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Cronache Economiche. N.052, 20 Febbraio 1949

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HNDICINALE A CURA DELLA CAMERA DI COMMERCIO INDUSTRIA E AGRICOLTURA DI TORINO S i V ' / ' K " ' I 1

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I PIÙ BEI FILM SONORI PROIETTATI NELL'INTIMITÀ DELLA VOSTRA CASA

(3)

N . 5 2 20 Febbraio 1949 1 i

C R D 5 Â G H E

E C O N O M I »

C O N S I G L I O DI R E D A Z I O N E d o t t . A U G U S T O B A R G O N I prof. dott. A R R I G O B O R D I N prof. avv. ANTONIO CALANDRA d o t t . G I A C O M O FRIS ETTI p r o f . d o t t . SILVIO G O L Z I O p r o f . d o t t . F R A N C E S C O P A L A Z Z I - T R I V E L L I

prof. dott. L U C I A N O GIRETTI D i r e t t o r e

dott. A U G U S T O B A R G O N I C o n d i r e t t o r e responsabile

QUINDICINALE A CURA DELLA CAMERA DI COMMERCIO INDUSTRIA E AGRICOLTURA DI TORINO

PECCATI DI DESIDERIO

I piani presentati dai periti in statistica ed econo- Non meno grava appaiono le illusioni nutrite dai

miia alle commissioni di studio, nazionali e interna- paesi dell'E.R.P. nei riguardi dei soli scambi extra

ritmali, dimostrano di continuo che il desiderio è troppo europei. I soliti piani, fissato in 12 800 milioni di

dol-spesso il padre peccaminoso dei nostri pensieri. Sic- lari il valore delle mèrci che l'Europa occidentale

do-come a questo mondo non v'è nulla di più facile del vrebbe importare nel 1951-52 per ridare ai suoli

abi-coilruire curve eleganti, atte a spiegarci in quattro tanti un tenore di vita all'incirca uguale a quello

e quattr'otto che questo o quel paese, il quale pTO- anteguerra, ritengono di potervi allora far iront© coin

duceva ed esportava tanto nel tale anno, preso quale esportazionli europee per 10.600 milioni di dollari che

punto di partenza, produrrà ed esporterà tanto nel- con l'aggiunta di 1.400 milioni di esportatemi

itnvisi-l'anno talaltro, assunto quale traguardo, eccoci ogni bili, permetterebbero quasi il pareggio della bilancia

giorno sommersi da grafici accuratissimi — tutti ram- dei pagamenti. Come sperarlo tuttavia osserva le

polli del desiderio — ed eccoci apparentemente eh i a- relazione attualmente all'esame di Washington se

rito come e qualmente nel prossimo futuro verrà rag- per raggiungere una tale cifra di esportazioni, gli

eu-giunto l'auspicato aumento nel tenore di vita degli ropei dovrebbero non soltanto conseguire il

diffioilis-europei, con contemporaneo equilibrio tra produzione simo aumento de'lle loro vendite sul mercato degli e consumo e col pareggio nella bilancia dei pagamenti Stati Uniti e dell'area del dollaro in generale; ma

ad-del nostro continente. dirittura portare a due m i l i a r d i d i dollari, e cioè

rad-Anche trascurando di fatto, gravissimo, che i piani doppiare, le esportazioni verso l'America del Sud? I dei periti partono itn genere da situazioni economica- paesi dell'E.R.P. vedono qui lanterne per lucciole,

mente malate d'autarchia, come quelle dell'immediato perchè, pur non tenendo conto del venticello

d'au-anteguerra, per costruire edifici mirabili con paludi tarohia che spira nel continente sudamericano, ciò per fondamenta — come se un atleta aspirasse a su- significherebbe raggiungere l'improbabilissimo successo

per are primati di altezza spiccando il salto da tram- di strappare agli Stati Uniti almeno la metà di quel polini di legno fradicio — la faciloneria pericolosa dei loro mercato.

progettisti va soprattutto sottolineata nei riguardi della La verità amara è che, nella migliore delle ipotesi, produzione e degli scambi internazionali. E' ciò che nel 1951-52 l'Europa occidentale potrà esportare un molto lodevolmente ha fatto or non è molto il consi- massimo di 8.500 milioni di dollari in merci e di 1.300 glio economico dell'O.E.C.E. parigina, accompagnando milioni in partite invisibili, per un totale di 9.800 mi-con una sua relazione a Washington i progetti di ri- licni. Rimarrebbe dunque sempre da colmare l'enorme

costruzione dei diciannove paesi d'Europa aderenti deficit di 3 miliardi di dollari, indispensabili perchè all'È.R.P. alle masse europee venga consentito un tenore di vita

Nella relazione abbondano le docce fredde per i decente, e si verificherebbe così, se non la rovina, la troppo facili ottimismi, ed è bene, perchè i sogni son cristallizzazione assai triste del nostro continente in maestri soltanto nelle commedie di Calderón, mentre u n a situazione di povertà cronica, tutt'altro che atta nella vita d'ogni giorno chi si risveglia da un sogno ,ad assicurarci le libertà dalla paura e dal bisogno su spesse volte si trova nel bel mezzo di una tragedia. c u i il Presidente Truman ha insistito nel discorso del Com'è infatti possibile affermare, se non a mezzo di s uo giuramento.

troppo facili extrapolazionli statistiche — ma i piani A meno che i vari Paesi dell'Occidente europeo non

dei diciannove paesi dell'E.R.P. l'hanno affermato — riescano ad aumentare la produzione sui propri ter-che nel 1951-52, quando cesseranno gli aiuti Marshall, ritori, sfruttando meglio e in comune le comuni

iri-ia produzione dell'Occidente europeo sarà del 30% 6omse- P a r raggiungere questo fine non v'è che da se-superiore a quella anteguerra? La relazione del con- gLVTe l!» strada segnata dallo sviluppo degli scambi Siglio economico dell'O.E.C.E. ne dubita assai e a ra- ^te-rcontnentaln, da una più razionale divisione del gione, perchè, specie se non impiegati nella maniera ab (?l z.1f> n e d e l Pestifero balateralismo

com-' i. j pensatore e dal ritorno a sistemi di c o m m e r c i o trian-economicamente più produttiva e coordinata, come ^l a r e 0 m u l u l a t e r a l e. E. ü c o n s i g l i o datoci dalla

re-purtroppo e già in parte avvenuto, • gli aiuti ameri- tezione dell'O.E.C.E., che verrà probabilmente

can-can: non basterebbero affatto a permettere l'aumento. fermato dagli Stati Uniti, ed è un consiglio che avrebbe

La produzione, poi, è legata agli scambi, ed è su potuto venir approvato da Adamo Smith, padre

dei-questo punto che gli europei peccano più che mai l'economia politica e non di puri e semplici peccati

di desiderio e di leggerezza, preventivando cifre di di desiderio. * esportazione addirittura campate in

aria, e perseverando così diaboli-camente nell'errore mercantilistico

ormai decennale, tipico della no- S O M M A R I O :

