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WHICH IS THE AIM OF THE EXISTENTIAL DAMAGE? A COSA SERVE IL DANNO ESISTENZIALE

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TAGETE 2-2009 Year XV

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WHICH IS THE AIM OF THE EXISTENTIAL DAMAGE?

A COSA SERVE IL DANNO ESISTENZIALE

Prof. Avv. Paolo Cendon*

ABSTRACT

Il punto dopo la 26972/08 è stabilire: se le suddistinzioni di voci (esistenziale, biologico, morale) siano o meno funzionali alla comprensione del pianeta “danno non patrimoniale”: nel qual caso, indipendentemente da problemi di nomenclatura, meglio sarebbe riconoscere a quegli insiemi lo spazio che meritano (lo stesso di sempre, tutto sommato); o se si ci si trovi invece dinanzi a locuzioni inutili, tali da ostacolare o da sviare il ragionamento dell’interprete;

nel qual caso, al di là di ogni disputa sulle etichette, meglio sarebbe liberarsi della loro presenza.

Nessun dubbio circa la necessità di far capo alla prima ipotesi, e ciò: (a) sia che in sede istruttoria si tratti di ricostruire (ad opera dell’avvocato, del liquidatore, del giudice) cosa è successo di negativo nella vita del plaintiff, dettaglio per dettaglio - sceverando i momenti veri da quelli immaginari, quelli patrimoniali da quelli non patrimoniali, quelli puri da quelli misti;

(b) sia che occorra decidere quali ripercussioni, fra le molteplici accertate in prima battuta, rilevino formalmente per il diritto, distinguendo i passaggi contra ius da quelli destinati, per difetto delle caratteristiche richieste, a restare a carico del danneggiato; (c) sia che si debba provvedere alla liquidazione finale in denaro - operando in modo che ciascun tratto pregiudizievole (fra quali comprovati come autentici, e accertati come ingiusti sul piano tecnico) vada incontro a una corretta neutralizzazione, né maggiore né minore del dovuto, a livello di quantum.

According to the pronunciation n 26972/08 by the Court of Cassation it has became important to state if the definition of the existential damage, biological damage and moral damage can be useful to the regulation of the non patrimonial damage. The author suggests that these different definitions are necessary during the inquest to know what happened in the plaintiff life, and to fix the amount of the compensation.

* Ordinario di Diritto Privato, Università di Trieste

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2 SOMMARIO

PARTE PRIMA 1. La relazione Carbone di inizio 2009 – 2. Sintesi di Cass. S.U. 26972/08 – 3. Sottodistinzioni – 4. Tre voci – 5. Dietrologia – 6. Sembianze magnetiche

PARTE SECONDA 7. Linguaggio – 7.1. Importanza della responsabilità civile – 7.2.

Novità, precarietà – 7.3. Cultura del quantum, imprinting - 7.4. Pericoli di degrado - 7.5. Dolore, eufemismi, deantropologizzazione – 8. Passaggi biografici

PARTE TERZA 9. Pronunce non conformiste – 9.1. Esistenzialismo ossequioso - 9.2.

Casistica – 9.3. Prese di distanza – 9.4. Esemplificazioni - 9.5. Pronunce di tribunali – 9.6. Giudici di pace

PARTE QUARTA 10. Aut aut - 11. Funzioni delle griglie – 12. No alle duplicazioni – 12.1. Mappa della persona – 13. Ingiustizia, secondo filtro - 13.1. Banca dati normativa – 14. Liquidazione del danno – 14.1. Specchio delle attività realizzatrici – 14.2. Contestualità, aggregazioni – 15. Varietà delle situazioni, aspetti probatori

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3 PARTE PRIMA

1. A pp. 106-107 della relazione Carbone 2008 sull’amministrazione della giustizia, letta all’inizio del 2009 a Roma, compare una breve sintesi di quanto deciso da. Cass.

S.U. 11 novembre 26972/2008.

Mancano elementi di particolare novità, in tale compendio, e i motivi di perplessità rispetto a quanto vi si legge rimangono – dal mio punto di vista - gli stessi che avevo già avuto occasione di esprimere, in varie sedi, nei confronti delle S.U. del novembre (ad es., in una nota uscita su www.personaedanno.it a inizio 2009).

2. Questa le note introduttive di cui al § 2.4. della Relazione, Appendice giurisprudenziale:

“In particolare, con la sentenza n. 26972 (di contenuto analogo, sul punto che qui rileva, ad altre decisioni coeve) la S.C. era stata chiamata a stabilire se fosse corretta o meno la decisione di merito con la quale il Giudice aveva liquidato il danno non patrimoniale causato dal reato di lesioni colpose (derivanti, nella specie, da un caso

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4 di colpa medica) senza tenere conto del cd. danno esistenziale. Quest’ultimo, secondo la prospettazione dei ricorrenti, doveva intendersi come il pregiudizio causato dalla forzosa rinuncia ad attività extralavorative, rinuncia a sua volta cagionata dalle lesioni.

