GAZZETTA SETTIMANALE
SCIENZA ECONOMICA, FIN A N ZA, COMMERCIO, BANCHI, F E R R O V IE , INTERESSI P R IV A T I
Anno XXXIV - Yol, XXXVIII
Firenze, 10 Febbraio 1907
S O M M A R I O : Incapacità — Istituto Italiano di Credito Fondiario (Esercizio 1906) — La industria saccarifera in Italia —.Casse di risparmio in Italia (Padova) — R i v i s t a econom ica e fin a n zia ria : La situazione delle Casse postali di risparmio in Italia. - Il patrimonio d,elle principali città italiane. - Il progetto di legge sui porti italiani. - Per.il miglioramento agrario della Sardegna - Un prestito russo. - Un prestito marocchino - Il programma del partito socialista inglese. - Le operazioni effettuate dalle ' asse di risparmio prussiane nel 1905. - R a s s e g n a del com m ercio in te rn a z io n a le : Il commercio tedesco e mondiale — La Riforma all’ « Income tax » — Le industrie dei pellami in Italia — Le condizioni agricole agli Stati Uniti — L ’ assicurazione obbligatoria dei contadini per gli infortuni sul lavoro — Camere di commercio— Mercato monetario e Rivista delle Borse — Società commerciali ed industriali — Notizie commerciali.
esistente, ed oggi nulla abbiamo da aggiungere a quanto allora scrivemmo sull’argomento. Ma pur troppo vediamo che rapidamente si procede verso una più profonda dissoluzione ; cioè dal primo stadio, che è quello del disordine, si passa già al secondo, che è quello dei rimedi più dan nosi ancora dei male.
Nella impossibilità di dare una conveniente risposta, che spieghi il modo deplorato con cui il servizio cosi dei passeggeri come delle merci viene compiuto, il Governo, per bocca del suo Capo, l’on. Giolitti, ha dichiarato improvvisa mente che il nuovo progetto di legge, che sarà fra giorni presentato per il definitivo assetto delle Ferrovie di Stato, conterrrà la disposi zione che sia nominata una Commissione p a rla mentare di vigilanza, e che tale disposizione del disegno di legge potrebbe essere stralciata dal rimanente, affinchè possa essere immediatamente applicata.
Vogliamo credere che dando l’ annuncio di questa proposta, il Governo fosse in buona fede ; ma ammiriamo in verità questa buona fede, che somiglia molto alla ingenuità.
Ma si crede proprio che le persone le quali sono preposte alla attuale azienda ferroviaria e che sono tra le più competenti e tra le più "de siderose che cessi questo disordine, abbiano b i sogno di una Commissione parlamentare — il che vuol dire incompetente o meno scompetente — per chè le sorvegli? — Se il servizio ferroviario di Stato va cosi male, non è per incapacità o per cattiva volontà delle persone ; il comm. Bianchi e molti di coloro che lo coadiuvano, sono sempre gli stessi uomini esperti in materia di servizio e pieni di quell’ amor proprio che li spinge a fare tutti gli sforzi possibili onde evitare il crescente disservizio.
Il male sta nella natura stessa delle cose, nella incapacità di qualunque amministrazione dello Stato a compiere un lavoro esatto, coscien zioso, utile.
I N C A P A C I T À
Quando venne fondato VEconomista, la prin cipale questione che si presentò quasi subito alla discussione nelle sue colonne, fu quella dell’eser cizio ferroviario. E l’ Economista sosteneva allora, vivamente come oggi, con dimostrazioni e prove irrefragabili, che lo Stato non sarebbe stato capace, di dare un servizio ferroviario tollerabile. Ohi rammenta l’ esercizio di Stato della famosa Alta Italia, che durò, sempre peggiorando, dal 1878 al 188B, non si meraviglia certo delle attuali con dizioni del servizio; e fu quel cattivo servizio che determinò la inchiesta, e fu la inchiesta che portò al Ministero dei lavori pubblici il Genala, e fu il Genala che, vincendo difficoltà di ogni genere, fece approvare l’ esercizio privato, sia pure cir condato da tali condizioni da rendere quasi im possibile che esplicasse tutte quelle vantaggiose migliorìe di cui sarebbe stato suscettibile. Non diremo che le tre Società si sieno meritata tutta quella simpatia e considerazione che sarebbe stata necessaria; anzi possiamo ricordare di avere più volte in queste colonne affermato, che la condotta delle Società esercenti pareva diretta a rendere inevitabile l’ esercizio di Stato.
Ma per quanto fossimo convinti che una Amministrazione governativa non avrebbe potuto i mai dare in Italia un buon servizio, confessiamo che non avremmo mai creduto che si arrivasse al punto che oggi lamentiamo. Il disordine, la disorga nizzazione, la incapacità di trovare rimedi, ha sor passato ogni misura ed ogni previsione. In poco più di due anni l’Amministrazione di Stato ha dimo strata la propria inettitudine, che in gran parte non dipende dalla volontà delle persone, ma dalle fatali circostanze, che non potevano essere elimi nate se non mediante una forza organizzatrice J di primo ordine, che sapesse imporsi e resistere, j
Alcune settimane or sono abbiamo cercato di analizzare le cause principali della confusione
82 L ’ ECONOMISTA 10 febbraio 1907
Ciò che oggi si lamenta per le strade fer rate dello Stato, si lamenta da molti e molti anni per la pubblica istruzione; — l’Amministra zione delle poste e telegrafi cessò di essere una amministrazione alquanto ordinata, appena se ne fece un Ministero, e da allora il disordine e il cat tivo servizio andarono aumentando ; e se di altre amministrazioni non scorgiamo il disordine e la disorganizzazione, è soltanto perchè abbiamo con esse meno diretto contatto ; ma esistono pro fonde e pur troppo irrimediabili se non viene remossa la causa.
Ed a nostro avviso la causa sta in ciò che le Amministrazioni governative, specie se sono composte di molte persone, non possono funzionare bene se non quando sieno governate con una illuminata energia, che abbia un chiaro obbiet tivo, un preciso indirizzo e sappia e possa resì stere alle pressioni continue tanto se vengono dal basso, come se vengono dall’alto. In altri termini le Amministrazioni dello Stato procedono abba stanza bene, quando il Governo è forte e sa quello che vuole.
Ma da noi in Italia il Governo, per quanto sorretto da grandi maggioranze, è sempre stato debole ed appare sempre più debole; le sue Am ministrazioni risentono di questa debolezza, e di ventano presto prigioniere dell’ambiente politico, prima, del personale di cui sono composte, poi.
Non si è visto? Appena tre mesi or sono, in pieno disordine del servizio ferroviario, il Ministro dei lavori pubblici ed il Direttore Generale delle ferovie dello Stato, si sono affaticati a tessere in Parlamento gli elogi della attività, della abnega zione, della correttezza del personale, mentre i cittadini da tutte le parti d’ Italia accertavano coi fatti quotidiani tutto il contrario e se ne lamen tavano.
Ammettiamo pure che Ministro e Direttore Generale fossero convinti che quegli elogi erano meritati, ma quel convincimento derivava dalla persuasione che, se si fossero lagnati del personale, avrebbero avuto una tempesta di insubordinate e forse insolenti proteste, e non sarebbero mancate le minaccio di sciopero.
E questa debolezza del governo si rivela così nelle grandi come nelle piccole cose; quanti giorni sono che il Ministro dei lavori pubblici ha ri nunciato a distribuire i biglietti gratuiti, di cui lo autorizzava un decreto-legge, solo perchè egli comprendeva che avrebbe fatti troppi malcontenti? , Non siamo arrivati, in altro campo, fino alle minaccie d’ uno sciopero di carabinieri e di guardie di pubblica sicurezza per ottenere la presentazione ed approvazione di una legge a loro favore?
