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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.34 (1907) n.1712, 24 febbraio

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G A Z Z E T T A S E T T I M A N A L E

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI

Anno XXXIV

Voi, XXXVIII

Firenze, 24 Febbraio 1907

N. 1712

S O M M A R I O : Provvedimenti finanziari — La colonia agricola di Surigheddu — Gilhebto Terni, Il credito agrario e le Marche — Le casse di risparmio in lid ia (Lucca) — R i v is ta b ib lio g rafica : Prof. Federico Flora, La politica delle tariffe ferroviarie - E. U. Vasio, Il futuro capitale del mondo - Prof. J. F . Johnson, Money and eurreney in relation to industry, prices, and thè rate of interest — R i v i s t a econom ica e fin an ziaria : Il Congresso dei probiviri - La statistica degli scioperi in Italia - La cooperazione tedesca - La produzione mondiale della seta nell’ultimo quinquennio — R a s s e g n a del com m ercio in te rn a zio n ale :

I commerci italiano, inglese, francese e della Germania — Lo sgravio del petrolio — Il movimento commerciale dei porti italiani nel 19X3 — Le cause della mortalità in Italia — La convenzione commerciale italo-egiziana — Le abitazioni dei centri urbani — Camere di commercio — Mercato monetario e Rivista delle Borse —

Società commerciali e industriali — Notizie commerciali.

Provvedimenti finanziari

Tutto ad un tratto, si è risvegliata la atti­ vità del Governo ed in questi giorni furono pre sentati alla Camera alcuni provvedimenti finan­ ziari di grande importanza, sui quali è utile fare qualche osservazione.

Intorno al primo di questi provvedimenti abbiamo già detto qualche cosa e più ci riser­ viamo di dire in seguito, non appena si sappia quale atteggiamento prenderà la Commissione che sta esaminando il progetto di legge sui tri­ buti locali; a-quanto si sa ora, sebbene non man­ chino prgve di disposizioni direttte a mandare in lungo ie cose, sembra però che prevalga il senso delia responsabilità che quelle egregie per­ sone si assumerebbero di fronte al paese, se an­ che questa volta fosse rimandata senza conclu­ sione la questione del riordinamento dei tributi locali. Ammettiamo benissimo che si possa non condividere tutte le idee che sono contenute nel progetto presentato dal Ministero; anzi concor­ diamo nel credere che la materia sia cosi com­ plessa ed intricata da ammettere profonde diver­ genze circa i proposti provvedimenti ; ma in pari tempo dobbiamo pure riconoscere non essere più tempo di discussioni intorno ai principi fonda- mentali di una riforma. Il Parlamento ha avuto tutto il tempo che voleva per studiare un pro­ getto migliore, i partiti hanno avuto tutto l’agio possibile per approfondire le questioni di mas­ sima e presentare concrete proposte diverse da quelle che ora stanno davanti il Parlamento ed è a credersi che, se in tanto avvicendarsi di Go­ verni e di uomini non si è riusciti a concretare qualche cosa di meglio delle proposte che ora sono in discussione, ciò dipende dalla difficoltà in­ trinseca della materia in relazione alla pi epura­ zione degli uomini ai quali è demandato di trattarla. Certo è che davanti al paese un nuovo ritardo non avrebbe giustificazione e sarebbe giudicato

coinè prova di cattiva volontà piuttosto che di ! desiderio del meglio. E ’ pertanto da sperarsi ohe la Commissione sentirà la convenienza di adot­ tare per divisa quella di non perder troppo tempo, sia che voglia mantenere le basi del disegno presentato, sia che intenda di riformarlo radical­ mente.

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114 L ’ ECONOM ISTA

24 febbraio 1907

sperarsi che la Commissione dei diciotto sapra risolvere anche questa questione colla prudenza che essa domanda e saprà anche frenare gli ap­ petiti che si presentano soverchi.

Più recentemente il Governo ha presentato il progetto per diminuzione del dazio sul petro­

lio da” 48 a 24 lire. . .

Finalmente qualche cosa si comincia a tare e di fronte alla apatia ed alla sonnolenza gene­ rale è veramente da tener conto di questo prin­ cipio di alleggerimento delle gravezze che pe­ sano sul contribuente. L a misura proposta e sem­ plicissima, come i lettori vedranno dal testo del provetto di legge che pubblichiamo più innanzi; e applaudiamo ad essa non tanto per la impor­ tanza dello sgravio in sè che ne risulta, quanto dalla certezza che i risultati che se ne avranno potranno incoraggiare a più ardite diminuzioni di tributi, allorché si avrà la prova evidente che l’ erario non perde, ma guadagna ed i contri­ buenti possono colla stessa spesa accrescere i loro consumi. Alcuni ritengono che la diminu­ zione di 24 lire del dazio sul petrolio non sia sufficiente per produrre un aumento di consumo che sia in relazione alla perdita che_ subirà il bilancio. Noi non lo crediamo ; le condizioni della moltitudine italiana non sono tali che una tale diminuzione nel prezzo del petrolio non abbia ad essere sentita nei bilanci ristretti delle pic­ cole economie domestiche, per cui è molto pro­ babile che, in un periodo relativamente breve, lo Stato potrà riprendere tutto o gran parte di quello che oggi perde. In ogni modo questa prima diminuzione di oneri che viene concessa ai contribuenti non deve far credere al Governo che esso abbia con ciò esaurito il suo compito, esso deve studiare con ogni cura _ tutte quelle altre possibili riforme del nostro sistema tribu­ tario, che da ogni parte si presenta sempre meno rispondente ai bisogni della moderna società.

LA COLONIA AGRICOLA DI S1IR1GHEDD0

Con poche applicazioni finora, è sorta in Italia e si fa strada una tendenza piuttosto viva a suggerire e ad insistere, ora in modo generico ed ora con proposte alquanto particolareggiate, perchè lo Stato con speciali provvedimenti sti­ moli o faciliti l’ emigrazione intera, cioè il trasfe­ rimento di individui e di intere famiglie da re­ gioni popolate dove è continua o frequente la disoccupazione ed altre regioni dove alla terra da coltivare mancano le braccia.

I pareri per altro non sono unanimi. Non pochi giudicano più che discutibile il concetto che lo Stato si impegni a spendere una parte del denaro di tutti, coll’ intento di ottenere, per esem

pio, che un numero più o meno grande di colti­ vatori dell’ alta Italia vada nel mezzogiorno ad arare la terra, sulle quali i coltivatori che pur vi erano nati e cresciuti non trovarono modo di vi­ vere. Sostengono perciò che il da farsi consiste nell’ eliminare o attenuare le cause che determi­ nano l’ impressionante fenomeno dell’ emigrazione,

e in pari tempo nell’attuare riforme tributane ofovevoli egualmente a tutte le parti del paese.

Comunque uno la pensi su cotesta questione, nella quale oggi non intendiamo addentrarci, e certo che, se l’ iniziativa privata spiegasse sempre

in atto quella vigorìa assidua e quella operosità

ingegnosa che pur possiede in potenza, la que­ stione stessa rimarrebbe, più che spostata, del tutto eliminata, come molte altre congeneri, per­ chè già avviata alla su a ’ soluzione migliore. Non staremo qui a ricercare le cause storiche e ì di­ fetti di educazione generale,_ da cui deriva^ che, presentemente fra noi, l’ iniziativa privata e lon­ tana dal dare di sè, tutte quelle prove che po­ trebbe e dovrebbe. E assai meglio spronarla, col rilevare le belle eccezioni di cui qualche volta dà confortante spettacolo, col procurar loro no­ torietà, col proporle non come oggetto d una am­ mirazione meritata ma sterile, ma come utile esempio da imitare.

