1.6) Teorema Siano f e g due funzioni, x di accumulazione per dom (g◦ f), y di accumulazione per dom (g) e ℓ tali che
limξ→xf (ξ) = y , lim
η→yg(η) = ℓ . Supponiamo inoltre che valga una delle seguenti condizioni:
(a) y 6∈ dom (g);
(b) y ∈ dom (g) e g `e continua in y.
Allora la funzione composta g◦ f ammette limite in x e risulta limξ→x(g◦ f)(ξ) = ℓ .
Il punto `e che le sole ipotesi
ξ→xlimf (ξ) = y , lim
η→yg(η) = ℓ non sono sufficienti per dedurre che
limξ→x(g◦ f)(ξ) = ℓ ,
come ci si potrebbe attendere, per analogia con il teorema sulla continuit`a della funzione composta.
Mentre per la continuit`a della funzione composta tutto “fila liscio”, a livello di limite si pu`o incorrere in qualche caso patologico.
(1.7) Esempio Siano f e g definite da f (x) = 0 e g(y) =
( 0 se y6= 0 , 1 se y = 0 .
Allora risulta
limξ→0f (ξ) = 0 , lim
η→0g(η) = 0 , mentre g◦ f, essendo costantemente 1, non soddisfa
ξ→0lim(g◦ f)(ξ) = 0 . In effetti si ha
ξ→0lim(g◦ f)(ξ) = 1 .
In questo esempio la tesi del Teorema 1.6 cade perch´e non `e soddisfatta l’ulteriore ipotesi (a) o (b). Infatti 0∈ dom (g), ma g non `e continua in 0.
Alla luce di queste considerazioni, ci si pu`o domandare se non sia conveniente un ritocco nella definizione stessa di limite.
2 La definizione riformata di limite
Ricordiamo innanzitutto il concetto di punto aderente.
(2.1) Definizione Siano x un numero reale ed E un sottoinsieme di R. Diciamo che x
`e aderente ad E se, per ogni δ > 0, esiste ξ ∈ E con |ξ − x| < δ.
Osserviamo subito che, se x∈ E, allora x `e aderente ad E, mentre abbiamo gi`a visto che pu`o non essere di accumulazione per E.
Possiamo ora introdurre la nuova definizione di limite proposta in:
E. De Giorgi, Lezioni di Istituzioni di matematica 1◦, De Salvia, Ferrara, 1972,
L. Schwartz, Analyse. Deuxi`eme partie: Topologie g´en´erale et analyse fonctionnelle, Collection Enseignement des Sciences, 11, Hermann, Paris, 1970.
(2.2) Definizione Siano f una funzione e x, ℓ due numeri reali con x aderente a dom (f ).
Diciamo che f ammette limite ℓ in x se, per ogni ε > 0, esiste δ > 0 tale che, per ogni ξ ∈ dom (f) con |ξ − x| < δ, si abbia
|f(ξ) − ℓ| < ε .
2. LA DEFINIZIONE RIFORMATA DI LIMITE 25
La piccola o grande differenza, rispetto al limite alla Cauchy, `e che la condizione
|f(ξ) − ℓ| < ε deve essere soddisfatta anche da ξ = x, se x ∈ dom (f).
Se si ritiene un punto qualificante che il limite non tenga conto dell’eventuale com- portamento di f in x, allora la differenza `e grande. D’altra parte negli esempi principali di limite, innanzitutto
ξ→xlim
f (ξ)− f(x) ξ− x ,
risulta che la funzione di cui si fa il limite non `e mai definita in x. In questi casi il limite alla Cauchy `e equivalente al limite riformato. Da questo punto di vista si pu`o dire che la differenza fra le due definizioni `e piccola.
L’ipotesi “x `e aderente a dom (f )” `e la condizione necessaria e sufficiente per garantire che il limite (riformato) di f in x sia unico.
Con la definizione riformata la continuit`a `e veramente un caso particolare di limite.
(2.3) Teorema Siano f una funzione e x∈ dom (f).