Orbene, le Sezioni Unite non si sono limitate a prendere posizione sulla tesi – ampiamente dibattuta nell’ambito della giurisprudenza di legittimità e della dottrina – della configurabilità di un danno esistenziale, ma hanno fornito agli interpreti una lettura aggiornata e coerente dell’art. 2059 cod. civ., oltre che una sistemazione generale del problema dei danni non patrimoniali. Tre, in particolare, sono stati i problemi affrontati e risolti dalle S.U.: (a) cosa debba intendersi per “danno non patrimoniale”; (b) quando sia risarcibile il danno non patrimoniale; (c) come debba liquidarsi il danno non patrimoniale”.

Che dire al riguardo ?

(a) “Aggiornata” sotto il profilo cronologico, la 29672/08 lo è senza dubbio (un po’

meno sotto quello sostanziale: il rischio è di non pochi passi indietro, sul piano della law in action, senza contare le ombre inerenti all’architettura, al linguaggio, agli orizzonti d’insieme della materia – aspetti di cui subito parleremo).

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5 (b) “Coerente”, si può discutere se quella decisione lo sia davvero, in ciascuno dei suoi passaggi (ad es., la S.C. sottolinea a più riprese il no ai danni bagatellari, e si sofferma sulle ipotesi in cui condanne risarcitorie, sfuggite alla distrazione di qualche giudice, non dovrebbero più aver luogo. D’accordo, ma perché non dedicare altrettanti capoversi alle situazioni in cui una responsabilità per danni, che oggi non c’è ancora, potrebbe/dovrebbe sbocciare, oppure ai casi di undercompensation di cui le riviste di giurisprudenza abbondano? Non sarebbe compito dell’Alta Magistratura fare il punto, all’inizio di ogni anno, anche su queste storture per difetto - chiamando in gioco magari gli avvocati, non sempre intraprendenti come dovrebbero?).

(c) “Risolutiva”, in ordine ai nodi del danno non patrimoniale, non si può dire che la 26972 lo sia pienamente - non almeno sotto il profilo della limpidezza (anche a giudicare dall’esterno: le reazioni dopo l’11 novembre mostrano quanti siano, pure a livello di Cassazione, gli interpreti riluttanti a seguire quelle indicazioni, pedissequamente, nella sostanza e talora nella forma: infra, § 9 ss.).

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6 3. Prosegue la Relazione:

“La Corte ha definito il danno non patrimoniale come la lesione di interessi inerenti la persona non connotati da rilevanza economica. Si tratta di una categoria ampia ed omnicomprensiva, all’interno della quale non sono possibili ulteriori sottodistinzioni, se non con valore meramente descrittivo”.

Ecco uno dei passaggi centrali del discorso, qui come in relazione al testo della 26972/08: e va subito rimarcato come le perplessità rimangano, per quel che mi concerne, le stesse già manifestate a botta calda, pochi mesi fa, e anticipate del resto sei anni orsono, più concisamente, nei confronti di Cass. 8828/2003 – la quale si era espressa sul punto in modo analogo alla 26972, seppur con timbri un po’ meno militareschi.

4. Non sono possibili “ulteriori sottodistinzioni”, precisa la S.C., se non con valore meramente descrittivo - il che significa che, qualora dotate di valore non più che descrittivo, quelle suddistinzioni saranno invece possibili.

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7 Sappiamo come queste ultime siano ben presenti, di fatto, in dottrina non meno che in giurisprudenza, da qualche lustro (alcune) o da alcuni decenni (altre). E il nome di quelle più importanti non ha bisogno di essere ricordato: danno biologico, danno morale, danno esistenziale.

5. Più d’uno gli interrogativi che si pongono, allora.

Gli aspetti “dietrologici” anzitutto: c’è da chiedersi – se è vero che mai sono state rivendicate, seriamente, funzioni diverse da quelle illustrative/contabili, almeno per la categoria del danno esistenziale - perché le S.U. abbiano creduto necessario (nel fare proprio il passaggio “pro-descrittivistico” di recenti sentenze della 3a sez., degli ultimi anni, di pugno specialmente del consigliere Antonio Segreto), di dar corso a una precisazione del genere.

Come a dire: “Parlate pure di danno esistenziale, o di danno morale, fatelo però in chiave descrittiva, altrimenti il permesso verrà revocato”.

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8 6. Rispondere non è facile.

