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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.34 (1907) n.1724, 19 maggio

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I

GAZZETTA SETTIMANALE

SCIENZA ECONOMICA, FIN A N ZA , COMMERCIO, BANCHI, FE R R O V IE , INTERESSI PR IV A TI

Anno XXXIV

Voi. XXXVIII

Firenze, 19 Maggio 1907

N. 1724

S O M M A R I O : Sindacalismo e funzionari — Il commercio internazionale italiano nel 1906. IL L ’ equilibrio commerciale tra l’ Italia ed i singoli Stati — A. J . d e Jo h a n n is, Sulla Mezzadria in Toscana — I ’a u l Gh io,

Sulla emigrazione italiana R i v i s t a b ib lio g r a fic a : Rag. Romualdo TabanelH. Considerazioni e proposte

sui tributi locali - Sergio Panunzio, Il socialismo giuridico - Giorgio Mortara, La forza di attrazione delle grandi città - Avv. Carlo Ingrasci-Sesta, La fusione degli zolfi in Sicilia e la riforma del Regolamento 1851 -

Giuseppe Parisi, Storia degli italiani nell’Argentina - Maurice Maindron, Dans l ’ Iride du Sud — R i v i s t a econom ica e fin a n ziaria : Il riassunto delle operazioni delle casse postali di risparmio a tutto marzo 1907 -

Il congresso agricolo nazionale in Italia - L’azione del Ministero in favore della pesca e dell’ agrieoi tura nel 1906 in Italia - Per la revisione della imposta fabbricati - I prestiti di Victoria e della Bulgaria - La popolazione del regno del Belgio - Le condizioni economiche dell’ Isola di Corto Ricco — R a s s e g n a del com m ercio in te r n a ­ zionale : Il commercio dell’Austria-Ungheria, dell'1 Argentina, della Bolivia e del Messico— L ’ Industria bacologica e serica — Le ispezioni industriali — La cooperazione agricola nell’ impero austro-ungarico — Camere di com­ mercio — Mercato monetario e Rivista delle Borse — Società commerciali ed industriali — Notizie commerciali.

SIN D A C A L ISM O E F U N ZIO N A R I

Si è discussa alla Camera francese per una intera settimana una importante questione, sulla quale la Camera concretava il suo voto, il quale però, siccome implicava occasionalmente anche una questione politica, non potè essere un voto che risolvesse la questione stessa, ma soltanto la ha alquanto sviscereta, rimandandone la soluzione a un altro momento.

E il dibattito verteva precisamente su questo punto: — deve o no essere permesso ai funzionari dello Stato di costituirsi in sindacato, in relazione alle loro funzioni?

E naturalmente i socialisti delle tre o quattro o cento gradazioni, rispondono affermativamente, poiché ogni cittadino deve essere libero di asso­ ciarsi con chi e come crede meglio ; — il Governo, sebbene facciano parte di esso Viviani, Briand e Clemenceau, tutti e tre provenienti dai partiti socialisti o quasi, resistè vigorosamente perchè sente che, accettando il concetto dei socialisti, per­ derebbe davanti alla Camera troppi voti e forse non sarebbe in n&ggioranza,

I Capi dei diversi gruppi della Sinistra cer­ carono invano una formula che permettesse di mantenere ancora compatta la maggioranza su una esplicita soluzione del tema, ed i più si ac­ contentarono delle dichiarazioni, del resto con­ tradditorie, del Briand e del Clemenceau, ed accettarono una formula di approvazione il meno possibile compromettente in un senso o nell’altro per la questione su cui si discute.

Mentre da una parte i socialist' sostengono una causa simpatica, perchè più o meno con­ vinti, invocano il rispetto alla libertà, e su tale tema Jaurés ha pronunziato sabato scorso un poderoso discorso, i moderati ed i conservatori sentono che, ammettendo il concetto dei socialisti,

diminuirebbero le forze dello Stato, il quale nelle singole amministrazioni sarebbe costretto a fare i conti coi funzionari sindacanti od avrebbe con­ tinue minaccie di scioperi parziali e generali. E non si può negare che, se dall’ aspetto della libertà il concetto sostenuto dai socialisti, può essere simpatico, dall’aspetto delle esigenze della poli­ tica, quello del governo può sembrare necessario. Ed appuhto per questo il rimprovero che il Jaurés muove ai suoi antichi colleghi di non avere o non seguire da ministri gli stessi convincimenti che avevano da deputati, è un’arma che non ha ne può avere importanza alcuna; il fatto che tale rimprovero è mosso ai Ministri in tutti i Parlamenti di tutti i paesi, dimostra che vi è qualche cosa di necessario e di inevitabile in questa differenza di principi negli uomini, mentre sono semplici depu­ tati a quando divengono Ministri.

Lo Stato non può a meno per esistere e fun­ zionare di avere a propria disposizione una certa forza, colla quale contenere entro limiti determi­ nati 1 azione dei diversi gruppi sociali ; e se è naturale che i partiti in minoranza dieno 1’ as­ salto allo Stato e cerchino con modi diretti ed indiretti di privarlo di una parte della sua forza affine di indebolirlo e poterlo più facilmente con­ quistare, è altrettanto naturale che chi ¡ricama

lo Stato, cioè gli uomini di Governo, resistano con tutti i mezzi contro tale indebolimento, e si tro­ vino quindi, quando rappresentano la maggio­ ranza, in contraddizione ai principi che sostenevano quando erano rappresentanti della minoranza. Precisamente come l'opera di un generale è com­ pletamente diversa quando si trova al comando di truppe che assediano una fortezza affine di conquistarla, da quella che spiegherebbe se co- mandasse_ le truppe che la stessa fortezza di­ fendessero.

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che ha mosso agli attuali Ministri ; del resto lo stesso eloquente deputato socialista ha pur dovuto piegare a non poche necessità quando fu eletto Vice-Presidente della Camera.

Ma, pur facendo estrazione da ciò, la que­ stione in discussione alla Camera francese ci sembra debba essere considerata da un diverso punto di vista, anche nell’ interesse stesso dello Stato.

V i sono adunque molti funzionari governa­ tivi i quali desiderano di unirsi in sindacato per manifestare le loro opinioni sull’ andamento te­ cnico della Amministrazione, a cui appartengono e per prendere così una parte efficiente, per ora indirettamente, nell’andamento della stessa Ammi­ nistrazione.

S’intenda bene, non si tratterebbe di Unioni o Sindacati tra gli impiegati di una stessa Am ­ ministrazione per motivi di mutuo soccorso, o per tutela degl’interessi immediati della loro classe, come organici, promozioni, gratificazioni, punizioni, trasferimenti ecc. ; ma si tratterebbe invece di un diritto che credono di avere gli impiegati di una Amministrazione di esaminare, studiare ed occorrendo criticare la organizzazione tecnica della Amministrazione, in riguardo al servizio che essa è chiamata a prestare.

Quindi postetelegrafici e ferrovieri, ad esem­ pio, che discutono della tariffa postale e ferro­ viaria, del modo con cui è distribuita la corri­ spondenza e trasportati i viaggiatori, le merci ecc. In altri termini, un vero e proprio sindacato de­ gli impiegati sulla loro stessa Amministrazione. Nei paesi della vecchia Europa, dove vige ancora la finzione che il Ministro sia responsabile davanti al Parlamento ed al paese degli atti della Amministrazione cui presiede, un tale con­ cetto sembra una assurdità. Non lo sarebbe ne­ gli Stati Uniti d’ America, ad esempio, dove la funzione del Ministro è considerata in modo di­ verso, tanto che ì Ministri non sono membri del Parlamento. E teoricamente si potrebbe anche credere che non cascherebbe il mondo se i Mi­ nistri invece di essere scelti tra i deputati od i senatori, fossero scelti tra gli alti funzionari delle Amministrazioni. A buon conto non si vedrebbero gli incompetenti essere padroni talvolta di mettere il disordine, per assoluta mancanza di pratiche co­ gnizioni, nella Amministrazione cui presiedono ; ed altri egualmente incompetenti essere prigio­ nieri degli alti funzionari i quali sono tanto più arditi nei loro consigli, quanto meno si sentono responsabili delle conseguenze.