StTa d e c a d e n z a , d i v o l e r v e n d e r e Peccati di desiderio . pag I 11 m a r c h i o d' qualità nei ricevitori a l l ' e s t e r o s e n z a c o m p e r a r v i . I p i a - Demografia e unità europea radiofonici (C . Eg.di). pag. I I

ni m e s s i a c o n f r o n t o a Parigi, fatta (C. Amoroso) . . . pag 2 R o s a d e i v e n t i c-> 1 3 l'addizione delle singole poste et- L'accordo di Parigi sulle compen- Mercati pag 15

tive e di quelle passive delle bi- sazioni multilaterali (R. Monaco) pag 3 Notiziario estero . paç. 17

lance commerciali preventivate dai Finalità economiche della finanza Vittorio Alfieri (O. Castellino) pag. ~>0

vari paesi, hanno nfatti 'rivelato la (A'GaVn.° Can pa« 5 n mondo offre e chiede pas. 23

loro assurdità fondamentale, per- Polltlc,itI del «""'i1' dl . . , „ , , , , „ „ , umr¡,,, D,r ¡, r n m

l i . J„,, , gestione (G. Giovannino . . pag. 8 Disposizioni ufficiali per il

com-che la somma delle esportazioni La p u b b l i c i; i c o m. ,r t e d e l l l mercio con l'estero . pag. 29

previste superava di molto quella v o l l (Andersen) pli. 9 Produttori italiani pag. 32

(4)

DEMOGRAFIA E UNITÀ EUROPEA

d i L U I G I A M

La Società delle Nazioni ha pubblicato qualche

anno fa un interessantissimo Rapporto

sull'am-montare e la distribuzione .della popolazione

euro-pea nel prossimo trentennio. Esso cost tuisce un

grido di allarme per l'avvenire del nostro

conti-nente e della nostra civiltà. Cerchiamo di

riassu-mere qui le principali conclusioni.

L'Europa, esclusa la Russia, contava alla viglia

della guerra 400 milioni di abitanti: più del

dop-pio di quanto ne contasse ne! 1850, più del triplo

del 1800, più del quintuplo del 1650. Questa

for-midabile espansione, orgoglio e vanto del secolo XIX

sta per arrestirs , se pure non si è già arrestata.

Il Rapporto pubblicato nel 1944 calcolava che

pre-scindendo dalle perdite

dell'ultima guerra, la

po-polazione europea — sem. V _

pre esclusa la Russia —

avrebbe raggiunto nel 1965 il vertice di 421 milioni.

Poi avrebbe cominciato a declinare. Le perdite dà

guerra non sono oggi ancora accertabili: in cifra

tonda, tenuto conto della esperienza della guerra

precedente possono valutarsi in complesso

(com-presi i morti delle popolazioni civili e le perdite

inerenti alla flessione della natalità) ad una cifra

compresa fra i 15 e 20 milioni, sempre esclusa la

Russia. Il vertice dovrebbe quindi oggi (1947)

es-sere già raggiunto se pure non superato. In questa

ipotesi la popolazione di 400 milioni raggiunta

alla vigilia della guerra (1939) rappresenterebbe

il massimo per l'Europa — sempre esclusa la

Russia — nell'attuale fase della nostra civiltà.

'Se l'espansione dell'Europa si arresta, non si

arresta quella degli altri continenti. Continua

l'a-scesa dell'Asia, continua soprattutto quella delle

due Americhe: più celermente quella dell'America

meridionale, e non è azzardato prevedere che essa

possa guadagnare — nella seconda metà del

no-stro secolo — il terreno perduto nel corso del

se-colo precedente nei confronti della maggiore

so-rella del Nord. Continua pure l'ascesa della

Rus-sia che è a cavaliere fra l'Europa e l'ARus-sia. Il

Rap-porto in parola, che limita la sua indagine

al-l'Europa, non si occupa della Cina, nè del

Giap-pone, nè dell'India, nè delle Americhe. Tratta

Invece diffusamente della Russia.

Mentre il resto dell'Europa declina, la Russia

è tuttora nel pieno rigoglio della sua espansione

demografica. All'alba del secolo XVIII, ai tempi

di Pietro il Grande, la sua popolazione era

infe-riore a quella della sola Francia; nel 1939

supe-rava la somma di Francia, Germania, Inghilterra.

Nel 1970 supererà la somma di Germania, Italia,

Inghilterra, Polonia, Francia, cioè delle singole

nazioni che per numero di abitanti occuperanno

in Europa, nel 1970, rispettivamente il secondo,

il terzo, il quarto, il quinto ed il sesto posto, dopo

la Russia.

Il moto progressivo è, per quanto è dato

preve-dere le umane vicende, sicuro. Tutti quanti

nel-l'Europa del 1970 avranno più di 21 anni (cioè

oltre due terzi della popolazione totale) sono oggi

già nati. La popolazione futura sarà quindi pari

alla popolazione attuale

meno gli attuali viventi

che morranno prima del 1970;

più i nati nel

pros-simo ventennio che giungeranno vivi al 1970;

più

o meno il saldo del movimento migratorio.

Nata-lità e mortaNata-lità sono fra i fenomeni di massa il

cui corso, nelle attuali fasi della nostra civiltà,

è più chiaramente conosciuto e pertanto le

di-verse ipotesi che possono farsi ragionevolmente

circa il loro svolgimento nel prossimo ventunennio

(pur tenuto conto delle perdite non ancora

accer-tate dell'ultima guerra) sono contenute entro

li-miti ristretti; le perturbazioni migratorie, per

quanto ardite speranze possano concepirsi sulla

ripresa della emigrazione europea

intercontinen-tale e transoceanica, non possono portare che

spostamenti marginali. A meno di un cataclisma

che sconvolga butte le posizioni preesistenti, la

situazione reciproca dell'Oriente e dell'Occidente

europeo si evolverà nella linea prevista dal

Rapporto.

Le cause dell'evoluzione sono chiaramente

in-dicate. La popolazione europea — è questa una

delle conclusioni più importanti del Rapporto

— rappresenta sotto l'aspetto demografico una

unità. Uniforme è il corso dell'attuale ciclo

de-mografico, in oriente come in occidente: solo si

manifesta al variare della longitudine uno

spo-stamento di fase.

La uniformità si manifesta nella successione

di tre diversi tempi

(fasi)

O It O S o ^

111 cui sí SV0lge 11

vimento del fenomeno.

mo-Seno caratteristiche del

primo tempo la rapida flessione della mortalità,

ed in conseguenza il rapido aumento della

popo-lazione. In un secondo tempo la flessione della

mortalità aumenta più lentamente fino a

raggiun-gere un livello minimo e ad essa si accompagna

la flessione delle nascite; onde persiste per quanto

più lento l'aumento della popolazione, ma — ed

è questo il fatto più importante — il numero del

giovani diminuisce rispetto a quello della

popola-zione adulta, sicché l'età media della popolapopola-zione

tende a crescere. In un terzo tempo si intensifica

il processo di invecchiamento della popolazione, la

natalità raggiunge il livello minimo, mentre la

mor-talità tende ad aumentare: il processo di

espan-sione demografica si arresta, comincia il declino.

Sono

nqlla tersa fase del ciclo i paesi seguenti

(nei confini del 1937): Inghilterra (compresa la

Scozia e l'Irlanda), Francia, Germania, Austria,

Ungheria, Cecoslovacchia, Svizzera, Belgio, Olanda,

Danimarca, Estonia, Lettonia, Svezia, Norvegia,

Finlandia. Essi non formano in Europa una unità

geografica, tuttavia, comprendendo il tutto nella

parte maggiore, possono essere indicati col nome di

Europa del Centro e del Nord Ovest.

Analogamente possono essere complessivamente

indicati col nome di

Europa del Sud e dell'Est,

i paesi che si trovano

nella seconda fase del ciclo

e che sono tutti gli altri paesi d'Europa esclusa

la Russia e precisamente l'Italia, la Spagna, il

Portogallo, la Grecia, l'Albania, la Bulgaria, la

Jugoslavia, la Romania, la Polonia, la Lituania

(1937). La Russia è ancora nella

prima fase.