Il sospetto è che agli occhi di taluni componenti della S.C., un po’ a causa della suggestività del termine, forse perché da ultimo si è tanto parlato dell’argomento, magari perché l’impronta dottrinaria è stata all’inizio così forte, il danno esistenziale abbia finito per colorarsi, anno dopo anno, di sembianze semi-celesti (o semi-infernali), per certi aspetti magnetiche - addirittura senza più vincoli statutari rispetto al genus non patrimoniale, e all’art.2059 in special modo.

L’impressione è cioè che, nel richiamo ai tratti di necessaria “descrittività” della figura (per la quale il richiamo stesso sembra pensato dai giudici, appositamente;

anche se lo si enuncia in via generale), le S.U. abbiano visto il mezzo per farla scendere giù dal piedistallo - dove nessun esistenzialista l’aveva mai collocata, in verità! - e riportarla sotto l’egida del diritto “comune”.

Tutto ciò, occorre aggiungere, anche al fine di esorcizzare, contingentemente, spettri per qualcuno assai temibili, ossia: (a) quelli degli automatismi risarcitori (ma ultimamente i fautori del danno in re ipsa, va detto, erano sempre più in minoranza) e delle duplicazioni nel quantum (e qui è perlomeno dubbia l’adeguatezza del mezzo rispetto allo scopo, stanti i vuoti che la rinuncia all’uso di quelle griglie comporterebbe:

infra § 12); (b) nonché la proliferazione dei c.d. danni bagatellari - e qui è probabile che benefici di contenimento non mancheranno, presso qualche giudice di pace; anche

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9 se la domanda diventa subito quella del rapporto fra “gioco” e “candela”, visto il trambusto che la 26972/08 ha provocato (ne valeva la pena?), e tenuto conto che, di strade per raggiungere quell’obiettivo “antilassistico”, ne esistevano/esistono di assai più discrete e non meno puntuali.

PARTE SECONDA

7. Gli aspetti di tipo linguistico, in secondo luogo.

Sorprendono - da parte di un organo abitualmente sensibile, anche a parole, verso le ragioni dell’essere umano (secondo quanto documentano non poche decisioni della S.C., di ieri e di oggi) - scelte così marcatamente algide, di sapore catastale e tecnicistico, quali quelle ritrovabili nel testo della 2697/08.

Come non vedere l’importanza che, su un terreno quale quello dell’art.2059 c.c., sono destinati a giocare gli orizzonti stilistici, gli argomenti e i morfemi spesi in sede di motivazione? Come non pensare ai segnali che vengono lanciandosi in quel modo, da chi parla, lungo i fronti circostanti alla lex Aquilia - alle tracce che il relatore fornisce così in punto di metodo, di modulazioni ricostruttive; ai contagi destinati a

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10 sortirne, sui restanti crinali del sistema delle persone, in un senso “politico” piuttosto che nell’altro?

7.1. Nessuna giustificazione sembra persuasiva.

La responsabilità civile sul tasso alcolico degli istituti poco influirebbe, lungimiranza e rigore lessicale basterebbe vengano dimostrati - dal legislatore, dai giudici, dalla stessa dottrina - nelle occasioni più solenni del diritto, di sapore realmente drammatico?

Si sta parlando però qui di danni alla persona, di natura non patrimoniale - lesioni arrecate al corpo, alla mente, sofferenze più o meno serie, scambi incrinati con gli altri o con il proprio io (domestico, alimentare, progettuale, ludico).

Vetrine non meno esemplari, nella gran parte dei casi, rispetto ai contesti più tragici o più intimi dell’individuo: anche in chiave trattatistica. Passaggi delicati - in certe gamme, oltre determinate soglie - quanto gli intralci che si ricollegano alla vecchiaia o alla demenza; impegnativi per il giurista non meno delle donazioni di organi tra viventi, della morte da avvicinare o da addomesticare, dei trattamenti sanitari obbligatori, delle sperimentazioni di farmaci, di certe vite difficili da far nascere.

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11 Senza contare quanto spesso ombre fisiopsichiche, riflessi dolorosi, contraccolpi di tipo relazionale si trovino messi in gioco - o potrebbero esserlo, nelle mani di avvocati perspicaci - lungo i frangenti a maggior tasso di problematicità, dell’esistenza, nel quadro di domande risarcitorie in senso stretto.

7.2. Il diritto delle persone è una realtà ormai acquisita, per l’ordinamento, si può parlarne come si vuole? Non è proprio così.