Nessuna meraviglia quindi del disordine fer roviario ; appena appena è permesso di osservare che la disorganizzazione sia stata più rapida e più intensa di quanto anche i pessimisti pote vano prevedere.
E le fasi di questa dissoluzione, se non verrà un miracolo, sono prevedibili. - Nomina di una Commissione parlamentare; - conflitto più o meno latente tra questa ed il Comitato e la Direzione Generale ; - dimissioni del Gomitato e del Direttore Generale, che saranno i capri espia tori ; - nomina di persone semi-politiche a sosti tuirli; - disservizi sempre crescenti e.... finalmente
i cittadini perderanno la pazienza e considerando che sono in molti milioni contro alcune diecine di migliaia, useranno la violenza materiale per avere giorno per giorno, luogo per luogo un buon ser vizio.
Non vi fu un tempo, non lontano, che ogni esercente si creava le monete da sè?
Faremo lo stesso per le ferrovie ; alcuni vo lenterosi per ogni linea, cercheranno o di farsi obbedire con atti energici o di fare da sè.
S’ intende, esercizio privato, no; perchè non crediamo che possa costituirsi alcuna società che. assuma le ferrovie in queste condizioni; un ser vizio pubblico, fatto dal pubblico. E perchè no? Forsechè l’ Italia economica nel suo complesso non progredisce, malgrado il Governo? Nou potrà essa far progredire anche i singoli servizi facendo a meno del Governo?
L ’ argomento è troppo serio e grave per scherzarvi sopra; ma poiché non si vede possibile alcun rimedio e le cose fatalmente andranno sem pre peggio, si può anche pensare all’ impossibile. Gli economisti liberali, come sono stati vendi cati ! L ’on. C. F. Ferraris, che nell’esercizio di Stato vedeva il trionfo della grande idea del socialismo di Stato, come deve essere sodisfatto, lui che ha avuto la fortuna di tener a battesimo questo aborto, generato dall’on. Tedesco,.... Statizzate, municipalizzate, o signori, ecco i vostri risultati.
ISTITUTO
italiano
DI
credito
fondiario
(E sercizio 1 9 0 6 ).
Colla riserva di dare notizie sui risultati del bilancio dell’ Istituto Italiano di Credito Fondia rio, appena sia pubblicato, diamo oggi qualche cenno sul lavoro compiuto dall’ Istituto durante 1’ esercizio 1906.
Le domande di mutuo segnarono nel 1906 un aumento del 25 per cento su quello dell’anno precedente, ed un aumento sempre notevole su quello del triennio precedente, per ciò che riguarda l’ ammontare delle somme chieste a mutuo. Infatti nei quattro anni 1903-1906 si ebbe il seguente movimento di domande:
1903 N. 331 L. 22,806,000
1904 » 332 » 21,031,500
1905 » 288 » 20,040,500
1906 » 380 » 25,053 000
Le domande del 1906 si ripartiscono così rispetto alla natura degl’ immobili offerti in garan zia: 10,5 milioni su fondi rustici, 10,7 milioni su fondi urbani, 3,8 milioni su fondi misti.
L ’ Istituto, al principio del 1906, aveva già in corso 561 domande, che erano allo studio nel 1905, o che erano state respinte e furono poi ri prese in esame, così che nel 1906 furono in corso 941 domande per 60 milioni di lire chieste in mutuo.
presen-10 febbraio 1907 L ’ ECONOMISTA 83
tare domande di mutuo se non quando le condi zioni che può offrire sieno tali da sodisfare le esigenze della legge.
Più cospicua è la cifra delle domande riti rate, cioè 182 per 9,3 milioni di lire; è da rite nersi però, se siamo bene informati, che questa cifra contenga moite domande sulle quali da lungo tempo i richiedenti non avevano fatto al cun passo per adempiere alle condizioni neces sarie e vennero quindi eliminate definitivamente dalla situazione.
I mutui stipulati furono 140 per L. 13,2 mi lioni, con un aumento notevole sugli anni prece denti; infatti nel quadriennio si ha:
1903 N. 127 L. 7,002,000 1904 » 94 » 10,222,500 1905 » 132 » 9,3zo,000 1906 » 140 » 13,216,000
E se vi fosse bisogno di un’altra prova che l’ Istituto non preferisce, come era antica erronea affermazione, i mutui sui fondi urbani a quelli sui fondi rustici, ecco le cifre che mostrano, an che per il 1906, la prevalenza dei mutui sopra fondi rustici :
Mutui sui fondi rustici N. 57 per L. 8,473,000 » » urbani » 75 » 4,009,000
» » misti » 8 » 734,000
140 L. 13,216,000 Circa la ubicazione degli immobili i 13 mi lioni di mutui, che furono stipulati nel 1906, si dividevano, secondo le provinole, e tenendo conto solo di quelle dove le domande superarono le 100,000 lire, nel seguente modo :
Roma L. 1,339,000 Lecce L. 298,0U0 Asc. Piceno » 140,000 Massa » 206,500 Avellino » 178,000 Napoli » 7,169,000
Bari » 742,500 Palermo » 137,000
Caltanisetta » 450,000 Perugia » 270,000 Caserta » 287,000 Reggio Cai. » 165,000 Catania » 105,000 Salerno » 219,000 Firenze » 390,000 Siracusa » 208,000 Foggia »
Grosseto » 250.000120.000 Teramo » 115,000 Nel complesso i 147 milioni di mutui stipu lati dalla fondazione dell’ Istituto, furono distri buiti nelle provincie seguenti (escluse quelle che ebbero meno di un milione):
Roma L. 29,821,000 Livorno L. 1,996,000 Ancona » 1,525,000. Macerata » 1,116,000 Asc. Piceno » 1,065,000 Napoli » 30,277,000 Bari » 11,353,500 Palermo » 2,955,000 Caltanisetta » 1,844,50) Perugia » 3,193,50.) Caserta » 5,420,500 Potenza » 4,'.;68,000 Catania » 2,272,500 Ravenna » 1,681,000 Cosenza » 1,289,500 ReggioCal. » 3,114,500 Firenze » 3,623,000 Salerno » 1,581,000 Foggia » 9,063,500 Siracusa » 3,262,000 Genova Lecce » 1,294,000 » 5,812,500 Teramo » 1,363,500
Non occorre rilevare la grande prevalenza delle provincie meridionali ed insulari; anche nel 1906 i 13 milioni di mutui si dividevano così :
Italia insulare L- 1,255,000 » meridionale » 9,510,500 » centrale » 2,450,500 Avendo l’ Istituto tre tipi di cartelle in cir colazione cioè il 4 1/2, il 4, ed il 3 1/2 per cento e quindi mutui di corrispondente interesse, si verificano necessariamente delle conversioni da un
dato saggio di interesse ad uno inferiore; queste trasformazioni nel 1906 ammontarono alla cospi cua cifra di L. 6,230,984.
Per ciò alla fine del 1901 l’ Istituto aveva in essere mutui al 4 1/2 per cento, per L. 25,6 milioni ; mutui al 4 per cento per L. 49,0 milioni, mutui al 3 1/2 per cento per L . 33,4: milioni; in totale mutui per 108 milioni.
Le cartelle in circolazione erano per 13, 5 milioni al 4 1/2 per cento, per 44,9 milioni al 4 per cento e per 14 milioni al 3 1/2 per cento; in totale 72,3 milioni di cartelle in circolazione.
Non ostante questa cifra così cospicua di mutui, l’ Istituto non ha proprietà derivanti da espropriazioni, la qual cosa è molto importante per valutare la sua solidità e per giudicare della prudenza con cui è diretto.
Così l’ Istituto continuò anche nel 1906 la sua lenta, ma buona via, diffondendo, specie nelle provincie meridionali, questa forma di credito così utile alla agricoltura e della quale forma essa si gioverebbe senza dubbio più largamente, se la proprietà fòsse più ordinata e meglio assoggetta bile a fornire una buona garanzia.
