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l’Unione Europea del nuovo disciplinare di produzione che, tra le altre modifi che a garanzia del consumatore, innalza la quota di foraggio che dovrà essere pro- dotta all’interno dei singoli allevamenti dal 35 al 50%, rendendo in questo mo- do ancora più stretto il legame del Par- migiano-Reggiano con il territorio di produzione.
La valorizzazione del foraggio all’in- terno della razione è quindi necessaria al fi ne di aumentare l’autosuffi cienza forag- gera dell’azienda zootecnica e, in tal mo-
do, diminuire la dipendenza dal mercato per l’acquisto dei mangimi e dei foraggi extra aziendali: va rilevato a tal propo- sito che questa voce rappresenta circa il 30% del costo di produzione del latte e che il prezzo delle materie prime è sog- getto, e il fenomeno è stato particolar- mente evidente negli anni recenti, a forti fl uttuazioni. Numerose sono le evidenze che dimostrano come sia possibile sosti- tuire, nella razione di bovine da latte per la produzione di Parmigiano-Reggiano, le proteine fornite con la soia con quel- le di un fi eno di erba medica di elevata qualità. In particolare, un lavoro recen- temente condotto ha dimostrato che, con opportuni accorgimenti, l’utilizzazione di fi eni di pregio può compensare l’ap- porto di proteina da soia, senza com- promettere le caratteristiche casearie del latte e le rese in formaggio, anche a fronte di una lieve diminuzione della quantità di latte prodotto.
La valorizzazione del foraggio all’in- terno della razione ha come condizione
«necessaria» che le tecniche di coltivazio- ne e di raccolta-conservazione concorra- no a mantenere livelli di eccellenza della qualità, intesa sia come salubrità, cioè as- senza o presenza entro i limiti consentiti di sostanze che possano infl uire negati- vamente o compromettere la qualità del latte e/o la salute delle bovine, sia come qualità nutrizionale.
Come valorizzare
la qualità dei fi eni aziendali
di Marco Ligabue,
Elena Bortolazzo, Roberto Davolio
L
a qualità elevata dei foraggi rap- presenta un fattore fondamen- tale per consentire la produzio- ne di latte adatto alla caseifi ca- zione, in particolare laddove il latte viene trasformato in formaggi di pregio, quale il Parmigiano-Reggiano, per il quale il foraggio affi enato rappresenta una quo- ta molto importante della razione delle bovine.In riferimento a questo aspetto è ne- cessario ricordare che è di questi giorni la defi nitiva approvazione da parte del-
PER AUMENTARE L’AUTOSUFFICIENZA FORAGGERA
●
L’uso di foraggi aziendali può ridurre il ricorso ai mangimi acquistati, migliorando
la competitività dell’allevamento. Si deve curare la loro qualità, per contenuto di nutrienti, assenza di micotossine, basso contenuto di nitrati e spore di clostridi, e quella dei fi eni nella conservazione e somministrazione all’animale
La condizione necessaria per valorizzare il foraggio nella razione è che le tecniche di coltivazione, raccolta e conservazione mantengano eccellenti i livelli di qualità
Clostridi butirrici: batteri che han- no il loro habitat naturale nel terreno e possono compromettere la qualità dei formaggi a lunga stagionatura.
Spore: forme dormienti in grado di sopravvivere in condizioni avverse.
Afl atossine: tossine prodotte da fun- ghi del genere Aspergillus che, se pre- senti negli alimenti zootecnici, pas- sano nel latte, costituendo un grave rischio per la salute umana.
Nitrati: forma dell’azoto che può divenire tossica per gli animali se presente in quantità rilevanti nei
foraggi.
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GLOSSARIO
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Salubrità del foraggio, condizione necessaria
L’attenzione alla salubrità del foraggio si è concentrata in particolare su tre ele- menti: presenza-assenza di micotossine (per i fi eni in particolare le afl atossine);
presenza di nitrati; presenza di spore di clostridi butirrici.
La salubrità della materia prima «fi e- no», insieme a quella di altre materie pri- me di origine aziendale, è stata monito- rata per un triennio nel recente passato grazie a un progetto che ha consenti- to di delineare una situazione positiva sotto tutti i punti di vista e di suggerire gli accorgimenti opportuni per risolvere eventuali criticità.