Allora le due affermazioni:
(a) f `e continua in x
(b) f ammette limite in x e risulta lim
ξ→xf (ξ) = f (x) sono equivalenti.
Questa volta non ci sono problemi, perch´e l’ipotesi “x ∈ dom (f)”, inevitabile se si vuole parlare di continuit`a di f in x, implica che x `e aderente a dom (f ), per cui il concetto di limite (riformato) `e certamente definito. In particolare, la continuit`a della funzione
f (x) =√
x3 − x2
in 0 pu`o anche essere dedotta dal Teorema 2.3, tenuto conto che anche il teorema sul limite di funzione composta assume l’aspetto “naturale” che si poteva auspicare.
(2.4) Teorema Siano f e g due funzioni, x aderente a dom (g◦ f), y aderente a dom (g) e ℓ tali che
limξ→xf (ξ) = y , lim
η→yg(η) = ℓ .
Allora la funzione composta g◦ f ammette limite in x e risulta limξ→x(g◦ f)(ξ) = ℓ .
Ci si pu`o domandare come venga interpretato l’Esempio1.7alla luce della definizione riformata.
(2.5) Osservazione Sia g la funzione definita da g(y) =
( 0 se y6= 0 , 1 se y = 0 .
Allora, nel senso riformato, la funzione g non ammette limite in 0.
In effetti vale un risultato pi`u generale, che implica quanto appena osservato.
(2.6) Teorema Siano f una funzione e x∈ dom (f). Se esiste
ξ→xlimf (ξ) ,
allora tale limite `e necessariamente f (x) e la funzione f risulta essere continua in x.
Va infine osservato che, nell’ambito della definizione riformata, il limite alla Cauchy non `e “perduto per sempre”. Equivale al limite sulla restrizione
dom (f )\ {x} ,
per cui pu`o essere sempre recuperato, qualora risultasse opportuno.
3 Limiti infiniti
Richiamiamo due definizioni di uso corrente, nell’ambito della linea tradizionale del limite
“alla Cauchy”.
(3.1) Definizione Siano f una funzione e x un numero reale con x di accumulazione per dom (f ). Diciamo che f ammette limite∞ in x e scriviamo
ξ→xlim f (ξ) =∞
se, per ogni M ∈ R, esiste δ > 0 tale che, per ogni ξ ∈ dom (f) con 0 < |ξ − x| < δ, si abbia
|f(ξ)| > M .
(3.2) Definizione Siano f una funzione e x un numero reale con x di accumulazione per dom (f ). Diciamo che:
3. LIMITI INFINITI 27
(a) la funzione f ammette limite +∞ in x e scriviamo
ξ→xlim f (ξ) = +∞
se, per ogni M ∈ R, esiste δ > 0 tale che, per ogni ξ ∈ dom (f) con 0 < |ξ − x| < δ, si abbia
f (ξ) > M ; (b) la funzione f ammette limite −∞ in x e scriviamo
ξ→xlim f (ξ) =−∞
se, per ogni M ∈ R, esiste δ > 0 tale che, per ogni ξ ∈ dom (f) con 0 < |ξ − x| < δ, si abbia
f (ξ) < M .
Come vedremo, non `e opportuno far coesistere la Definizione3.1 e la Definizione3.2.
Risulta ad esempio
x→0lim 1
x2 = +∞ , da cui a maggior ragione
x→0lim 1
x2 =∞ , dal momento che |f(x)| ≥ f(x). Analogamente, si ha
x→0lim
− 1 x2
=−∞ , ma anche
x→0lim
− 1 x2
=∞ ,
dal momento che | − f(x)| = |f(x)|. Tenuto conto che l’uguaglianza `e simmetrica e transitiva, si deduce che +∞ = −∞, fatto alquanto inatteso.
Il punto `e che le Definizioni 3.1 e 3.2 sottointendono due diverse compattificazioni di R, fra loro incompatibili.
Una possibilit`a `e quella di considerare la circonferenza C =
(x, t)∈ R × R : x2+ t2 = 1
e l’omeomorfismo
Φ : R → C \ {(0, 1)}
definito da
Φ(x) = 1
x2+ 1(2x, x2− 1) .