Degli esempi additiamone per oggi uno solo : quello della Cooperativa Agricola Italiana, il cui nome ufficiale, un po’ lunghetto, sì completa colle parole di coltivazione, rifertilizzazione e co­

lonizzazione interna. , Il nome dice già qualche cosa, ma e bene trascrivere l’ art. 2° dello Statuto sociale che enumera i fini dell’ istituzione. « Scopo principale della Società è di intraprendere coltivazioni m terreni specialmente incolti, promuovendone la colonizzazione, e di riattivare o aumentare la fèi- tilità nelle terre già messe a coltura e rese esauste o scarsamente produttive, per accrescere ed esten­ dere la ricchezza e il benessere pubblico, favo­ rendo l’accumulazione del risparmio e la graduale costituzione fra i soci di grandi proprietà sociali, dei cui frutti anche i lavoratori saranno com­

partecipi ». , ,

La Cooperativa venne fondata nel, l o J l eia un gruppo di persone volonterose, capitanate da Leon Augusto Perussia, direttore della Gazzetta

Aqricola di Milano. Nacque con un piccolo capi­

tale di L. 24 mila sottoscritto da soli 31 soci. Oo-d-ì i soci sono oltre 1200 e il capitale ascende quasi a L . 790 mila. Meditino su questo progresso tutti coloro che hanno lodevoli ma fuggevgli vel­ leità e non sanno trasformarle in saldi e concordi propositi, stante l’erronea opinione che per fare qualcosa di buono occorra trovar subito numere- voli aderenti e aver subito pronti grandi mezzi. Cominciare non è tutto, ma è già molto. Sicuro, bisogna poi anche seguitare.

"La Società ha sede in Milano, ma esplica la propria attività in due colonie agricole, situate una in Sardegna, l’altra nella bassa Lombardia. Cominciò col prendere in affitto nel 1892 la te­ nuta di Surigheddu, dell’estensione di 455 ettari, a 7 chilometri da Alghero e 27 da Sassari. Nove anni dopo acquistò a Medole in provincia di Mantova 260 ettari di terre comunali per colti­ varle. Su quest’ ultima impresa non possedendo noi per ora dati di sorta, col desiderio che la So­ cietà voglia favorircene alcuni, diremo soltanto

dell’ altra. .

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com-24 febbraio 1907 L ’ E CO N OM ISTA 115

passione vole di incuria e di abbandono, ebbero a soffrir molto della terribile siccità de! 1893, e il lavoro e le prime spese dettero luogo a una perdita di oltre L. 6000; ma nessuno si scoraggi. A poco a poco negli anni segnanti, dissodando, sarchiando, concimando, esercitando opportune rotazioni, l’ aridità fece posto alla fertilità e alla raccolta di svariati prodotti. E nel 1897 la te­ nuta, pi'esa dapprima soltanto in affitto, fu acqui­ stata in proprietà assoluta.

« Ciò che forma la gloria della Cooperativa Agricola Italiana - dice la Cooperativa stessa in una sua breve pubblicazione popolare illustrata - si è di avere con mezzi propri, senza alcun

aiuto del Governo, fondato nel deserto una bor­

gata autonoma, popolandola d ’ un centinaio di abi­ tanti, i quali su quelle terre ed in quelle case traggono sussistenza e vita: esempio per la im­ miserita isola di Sardegna sommamente giovevole, | qualora la virtù della emulazione vi crescesse gagliarda come la fierezza del carattere. »

Ma l’opera della Cooperativa Agricola Ita- j taliana non viene vantata soltanto da chi la d i­ rige, bensì da tutti coloro che hanno potuto ve- j derla da vicino e che sono competenti a giudicarla, j Il prof. Giuseppe Ousmano, in un pregevole libro j sulla Sardegna ne parla piuttosto a lungo e con elogi motivati. (1) Dalle sue pagine togliamo alquante notizie.

Finché i terreni erano incolti, non fa mara­ viglia che vi crescessero quasi soltanto cardi e j ortiche. Ma erano anche per la più parte asciutti e sassosi, qua e là boscati, in molti punti cosparsi di macigni, altrove di stagni e pozzanghere. Quello di trasformazione fu un lavoro faticoso e multi­ forme : diboscare, distruggere ammassi di macigni con le mine, dissodare, livellare, colmare, prosciu­ gare, imbrigliare i pochi corsi d ’acqua, e in pari tempo costruire abitazioni per gli uomini e per gli animali. Oggi un grande edifizio centrale al­

berga la popolazione stabile, e comprende la d i­ rezione, una condotta medica, un laboratorio di tessitura d’orbace, una scuola elementare per gli analfabeti, dove si tengono anche conferenze agrarie, magazzini per le derrate e per gli at­ trezzi, il caseificio, dormitori pei lavoratori, pa­ stori, cavallanti, ecc. A poca distanza sorgono stalle, tettoie per carri, un mulino, un macello, un forno colonico, concimaie coperte, vasti ovili, porcili, pagliai, fienili, scuderie per cavalli e pu­ ledri. Inoltre la tenuta è ora attraversata da buone strade, di cui una mena alla fermata fer­ roviaria.

L ’ agricoltura è intensiva nei poderi a rota­ zione, che sono dati a mezzadria, ed estensiva su maggese nei pascoli. La coltivazione dà luogo a molte specie di prodotti: cereali, legumi, ortaggi, foraggi. Coll’ agricoltura si innesta la pastorizia. Il bestiame conta 100 capi di buoi e vacche, 500 pecore, 15 cavalli, una ventina di inaiali di razza sarda incrociata con razza inglese, 100 gallinacei. La vigna pare destinata al solo consumo locale ; in compenso si innestano numerosi olivi selvatici e si attende a preparare un gelseto di 500 piante per poter allevare il baco da seta. L ’ industria 1

del caseificio e assai rimunerativa: da L. 1800 che dette nel primo anno, è salita a un reddito costante di L. 6000-8000. Questa industria è te­ nuta a economia, come anche quella degli alleva­ menti, ma si è cercato di facilitare in tutti i modi le coltivazioni a mezzadria. Sarebbe qui troppo lungo indicare tutti i particolari dei patti colonici. Noteremo invece che da uno specchietto dei pro­ dotti ricavati da ogni mezzadria di tre persone, con l’ aggiunta dei guadagni per alcuni lavori straordinari, emerge che il provento annuo (in cifra tonda) d’ una famiglia colonica viene ad es­ sere quello non disprezzabile di L. 1500.

In quanto ai risultati finanziari pei soci della Cooperativa, il reddito netto della tenuta di Su- righeddu nel 1905 superò le 17 mila lire, il che corrisponde a un interesse del 5 0[0 sul capitale in essa impiegato, compresi tutti i miglioramenti.

« La Cooperativa Agricola Italiana, scrive il già citato prof. Cusmano, con sincero intendi­ mento dovrebbe innalzare l’ insegna P ro Sardegna e agitarla in ogni suolo della nostra patria, poiché l’opera spiegata nella teuuta di Surigheddu ren­ derebbe la sua voce, più di ogni altra, autorevole. Di fatti quell’ Istituzione, valendosi delle braccia di numerose famiglie rurali sarde, che seppe riu­ nire mediante patti liberali, ha dato per la prima un pratico esempio di quanto possa fare nell’ Isola, con vero profitto, una bene intesa arte agraria. »

E la Cooperativa non sarebbe sorda a siffatte operazioni. Che abbia in massima la m ira d i esten­ dere la propria azione, lo prova il fatto che, es­ sendo a capitale illimitato, essa cerca di ingros­ sarlo col tenere aperta la sottoscrizione a socio e col facilitare il modo dei pagamenti ; ed anzi nelle sue pubblicazioni chiede di venire incorag­ giata non solo coi voti, ma anche coi mezzi. E ’ evidente però che da sola non può soddisfare a tutte le necessità dell’ agricoltura nazionale, anche perchè non intende di partirsi dal buon sistema di accoppiare al coraggio la prudenza. Nella sua Relazione sul 14° Esercizio sociale, il Consiglio d’ Amministrazione annunziava d’ avere avviate trattative per prendere in affitto nuovi terreni ! a pascolo, ma di dover andare adagio nell’ acqui- ] stare terreni in proprietà, perchè il risveglio dei ! capitali che si è in questi ultimi tempi accen- ! tuato a favore dell’ agricoltura anche in Sardegna, ha aumentato fuor di misura le pretese dei pro- | prietari e li ha fatti restii ad alienare le loro terre.