La portata delle differenze di fase è chiaramente

indicata nel seguente prospetto, in cui accanto alla

1940 1955 1970 1940 1955 1970

Popolazione totali .._„,„.,,

in milioni di abitanti

Cl,re MrtH,u

«

11

Europa del Centro e del

N o r d - O v e s t 234 237 225 59 56 54 E u r o p a d e l Sud e d e l

-l'Est 165 183 192 41 44 46 T o t a l e (esclusa Russia) .

Russia (Un. Sovietica) . 399 144 420 216 417 251 100 46 100 5111 100 60

popolazione del 1940 sono indicate le previsioni

per il 1955 e per il 1970 quali risulterebbero dal

gioco normale delle nascite e delle morti,

pre-scindendo dalle perdite di guerra (dirette ed

in-dirette) e prescindendo dai movimenti , migratori.

L'aumento della popolazione del Sud e dell'Est

non compenserà tuttavia la diminuzione già in

atto nel Centro e nel Nord-Ovest onde, « se il

complesso delle regioni europee — esclusa la Russia

— è considerato come una unità demografica»,

essa è già entrata nella terza fase del ciclo. La

guerra ha accelerato i tempi, onde è molto

(5)

L ' A C C O R D O DI PARIGI SULLE

COMPENSAZIONI MULTILATERALI

E' noto che la Convenzione di cooperazione

eco-nomica europea del 16 aprile 1948. la quale ha

Istituito l'O.E.C.E., ha imposto agli Stati

parteci-panti certi obblighi generali, in vista della

crea-zione di ima economia europea a base comune.

Fra tali obblighi generali è anche quello

previ-sto all'art. 4, per cui i contraenti devono

prose-guire gli sforzi compiuti per istituire il più presto

possibile fra essi un regime di pagamenti

multi-laterali ed attenuare le restrizioni ai loro reciproci

scambi e pagamenti.

La libera convertibilità delle monete e,

conse-guentemente, la libera circolazione delle divise da

uno ad altro Stato è uno degli obiettivi finali che

gli Stati membri dell'O.E.C.E. si propongono, ma,

frattanto, la situazione monetaria sul piano dei

reciproci rapporti tra gli Stati medesimi è

carat-terizzata da uno stretto controllo delle divise e

della loro inconvertibilità, sistema corretto

soltan-to dai vari

clearings bilaterali istituiti tra singole

coppie di Stati in occasione del regolamento

con-venzionale dei loro scambi commerciali.

Uno dei primi compiti che l'O.E.C.E. ha dovuto

affrontare è stato appunto quello di rimediare alla

situazione accennata, per la quale gli Stati

parte-cipanti non riuscivano ad equilibrare le rispettive

bilance dei pagamenti, nè ad evitare la

conse-guente formazione di saldi valutari congelati, da

oui derivava una contrazione nel volume degli

scambi.

A tal fine venne sottoscritto a Parigi il 16

ot-tobre 1948 fra gli Stati partecipanti all'O.E.C.E.,

ivi compresa l'Italia, un accordo per i pagamenti

e le compensazioni tra i paesi europei, il quale

istituisce tre meccanismi cospiranti al medesimo

scopo: 1) le compensazioni; 2) i diritti di

tirag-gio; 3) gli

switches.

Il primo comprende le compensazioni di prima

e di seconda categoria. Sono compensazioni di

prima categoria quelle che, avvenendo tra due o

più paesi, hanno per effetto la riduzione o

l'eli-minazione di saldi passivi. Cosi ad esempio, se il

paese A è creditore di B per un ammontare di

10 milioni di dollari e debitore di C per 4 milioni,

e B è a sua volta creditore di C per 6 milioni, per

effetto della compensazione il debito di A verso C

sarà saldato da B; si avrà in tal modo la

ridu-zione di un rapporto di dare-avere da triangolare

a bilaterale, in cui, eliminato il debito di A verso

C, il debito di B verso A diminuirà da 10 a 6

mi-lioni e il debito di C verso B da 6 a 2 mimi-lioni.

Sono compensazioni di seconda categoria quelle

che, a differenza delle precedenti, determinano

l'aumento di saldi o la formazione di nuovi, in

quanto permettono, per via indiretta, un più

age-vole regolamento di rapporti di credito e debito.

Cosi, ad es., se il paese A deve al paese B 40

mi-lioni di dollari e 5 al paese C, per effetto di questo

secondo tipo di compensazione, C si accolla parte

(5 milioni) del debito di A verso B; in tal modo

quest'ultimo diminuirà da 40 a 35 milioni, ma

corrispondentemente si creerà un nuovo rapporto

di dare-avere, prima non esistente, tra C e B.

consistente nel debito di 5 milioni di dollari di

C verso B e, a titolo di contropartita per C, il

suo credito verso A passerà da 5 a 10 milioni.

In entrambi i casi le relative operazioni contabili

saranno effettuate, sulla base dei conti presentati

mensilmente dagli Stati partecipanti, a cura della

Banca per i regolamenti internazionali di Basilea,

la quale verrà così a funzionare da grande stanza

di compensazione per i pagamenti intereuropei.

E' da notare però che, mentre le compensazioni

di prima categoria avverranno automaticamente,

quelle della seconda categoria, per gli speciali

ef-fetti a cui tendono, si attueranno soltanto col

consenso di tutti e tre gli Stati fra cui esse

in-tercorrono.

Il secondo meccanismo consiste nei «diritti di

tiraggio». La concessione di tali diritti si ha

quando un dato Stato mette a disposizione di un

aJtro, suo debitore, delle somme per saldare il

disavanzo che la bilancia dei pagamenti di

que-st'ultimo presenta nei suo riguardi.

In relazione a ciò entra in giuoco l'aiuto

ame-ricano in conformità ai piani dell'E.R.P.: infatti

gli Stati Uniti, in virtù dell'art. 9 dell'accordo di

cui si tratta, mettono gratuitamente a disposizione

dello Stato creditore che ha concesso i diritti di

tiraggio il controvalore in merci dell'ammontare

dei diritti. Tale intervento americano prende il

nome di

credito condizionale, ed è regolato in

modo indipendente da quello risultante dagli

ac-cordi di cooperazione econcmica stipulati dai vari

Stati beneficiari con gli Stati Uniti; infatti i

paesi che ricevono l'aiuto condizionale ncn sono

obbligati a versarne il ricavato della vendita negli

speciali conti in moneta nazionale (fondo lire per

babile che il declino sia già in atto. La

opposi-zione di fase con la Russia è chiaramente

mani-festa ed assume aspetto ancora più significativo,

se anziché la popolazione totale consideriamo la

popolazione adulta, per la quale il contrasto è

ac-centuato dal progressivo aumento della età media

delle popolazioni occidentali. Riferendoci per

e-sempio alla popolazione maschile fra i 15 e 64

anni, abbiamo le cifre indicate nella seguente

tabella.

