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DIARIO DELLE LEZIONI DEL CORSO DI ANALISI MATEMATICA II 2017-2018 CORSO DI LAUREA IN INGEGNERIA GESTIONALE

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(1)

ANALISI MATEMATICA II 2017-2018

CORSO DI LAUREA IN INGEGNERIA GESTIONALE

DANIELE ANDREUCCI

DIP. SCIENZE DI BASE E APPLICATE PER L’INGEGNERIA UNIVERSITÀ LA SAPIENZA

VIA A.SCARPA 16, 00161 ROMA, ITALY

Le dimostrazioni fanno parte del programma, salvo quando viene esplicitamente indicato il contrario con il simbolo (s.d.).

Riferimenti:

• BPS: M.Bramanti, C.D.Pagani, S.Salsa, Analisi Matematica II ;

• EDO: versione del 2017-09-18 degli Appunti su Equazioni Differenziali Ordi- narie presente sul sito del corso.

Gli esercizi indicati nella forma n/m (esercizio n del gruppo m) sono riferiti alla versione del 2017-09-18 degli Esercizi d’esame e di controllo reperibili sul sito del corso, mentre quelli indicati con AB sono riferiti al testo

D.Andreucci, A.M. Bersani, Risoluzioni di problemi d’esame di Analisi Matematica II

1

(2)

1. Mercoledì 27/09/2017 (Aula 13) Presentazione del corso.

Spazi vettoriali. Basi.

Vettori di RN; RN come spazio vettoriale, somma di vettori, moltiplicazione per uno scalare. Prodotto scalare tra vettori.

Vettori paralleli e ortogonali. Versori. Basi ortonormali; la base canonica.

Esercizio 1.1. Trovare una base ortonormale che contenga il versore (1, 1, 0)/√ 2.

 Ricerca della normale a un piano data l’equazione del piano.

Per casa 1.2. Normale nel piano a una retta. 

Funzioni vettoriali da un intervallo in RN. Esempi: la circonferenza e la retta.

Definizione 1.3. Si dice che

t→tlimOr(t) = L ∈ RN, se e solo se

t→tlim0|r(t) − L| = 0 .

 Teorema 1.4.

t→tlim0r(t) = L ∈ RN ⇐⇒ lim

t→t0ri(t) = Li, i = 1, . . . , N . Definizione di funzione vettoriale continua in un punto.

Corollario 1.5. La funzione vettoriale r è continua se e solo se tutte le sue componenti scalari lo sono.

Funzioni a valori vettoriali come parametrizzazioni di curve.

Esempio 1.6. Ellisse.

Elica circolare.

Spigolo {(0, −t) | −1 ≤ t ≤ 0} ∪ {(t, 0) | 0 < t ≤ 1}.  Per casa 1.7. 1) Scrivere in forma parametrica:

Perimetro del triangolo equilatero di lato (−L/2, L/2) su y = 0, con terzo vertice sul semiasse positivo delle y.

Ellisse ottenuta intersecando le superfici di R3: x2+ y2= R2 (cilindro) e x − z = 0 (piano).

2) Dimostrare che se r = (ri), allora

(3)

(Aula 13)

Definizione di arco di curva continua, di sostegno dell’arco di curva, di curve chiuse e semplici.

Definizione 2.1. Si definisce derivata di r : (a, b) → RN per ogni t ∈ (a, b) r0(t) = lim

h→0

r(t + h) − r(t)

h .

 La derivabilità di r equivale a quella delle sue componenti scalari; le componenti della derivata sono le derivate delle componenti. Classi di regolarità Ck((a, b)).

Definizione di arco di curva regolare. Definizione di versore tangente per archi regolari.

Riparametrizzazione di un arco di curva.

Esempio 2.2. Circonferenza

R(cos t, sin t) , t ∈ [−π, π] , e

R(cos t3, sin t3) , t ∈ [−3 π,3

π] . Spigolo nelle due parametrizzazioni (j = 1 e j = 2)

{(0, −tj) | −1 ≤ t ≤ 0} ∪ {(tj, 0) | 0 < t ≤ 1};

se j = 2 è una curva derivabile ma non regolare. 

Regole di derivazione per somma e prodotto con scalari e per il prodotto scalare e vettoriale tra vettori (con dimostrazioni).

Teorema 2.3. (s.d.) Se r : I → RN e f : J → I sono derivabili, allora d

dtr(f (t)) = r0(f (t))f0(t) , t ∈ J .

Caso della parametrizzazione cartesiana (il parametro è una coordinata cartesiana).

Per casa 2.4. Quali delle seguenti curve sono regolari, o possono essere riparametrizzate in modo da essere regolari?

r(t) = (R cos t, R sin t, t3) , − ∞ < t < ∞ ; r(t) = (t, t|t|) , − 1 < t < 1 ; r(t) = (t2, t|t|) , − 1 < t < 1 ; r(t) = (t, t23) , − 1 < t < 1 ; r(t) = (t2, t3) , − 1 < t < 1 ; r(t) = (t3, t6) , − 1 < t < 1 .

 Paragrafi di riferimento sul testo: BPS 2.3.

3

(4)

3. Venerdì 29/09/2017 (Aula 13) Funzioni di più variabili.

Intorni sferici di un punto, insiemi aperti e chiusi, frontiera di un insieme.

Definizione di limite di una funzione in un punto di accumulazione del dominio.

Esempio 3.1.

lim

(x,y)→(0,0)x2+ y2= 0 , lim

(x,y)→(0,0)

xy x2+ y2 6 ∃ .

 Definizione di funzione continua. Proprietà elementari dei limiti. Permanenza del segno. Polinomi, funzioni trigonometriche delle coordinate sono continue.

Esempio 3.2.

lim

(x,y)→(0,0)

|(x, y)|

1 + |(x, y)| = 0 .

 Compatti (ossia chiusi e limitati): in un compatto ogni successione ammette una sottosuccessione convergente.

Teorema 3.3. (Weierstrass) Se f : E → R è continua nel compatto E ⊂ RN ammette in E minimo e massimo.

Esercizio 3.4. Risoluzione degli esercizi assegnati per casa la volta precedente.  Paragrafi di riferimento sul testo: BPS: 3.2, 3.3.