Tagliole positive che permangono (l’interdizione, l’handicap), paure inconfessate, il nuovo che non avanza (la famiglia di fatto, le prerogative dei diversi, le tutele esecutive, l’umanizzazione in medicina), formalismi persistenti, neghittosità organizzative verso il disagio (i giudici tutelari presi poco sul serio, dai loro stessi capi), servizi sociali che vacillano, conquiste di civiltà a rischio (l’aborto, la 180, lo statuto dei lavoratori, il collocamento obbligatorio). E ogni rivolo per suo conto oltretutto.

Il campo dei fatti illeciti certe sciatterie o indifferenze può permettersele, non ha missioni “vessillifere” da svolgere? In certi casi forse, spesso è vero il contrario.

Non rado è l’officina aquiliana a trovarsi investita di compiti di primo ascolto, smaltimento: risvolti negativi mai esaminati in precedenza, nel vissuto delle persone,

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12 neppure sospettati magari (sotto l’egida di capitoli differenti). Collisioni inedite che debuttano in giudizio, vittime sconosciute ai repertori, al di fuori di ogni routine giusprivatistica: domande nuove di tutela pecuniaria, più liquide o sottili che in passato.

7.3. Materiali “selvaggi”, per i quali si tratta di distillare alcune prime faglie di giuridificazione: e (appare subito chiaro come) sugli sviluppi successivi - sul modo in cui altre ispirazioni potranno sbocciare, grazie a quegli esiti, lungo altri libri del c.c., dentro leggi di nuovo conio, in pronunce su temi contigui - le curvature originarie influiranno in modo decisivo. A cominciare dalla scelta del linguaggio.

Descrivere i gesti, allora, rovesciare i sassi: curiosità verso il male, telecamere in basso, vacanze cancellate, spionaggi con la lente d’ingrandimento. Parlare della vittima: tentativi di fuga, cronache di quartiere, rendiconti di viaggio, udienze prolungate. Mettere insieme i pezzi: mondanità scomparse, il ripetersi delle umiliazioni, silenzi velenosi, saluti tolti in ufficio. Non trascurare i dettagli: giochi in famiglia a rischio, zone di buio, chiusure al circolo, rugiade asciugate.

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13 7.4. Pericoli interni dunque - e influenze verso il fuori.

Lungo ogni tratto sensibile: nel momento in cui cessi l’attenzione per ciò che il danneggiato faceva/non faceva (prima del torto: a confronto di come il tempo venga speso successivamente, in solitudine o con il prossimo), il lettore si sentirà autorizzato a pensare che approcci simili abbiano smesso di aver senso in generale - anche là dove la partita da giocare è un’altra, diversa dal risarcimento in denaro.

Effetto domino: ove la scelta sia di non interrogarsi - non più - sulla quotidianità spicciola del danneggiato (accertando chi frequentava, dove andava a pregare, come trascorreva il week end, cosa stava componendo in gran segreto, quanto di tutto ciò è andato perduto con l’illecito, tassello per tassello), domande analoghe spariranno anche aliunde.

7.5. Così dappertutto.

Il dolore: se intensità e durata nel tempo, come affermano le S.U, “non assumono rilevanza ai fini della esistenza del danno, ma solo della quantificazione del risarcimento”, è fatale che anche oltre i confini della r.c. la sofferenza verrà, prima o poi, perdendo smalto disciplinare. Gli eufemismi: una volta che le cose vadano

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14 chiamate (non col loro proprio, bensì) col nome che meglio può scoraggiare i malintenzionati, da ogni parte avremo - questione di tempo – un fiorire di autoinibizioni verbali, linguaggi cifrati, parole all’indice.

Verweile doch, du bist so schön: le gare di ballo, i discorsi alla confraternita, le rose azzurre, la filodrammatica, i baci veri, il lavoro in comunità, l’università popolare?

Sono argomenti non da sentenza, fanno parte della vita, col giurista non c’entrano. I corsi da sommellier, lo sciacquio del remo, l’ultima corsa per il cimitero, i restauri amatoriali, i dieci centesimi del regno unito? Parole fuori posto, non si addicono quantum, al diritto non servono.

Gli animali domestici vanno retrocessi in serie B, per avere i soldi bisogna soffrire da svegli, le noie inflitte dai potenti vanno anch’esse sopportate? Un contratto senza diritti inviolabili in gioco conta poco, meno dagli altri, si può anche non adempiere?

Se questa è l’onda non si arresterà tanto presto.

Ciò che vale in medicina è (deve ridiventare) l’unico punto per la r.c.? Le regole vanno stabilite dall’alto, è il legislatore che può tutto, le fattispecie sono rinchiuse entro la norma? Occorre, da parte del tortman, non parlare che di tipicità, di bipolarità, di antigiuridicità? E’ incerto soltanto -posto che così sia - se l’ombra della

“deantropologizzazione” verrà oscurando per primo il campo della famiglia, o invece

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15 quello del lavoro, oppure le aree del disagio, della malpractice, dell’immigrazione, della dipendenza.