1940 1955 1970 1940 1955 1970

PopjlHijne maschile in milioni „„„„,„.,,

di abitanti Ira i 15 a i 64 anni

Mrì

Puntuali

Europa del Centro e del

N o r d Ovest 77 82 80 60 57 54 E u r o p a del Sud e d e l

-l'Est 51 63 68 40 43 «1 T o t a l e (esclusa Russia) . 128 145 148 1«0 aoo 100 Russia (Un. Sovietica) . 49 67 84 39 46 57

Dalla meditazione di queste cifre risulta evidente

quanto sia stata folle la politica delle potenze

oc-cidentali nell'ultimo trentacinquennio. Germania,

Inghilterra, Francia e Italia dilaniandosi fra di

loro due volte nel corso di una stessa generazione

non solo si sono reciprocamente impoverite, ma

hanno accelerato un processo demografico che

già era loro sfavorevole. Dalle due guerre mondiali

l'Europa occidentale esce dissanguata: in uomini

come in capitali. Tuttavia essa ha ancora forze

bastanti per difendere se stessa e con se stessa la

civiltà.

Ma perchè la difesa sia possibile è necessario

che, superati i contrasti interni, essa si ricomponga

in unità economica, politica e spirituale. Se non

sarà capace di tanto, cadrà sotto la pressione di

altre popolazioni che sono in una più favorevole

fase del ciclo demografico. Così cadde l'Impero

Romano sommerso dall'onda delle invasioni

bar-bariche.

(6)

l'Italia i istituiti in adempimento degli accordi suddetti.

Allo scopo di permettere l'immediato funziona-mento di questo sistema, durante la negoziazione dell'accordo, sono stati calcolati i saldi netti su-scettibili di diritti di tiraggio sulla base del dare e dell'avere della bilancia dei pagamenti di ciascun Paese nei confronti degli altri paesi partecipanti all'O.E.C.E.

Tali dati figurano in una tabella allegata all'ac-cordo, dalla quale appare, ad esempio, che l'Italia concederà diritti di tiraggio per un ammontare complessivo di 47 milioni di dollari, e riceverà in conto aiuti condizionati merci americane per «'guai valore, mentre beneficerà di diritti di tiraggio per 27 milioni dalla Gran Bretagna e dall'Austria.

Il terzo meccanismo previsto dall'Accordo è quello degli switches. Esso si attua mediante il finanziamento di date partite d'importazione da paesi europei fatte in conto aiuti condizionati dagli Stati Uniti allo scopo di attenuare lo squilibrio delle rispettive bilance dei pagamenti. Cosi sé l'Italia abbia previsto di importare tìagJi Stati Uniti, in conto aiuti incondizionati, 1000 tonnel-late di carbone e queste siano disponibili anche in Belgio, l'importazione avverrà dal Belgio, an-ziché dagli Stati Uniti. La conseguenza sarà che la quota di aiuti incondizionati all'Italia sarà di-minuita dal corrispondente controvalore, mentre di altrettanto ammonterà la quota di aiuti condi-zionati assegnati al Belgio.

L'accordo presenta, come si vede, una serie di espedienti che mirano tutti al raggiungimento del medesimo scopo : di consentire cioè che il volume degli scambi tra i paesi europei non si riduca, ed anzi diventi maggiore, data la possibilità che ad essi viene offerta di disporre di ammontari sempre più rilevanti di valuta destinata a fare il servizio degli scambi ccn l'estero. Questo però non è il solo effetto delle misure che saranno saggiamente predisposte e regolate dalla Banca di Basilea in collegamento con l'O.E.C.E., perchè l'originalità dell'accordo consiste nel fatto che esso ha abil-mente agganciato il sistema degli aiuti americani ai meccanismi che permettono l'equilibrio e l'ag-giustamento delle bilance dei pagamenti degli Stati europei.

Infatti mentre il clearing multilaterale e le

com-pensazioni di seconda categoria non fanno altro che sviluppare i criteri che hanno ispirato la poli-tica monetaria internazionale degli Stati europei in questo dopo-guerra, l'uso dei diritti di tiraggio e l'adeguamento reciproco degli aiuti condizionali e non condizionali stimolano gli scambi tra i paesi beneficiari del piano Marshall ed attuano quella giusta distribuzione dell'aiuto statunitense che non è ottenibile a priori soltanto sulla falsa riga dei programmi in funzione E.R.P. Infatti per quanto oculati e preveggenti siano i calcoli delle necessità e delle capacità di assorbimento di ciascun paese, esiste in fatto sempre una certa vischiosità recet-tiva delle merci spedite in conto aiuti. Se le merci stesse o i loro equivalenti valutari possono invece circolare fra gli Stati beneficiari dell'B.RP., si verrà a stabilire quell'adeguamento concreto dei programmi che non sarebbe altrimenti possibile qualora all'atto pratico si volesse che un deter-minato paese conservasse la capacità recettiva ed utilizzativa dell'aiuto quale è stata preventiva-mente calcolata.

Alle volte poi anche l'aiuto in dollari non copre esattamente la necessità del commercio estero di un determinato Stato, o quanto meno vi provvede soltanto con riferimento futuro, lasciando invece scoperti i saldi valutari passivi. L'espediente dei diritti di tiraggio prevede anche questa ultima eventualità.

Concludendo si può dire che se l'accordo del-l'ottobre scorso è complesso e macchinoso in appa-renza, non lo è e non lo dovrebbe essere alla prova dei fatti, data anche l'elasticità del suo funzio-namento, quale appare dalle esclusioni di certi saldi dalla compensazione e dalle clausole parti-colari stipulate con riguardo a certi paesi i Por-togallo e Svizzera, Grecia e Turchia) sia tenuto conto della loro situazione monetaria sia consi-derata la loro particolare struttura economica. Ottima garanzia in proposito offre anche l'e-sperienza dei tecnici che con tanta fatica lo hanno condotto a termine e di quelli della Banca di Ba-silea cui spetta di assicurarne il complesso fun-zionamento.

RICCARDO M O N A C O Università di Torino, febbraio 1949.

S A N T I L L I

FRIGORIFERI « ORTOFRIGOR »

LAVASTOVIGLIE E BIANCHERIA AUTOMATICI «GRIFO»

MOTOSCOOTER «ISOTHERMOS» cc. 65-125 * T O I I I X O VIA A M E V B O L A 1 . T U L . 5 0 . I 1 S v e n d i t e r a t e a l i V I A X X S K T T K Ì I I I I I K :«M . I I I . I 8 . 0 2 1

I B a t t n t ò ' J l m e r i c u e M t t u í t a

SOCIETÀ PER AZIONI - Capitalo versato e riserve Lit. 400.000.000

S E D E C E N T R A L E - M I L A N O PRESIDENTE ONORARIO

A . P . G I A N N I N I

Presidente fondatore della

I B a n k o f A m e r i c a

NATIONAL s a v i n g s ASSOCIATION

SAN F R A N C I S C O , C A L I F O R N I A

T 1 7 T T JE L E O F E K A Z I O N I O JE J B A ^ C J V

In Tonno ^rc*vescovat*° Z

(7)

FINALITÀ ECONOMICHE DELLA FINANZA EXTRA-FISCALE

i.

Col prevalere, sin dalla fine dell'altra guerra

mondiale, delle nuove correnti di pensiero

filo-sofico e politico tendenti ad assegnare allo Stato

sempre maggiori diritti e più vaste mansioni,

an-che alla finanza vennero affidati compiti più

Im-portanti, che trascendono il carattere strettamente

fiscale. La finanza extra-fiscale ha infatti ormai

raggiunto in una gran parte degli Stati un

note-vole sviluppo a motivo delle finalità politiche,

eco-nomiche, demografiche e sociali che essa cerca di

realizzare.