(5)

(Aula 13) Insiemi connessi per archi.

Teorema 4.1. (degli zeri) Sia f ∈ C (E) con E connesso. Allora se esistono x, y ∈ E con f (x) > 0, f (y) < 0, esiste anche c ∈ E con f (c) = 0.

Uso del teorema degli zeri per individuare le regioni di positività e negatività di una funzione continua.

Esempio 4.2. Studio del segno di

f (x, y) = arctg(xy)(|x| − |y|) , (x, y) ∈ R2.

 Derivate parziali; gradiente. Esempi di calcolo delle derivate parziali.

La continuità non implica l’esistenza di derivate parziali, come mostra la funzione f (x, y, z) = x

z + |y| , (x, y, z) ∈ R3\ {z = 0} .

L’esistenza delle derivate parziali non implica la continuità, come mostra la funzione:

f (x, y) =

1 , xy = 0 , 0 , xy 6= 0 , nel punto (0, 0).

La superficie grafico z = f (x, y). Le curve coordinate (x, y0, f (x, y0)) , (x0, y, f (x0, y)) , e i loro vettori tengenti

 1, 0,∂ f

∂x

 , 

0, 1,∂ f

∂y

 . Il piano tangente di normale

∂ f

∂x,∂ f

∂y, −1 . In dimensione 1 la derivabilità implica:

f (t0+ h) = f (t0) + f0(t0)h + o(h) , h → 0 .

In dimensione N > 1 una relazione simile non segue dalla derivabilità, ma è la definizione di differenziabilità.

Definizione di funzione differenziabile e di differenziale.

Paragrafi di riferimento sul testo: BPS: 3.3.2, 3.4.1, 3.4.2, 3.4.3.

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(6)

5. Giovedì 05/10/2017 (Aula 13)

Derivabilità e approssimabilità con rette per funzioni r : I → RN. La migliore approssimazione lineare è unica.

Definizione di differenziabilità per funzioni f : A → R, A ⊂ RN aperto. Interpre- tazione in termini di migliore approssimazione lineare. Piano tangente di normale data dal differenziale.

Teorema 5.1. Il differenziale, ossia la migliore approssimazione lineare in un punto, è unico.

Teorema 5.2. Se f è differenziabile in x0 allora è continua in x0.

Teorema 5.3. Se f è differenziabile in x0 allora è derivabile in x0, e il gradiente coincide con il differenziale.

Esercizio 5.4. Determinare il piano tangente nel generico (x0, y0) di f (x, y) =p

R2− x2− y2, x2+ y2< R2.

 Per casa 5.5. Determinare il piano tangente nel generico (x0, y0) di

f (x, y) = arctgy x

, x > 0 ; g(x, y) = 3x + 5y , (x, y) ∈ R2; h(x, y) = cos(x2+ y2) , (x, y) ∈ R2.

Spiegare il significato geometrico di f . 

Paragrafi di riferimento sul testo: BPS: 3.4.3.

(7)

(Aula 13)

Teorema 6.1. (s.d.) (Criterio di differenziabilità) Se f ∈ C1(A), A ⊂ RN aperto, allora è differenziabile in A.

Esempio 6.2. Studio della differenziabilità di

f (x, y, z) = x + y12 + z13, in A = {y > 0}.

 Definizione di derivata direzionale Dvf (x0).

Teorema 6.3. (Formula del gradiente) Se f è differenziabile in x0 allora Dvf (x0) = ∇ f (x0) · v .

Definizione di direzioni di massima e di minima crescita e loro ricerca.

Teorema 6.4. Se f è differenziabile in x0 e ∇ f (x0) 6= 0, la direzione di massima crescita in x0 è data da ∇ f (x0), quella di minima crescita da − ∇ f (x0). Se

∇ f (x0) = 0 tutte le derivate direzionali in x0 si annullano.

Definizione di curve e di superfici di livello.

Esempio 6.5. Ricerca delle superfici di livello di

f (x, y, z) = x2+ y2, (x.y.z) ∈ R3.

 Esempio 6.6. Ricerca delle direzioni di massima e minima crescita di

f (x, y) = x2+ y2, in ogni (x, y) ∈ R2, e di

f (x, y) = ex+ x cos y ,

in (1, 2). 

Teorema 6.7. (Derivazione di funzione composta) Se r ∈ C1(I), f ∈ C1(A), r(I) ⊂ A, allora

d

dtf (r(t)) = ∇ f (r(t)) · r0(t) . Curve e superficie di livello sono perpendicolari al gradiente.

Esempio 6.8. Ricerca delle curve/superfici di livello e delle direzioni di minima/massima crescita di

f (x, y) = x + y2, (x, y) ∈ R2, f (x, y) = cos(exp(xy)) , (x, y) ∈ R2.

 Per casa 6.9. Ricerca delle curve/superfici di livello e delle direzioni di minima/massima crescita di

f (x, y, z) = z2+ x2, (x, y, z) ∈ R3; f (x, y, z) = z − arctg(x + y) , (x, y, z) ∈ R3; f (x, y) = y

x, x 6= 0 ; f (x, y, z) = x2− y2− z2, (x, y, z) ∈ R3; f (x, y) = sin[(x − 1)2+ (y + 2)2] , (x, y) ∈ R2.

 Paragrafi di riferimento sul testo: BPS: 3.4.3, 3.4.4, 3.4.5.

7

(8)

7. Giovedì 12/10/2017 (Aula 13)

Teorema 7.1. Se f ∈ C1(A), A ⊂ RN e h ∈ C1(RN), allora

∂xih(f (x)) = h0(f (x))∂ f

∂xi(x) , x ∈ A .

Teorema 7.2. (s.d.) (Dini) (N = 2) Sia f ∈ C1(A), A ⊂ R2 aperto. Se in (x0, y0) ∈ A vale

∂ f

∂y(x0, y0) 6= 0 , posto c = f (x0, y0), allora esiste un r > 0 tale che

{f (x, y) = c} ∩ Br(x0, y0) = {(x, y) | y = g(x)} , con g ∈ C1(U ), U intorno di x0, con g e U opportuni.