Per quanto riguarda le afl atossine, i
●
fi eni si sono dimostrati praticamente in- denni: se l’indicazione era già scaturita da precedenti lavori, la numerosità dei campioni analizzati in questa indagi- ne (quasi 2.500 in tre anni) costituisce un’ulteriore conferma della situazione assolutamente tranquillizzante da que- sto punto di vista. Nessuno dei cam- pioni analizzati con la metodica HPLC (cromatografi a liquida ad alta presta- zione), infatti, ha superato il limite di legge imposto dalla direttiva 2003/100/
Cee per i mangimi completi per bovine da latte (pari a 5 μg/kg), né il limite più restrittivo, pari a 3 μg/kg, introdotto dal Consorzio del formaggio Parmigia- no-Reggiano.
Un secondo aspetto da non sottova- lutare è quello della presenza di nitrati
●
nei foraggi, siano essi di erba medica o di prato stabile: l’elevata presenza di que- sta forma di azoto, imputabile almeno in parte ad andamenti siccitosi o ad abbas- samenti della temperatura in concomi- tanza con elevate disponibilità di azoto nitrico nel terreno, ha implicazioni di ordine sanitario per le bovine e può de- terminare un peggioramento della qua- lità del latte.
L’indagine citata in precedenza ha evi- denziato come il 93% dei foraggi sia ri- sultato innocuo (con un contenuto infe- riore a 3.000 mg/kg), il 5% sia risultato utilizzabile con la sola cautela di misce- larlo ad altri foraggi indenni, e solo il 2%
ha evidenziato un contenuto superiore a 9.000 mg/kg, limite di «tossicità» per le bovine.
Per quanto riguarda la presenza di spore di clostridi nei fi eni, comples- sivamente il 90% dei campioni ana- lizzati si colloca sotto il limite delle 100.000 spore/kg di sostanza secca, mentre il restante 10% è al di sopra di questo limite. Ciò che risulta più in- teressante e con una maggiore ricadu- ta di tipo operativo è notare, sulla ba- se della distribuzione dei campioni per classe di frequenza, che le spore sono più presenti nei medicai di nuovo im- pianto, sia per la contiguità tempora- le con la distribuzione del letame al- l’impianto, sia a causa della maggiore presenza di terra, veicolo delle spore, a causa del terreno ancora soffi ce, e nei prati vecchi, sui quali è consuetu- dine distribuire i refl ui aziendali, per
«forzare» il prato ormai ricco di spe- cie graminacee.
Questo andamento suggerisce, come pratica da perseguire, lo sfalcio «alto»
(indicativamente 10 cm) rispetto al piano di campagna, al fi ne di evitare l’incorpo- ramento di terra e polvere, e la distribu- zione dei refl ui organici il più possibile anticipata rispetto agli sfalci.
Analizzati 1.500 campioni
Nel corso del biennio 2008-2009 è stato condotto un articolato proget- to di ricerca, fi nalizzato a testare nel- la pratica operativa di allevamenti da latte dell’Emilia-Romagna la validità dell’adozione di strumenti di gestio- ne dell’alimentazione in grado di mi- gliorare la competitività e la redditivi- tà aziendale.
Tali strumenti, seppur noti da un pun- to di vista scientifi co e di utilizzazione al- l’estero, di fatto non sono mai stati testati con metodo nelle nostre realtà produt-
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Tradizionalmente i fi eni sono valu- tati in funzione della loro composi- zione in frazioni azotate e glucidiche, in minerali e ceneri; recentemente si è cominciato ad attribuire un’eleva- ta importanza alla valutazione della degradabilità della fi bra, che si sti- ma con metodiche in vitro e, meno usualmente, con tecniche rapide che utilizzano la spettroscopia del vici- no infrarosso (NIRS), e alla deter- minazione delle diverse frazioni del- la proteina.