Tra queste diverse finalità, meritano

partico-lare esame quelle di carattere economico, in

quanto lo strumento tributario è da molti

au-tori (1) non a torto considerato mezzo efficace, per

quanto non decisivo, per promuovere il progresso

economico. Così, la finanza è posta a servizio

del-l'opera di ricostruzione e considerata quale

stru-mento di una politica anticongiunturale e

parti-colarmente della politica del pieno impiego.

lie funzioni, che la politica tributaria può

svol-gere a vantaggio della ripresa economica, come

è ovvio, sono tanto maggiori quanto più salda è

la situazione finanziaria dello Stato mentre nei

paesi, in oui il bilancio non è ancora in pareggio

e quindi una riduzione della pressione tributaria

riesce, per il momento, impossibile, il problema

essenziale consiste nello spostare il carico fiscale

da alcuni gruppi di contribuenti ad altri e nel

dare a tutto il sistema tributario un ordinamento

tale che ostacoli il meno possibile la ripresa

eco-nomica, ma tenda, anzi, a favorirla.

Siffatta politica finanziaria rappresenta

l'attua-zione del principio produttivistico dell'imposta,

che sin dall'altro dopoguerra fu oggetto di

interes-santi dibattiti intesi a mettere in luce i benefici

effetti da esso derivanti nei riguardi della

restau-razione economica. Anzi, tale aspetto della

fi-nanza costituisce, ora, parte essenziale dei

pro-grammi economici di una gran parte degli Stati,

anche a motivo della politica del pieno impiego,

da diversi Governi propugnata. Ed invero questa

politica, colla nota opera di Keynes «The

gene-ral theory of employment, interest money » e coi

numerosi scritti che su codesto vitale problema

apparvero negli ultimi anni, .rafforzò ancora le

basi della finanza extra-fiscale, a cui si volle

in-fatti, affidare, oltre l'alta finalità per favorire la

ricostruzione economica, anche quella di

combat-tere la disoccupazione, divenuta preoccupante

so-vrattutto nell'immediato dopoguerra in molti dei

paesi che avevano preso parte al grande conflitto.

In realtà, i due problemi sono strettamente

con-nessi. Colla ripresa economica, la disoccupazione

tende a ridursi, sempre quando non esistano cause

speciali di detto grave fenomeno, quali l'eccesso

della popolazione in rapporto alla disponibilità

di capitali ed all'attrezzatura produttiva del paese,

le limitazioni ai trasferimenti di persone, merci!

capitali, ecc.

Che la politica finanziaria possa recare un

no-tevole contributo alla ripresa economica, non vi

(1) F. N E U M A R K : Theorie und Praxis der m o d e r n e n

Einkommensbesteuerung, Bern, 1947, pp. 114-142; Id. id.: La fiscalité au service de la restauration ( R a p p o r t o p r e -s e n t a t o al Congre-s-so dell'I-stituto Internazionale di Fi-nanza, tenutosi a R o m a dal 30 s e t t e m b r e al 2 o t t o b r e 1948);

H. L A U F E N B U R G E R : Finances comparées, Paris, S'irey, 1947; R A N D O L P H E. P A U L : Taxation for prosperity, New-Y o r k , 1948; H. M. G R O V E S : Post-war taxation and eco

nomic progress. N e w Y o r k , 1946; E. F. S C H U M A C H E R :

Public finances in relation to full employment, in « T h e e c o n o m i c s of full e m p l o y m e n t », O x f o r d , 1945, pp. 85-125; M. P U G L I E S E : La finanza e i suoi compiti extra-fiscali

negli Stati moderni, P a d o v a , 1932, pp. 183-197.

è dubbio, come, d'altro canto, è ovvio che essa

non possa costituire un fattore decisivo, nè di

immediato effetto, del progresso di una nazione.

Essa merita tuttavia di essere considerata nella

sua pratica ed effettiva portata, quale strumento

delle direttive volte a realizzare la restaurazione

economica in questo difficile dopoguerra.

Il punto essenziale del problema è, pertanto,

anzitutto quello di vedere quali siano i

provvedi-menti che praticamente si possono realizzare per

favorire la ripresa. Infatti, i rimaneggiamenti

tri-butari, oltre al fine di assorbire l'eccesso del

po-tere d'acquisto del contribuente coll'attuazione di

una politica anti-inflazionlstica. devono mirare

es-senzialmente allo scopo di incoraggiare l'iniziativa

privata e stimolare l'attività economica del paese.

Dei numerosi provvedimenti che si possono

pren-dere per raggiungere tale finalità, faremo breve

cenno limitandoci ai più importanti.

Gioverà anzitutto cercare di ridurre al minimo

la pressione fiscale sulla produzione per evitare

che essa elevi i costi, accrescendo, al contrario

— quando ciò sia necessario — l'onere

tributa-rio sui consumi non indispensabili per mezzo di

monopoli fiscali e con altri tributi che meno

gra-vino sui vari settori della produzione, eliminando

le incomode imposte sugli affari e l'onerosa

tassa-zione sull'entrata, i oui difetti sono da tutti

ricono-sciuti. Inoltre per incoraggiare l'iniziativa privata

sarà utile, nell'accertamento del profitto

d'im-presa, tener conto dei guadagni e delle passività di

diversi esercizi, facendo il conguaglio tra perdite

e profitti per tun periodo di tempo limitato, ma

sempre superiore ad un anno. Gioverà pure a tal

fine, in base alla nota distinzione introdotta

dal Fisher tra reddito « guadagnato » e reddito

«realizzato» (1), tassare con diverso criterio i

pro-fitti ottenuti a scapito del valore capitale, ed il

reddito « guadagnato » ed esentare, inoltre, da

im-posizione gli utili puramente nominali dovuti

al-l'inflazione. E' necessaria pure una netta

discrimi-nazione, agli effetti della tassazione, della natura

economica dei redditi, a seconda che questi

proven-gano da lavoro eppure da capitale, ovvero da

capi-tale e da lavoro, colpendoli in considerazione della

loro effettiva capacità contributiva. Sarà pure utile

mitigare la tassazione delle imprese che

presen-tano gravi rischi, tenendo conto delle maggiori

alee che corrono. Il colpire le imprese più

ri-schiose con oneri tanto gravi quanto quelli delle

imprese normali è provvedimento ingiusto; e tanto

più stridente e dannosa appare la sperequazione, in

quanto si conceda, poi, la completa immunità

tri-butaria ai titoli di Stato.

Gioverà, inoltre, al fine di attuare una politica

tributaria intesa a stimolare l'attività economica

(la cosiddetta

incentive taxation) concedere

age-volazioni fiscali alle importazioni di macchinari

più progrediti, destinati a migliorare J'attrezzatura

e l'efficenza produttiva, ed inoltre accordare premi

alle imprese, che riescano ad utilizzare nel miglior

modo e colla massima economia le materie prime

importate. Pure di vantaggio saranno i

provvedi-menti intesi a concedere agevolazioni fiscali agli

investimenti di capitali esteri in Italia ed a

favo-rire la ricostruzione degli impianti danneggiati

(8)
(9)

dalla guerra, la ricostruzione delle scorte nonché 11

rimodernamento delle attrezzature e le ricerche

scientifiche infine volte a perfezionare la tecnica

produttiva. Anche i nuovi Investimenti potrebbero

venir incoraggiati con agevolazioni fiscali e

parti-colarmente favoriti nella valutazione delle quote di

ammortamento degli impianti dell'impresa.

II.