Dalla stessa Relazione trascriviamo queste nobili parole:

« Il successo maggiore sarà per noi 1’ aver dato pei primi, con tenui forze cooperative, un esempio che ora viene seguito da associazioni di forti capitali, sempre più numerose; meglio se noi, pionieri, pur mirando ad un equo compenso alle somme impiegate, sapremo non iscompagnare mai dal modesto fine utilitario il raggiungimento del nobile intento di progresso civile, economico ed umanitario, che ci ha riuniti e, più di qual­ siasi altro stimolo,- ci sospinge innanzi. »

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Il credito agrario e le Marche

Per dar vita al credito agrario nel Mezzo­ giorno, il Governo, coi poteri concessigli dall’ ul­ tima legge, ha stabilito tre Casse Provinciali di credito agrario, con capitali prelevati dagli in­ troiti della fondiaria; per la Basilicata aveva provveduto in antecedenza con un capitale iniziale formato da avanzi di due esercizi di bilancio, oltre l’ obbligo di corrispondere la differenza, non maggiore però del 2 ®/0 fra gli interessi dati dai monti frumentari ed il saggio normale alla Cassa, Provinciale di credito agrario. Dunque per la Basilicata soltanto il Governo è intervenuto nella costituzione del capitale, in mo(|o diretto, e nel garantire pure in certa misura g l’ interessi al­ l’ Istituto centrale di credito agrario; si tratta, come vedesi, di misura eccezionalissima che non ha creduto estendere se non alla sola Basilicata, mentre a tutto il meridionale che volevasi risol­ levare da forte crisi economica, non ha inteso aiutare che mettendogli a profitto forze proprie. Può ora lo Stato farsi garante per le Marche del funzionamento di un Istituto di credito, as­ sicurando agli azionisti un introito non inferiore ad un certo tasso? Tale garanzia non ha voluto assumere neppure per la Basilicata, perchè ha voluto che la corrisposta non superasse il 2 % . Cosicché compirebbe un atto assolutamente nuovo, non creduto opportuno neanche per altre regioni ben altrimenti afflitte da scarsezza di credito. Ma si può obiettare che se non ha garantito g l’ interessi all’ Istituto centrale di credito, oltre una data misura, ha provveduto per la Basili­ cata al suo capitale, che è altrettanto dubbio esso possa ricuperare. Le Marche però non ver­ sano nelle stesse condizioni della Basilicata e delle altre parti del Mezzogiorno ; inoltre lo Stato si è obbligato sino ad una certa somma anche pel capitale, e questo da prelevarsi sugli avanzi di bilancio, e per non più di due anni. Tali sono le limitazioni che lo hanno messo al sicuro, lad­ dove garantendo, come si vorrebbe, un certo tasso agli azionisti, s’ ignorerebbe sino a qual limite salirebbe l’ onere, anche pel tempo durante il quale verrebbe sostenuto. Inoltre se è compito dello Stato quello d’ integrare l’ iniziativa privata pel credito agrario di miglioramenti, che riguarda le opere di bonifica, di acque e dissodamenti, non è stato, sinora almeno, suo attributo quello di aiutare i privati nelle spese di esercizio che riguardano la vita normale di un’ azienda. E mettendosi lo Stato per questo cammino, mal si comprenderebbe come dovesse qui essere di sus­ sidio all’ agricoltura, e non altrove all’ industria istituendo il. credito industriale. Il credito per miglioramenti è opera iniziale, diretta a porre delle zone dallo stato incolto ed infruttifero a redditizie coll’ opera ulteriore del privato, perchè questi non troverebbe molte volte in un Istituto risorse bastevoli per compiere lavori di trasfor­ mazione di terre, alle quali necessita credito a lunga scadenza, e lentamente ammortizzabile. Questa la ragione per la quale abbiamo nume­ rosi esempi all’ estero di governi che stabilirono Casse per opere di bonifica, e non ne abbiamo,

per quanto ci risulta, di Governi che abbiano pensato a sussidiare il credito agrario di esercizio.

In un interessante articolo pubblicato nel N. 24 di quest’ anno della Tribuna il Sig. V in ­ cenzo Rocchi tratta appunto della questione del credito agrario nelle Marche e fa risalire anzi­ tutto la sua effettiva deficenza ai locali Istituti di credito, primi fra essi le varie Casse di ri­ sparmio. Queste non farebbero mutui se non ad un tasso troppo gravoso per l’ agricoltura che si risolve in upa negazione di sussidi, e ciò mas­ sime per corrispondere un tasso troppo alto ai depositanti, spesso non inferiore al 4 l/t °/o. Noi abituati a considerare i fatti economici non come il resultato della volontà singola dei vari soggetti, traverso i quali i fatti stessi si svolgono, bensì come conseguenza di condizioni generali del mer­ cato, alle quali gli Enti come gli uomini debbono sottostare, nou sappiamo capacitarsi a stabilire una colpa nella determinazione più o meno gra­ vosa dell’ interesse dei depositi. Saremmo per­ tanto inclinati a ritenere che se i molteplici piccoli Istituti delle Marche corrispondono ai correntisti un tasso del 4 o del 4 */2 0 0, a ciò sieno indotti dal fatto che ribassandolo non tro­ verebbero più somme bastevoli a compiere le loro operazioni. E perche queste sono piuttosto molte ad aiutare più che gli agricoltori altre persone che ricercano il credito, nou sappiamo rivolgere loro rimprovero, in quanto nessuna legge impone che abbiano ad esercitare il credito agrario, ma il credito in generale; e per ottenere appunto il 5 0 5 °/„ necessari a che consegniscano un margine di guadagno, non è da meravigliarsi se non annoverano ira i loro clienti il piccolo agricoltore. Il caso citato poi dallo scrittore della

Tribuna, di Casse di Risparmio le quali si tro­

varono in eccedenza di capitale in rapporto ai rinvest.imenti, e che restrinsero in conseguenza il saggio dei depositi, è avvenuto solo in pochi Istituti, e ciò mostra il gioco automatico con cui si svolge il credito, di guisa che, quanto più copiose divengono le sorgenti, tanto più facile è incanalarne i vivi benefici sino agli umili, e ciò indipendentemente dalla volontà buona 0 cattiva di chi è preposto alla distribuzione.

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24 febbraio 1907 L ’ E CO N O M ISTA 117

l’ emigrazione) potrebbe corrispondere ai fini del credito agrario nelle Marche. Esso dovrebbe trovare le proprie risorse nel denaro che per legge speciale fosse autorizzato a mutuare dagli Istituti di emissione, analogamente a quanto dispone l’ art. 7 della L egge sul Mezzogiorno; inoltre, ripetiamo, avrebbe il concorso non lieve dei depositanti che si appagherebbero di un tasso minore in vista della sicurezza data da un Istituto forte, d’ importanza quasi nazionale, ed amministrato da persone d’ indiscussa competenza in materia. Le Casse postali di risparmio danno appena il 2,76 o/0 ai depositanti ; eppure alla fine dell’ ottobre u. s. raccoglievano la non disprezza­ bile cifra di un miliardo e centosettanta milioni ; Istituti non governativi, ma largamente cono­ sciuti ed apprezzati, non danno di più, e trovano quanto basta per le loro operazioni; è dunque questione di fiducia che si inspira, e perchè questa nasca è necessario che sieno serie e studiate le basi dell’ Istituto, grande la zona in cui esso svolga la sua attività, note le persone poste a dirigerlo. Condizioni queste non solite a verifi carsi per Casse di risparmio, Banche cooperative, ecc., di piccoli centri.