A partire dagli anni 80 sono stati sviluppati sistemi di valutazione de- gli alimenti di tipo «dinamico» qua- li il Cornell net carbohydrate and protein system (Cncps), metodo di razionamento e di valutazione de- gli alimenti sviluppato per la vacca da latte dai ricercatori della Cor- nell University (Ithaca - New York), che ha come caratteristica essenziale quella di ricercare la massima funzio- nalità del rumine. In questo sistema è utilizzato un metodo innovativo di espressione del valore energetico e proteico degli alimenti delle diete per ruminanti e dei relativi fabbisogni.
Si parla di un sistema dinamico in comparazione a quelli tradizionali defi niti statici, ossia un sistema di valutazione degli alimenti che tiene conto, simultaneamente: della razione in cui sono inserite; dell’animale a cui sono somministrati. In pratica, a dif- ferenza dei sistemi precedenti, nel si-
stema Cncps il valore nutritivo di un alimento non è fi sso, ma variabile in funzione della sua utilizzazione.
Le analisi chimiche usate per la va- lutazione degli alimenti permettono un frazionamento delle proteine e dei carboidrati che tiene in considerazio- ne l’eff etto dell’azione dei microrga- nismi del rumine.
Le proteine sono suddivise in 5 fra- zioni: A, B1, B2, B3 e C e i carboidrati in 6 fazioni: A1, A2, B1, B2, B3 e C.
Le diverse lettere indicano prodot- ti a diversa solubilità e degradabili- tà ruminale, che sono massime per le frazioni di tipo A e minime per le frazioni di tipo C.
Il sistema Cncps prevede complessi modelli matematici che, in funzione delle condizioni di allevamento (per esempio, stato fi siologico e grado di ingrassamento delle bovine) e dei li- velli di produzione, permettono di stimare diversi parametri.
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APPROFONDIMENTOCncps: cosa si può stimare e come
IL CNCPS CALCOLA
quantità di ogni frazione di carboidrati e di proteine degradate nel rumineenergia metabolizzabile e proteine disponibili per l’animale
fabbisogni nutritivi
ingestione volontaria di alimento
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tive, per cui si è ritenuta necessaria una verifi ca rigorosa prima di essere propo- sti, ad esempio, come supporti per l’as- sistenza tecnica.
In particolare è stato testato l’impiego del sistema dinamico di razionamento Cncps (vedi approfondimento a pag. 58), cioè la possibilità di stimare e rispondere ai fabbisogni dei microrganismi ruminali e dell’animale nelle diverse fasi produtti- ve piuttosto che l’applicazione di schemi tabellari spesso rigidi e non aderenti alle reali necessità.
L’applicazione del sistema a livello azien- dale è stata resa possibile dalla fattiva col-
laborazione di un consistente nucleo di tecnici alimentaristi operanti in regione e ha comportato l’eff ettuazione di una no- tevole mole di analisi sui foraggi: questa parte del lavoro è stata portata avanti uti- lizzando la tecnica NIRS che ha consen- tito di ottenere i dati analitici nei tempi richiesti per utilizzare il fi eno in stalla e a costi relativamente contenuti, compatibili con la gestione dell’allevamento.
Nel corso del biennio sono stati analiz- zati dal laboratorio di Crpa più di 1.500 campioni prelevati sui fi eni prodotti nelle campagne 2008 e 2009, di provenienza nota e documentata prevalentemente al-
l’interno del comprensorio del Parmigia- no-Reggiano, che sono stati caratteriz- zati in modo molto completo, mettendo a disposizione dei tecnici una ventina di parametri, più i minerali.
Nonostante lo sbilanciamento nel nu- mero dei campioni tra le due annate (265 nel 2008 contro 1.243 nel 2009), alcuni parametri mostrano diff erenze tra i due anni che raggiungono la si- gnifi catività statistica. Per la maggior parte dei parametri i valori di tali dif- ferenze non hanno tuttavia molta rile- vanza dal punto di vista pratico di un razionamento e la loro entità testimo- nia la sostanziale equivalenza delle due annate per quanto riguarda la qualità fi nale dei fi eni prodotti.
Composizione dei foraggi
Del tutto atteso l’andamento delle pro- teine, che conferma come la purezza del prato di medica sia un prerequisito per ottenere un foraggio con elevato teno- re proteico, condizione che si verifi ca nella pratica se le tecniche di raccolta e conservazione sono applicate corret- tamente. Il contenuto proteico varia in- fatti da1 16,2% del medicaio in purezza al 9,9% degli erbai a base di graminacee (tabella 1).