Esaminando in un prossimo articolo il b i lancio dell’ Istituto riteniamo di poterne accertare, come negli anni decorsi, la salda organizzazione ed i buoni risultati, che essa dà.
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l i r a in n
Il sig. Giretti ci dirige un’ altra lettera sulla questione degli zuccheri, nella quale in sostanza ripete quelle stesse affermazioni che aveva già dette nelle precedenti e negli altri suoi scritti ; ma poiché dichara che per conto suo è 1’ ultima, la pubblichiamo qui sotto integralmente.
Dal canto nostro volendo continuare a trat tare la questione in base ai fatti, piuttosto che alle parole ed agli apprezzamenti poco o punto fondati, ci siamo procurati i bilanci delle 16 So cietà per azioni produttrici di zucchero, i quali riguardano l’ esercizio 1905. Continuiamo così a dare gli elementi sulla questione, quanto più esatti possiamo, perchè i lettori possano formarsi un concetto dei vari aspetti dèi problema.
Il capitale di queste 16 Società è rappresen tato da poco più di 90 milioni; la riserva che le 16 società hanno potuto formare fino all’ esercizio 1905, ammontava a poco meno di 30 milioni, cioè un terzo del capitale, ma se si tolgano i 20 milioni di riserva della « Eridanìa fabbrica di zucchero », la quale riserva non ha niente a che fare colla produzione dello zucchero, rimangono 10 milioni di riserva per le altre 15 Società ; il che vuol dire, nel complesso, appena 1/9 del capitale.
84 L ’ ECONOMISTA IO febbraio 1907
mente la raffineria, prima di esercitare la fabbri cazione dello zucchero colla barbabietola nazionale. Nelle altre Società troviamo la sola Zucche- rerìa nazionale che ha un capitale di 5 milioni ed una riserva di 1,189,237, cioè del 23 per cento, mentre il Codice domanda il 20 per cento.
Le altre Società fabbricatrici di zucchero hanno le seguenti riserve, che disponiamo secondo la percentuale del capitale:
Capitale Riserva Per cento Società Valsacco 3,000,000 600,000 20.— Socièté Suisse 2,700,000 136,651 5.— Società generale per
lo zucc. indigeno 12,000,000 581,236 1.84 Società Ravennate 1,500,000 60,223 4.00 Società italiana 9.000,000 255,151 2.83 Società Gulinelli 10,000,030 279,208 2.39 Società Sarmato 2,759,000 30,550 1.08 Società Romana 8,000,000 70,000 0.85 Società Generale 1,800,000) 5,214 0.38 Società Italo Belga 3,000,000 2,631 0.09 Società Ostigliese 1,600,000 1,366 0.08 Società Sanvitese 1,900,000 — — Società Vicentina 1,800,000 — —
La maggior parte quindi delle Società sac carifere non ha potuto coll’attuale regime, che, si afferma ma non si dimostra, accorda alla in dustria dello zucchero una così alta protezione, mettere da parte utili in misura sufficiente per far fronte a quelle alee di molte specie, che pos sono colpire la industria.
Sopra 16 Società, due non hanno riserva, quattro hanno riserva inferiore all’ 1 per cento, cinque una riserva non superiore al 5 per cento, una arriva al 20 per cento, e quattro lo superano.
Ma se non hanno accumulato riserva, avranno almeno distribuito larghi e grossi dividendi agli azionisti, si affermerà, e si è anzi affermato. Però crediamo che questo si sia detto ad orecchio ; perchè un fabbricante di zucchero si è fatto co struire una villa sontuosa, se ne deduce che la industria dello zucchero, mercè la protezione, ar ricchisce i produttori a spalle dei consumatori !
Vediamo un poco come vadano le cose da questo lato.
Il capitale delle 16 Società, delle quali ab biamo sott’occhio il bilancio 1905, è rappresentato da L . 90,200,000 e se togliamo da queste cifre quello dell’ Eridania, per le ragioni già dette, ri mane un capitale di poco meno di 82 milioni, i quali milioni nel complesso hanno conseguito un utile distribuito di L. 5,873,000 (tolto quello dell’Eri- dania di L . 2,200,000). Ma due Società accusano nel bilancio una perdita, l ’una di L. 80,853, l’altra di L . 16,002 e quindi in totale una per dita di L . 96,855.
L ’ utile quindi rimane ridotto a L. 5,776,135 sopra 82 milioni di capitale, cioè appena il 7.04 per cento.
Se si nota che alcune di queste Società non avevano dato alcun dividendo agli azionisti per più anni, si comprenderà facilmente che il 7 per cento, dopo una annata fortunata, non è davvero una rimunerazione che si possa dire eccessiva e tale da meritare tutto quel « succhionismo » che serve di piattaforma alla discussione, che do vrebbe essere a base dei fatti.
Se fosse vero quello che afferma il sig. G i retti che i fabbricanti di zucchero guadagnano la
protezione di L . 28.85 al quintale, è chiaro che dovrebbe risultare un utile, sopra il milione di quintali che si produce in Italia, di 28 milioni di lire almeno.
Ora le quindici Società di cui abbiamo sot tocchio il bilancio rappresentano circa gli 8/10 di tutta la produzione italiana e dovrebbero quindi presentare un utile non inferiore a 22 milioni ; non danno invece che 5.8 milioni, cioè poco più di un quarto della protezione.
Sta pertanto il fatto che se la protezione fosse anche solo di un quarto diminuita, spari rebbe tutto l’ utile che le quindici Società conse guono; cioè si diminuirebbe il prezzo dello zuc chero di 7 centesimi circa al quintale e si ridurrebbe a zero il valore degli , 82 milioni di capitale, considerando le quindici Società come un tutto insieme.
E risulta pure che essendo circa 800,000 quintali quelli prodotti dalle quindici Società, ed essendo 5.8 milioni 1’ utile conseguito, l’ utile netto per quintale sarebbe di circa L . 7 cioè ap pena di una lira superiore a quel margine che ha stabilito la Convenzione di Bruxelles e che il sig. Giretti vorrebbe applicare anche in Italia.
Il sig. Giretti ci dirà:
Ma la Società Romana ha dato ai suoi azio nisti 6 lire per azioni da L . 50 ciascuna, cioè il 12 per cento; ma egli si guarderà bene dal dire che la Società Romana ha già proceduto a due svalutazioni cioè, perdite di capitale, che furono reintegrate dagli azionisti, per 2,150,000. Prima che col 12 per cento gli azionisti si ri facciano dei due milioni perduti molto tempo deve correre.
E ci dirà pure che vi sono Società che hanno distribuito il 10 per cento come l’ Italiana, l’ In digeno, la Ligure Lombarda.
Il che vorrebbe dire che per diminuire il dividendo a queste Società il sig. Giretti vor rebbe veder morire tutte le altre, che o non danno dividendo o lo dànno esiguo.
Il sig. Giretti ha capito che a sostenere la sua tesi di applicare all’ Italia la Convenzione di Bruxelles, doveva addurre ragioni che urta vano contro i fatti, ed ha cambiato strada pub blicando nell ’Avanti un progetto per cui lo Stato, con dieci milioni di spesa, indennizzerebbe fab bricanti ed operai e farebbe venire lo zucchero dall’ estero.
Non ci occuperemo di simili fantasticherie, delle quali del resto ha fatto giustizia un altro collaboratore dell ’A va n ti; ma ci limiteremo a dire al sig. Giretti che, prima di impegnarsi a sostenere una tesi, bisogna conoscere l’argomento della tesi stessa, almeno approssimativamente, se no si corre pericolo di dire delle cose che man cano di verità.