8. I passaggi biografici, allora, le appartenenze di scuola.

Duro ammettere ciò che si è studiato sui banchi universitari possa ingiallire - amaro assistere alla perdita di centralità delle proprie creature scientifiche? Ma non farlo significherebbe ridursi a laudatores temporis acti, scordando magari come certi germogli non mancassero nel “proprio” orto degli inizi!

Nelle altre materie, diverse dalla responsabilità civile, le insistenze degli assicuratori sono minori - dire quello che si pensa è più facile lì? Ma è dubbio (a parte ogni altra considerazione) che rinunciando al gioco delle voci lesive le frodi diminuiranno, che sprechi e colpi di frusta possano, sol per questo, scomparire: difficile che, puntando sulla genericità di un campo senza griglie intermedie, riuscirà agevole contenere il quantum entro il giusto.

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16 PARTE TERZA

9. I riscontri a livello applicativo in quarto luogo.

L’impressione di questi primi mesi è che - a differenza di quanto era accaduto con le sentenze gemelle del 2003 - non siano pochi i giudici imbarazzati, oggigiorno, a seguire in termini puntuali le indicazioni della S.U., quali risultano dalla cinquina del novembre 2008.

9.1. Indicative già le sentenze che - pur senza polemizzare con le S.U. dell’11 novembre 2008, e magari tessendo in modo esplicito le lodi di queste ultime, o dichiarando comunque di volersi attenere agli insegnamenti delle stesse - mostrano poi di risarcire, nella sostanza, pregiudizi che dagli estensori vengono, a seconda dei casi, denominati esistenziali, oppure descritti come peggioramenti della qualità della vita, come alterazioni indesiderabili della quotidianità, come cambiamenti forzati delle abitudini della vittima: il linguaggio classico del danno esistenziale insomma.

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17 9.2. Così ad esempio (corsivi nostri, pronunce leggibili in www.personaedanno.it):

- Cass., sez. III, 31 marzo 2009, n. 7875, pres. Vittoria, rel. Massera, che ha confermato la condanna di 10.000 euro inflitta al proprietario del bar, in relazione alle immissioni moleste subite da alcuni condomini fiorentini, i quali per lungo tempo si erano visti costretti a subire gli effetti fastidiosi e insalubri del fumo passivo di sigarette, e obbligati in particolare a tenere chiuse le finestre, anche in piena estate, per salvaguardare il proprio benessere (si legge a un certo punto nella motivazione: “… la sentenza impugnata ha descritto le conseguenze delle lamentate immissioni sul modo di vivere la casa dei danneggiati e questo individua ciò che può essere liquidato come danno non patrimoniale”).

- Cass. sez. lav., 19 dicembre 2008, n. 29832, pres. est. Ianniruberto, in materia di lavoro, in cui si ribadisce, riprendendo per intero le indicazioni di Cass. S.U. 6572/06, come il danno esistenziale patito dal lavoratore demansionato, pur rientrante nominalmente entro il danno non patrimoniale, sia per se stesso risarcibile.

- Trib. Milano 30 gennaio 2009, g.u. Zoia, che, in relazione alle lesioni patite da un giovane giocatore di basket, infortunatosi contro una vetrata, collocata per negligenza

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18 della società sportiva a troppo breve distanza rispetto al campo di gioco, risarcisce una voce autonoma di alcune migliaia di euro, in aggiunta al danno biologico, e ciò con riguardo sia alle sofferenze patite sia alle ripercussioni di ordine sportivo/relazionale.

(Così la motivazione: “Sotto il profilo del danno non patrimoniale, diverso dal biologico, va tenuto conto della particolare sofferenza cagionata al giovane atleta da un evento tanto serio e cruento, che all’improvviso e forzatamente lo allontanava per mesi dalla normale pratica agonistica e dagli studi intrapresi, caricandolo di ansie e comprensibili patemi in relazione alle proprie effettive capacità di recupero. Lo stesso ha riferito di avere potuto riprendere la pratica del basket solo nell’inverno successivo, anche se con minor rendimento e non più assegnato a titolare della squadra. Se la sua opinione circa la ritenuta incidenza negativa dell’infortunio sulla propria “carriera” sportiva … non ha in atti ulteriori oggettivi riscontri, tuttavia, come lo stesso C.T.U. ha avuto modo di sottolineare - cfr. “…è però attendibile che la transitoria defaillance fisica abbia negativamente influito sui “risultati” sportivi ottenuti dal sig. Di Nardo Andrea, soprattutto in termini di competitività con gli altri giovani” - è verosimile ritenere che l’incidente in questione, per le modalità di verificazione, per il lungo iter clinico che lo ha contraddistinto e per i postumi che gli ha lasciato, lo abbia sensibilmente segnato. i stima equo liquidare per tale voce di danno non patrimoniale, comprensivo della sofferenza transeunte e di ogni altro pregiudizio connesso alla forzosa compressione che l’infortunio

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19 ha cagionato allo sviluppo del suo impegno nell’attività sportiva praticata, la somma di complessivi € 6.000,00 al valore attuale”).