Ma è certo che tra i paesi dove appunto vige questa finzione della responsabilità dei Mi­ nistri — responsabilità che mai ha avuto una pratica attuazione, — sarà difficile che sia am­ messa la libertà negli impiegati di sindacarsi e di controllare la Amministrazione.

Però su tale proposito ci nasce un dubbio che vogliamo esporre : I impedire la soverchia intromissione degli impiegati nella direzione della. Amministrazione, si otterrà meglio cól divieto agli impiegati di unirsi in sindacato, o col lasciare loro piena libertà ?

Per regola generale i divieti hanno servito a poco, quando non hanno avuto una base logica e non sono stati suffragati da criteri di evidenza

meridiana. Nelle Amministrazioni dello Stato, o per l’ indole di alcuni Ministri, o perchè essi si lasciano ingannare da coloro che li circondano, abusi, nepotismi, favoritismi e peggio ve ne sono troppi, anche in questi tempi di pubblico con­ trollo, non avvengano manifestazioni collettive contro tali scorretti procedimenti. E d’ altra parte la lentezza, la complessità, il poco riguardo delle Amministrazioni verso il pubblico, producono che il paese sia tutt’altro che contento del modo con cui esse compiono il loro ufficio.

Nessuna meraviglia quindi se gli stessi im­ piegati, in quanto si servono delle Amministra­ zioni dello Stato, abbiano su di esse lo stesso non buono concetto che ne hanno gli altri cittadini.

Ma proibendo per legge od in altro modo, il sindacalismo degli impiegati, non si ottiene per risultato di averli più compatti e più uniti con­ tro il Governo perchè toglie loro questa liberta : e quindi sieno più disposti alla critica sull’anda­ mento della Amministrazione stessa?

Lasciandoli liberi di sindacarsi non è pro­ babile invece che, specie nei casi concreti, si divi­ dono in gruppi con aspirazioni diverse con di­ versi modi di vedere e di giudicare e quindi sia più facile al Ministro. di padroneggiare la situa­ zione?

Non neghiamo che sia questo un modo di vedere prevalentemente opportunista, ma se la opportunità, si accompagna al rispetto alla libertà, se si può evitare, con utilità generale, di fare apparire che i funzionari dello Stato, perche tali, abbiano meno diritti degli altri cittadini, sembra a noi che non sia da disprezzarsi lo studio accu­ rato e sereno del mezzo più adatto per conseguire lo scopo.

Il commercio intemazionale italiano nel 1906

II.

L’ equilibrio commerciale tra l ’ Italia ed i singoli Stati.

Abbiamo detto nell’ ultimo fascicolo che sa­ rebbe stato molto interessante vedere se e quanto si sia raggiunto lo scopo principale del prote­ zionismo moderno, che è quello di determinare le correnti commerciali mediante i dazi cosi che tra l’ Italia e ciascuno degli Stati coi quali ha rapporti di traffico si stabilisca un equilibrio tra la importazione e la esportazione.

Supposte le altissime tariffe generali, che sono quasi proibitive, i trattati commerciali do­ vrebbero servire a ribassare le tariffe stesse in maniera che la importazione e la esportazione si verifichi in misura approssimativamente corri­ spondente.

Dividiamo gli Stati in due gruppi, quelli che, o alla Importazione od alla esportazione od in ambedue le correnti, hanno maggior traffico con F Italia costituiranno il primo gruppo; il se­ condo gruppo sarà composto di tutti gli altri Stati.

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importa-19 maggio importa-1907 L ’ ECONOMISTA 307

zione di 1658 milioni su 2064 di importazione totale e 1407 milioni di esportazione sopra 1730 di traffico totale ; quindi, sul nostro movimento complessivo, che fu nel detto anno dì 3794 mi­ lioni, i nove Stati del primo gruppo rappresen­ tano un movimento di 3065 milioni, ossia circa l’80 per cento del totale.

Questa notevolissima porzione del traffico italiano di entrata e di uscita, si svolge quindi tra nove Stati ; occorre appena di avvertire che alcuni di questi Stati sono intermediari di altri, così per le importazioni come per le espor­ tazioni ; ma di ciò d’ altronde sarebbe difficile te­ ner conto.

Per ciò che riguarda il 1905, i 3065 milioni di traffico si ripartivano nel seguente modo (in milioni).

Import. Esport. Totale O[0 del totale

Germania 291 224 515 16.80 Gran Bretagna H48 129 477 15.56 Stati Uniti 238 226 464 15.13 Francia 224 194 418 13.63 Svizzera 65 332 394 12.95 Austria Ungheria 194 144 338 11.03 Russia 204 14 218 7.21 Argentina 44 103 147 4.79 Belgio 48 41 89 2.90 1658 1407 3065 100.00

Questo gruppo di nove Stati può essere con­ siderato in tre sottogruppi di tre Stati ciascuno: Germania Gran Bretagna e Stati Uniti, coi quali abbiamo un traffico, che nel complesso si raggua­ glia al 47.50 per cento del totale, cioè quasi la metà del nostro intero movimento; altri tre Stati, Francia, Svizzera ed Austria Ungheria, che dànno insieme il 37.60 per cento del totale, cioè oltre un terzo; e finalmente i tre ultimi, Russia, A r­ gentina e Belgio, coi quali abbiamo un traffico del 14.90 per cento del totale, cioè poco meno di un sesto. Ma se consideriamo separatamente la importazione dalla esportazione l’ ordine si pre­ senta alquanto diverso.

Nella importazione i nove Stati rappresen­ tano 1’ 80 per cento della intera nostra esporta­ zione nell’anno 1905, e si dispongono, rispetto alla entità, nel seguente modo (in milioni):

Gran Bretagna Germania Stati Uniti Francia Russia Austria Ungheria Svizzera Belgio Argentina 348 20.99 0|0 291 17.75 » 238 14.85 » 224 13.50 » 204 12.29 » 194 11.70 » 65 3.91 » 48 2.88 » 44 2.63 » 1658 100.00

Come vedesi l’ ordine è alquanto mutato ; la Gran Brettagna occupa il primo posto, rap­ presentando un quarto della importazione e, non occorre dire, ciò è dovuto al carbon fossile che essa ci vende ; le sta dappresso la Germania che è seguita a qualche distanza degli Stati Uniti, dalla Francia e dalla Russia; per gli Stati Uniti e per la Russia il grano ed il petrolio sono la causa principale della posizione cne quei due paesi occupano nella nostra importazione ; se la­ sciamo i tre ultimi Stati del prospetto precedente, troviamo che i sei primi rappresentano il 90 per cento del totale.

Vedendo ora la sola esportazione, i nove Stati si dispongono nell’oidine seguente:

Svizzera Stati Uniti Germania Francia Austria Ungheria Gran Bretagna Argentina Belgio Russia 332 23.58 0(0 226 16.06 » 224 15.98 » 194 13.78 >» 144 10.22 » 129 9.16 » 103 7.32 » 41 2.91 » 14 0.99 » 100.00

Ecco quindi un ordine notevolmente d i­ verso; la Svizzera, che nella importazione occu­ pava il settimo posto, è diventata la prima e di gran lunga innanzi agli altri Stati ; ad essa ven­ diamo il 20.58 per cento del totale dei prodotti che esportiamo nei nove Stati, quindi oltre un quinto ; Stati Uniti, Germania, Francia, Austria Ungheria sono all’ incirca nella stessa posizione; ma due quasi invece mutano di posto ; la Gran Bretagna che nella importazione nostra era al primo posto, passa per la esportazione al sesto posto, non arrivando a comperare che il 10 0|0 dei prodotti che esportiamo nei nove Stati ; e la Russia, la quale nella importazione è al quinto posto col 12 0|0, scende all’ ultimo posto con meno dell’ uno per cento.

Ed ora possiamo costituire la bilancia per ciascuno dei nove Stati ordinandoli secondo la differenza tra la entità della importazione e quella della esportazione. Gli Stati, tra i nove, dai quali comperiamo più che non vendiamo, sono i sette seguenti : Gran Bretagna Russia Germania Austria Ungheria Francia Stati Uniti Belgio -|- 219 milioni + 190 » -t- 67 » 4 - 5 0 » -p HO >» - ¡- 1 2 » + 7 »

I due Stati invece in cui la differenza in più è nella esportazione, sono:

Svizzera 4- 267 Argentina 4- 59

Ora trascurando quegli Stati nei quali la differenza non è grande, giacché non si può pre­ tendere che esista un equilibrio preciso, specie trattandosi di un anno solo, si può notare : 1. le grandi eccedenze di importazione in Italia che dànno la Gran Bretagna, la Russia, e, sebbene in minor misura, la Germania; 2. la grande ecce­ denza di esportazione dall’ Italia che offrono la Svizzera, e in minor misura, la Argentina.