Dopo aver affermato che i produttori di zuc chero in Italia si arricchiscono colla protezione, il sig. Giretti ha dovuto affermare che non gli importa che si arricchiscano o no ; e poi ancora che per lui è lo stesso anche se i produttori per dono, invece che guadagnare. E ’ bene quindi che si fermi a questo punto e che scelga una tesi migliore.
10 febbraio 1907 L ’ ECONOMISTA 85
Onorevole signor Direttore,
Il torto non è miose Ja nostra polemica sugli zuc cheri non avanzn.
Secondo V Economista le affermazioni errate del- Pon. Emilio Marami sono « fronzoli » ed i fatti da me dimostrati « chiacchere «.
Per giunta il proto si è messo della partita contro di me, tagliandomi via una frase della mia lettera, per la quale i lettori non capiscono più tutta la differenza che corre fra i fabbricanti da zucchero aggiunti in qualità di tecnici ai plenipotenziari di altri Stati a Bruxelles e Fon. Emilio Maraini colà recatosi con mis sione e credenziali di plenipotenziario italiano, vero e solo plenipotenziario di fatti per le ragioni che impe dirono un concorso attivo ai lavori della Conferenza dell’allora nostro ministro residente presso il Re dei Belgi.
L’Economista dice che male a proposito io chiamo « scandalo politico » Pavere mandato Pon. Maraini a Bruxelles in qualità e titolo di plenipotenziario italiano per proteggere le 33 fabbriche da zucchero coalizzate. Me io lo prego di voler riflettere un momento su un semplice fatto.
La legge comunale esclude dall’ eleggibilità i sus sidiati delle istituzioni di carità mantenute dal Co mune e coloro. « i quali direttamente o indirettamente hanno parte in servizi, esazioni di diritti, sommini strazioni od appalti nell’ interesse del Comune, od in società ed imprese aventi scopo di lucro sovvenute in qualsiasi modo dal Comune medesimo ».
Di più l’ art. 273 della stessa legge, nella parte co mune per le amministrazioni comunali e provinciali, fa obbligo ai consiglieri di « astenersi dal prendere parte direttamente o indirettamente in servizi, esazioni di diritti, somministrazioni od appalti d ’opere nell’ in teresse dei corpi cui apparténgono o soggetti alla loro amministrazione, vigilanza, o tutela ».
La legge politica ed i regolamenti parlamentari non contengono disposizioni analoghe per i deputati ed i senatori, ma dove la legge ed i regolamenti non ar rivano può benissimo arrivare la coscienza dei signori deputati.
Ora, se ¿o fossi deputato, la mia coscienza mi fa rebbe obbligo di astenermi ogni volta che si trattasse di votare un dazio protettivo della mia industria o di aumentare l’azione di un dazio già esistente. Posso quindi deplorare che la coscienza dell’on. Emilio Ma raini sia stata meno rigorosa, permettendogli non solo di votare la protezione della sua industria, ma ancora di firmare a questo scopo la Convenzione di Bruxelles, come egli la ha saputa snaturare e sfigurare in qua lità di plenipotenziario italiano.
Se io mi ripeto, è perchè ormai non ho più niente di nuovo da dire e continuo a vedere che le cose da me già dette tante volte sono ancora ignorate dalla grande maggioranza del pubblico italiano.
Ho già detto anche perchè non posso accettare la discussione nei termini desiderati dall’ Economista, cioè se gli zuccherieri italiani guadagnino od abbiano gua dagnato troppo o troppo poco.
Quando anche fosse provato - ed ancora non lo è - che uno zuccherificio ben costruito e bene ammini strato perde denari, la mia tesi non se ne troverebbe che rafforzata.
Difatti, se la industria dello zucchero in Italia è prospera come è la Terni,’ questa è una buona ragione per limitarle la protezione a 6 franchi per quintale di raffinato, come vuole la sincerità della Convenzione di Bruxelles e come altri Stati hanno già fatto.
Ma se le fabbriche da zucchero intristiscono nono stante una protezione che uguaglia il valore della merce che producono, allora non diminuire, ma togliere bisogna questa protezione, la quale costa ogni annoda 28 a 30 milioni di lire almeno alla nazione senza alcun giovamento per nessuno.
Si vuole avere qualche riguardo personale agli zuc cherieri per la considerazione degli « incoraggiamenti » coi quali il capitale è stato « allettato » ad investirsi nella loro industria? Per conto mio non mi rifiuto a discutere la questione in questi termini ridotti, non di giustizia, perchè nessun ministro e nessun Parlamento mai ha potuto prendere validamente l’ impegno che le leggi fiscali e doganali dovessero rimanere immutate per lungo numero di anni, ma di sola e semplice equità.
Sostengo però che vi è un mezzo più economico e meno costoso di assicurare un interesse moderato ai
; 50 o 70 milioni di lire che possono essere effettivamente investiti negli impianti veri degli zuccherifici. Lo Stato prenda a suo carico, se altrimenti non può fare, que- ! sto servizio degli interessi ai fabbricanti e raffinatori ! di zucchero, ma finiamola una buona volta col buttare via ogni arino una trentina di milioni di lire per il pretesto di proteggere una industria, la quale, dopo oltre 10 anni di vita, non è ancora riuscita nè a pagare le barbabietole al prezzo necessario per avere suffi cienza di materia prima, nè (dicono gli zuccherieri) a rimunerare convenientemente il proprio capitale.
Ci sta l ’Economista e ci stanno gli zuccherieri a questi patti? Allora non avremo più da discutere, e per conto mio vado sino ad ammettere che le perizie degli stabilimenti si possano fare con una certa lar ghezza, senza troppo spulciare i passati bilanci per togliere via dalle perdite attuali non poche spese che avrebbero potuto e dovuto essere evitate.
L’ Economista mi insegna che non c ’ è niente di meglio che la protezione per aumentare sino all’ incre dibile quello che i Francesi chiamano i « faux frais » di produzione.
Ma se gli zuccherieri sono ragionevoli, voglio an che io che si getti un velo sul passato e che non si vada neppure ad indagare in che modo e con quali argomenti sono state ottenute e votate le varie leggi protettive della loro industria.
Riguardi dunque agli zuccherieri, ma non diritti in essi di reclamare in forza degli impegni che il Par lamento avrebbe presi in loro favore! La libertà dei consumatori non si prescrive e l’esempio della legge sulla marina mercantile del 1896 è particolarmente male scelto, perchè tutti sanno, o dovrebbero sapere, come quella legge fu votata da un Parlamento de sideroso di andare in vacanza, ed il quale non rappre sentava certo in quelle sedute mattutine e deserte la coscienza retta ed onesta del paese.
La punta dell1 Economista ai miei « 45.009 compa gni » non mi ferisce, perchè VEconomista sa benissimo che io non sono'socialista e che non ho mai detto una parola nè scritto un rigo contro l ’appropriazione pri vata del capitale.
Ma sono contro gli abusi legislativi e le degene razioni politiche del capitale, e, se troppo spesso in questi ultimi anni ho dovuto profittare della paléstra {sino ad ora liberamente apertami) dei giornali politici socialisti per difendere la « libertà della concorrenza » nelle industrie e nei commerci, ciò prova semplice- mente come i sistemi protezionisti, che VEconomista combatte in teoria e pur troppo da qualche tempo scusa e giustifica nella pratica, hanno siffattamente corrotto le idee e gli organi che servono alla loro ma nifestazione, che un « individualista » e « liberista » senza compromissioni di nessun genere, nè teoriche nè pratiche, è considerato dalla stampa che si dice « li berale » come un « socialista » ed un « pericoloso sov versivo ».
Pubblichi ancora, onorevole signor Direttore que sta mia lettera che sarà l’ ultima e mi creda, con os servanza.
Bricherasio, 23 gennaio 1907.
Suo Dev.mo
Ed o a r d o Gi r e t t i.
CASSE 01 RISPARMIO IN ITALIA
( P A D O V A )
E ’ una delle Casse di risparmio più antiche, e inerita invero che se ne tenga parola.