- App. Roma, 16 dicembre 2008, pres. Cataldi, rel. Leone, che in relazione al danno biologico patito da una donna, rimasta esposta al fumo passivo sul luogo di lavoro (una banca), ha riconosciuto l’astratta rilevanza della componente esistenziale del danno biologico, pur non ammettendone in concreto il risarcimento per mancata allegazione e prova specifica (“Una autonoma rilevanza ed individuazione della componente esistenziale nel danno subito, per essere singolarmente considerata, avrebbe dovuto essere più specificamente allegata e provata dalla stessa lavoratrice”).

- App. Perugia, 24 novembre 2008, pres. est. Matteini Chiari, che ha stabilito un risarcimento di 55.000 euro per l’insieme dei danni non patrimoniali subiti da una bambina di quattro anni la quale, mentre si trovava presso l’abitazione del padre all’interno del cortile di una villa appartenente ad altro proprietario, era stata improvvisamente aggredita da un cane pastore maremmano, con conseguenti lesioni fisiche gravi ed un “danno alla vita di relazione e danno morale di rilevante incidenza”. (Rimarcano i giudici di merito, a proposito dei fatti di causa, essere “fuori di ogni dubbio che … sia derivata significativa compromissione delle attività realizzatrici

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20 di Y., essendo stato seriamente ‘inciso’ il sereno svolgimento della sua vita, allora e tuttora in divenire”: con riguardo alla “degradazione” delle sub-voci del danno non patrimoniale operata dalle S.U. nella 26972 e pronunce collegate, sottolineano come essa “rilevi unicamente sul piano nominale”, posto che “costituisce dato certo ed inoppugnabile che ai fini liquidatori tutti i pregiudizi debbano venire in rilievo, al fine di garantire il risarcimento integrale”; evidenziano poi che le citate pronunce “non determinano, dunque, in tale interpretazione, una deminutio di tutela, bensì una visione prospettica di questa diversa”; insistono che “allorché l'evento lesivo produca conseguenze pregiudizievoli sia sull'integrità psico-fisica, sia ancora sulla sfera dinamica della persona, la voce di danno da liquidarsi sarà, pur sempre, quella biologica ma con una personalizzazione doverosa, tale da coprire entrambe le faglie sofferenziali (quella biologica statica e quella biologica dinamica, ovverosia esistenziale) “.

- Trib. Trieste, 15 dicembre 2008, g.u. Carlesso, che, in relazione al danno non patrimoniale gravante sulla moglie di un tecnico addetto alla manutenzione delle infrastrutture autostradali, deceduto a seguito di un infortunio sul lavoro dopo dodici giorni di agonia, dispone un risarcimento complessivo di 300.000 euro, per la varie sofferenze e compromissioni patite dalla moglie stessa. (Si sottolinea in particolare nella sentenza “la sofferenza per la impossibilità di vivere con la persona amata la

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21 realizzazione e la condivisione di un progetto globale di vita; al di là della descrizione, denominazione o etichetta che si voglia dare a queste diverse componenti del danno alla persona, la quantificazione del danno non patrimoniale non può prescindere dalla considerazione di ciascuno di questi aspetti e di tutti nella loro valutazione unitaria”).

- Trib. Venezia, 31 gennaio 2009, n. 292, g.u. Guerra, che, con riferimento ai danni non patrimoniali subiti da un bambino di 10 anni (il quale su una spiaggia, data in concessione della società che aveva locato alla famiglia il bungalow dove venivano trascorse le ferie, si era punto con una siringa abbandonata), nonché dai suoi genitori, danni corrispondenti ai fastidi e allo stress dopo che il medico aveva consigliato di sottoporre il bambino ad esami clinici, per accertare che la detta puntura non lo avesse contagiato con i virus dell’ HBV, HCV e HIV. (situazione destinata a protrarsi per almeno un anno, periodo di tempo necessario al fine di risultati clinici certi e definitivi), ha ammesso un importo di 2500 euro per ciascun genitore e di 1000 per il figlio.