Corollario 7.3. Con la notazione del teorema precedente, per δ > 0 opportuno, g0(x) = −

∂ f

∂x(x, g(x))

∂ f

∂y(x, g(x)), |x − x0| < δ .

Dato che il teorema del Dini e il suo corollario valgono scambiando i ruoli di x e y, segue che se ∇ f (x, y) 6= 0 in un punto (x, y), la curva di livello che passa per (x, y) ha una parametrizzazione regolare cartesiana in una delle due coordinate.

Esercizio 7.4. 1) Studiare, usando il teorema del Dini, le curve di livello di f (x, y) = x2− y2, (x, y) ∈ R2.

2) Studiare le curve di livello di

f (x, y) = y − G(x) , (x, y) ∈ R2. 3) Studiare la curva di livello di

f (x, y) = x − cos(xy) , (x, y) ∈ R2, e dimostrare che tutte sono regolari.

4) Studiare le superficie di livello di

f (x, y, z) = z − arctg(x + y) .

Si vede che sono tutte traslate del grafico z = arctg(x + y), che a sua volta si costruisce traslando il grafico dell’arctg lungo la retta x = y.  Per casa 7.5. Esplicitare le curve di livello dell’esercizio 3).  Paragrafi di riferimento sul testo: BPS: 3.4.5, 3.8.1.

(9)

(Aula 13)

Teorema 8.1. (del gradiente nullo) Se f ∈ C1(A) con A aperto connesso e

∇ f è ovunque nullo in A, allora f è costante in A.

Teorema 8.2. (della media) Se f ∈ C1(A), x1, x2 ∈ A, e tutto il segmento di estremi x1 e x2 è contenuto in A, allora esistex sul segmento tale che

f (x2) − f (x1) = ∇ f (x) · (x2− x1) . Corollario 8.3. Nelle ipotesi del teorema della media vale

|f (x2) − f (x1)| ≤ sup

A

|∇ f ||x2− x1| .

Teorema 8.4. (s.d.) (Dini) (N = 3) Sia f ∈ C1(A), A ⊂ R3 aperto. Se in (x0, y0, z0) ∈ A vale

∂ f

∂z(x0, y0, z0) 6= 0 , allora, posto c = f (x0, y0, z0), e

Bδ = (x0− δ, x0+ δ) × (y0− δ, y0+ δ) × (z0− δ, z0+ δ) , esiste un δ > 0 tale che fz6= 0 in Bδ, e

{(x, y, z) ∈ Bδ | f (x, y, z) = c} = {(x, y, z) ∈ Bδ | z = g(x, y)} , per una opportuna g ∈ C1(Uδ), ove Uδ = (x0− δ, x0+ δ) × (y0− δ, y0+ δ).

Corollario 8.5. Con la notazione del teorema precedente, per δ > 0 opportuno,

∂ g

∂x(x, y) = −

∂ f

∂x(x, y, g(x, y))

∂ f

∂z(x, y, g(x, y)), ∂ g

∂y(x, y) = −

∂ f

∂y(x, y, g(x, y))

∂ f

∂z(x, y, g(x, y)), |x−x0| < δ , |y−y0| < δ . Esercizio 8.6. 1) Regolarità delle superfici di livello di

f (x, y, z) = zex+ ezy , (x, y, z) ∈ R3.

Piano tangente alla superficie per (0, 0, 0). 2) Regolarità delle superfici di livello di f (x, y, z) = xey2+z+ y ln z + cos x , z > 0 .

Piano tangente alla superficie per (π, 0, 1). 

Per casa 8.7. Regolarità delle superfici di livello di

f (x, y, z) = y3+ xz2, g(x, y, z) = x(eyz− 1) + cos(xyz) .

Per g, determinare in particolare la regolarità delle superfici per (0, 0, 1) e per

(0, 1, 1). 

Derivate parziali seconde come derivate prime delle derivate prime. Teorema di Schwarz (s.d.).

Definizione di matrice hessiana Hf. Derivata seconda di funzione composta:

d2

dt2f (x + tv) = Hf(x + tv)v · v .

Paragrafi di riferimento sul testo: BPS: 3.4.5, 3.5.1, 3.5.2, 6.1.4 (Lemma 6.1).

9

(10)

9. Mercoledì 18/10/2017 (Aula 13)

Formula di Taylor. Derivate prima e seconda lungo rette.

Puni di estremo locale o globale. Punti critici. Punti sella.

Esempio 9.1. Casi di

f (x, y) = arctg(|x| + |y|) , f (x, y) = (x2+ y2)(1 − x2− y2) .

 Forme quadratiche definite, semidefinite, indefinite.

Condizioni necessarie per avere un estremo locale in un aperto: gradiente nullo e hessiana semidefinita o definita.

Dunque un punto critico con hessiana indefinita è di sella.

Se l’insieme non è aperto non vale il teorema di Fermat: esempio di f (x, y) = x in x ≥ 0.

Caso N = 2: criteri per la definitezza dell’hessiana.

Criterio degli autovalori (valido anche per N > 2).

Esempio 9.2. 1) x2+y2: lo studio del’hessiana per ora non permette di concludere;

2) x2− y2: l’hessiana mostra che (0, 0) è un punto sella;

3) x4+ y4e x4− y4hanno punti di natura diversa nell’origine, ma entrambe hanno

ivi la stessa hessiana (nulla). 

Esercizio 9.3. 1/050. 

Per casa 9.4. 2, 7, 8, 10, 12/050.

Studio dei punti critici di

f (x, y) = cos x + sin y , (x, y) ∈ R2.

 Paragrafi di riferimento sul testo: 3.5.2, 3.6.1, 3.6.2, 3.6.3.

(11)

(Aula 13) Forme quadratiche: per ogni x 6= 0

q(x) = |x|2q x

|x|

 .

Dunque la forma ristretta a rette per l’origine è una parabola (di apertura e segno in genere variabile secondo la direzione).

Esempio 10.1. Caso della forma diagonale

q(x1, x2, x3) = a11x21+ a22x22+ a33x23≥ min

i (aii)|x|2.

 Lemma 10.2. Se q è una forma quadratica definita positiva, esiste c > 0 tale che q(x) ≥ c|x|2 per ogni x.