Non vediamo pertanto la necessità di un Istituto di Stato come lo vagheggerebbe lo stu­ dioso articolista della Tribuna, sebbene egli voglia chiamarlo autonomo, giacché lo Stato v ’ entre­ rebbe per qualche cosa se mandasse a dirigerlo impiegati suoi, e se garantisse una determinata percentuale agli azionisti. Non mancano fortuna­ tamente in Italia Istituti finanziari locali che per la loro importanza hanno assunto una fama la quale esce persino dai patri confini, come sarebbero ad esempio il Monte dei Paschi di Siena e 1’ Opera Pia di S. Paolo a' Torino. Perchè dunque non potrà sorgere nelle Marche un Isti­ tuto altrettanto utile e solido? E ’ così sconfortante l’ opera dello Stato come attività industriale, e dovrebbe bastarci l’ esempio dell’ esercizio ferro­ viario il quale si svolge nel modo che tutti sappiamo, da sembrar davvero strano come alcuno ancora desideri estenderne l’ applicazione alle svariate branche dell’ economia del paese. Possono bramarla i ricercatori d’ impieghi, in quanto è noto che le imprese statizzate e municipalizzate accrescono smisuratamente il loro personale, non certo i contribuenti. Si cerchi adunque di far approvare dal Parlamento norme e facilitazioni speciali per l’ Istituto da erigersi, e mercè l’ ini­ ziativa privata che non potrà mancare nelle Marche in questo periodo di risveglio economico, vedremo sorgere una Banca cui non faranno difetto i fondi, e capace di esercitare quel ere dito morale tanto necessario per una regione, ove l’ agricoltura è sempre l’ unica risorsa. Conclu­ dendo, se da un lato privati cittadini o rappre sentanti l’ Istituti locali si accordassero per la formazione di una Banca regionale pel credito agrario nelle Marche, e come i procuratori di una qualunque Società anonima si adoperassero per raccogliere sottoscrittori ; se parallelamente la deputazione marchigiana si interessasse perchè fosse approvata una Legge contenente facoltà pel nuovo Istituto analoghe a quelle dell’ art. 7 dei provvedimenti pel Mezzogiorno, il proplema potrà dirsi . risolto. Notiamo che una piccola

parte soltanto destinata dall’Amministrazione del Banco di Napoli al Credito agrario è stata ri­ chiesta a questo scopo. Non potrebbe per legge essere autorizzato il medesimo Banco di emissione a comprendere sino ad una determinata somma fra i suoi contraenti l ’ Istituto marchigiano, seb­ bene non operante nelle provincia meridionali ? Sarà ad ogni moqo oggetto di ponderato esame quello di ricercare i rapporti che debbano cor­ rere con uno dei maggiori Istituti italiani ; per ora basta aver accennato alia direttiva da tenersi, e noi crediamo che in quest’ opera d’ integrazione di forze, il Governo non mancherebbe di prestare il suo appoggio non finanziario ma tutorio, acco­ gliendo una proposta di legge che contenesse le facilitazioni ricordate.

Così il nuovo Ente troverebbe spianata la strada, e non si penserebbe nelle Marche poco progredite — è vero, — ma sempre restie nel- l’ addossare ogni cosa al Governo, ad istituire una Banca di Stato. L ’ appoggio morale dello Stato in questa materia può essere necessario, ma come coronamento all’ iniziativa dei cittadini; la sola opera del primo la crederemmo ingiusta nel principio, inefficace negli effètti.

Gil b e r t o Te r n i.

CASSE DI RISPARMIO IN ITALIA

( L U C C A )

Eccoci ad una piccola città, ma la cui fama industriale e commerciale è ormai nota ovunque ; e poiché essa vanta nella sua Cassa di risparmio un Istituto di credito che non è solo fra i più antichi, ma anche dei più importanti come entità, così vale la pena che brevemente ci fermiamo a studiarne la struttura interna.

La Cassa di Lucca (così troviamo in certe

notizie storiche, da noi altre volte analizzate)

viene subito dopo le primissime del Regno. Essa fu fondata da una Società di cittadini privati, promossa dal Duca di Lucca, Carlo L u ­ dovico di Borbone, con motu proprio dell’ anno 1865 ed approvata con decreto sovrano del 1837, dopo che ne fu sottoscritto dai 117 soci fondatori il capitale o dotazione composto di 139 azioni, cia­ scuna di lire 90 lucchesi, e cioè in tutto 12,510 lire lucchesi, che si parificano a circa 9,341 lire italiane.

Il numero dei libretti e l’ ammontare dei depositi andò sempre crescendo ; vale la pena a questo proposito che riportiamo il quadro seguente:

al 31 die. dei lib r e ttiN u m ero

C redito dei deposit. 1840 1,937 105,128.75 1850 2,750 471,695.85 1800 6,644 2,270,671.84 1870 9,646 5,179,500.01 1880 17,960 12,131,248.35 1890 22.004. 25,293,450.72 1900 27,'589 32,769,153.71 1904 29,175 40,521,736.43

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prò-118 L ’ ECONOM ISTA 24 febbraio 1907

porzionatamente maggiore, specialmente dopo il 1880. Diamo un quadro riflettente anche il pa­ trimonio : al 31 dicembre Patrimonio 1840 1850 1800 1870 1880 1890 1900 1904 13,098.98 59,899.32 182,354.07 334,311,95 699,803.61 1,537,695.37 4,001,539,55 7,006,074.23

Il 1904 segnò dunque per la Cassa lucchese un fondo di oltre 7 milioni, cioè quasi il quinto dei depositi, compresivi un fondo pensioni di lire 364,209.11 e un fondo beneficenza di lire 95,000.

Veniamo ora alle operazioni compiute dalla Cassa.

Lo statuto del 1837 consentiva le seguenti operazioni : prestiti al Comune e ad altri enti, agli imprenditori di lavori pubblici, ai privati, agli impiegati, è cessioni di crediti pubblici. Lo statuto del 1886 permise inoltre, i mutui e conti correnti ipotecari, quelli a corpi morali, le sov­ venzioni contro pegno, i depositi a conto corrente presso Istituto di primo ordine, gli sconti di cre­ diti a pubblici imprenditori, l’ acquisto di titoli pubblici e di cartelle Fondiarie. Nel 1890 lo sta­ tuto subi modificazioni e queste concessero anche l’ acquisto di crediti per subingresso, di obbli­ gazioni comunali di Lucca, le anticipazioni su titoli e su libretti della Cassa.

Più tardi si autorizzò lo sconto di cambiali a due firme e a quattro mesi, non inferiori a L. 100, nè superiori a 500, a favore degli operai e dei piccoli commercianti, e le anticipazioni contro pegno di sete gregge o lavorate.

I successivi Statuti aggiunsero il permesso di altre operazioni alla Cassa di Lucca : e così le operazioni di riporto su obbligazioni provinciali di Lucca, le operazioni di credito agrario e fon­ diario, 1’ acquisto di azioni di Società per imprese di pubblica utilità nella Provincia di Lucca, gli sconti e risconti di cambiali con due firme senza alcun limite di somme ; le sovvenzioni speciali per l’incremento industriale ed agricolo.

Niuno potrà negare quindi che la Cassa di Lucca abbia raggiunto una sempre maggiore im­ portanza, e che le sue operazioni siano andate acquistando una estensione maggiore, sicché può dirsi che essa tenga posto tra le prime Casse di risparmio d’ Italia. Il maggiore impiego fu però sempre, da che fu permesso fino ad ora, quello in titoli, che alia fine del 1904 rappresentava oltre i tre quinti delle disponibilità.

Ecco un quadro contenente la quantità delle somme impiegate in titoli e mutui :

Anno Titoli ipotecariMutui chirografariMutui 1880 2,934,372 5,941,114 3,588,481 1890 13,221,478 6,181,192 5,160,829 1900 24,265,847 3,759,451 6,654,958 1904 35.307,877 4,225,372 5,253,993 La Cassa di Lucca, oltre ai piccoli prestiti cambiari a favore degli agricoltori, piccoli com­ mercianti ecc. che ne ricavarono straordinaria utilità, contribuì alla istituzione della Cattedra ambulante di agricoltura, fondata nel 1898 col

concorso della Provincia e della Camera di Com­ mercio, e concorse alla fondazione dell’ Istituto tecnico e al suo mantenimento.