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22 9.3. Ancor più significative - aggiungiamo - le pronunce in cui l’attribuzione di un risarcimento a titolo di danno esistenziale, da parte dei giudici, mostra di essere avvenuta nel quadro di prese di distanza, più o meno esplicite, rispetto alle indicazioni fornite dalle S.U. nel novembre del 2008: o perché di tali indicazioni si rigetta in via generale l’impostazione teorico-pratica, o qualche tratto di essa; oppure perché, parlando del danno esistenziale, si fa appello dichiaratamente a una categoria autonoma della responsabilità: o ancora perché la quantificazione figura avvenire, sul piano contabile, in via indipendente e separata rispetto alle altre voci. E così via.

9.4. In questo gruppo vanno ricordate soprattutto:

- Cass., sez., III 6 ottobre/12 dicembre 2008, n. 29191, pres. Varrone, rel. Petti, che, senza occuparsi specificamente del danno esistenziale, rivendica la piena autonomia della categoria del danno morale rispetto al d. biologico.

- Cons. Stato. Sez. IV, 31 marzo 2009, n. 1899, pres. Vacirca, rel. Maruotti, che con riguardo a una complessa vertenza di natura amministrativa, confermando una

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23 pronuncia del TAR Lazio con la quale era stata liquidata la somma di 25.000 euro a titolo di danno non patrimoniale a favore di un magistrato illegittimamente “scavalcato”

da un collega, rimarca la piena indipendenza concettuale e disciplinare delle tre sotto voci fondamentali del danno non patrimoniale. (Queste le parole del C.S.: “Va premesso che il sereno svolgimento delle funzioni da parte dei magistrati ha un sicuro rilievo costituzionale, così come la loro aspirazione a conseguire gli incarichi direttivi, previsti dalla legge. L´art. 104 Cost., sulla indipendenza della magistratura, e l´art. 105 Cost., sulle funzioni del C.S.M., mirano a salvaguardare la magistratura nel suo complesso ed ogni suo singolo componente. Analoghi principi sono desumibili dalla Convenzione Europea dei diritti dell´uomo (rilevanti nell´ordinamento interno per l´art.

117 Cost. e l´art. 6 del Trattato di Maastricht), da cui emerge che le Amministrazioni devono dare pronta e integrale esecuzione alle decisioni irrevocabili di giustizia, emesse a tutela del magistrato … Pertanto, l´illecito commesso in violazione della posizione soggettiva del magistrato, inerente alle sue funzioni, comporta una ingiustizia costituzionalmente qualificata Rilevano, conseguentemente, i principi individuati dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza 11 novembre 2008, n. 26972, per i quali l´art. 2059 del codice civile - anche nell´ambito dei rapporti di lavoro - consente la risarcibilità dei pregiudizi di tipo esistenziale non solo quando l´illecito costituisca reato o comporti la violazione di un diritto inviolabile della persona, ma in

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24 ogni caso in cui sia ravvisabile la lesione di un bene costituzionalmente protetto. Di tali pregiudizi conosce il giudice amministrativo, nelle materie devolute alla sua giurisdizione esclusiva (Sez. Un., 13 ottobre 2006, n. 22101), sicché - per la liquidazione del danno - si può tenere conto della incidenza dell´illecito sul sereno svolgimento delle funzioni da parte del magistrato e delle conseguenze di tipo esistenziale derivanti dal mancato conferimento di un incarico previsto dalla legge”. E in un altro passaggio: “Osserva al riguardo la Sezione che vanno respinte le deduzioni riguardanti il danno biologico, poiché non è stato né dedotto né provato che si sia verificata una lesione temporanea o permanente all'integrità psicofisica della persona suscettibile di accertamento medico- legale. Quanto alle censure riguardanti la liquidazione ‘in misura esigua’ del danno morale e dei pregiudizi di tipo esistenziale, ritiene la Sezione che per la determinazione del quantum possa essere presa in decisiva considerazione anche l’attività amministrativa susseguente alla commissione dell’illecito, specie quando essa sia positivamente valutabile, in quanto qualificabile secundum ius. Per la liquidazione del danno secondo equità, rileva dunque anche la successiva emanazione della delibera dell’organo di autogoverno del 22 marzo 2007, favorevole all’interessato”).

- App. pen. Salerno, 8 gennaio 2009, pres. D’Elicio, est. Positano, che, in tema di maltrattamenti familiari protrattisi per numerosi anni e concretizzatisi in reiterati atti lesivi

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25 dell'integrità fisica e morale, della libertà e della dignità di un coniuge (nello specifico la moglie: la situazione in casa era precipitata dopo che quest’ultima si era vista oggetto continuo di minacce, ingiurie, violenze e umiliazioni, quando l'imputato aveva iniziato una relazione stabile con un'altra donna, di origine polacca, portandola con sé nell'abitazione familiare), liquida in via equitativa a favore della parte civile la somma di euro 15.000. (Queste le parole della motivazione: ““Riprendendo le categorie dei danni morale ed esistenziale delineate dalle cd ‘sentenze della cinquina’ - Cass., 31.05.03, n. 8828; Cass., 31.05.03 n. 8827; Cass. 12.05.03, n. 7281; Cass.