Se q è una forma quadratica definita negativa, esiste c < 0 tale che q(x) ≤ c|x|2 per ogni x.

Teorema 10.3. Sia f ∈ C2(A), con A ⊂ RN aperto. Sia x0∈ A un punto critico.

Allora:

1) Se Hf(x0) è definita positiva, x0 è un punto di minimo locale isolato.

2) Se Hf(x0) è definita negativa, x0 è un punto di massimo locale isolato.

Esercizio 10.4. 2/050. 

Paragrafi di riferimento sul testo: BPS: 3.6.3, 3.6.4, 3.6.5.

11. Venerdì 20/10/2017 (Aula 13)

Sintesi dei criteri per la classificazione di un punto critico: sia f ∈ C2(A), A ⊂ RN aperto, x0∈ A, ∇ f (x0= 0. Allora:

Se Hf(x0) è definita positiva, x0è un punto di minimo (isolato).

Se Hf(x0) è definita negativa, x0 è un punto di massimo (isolato).

Se Hf(x0) è indefinita, x0 è un punto di sella.

Se Hf(x0) è semidefinita positiva e non nulla, x0 è o un punto di minimo o un punto di sella.

Se Hf(x0) è semidefinita negativa e non nulla, x0 è o un punto di massimo o un punto di sella.

Esercizio 11.1. 3, 4, 20/050. 

Se una f ∈ C2(A) ha una curva regolare r tutta di punti critici, per x sulla curva la matrice Hf(x) non è definita: infatti f deve essere costante sulla curva, cosicché

0 = d2

dt2f (r(t)) = Hf(r(t))r0(t) · r0(t) .

Per casa 11.2. Esercizi del gruppo 050. 

Paragrafi di riferimento sul testo: 3.6.5.

11

(12)

12. Mercoledì 25/10/2017 (Aula 13)

Test degli autovalori per la definitezza, semidefinitezza, indefinitezza di una forma quadratica. (s.d.)

Test dei minori principali (minori di nord-ovest) per la definitezza, semidefinitezza, indefinitezza di una forma quadratica. (s.d.)

Esercizio 12.1. Trovare i punti di estremo per le funzioni:

f (x, y) =

n

X

i=1

(x − xi)2+ (y − yi)2, (x, y) ∈ R2; f (x, y) = sin(|xy|) , (x, y) ∈ R2; f (x, y) = x2− xy + y2− 2x + y , (x, y) ∈ R2;

f (x, y) = x2+ y2, (x, y) ∈ [−1, 1] × [−1, 1] .

Uso delle linee di livello per individuare i massimi e i minimi locali; studio della funzione all’infinito per stabilire l’esistenza di estremi assoluti anche su R2.  Definizione di estremi locali in insiemi anche non aperti.

Esercizio 12.2. Regolarità delle superfici di livello di

f (x, y, z) = (x2− y2)z , (x, y, z) ∈ R3.

 Per casa 12.3. Ricerca degli estremi per

f (x, y) = x2 4 +y2

9 , in E = {x2+ y2≤ 1};

f (x, y) = (cos x)(cos y)[cos(x + y)] , (x, y) ∈h

π 2

2 i×h

π 2

2 i

;

f (x, y) =

n

X

i

pi[(x − xi)2+ (y − yi)2] , (x, y) ∈ R2.

Metodo dei minimi quadrati: minimizzare in (α, β) la funzione f (α, β) =

n

X

i=1

(yi− αxi− β)2, (α, β) ∈ R2.

Sopra pi> 0 e xi, yi∈ R sono assegnati. 

Paragrafi di riferimento sul testo: BPS: 3.6.3, 3.6.4, 3.6.5.

(13)

(Aula 13) Studio di funzioni in domini non aperti.

Esempio 13.1. Studio di

f (x, y) = (cos x)(cos y) , f (x, y) = (cos x)(cos y)[cos(x + y)] ,

per x, y ∈ [−π/2, π/2]. 

Parametrizzazione della frontiera.

Esempio 13.2. Studio di

f (x, y) = x2− y2+ x , in E = {x2+ y2≤ 1}.

 Metodo dei moltiplicatori di Lagrange per funzioni di due variabili ristrette a una curva regolare.

Teorema 13.3. Siano f , g ∈ C1(R2). Sia ∇ g 6= 0 su γ = {g = 0}. Allora negli (eventuali) punti di estremo (x0, y0) di f ristretta a γ vale ∇ f (x0, y0) = λ ∇ g(x0, y0) per un opportuno λ ∈ R.

Esempio 13.4. Studio con i moltiplicatori di Lagrange di f (x, y) = x2− y2+ x , in E = {x2+ y2≤ 1}.

 In genere i moltiplicatori di Lagrange non trovano i punti di massimo o minimo negli estremi della curva.

Esempio 13.5.

f (x, y) = x , su y = sin x, 0 ≤ x ≤ π.



Esercizio 13.6. 9/030. 

Per casa 13.7. 7, 9/020. 7, 8/030. 

Paragrafi di riferimento sul testo: BPS: 4.6.1.

13

(14)

14. Giovedì 02/11/2017 (Aula 13) Vincoli in R3come superfici di livello; punti regolari.

Teorema 14.1. (Moltiplicatori di Lagrange N = 3) Siano f , g ∈ C1(A), A ⊂ R3 aperto. Se (x0, y0, z0) è regolare per il vincolo g = c ed è anche di estremo locale per f vincolata a g = c, allora esiste λ ∈ R tale che

∇ f (x0, y0, z0) = λ ∇ g(x0, y0, z0) . Esercizio 14.2. Studio dei problemi di estremo vincolato

f (x, y, z) = x2+ y2+ z2, g(x, y, z) = ax + by + cz − d = 0 , e (qui aij= aji)

f (x1, x2, x3) =

3

X

i,j=1

aijxixj, g(x1, x2.x3) = x21+ x22+ x23− 1 = 0 .

 Per casa 14.3. Risolvere i problemi di estremo vincolato (qui aij = aji):

f (x1, x2, x3) = x21+ x22+ x23, g(x1, x2.x3) =

3

X

i,j=1

aijxixj− 1 = 0 , e

f (x, y, z) = xyz , g(x, y, z) = xy + xz + yz − A = 0 , x , y , z ≥ 0 .