La politica finanziaria può anche essere

indi-rizzata ad esercitare un'azione anti-congiunturale.

in guisa da adattare la pressione tributaria alla

mutevole capacità contributiva del paese, a seconda

che questo attraversi ima fase di depressione o

di prosperità. E' ovvio che per non turbare troppo

la stabilità economica, sarà bene, nell'introdurre

siffatti rimaneggiamenti tributari, alleviare gli oneri

fiscali nel periodo discendente del ciclo, per

accre-scerli, al contrario, nella fase ascendente. In siffatti

rimaneggiamenti gioverà, come già si ebbe occasione

di osservare, modificare essenzialmente le imposte

che meno alterino l'equilibrio economico, quali,

ad esempio, quelle globali sul reddito, e

procu-rare, al contrario, di ritoccare il meno possibile

quelle che esercitino una particolare influenza

sul livello dei prezzi e sul costo della vita.

L'im-posta sul reddito, a motivo del suo carattere di

tributo personale ad aliquota progressiva, è

rite-nuta infatti particolarmente adatta per gli

op-portuni ritocchi intesi ad adattare la pressione

tributaria all'effettiva capacità contributiva del

paese nelle varie fasi del ciclo (1). Essa infatti,

oltre a non turbare troppo l'equilibrio economico,

in quanto non modifica direttamente i costi di

pro-duzione, od almeno, li altera in misura meno

sensi-bile delle imposte incidenti sui vari settori

produt-tivi. Essa inoltre presenta un altro notevole

van-taggio: la progressività dell'aliquota assume una

particolare sensibilità di fronte alla congiuntura

automaticamente associando il bilancio statale al

progresso od al regresso dell'economia nazionale.

Infatti, l'incremento di reddito nella fase di

pro-sperità fa automaticamente passare la base

impo-nibile agli scaglioni superiori dell'aliquota

progres-siva; mentre nel periodo di declivio dei redditi, si

avvera il fenomeno opposto, il quale accresce in tal

modo la flessibilità fiscale.

Adottando il criterio di una maggiore flessibilità

fiscale, si potrà pertanto alleviare la pressione

tri-butaria nei periodi di depressione economica ed

accrescerla invece nelle fasi di prosperità, il che

potrà anche consentire la formazione di « fondi

di equalizzazione della congiuntura», come già si

cercò di fare in Belgio ed in Finlandia: fondi di

equalizzazione da utilizzarsi nella fase discendente

del ciclo, oltre che per ridurre gli oneri fiscali,

anche per incrementare le spese statali intese ad

accrescere Ja domanda di lavoro.

III.

Dalla politica finanziaria tendente a favorire

la ripresa economica e da quella

anti-congiuntu-rale, sorge la politica volta a combattere la

di-soccupazione.

I due gruppi di provvedimenti di importanza

essenziale, che la politica finanziaria può attuare

ai fini di concorrere, insieme con altri di diversa

natura e di più vasta portata — proprii della

po-litica economica —, a combattere la

disoccupa-zione sono: 1) l'aumento delle spese dello Stato

e degli enti pubblici, intese ad accrescere la

do-manda di lavoro; 2) 1 rimaneggiamenti tributari

tendenti a favorire la riprèsa economica.

(1) F. N E U M A R K : Theorie und Praxis der modernen

Einkommensbestenerung, cit. pp. 127 e seg.

Mentre la concessione di opere pubbliche risolve

solo temporaneamente il problema della

disoccupa-zione qualora il rendimento della spes- pubblica

sia scarso — perchè, come è ovvio, in tal caso solo

lentamente si accresce il risparmio nazionale la

disoccupazione trova, al contrario, un rimedio

ra-zionale nelle opere pubbliche, allorché queste, oltre

a dare un adeguato reddito rimuneratore,

concor-rano ad accrescere le attrezzature e la produttività

del paese. Notevoli sono, poi, i vantaggi della spesa

pubblica, quando essa favorisca l'investimento di

risparmi prima inattivi, come avviene generalmente

nella fase di depressione economica. In tal caso, se

lo Stato investe una parte del capitale ozioso —

sotto forma, sia di risparmio monetario, sia di

fat-tori materiali della produzione inattivi — si avrà

un immediato incremento nella domanda di lavoro,

alla quale farà seguito un aumento in quella delle

merci; si che un'occupazione « primaria », date

par-ticolari circostanze, può creare un'occupazione «

se-condaria », e così di seguito. Condizione

indispensa-bile è, però, come si è detto, anzitutto l'esistenza

di risparmi inattivi; poiché in caso contrario non

si avrebbe altro che uno spostamento di

investi-menti di capitale da un campo all'altro e

l'occu-pazione «secondaria», conseguente a quella

«pri-maria » originata dalle opere pubbliche, non

po-trebbe aver luogo se non contraendo la

produ-zione e quindi l'occupaprodu-zione operaia in altri

set-tori dell'attività economica. Ma altre condizioni

sono inoltre necessarie affinchè il cosiddetto

prin-cipio del « moltiplicatore » possa trovare pratica

ed efficace attuazione: 1) che là domanda di

la-voro, conseguente alla politica di opere pubbliche,

non sia seguita da un aumento di salari, poiché,

in caso contrario, si avrebbe probabilmente una

riduzione nella domanda di lavoro da parte delle

imprese marginali; 2) che l'aumento della

do-manda di materie prime, dovuto ai lavori pubblici,

non provochi un incremento di prezzi tale da

an-nullare del tutto od in parte gli effetti del lavori

pubblici stessi sull'occupazione; 3) che i prezzi dei

beni di consumo non crescano a motivo della

mag-giore domanda da parte degli operai occupati in

aggiunta a quelli precedenti in modo da indurre le

classi operaie a chiedere ed ottenere un aumento

nominale di salari (1). Sono adunque necessarie

alcune speciali circostanze — delle quali abbiamo

ricordato solo le più importanti — affinchè il

pro-cedimento del « moltiplicatore » possa realmente

produrre gli effetti desiderati sull'impiego della

mano d'opera. In ogni caso, poi, l'espansione della

produzione conseguente alla concessione di lavori

pubblici troverà, dopo un certo periodo, un limite

insuperabile; poiché altrimenti sarebbe sufficente,

ad esempio, dare lavoro ad un limitato gruppo di

operai per risolvere facilmente ed

automatica-mente il problema della disoccupazione, attuare

parzialmente una politica di lavori pubblici, per

accrescere illimitatamente la ricchezza

nazio-nale (2).

Ma anche quando la concessione di opere

pub-bliche può effettivamente coll'impiego di capitali,

prima inattivi, riattivare la vita economica,

oc-corre tener conto, non solo del maggiore o minore

rendimento della spesa pubblica, ma anche della

maggiore o minore durata dell'investimento.

Con-verrà pertanto tener presenti anche le

ripercus-(1) C. B R E S C I A N I T U R R O NX: The multiplier in practice

some results of recent German experience, In « R e v i e w o f e c o n o m i c s t a t i s t i c s » , m a g g i o 1938; - Id. id.: Osserva-zioni sulla teoria del moltiplicatore, in « Rivisita Banca-ria », agosto 1939, pp. 694 e seg.

(2) A. C A R I N O C A N I N A : D i a l c u n e cause di

amplifi-cazione t di variazione d'intensità dei fenomeni

(10)

sioni, che sull'impiego della mano d'opera possono derivare da immobilizzi più o meno lunghi di ca-pitali: poiché in caso di investimenti a lunga sca-denza si potrà avere, nei riguardi della demanda di lavoro, una situazione meno favorevole all'im-mediato assorbimento della mano d'opera. Qua-lora. poi, i lavori pubblici fossero finanziati per mezzo di prestiti, è indispensabile tener conto anche dell'onere dell'indebitamento dell'ente pub-blico e delle sfavorevoli sue conseguenze sull'eco-nomia del paese, per non cadere in una pericolosa riabilitazione del deficit finanziario (1).