Ma se si considera che dalla Gran Breta­ gna noi ricaviamo una quantità di carbon fos­

sile, che nel 1905 si ragguagliava in 155 milioni di

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è abbastanza bene equilibrata. La Svizzera si trova, di fronte a noi, quasi nelle stesse condi­ zioni in cui noi ci troviamo colla Gran Bretta­ gna; cioè abbiamo bisogno del carbon fossile in­ glese, come la Svizzera ha bisogno della nostra

seta tratta, che comprò nel 1905 per circa 205 mi­

lioni di lire.

Si potrebbe quindi dire che per i trattati di commercio o nonostante i trattati di commer­ cio, l’ equilibrio è sufficiente od è abbastanza spiegabile lo squilibrio del movimento degli Stati che hanno eccedenza di importazione o di espor­ tazione con P Italia ; tranne per la Germania, verso la quale forse la politica è un poco entrata per renderci alquanto arrendevoli.

Se non che, così per la importazione come per la esportazione è utile osservare la recente tendenza, e quindi esamineremo in un prossimo articolo, per gli stèssi nove Stati il movimento durante il quinquennio tanto della importazione come della esportazione.

SIILI JIEmDlUA l\ TOSCANA

III.

L ' on. Guicciardini afferma adunque che il contratto colonico toscano non è un istituto che abbia fatto il suo tempo e che debba quindi essere condannato, ma aggiunge che conservare non vuol dire lasciar stare le cose come sono e che sarebbe « strana pretesa quella di chi vo­ lesse conservare il contratto colonico toscano immutabile, mentre esso stesso nelle sue forine attuali è l’ effetto di. un processo storico, che di­ mostra e testifica la sua attitudine di evolu­ zione e di adattamento ».

E qui spiega le ragioni di ordine diverso che consigliano qualche modificazione ; i mag­ giori lavori agricoli, non sempre compensati da corrispondenti maggiori prodotti ; il migliorato tenore di vita dei coloni, per cui le loro spese sono in aumento ; gli aumentati salari dei lavo­ ratori nelle industrie, salari che tenterebbero il colono ad abbandonare la campagna per la città, se non trovasse nel patto colonico un corrispon­ dente miglioramento.

Perciò l’ Oratore si propone di indicare i miglioramenti della parte del colono, che si po­ trebbero attuare, conservando l’ istituto colonico senza snaturarlo. E d ecco le proposte :

I o parificare la retribuzione delle giornate di lavoro pei conto padronale a quella del brac­ ciante, cioè L . 1.30 invece che L. 1.00;

2° mettere a totale carico del proprieta­ rio, anziché divise per metà tra proprietario e lavorótore, le spese di rinnovamento delle pian­ tagioni ;

3° che il proprietario fornisca gratuita­ mente le macchine per la fattura del vino e per la fattura dell’ olio e la macchina trebbiatrice e quella brillatrice.

Invece non ammetterebbe —- perchè ciò sa­ rebbe snaturare la fisonomía del patto colonico —

l’ abbuono della spesa per la solforazione e la ramatura della vite e degli ulivi, e dei prodotti chimici per fertilizzare il terreno.

Crede infine necessaria un’ altra riforma di ordine morale, « troppo i proprietari toscani — per quanto non possano essere accusati di assen­ teismo — stanno lontani dai loro coloni ; troppo si disinteressano di ciò che li riguarda, troppo si mantengono estranei alla loro vita morale e po­ litica. E ’ necessario ed è tempo che essi ripren­ dano la funzione di patronato verso di loro. »

E dopo aver spiegato quest’ ultimo concetto riferendo recenti giudizi a proposito della emi­ grazione, manifestati dall’ illustre prof. P. Villari circa i doveri dei proprietari, in un articolo sulla

Nuova Antologia, l’ Oratore così conclude:

« In quest’ alta impresa quale sia la parte assegnata alla possidenza toscana è chiaro, dopo quanto ho detto : essa si riassume in due pen­ sieri : rinvigorire l’ istituto colonico, adattandolo alle contingenze dei nuovi tempi, che reclamano anche per il contadino un più alto tenore di vita; esercitare con nuovo fervore la funzione di patro­ nato in benefizio della classe colonica, per ren­ derla maggiormente partecipe ai benefici della civiltà. Facendosi guidare da questi due pensieri, la possidenza toscana, in piena armonia colle sue tradizioni antiche e coi suoi doveri presenti, oggi aggiungerà un’ altra prova alla dimostrazione che il maggior propulsore di progresso e di civiltà è, non la lotta di classe, ma lo spirito di fratellanza e il sentimento della solidarietà civile ».

Abbiamo cercato di esporre sommariamente ma, per quanto ci era possibile, imparzialmente il pensiero dell’ on. Guicciardini anche in questa ultima parte che riguarda i rimedi ed ora bre­ vemente esporremo il nostro giudizio, che non è dissimile da quello che abbiamo sentito formu­ lare da molti che assistevano alla interessantis­ sima lettura.

In genere ci sembra che, di fronte al prin­ cipio di agitazione già manifestatosi tra i coloni, agitazione che non ebbe gran seguito perchè evi­ dentemente male organizzati, ma che può ripetersi in migliori condizioni, e di fronte alle stesse con­ siderazioni dell’ on. Guicciardini : che la situa­ zione economica dei coloni non si possa dir lieta, specie di fronte ai miglioramenti ottenuti dai la­ voratori occupati nelle industrie ; che i padroni non esercitano tutto quell’ alto e morale ufficio di patronato che nel loro stesso interesse dovrebbero esercitare, e che già il partito socialista ed il partito democristiano hanDO aperta qualche breccia nei limitati orizzonti del coloni ; e finalmente che l’impulso alla emigrazione potrebbe penetrare anche nelle campagne toscane ; —• di fronte a queste premesse ci sembra che i rimedi proposti dal- l’ on, Guicciardini sieno ben poca cosa e non possano bastare a contenere le manifestazioni di malcontento che hanno già cominciato a concre­ tarsi qua e là.

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19 maggio 1907 L ’ ECONOMISTA 309

La caratteristica essenziale del contratto co­ lonico toscano non crediamo che stia nella divi­ sione p er metà dei prodotti tra colono e proprie­ tario, ma bensì nel fatto che è un contratto di

partecipazione agli utili lordi. La misura della com­

partecipazione stabilita nella metà (donde il nome di mezzadria) non può essere che una contingenza, variabile quindi secondo i luoghi e secondo i tempi; il contratto colonico toscano rimarrebbe nella sua fisonomía essenziale e caratteristica, anche se, fermi gli altri patti e le altre condizioni, la divisione fosse fatta per 6/io e 4/ 10 o in qualun­ que altra proporzione.

Ciò che distingue il contratto colonico to­ scano da quello del fitto ad esempio, è che, per mezzo della partecipazione agli utili lordi, si stimola come bene ha dimostrato ron. Guicciardini, tanto il proprietario quanto il colono ad adoperare quei mezzi che facciano aumentare il reddito lordo e netto del fondo ; e quindi economia nelle spese, quando tale economia non diminuisca il prodotto ; aumento del prodotto quando tale aumento non volga a sfrut­ tare il terreno, così che il vantaggio conseguito diventi effimero.

E ci pare che Fon. Guicciardini abbia pro­ vato con buone considerazioni che il contratto colonico toscano è congegnato in modo che spinge tanto il buon proprietario come il buon colono a coltivare il terreno nel miglior modo possibile.

Diciamo il buon proprietario ed il buon co­ lono, perchè, si capisce, nessun sistema è buono se il proprietario od il colono o peggio tutti e due non sieno buoni, cioè non sappiano o non vogliano o non possano occuparsi delle loro terre.