 Equazioni differenziali ordinarie (e.d.o.). Definizione di soluzione.

Esempio 14.4. La funzione y(t) = t2 risolve y0 = 2√

y per t > 0 ma non per

t < 0. 

Grafici e orbite di soluzioni.

Esempio 14.5. Grafici e orbite di y0(t) =0 −1

1 0



y(t) , y(t) =cos t sin t

 , e di

y0= y , y(t) = et; y0= − sin t , y(t) = cos t .

 Formula risolutiva dell’equazione lineare del primo ordine non omogenea: metodo del fattore integrante.

(15)

(Aula 13) Teorema 15.1. Sia w una soluzione particolare di

y0(t) = A(t)y(t) + b(t) .

Allora ogni altra soluzione si scrive come y = η + w per una opportuna soluzione η di η0(t) = A(t)η(t).

Per casa 15.2. Ritrovare la struttura data dal Teorema precedente nella formula risolutiva delle equazioni lineari del primo ordine.  Tutte le equazioni differenziali di ordine m > 1 si possono ridurre a equazioni del primo ordine, aumentando il numero di variabili. Se l’equazione in origine è lineare, anche questa trasformata resta lineare.

Esempio 15.3. Caso di

y000+ a(t)y00+ b(t)y0+ c(t)y = d(t) .

 Definizione di integrale di una funzione vettoriale. Linearità; linearità per il prodotto scalare con una costante.

Teorema fondamentale del calcolo per funzioni vettoriali.

Teorema 15.4. Sia r ∈ C ([a, b]), r : [a, b] → RN, a < b. Allora

b

Z

a

r(t) dt

b

Z

a

|r(t)| dt .

Corollario 15.5. Sia r ∈ C1([a, b]), r : [a, b] → RN con | ˙r| ≤ C. Allora

|r(b) − r(a)| ≤ C(b − a) .

Teorema 15.6. (Disuguaglianza di Gronwall) Sia y ∈ C1([α1, α2]).

Se vale

|y0| ≤ λ(|y| + σ) , in [α1, α2], con λ ≥ 0, σ ≥ 0 costanti, allora

|y(t)| + σ ≤ eλ|t−a|(|y(a)| + σ) , per ogni α1≤ a, t ≤ α2. (15.1)

Esercizio 15.7. AB: 4.15; 3/250. 

Per casa 15.8. AB: 4.33, 2, 4/250. 

Paragrafi di riferimento sul testo: EDO: 1.2, 1.3; BPS: 1.2.3, 1.3.3, 2.3.4.

15

(16)

16. Giovedì 09/11/2017 (Aula 13)

Definizione di problema di Cauchy; istante iniziale, dato iniziale, punto iniziale.

Soluzione massimale.

Definizione di funzione lipschitziana. Interpretazione geometrica. Definizione di funzione localmente lipschitziana rispetto alle ultime N variabili.

Criteri di lipschitzianità.

Ipotesi standard su F : Ω → RN, Ω ⊂ RN +1aperto: F continua su Ω e localmente lipschitziana in Ω rispetto alle ultime N variabili.

Teorema 16.1. Siano u e v due soluzioni di y0 = F (t, y), definite entrambe (almeno) su un intervallo J , a1, a2∈ J , e con grafico contenuto in un compatto C di Ω, si ha

|u(t) − v(t)| ≤ eL|t−a1||u(a1) − v(a1)| ,

|u(t) − v(t)| ≤ eL|t−a1| |u(a1) − v(a2)| + M |a1− a2| , ∀t ∈ J . Qui L è la costante di Lipschitz e M è il massimo di |F | su C.

Corollario 16.2. (Unicità) Siano u e v due soluzioni locali dello stesso problema di Cauchy. Allora u ≡ v nell’intervallo intersezione dei domini di definizione di u e v.

Esercizio 16.3. 11/260; AB: 4.10. 

Per casa 16.4. AB: 4.12, 4.21. 

Paragrafi di riferimento sul testo: EDO: 1.4; BPS: 1.3.2, 8.1, 8.2.

17. Venerdì 10/11/2017 (Aula 13)

Esercizio 17.1. 2/250 (anche con dato di Cauchy y(0) = 2);

y0= y 1 + y, y0 = ey2, y(0) = 0 .

 Lemma 17.2. Sia y ∈ C1((c, +∞)). Se

x→+∞lim y(x) = L ∈ R , e

(17)

(Aula 13)

Teorema di esistenza e unicità di soluzioni del problema di Cauchy per e.d.o. del I ordine (s.d.).

Problemi di Cauchy per F : Ω → RN, con Ω ⊂ RN +1 aperto.

Definizione di soluzione massimale del problema di Cauchy.

Teorema 18.1. (s.d.) Esiste unica soluzione massimale del problema di Cauchy.

Lemma 18.2. Se z è soluzione dell’e.d.o., definita in (t0, t1], t1< ∞, allora esiste una soluzione ˜z definita in (t1− δ, t1+ δ) per un δ > 0 opportuno tale che z ≡ ˜z in (t1− δ, t1].

Teorema 18.3. L’intervallo di definizione di una soluzione massimale è aperto.

Equazioni riconducibili alle variabili separabili:

y0= fy x



, y0 = f (αx + βy) . Equazioni di Bernoulli (riconducibili a quelle lineari del I ordine).

Esercizio 18.4. AB 4.47; 18/260. 

Per casa 18.5. 6/250, 6, 10, 12/260. AB: 4.25, 4.48. 

Paragrafi di riferimento sul testo: EDO: 1.4, 1.5; BPS: 1.1, 1.2, 8.1.

19. Giovedì 16/11/2017 (Aula 13)

Teorema 19.1. (s.d.) Una soluzione massimale definita in (σ, Σ) esce definitivamente da qualunque compatto contenuto in Ω per t → Σ−.

Corollario 19.2. 1) Se Ω limitato e se Σ < +∞, per t → Σ− vale dist (t, y(t)), ∂Ω → 0 .

2) Se Ω = (r, s) × RN e se Σ < s allora |y(t)| diviene illimitato per t → Σ−.