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Nel 1863 si cominciarono per parte del G over no austriaco gli studi per separare la Cassa dal Mon te di pietà ; questa separazione divenne un fatto compiuto pochi anni dopo e alla Cassa fu riconosciu ta piena autonomia; un Consiglio di amministra zione ne dirigeva le sorti, formato di cinque citta dini eletti dal Consiglio comunale e due nego zianti nominati dalla Camera di commercio. Il Comune di Padova prestava la propria garanzia sino a L. 200,000 e aveva diritto all’ esame dei bilanci, alle nomine degli impiegati ecc.
La robustezza finanziaria dell’ Istituto arri vava nel 1870 (allorché cioè cominciò la sua esi stenza libera ed autonoma) a L. 60,000: infine nel 1904 si accostava a 3,300,000 lire. Gli inte ressi corrisposti sui' depositi variò, per i depositi ordinari, dal 4 per cento netto come trovavasi alla fondazione dell” Istituto, al 2.75 netto nel l’ anno 1903; per i depositi vincolati dal 3.45 netto (anno 1899) al 3 (anno 1905), e per il pic colo risparmio dal 4 netto (anno 1866) al 3.75 (1° gennaio 1906).
Non v ’ ha dubbio quindi circa l’ incremento, progressivo e rapido, subito dall’ Istituto, del quale ci occupiamo. In specie dopo il 1870 la vita dell’ Istituto fu un crescendo continuo, e al 31 dicembre 1904 si avevano le cifre seguenti : li bretti 11,440, credito dei depositanti lire 27,513,852, patrimonio lire 3,518,699.
Anche il genere di operazioni compiuto dalla Cassa di risparmio di Padova andò sempre più complicandosi : nei primi periodi della sua vita si avevano solo prestiti di somme al Monte di pietà per il servizio dei pegni ; con lo statuto del 1869 si consentirono inoltre i mutui e i conti correnti ipotecari ; i prestiti ai comuni della P ro vincia di Padova ; i depositi presso la Cassa de positi e prestiti ; l’ acquisto di cartelle fondiarie, di buoni del tesoro e cedole di rendita, le anti cipazioni su pegno di questi titoli; sconto di cam biali e perfino l’ acquisto di immobili.
I successivi Statuti del 1874 e 1892 consen tirono prestiti anche in favore delle altre Pro vincie venete e dei loro Comuni, acquisti di ti toli del Consolidato italiano e di obbligazioni delle Provincie e Comuni veneti.
O ggi la massima parte delle disponibilità della Cassa di risparmio di Padova è assorbita dall’ investimento in titoli, come del resto succede in quasi tutte le primarie Casse. L ’ Istituto di Padova però compie per rilevanti somme dei mu tui ipotecari e chirografari, e molte somme im piega pure nella sovvenzione delle Casse rurali che presero largo piede nella Provincia padovana.
Anche il Comizio agrario tostochè assunse le operazioni di credito agrario fu sovvenzionato in larga misura dall’ Istituto nostro, e sovvenzio nati furono pure il Sindacato agricolo Padovano, la Cattedra ambulante di agricoltura, alla cui fon dazione e mantenimento la Cassa di risparmio di Padova concorse con la somma di lire 20 mila. Ed a questo proposito è notevole aggiungere che le somme che nel ventennio dal 1883 al 1904 la Cassa ha sovvenuto agli agricoltori mediante le Casse rurali, il Comizio agrario o il Sindacato agricolo, superano i quattro milioni e mezzo.
D i ogni Cassa di risparmio si ha in generale da segnalare le erogazioni per beneficenza e pub
blica utilità. In generale le Casse di risparmio, legate da vincoli indistruttibili alla cittadinanza che le ha create, fanno a gara coi Comitati e gli Istituti di beneficenza per alleviare i mali dei disgraziati non protetti dalla fortuna e per age volare la costruzione di opere pubbliche dirette al miglioramento della città nella quale sono po ste. Diremo anzi che le maggiori o minori somme che dalle Casse sono di volta in volta erogate per beneficenza e pubblica utilità sono quasi sempre indice sicuro della prosperità economica maggiore o minore delle Casse in questione. R i cordiamo quale enorme profusione di denaro sia fatta a questo scopo dalla Cassa di risparmio delle provincie lombarde di Milano; quante somme (benché in minori proporzioni) si spendano pure dalle Casse di Torino, Firenze, ecc.
A Padova le erogazioni per beneficenza e pubblica utilità cominciando dal 1881 sino a tutto il 1904. ammontano alla somma di L. 1,087,496: e cioè 102 dal 1881 al 1890 ; 540 dal 1891 al 1900; 450 dal 1901 al 1904.
E, senza stare a riportare la lista degli isti tuti beneficati dalla Cassa di risparmio di Pa dova, devesi però rilevare che a nessuna tra le svariate forme della carità umana, la Gassa stessa rimase estranea : diremo solo che, fra le altre il nostro Istituto ha assunto ed esercita gratuita mente il servizio di sede secondaria della Cassa nazionale di previdenza per l’ invalidità e la vecchiaia degli operai ; che ha erogato a favore del patrimonio di questa Istituzione la somma di L. 20,000, e che, alla morte di R e Umberto, si impegnò di erogare per la costruzione di case operaie a buon mercato la somma di L. 157,000.
Nelle Notizie storiche sulle Casse di rispar mio italiane, recentemente pubblicate dal Mini stero di agricoltura, industria e commercio, e dalle quali abbiamo tratto gran parte di queste notizie, troviamo scritto che varie pubblicazioni si hanno su questa Cassa padovana e che ad essa tributarono elogi Enrico Rostand e una Commissione mandata in Italia dal Museo sociale di Parigi. « Poche lodi — aggiungono le Noti zie storiche — furono meglio meritate ».
E noi aggiungiamo che siamo lieti di aver esaminato in qualche dettaglio il funzionamento di questa importante Cassa di risparmio, come volentieri esamineremo quello di altre : chè se la creazione di questi Istituti può essere opera di qual che Governo o d’ estranei, il loro progresso finanzia rio è sempre opera collettiva dei singoli cittadini, che valendosene, ne assicurano l’ esistenza, mentre danno prova di saper compiere ottima opera di previdenza sociale.
10 febbraio 1907 L ’ ECONOMISTA 87
RIVISTA ECONOMICA E FINANZIARIA
Ecco quale fu la situazione delle casse postali di risparmio in Italia alla fine del mese di dicembre 1906:
Libretti in corso alla fine di
di-cembre N. 4,188,870
Credito dei depositanti alla fine del
mese precedente L. 1,171,093,297.37 Depositi del mese di dicembre » 54,920,953.99 Rimborsi del mese di dicembre L.» 1,226,014,251.3643,976,858.37 Credito per depositi giudiziali »L. 1,182,037,392.9917,124,551.76 Credito complessivo dei depositanti L. 1,199,161,944.75 — Interessanti notizie troviamo pubblicate circa il patrimonio delle principali città italiane al primo gennaio 1901 e al primo gennaio 1905. Riproduciamo i dati statistici di alcune fra le più importanti.
Il Comune di Milano al 1° gennaio 1901 possedeva un patrimonio attivo di 47,85,965 lire contro un passivo di L. 119,201,943; ed al 1° gen naio 1905 un patrimonio attivo di L. 44,236,491 contro un passivo di L. 117,429,247; e così una eccedenza passiva rispettivamente di L. 71,415,978 e di L. 65,729,226.
Il Comune di Napoli al 1° gennaio 1901 pos sedeva un patrimonio attivo di L. 27,034,252, contro un passivo di L . 33,125,997 ; ed al 1° gen naio 1905 un patrimonio attivo di L . 26,660,019, contro un passivo di L. 36,006,773; il saldo pas sivo è rispettivamente di L. 10,091,745 e di L. 9,346,754.