Accanto all'incremento della spesa pubblica in-tesa ad accrescere la domanda di lavoro, meritano di essere in modo particolare ricordati i provve-dimenti di natura essenzialmente tributaria ten-denti, attraverso ad una tassazione redistributrice, adeguata alla reale capacità contributiva dei di-versi settori della vita economica del paese ed in stretto rapporto colla fase di depressione o di pro-sperità che questo attraversa, a favorire la ripresa economica e, con questa, l'incremento di occu-pazione dei lavoratori. Sono provvedimenti questi, i quali mirano a combattere la disoccupazione risa-lendo alle sue cause essenziali senza limitarsi a cu-rarne solo gli effetti immediati, e sono intesi a re-care un non disprezzabile contributo alla politica economica, di più vasta portata, volta ad accre-scere la produttività del paese, a favorire l'istru-zione e la preparal'istru-zione tecnica delle maestranze, la trasferibilità della mano d'opera da una re-gione all'altra o, quando sia possibile, da un paese all'altro, ecc.

A questo alto scopo deve tendere anche la poli-tica finanziaria, la quale sia sotto forma di finan-ziamenti di opere pubbliche destinate ad accre-scere la produttività nazionale, sia sotto forma di rimaneggiamenti tributari tendenti a favorire la ripresa economica, anche se non si può conside-rare, come già si disse, un elemento decisivo nè di immediati effetti, si può tuttavia ritenere fattore non trascurabile del pregresso della nazione e quindi anche dell'incremento della domanda di lavoro. A tal fine è infatti indirizzata la politica di vari Stati i quali, dando maggior importanza alle ripercussioni di un vasto ed intelligente pro-gramma di opere pubbliche che non al pareggio contabile del bilancio, hanno trasformato il bi-lancio annuale in bibi-lancio pluriennale o ciclico, come già si fece in Svezia, dove pure si è pen-sato di esentare da tassazione i profitti reinvestiti nell'impresa; a tal fine è volta pure la politica di diversi paesi, i quali tendono a dare una par-ticolare flessibilità del sistema tributario in stretto rapporto colle varie vicende del ciclo, in modo da adattare la pressione fiscale alla reale capacità contributiva del paese.

La finanza extra-fiscale può dunque avere, al pari di quella politica, sociale e demografica, im-portanti compiti di carattere economico, i quali vanno dai provvedimenti intesi a favorire la ripresa a quelli miranti ad attuare una politica anti-con-giunturale ed a quelli infine .tendenti a combattere la disoccupazione. Il contributo recato dalla poli-tica finanziaria al conseguimento di tali importanti fini, per quanto debba necessariamente associarsi ad altre forme di politica economica di maggiori e più immediati effetti, tuttavia, anche se non è decisivo, merita di essere preso nella dovuta con-siderazione sovrattutto nell'ora attuale.

Università di Tortino - Febbraio 1949.

ATTILIO G A R I N O C A N I N A

(1) A. L O R I A ; La réhabilitation du déficit financier, In « R e v u e é c o n o m i q u e i n t e r n a t i o n a l e », gennaio 1939, pp. 9 e seg.

^ 1 111

POLITICITÀ' DICHIARATA

DEI CONSIGLI DI GESTIONE

Attorno a pochi problemi venne sollevato cosi gran clamore come attorno a quello dei con-sigli di gestione. Al punto che ad essi, sorti ed in-stauratisi de factu. sembrò a più riprese dovesse esser concesso il riconoscimento giuridico. Si ri-corderà che un primo disegno di legge fu presen-tato dall'allora ministro del lavoro, on. D'Aragona, e che un altro ne segui, rimasto per lungo tempo il definitivo, il cosiddetto «progetto Morandi », dal nome del suo principale compilatore. Ancora nel gennaio 1947, il presidente De Gasperi ebbe ad af-fermare nelle sue dichiarazioni di governo: «L'au-mento della produzione sarà favorito anche da una collaborazione organica tra capitale e lavoro; senza il concorso d'entrambi la ripresa della pro-duzione è impossibile: premesse indispensabili sono lo spirito d'intrapresa ed un clima d'interessa-mento e collaborazione operaia. Cosi sarà affron-tato... il problema dei consigli di gestione che nel progetto Morandi abbiamo ereditato dal prece-dente governo».

Ma all'attività instancabile dell'organizzazione sindacale e dei partiti di sinistra tendente ad otte-nere il riconoscimento giuridico per quanto più possibile ampio dell'istituto e delle funzioni del consiglio di gestione, si contrappose sempre, al-trettanto deciso e tenace, l'atteggiamento negativo della Confindustria. La cui tesi — diffusamente esposta nei due volumi su «C.d.G.: esperienze e documenti sulla partecipazione dei lavoratori alla direzione delle aziende nell'ultimo trentennio » poteva così essere sintetizzata. Il problema del controllo operaio ha due aspetti che solo apparen-temente si fondono insieme ma che in realtà sono ben distinti sia nella forma che nella sostanza: quello economico sociale e quello politico. Affer-mava (e afferma) la Confindustria: «Che l'espe-rimento che si vorrebbe compiere in Italia rientri in quelli di quest'ultima categoria, non c'è dub-bio, anche se si tenta di mascherarlo con dichia-razioni in senso contrario, intese ad attenuarne in apparenza la portata e assopire le naturali diffi-denze... Di fronte a siffatta impostazione del pro-blema. la Confederazione dell'Industria, mentre si dichiara pronta ad esaminare in opportuna sede ed in condizioni di parità con la controparte l'ado-zione dei provvedimenti che, fatti salvi i principi fondamentali su cui poggiano gli organismi pro-duttivi nel loro attuale assetto, consentano una più feconda collaborazione tra capitale e lavoro, tra impresa e maestranza, rinnova la propria net-ta, irriducibile, energica opposizione agli schemi di provvedimenti legislativi recentemente proposti al governo. Dichiara che essi non sono che la ma-schera di una mal celata manovra politica con fi-nalità eversive e che la loro approvazione non potrebbe che avere conseguenze pregiudizie-voli per la ricostruzione dell'economia nazionale e la ripresa della produzione».

A tale tesi replicarono sempre e costantemente, dichiarandola infondata e reazionaria, i parteci-panti al n Congresso nazionale dei C.d.G.,

tenu-tosi a Milano il 23 novembre '47 (il primo si era svolto nella stessa città il 13 ottobre del '46). Co-munque da allora il problema dei consigli di ge-stione venne man mano a perdere nell'opinione pubblica, nell'attenzione dei parlamentari e degli stessi sindacalisti, la posizione predominante che aveva prima goduto. E ciò sebbene fosse interve-nuta l'approvazione della Costituzione coll'art. 46 che suona : « Ai fini dell'elevazione economica e sociale del lavoro ed in armonia colle esigenze della

(11)

ESPERIMENTI DI DEMIURGI A DEL I t V O R O

LA PUBBLICITÀ' COME ARTE DELLA FAVOLA

«La pubblicità è una scienza». «La pubblicità

è un'arte ». Potremmo scegliere a caso: entrambe

le affermazioni fanno parte ormai di quel

patri-monio di banalità in cui si esaurisce oggi la

co-siddetta cultura dell'uomo medio. Un

'arte o una

scienza la pubblicità, un'arte la cinematografia,

una

missione l'insegnamento, un apostolato la

professione del

medico-Banalità certo, non in sè, ma per l'assoluta

in-differente ignoranza <1'« accoglimento passivo ed

imbelle » di cui parla Huizinga) con la quale

que-sti giudizi « confezionati » vengono ripetuti, fino

alla noia, da miriadi d'individui ogni giorno, col

tono forse di una scoperta, ma in realtà per una

pigrizia mentale che l'improvviso desiderio di aprir

bocca riesce appena a scalfire.