Le condizioni per ottenere una buo- na qualità del foraggio in campo sono l’anticipo dello sfalcio, o comunque la sua esecuzione non dopo la fase di ini- zio fi oritura, e l’eff ettuazione dei tagli 20
15
10
5
0
Sostanza secca (%)
Erba
medica Erba medica
mista Prato
stabile Erbai graminacee Indigeribile Disponibile solo se staccata
dalla fibra o indigeribile Vera
Solubile 1,5
2,0 1,8 2,1 1,7
2,9 4,2 3,7
3,9 3,5
4,1 6,5
16,2%
10,7% 10,9%
9,9%
6,2
1,3 1,2 1,1
Proteina grezza:
GRAFICO 1 - Frazioni di proteina delle diverse tipologie di fi eno
Nella medica pura quasi l’80% della proteina totale è rappresentata dalla frazione vera e solubile.
Le spore sono più presenti nei medicai di nuovo impianto, sia per la vicinanza temporale con la distribuzione del letame, sia per la maggiore presenza di terra
TABELLA 1 - Confronto tra la composizione delle diverse tipologie di fi eno (2008-2009)
Parametri Medica
in purezza Medica
mista Prato
stabile Erbai graminacee
Campioni (n.) 762 411 219 116
Ceneri (% s.s.) 11,6 9,8 10,5 9,9
Proteine (% s.s.) 16,2 10,7 10,9 9,9
Ndip (% s.s.) 3,5 3,0 3,4 2,8
Adip (% s.s.) 1,5 1,3 1,2 1,1
Solp (% s.s.) 6,2 4,1 3,9 4,2
NDR (% s.s.) 48,9 58,8 57,9 59,9
NDF (% s.s.) 44,7 55,3 55,2 57,8
ADF (% s.s.) 36,4 39,8 37,6 38,6
ADL (% s.s.) 8,0 6,7 5,7 5,1
dNDF (% NDF) 32,4 40,1 44,2 46,0
Grassi (% s.s.) 1,7 1,8 2,0 1,7
Amido (% s.s.) 1,6 1,7 1,8 1,8
Zuccheri (% s.s.) 6,3 7,5 8,2 8,9
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Per commenti all’articolo, chiarimenti o suggerimenti scrivete a:
[email protected] a 8-10 cm rispetto al piano
di campagna. Successiva- mente l’attenzione va po- sta a tutti gli accorgimenti e alle tecniche che consento- no di salvaguardare questa qualità di partenza, mini- mizzando le perdite di fi e- nagione e conservazione.
Dal grafi co 1, nel quale so- no rappresentate le frazio- ni della proteina, si desume che nella medica pura quasi l’80% del totale è rappresen- tato da proteina vera e solu- bile, mentre il 21% è inuti- lizzabile (frazione indigeri- bile) o disponibile solo dopo la degradazione della parete cellulare nel rumine.
Nel medicaio misto la quo- ta meno solubile (proteine di- sponibili solo se staccate dal- la fi bra e proteine indigeribi- li) sale al 28% e inversamente decresce quella caratterizzata
da più elevata digeribilità (proteine so- lubili e proteine vere).
Per quanto riguarda le fibre la ta- bella 1 conferma che il valore più bas- so di NDF (fibra neutra detersa) si ri- scontra nella medica pura, il più ele- vato negli erbai, mentre le mediche miste e il prato stabile si equivalgono.
Meno rilevanti in senso assoluto, ma nella stessa direzione, le differenze del contenuto di fibra acido detersa (ADF) (tabella 1).
Questo quadro è confermato anche dai valori di amido e zuccheri il cui con- tenuto totale premia i foraggi dove sono presenti graminacee.
Quest’ultimo dato, cioè la relativa ab- bondanza di carboidrati semplici nei foraggi, si è rivelato molto interessante e non sempre tenuto nella dovuta con- siderazione dai tecnici alimentaristi: gli zuccheri rappresentano fi no al 9% del- la sostanza secca e raramente amido + zuccheri scendono sotto l’8%.