Il Comune di Roma al 1° gennaio 1901 pos sedeva un patrimonio attivo di L . 47.961,040, contro un passivo di L. 227,855,236; al 1° gen naio 1905 un patrimonio attivo di L . 50,640,509, contro un passivo di L . 226,119,126; e cosi pre senta un passivo scoperto rispettivamente di L. 179,894,196 e di L. 175,478,619.
Il Comune di Torino, a differenza di tutti quelli sino ad ora considerati ed a differenza an cora di quelli di Catania, Bologna, Firenze, pre senta un patrimonio attivo di L . 38,644,612, contro un passivo di L. 33,456,205 al 1° gen naio del 1901; e al 1° gennaio 1905 un patri monio attivo di L . 42,931,834, contro un passivo di L . 33,678,039; e così una eccedenza attiva ri spettivamente di L. 5,188,407 e di L . 9,258,795. E così pure il Comune di Venezia al 1° gen naio 1901 presentava un patrimonio attivo di L. 10,233,177, contro un patrimonio passivo di L . 9,843,606; e al 1° gennaio 1905 un patrimo nio attivo di L . 14,751,603, contro un passivo di L. 12,200,780; onde risulta una eccedenza attiva alle due date, rispettivamente di L. 389,571 e di L. 2,370,823.
Così delle otto principali città considerate, due soltanto, Torino e Venezia, prese ntano una eccedenza attiva sulle passività; tutte le altre presentano invece una notevole cifra di passivo scoperto.
— La Commissione che esamina il progetto di legge sui porti italiani, il quale ha dato luogo a tante discussioni e agitazioni, a nomine di Comitati, ha concretato vari quesiti, ai quali il Governo ha risposto come segue:
Il Governo acconsente a prolungare di altri due anni il periodo di dodici anni per l’assegno annuo di 9 milioni.
Questi 18 milioni pel nuovo biennio sareb bero destinati, assieme ai 6 contemplati dal pro getto di legge, ai porti non contemplati espres samente dal progetto stesso.
Il Governo propone che il criterio di eroga zione di questi 24 milioni debba stabilire la pre ferenza prima delle opere portuali necessarie alla conservazione ed al completamento di quelle già esistenti, poi delle opere di rifugio, poi di quei porti che sono in comunicazione con linee ferro
viarie di penetrazione o con canali.
Il Governo accetta di prolungare da dieci a venti anni il periodo di rimborso per gli enti locali; di aumentare il contributo dello Stato pei porti di I V classe dal 30 per cento al 50 per cento.
Dichiara inoltre che le spese ferroviarie per congiungere i porti alle reti ferroviarie non sono comprese nella legge, ma sono a carico del b i lancio delle ferrovie, intendendo con ciò di affer mare che di questi allacciamenti sarà tenuto conto nell’assegnazione dei 910 milioni concessi dalle ferrovie dalle ultime leggi.
Allontanatisi i Ministri, la Commissione ha preso a discutere le risposte governative.
La discussione è terminata con la approva zione del seguente ordine del giorno, proposto dagli on. Orlando Salv. e Fiamberti :
« La Commissione udite le dichiarazioni del Ministero, delibera di proseguire l ’esame del di segno di legge, salvo a stabilire i criteri obbli gatori che dovranno servire di guida per la esten sione ad altri porti dei benefici della legge. »
— Secondo l ’ ultimo disegno di legge tro viamo destinata al miglioramento agrario della Sardegna, comprese le somme già con cesse con la legge del 1902, una spesa di L. 1,712,5005 ripartita in un ventennio, in misura varia tra un massimo di L. 164,500 negli esercizi finanziari 1908-1909 e 1909-1910 ed un minimo di L. 64 nei quindici esercizi successivi al primo quinquen nio, cioè dal 1912-1913 al 1926-1927.
Questa somma di L. 1,712,500 è destinata per L. 100.000 all’ acquisto di poderi dimostrativi circondariali, da spendersi nel primo quinquen nio in ragione di L. 20,000 annue :
L. 240,000 alla costruzione di case coloniche, stalle, magazzini per i poderi dimostrativi e di locali per stazioni di monta e depositi di mac chine, da spendersi nel primo quadriennio, nella ragione di 60,000 lire annue;
L. 16,500 all’ acquisto di animali riproduttori, da spendersi in tre rate eguali negli esercizi dal 1908-909 al 1910-911 ;
L. 21,000 all’acquisto di macchine, da spen dersi parimenti in tre rate eguali dall’ esercizio 1907-908 al 1909-910.
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nel primo quadriennio nella ragione di L. 5,000 annue.
Oltre queste spese, che hanno carattere temporaneo, il disegno di legge assegna al mi glioramento agrario della Sardegna altre lire 1,315,000, divise in quote eguali di lire 134,000 per ciascuno degli esercizi del ventennio, ecce zione fatta dell’ esercizio prossimo, primo del ven tennio, nel quale lo stanziamento diminuisce delle L. 25,000, destinate negli anni successivi a sus sidi e premi a favore degli enfiteusi e dei coloni. — Si ha da Pietroburgo che il Governo si propone di emettere un prestito russo di 50 mi lioni di rubli per il fondo di soccorso alle vit time della carestia.
— Leggiamo alcune notizie circa un futuro prestito marocchino. Infatti si apprende che il Governo marocchino si è rivolto oggi a tutte le Potenze per contrattare un prestito in conto della Banca di Stato o, se ciò è impossibile, cer care di ottenere un prestito in altro modo, presso varie Potenze, perchè il maghzen si troverebbe a corto di denari.
— In occasione delle elezioni del London County Council fissate per il 2 marzo fu pubbli cato un programma del partito socialista inglese le cui richieste si possono riassumere nei seguenti punti essenziali :
a) che il London County Council diventi l’ unica autorità amministrativa centrale di Londra;
b) che l’area metropolitana sia maggior mente estesa, aggiungendovi parecchi grandi sob borghi ;
c) che il porto di Londra venga munici palizzato ed i docks riscattati ;
d) che tutta l’elettricità ed il gas nell’area metropolitana per uso di luce, calore o forza mo trice venga fornita dal London County Council;
e) che a questo spetti regolare il movi mento cittadino esercitando e possedendo tramvie, ferrovie sotterranee, omnibus automobili, ferrovie locali e così via ;
f ) che il London County Council possa assumersi anche il trasporto delle merci oltre che dei passeggeri ;
g) che gli ospedali siano municipalizzati, come pure la vendita del latte all-ingrosso ed al minuto ; e il London County Council abbia fa coltà di possedere miniere di carbon fossile e ven dere il combustibile;
h) L ’amministrazione e controllo della po lizia metropolitana dovrà essere affidato al London County Council ;
i) tutto il personale del London County Council non dovrà lavorare più di 48 ore per settimana, nè guadagnare meno di 30 scellini pure per settimana.
e) ai fanciulli sia dato nelle scuole cibo ed assistenza medica, nonché educazione primaria, secondaria, tecnica ed universitaria completamente libera e gratuita.
Seguono altri punti di minore importanza. I progressisti, che attualmente rappresentano la tendenza municipalizzatrice nel London County Council, dissentono da tale programma, che essi
dichiarano di una estensione eccessiva, dannosa ed utopistica.
I riformisti, cioè il partito moderato, che fa vorisce i monopoli privati, afferma invece che il programma socialista è realmente il programma finale dei progressisti.
Le polemiche su tale oggetto sono infinite e quotidiane in tutti i giornali londinesi.
— Si hanno notizie circa le operazioni effettuate dalle Casse di Risparmio prus siane nell’anno 1905.
I depositi effettuati nelle Casse di Risparmio di Prussia si elevarono nel 1905 a 8,293,6 mi lioni di marchi, in aumento di 534 milioni sul totale dei depositi al 31 dicembre 1904.