Ma per la stessa ragione per cui ove vige il sistema del fitto, questo non si misura per estensione del terreno, ma per qualità di terreno e di possibile coltura, e da un ettaro si può ri­ cavare un fitto di 100 mentre da un altro ettaro diversamente posto o in differenti condizioni di coltura, si può ricavare un fitto di 120 o di 80; così, se non erriamo, terreni diversi dovrebbero domandare anche razionalmente una diversa mi­ sura di compartecipazione al prodotto da parte del colono ; senza questo principio si ammette­ rebbe quello che in fatto non è, che cioè a pa­ rità di lavoro si abbia da tutta la terra la stessa quantità di prodotto. E se questo principio non si può ammettere, si hanno a parità di lavoro quelle differenze notevoli e stridenti che lo stesso on. Guicciardini ci ha fatto conoscere tra i mas­ simi ed i minimi di retribuzione, che egli ha ri­ scontrato nelle diverse famiglie.

Che quindi il contratto colonico toscano, in quanto ha la caratteristica di essere un contratto a partecipazione di utili, meriti di esser conser­ vato, lo crediamo noi pure; ma ihe sia altret­ tanto degna in tutti i casi di conservazione la divisione per metà, ce lo permetta Fon. Guic­ ciardini, questo ci sembra un feticismo ; perchè tale eguaglianza di misura si risolve in una dif­ ferenza di guadagno o (li compenso, a parità di lavoro. Il preprietario dal differenti grado di pro­ duttività del terreno non sente danno, perchè ha pagato il terreno tanto meno quanto minore è il grado di fertilità; ma il colono del terreno meno fertile, ricava bensì la stessa parte, ma essa rappresenta una minore quantità di

pro-dotto, quanto è meno fertile il terreno, ed av­ viene quindi che egli abbia lo stesso làvoro, anzi talvolta un maggior lavoro, ed una minore retribuzione.

Le quali cose, noi in materia agricola più che nelle altre incompetenti, abbiamo voluto esporre come impressione sul dotto discorso del- F on. Guicciardini, attendendo volentieri che il nostro errore, se errore vi è, ci venga corretto.

A. J . 1)E JOHANNIS.

S U L L ’ E M IG R A Z IO N E IT A L IA N A

D all’ egregio prof. Ghio riceviamo la seghente lettera, che di buon grado pubblichiamo, a pro­ posito di quanto abbiamo scritto sulla discussione avvenuta alla Società di Economia politica di Pa­ rigi, intorno alla emigrazione italiana.

Ci riserbiamo di rispondere in seguito con qualche considerazione.

Parigi, 12 maggio 1907.

Egregio signor Professore,

Il segretario della Società di economia po­ litica mi comunica il numero del 2 aprile del suo reputato giornale contenente il su» articolo sull’ emigrazione italiana.

Ella ha, dunque, avuto la bontà d’ occuparsi del mio breve studio sull’ emigrazione italiana agli Stati Uniti. La ringrazio vivamente : e, a questo proposito, mi permetto di ricordarle il mio articolo sull’emigrazione italiana, considerata nel suo insieme, pubblicato nel Journal des Eco-

nomistes del marzo 1906. Siccome se ne è fatto

una tiratura speciale, sono lieto di poterle man­ derò il fascicolo.

Ella scrive nel suo articolo che vuol fare un esame accurato della questione. Sarà, quindi, con vero piacere che leggerò i suoi successivi ar­ ticoli.

Mi permetta intanto di fare qualche osser­ vazione sull’articolo del 20 aprile.

Ella dice che, in media, l’ imposta fondiaria non eccede, in Italia, 2.40 per cento del valore venale della terra. Accetto la sua cifra, ma vo­ glia, ne la prego, capitalizzare al 5 per cento, ren­ dita media della terra, in Italia. La percentuale del 2.40 sul valore diventa allora il 48 per cento del reddito, dato che non si discosta punto da quello che ho citato io stesso.

Ella parla, in seguito, di un valore venale della terra di molto superiore a quello supposto da Lei ; e cita 10000, 50000 lire F ettaro come somma pagata effettivamente o in ogni caso, ac­ certata. Ella intende parlare, e si sente con arte, di terreni urbani e fabbricati ; o destinati alla costruzione, non è certo su terreni siffatti che vive la popolazione povera, o impoverita dal fì­ sco, che forma F esercito dell’ emigrazione.

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pubblicato nella Nuova Antologia del 1 marzo di quest’anno.

Vorrei che quest’ articolo fosse letto dai Commissari delPemigrazione italiana, affinchè fos­ sero più prudenti nel contare i benefici immensi di uno stuolo di lavoratori che priva il suolo d’ Italia di una delle sue forze vive. L ’ ottimi­ smo del commissariato mi sembra vivamente im­ portante. Consulti il bollettino n. 1 del 1907. Ella troverà a pagina 43 il riassunto della rela­ zione del comm. Miraglia sull’ ammontare dei ri­ sparmi degli emigranti.

Il Banco di Napoli ha raccolto, dice la re­ lazione, 28 milioni nel 1905, di cui 22 milioni furono spediti in Italia.

Le rimesse essendo state 144,606, ne risulta una media di 153 lire per rimessa.

Più, lungi, alla pag. 46, la relazione afferma che l’ammontare totale delle rimesse degli emi­ granti degli Stati Uniti, è di 300 milioni. Per conseguenza, ben 278 milioni sarebbero rimessi annualmente col concorso d’ altre banche dagli emigranti italiani stabiliti negli Stati Uniti.

La cifra, oltreché esagerata, è inammissi­ bile. Infatti, non c’ è ragione che codesti 278 mi­ lioni siano composti di rimesse individuali me­ die superiori alla media precedente di 153 lire, cosi :

278,000,000 153

1,163,399 rimesse nello spazio di un anno, che, aggiunta alle precedenti, formerebbero Un to­ tale di 1,308,005 rimesse sopra una popolazione italiana che non raggiunga neanche il milione e che, per più della metà, è composta di donne o di lavoratori poveri.

Come credere a simili esagerazioni?

Il comm. Miraglia ha messo in un tal tono le miserie degli emigranti e quelle dei commer­ cianti e degli industriali ; la cosa mi sembra chiara.

Le faccio osservare ciò, per mani tettarle una volta di più la diffidenza che mi inspira la po­ litica italiana in materia di emigrazione.

Preoccupato soprattutto della necessità di sostenere le clientele locali, il governo italiano lascia impoverire il Mezzogiorno; spinge le po­ polazioni ad emigrare... e poi si consola pensando che gli emigranti fanno fortuna in America e ricostituiranno, al loro ritorno, la piccola pro­ prietà fondiaria. I villaggi si ripopoleranno; l’analfabetismo la cui guarigione costerebbe tanto... g li Stati Uniti l’ avranno ottenuta senza spese per 1’ Italia e tutto sarà rimesso in ordine.

Son fisime... legga 1’ articolo di Pietro Lacava.

Aspetto, dunque, con viva ansietà e impa­ zienza i suoi studi, scusandomi di averla si a lungo importunata, la prego, egregio signor Professore, di aggradire i sensi del mio rispettoso ossequio

Pa u l Gh io.

R

ivista

B

ibliográfica

Rag. R om u aldo T ab a n elli - Considerazioni e

proposte sui tributi locali. - Faenza, Novelli e

Castellani, 1906 p. 128 (L. 1.50).

Non ha la pretesa questo lavoro di assun gere alla discussione delle più elevate questioni in materia tributaria, nè di esaminare con ana­ lisi profonda le ripercussioni economiche e giu­ ridiche derivanti dal sistema tributario di un paese, ma contuttociò l’Autore espone alcune con­ siderazioni che meritano di essere lette.

In generale l’ Autore si mostra molto titu- ■» bante nell’ ammettere la necessità delle riforme tributarie per evitare gli inconvenienti che dal sistema attuale derivano. Avendo egli, dietro le conclusioni dei più noti scrittori in materia di tributi, fissati i caratteri scientifici che deve avere un tributo, naturalmente trova con diffi coltà quella imposta o tassa che soddisfi com­ pletamente a tali caratteri; e troppo facilmente, ci pare, accetta il principio che il legislatore nell’ imporre gli aggravi, debba tener conto dei pregiudizi.