Nè fu seconda ad altre. Casse di risparmio quella di Lucca (nei limiti della sua potenzialità finanziaria) nelle erogazioni a scopo di benefi­ cenza. Queste cominciano dal 1879 fino al 1880, poi dal 1884 ad ora, senza interruzione, in questa proporzione : sino all’anno 1880 dal 1881 al 1890 dal 1891 al 1900 dal 1901 al 1904 L. 3,200,— » 32,742,12 » 250,416,89 » 285.000,— Totale L. 571,859,01 E noteremo le somme erogate per ! Ospizio marino permanente e Colonia alpina (dal Ì888 in più volte lire 97,099) e quelle elargite agli Ospedali ed ospizi che dal 1889 ammontano a lire 97,289,71, compreso il concorso alla costru­ zione di un padiglione infermi per lire 10,000 e la totale costruzione di un altro per circa lire 57,000.

Meritano pure menzione le somme erogate per borse di studio per un totale di lire 39,000 dal 1891 e quelle spese pel completamento della fac­ ciata della Cattedrale di Lucca e altri lavori per 27,200 lire. E ’ notevole ancora un fondo che al 31 dicembre 1904 ammontava a lire 364,209,71, costituito dalla Cassa per i suoi impiegati e cioè per pensioni per essi, le loro vedove e figli.

La Cassa di Lucca è importante, come si è visto per la entità dei capitali da essa ammini­ strati, entità formata a poco a poco, per la parsimonia e economia dei cittadini che deponen­ dovi i loro risparmi trovano poi nella Cassa stessa l’aiuto alle loro oneste speculazioni, 1’ appoggio alle loro iniziative, in specie se di carattere agri­ colo e commerciale.

E la Cassa di Lucca è su una china ascen­ dente di cui non può misurarsi per ora la fine. Va data lode di ciò agli amministratori della Cassa che dal 1830 hanno saputo portarla al grado attuale di floridezza ; va data lode alla sobria previdenza che, come ben dicono le Notizie

storiche, distingue Findustre provincia lucchese,

pur nella Toscana dove l’ abito del risparmio è tradizione secolare.

R

ivista

B

iplioqrafica

Prof. F e d e ric o F lo ra . - La politica delle ta­

riffe ferroviarie. — Catania, N. Gianuotta, 1907 pag. 118.

(7)

24 febbraio 1007 L ’ ECO NOM ISTA 119

obbiettivi economici, sociali e politici di una po­ litica ferroviaria, anche in riguardo alle esigenze del lavoro; si sofferma quindi a spiegare e svol­ gere ciascuno di questi obbiettivi, per esaminarli poi nuovamente in corrispondenza alle forme di­ verse di esercizio delle strade ferrate.

L ’Autore si palesa favorevole all’esercizio di Stato, poiché soltanto con un esercizio diretto lo Stato può essere padrone di disporre delle tariffe a scopo economico, anziché a scopo industriale, come avviene coll’ esercizio privato; vuole però un’ amministrazione ferroviaria autonoma, perchè sia eliminato ogni spirito di fiscalità nell’ eser­ cizio della rete governativa e perchè sia sottratta alla influenza del bilancio generale e del Parla­ mento; « e idonea a provvedere con i prodotti suoi propri ai propri bisogni, senza mai ricorrere alla finanza che da essa nulla dovrebbe nè temere nè sperare. »

Noi ci proponiamo di riassumere largamente per i nostri lettori questo lavoro diligente ed ac­ curato dell’ egregio prof. Plora, ma qui non pos­ siamo a meno di rilevare questo punto della indipendenza finanziaria della Amministrazione ferroviaria la quale non dovrebbe, secondo l’A u­ tore, nè dare, nè chiedere al tesoro dello Stato. Ciò vorrebbe dunque dire che la politica delle ta­ riffe dovrebbe essere sempre subordinata alla entità dei prodotti. Una rete ferroviaria non po­ trebbe modificare le proprie tariffe, anche quando ciò gioverebbe all’ interesse generale e quindi in­ direttamente anche col bilancio, quando non po­ tesse ricavarne i mezzi dai suoi prodotti. Potrebbe bensì, se i prodotti fossero esuberanti ai bisogni, farne riserva per future esigenze, ma non potrebbe attingere i mezzi dal bilancio generale per provo­ carne un miglioramento che le permetterebbe poi di ritornare al bilancio generale ciò che le fosse stato anticipato.

Ci sembra che l’Autore sia andato troppo in là colla sua generalizzazione ed abbia voluto che si costituisse in tal modo una Amministrazione industriale-politica, mentre i due fini non sempre si conciliano.

Se non erriamo la questione, del resta molto complessa, ha ancora bisogno di studio, e per parte nostra, pure ammettendo che il sistema non sia senza difetti ed inconvenienti, preferiamo quello inglese ed americano, anche se sussidiato a fondo perduto dallo Stato.

Ma ripetiamo il lavoro del prof. Flora è tale da meritare di essere più largamente conosciuto, e lo compendieremo in alcuni articoli per i nostri lettori.

E. U. V a sio . - Il futuro capitale del mondo. — Vienna, tip. Morterra e C. — Trieste, 1907 pag. 171.

Tratto tratto sorgono qua e là degli scrit­ tori, che forniti di qualche cognizione enciclope­ dica, lanciano nel mondo un’ idea, colla quale credono che si potrebbe modificare la complessa struttura economica della società.

Il sig. Vasio è uno di questi ; egli crede che le classi sociali sieno dominate dal capitale- oro, e che sia questo metallo, che tiene schiavi più di nove decimi della popolazione a vantag- j gio dell’altro decimo. A l sistema del capitale-oro I

vuol sostituire quello della produzione e lavoro, nel quale sistema la moneta sarà sostituita da Buoni di produzione che basteranno a togliere tutti i mali economici e'm orali dalla società con­ temporanea lamentati.

Sventuratamente all’ Autore mancano le basi per discutere problemi di tanta importanza e le sue invenzioni non possono esser oggetto di al­ cun esame. Fino dalle prime pagine ci incon­ triamo in questo periodo che riportiamo senza commenti e testualmente : « Da più di 20 (sic) anni e precisamente dopo il famoso K rack alla borsa di Vienna del 1872 si cominciò a studiare e a comprendere che le teorie di Adamo Schmidt

(sic) avevano fatto il suo (sic) tempo, e che il

capitalismo con quei pochi succhi di monete d’oro (siò) mandava in rovina la produzione ed il lavoro, coi quali due mezzi vive ed esiste (sic) la grandissima maggioranza delle nazioni ».

Prof. J. F. Jo h n so n . - Money and currency in relation to industry, prices, and thè rate o f in­ terest. — Boston, Ginn et 0. 1905, p. 398.

Senza dare un vero e proprio trattato sulla moneta e sul credito, l’Autore esamina però in questo lavoro molte questioni che si riferiscono ai due temi, e spesso il suo esame è improntato ad una certa originalità di vedute, che rende il libro attraente, mentre i molti dati di fatto, svolti dall’Autore e l’ ordinata loro esposizione, resa più facile da alcuni diagrammi, dimostrano tutta la preparazione sua e la vasta dottrina sulla quale ha basati i suoi studi.

I capitoli nei quali 1’ Autore espone i suoi concetti sulle relazioni tra la moneta, il credito ed i prezzi, e tra la moneta, il credito ed il sag­ gio dell’ interesse, ci sono sembrati dal punto di vista scientifico molto acuti e degni di attenzione, anche se non accettabili in tutte le loro parti.

Così pure sono molto interessanti le osserva­ zioni dell’Autore sui noti Greenback, creati negli Stati Uniti quando si tentava la famosa riabili- taz:one dell’argento.

Meno svolti ci sembrarono i concetti del­ l’ Autore sulla questione del monometallismo e del bimetallismo ; forse perchè essa ha molto per­ duto della sua importanza in quest’ ultimo tempo. Va poi letto con attenzione l’ ultimo capitolo, nel quale l ’Autore si domanda : è l’oro una mi­ sura sicura ?

Nel complesso, sebbene non tutte le que­ stioni relative alla moneta ed al credito siano discusse con sufficiente ampiezza, il lavoro del Prof. Johnson ha una certa omogeneità e si legge con profitto.