Per non peccare proprio della stessa faciloneria

che caratterizza questo generale indebolimento

delle facoltà critiche, dobbiamo fin d'ora avvertire

che non è nostra pretesa di risolvere con un

arti-colo il problema relativo alla qualifica di scienza,

o di arte, da attribuire alla pubblicità. Attività

tipicamente «pratica», vòlta cioè alla

trasforma-zione, o alla conservatrasforma-zione, di una determinata

realtà (nel caso in termini il comportamento di

un imprecisato numero di persone) la pubblicità

merita forse così alta diatriba per una certa qual

nobiltà che ad essa deriva dal fatto di esplicarsi

in una peculiare azione

dell' uomo sull'uomo, di

compiutamente concludersi cioè in .quel cerchio

magico dell'» umano » che potrebbe a parer nostro

giustificare — ad esempio — un accostamento di

essa all'oratoria, alla pedagogia, o addirittura

— perchè no? — alla politica. Comunque il

sen-tenziare in materia di « arte » o di « scienza » non

è — nemmeno a questa proposito — cosa da

pren-dere alla svelta, tanto ardua è la determinazione,

e ancor più la discriminazione, delle categorie

mentali che essa implica.

Ci limiteremo dunque a mettere qui in evidenza

alcune particolari caratteristiche del nostro

la-voro, e a dedurne una sua interpretazione che

per essere meno gratuita delle consuete potrà forse

proporre

anche una soluzione del problema

rela-tivo alla classificazione della pubblicità tra le

at-tività umane.

Crediamo anzitutto sia lecito — senza troppi

scrupoli di terminologia — affermare che la

pub-blicità è quanto meno una

tecnica (nel comune

significato moderno della parola) le cui norme

sono basate su leggi rigorosamente scientifiche,

proprie della fisiologia, della psicologia

sperimen-tale, della psicanalisi e di altre discipline.

A sottolineare l'importanza di questi presupposti

dottrinali basterebbe — ad esempio — la

quoti-diana esperienza di cartelloni (magari perfetti sotto

ogni altro riguardo) irrimediabilmente infirmati

da un

unico errore tecnico, a sua volta

chiara-mente imputabile all'ignoranza d'una determinata

legge scientifica.

Un tecnico che sia veramente tale sa con

preci-sione a quale grado, d'un arco di 90°, un certo

colore viene di solito percepito dall'occhio in

vi-sione indiretta; conosce le esperienze di Huey e le

regole di Kirschmann, il fenomeno di Prétori e

Sachs e le leggi di Quantz, di Munsterberg o di

Wundt, le osservazioni di Jastrow e la

classifica-zione della Sheldons...; egli sa che voi leggete a

«scatti» il cui tempo varia da 4/10 a 5/10 di

se-condo e vi può dire in anticipo quante parole in

media vod ricorderete di una determinata frase.

Si tratta di dati da lui acquisiti non solo in virtù

di studi di notevole complessità, ma spesso — e In

modo particolare per i fenomeni di più controversa

natura — a prezzo di lunghe ed estenuanti prove

sperimentali che costituiscono un suo geloso

patri-monio personale di esperienza; di quest'esperienza

egli è a tal punto padrone da servirsene per così

dire, automaticamente, d'istinto (nel che consiste

d'altronde il retto modo d'applicazione di qualsiasi

tecnica) e di essa costantemente si vale, nel suo

lavoro, da quando collauda uno « slogan » a

quando sceglie un determinato colore nel progetto

d'un cartellone.

Quel tanto di diabolico che forse è insito in

que-sto strano sperimentare ci ha più volte turbati

— nel silenzio di certe notti di studio — con una

fugace, ma non troppo piacevole associazione di

idee : il « nostro » uomo, l'uomo senza volto che

con mille o centomila compagni forma il

«pub-blico » al quale dobbiamo in qualche guisa

im-porre il nostro volere, ci è apparso sotto la specie

del nudo, inerme e indifeso mollusco deposto,

in

vitro, sul tavolo d'un laboratorio; a goccia a goccia

noi proviamo su di esso l'acido e il mordente del

nostri reagenti: perchè appunto le sue «reazioni»

noi dobbiamo conoscere e utilizzare; di volta in

volta esiso si contrae, si apre, si chiude in se stesso

o si distende: e noi osserviamo, annotiamo,

con-cludiamo.

Pura tecnica dunque, arido, addirittura cinico

mestiere il nostro? In un certo senso — in questo

senso — indubbiamente sì.

Esiste tuttavia un aspetto — tra i meno noti

dell'attività in esame — che nettamente contrasta

con questa particolare interpretazione di essa.

In-tendiamo parlare della sorprendente analogia che

lega la pubblicità ad una delle più affascinanti

arti cui l'uomo possa consacrare i suoi ozi: l'arte

di raccontar favole ai bambini.

Abbiamo detto « arte », e una volta tanto

cre-diamo di poterlo fare, se nessun scrupolo filosofico

impedì ad un Victor Hugo di scrivere d'un'«Art

d'être grand père».

Al lettore interesserà assai poco il sapere che fu

l'analogia tra favola e pubblicità, in cui sempre

noi abbiamo creduto, ad indurci un giorno a

sce-gliere il nome di un favolista come pseudonimo

per l'esercizio della nostra attività tecnica.

Qual-che maggiore interesse può avere — per chi scorra

queste righe — il seguirci in una breve

ricostru-zione di quell'analogia.

Tra le due attività esiste intanto un discreto

pa-rallelismo di scopi: chi studia una forma di

pub-blicità si prefigge di indurre un certo numero di

persone a fare (o a non fare) qualcosa: a votare

per Tizio o ad astenersi dal votare per Caio, a

re-carsi in una determinata località o ad acquistare

un certo oggetto; chi racconta favole ad un

bam-bino si propone di mantenerlo tranquillo per

qual-che tempo, o di educarlo a sentimenti di

partico-lare bontà, o più semplicemente ancora di

diver-tirlo e di farlo ridere: in ultima analisi, di

otte-nere anche dal bambino un

fare od un non fare.

Riferimenti

Documenti correlati

denti organi — del problema relativo all'attraversa- mento del Ticino. E l'azione svolta ha avuto il suo effetto in quanto il 12 settembre u.s. il Presidente del Magistrato del

Sclopis, dei consiglieri Sacerdote, Bocca, Giretti ed altri, lo studio di un secondo sbocco alle ferrovie francesi. La commissione concludeva che la linea che meglio ri-

e New Bedford, ha giudicato che « in questo momento, un aumen- to dei salari seguito da un au- mento non adeguato della do- manda di prodotti aprirebbe la porta alla disoccupazione

strazione finanziaria. Questa, peraltro, continua a tacere, sì da far credere che il suo pensiero corri- sponda effettivamente a quello che le viene uffi- ciosamente attribuito. Ma

H o sul mio tavolo un fascio di recentissimi- studi e cataloghi americani di costruttori specializzati negli impianti industriali di sollevamento e trasporto : in parte sono giunti

nonché il grano ceduto dalla gestione ammassi al consumo invece di essere destinato alla confezione del pane della tessera, che più nessuno ha voluto mangiare, è stato utilizzato

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