Alla fine del 1900, questi depositi si eleva vano a 3,281,5 milioni di marchi, e, alla fine del 1870, a 495,6 milioni.
Nell’anno 1905 il numero dei libretti fu di 10,642,907, dei quali 0.58 0/0 passano appena i 10 mila marchi. Di 3000 a 10,000 marchi, si con tavano 484,792 di libretti.
I piccoli libretti hanno, naturalmente, do minato. Di 1 a 60 marchi, se ne sono contati 1,512,935; di 150 a 300 marchi, 1,359,724; di 300 a 600 marchi, 1,576,299; di 600 a 3000 mar chi, 2,695,025.
RASSEGNA BEL COMMERCIO ItlTERIinZIOHALE
Il commercio tedesco. — Il 1906 segna una straordinaria vitalità in tutti i rami dell’ in dustria tedesca, i quali benché abbiano raggiunto nella produzione proporzioni insperate, non riu scirono tuttavia a soddisfare tutte le ordinazioni. Queste affluirono in tale quantità, che non fu possibile soddisfarle tutte e moltissime forniture si dovettero prorogare.
Più delle parole lo dimostrarono le seguenti cifre comparative sul movimento commerciale della Germania negli undici mesi degli ultimi 3 anni:
1904 1905 1906 I m portazione ton n ella te 398,411.46) 447,069,644 481,030,522 E sportazion e ton n ella te 318,039,890 331,933,588 364,537,315 L ’ importazione si avvicina sempre più a quella dell’ Inghilterra mentre l’esportazione deJ- l’ Inghilterra in Germania aumenta più di quella della Germania in Inghilterra, ciò che dimostra come la Germania assorbe una quantità sempre maggiore di articoli inglesi.
Naturalmente si tratta nella massima parte di materie prime necessarie all’ industria, che l’ Inghilterra manda in Germania per esservi la
vorate. •
ca-10 febbraio 1907 L ’ EÜONOMISTA 89
tastrofe di San Francisco per le provviste fornite alla sua ricostruzione.
I risultati sarebbero stati anche maggiori se anche in Germania, come in Italia e in Francia, non si fosse verificata una deficienza nel mate riale ferroviario e la insufficienza del denaro.
Le Ferrovie tedesche hanno fatto grandi sforzi per aumentare il materiale mobile, e pel 1907 furono stanziati a questo scopo 450 milioni di marchi.
I proventi ferroviari, dettero nel 1906 un prodotto non mai raggiunto: ora ha un prodotto lordo di 13 milioni al mese, ossia 144,600,000 negli undici mesi.
II commercio mondiale. — Troviamo pub blicato uno studio interessante sul movimento commerciale dal 1886 al 1905 inclusivo, che ri flette 32 paesi più notevoli del mondo per po polazione.
Da questa statistica risulta che tale movi mento nel suo complesso, è quasi duplicato, poi ché da 70 miliardi nel 1886 si è arrivati a 125 miliardi nel 1905.
Noi ci limitiamo a riassumere le cifre com parative dei dieci Stati, il cui traffico presenta la maggior entità. Francia fr. 18 18 7.457 milioni 1915 Inghilterra » 13.020 9.645 Germania » 7.240 19.105 Stati Uniti » 6.074 15.105 Belgio » 2.517 13.358 Italia » 2.480 5.402 Svizzera » , 1.405 3.785 Russia » 3.660
_
Canadà » 918 2.292 Giappone » 461 2.098Manca l’Austria-Ungheria. forse perchè le sue statistiche sono per lo più a base di quantità; mentre l’ ufficio internazionale di statistica com merciale dovrebbe adottare un sistema unico per quantità e valore.
Come si vede dal prospetto comparativo l’ I talia in 20 anni aumentò il suo commercio inter- ternazionale di 1300 milioni ossia del 51 0[0.
E notevolissimo lo sviluppo commerciale del Canadà che è aumentato del 152 0]0 e quello del Giappone del 329 0[0.
Riforme all’
Income fax
In Inghilterra si sta studiando per rendere più grave ma anche più equa l’ lncome tax tassando diver samente il reddito non guadagnato (unearned).
Una commissione parlamentare sta studiando la pos sibilità di stabilire una gradazione e di distinguere dal punto di vista fiscale tra i redditi permanenti e quelli precari , tra i redditi guadagnati (earned) e non gua dagnati {unearned). Sarebbero guadagnati quelli deri vanti da), lavoro e non guadagnati quelli derivanti da interessi del capitale.
Secondo la Commissione i redditi che non sorpas sano 160 sterline sarebbero interamente esenti da im posta, i redditi 400 st. pagherebbero imposta per 240, perchè le prime 160 andrebbero esenti ; su quelli di 500 l’esenzione scenderebbe a 150; a 120 su quelli di 600; a 70 su quelli di 700.
Nelle prime 1000 il reddito del lavoro paghe rebbe nove denari per lira sterlina, quello da interessi
uno scellino. La distinzione continuerebbe sino a 3000 sterline, al disopra cesserebbe e pagherebbe nell’ intero uno scellino per lira, al disopra di 5000 sterline la ta riffa sarebbe più elevata.
[1 sig. Thomas P. Wittakere vorrebbe la riforma più radicale e leggermente più progressiva. Egli pro pone che sui redditi non eccedenti 400 st. se ne dedu cano 160 che andrebbero esenti da imposta; altra esen zione (abatement) di st. 150 si farebbe sui redditi tra 40J e 700 st. ; ed altra esenzione di 100 st. sul reddito tra 700 e 1000 sterline.
Il reddito guadagnato e quello non guadagnato pa gherebbe una imposta alquanto diversa.
Dal confronto tra l’ imposta attuale e quella pro posta si scorgono meglio le differenze.
. lncome tax attuale.
Reddito Parte del reddito
sottoposto che paga l’imposta imposta
all’imposta fatta la deduzione pagata
Sterline Sterline st. scell. denari
200 49 2 0 0 300 140 7 0 0 400 240 12 0 0 600 4S0 24 0 0 700 630 • 31 10 0 1,000 1,000 50 0 ' 0 1,500 1,500 75 0 0 ‘2,000 2,000 100 o. 0 2,500 2,500 125 0 0 3,000 3,0,0 159 0 0 3,500 3,500 175 0 0
Income tax proposta. Reddito
imponibile Imposta Imposta
fatta la sul reddito sul reddito
deduzione non guadagnato guadagnato
Sterline st. scell. denari st. scell. ilen.
40 o 0 0 1 IO 0 140 7 0 0 5 5 0 240 12 0 o 9 0 0 450 22 10 o :16 17 6 550 27 10 O 20 12 6 900 45 0 0 33 15 O 1,500 75 0 0 56 5 0 2,000 100 0 0 75 0 0 2,500 125 0 0 93 15 0 3,000 159 0 0 112 10 0 3,500 175 0 0 175 0 0
Come si vede a 3500 sterline, anche secondo il W hit taker, il reddito guadagyiato e quello non guadagnato pa gherebbero nella stessa misura.
La riforma potrebbe essere più radicale e gravare più fortemente i redditi sopra 8000 sterline, senza che la progressione più rapida colpisca tutto il reddito e lasciando l’aliquota attuale sino a 3000 st.
La ricchezza mobile italiana è meglio ordinata in quanto,fa la discriminazione dei redditi; cioè tassa con una aliquota più elevata i reddili da interessi sul capitale ; con una intermedia quelli da capitale e la voro e colla minima quelli da solo lavoro.
LA INDUSTRIA OEI PELLAMI IN ITALIA
(Dati statistici).