Così lo vediamo, con nostra sorpresa, difen­ dere il dazio consumo e preferirlo ad una impo­ sta diretta ; non lo dice, ma lascia intendere che questa sarebbe più molesta di quello e non tien conto abbastanza quanto il dazio consumo sia più costoso, a parte la inciviltà del modo con cui si esplica.

Cosi pure non approfondisce abbastanza la questione della imposta progressiva, che egli si rifiuta assolutamente di ammettere, mentre quando la progressione non sia esagerata, è ormai am­ messa la progressività.

Tuttavia, ripetiamo, il sig. Tubarelli, ha fatto un lavoro che raccoglie in poche pagine molte delle questioni più importanti riguardanti i tri­ buti, e le esamina con non comune competenza. S ergio Panunzio. - Il socialismo giuridico (espo sizione critica) - Genova, libreria Moderna, 1907, pag. 243 (L. 2.50).

Si potrebbe giudicare questo lavoro del Pa­ nunzio, una quantità di buone giuste premesse ed una fallace conclusione. Buone premesse, alle quali in gran parte sottoscriviamo, là dove parla dei gravi difetti del diritto civile, che ancora ci regge e che procede cosi stentatamente nel suo adattamento alle moderne esigenze, perchè ha ai piedi quella catena del feticismo che tanta gente professa verso il diritto antico. E l’ Autore ha ragioni da vendere quando in tutta la prima parte dimostra che non i socialisti, ma gli orto­ dossi giuristi, hanno rielevata la necessità di pro­ fonde modificazioni ai principi che ancora infor mano il Codice.

(7)

19 maggio 1907 L ’ ECONOMISTA 311

inaugurare 1’ avvento di una società « senza classi » omogeneamente lavoratrice, egalitaria, integralmente libera...

Leggendo questo libro, che si fa leggere con suggestiva attrattiva di forma e di forza critica, ci si convince che l’ Autore aveva a priori una tesi da dimostrare e quindi ha forzato un poco le cose perchè la dimostrazione apparisca logica. Ma non lo è, inquantochè le stesse prove che l’Autore porta Sulle enormi resistenze del vecchio giure ad essere riformato, anche là dove la ri­ forma non è certo contro le esigenze sociali contem­ poranee, ma anzi sembrerebbe secondarle, sono an­ che prove evidenti ed a fortiori quanto sarebbe difficile una trasformazione ab imis dei punti fon­ damentali del diritto, e che, se anche il socia­ lismo rivoluzionario riuscisse ad ottenere, o con le schede o con la violenza, la vittoria, non po­ trebbe essere che effimera vittoria, poiché non si muta se non lentamente l’ambiente sociale nel quale si vive.

G iorgio M ortara. - La forza di attrazione delle

grandi citta. - Roma, « Rivista italiana di so­

ciologia ». 1907 op.

L ’argomento non è nuovo, nè è nuova la di­ mostrazione, specie all’ estero, della attrattiva esercitata dalle grandi città la cui popolazione aumenta, non tanto per 1’ aumento normale degli abitanti quanto per la immigrazione dagli altri comuni.

L ’Autore con molta diligenza e con buon metodo studia questo fatto, nelle maggiori città italiane, in base all’ ultimo censimento.

Manca però ogni accenno sullo stesso argo­ mento delle grandi città dell’ estero, il che avrebbe permesso confronti interessanti.

A v v . C a rlo In g r a s c ì-S e s ta . - La fusione

degli zolfi in Sicilia e la riforma del Regola­ mento 1851. - Caltanisetta fratelli Arnone, 1907

op. 15.

si perdono anche la ridondanza dello scrittore e la facile sua retorica, quando si ricordano nel suo libro tutte le difficoltà superate tutti gli osta­ coli incontrati, gli anni di angoscia, e gli stenti del principio.

L ’Autore nella esposizione della sua stona, molto interessante, ha scelto il sistema quasi cronologico, partendo dalla crisi della colonia, ne scrive lo sviluppo in tanti capitoli che compren­ dono un breve spazio di tempo ciascuno. Ter­ mina il volume un capitolo sullo stato presente dell’ Argentina.

Consigliamo ai lettori questo libro, che si legge con piacere e profitto, specialmente come prova di ciò che può fare da sè solo un popolo abbandonato a sè stesso, quando possieda la virtù della costanza quale ha dimostrato in questo caso il popolo italiano stabilitosi all’ Argentina. M aurice M aindron. Dans l’ Inde du Sud.

-Paris, A. Lemerre, 1907 pag. 297. (3 fr. 50). L ’ Autore dall’ India del Sud, che egli v i­ sitava cinque anni or sono, inviava alcune let­ tere ad una persona amica a P a rig i; e tali let­ tere ora pubblica in un elegante volume della solerte Casa editrice Lemerre.

Il merito più importante di queste lettere, a parte la forma squisitamente corretta, consiste nel carattere di fine, attento e sagace osserva­ tore, che trasparisce dalle pagine tutte piene di vita e di vigore. Il "lettore non deve cercare in questo libro, nè l’ aneddoto, nè 1’ arguzia, nè la descrizione delle vecchie meraviglie ; ma la conti­ nua minuta osservazione delle cose che vede, forse condita un po’ troppo di poesia, ma vi­ brante e quasi sempre interessante. Il libro di­ venta obbiettivo per essere altamente soggettivo;

L a terza lettera « un matrimonio hindou » e la nona lettera « le notti di Pondichery » ci sono apparse un fine ricamo su una tela ancora più fina.

In queste brevi pagine l’ Autore dopo aver brevemente riassunto le disposizioni di legge vigenti sulla fusione degli zolfi, rileva come esse non corrispondano ai bisogni moderni della grande industria e come troppo spesso lo scopo di pro­ teggere gli interessi della agricoltura si trasformi invece in un pretesto ad impedire il libero svi­ luppo dell’ industria. Perciò 1’ Autore, basandosi sulla sua chiara dimostrazione, propone alcune modificazioni al regolamento ora in vigore. G iu se p p e Parisi. - Storia degli itoti®™

Argentina. - Roma, E. Voghera, 1907 pag. 650

(L. 6).

La posizione che nel mondo politico, _ econo­ mico e sociale va prendendo la Repubblica A r­ gentina per opera degli italiani che la abitano, costituisce da qualche tempo un argomento di 'orgoglio per la madre patria, la quale già ha di­ menticato completamente la lunga, epoca di oblio e di indifferenza in cui sono stat’ lasciati ì no­ stri fratelli, quando ancora non erano riusciti a conseguire un posto nel mondo.

Sono frequenti però i lavori sull Argentina e sugli italiani all’ Argentina, ed a leggere le pa­ gine di questo libro, che segnaliamo ai lettori,

R IV ISTA ECONOMICA E FINANZIARIA

Ecco il riassunto delle operazioni delle casse di risparmio postali a tutto il mese di marzo 1907 :

Credito dei depositanti alla fine del

mese precedente L. b2pl,-^0,341.72

Depositi del mese di marzo » 52,U64,821.22

L. 1,304,045,168.94

47,721,310.52 L. 1,256,323,858.42

» 16,795,626.05 Rimborsi del mese stesso e somme

cadute in prescrizione

Credito per depositi giudiziali Credito complessivo dei depositanti

su 4,575,384 libretti in corso L. 1,273,119,487.47

— Fu già accennato nel numero scorso ai re­ sultati del Congresso agricolo nazionale in

Italia. .

Ecco l’ ordine del giorno approvato sulle

(8)

1. Che tutte le istituzioni agrarie del Mez­ zogiorno si occupino di diffondere le buone pra­ tiche agrarie intese a migliorare ed estendere le coltivazioni primaticcio ;

2. Che gli agricoltori si uniscano in società cooperative per avere concimi, sementi ed in genere materiali e strumenti per uso agrario alle migliori condizioni e promuovano altre so­ cietà che si occupino :

a) di riunire i prodotti primaticci della

zona e prepararli e conservarli in magazzini fri­ goriferi fino al momento della spedizione;

b) di curare la spedizione dei prodotti

medesimi coi mezzi più adatti ;

c) di organizzare le vendite collo scopo di assicurare a prezzi convenienti lo smercio dei pro­ dotti appena giunti sul mercato;

3. Che il Governo favorisca la costituzione di queste società cooperative di produzione e di trasporto e commercio, similmente a quanto è stato fatto provvidenzialmente per l’ industria enologica ;

4. Che gli Istituti agrari promuovano degli studi e delle indagini per rinvigorire e perfezio­ nare molte pregiate varietà nostrane di frutta ed ortaggi, non tralasciando di studiare le varietà estere per diffondere da noi la loro coltivazione.