Teorema 19.3. Se |F (t, y)| ≤ γ(|y|), con

+∞

Z

1

ds

γ(s) = +∞ ,

allora tutte le soluzioni massimali di y0 = F (t, y) sono limitate sugli intervalli limitati, anche aperti.

Caso particolare della γ lineare:

γ(s) = As + B , A, B ≥ 0.

Esercizio 19.4. 1/430; 12, 16/480. 

Per casa 19.5. 6, 7/480. 

Paragrafi di riferimento sul testo: EDO: 1.5: BPS: 8.1.1, 8.2.

17

(18)

20. Venerdì 17/11/2017 (Aula 13)

Definizione di dipendenza continua delle soluzioni del problema di Cauchy dal punto iniziale.

Esempio 20.1. Perfino nel semplice problema x0= x , x(0) = 0 ,

la dipendenza continua vale solo nei compatti. 

Teorema 20.2. (s.d.) Se F ∈ C (Ω) è localmente lipschitziana nella y, le soluzioni massimali del problema di Cauchy dipendono con continuità dal punto iniziale.

Esercizio 20.3. 1/420. 

Sistemi lineari omogenei y0 = A(t)y. Le soluzioni sono definite sull’intervallo su cui la matrice A è continua.

Proposizione 20.4. Le soluzioni costituiscono uno spazio vettoriale S.

Concetto di lineare indipendenza per soluzioni.

Proposizione 20.5. Le funzioni y1, . . . , yp∈ S sono linearmente indipendenti in S se se solo se i valori y1(t0), . . . , yp(t0) lo sono come vettori di RN; qui t0 è un istante fissato ad arbitrio (nell’intervallo di continuità dei coefficienti del sistema).

Esercizio 20.6. 5, 6/480. 4/500. 

Per casa 20.7. 3/420; 4/430; 13/480; AB: 4.37, 4.43; AmarBersani 2.18.  Paragrafi di riferimento sul testo: EDO: 1.6, 2.1. BPS: 8.1.1, 8.2, 8.3 .

(19)

(Aula 13) Sistemi lineari:

Teorema 21.1. Le N soluzioni corrispondenti agli N problemi di Cauchy con dati iniziali assegnati come una base di RN sono una base di S.

Corollario 21.2. dim S = N .

Integrale generale come combinazione lineare di N soluzioni lineaarmente indipen- denti. Le colonne di un prodotto righe per colonne A1= A2A3sono combinaziioni lineari delle colonne di A2.

Definizione di matrice risolvente. Integrale generale nella forma matriciale (prodotto di una matrice risolvente per un arbitrario vettore colonna di costanti).

Definizione di matrice di transizione (o risolvente canonica).

Lemma 21.3. Se Y(t) è una matrice risolvente, allora Y(t)Y(t0)−1è di transizione in t0.

Teorema 21.4. Se Φ(t, t0) è una matrice di transizione in t0, allora Φ(t, t0)u0

risolve il problema di Cauchy con dato u0.

Ogni altra matrice con la stessa proprietà coincide con Φ(t, t0); in particolare la matrice di transizione è unica.

Esercizio 21.5. Trovare la matrice di transizione in t0= 0 del sistema x01= x2,

x02= −x1− 2x2,

anche risolvendo i due problemi di Cauchy con dati (1, 0) e (0, 1).  Soluzioni di equazioni del secondo ordine si possono intersecare solo con derivate prime diverse.

Metodi di sostituzione y0= p(y) e y = z(y0) per equazioni y00= f (y, y0) ,

e di sostituzione y0(t) = u(t) per equazioni y00= f (t, y0) .

Esercizio 21.6. 1/360 con la sostituzione y = z(y0) e con quella y0= p(y).

19/260. 

Per casa 21.7. 2/350; 2/360; AB: 4.20, 4.27. 

Paragrafi di riferimento sul testo: EDO: 2.1, 2.2.

19

(20)

22. Giovedì 23/11/2017 (Aula 13)

Sistemi lineari a coefficienti costanti y0= Ay, A matrice costante.

Se v è un autovettore di A con autovalore λ allora y(t) = eλtv è una soluzione.

Se A ha una base di autovettori vidi autovalore λi allora l’integrale generale è y(t) = c1eλ1tv1+ · · · + c2eλNtvN.

Definizione di matrice esponenziale etA: etA =

+∞

X

i=0

(tA)i i ! . Teorema 22.1. (s.d.) 1) e0A= id.

2) et id= etid.

3)

d

dtetA = AetA= etAA .

Teorema 22.2. etA è la matrice di transizione di y0= Ay in t0= 0.

Esercizio 22.3. 9/550. 

Per casa 22.4. 8/550. 

Paragrafi di riferimento sul testo: EDO: 2.3; BPS: 8.4.2.

Esercizio 22.5. 6/550, 1/610, 7/620, 1/480, 11/020. 

23. Venerdì 24/11/2017 (Aula 13)

Ricerca dell’integrale generale di sistemi di equazioni differenziali lineari omogenei a coefficienti costanti.

Definizione di autovettore generalizzato di ordine m > 1.

Metodo di ricerca di un integrale generale del sistema del primo ordine lineare a coefficienti costanti mediante una base di autovettori e autovettori generalizzati.

Casi degli autovalori reali e complessi.

Struttura delle soluzioni linearmente indipendenti trovate come combinazioni di esponenziali polinomi e funzioni trigonometriche.

Applicazione alle equazioni differenziali lineari omogenee a coefficienti costanti.

(21)

(Aula 13) Definizione di sistema autonomo.

Teorema 24.1. Le soluzioni di un sistema autonomo sono traslabili nel tempo: se y(t) è soluzione anche y(t + t0) lo è.

Teorema 24.2. Se un’orbita si autointerseca la soluzione corrispondente è periodica.

Definizione di equilibrio stabile, asintoticamente stabile, instabile per sistemi autonomi.

Lemma 24.3. Se una soluzione massimale y(t) definita in (σ, Σ) soddisfa

t→Σ−lim y(t) = y0, con y0 di equilibrio, allora Σ = +∞.