(8)

120 L ’ E CO N OM ISTA 24 febbraio 1907

RIVISTA ECONOMICA E FINANZIARIA

Continuiamo il resoconto del Congresso dei probiviri, tenutosi a Milano, del quale già parlammo nel precedente numero:

Il Congresso discute il tema: Estensione del Provibirato al contratto teatrale, relatore Pavv. Foà. Prendono successivamente la parola sull’ ar­ gomento Polese, Grabinstei, Broglio, Noccioli, Pol­ lini, Gittardi, Carugati, Ungaro, Conforti, Pro­ verbio, e si vota all’ umanità l’ordine del giorno nel quale il Congresso dei Probiviri italiani fa voti che l’ Istituto probivirale sia esteso al con­ tratto di lavoro teatrale.

Si passa indi alla questione della riforma della legge attuale nel probivirato.

Sull’argomento discutono il relatore Premoli, Conti, Pollini, Valentini, Lattuada, Contini, Reina, Proverbio, Candiani, Cavalieri, Podestà. E si vota il seguente ordine del giorno :

« Il Congresso fa voti :

1. Che sia totalmente abolito qualunque li­ mite di competenza di valore onde le Giurie pos­ sono avere facoltà di giudicare di ogni contro­ versia derivante dal contratto di lavoro stipulato. 2. Che la competenza di materia sia estesa a giudicare di ogni controversia relativa al con­ tratto di lavoro, derivante da violazioni di patti e di leggi civili.

3. Che l’ Ufficio di Giuria possa essere adito per la risoluzione di tutte le controversie ri­ feribili all’esecuzione del contratto di lavoro.

4. Che la Giuria a richiesta e nell’ accordo delle parti possa essere adita a trattare di tutte le controversie precedenti concomitanti e susse­ guenti per la stipulazione e risoluzione del con­ tratto collettivo di lavoro, ammettendosi per le due parti i rispettivi firmatari del contratto stesso ».

Il presidente ha pure riferito su alcune ri­ forme da introdursi nella legge attuale sul pro­ bivirato.

Sul tema prendono la parola i congressisti Contini, Reina, Alfieri, Belotti, Carabelli, Pre­ moli, Candiani, Pollini, Conti, Proverbio, e si ap­ prova infine il seguente ordine del giorno :

« Il Congresso riconoscendo la necessità di riformare tutta la procedura dei giudizi pro- bivirali in relazione alla riforma organica del­ l’ Istituto, anche in rapporto ai principi della legge vigente, fa voto per la gratuità della pro­ cedura stessa, e scendendo anche per l’esecuzione della sentenza ai particolari, propone:

1. Che sia abolita la sezione per la con­ ciliazione e costituita una sezione unica col man­ dato di esprimere la conciliazione, ed ove questa non sia riuscita, di giudicare senz’ altro in merito. 2. Che al presidente supplente venga con­ cesso di presiedere anche l’ ufficio di conciliazione, come al presiden ce.

3. Che in ogni modo sia abolita la tassa sui verbali di conciliazioni e sia espressamente autorizzato 1’ ufficio di giuria a comprendere nelle spese da liquidarsi a carico della parte soccom­ bente anche la ^ e n tu a le spesa di trasferta delle parti.

4. Che sia modificato l’art. 10 della legge nel senso di stabilire che dovrà precedere l ’espe­ rimento di conciliazione avanti ai probiviri anche per le controversie che per patto fossero deferite alla competenza arbitrale ».

Si votano in seguito varie riforme dell’ ufficio di presidenza che riguardano anche il giudizio di appello.

Sulla questione della indennità ai probiviri si vota il seguente ordine del giorno:

« Il Congresso fa voti che sia fissata, con una speciale disposizione nella modificazione della legge, una indennità di presenza, per tutti i pro­ biviri e presidenti, la quale sarà a carico dello Stato e che le assenze ingiustificate siano mul­

tate ».

Dopo una seduta vivacissima e assai movi­ mentata, e dopo un brillante saluto dell’avv. Con­ tini, il Congresso si chiude.

— Ecco la statistica degli scioperi in Italia: Nel mese di Dicembre u. s. si verifi­ carono in Italia 55 scioperi con 9,395 scioperanti. I detti scioperi vanno così ripartiti: 4 nell’ agri­ coltura ; 2 nelle industrie estrattive; 10 nelle industrie metallurgiche e meccaniche ; 4 nella la­ vorazione delle pietre, argille e sabbie ; 9 nelle industrie edilizie ; l nella fabbricazione di pro­ dotti chimici ; 1 nella industria della carta ; 4 nelle industrie poligrafiche ; 6 nelle industrie tessili; 6 nelle industrie attinenti al vestiario; 1 nella lavorazione dei metalli preziosi ; 3 nelle industrie alimentari ; 2 nei trasporti ; 1 nella vendita al minuto, 1 nei servizi pubblici.

L e cause che determinarono gli scioperi, in 34 di essi furono domanda di aumento di sala­ rio; in 4 domanda di diminuzione di orario; in 4 resistenza a diminuzione di salario ; in uno re­ sistenza ad aumento d’orario; in 12 cause varie ed ignote.

Dei 55 scioperi, 6 ebbero esito interamente favorevole agli scioperanti ; 24 esito parzial mente favorevole; 15 esito sfavorevole; 5 ebbero esito sospensivo o ignoto: quattro scioperi non furono composti. Di uno sciopero non si conosce l’esito.

— Dal Bollettino degli agricoltori, in un articolo sulla attività della eooperazione te­ desca, rileva che uno dei rami nei quali si di­ stingue l’operosità dei cooperatori tedeschi con­ siste nell’allevamento e nella valorizzazione del bestiame.

Le cooperative per l’ allevamento del be­ stiame per la maggior parte figurano come So­ cietà libere non ancora sottomesse alla legge sulle cooperative. Esse funzionano entro un dato territorio, acquistando per conto dei soci buoni animali riproduttori, per ottenere un migliore matèriale di allevamento. Queste società si inter­ pongono anche come mediatrici nell’ interesse dei soci per la vendita di buoni animali da alleva­ mento e da lavoro.

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24 febbraio 1907 L ’ ECO N O M ISTA 121

Infine a completare la economia cooperativa j della industria agraria del bestiame sono stati costituiti i macelli cooperativi con lo scopo di vendere direttamente ai consumatori la carne macellata del bestiame posseduto dai soci.

Nel 18.99 poi, per iniziativa delle Camere j prussiane di agricoltura riunite, fu istituita a ! Berlino una Cooperativa centrale a responsabilità limitata per il mercato del bestiame; la quale è aggregata alla tederazione di revisione della Lega degli agricoltori ed alla Federazione imperiale di Darmstad.

A l 1 gennaio 1904 la Centrale di Berlino era composta di 2227 soc., fra le quali 172 coo­ perative. Nel 1903 gli utili realizzati dalla Cen­ trale di Berlino raggiunsero marchi 42.248.

Per avvicinare gli agricoltori ai consumatori, e specialmente ai macellai, la Centrale di Berlino ha istituito posti di vendita sulle piazze princi­ pali. In ogni circondario risiede un uomo di fi­ ducia che segnala alla Centrale le quantità di bestiame vendibili, negozia grosse partite e sta in continuo contatto coi proprietari di bestiame.

— Riproduciamo le cifre relative alla pro­ duzione mondiale della seta nell’ ultimo quinquennio : 1900 chilogrammi 18,472,000 1901 >» 19,229,000 1902 » 18.764,000 1903 ». 18,135,000 1904 » 20,500,000 1905 »» 18,830,000 La media 1904-1905 essendo di kg. 19,020,000, la produzione del 1905 è stata di poco inferiore alla media.

Le cinque medie quinquennali precedenti erano state di:

kg. 17,053,000 dal 1896 al 1900 » 15,295,000 dal 1891 al 1895 » 11,600,000 dal 1886 al 1890 » 9,438,000 dal 1881 al 1885 »» 8.854,000 dal 1876 al 1880

Queste cifre dimostrano che in 30 anni la produzione della seta è più che raddoppiata, ma a. questi aumenti le sete delle diverse provenienze non concorsero in eguale misura.

m edia m edia 1876-1880 1900-905

kg. kg.