E sul grave problema delle irrigazioni (re­ latore Ziino) dopo non breve discussione si votò: 1. Che iniziative private vengano imitate e si sviluppino sempre più, dovunque ciò sia reso possibile dalle condizioni locali ;

2. Che lo Stato intervenga a che l’ inizia­ tiva individuale o consorziale venga incorag­ giata e agevolata a svilupparsi completamente, con provvedimenti basati sopra criteri diversi da quelli che animano le disposizioni in vigore, ina­ datti allo scopo ;

3. Che infine, per quanto riguarda i grandi canali di derivazione, i grandi serbatoi, e in ge­ nerale le grandi opere d’ irrigazione, le quali ri­ chiedono somme rilevanti, lo Stato intervenga direttamente a farle sorgere, riguardandole come mezzi di accrescere la ricchezza nazionale.

A ltro argomento affine fu trattato dal pro­ fessor G. Lumia che trattò dei mezzi indiretti per combattere la siccità, venendo alle seguenti conclusioni :

1 Che gli agricoltori meridionali adottino con perseveranza ed opportunità i vari mezzi che mirando a trar partito delle acque meteori­ che e dell’ umidità dell’ aria, rendono più pro­ spere e meglio produttive le piante;

2. Che il Governo faccia eseguire nell’Italia meridionale ed insulare degli esperimenti, per meglio dimostrare agli agricoltori i benefici e f­ fetti che si possono ottenere dai mezzi che indi­ rettamente procurano freschezza al terreno, con particolare riguardo alle lavorazioni profonde preatunnali.

3. Che il Governo incoraggi in ogni maniera tutti i mezzi meccanici che rendono possibili ed economiche le lavorazioni estive del terreno.

L ’ on. Pantano infine svolse ampiamente il problema della emigrazione interna. Egli disse che la colonizzazione interna in Italia deve pre­ figgersi come scopo precipuo:

1. Mantenere sul suolo una popolazione

sufficiente ai bisogni della cultura, creando — mediante forme di imprese agricole più produt­ tive e capaci di determinare l’ innalzamento du­ raturo della classe lavoratrice — saldi legami fra la patria terra e le popolazioni rurali ; le­ gami che agiranno come contrasti molo alle at­ trazioni delle alte mercedi dei paesi transoceanici che determinano un esodo di lavoratori agricoli divenuto ormai eccessivo in molte parti d’ Italia.

2. Combattere la disoccupazione, provve­ dendo ad un’alca organizzazione cooperativa dei lavoratori dei campi che permetterà, ove è pos­ sibile, una cultura più intensiva della terra — e favorendo, negli altri casi, le migrazioni in­ terne dai paesi ove esubera la mano d’ opera a quelli ove difetta.

Per raggiungere questo intento occorre: ap­ portare all’ Agricoltura il capitale di cui difetta — concedere agevolezze fiscali alle nuove im­ prese che sorgessero a fecondare il suolo, e pro muovere le industrie agricole, a costituire nuovi centri rurali — agevolare il popolamento delle campagne, e sopratutto facilitare al lavoratore, isolato, o meglio ancora alle organizzazioni coo­ perative, l’ acquisto e l’ uso della terra.

Mezzi atti a svolgere quest’azione restaura­ trice si ritengono:

1. La creazione di un « Pondo Nazionale » sufficiente, inalienabile e sacro alla rigenerazione agraria del paese e alla sua continua evolu­ zione.

2. Favorire in modo speciale le associa­ zioni cooperative dei lavoratori della terra, con­ cedendo loro, come anche a singole famiglie di contadini poveri, le terre incolte di proprietà dello Stato —■ o in enfiteusi o in affittanze col­ lettive quelle delle provinole, dei comuni, delle opere pie e di altri enti morali. Pare usufruire di tutti i benefici da concedersi a tali associa­ zioni cooperative, le comunanze agricole che eser­ citano gli usi civici o posseggono i demani po­ polari ora insufficientemente sfruttati per difetto di capitali, di cultura o di solidarietà. Ciò che, insieme all’allevamento economico e civile delle classi rurali, costituirebbe la molla psicologica più potente dell’amore alla terra.

3. Rendere possibile e stimolare il fra­ zionamento volontario del latifondo e la sua tra­ sformazione in coltura intensiva mercè l’enfiteusi — richiamata sostanzialmente alle sue origini storiche — e le affittanze collettive ad associa­ zioni di lavoratori, senza pregiudizio di più ra­ dicali provvedimenti ove la grande proprietà si dimustrasre sorda agli appelli della civiltà e del lavoro nazionale.

4. Concessione di credito, a interesse mi­ nimo e con ammortamento e larghe scadenze, da paste del fondo « nazionale » — per costruzioni e trasformazioni agricole, per trasformazioni di canoni enfiteutici, per spese di assicurazioni, per acquisto di materie prime, di bestiame e di stru­ menti, per acquisti di terre colonizzabili a fa­ miglie povere o cooperative di agricoltori — in quanto hanno per fine di sviluppare la coloniz­ zazione interna sulle basi sopra indicate.

(9)

19 maggio 19Ü7 L ’ ECONOMISTA 313

a) a combattere l’ analfabetismo, avocando

la scuola allo Stato.

b) a sviluppare e rendere più economiche

le comunicazioni fra i luoghi di produzione e quelli di consumo provvedendo in pari tempo a rendere praticamente utili i benefici dello svi­ luppo stradale, mercè la trasformazione delle strade vicinali in vie rotabili, mediante la costi­ tuzione di Consorzi che usufruiscano delle spe­ ciali agevolezze consentite dal legislatore ed altri consimili istituti che hanno carattere di pubblica utilità.

c) a agevolare il rimpatrio degli emigranti che nelle Americhe sonò riusciti a costituirsi un capitale e che anelano di ritornare in patria : creando cendizioni proprizie che facilitano loro l’acquisto e 1’ uso di terre colonizzabili. A questo modo, una parte deH’emigrazione — e la più va­ lida — si verrebbe lentamente trasformando da permanente in temporanea.

d) a provvedere legislativamente ai de­

mani del Mezzogiorno in modo meglio rispon­ dente alle esigenze delle classi agricole e alle forme più moderne della loro esplicazione eco­ nomica.

e) a estendere ed accelerare le opere di

bonifica, intensificare la lotta contro la malaria, promuovere l’ istituzione di bacini montani col­ legati agli improrogabili lavori di rimboschi­ mento.

Queste per sommi capi le idee svolte dal- 1’ on. Pantano che ebbe nelle sue conclusioni consenziente 1’ intiero congresso.

— Da una Relazione testé pubblicata circa l ’azione del Ministero in favore della pe­ sca e dell’ agricoltura nel 1906 in Italia, recentemente pubblicata, può scorgersi quanto sia stato il lavoro dell’ Ufficio della pesca creato nel 1904 dal Ministro Rava.

Nella relazione è detto della operosità di quell’ ufficio, della Commissione e degli Istituti che ne dipendono, mettendo in luce quanto si è fatto per la formazione di cooperative fra pesca; tori, per scuole di pesca, per studi e indagini attinenti ai prodotti delle acque marine, fluviali e laquali, per gli italiani che si recano all’estero a pescare, per la mostra ed il congresso di pesca e di agricoltura in Milano, per disciplinare con criteri di opportunità economica le pesche con le paranze, per rendere più rapido e meno costoso il trasporto dei pesci, per ripopolare le acque pubbliche con avannotti e diffondere le pratiche ragionali della piscicoltura.

La pubblicazione contiene inoltre la legisla­ zione sulla pesca del 1906, compresa la nuova convenzione italo-elvetica per le acque del Lago Maggiore e del lago di Lugano, le relazioni sui due importanti concorsi a premi fra le coopera­ tive di pescatori e fra i benemeriti dell’ agricol­ tura, i rapporti di Società di pesca sussidiate dal Ministero, e infine le spese sostenute dallo Stato per questi servizi.