Figura 2.2: La funzione Φ `e l’inversa della proiezione ste- reografica.
Di conseguenza si pu`o definire un’applicazione biiettiva Φ : Re ∪ {∞} −→ C
ponendo
Φ(x) =e
(Φ(x) se x∈ R , (0, 1) se x = ∞ .
3. LIMITI INFINITI 29
La topologia, quindi il concetto di limite, viene poi definita in R∪ {∞} in modo che eΦ sia un omeomorfismo. Siccome C `e compatto, anche R∪ {∞} `e compatto.
Questa procedura `e economica, perch´e compattifica R aggiungendo un solo elemento, e generale, perch´e si applica tale e quale a qualunque spazio normato di dimensione finita. Ha per`o il difetto di essere incompatibile con l’ordinamento di R, come si capisce osservando che per il limite ∞ non vale il Teorema del confronto. `E infatti chiaro che
− 1
|x| ≤ 1 x sin1
x ≤ 1
|x| per ogni x6= 0 e d’altra parte
x→0lim
− 1
|x|
= lim
x→0
1
|x| =∞ , ma questo non implica affatto che
limx→0
1 x sin1
x =∞ .
In Rncon n≥ 2, dove non c’`e ordinamento, la compattificazione appena descritta `e quella di riferimento, ma in R, dove l’ordinamento `e una struttura molto importante, si preferisce di regola una compattificazione meno economica, ma compatibile con l’ordinamento stesso.
Questa volta il punto di partenza `e l’osservazione che l’applicazione arctan : R→i
−π 2,π
2 h
`e un omeomorfismo. Di conseguenza si pu`o definire un’applicazione biiettiva Ψ : R∪ {−∞, +∞} −→h
−π 2,π
2 i
ponendo
Ψ(x) =
arctan x se x∈ R ,
−π2 se x =−∞ ,
π
2 se x = +∞ .
La topologia, quindi il concetto di limite, viene poi definita in R∪ {−∞, +∞} in modo che Ψ sia un omeomorfismo. Siccome
−π2,π2
`e compatto, anche R ∪ {−∞, +∞} `e compatto.
Questa volta la compattificazione `e meno economica, visto che si aggiungono due elementi,−∞ e +∞, anzich´e uno solo, ∞. `E per`o compatibile con l’ordinamento, per cui il Teorema del confronto continua a valere in R∪ {−∞, +∞}.
In ogni caso, quale che sia la preferenza, va detto che C e
−π2,π2
sono entrambi compatti, ma non sono omeomorfi. `E quindi certamente inconsistente compattificare nei due modi contemporaneamente, come avviene quando le Definizioni 3.1 e 3.2 circolano entrambe.
Va pure detto che, se si assume come riferimento la Definizione 3.2, oltre ai vantaggi della compatibilit`a con l’ordinamento, `e facile recuperare la sostanza della Definizione3.1.
E sufficiente sostituire la scrittura`
limξ→xf (ξ) = ∞
con
ξ→xlim|f(ξ)| = +∞ .
4 Punti singolari
(4.1) Definizione Siano f : dom (f ) → R una funzione e x un punto di accumulazio- ne per dom (f ). Diciamo che x `e un punto singolare o un punto di singolarit`a per la funzione f , se si verifica una delle seguenti eventualit`a:
- x non appartiene a dom (f );
- x appartiene a dom (f ), ma la funzione f non `e continua in x.
Nel secondo caso si pu`o anche dire che x `e un punto di discontinuit`a per f , mentre
`e criticabile l’uso dell’espressione punto di discontinuit`a nel primo caso. Si producono infatti bisticci linguistici del tipo “la funzione reciproco `e continua in ogni punto ed `e discontinua in 0”.
Pi`u specificamente, esiste una classificazione dei punti di singolarit`a.