Caso del punto di equilibrio 0 ∈ RN per il sistema lineare a coefficienti costanti y0= Ay .

Dall’integrale generale ottenuto con il metodo degli autovalori e autovettori generalizzati si ha:

Teorema 24.4. (s.d.)

• Se Re λ < 0 per ogni autovalore, 0 è asintoticamente stabile.

• Se Re λ > 0 per almeno un autovalore, 0 è instabile.

• Se Re λ ≤ 0 per ogni autovalore, e non occorre introdurre gli autovettori generalizzati per gli autovalori con Re λ = 0, allora 0 è stabile.

Esercizio 24.5. Trovare l’integrale generale di x01= x2, x02= 0 ,

con il metodo degli autovettori, e con quello della riduzione a un’equazione scalare.

Studiare la stabilità di 0. 

Esercizio 24.6. 17/550. 

Per casa 24.7. 14/550. 

Paragrafi di riferimento sul testo: EDO: 3.1, 3.2, 3.3. BPS: 8.1.3, 8.4.

21

(22)

25. Giovedì 30/11/2017 (Aula 13)

Campi vettoriali. Definizione di lavoro di un campo lungo una curva, di circuitazio- ne lungo una curva chiusa, di campo conservativo. Per ipotesi il dominio in questa parte della teoria è connesso.

Cambiamento di segno del lavoro per inversione del verso di percorrenza della curva.

Teorema 25.1. Se F è un campo conservativo di potenziale U in Ω, allora Z

γ

F · dr = U (B) − U (A) ,

se γ ⊂ Ω va da A a B.

Corollario 25.2. Se F è un campo conservativo di potenziale U in Ω, allora la circuitazione di F lungo una qualunque curva chiusa γ ⊂ Ω vale 0.

Teorema 25.3. (s.d.) Per un campo vettoriale F ∈ C1(Ω) sono equivalenti:

(1) La circuitazione di F è nulla su qualunque curva chiusa γ ⊂ Ω.

(2) Se γ1, γ2sono curve contenute in Ω con gli stessi punti iniziale e finale, allora Z

γ1

F · dγ1= Z

γ2

F · dγ2.

(3) F è conservativo in Ω.

Esempio 25.4. 1) F = (x, y) è conservativo in R2con U (x, y) = (x2+ y2)/2.

2) F = (y, 0) non è conservativo in R2. 

Definizione di campo chiuso.

Teorema 25.5. Se F = (F1, F2) è conservativo in Ω ⊂ R2 allora

∂ F1

∂y =∂ F2

∂x , in Ω.

Esempio 25.6. Controllo della condizione necessaria con i due campi (x, y) e

(y, 0). 

Esempio 25.7. Il campo definito in Ω = R2\ {(0, 0)}

− y

x2+ y2, x x2+ y2



soddisfa la condizione necessaria, ma ha circuitazione diversa da zero sulla

circonferenza (R cos t, R sin t), 0 ≤ t ≤ 2π. 

Esercizio 25.8. 6/620. 

Per casa 25.9. 10/020; 6, 7/650. 

Equazioni del tipo di Eulero:

(n) a1 (n−1) an

(23)

(Aula 14)

Il campo F = (F1(x, y), F2(x, y)) e la forma differenziale relativa ω = F1dx + F2dy .

Forme chiuse ed esatte.

Teorema 26.1. Se per F ∈ C1([a, b] × [c, d]) vale la condizione di chiusura

∂ F1

∂y = ∂ F2

∂x , in [a, b] × [c, d], F ammette potenziale dato da

U (x, y) =

x

Z

a

F1(s, c) ds +

y

Z

c

F2(x, t) dt , (x, y) ∈ [a, b] × [c, d] .

La forma chiusa ma non esatta

ω =−y dx + x dy x2+ y2 ,

ammette come primitiva nei rettangoli contenuti in R2\ {(0, 0)} l’anomalia polare.

Per casa 26.2. Esprimere l’anomalia polare attraverso la funzione arcotangente,

su tutto R2\ {(0, 0)}, e trovarne il gradiente. 

Condizione di chiusura per campi F = (F1, F2, F3) in R3:

∂ F1

∂y = ∂ F2

∂x , ∂ F1

∂z =∂ F3

∂x , ∂ F2

∂z =∂ F3

∂y . Definizione di semplicemente connesso in R2.

Teorema 26.3. (s.d.) Una forma chiusa in un semplicemente connesso di R2 è ivi esatta.

Teorema 26.4. Due potenziali dello stesso campo vettoriale sono uguali a parte una costante additiva.

Teorema 26.5. (Schwarz) Sia u ∈ C2(Ω). Allora

∂x

∂ u

∂y =

∂y

∂ u

∂x, in Ω.

Esercizio 26.6. 25/780; 3/350; 4/430. 

Per casa 26.7. AB: 2.41, 2.43, 2.49. 

Paragrafi di riferimento sul testo: BPS: 3.5, 6.1.5.

23

(24)

27. Mercoledì 06/12/2017 (Aula 13)

Serie numeriche, definizione di serie convergenti, divergenti, irregolari. Le serie a termini positivi sono o divergenti o convergenti.

Teorema 27.1. (Criterio del confronto) Se 0 ≤ bn≤ an, n ≥ 1, allora (1) Se P

nbn diverge ancheP

nan diverge.

(2) Se P

nan converge anche P

nbn converge.

Teorema 27.2. (Condizione necessaria di convergenza) SeP

nan converge allora an → 0 per n → +∞.

Esempi di serie di riferimento: comportamento di

+∞

X

n=0

qn,

+∞

X

n=1

1 nα, per tutti i possibili valori di q > 0, α ∈ R.

Teorema 27.3. (s.d.) (Criterio del confronto con l’integrale) Sia f ∈ C ([1, +∞)), f ≥ 0, f non crescente. Allora

+∞

X

n=1

f (n) < +∞

+∞

Z

1

f (x) dx < +∞ .

Esempi di applicazione dei criteri; la serieP

nsin(1/n) diverge ma soddisfa il criterio necessario, la serieP

nsin(1/n2) converge. .

Teorema 27.4. (s.d.) (Criterio di Leibniz per serie a segno alterno) Se an decresce a 0, allora la serie

+∞

X

n=1

(−1)nan

converge.