— Sono note le pressioni e i voti che da un pezzo si fanno per la revisione della imposta fabbricati.

Ecco quanto in proposito si dice della rela­

zione dell’ on. Rubini per la giunta del bilancio sull’assestamento :

« E ’ dal 1889, cioè da ormai diciotto anni, che l’assetto di questa imposta non fu mutato, sebbene la materia imponibile abbia subito le più notevoli variazioni e spostamenti anche più notevoli.

Senza riaprire la discussione se l’ art. 20 della legge 26 gennaio 1865, abbia inteso di Or­ dinare revisioni periodiche quinquennali o una sola revisione dopo cinque anni dalla sua attua­ zione, certamente essa non ha voluto consacrare la ripartizióne del tributo alla immobilità.

Oi sembra il caso di considerare se non sia venuto il momento di una revisione ; non è con­ veniente nè equo di continuare a percepire il tributo sopra elementi di tassazione che non cor­ rispondono più nè proporzionalmente, nè concre­ tamente, alla verità.

E ’ ben lontano, però, dal nostro pensiero di volere proporre cosa che possa condurre ad ina- cerbimento di tassazione; intendiamo il contrario. La revisione non dovrebbe avere una fine fiscale ; dovrebbe mirare all’ unico scopo di conseguire un riparto del tributo più razionale ; più vicino al vero, di quello che sia l’attuale, e pertanto im­ porre a sè stessa un limite di provento totale, che non superasse quello ottenuto nell’ ultimo esercizio, tutto al più aggiungendovi l’incremento normale di un’ anno ; incremento che fu in sette esercizi, dal 1898 al 19U5, di lire 5,071,135,83, quindi in media, per un anno di circa tre quarti di milione.

Tutto il maggior provento, che potesse for­ nire eventualmente la materia imponibile aumen­ tata, dovrebbe andare a scarico dei decimi di guerra. Presentata ed attuata su di queste basi, ci pare che la revisione dovrebbe essere accolta con favore dalla generalità dei contribuenti ; che se taluni la ostacolassero, ciò significherebbe che essi pagano meno del dovuto, a carico degli altri contribuenti.

« Speriamo che il proposito a cui accenniamo abbia ad essere accolto e fatto proprio dal G o­ verno, cui compete il dovere di promuovere l’equa ripartizione dei carichi fra i cittadini nell’ inte­ resse combinato della giustizia e dell’ erario, in quanto la ripartizione veritiera e la riduzione dell’ aliquota dipendente da un probabile aumento della materia imponibile sono fattori di più celere incremento del tributo medesimo. Gli enti locali troverebbero anch’ essi il loro vantaggio nella riforma ».

—- Il Governo di Victoria ha rimesso il giorno 7 corrente lire 200,000 sterline per essere ap­ plicate al rimborso del prestito di Victoria di 2 milioni che scadrà nelTaprile del 1908.

— A partire dall’ 8 maggio le obbligazioni del prestito bulgaro 4.50 per cento oro (1907) di un capitale nominale di 145 milioni di franchi saranno ammesse alla negoziazione della Borsa, e cioè: le obbligazioni liberate a contanti e a termine, le non liberate al contante solamente.

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alla data del 31 dicembre 1906, aveva una cifra di 7,238,622 abitanti.

Ecco i totali per ciascuna provincia:

1905 1906 Brabant 1,392,422 1,416,090 Hainaut 1,200,131 1,211,727 Fiandra orient 1,088,320 1,095,320 Anversa 907,506 925.694 Liegi 873,629 878,346 Fiandra oecid. 858,818 859,576 Naraur 359,108 361,114 Limbourg 258,153 261,702 Luxembourg 227,360 229,133 7,160,547 7,238,622

V i è un aumento dunque nel 1906 di abi­ tanti 78,005 sulle popolazione del 1905 nel Belgio.

— Da un rapporto del Console britannico a Porto R icco ricavasi quali siano le condizioni economiche dell’ isola di Porto Ricco dopo l’occupazione americana.

Le esportazioni che nel 1905 erano di ster­ line 3,726,968 sono salite nel 1906 a st. 4,749,120; le importazioni da 3,418,534 sterline, quali erano nel 1905, sono aumentate a sterline 4,427,273 pel 1906 e tale prosperità commerciale non ac­ cenna a subire rallentamento.

Un’ onda di attività si è sparsa sul paese; nelle piantagioni dello zucchero vennero introdotti nuovi sistemi e nuovi macchinari, e si comincia a fare largo uso di concimi. La coltivazione del tabacco è ora quasi per intero sotto il controllo del Tabacco Trust degli Stati Uniti, il quale ha introdotti metodi scientifici aumentando grande­ mente il rendiconto e migliorando la qualità della foglia.

Durante il 1906 il tabacco esportato da Porto R icco raggiunse un valore di 730,488 sterline con un aumento di 201,293 sterline sulla quan­ tità esportata l’anno precedente.

Anche l’esportazione del caffè è ip aumento, per quanto le piantagioni risentano ancora dei danni arrecati dal grande ciclone del 1899 ed il mercato soffra per la concorrenza del caffè bra­ siliano.

In pari tempo la mortalità della popolazione è discesa dal 41 per mille in seguito ai grandi lavori di risanamento e di fognatura ordinati dal Governo americano.

L a rete ferroviaria si avvicina rapidamente a completazione e così quella stradale, mentre si può dire ultimata la rete telegrafica e telefonica.

II commercio dell’Austria-Ungheria. — Durante i primi tre mesi del 1907, l’ importazioni nell’ Austria-Ungheria si è elevata a 572 milioni di corone, in diminuzione di 99 lj2 milioni sulla cifra del medesimo primo periodo del 1906.

L ’ importazione si è elevata a 495 milioni di corone in diminuzione di 67 1[2 milioni.

Si trova dunque per questo trimestre un saldo passivo del bilancio commerciale uguale a

77 milioni di corone : nel primo trimestre del 1906 si aveva un saldo passivo di 109 milioni.

Il commercio delFArgentina. — Secondo le statistiche recentemente pubblicate il valore delle importazioni ed esportazioni argentine nel 1906 giunse a 562,224,350 pesos d’ oro, cioè un aumento di 34,226,689 pesos d’oro sull’anno 1905.

Le importazioni giunsero a 269,970,521 pesos d’oro, cioè a 64,816,10! pesos più che nel 1905.

Ecco le cifre dei singoli prodotti :

Tessili 1905 pesos-oro 46,218,951 Ferro 29,813,143 Veicoli 23,752,349 Materiale da costr. 15,386,391 Vetri e ceramiche 13,735,925 Vini 9,167,142 Prod. chimici 6,275,786 Olii 5,559,792 190ò pesos-oro 54,130,089 43,584,488 35,055,364 22,001,698 17,662,548 11,794,039 7,582,859 7,880,973

Il commercio della Bolivia- — Ecco il movimento commerciale della Bolivia (ab. 1,734 mila) nel 1906 in confronto col 1905.

19)5 1906

Importazione (boi.) 19,823,444 20,298.771 Esportazione » 21,162,947 29,533,047

Il valore del boliviano, in carta, è 5 fr., ma il valore effettivo, per le oscillazioni del cambio, varia da 2,45 a 1,71, sicché un ragguaglio esatto non è possibile.

La Bolivia nel 1906 ha esportato almeno il 25 0[Q di più del 1905 ; tre quarti sono rappre­ sentati da esportazione di minerali — salnitro in specie — e un quarto da prodotti agricoli.

Quanto ai paesi di destinazione delle merci esportate, l’Ufficio di statistica ammette di non poterli determinare con sicurezza, perchè la B o­ livia, mancando di porti propri, è costretta a far transitare le sue merci per territori e dogane straniere.

Ad ogni modo, secondo le cifre approssima­ tive, l'Italia occuperebbe l’8° posto, dopo il Chile, la Francia, l’ Inghilterra, la Germania, l’ Argen­ tina, il Perù e gli Stati Uniti, con una somma insignificante.

Circa il commercio d’ importazione, l’ Italia figura pure all’ottavo posto per circa lire 3,633,490.