(4.2) Definizione Siano f : dom (f ) → R una funzione e x un punto di singolarit`a per f . Diciamo che x `e una
5. FUNZIONI ESPONENZIALI E NUMERO DI NEPERO 31
- singolarit`a di prima specie, se x `e di accumulazione sia da sinistra che da destra per dom (f ) e i limiti
ξ→xlim−f (ξ) , lim
ξ→x+f (ξ) esistono finiti ma diversi; la differenza
ξ→xlim+f (ξ)
−
ξ→xlim−f (ξ)
si chiama salto della funzione f in x;
- singolarit`a di terza specie o eliminabile, se esiste finito
ξ→xlimf (ξ) ;
- singolarit`a di seconda specie negli altri casi; di fatto, questo significa che uno almeno dei limiti
ξ→xlim−f (ξ) , lim
ξ→x+f (ξ) ha senso ma o non esiste o vale ±∞.
Se x `e una singolarit`a di terza specie per f e ℓ `e il limite di f in x, `e possibile definire una nuova funzione
F : dom (f )∪ {x} → R ponendo
F (ξ) =
( f (ξ) se ξ 6= x ,
ℓ se ξ = x ,
e la funzione F `e definita e continua in x. Il passaggio da f a F ha allora “eliminato” la singolarit`a x, donde l’espressione singolarit`a eliminabile.
5 Funzioni esponenziali e numero di Nepero
A livello scolastico, le funzioni esponenziali vengono usualmente introdotte attraverso una estensione per continuit`a.
Supponiamo inizialmente che a sia un numero reale con a 6= 0. Per limitare al minimo, almeno in partenza, le ipotesi su a, consideriamo i numeri razionali della forma
m
3n con m ∈ Z e n ∈ N, che sono comunque densi nei reali. Dal momento che la radice cubica `e definita per ogni numero reale, si pu`o coerentemente definire
a3nm
dicendo si tratta della radice cubica fatta n volte di am, ossia ponendo a30m = am, a3n+1m =p3
a3nm . Si verifica facilmente che
a0 = 1 , aq1+q2 = aq1aq2 per ogni q1, q2 di questa forma.
Sorge per`o un problema nel caso a < 0, gi`a limitatamente agli esponenti razionali della forma m
3n. Sia ad esempio a≤ −1. Allora risulta
a3n1 =−(−a)3n1 ≤ −1 per ogni n ∈ N ,
sebbene i numeri del tipo 31n siano arbitrariamente vicini a 0 e si abbia a0 = 1. In altre parole, la funzione
{q 7→ aq}
nasce gi`a non continua in 0 e men che meno potr`a essere estesa con continuit`a a tutto R.
Se −1 < a < 0 risulta a−3n1 =
1 a
3n1
≤ −1 per ogni n ∈ N e il problema `e analogo.
Per questo motivo la procedura, che mira a una estensione per continuit`a, viene limitata al caso a > 0.
Immaginiamo ora di aver definito ax per ogni a, x reale con a > 0, quindi anche logax per ogni a, x reale con a > 0 ed a6= 1.
Avendo di fronte un’intera famiglia di funzioni nuove, quelle del tipo {x 7→ ax} con a > 0, ci si pu`o domandare se non sia possibile una parziale unificazione. In effetti, per ogni b reale con b > 0 e b6= 1, risulta
ax = blogb(ax)= bx logba
5. FUNZIONI ESPONENZIALI E NUMERO DI NEPERO 33
per cui, fissato un b di riferimento, `e sufficiente considerare le funzioni del tipo {x 7→ bcx} con c∈ R
per esaurire tutte le possibili funzioni esponenziali. In altre parole, un’unica funzione esponenziale `e sufficiente, a meno di operazioni semplici (sostituire x con cx). Sorge quindi il problema di privilegiare un’unica base b di riferimento.
Per ogni numero reale b > 0, esiste uno ed un solo numero reale mb tale che bx ≥ mbx + 1 per ogni numero reale x .
Figura 2.3: I grafici delle due funzioni {x 7→ 2x} e {x 7→ m2x+ 1}. Osservando le intersezioni della retta con gli assi coordinati, si nota che m2 <1.