Questi parametri non vengono de- terminati routinariamente con le ana- lisi in umido dei fi eni, in quanto sono analisi costose se eff ettuate con le tec- niche tradizionali. Ma, come sottoli- neato dai tecnici stessi, la conoscenza di questi parametri è molto utile ai fi ni della valutazione dell’energia contenu- ta nella razione. Il contenuto di zuc- cheri, come accennato, cresce in fun- zione dell’abbondanza di graminacee del foraggio, passando dal 6,3% della medica all’8,9% degli erbai.
Digeribilità della fi bra
L’elemento che pare penalizzare forte- mente la medica pura rispetto agli altri foraggi è la digeribilità della fi bra a 24 ore per la medica pura è il 32,4% dell’NDF, il dato sale a 40,1% per la medica mista, al 44,2% per il prato stabile e a 46% per gli erbai: in sostanza la presenza delle gra- minacee nel foraggio innalza l’apporto di fi bra, però più digeribile. La conferma di questa considerazione deriva dalla let- tura del dato relativo alla lignina (ADL, che corrisponde alla frazione indigeri- bile), pari nella medica all’8% della so- stanza secca e al 18% dell’NDF.
In linea con la maggiore quantità di lignina e il minore apporto in emicellu- lose, la fi bra potenzialmente disponibi- le della medica pura risulta mediamente pari al 36,7% sulla s.s., mentre un erbaio ha oltre il 50% della fi bra potenzialmente disponibile (grafi co 2).
Quel che conta è la qualità
Il lavoro svolto nell’ambito di diver- si progetti di ricerca sul tema della va- lorizzazione dei foraggi ha confermato ancora una volta come il concetto di qualità abbia molte facce, poiché mol- teplici sono gli aspetti che la defi nisco- no e numerosi i fattori che concorro- no a migliorarla. Il primo requisito è la sanità del foraggio, con riferimento soprattutto all’assenza di micotossine
e al basso contenuto di nitrati e spore di clostridi: su questi aspetti giocano un ruolo es- senziale la corretta tecnica di sfalcio, di fertilizzazione (or- ganica in particolare) e di con- servazione in fi enile.
Il secondo requisito è la qualità del fieno, che vie- ne defi nita dal contenuto di principi nutritivi, che dipen- de dalla qualità del foraggio di partenza, cioè l’erba verde, e dall’applicazione di moda- lità di conservazione e utiliz- zazione più o meno attente, che consentano di portare alla bocca dell’animale la «qualità»
prodotta in campo.
Infi ne, il lavoro svolto negli anni più recenti ha «dimostra- to» l’applicabilità del sistema dinamico di razionamento Cncps nelle realtà aziendali del comprensorio di produ- zione del Parmigiano-Reggia- no, a condizione che le aziende dispon- gano di analisi dei foraggi affi dabili, rapide e a costi contenuti: la sua appli- cazione ha consentito di formulare ra- zioni più in linea con le condizioni fi - siologiche degli animali e di migliorare l’effi cienza d’uso degli alimenti.
Marco Ligabue Elena Bortolazzo Roberto Davolio Crpa Reggio Emilia I dati e le considerazioni citate in questo articolo sono desunti da progetti di ricerca fi nanziati dalla Regione Emilia-Romagna e condotti dal Crpa in collaborazione con la Facoltà di medicina veterinaria dell’Università di Bologna.
100 80 60 40 20 0
Sostanza secca (%)
Erba
medica Erba medica
mista Prato
stabile Erbai graminacee Lignina (ADL) Fibra potenzialmente
digeribile (NDF) Fibra solubile
Amido Zuccheri
8,0
36,7 48,6 49,5 52,6
12,91,8 14,81,8
16,2 1,7 21,3
6,3
73,9% 80,7% 80% 81,3%
7,5 8,2 8,9
1,6
6,7 5,7 5,1
GRAFICO 2 - Frazioni di carboidrati delle diverse tipologie di fi eno
La frazione di carboidrati nei fi eni spesso non viene considerata dall’alimentarista, invece gli zuccheri rappresentano fi no al 9% della sostanza secca e raramente amido e zuccheri scendono sotto l’8%.
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