E tra i prodotti più battutti, vengono in in prima linea i cappelli, i tessuti di cotone, e i fiammiferi ; seguono in seconda linea i saponi, il riso, le conserve alimentari, la carta, i manu­ fatti di cotone, l’olio d’oliva, i tessuti di lana, i vini specialmente liquorosi e i vini bianchi, le mandorle, le paste alimentari, gli ombrelli, i ri­ cami, le sardine, le sementi, i mobili, i bottoni,

il burro e moltissimi altri.

Il valore delle esportazioni giunse a 292,253,829 pesos d’oro, o cioè a una diminuzione di 30,590,012 pesos d’oro comparativamente al 1905.

Ecco i principali articoli :

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19 maggio 1907 L ’ ECONOMISTA 315

Il commercio del Messico. — Ecco i re­ sultati di questo commercio per i primi sei mesi dell’anno 1906 1907 (luglio-dicembre 1906).

Importazioni (valori di Iatture)

1906-07 dilì. sul 1905-06 Materie animali 10.013,379 - f 2.102,270 » vegetali 13,471,597 — 706,998 » minerali 37,028.191 + 9,107.054 Tessili 13,240,841 4 2,253,034 Prod. chimici 4,145,494 4 646,884 Bevande 3,372,205 — 134,929 Carta 2,992,831 4 259,131 Macchine 13 661,041 4 4,362,050 Veicoli 4,090.065 4 2,358,369 Armi 2,058,157 4 52,938 Diversi 4,524,705 4 707,342 Totale 108,598,506 4 21,102,945

Esportazioni (Valore dichiarato)

Prod. minerali 17,643,393 - 2,079,458 4 2,351,647 » vegetali 31,715,224 » animali 5,292,839 — 315,059 » mani fatturati 1,366.966 4 51,780 Diversi 363,272 -j- 12,536 Met. preziosi 61,502,243 — 14002,017 Totale 117,883,937 — 13980,571

L'industria bacologica e serica

La Commissione d’ inchiesta per le industrie ba­ cologica e serica, presieduta dall’on. Luzzatti, ha com­ pilato alcuni interrogatori sulle condizioni delle in du ­ strie della seta e sui mezzi adatti a promuoverne lo sviluppo e la organizzazione. Gli interrogatori sono di­ visi in quattro temi : I. Gelsicoltura, bachicoltura e questioni economico-agrarie attinenti ; II. Bozzoli, sete, e cascami; III. Tessitura serica; IV. Diffusione della gelsicoltura e della bachicoltura nell’ Italia meridio­ nale ed insulare.

Gli interrogatori sono preceduti dalla seguente prefazione :

« La Commissione di inchiesta per gli studi sulle condizioni dell’ industria della seta, ha inaugurato i suoi lavori deliberando di distribuire un questionario fra le persone giudicate più competenti in Italia e al- l’ estero, d’ inviare all’ estero nei luoghi dai quali move più viva la concorrenza alle industrie italiane o coi quali possono crescere i nostri traffici, dei tecnici ca­ paci di mettere in rilievo esatto la realtà delle cose.

«Intanto la Commissione, che si tiene in continui rapporti col Governo, dopo la approvazione del disegno di legge che fissa di quadriennio in quadriennio la re­ visione dell’ imposta sulla ricchezza mobile, antica aspirazione dei setaiuoli, ha chiesto ai Ministri delle finanze, del tesoro, delle poste e del commercio, la modificazione delle attuali disposizioni sul bollo delle cambiali internazionali, agevolezze per lo sconto dei

warrants e per i trasporti marittimi da Batum all’Italia.

« Così la Commissione, man mano che i suoi studi giungano a conclusione, raccomanderà al Governo per­ chè si traducano in atti.

« I fini essenzialmente pratici che ci proponiamo e il fermo proposito di esaminare i mezzi idonei a ri­ donare l’ antico splendore a tutti i ràmi della industria serica, per quanto possa dipendere da beneficio diretto di Governo e di legge, ci danno la certezza di ottenere risposte chiare, concrete e sincere.

« Dopo averle esaminate ci proponiamo di compiere il nostro lavoro coll’ inchiesta orale che sarà eseguita nei grandi centri della bacologia, della filatura e della tessitura nazionale, e in quei luoghi del mezzodì d’ Ita­ lia ai quali la Commissione aspira come compito suo principale di restituire con idonei provvedimenti l’ in­ dustria perduta o diminuita della bacologia coilegata alla gelsicoltura e della filatura della seta.

« E ’ sotto questi auspici che noi invochiamo la collaborazione di tutti coloro che possono darci un consiglio efficace o una notizia sicura ».

Tra le domande, che sono numerosissime, notansi le seguenti:

« E’ conveniente di dare maggior sviluppo alla gelsicoltura ed alla bachicoltura, anche in certe plaghe dell’ Italia centrale e settentrionale, dove non è molto curata: come nel Lazio, nella Maremma, in Liguria, nell’ Emilia, nella Toscana? »

« Havvi in qualche provincia eccesso di foglia in confronto dei locali disponibili per il razionale alleva­ mento dei bachi? »

« I n quali provincie d’ Italia si ottengono le me­ die maggiori di bozzoli per oncia? »

« In quali provincie si ottengono bozzoli di mag­ gior rendimento? »

« Quali difficoltà si oppongono alla estensione ge­ nerale del sistema di bachicoltura usato nel Friuli e nel Veneto orientale, seguendo il quale il bisogno della mano d ’opera è ridotto ad un quarto di quanto ne occorre con gii altri sistemi? »

« Si crede utile e possibile ripristinare la gelsicol tura e la bachicoltura nell’ Italia meridionale ed in­

sulare?» . . .

« Quale è l’esito del tentativo delle seminagioni e delle piantagioni di gelsi nell’ Italia meridionale fatto iniziare lo scorso anno dal Governo? Ohe cosa si pro­ pone di fare il Governo per non fare disperdere e per continuare l’opera iniziata? »

« Dato che l’ Italia non produce sufficiente quan­ tità di bozzoli per il lavoro delle sue filande e deve importarne dall’estero circa 1/5^ del suo fabbisogno, si crede possibile o no emanciparsi da tale importazione coll’aumento della produzione nazionale?»

« Quali difficoltà si oppongono alla piantagione di gelsi lungo le linee ferroviarie? »

« Non sarebbe utile controllare, come si fa da altri Stati, il seme bachi che si importa dall’estero?»

« Sarebbe possibile e per quale via potrebbesi ot­ tenere un accordo tra bachicoltori, semai e filandieri per stabilire quali razze di bachi e quali incroci con­ venga allevare e quali abbandonare: e ciò in vista, di unificare migliorandola la produzione senza pregiudi­ zio della sicurezza e dell’abbondanza del prodotto?

« Non sarebbe utile rinvigorire ¡’opera delle cat­ tedre ambulanti di agricoltura istituendo, ove se ne riconosca il bisogno, Sezioni speciali per la bachicol­ tura o anche cattedre specializzate o scu ole?»

« Quale importanza ha il fenomeno, avveratosi in qualche luogo, che si è dovuto abbandonare l ’ alleva­ mento dei bachi per mancanza di braccia, causa l ’emi­ grazione ? »

« Conviene che alle sete e bozzoli sia sempre nei trattati di commercio riservato il trattamento più li­ bero, sia all’entrata che alla sortita?»

« Quali le cause che produssero le gravi crisi del passato (aggio sull’oro e cambi asiatici), e quali i prov­ vedimenti atti a scongiurarle od attenuarne gli ef­ fetti? »

« Qual’ è l’ importanza della concorrenza attuale o presumibile della così detta seta artificiale? »

« Necessita un servizio di statistica e di informa­ zioni interno ed esterno atto a rapidamente ed esatta­ mente far conoscere ai produttori e industriali le mo­ dificazioni dei mercati e delle tendenze della concor­ renza? »

« Sarebbe utile la concentrazione della produzione, mediante società, le quali provvedano a larghe riserve, per creare stocks, premunirsi contro le oscillazioni del­ l ’aggio dei cambi ecc., cosi -da tendere ad una certa stabilità dei prezzi?»

« Quali facilitazioni dovrebbero fare gli Istituti di emissione ? »

« Conviene dare agli Istituti di emissione maggior libertà di facoltà di sconto? »

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