Non esiste nessuna scelta di b che renda sia b che mb facilmente rappresentabili e non sarebbe molto utile una disuguaglianza ad esempio del tipo
10x ≥ m10x + 1 per ogni numero reale x ,
perch´e metterebbe in relazione due espressioni contenenti entrambe dei termini non ben noti.
Figura 2.4: I grafici delle due funzioni {x 7→ 3x} e {x 7→ m3x+ 1}. Osservando le intersezioni della retta con gli assi coordinati, si nota che m3 >1.
Posto che l’espressione a sinistra `e comunque qualcosa di nuovo, si `e convenuto di rendere il pi`u possibile esplicita quella di destra, conferendo una posizione di privilegio a quella base b per cui risulta mb = 1. Pi`u precisamente, esiste uno ed un solo numero reale compreso fra 2 e 3, detto numero di Nepero e denotato con e, che soddisfa la disuguaglianza (5.1) ex ≥ x + 1 per ogni numero reale x .
Si tratta di un numero irrazionale per il quale risulta, approssimativamente, e = 2, 71828 . . .
5. FUNZIONI ESPONENZIALI E NUMERO DI NEPERO 35
Il grafici delle funzioni {x 7→ ex} e {x 7→ x + 1} sono rappresentati in Figura 2.5.
Figura 2.5: I grafici delle due funzioni {x 7→ ex} e {x 7→ x + 1}.
La disuguaglianza che definisce il numero e implica una corrispondente disuguaglianza per la funzione logaritmo.
(5.2) Proposizione Risulta
logex≤ x − 1 per ogni numero reale x con x > 0 .
Dimostrazione. Dalla (5.1) segue che
elogex ≥ logex + 1 per ogni x > 0. Tenuto conto che elogex = x, si deduce che
x≥ logex + 1 ,
da cui la tesi.
Figura 2.6: I grafici delle due funzioni {x 7→ logex} e {x 7→ x − 1}.
In ambito matematico si usa scrivere log x anzich´e logex. In ambito tecnico `e invece comune scrivere ln x.
Sulla base di queste informazioni si possono dedurre alcuni limiti notevoli.
(5.3) Teorema Si ha
x→0lim
ex− 1 x = 1 . Dimostrazione. Sempre dalla (5.1) segue che
1
ex = e−x ≥ −x + 1 per ogni x reale .
5. FUNZIONI ESPONENZIALI E NUMERO DI NEPERO 37
In particolare, per ogni x < 1 i termini sono tutti maggiori di 0, per cui `e possibile passare ai reciproci ottenendo, in combinazione con la (5.1),
(5.4) x + 1≤ ex ≤ 1
1− x per ogni x reale con x < 1 .
Figura 2.7: I grafici delle funzioni {x 7→ 1 + x}, {x 7→ ex} en
x7→ 1−x1 o .
Ne segue, con semplici calcoli, x≤ ex− 1 ≤ x
1− x per ogni x reale con x < 1 . Se x < 0, si deduce che
1
1− x ≤ ex− 1 x ≤ 1 , da cui
x→0lim−
ex− 1 x = 1
per il Teorema del confronto. Se 0 < x < 1, risulta invece 1≤ ex− 1 ≤ 1
1− x, da cui
x→0lim+
ex− 1 x = 1
sempre per il Teorema del confronto ed il carattere locale del concetto di limite.
(5.5) Teorema Risulta
x→0lim
log(1 + x) x = 1 . Dimostrazione. Per la Proposizione 5.2 si ha
− log(1 + x) = log 1
1 + x ≤ 1
1 + x − 1 = − x
1 + x per ogni x >−1 , da cui
x
1 + x ≤ log(1 + x) ≤ x per ogni x > −1 . Se−1 < x < 0, si deduce che
1≤ log(1 + x)
x ≤ 1
1 + x , da cui
x→0lim−
log(1 + x)
x = 1
per il Teorema del confronto. Se x > 0, risulta invece 1
1 + x ≤ log(1 + x) x ≤ 1 , da cui
x→0lim+
log(1 + x)
x = 1
sempre per il Teorema del confronto.
(5.6) Corollario Risulta
n→+∞lim
1 + 1
n
n
= e .