Europa 2,475,000 5,847,000

Levante ed Asia centrale 639,000 2,172,OCX) Estremo Oriente 5,740,090 11,501,000

Dunque il Levante e l’ Asia centrale hanno più che triplicato la produzione, mentre l’ Europa e l’Estremo Oriente l’ hanno soltanto raddoppiata.

Per ciò che riguarda la produzione dell’ Italia e della Francia si scorge, confrontando le stesse due medie, quanto maggior cammino abbia com­ piuto l’ Italia.

Nel 1876-1880 la media è stata per la Francia di kg. 510,000 e nel 1900-905 di kg. 612,000 os­ sia un aumento del quinto : per l’ Italia di chi­ logrammi 1,900,00 nel 1876-880 e di kg. 4,246,000 nel 1900-905, ossia una produzione più che rad­ doppiata.

---s-s-s---Il commercio italiano. — ---s-s-s---Il valore delle merci importate durante il 1906 ascese a lire 2,424,094,846, quelle delle merci asportate a lire 1,835,852,137. Il primo presenta un aumento di L . 359,521,143, il secondo un aumento di lire

104,937,948 di fronte al 1905.

Dalle cifre precedenti sono esclusi l’oro e le monete importate per L . 132,346,000 ed espor­ tate per L . 8,275,400 con una diminuzione di lire 37,224,100 all’ entrata e un aumento di L . 23,900 all’ uscita.

Riportiamo le cifre per ogni singola cate­ goria : Importazione. 190 » D iff. sul 1905 L ire Lire Spiriti ed olii Coloniali tabacchi Prodotti cbim. medicinali Colori, generi per tinta e

concia Canapa, lino Cotone

Lana, crino, peli Seta

Legno e paglia Carta e libri Pelli

Miner., metalli e loro lav. Pietre, terre e crisi., ecc Cereali, farine, paste Anim. e spoglie di animali Oggetti diversi 41,505,302 62,776,450 78,622,897 36.317,941 42j407,187 232.621.841 118.560.842 257.879.060 131,914,794 39,322,744 87,725,931 472,779,973 275,148,492 342.208.061 151,572,904 52,712,727 — 13,062,345 + 16,359,381 + 437,961 + 2,972,082 -t- 6,124,915 -p 23,764,068 -t- 9,672,722 — 15,975,131 4- 24,642,032 4- 6,355,245 -t- 12,722.607 4- 150,171,808 4- 45,729,017 4- 51,144,934 — 5,547,383 4- 12,059,548 Totale 2,424,094,846 4- 359,521,113 Esportazione. Spiriti ed olii Coloniali tabacchi Prodotti chim. medicinali Colori, generi per tinta e

concia Canapa, lino Cotone

Lana, crino, peli Seta

Legno e paglia Carta e libri Pelli

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122 L ’ ECO N O M ISTA 24 febbraio 1907

piombo, stagno, eco., fu richiesto dalle industrie metallurgiche.

Per le altre industrie troviamo aumenti di importazione di 11,9 milioni di pelli crude e con­ ciate, di 5,4 milioni di gomma elastica, di 4 mi­ lioni di madreperla, di 5,8 milioni di terre, di 12,9 milioni di legname, di 3 milioni del ca­ trame, di 2.4 milioni di pasta di legno.

Anche le derrate destinate a uso alimentare contribuirono in larga misura all’ aumento: fra queste troviamo il frumento per 36 milioni in più, il granturco per 9,9, il caffè per 1,8, lo zuc­ chero per 2,7, il cacao e la cioccolata per 1,2, i legumi secchi per 2,3, i bovini per 1,5, il mer­ luzzo per 2,8.

Le diminuzioni all’ importazione rappresen­ tano si può dire delie eccezioni. Fra queste no­ tevole è una di 14,9 milioni nei cavalli ed è in­ timamente connessa al mutamento di regime de­ rivante dall’applicazione col I o marzo 1906 del trattato con l’Austria-Ungheria. Alla stessa causa è da attribuire la diminuzione di 3 milioni nei pesci salati.

La minore importazione (di 11,1 milioni) nella seta tratta europea, è compensata da un aumento di 12 milioni in quella estera.

L ’esportazione del 1906 è stata sostenuta principalmente per opera dell’olio d’oliva, delle materie seriche, dei prodotti dell’ industria coto­ niera, delle manifatture seriche, degli automobili. L ’olio d’oliva, coincidendo un’ annata di rac­ colto pieno e in buone condizioni, fu esportato per 33,8 milioni in più; contemporaneamente di­ minuirono di milioni l’importazione dell’olio estero e di 5,5 quella dell’olio di cotone.

Milioni 15,6 di aumento diedero la seta greggia semplice e quella torta. Invece la seta tinta fu esportata pe 3,9 milioni in meno; si noti che anche all’ importazione questo prodotto si presenta in diminuzione di 2,3 milioni.

Nel campo delle industrie dei prodotti ali­ mentari, quella delle paste da minestra e quella delle frutta preparate figurano pure con aumenti d’ esportazione, la prima per 5,5 milioni, la se­ conda per 4.

L ’ annata non fu molto favorevole per alcuni prodotti della frutticultura : i soli agrumi aumen­ tarono per tre milioni : ma le altre frutta fresche diminuirono, per scarsa produzione di 6 milioni e le mandorle per 5,9.

Per il vino si accentua il fenomeno cui as­ sistiamo da qualche anno: restrizione nelle ven­ dite di quello in botti (5,2 milioni in meno del 1905) e l’esclusione in quelle del vino in botti­ glie (1,9 milioni in più).

Un’altra diminuzione di qualche entità, 8,5 milioni, si ebbe nell’esportazione dei bovini: con­ giungendo questo fatto con quello dell’aumento di «importazione di 1,5, lo si può considerare in parte come indice di un aumento del consumo delle carni all’ interno. Un’ industria intimamente connessa a quella dell’allevamento ha conservato presso a poco la sua posizione con una diminu­ zione relativamente lieve di 2,5 milioni.

Il commercio inglese. — Riportiamo in cifre tonde il valore delle importazioni e delle esportazioni durante il mese scorso in confronto del mese di gennaio 1905 :

Im porta zion i 1907 1906

(sterline) Bestiame, sostanze ali­

mentari e tabacchi 19,700,000 19,700,000 Materie greggie 26,900,000 20,400,000 Oggetti manifatturati 18,600,000 18,100,000 Generi diversi e pacchi

postai i 800,000 Totale Lire st. 60,500,000 Ecco la differenza: Materie greggie Oggetti manifatturati E sporta zion i 1907 800,000 58,500,000 + 6,500,000 •+■ 500,000 -f 7,000,000 1903 (sterline) Bestiame, sostanze ali­

mentari e tabacchi 1,500,000 1,500,000 Materie greggie 8,900,000 8,800,000 Oggetti manifatturati 29,200,000 25,600,000 Generi diversi e pacchi

postali 500,000 400,000

Totale Lire st. 85,100,000 80,800,000 Commercio di transito 8,800,000 7,400,000

Ecco la differenza per le esportazioni.

Materie greggie 600,000

Oggetti manifatturati -j- 3,600,000 Generi diversi e pacchi

postali + 100,000

Totale Lire st. 4,300,000 Commercio di transito -j- 1,400,000

Il commercio francese. — Riportiamo le cifre principali del commercio della Francia nel gennaio 1907, seguendo il solito prospetto :

Im porta zion i 1907 1906

(Lire)

Sostanze alimentari 80,518,000 64,208,000 Materie necessarie

al-P industria 267,916,000 325,983,000 Oggetti manifatturati 67,310,000 60,673,000 Totale lire 415,744,000 450,862,000 Ecco ia differenza tra 1906 e 1907 :

+ 16,312,000 58,067,000 Sostanze alimentari

Materie necessarie al- l’ industria Oggetti manifatturati E sp orta zion i + 6,637,000 Totale lire — 35,118,000 1907 1906 (L ire) 40,438,000 46,333,000 Sostanze alimentari

Materie necessarie al-

l ’ indùstria 106,981,000 Oggetti manifatturati 179,832.000 Paophi postali 31,488,000

Totale lire 358,739,000 347,880,000 La differenza per le esportazioni è dunque:

97.741.000 170,809,000 32.997.000

Sostanze alimentari Materie necessarie al-

P industria Oggetti manifatturati Pacchi postali — 5,895,000 4- 9,240,000 +- 9,023,000 — 1,509,000 + 10,859,000

(11)

24 febbraio 1907 L ’ E CO N O M ISTA 123

L ’aumento della esportazione non è stato così considerevole come nel 1905, come risulta dal seguente quadro.