Nella statistica ultima sono stati compresi 614 sta bilimenti di pellami e cuoiami così distinti:
241 fabbriche di calzature e tomai; 8 di cuoi ar tistici, (portafogli, portasigari, portamonete) ; 7 di va ligie e bauli di cuoio, 110 di oggetti di selleria, 4 di cinghie, 193 di guanti, 7 per la lavorazione del ma rocchino e 44 per la cernita e la lavorazione delle pel- liccie.
90 L ’ ECONOMISTA 10 febbraio 1907
Nell’ industria delle calzature ha molta impor tanza il lavoro carcerario ; giacché nel 1904 vi atten devano 2248 condannati maschi adulti in luoghi di pena. Le cifre indicate rappresentano soltanto una pic cola parte delle lavorazioni in cuoio che si eseguiscono in Italia, cioè quelle che escono da laboratori di qual che entità.
Ma non vi è, sì può dire, Comune nel quale non sia aiierto qualche piccolo esercizio di calzolaio o. sel laio, o valigiaio e questi esercizi non formarono og getto dell’ indagine sulle fabbriche.
Per dare un’ idea della gran quantità di mano d’opera e conseguentemente di lavori in cuoio e pelli che si fanno in Italia, riportiamo dai risultati dell’ul timo censimento generale, i seguenti dati circa il nu mero degli individui addetti alle lavorazioni in pellami :
M aschi Fem m in e
Padroni e direttori 175,673 4,770
Commessi 2,416 599
Operai 200,793 11,511
Totale 378,882 16,799 L’ industria, di cpi ci occupiamo, oltre a provve dere al largo consumo interno, dà, luogo ad un note vole movimento commerciale coll’estero, ed in questi ultimi anni per parecchi generi l ’ esportazione ha su perato l ’ importazione.
Infatti nel periodo 1990-99-1 le calzature rappre sentavano un valore annuo di L. 1,095,763, all’ impor tazione e di L. 1.407,725 alla esportazione ed i guanti un valore di L. 2,087,560 alla esportazione.
L ’ industria delle calzature è esercitata partico larmente nelle Provincie di Milano, Pavia, Ascoli, Napoli, Alessandria e Firenze: quella delle valigie e degli oggetti di selleria in Torino, Firenze e Roma ; nella Provincia di Torino vi sono anche parecchie fabbriche di cinghie per trasmissione di movimento.
I guanti costituiscono per noi il principale oggetto di esportazione fra i lavori fini in pelle, senonchè que sta, dopo aver toccato il massimo fra il 1880 e il 1890, è notevolmente diminuita n6gli ultimi quindici anni.
L ’eccedenza della esportazione sulla importazione annuale si calcolava a 24,027 migliaia di paia dal 1880 al 1890 e di 10,438 nel 1900-904.
Nella fabbricazione di guanti primeggiano le Pro vincie di Torino, Milano e Napoli.
In quest’ ultima sono numerosi gli operai addetti alla fabbricazione dei guanti (circa 3,200), la quale sembra vi trovi ottima qualità di pelli e adatte, con dizioni di temperatura e di luce.
Questa industria acquisterebbe forse anche una maggiore importanza se ai perfetti sistemi di concia all’ uso germanico che da qualche tempo si vanno adottando, si accoppiassero buoni sistemi di pomicia tura e tintura, salvo poche eccezioni, tuttora^ difet tose ; tanto che la maggior parte delle pelli si man dano, per tali operazioni, all’ estero.
Nella Provincia di Milano funziona la massima parte del macchinario.
Anche gli stabilimenti più importanti per la la vorazione di pelliccie sono in Lombardia.
Resta a dire della concia delle pelli, industria che deve sostenere una forte concorrenza contro l ’ impor tazione estera, specie dall’ America.
La quantità di pelli grezze impiegate annualmente nella industria della concia fu calcolata di 50 milioni di chilogrammi, dei quali, intorno a 14 milioni impor tati dall’ estero; e la produzione annua di cuoi fu va lutata di circa 350 milioni di lire.
Gli opifici di concieria nel 1994 erano 1,171. Dispo nevano di 160 caldaie per 3,086 cav., e di 436 motori meccanici per 4,864 cav. Vi lavoravano 12,725 uomini, 762 fanciulli, 512 donne e 138 fanciulli. Il numero delle vasche o tini da concia era di 16,660.
I centri più importanti di questa produzione sono ilPie monte, la Lombardia, la Liguria, la Toscana e il Veneto.
Fra le Provincie meridionali, tiene posto non tra curabile la Campania e Sicilia.
Nel quinquennio 1900-904, il valore medio annuale delle pelli crude importate fu di L. 42,227,574 e per quelle esportate di L. 22,219,896, ed il valore delle pelli preparate o conciate di L. 17,212,714 alla impor tazione e di L. 5,880,042 alla esportazione.
Le condizioni agricole agli Stati Uniti
Il cav. Guido Rossati R. Enotecnico a Nuova York, ha inviato al Governo un rapporto sulle condizioni agricole negli Stati Uniti. Da esso si rileva che le ul time estimazioni del dipartimento della agricoltura confermano ora un raccolto totale per il frumento di 739.483,003 bushols, superiore di circa 50 milioni bu shols, quello dello scorso anno, ed un raccolto di gran turco di 2,881,096,000 bushols contro 2,707,993,340 rac colti nel 1905.
Tale abbondanza non può a meno di accentuare la prosperità delle classi agricole degli Stati Uniti e l ’aumento costante che si nota nel valore delle aziende agricole.
LI rapporto osserva che all’ incremento di questo valore hanno contribuito anche circostanze di altra natura, alcune di carattere temporaneo, altre di ca rattere più stabile, quantunque interamente dipen denti dall’opera degli agricoltori.
Fra le prime, vuole essere ricordato un fenomeno che si è andato manifestando con maggiore intensità negli ultimi anni, cioè la tendenza speculativa negli agricoltori di molte regioni, e specialmente della re gione cotoniera ; tendenza che non nasconde però per molti riguardi un certo carattere di artificiosità che potrebbe riuscire forse, a lungo andare, più di danno che di vantaggio alla agricoltura stessa. Allo stesso ordine di causa il rapporto ascrive la crescente ten denza degli agricoltori ad invadere il campo commer ciale ed industriale ; invasione che, all’ infuori della forma cooperativa non può sempre nella esplicazione individuale riuscire vantaggiosa alla classe agricola. L ’agricoltore che si mette a far l ’ industriale invade un campo in cui, se momentaneamente può trovare il tornaconto può più tardi andare incontro a grandi disillusioni causate specialmente dalla poca mobilità dei suoi capitali. Con ciò il rapporto non intende esclu dere o sconsigliare l’agricoltore dal tentare quelle in dustrie che si connettono intimamente con le produ zioni agricole, come ad esempio la preparazione delle frutta in conserva, la vinificazione, la preparazione dei vegetali ecc.
Tra le cause di natura permanente che hanno con tribuito all’aumento del valore della proprietà agraria il rapporto ricorda l’ intensificarsi della popolazione agricola, l ’apertura di nuove strade, l ’estendersi dei sistemi di irrigazione od i continui miglioramenti por tati alla proprietà in quanto riguarda la costruzione di stabili agrari. Nè si può lasciare inosservato il con tributo portato dall’estendersi delle l ete ferroviarie poiché la strada ferrata negli Stati Uniti più che al trove, è l’antesignana del progresso agrario se non spesso la prima fattrice di esso.
Per dare un’ idea della proporzione su cui ha avuto luogo l’aumento del valore della proprietà agricola durante il quindicennio 1890-1905 il rapporto ricorda che mentre il valore di essa ascendeva nel 1890 a dol lari 13,279,252,649; nel 1900 ascendeva a 16,614,647,491 dollari; e viene stimato pel 1905 da 18 a 21 milioni di dollari. Questa proporzione si riferisce alla proprietà agricola in generale mentre se il confronto si limita a taluni rari di agricoltura, come ad esempio alla coltura del cotone, l’aumento è di circa due terzi del valore.