Convergenza assoluta e semplice. La convergenza assoluta implica quella semplice (s.d.).

Esercizio 27.5. AB: 2.43; 4.36, 4.40. 

(25)

(Aula 13)

Teorema 28.1. (Criterio del rapporto) Se ak > 0 per ogni k ≥ k0, allora (1) se

ak+1

ak

≤ r < 1 , k ≥ k0, allora la serie converge;

(2) se

ak+1

ak ≥ 1 , k ≥ k0, allora la serie diverge.

Corollario 28.2. (s.d.) Sia ak > 0 per ogni k ≥ k0. Esista il limite lim

k→+∞

ak+1 ak

= L .

Se L < 1 la serie converge. Se L > 1 la serie diverge. Se L = 1 non è possibile trarne conclusioni.

Teorema 28.3. (s.d.) (Criterio della radice) Se ak ≥ 0 per ogni k ≥ k0, allora

(1) se

k

ak≤ r < 1 , k ≥ k0, allora la serie converge;

(2) se

k

ak ≥ 1 , k ≥ k0, allora la serie diverge.

Corollario 28.4. (s.d.) Sia ak ≥ 0 per ogni k ≥ k0. Esista il limite lim

k→+∞

k

ak = L .

Se L < 1 la serie converge. Se L > 1 la serie diverge. Se L = 1 non è possibile trarne conclusioni.

Definizione di serie di potenze di centro x0

+∞

X

k=0

ak(x − x0)k, e di insieme di convergenza.

Lemma 28.5. Se in ¯x la serie di potenze converge e |x − x0| < |¯x − x0| allora la serie di potenze converge assolutamente in x.

Definizione di raggio di convergenza

r := sup{|x − x0| | la serie converge in x} .

L’insieme di convergenza coincide con l’intervallo (x0 − r, x0 + r) a parte eventualmente gli estremi.

Nei due punti x = x0± r tutti i comportamenti della serie sono in teoria possibili.

Esempio 28.6. Esempi:

+∞

X

k=0

xk k ,

+∞

X

k=0

xk k! ,

+∞

X

k=0

k!xk,

+∞

X

k=0

(sin x)k.

 Paragrafi di riferimento sul testo: BPS: 9.3.

25

(26)

29. Mercoledì 13/12/2017 (Aula 13) Sia data la serie con raggio di convergenza r > 0

f (x) =

X

k=0

ak(x − x0)k.

Teorema 29.1. (s.d.) (Proprietà delle serie di Potenze) 1) Allora f è continua in (x0− r, x0+ r).

2) La serie si può integrare termine a termine, ossia vale per ogni x ∈ (x0−r, x0+r)

x

Z

x0

X

k=0

ak(t − x0)k

! dt =

X

k=0

ak

x

Z

x0

(t − x0)kdt =

X

k=0

ak

k + 1(x − x0)k+1. 3) La serie si può derivare termine a termine, ossia vale per ogni x ∈ (x0−r, x0+r)

f0(x) = d dx

X

k=0

ak(x − x0)k

!

=

X

k=0

ak

d

dx (x − x0)k =

X

k=1

k ak(x − x0)k−1. Corollario 29.2. Si ha f ∈ C((x0− r, x0+ r)) e per ogni n ∈ N

f(n)(x) =

+∞

X

k=n

k(k − 1) . . . (k − n + 1)akxk−n, x ∈ (x0− r, x0+ r) . Definizione di serie di Taylor e di funzione analitica.

Teorema 29.3. Una serie di potenze coincide con lo sviluppo di Taylor della sua somma f , se r > 0, ossia

ak =f(k)(x0)

k! , k ≥ 0 . Esistono funzioni f ∈ C(x0− R, x0+ R) non analitiche.

Esempio 29.4. La funzione:

f (x) =

(ex21 x 6= 0 , 0 x = 0 ,

è in C(R) ma non è analitica in un intorno di 0. 

Esempio 29.5. Serie di Maclaurin dell’esponenziale, di seno e di coseno. Serie di arctg x, come conseguenza della serie geometrica e dell’integrazione per serie.  Teorema 29.6. (Raggio di convergenza per le serie di potenze) Con le ovvie convenzioni se r = 0, r = +∞, vale

1 r = lim

k→∞

ak+1 ak

, 1

r = lim

k→∞

p|ak k| ,

(27)

(Aula 13)

Formula di Taylor con resto di Lagrange per funzione di più variabili (al secondo ordine).

Deduzione della formula di Taylor con resto di Peano da quella con resto di Lagrange.

Teorema 30.1. Sia f ∈ C2(A), A aperto, r ∈ C2(I), r(I) ⊂ A. Allora se g(t) = f (r(t)),

g0(t) = ∇ f (r(t)) · r0(t) ,

g00(t) = Hf(r(t))r0(t) · r0(t) + ∇ f (r(t)) · r00(t) .

Esercizio 30.2. AmarBersani: 1.207, 1.208. 

Per casa 30.3. AmarBersani: 1.212. 

Paragrafi di riferimento sul testo: BPS: 3.4.5, 3.5.2.

31. Martedì 19/12/2017 (Aula 13)

Ricapitolazione sull’ottimizzazione di funzioni in domini.

Esercizio 31.1. 10, 12/020; 6/030.

Trovare massimi e minimi di

f (x, y) =

y

Z

x

e−t2dt , vincolata a

γ = {(x, y) | x2+ y2= 1} .

 32. Mercoledì 20/12/2017

(Aula 13) Ricapitolazione sui limiti e limiti per successioni.

Ricapitolazione su piani tangenti a grafici e superfici di livello.

Esercizio 32.1. Studiare la regolarità delle superfici di livello di f (x, y, z) = x2− y2− z2,

trovare le direzioni di minima e di massima crescita in (0, 0, 0) e in (1, 1, 0), e il piano tangente alla superficie di livello in (1, 1, 0).

12/050;

AB: 4.12, 4.48. 

33. Giovedì 21/12/2017 (Aula 13) Esercizio 33.1. 15/480; 3/440; 1/090;

AB: 5.42, 2.52. 

FINE DEL CORSO

27

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