Esportazione.

Con i m eta lli p reziosi A u m en to

A i

Anni , (milioni di marchi)

1904 5316 186

1905 5842 520

1906 6244 402

Senza i metalli preziosi \umento (milioni fli marchi)

1904 5233 209

1905 5731 508

1906 6125 394

Come si vede, la esportazione delle merci ha aumentato, nel 1906 di 394 milioni di marchi, mentre nel 1905 aveva aumentato di 508 mi­ lioni.

Ecco la statistica delle importazioni : Importazione.

Con i m e ta lli p reziosi A u m en to A n n i (m ilio n i d i m arch i)

191)4 6854 533

1905 7436 582

1906 8339 903

Senza i m e ta lli p reziosi A u m en to A n n i (m ilion i d i m arch i)

1904 6354 351

1905 7129 775

1906 7851 722

Qui ancora l’ enorme aumento constatato nel 1905 non si è rinnovato nel 1906. Ma la diffe­ renza non è così grande come per la esporta­ zione.

LO SGRAVIO DEL PETROLIO

Diamo il progetto presentato dal Governo alla Ca­ mera nella tornata di mercoledì (20) per la riduzione del dazio doganale del petrolio :

Art. 1. Nella tariffa generale dei dazi doganali sono introdotte le seguenti modificazioni :

N° e le tte ra D azio

d ella D en om inazione d ella m erce U nità di

tariffa entrata

80 Oli minerali di resina e di c a t r a m e :

b) a lt r i Quintali 24

81 b) Vernici senza spirito:

I. contenenti oli minerali id. 30 Art. 2. La tassa interna sulla trasformazione o rettificazione degli oli minerali greggi e coll’estrazione degli oli minerali, di resina o di catrame dai residui della distillazione degli oli minerali, dal catrame o da ogni altra materia, di origine nazionale, stabilita dall’art. 1 lettera a dell’Allegato C alla legge 8 ago­ sto 1895, n. 486, è abolita.

Art. 3. Sui contratti stipulati prima dell’ entrata in vigore della presente legge, con Amministrazioni dello Stato, delle Provincie, dei Comuni, di Istituti di pubblica beneficenza, per appalti nei quali siasi tenuto conto del dazio doganale sugli oli minerali, di resina e di catrame, sarà applicata ai mezzi d’ appalto una diminuzione proporzionale al minor costo derivante dalla riduzione di dazio stabilita per questi oli dal l ’art. 1 della presente legge.

Siffatta diminuzione sarà determinata seguendo la procedura indicata negli art. 4 e 5 dell’Allegata B alla legge 22 luglio 1891 n. 339.

In nessun caso sarà ammessa altra azione o ricorso, nè in via ammistrativa, nè in via giudiziaria.

Art. 4. La restituzione del dazio pagato sull’olio' minerale impiegato dalle fabbriche nazionali per l ’estra­ zione dei sali ai chinino viene ridotta a L. 2.75 per

ogni chilogrammo di sali di chinino, di cruconina, di cochinina e di cinconidina esportato.

Art. 5. Con decreto reale sarà stabilita la data d ’applicazione della presente legge. Questa data non potrà essere posteriore al 1° aprile 1907.

Il movimento commerciale dei porti italiani nel 191)6

Si conoscono già i dati statistici del movimento commerciale in alcuni porti italiani durante il decorso anno 1906.

Nel porto di Livorno entrano 2491 velieri italiani e 33 velieri esteri con tonnellaggio complessivo di 135,840 tonnellate. Arrivarono 2096 piroscafi dei quali 1194 italiani e 902 esteri per complessive tonnellate 2,236,711. Le merci sbarcate raggiunsero le tonnellate 1,134,736. I bastimenti partiti furono : velieri italiani 2460, esteri 30 ; piroscafi italiani 1193 : esteri 901.

Le merci imbarcate ammontarono a tonnellate 340,099. Nelle due stazioni ferroviarie Marittima e di Torretta si ebbe nell’annata questo movimento: nella prima arrivarono 21,860 carri di merci per tonnellate 133,608, ne ripartirono carri 51,790 con 603,843 tonnel­ late di merci; alla stazione di Torretta arrivarono 9181 carri con tonnellate 94,617 e ripartirono 17,278 carri con tonnellate 175,994 di merci.

A Bari nel 1906 approdarono 1183 piroscafi dei quali 830 italiani, 230 austro-ungarici, 76 inglesi, 23 germanici, 16 norvegesi e ne partirono 1188 dei quali 832 di ban­ diera italiana e gli altri di bandiera estera. Tra que­ sti primeggia 1’ Austria-Ungheria con 232 piroscafi. Le merci sbarcate furono 154,545 tonnellate e quelle im­ barcate tonnellate 81,169.

I velieri in arrivo furono 625, dei quali 574 italiani e quelli in partenza 633, e di questi 578 italiani. Le merci sbarcate dai velieri furono tonnellate 30,891 e quelle imbarcate 12,113.

II movimento del porto di Venezia è conosciuto durante soli undici mesi dell’anno, non essendo ancora pubblicato il resoconto del mese di dicembre.

Durante l’accennato periodo nel porto di Venezia furono importati 19,445,768 quintali di merci, ne fu­ rono esportati quintali 2,492,666,

I velieri in arrivo furono 1868, di 106,644 tonnel­ late di stazza; quelli partiti furono 1772, di 99,442 ton­ nellate di stazza. Dei 1868 velieri giunti nel porto di Veneziar; 1411 erano di.bandiera italiana, 433 di ban­ diere austriaca e soltanto 24 di altre bandiere stra­ niere.

Dei 1772 velieri partiti* dal porto di Venezia, 1344 erano di bandiera italiana. 421 di bandiera austriaca ed i 7 rimanenti di altre bandiere straniere.

I piroscafi giunti nel porto di Venezia furono 1350 di 1,640,538 tonnellate di stazza, quelli partiti furono 1310 di 1.601,172 tonnellate di stazza.

Dei 1850 piroscafi giunti nel porto di Venezia, 444 erano di bandiera italiana, 569 di bandiera austriaca. Soltanto 346 erano di altre bandiere straniere.

Dei 1310 piroscafi partiti dal porto di Venezia 416 avevano bandiera italiana, 553 bandiera austriaca e 341 altre bandiere straniere.

Nel porto di Catania durante lo scorso anno, arri­ varono tonnellate 296.735 di merce, e ne partirono 308,470 tonnellate.

Le navi a vela giunte nel porto di Catania furono 1607, delle quali 1535 con bandiera italiana, 49 con ban­ diera ellenica e 23 con altre bandiere. Dalle 1535 navi a vela italiane sbarcarono 59.813 tonnellate di merce ; 1756 ne sbarcarono dai velieri ellenici e 211 dagli altri velieri.

I velieri partiti dal porto di Catania furono 16J3 con 81,982 tonnellate di merce. Di questi velieri, 1531 con 65,099 tonnellate di merce, avevano bandiera ita­ liana, 49 con 12,466 tonnellate di merce avevano ban­ diera ellenica e 23 con 4,417 tonnellate di merce ave­ vano altre bandiere straniere.

Le navi a vapore giunte nel porto di Catania, du ­ rante il 1906, furono 1383 di 1,466,232 tonnellate di stazza. Da queste navi furono sbarcate 242,555 tonnel­ late di merce.

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