12.05.03 n. 7283; Cass. 12.05.03 n. 7282 - e rivisitate, da ultimo, dalle SSUU, va precisato che l’ambito che qui interessa è quello del pregiudizio sofferto dalla persona offesa nella sua più ampia accezione di danno determinato dalla lesione di interessi inerenti la persona non connotati da rilevanza economica e cioè sia l’interesse alla integrità morale, sia quello alla inviolabilità della libera e piena esplicazione delle attività realizzatrici della persona umana, la cui tutela sia ricollegabile a norme di rango costituzionale. Per tali ragioni, tanto il danno morale soggettivo, quanto il danno esistenziale, possono essere risarciti senza che possa ravvisarsi una duplicazione del risarcimento”).

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26 - T.A.R. Puglia, 12 novembre 2008, pres. Morea, rel. Pasca, che (in relazione ai pregiudizi patiti da un minore portatore di grave handicap, a seguito del comportamento omissivo del Comune di Altamura, che, nonostante le regolari richieste, non aveva provveduto in ordine alla domanda di assistenza specialistica e di sostegno scolastico per il figlio dei ricorrenti, il quale frequentava il secondo anno della scuola materna) accoglie la domanda dei genitori volta ad ottenere il risarcimento del danno esistenziale, danno individuato dal collegio nella lesione dei diritti fondamentali della persona e liquidato con la somma di 5.000 euro. (Ecco le parole dei giudici: “Rileva il Collegio in proposito che occorre anzitutto distinguere nel caso di specie il danno patrimoniale dal danno esistenziale … Gli stessi genitori ricorrenti hanno affermato che il minore è rimasto privo di assistenza per un periodo di oltre 5 mesi. In conseguenza di quanto sopra, i ricorrenti hanno fornito prova del danno esistenziale subìto dal minore attraverso la produzione in giudizio della dichiarazione delle insegnati P. e C., da cui si evince che: a) il minore non riesce a frequentare con profitto la scuola nell´intera giornata, atteso che il bambino non è presente in classe prima delle ore 10.00 e rientra a casa prima delle 13.30; b) la discontinuità della partecipazione non agevola né le attività didattiche, che risultano così frammentarie, né l´integrazione sociale con gli altri bambini; c) il minore sta subendo un regresso nella vita scolastica e relazionale; d) per le necessità del minore una delle due insegnanti è stata costretta a

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27 distaccarsi dalla classe per seguire il piccolo per le sue esigenze, con conseguente aggravamento del senso di insicurezza del bambino nei confronti degli altri compagni e del senso di emarginazione della classe rispetto ai bisogni del soggetto più debole”).

9.5. Fra le sentenze di Tribunale, sempre con passaggi di forte indipendenza rispetto alle S.U., merita ricordare:

- Trib. Pinerolo, 17 marzo 2009, g.u. Merlatti, che riconosce varie somme, sempre distinte internamente fra corresponsioni a titolo di danno morale e, rispettivamente, di danno esistenziale, ai i figli e alla vedova (quanto al d. esistenziale, 80.000 euro per i due figli, 90.000 per la figlia, 110.000 per la moglie) di un uomo rimasto ucciso in un incidente stradale. (Così in particolare la sentenza: “A ciascuno degli attori deve essere riconosciuto iure proprio il danno non patrimoniale ossia il ristoro di tutte le ripercussioni subite sia di natura sofferenziale, sia di natura dinamico-relazionale, ovverosia esistenziale … Il danno esistenziale, come pure il danno morale vengono indicati dalle S.U. mere sintesi descrittive riferibili a voci di pregiudizio comprese nella macro-categoria del danno non patrimoniale. Tale caratterizzazione non esclude, però,

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28 che tale genere di pregiudizi debbano continuare ad essere valutati e risarciti nella loro effettiva consistenza … In pratica il pregiudizio morale e il pregiudizio esistenziale dovranno essere adeguati al caso concreto: si parla, infatti, di equità circostanziata … l’interesse leso è quello alla intangibilità degli affetti e della reciproca solidarietà nell’ambito della famiglia, alla inviolabilità della libera e piena esplicazione delle attività realizzatrici della persona umana nell’ambito di quella peculiare formazione sociale costituita dalla famiglia, la cui tutela è ricollegabile agli ant. 2, 29 e 30 Costituzione … Come detto dalle sezioni unite, i pregiudizi esistenziali seppure non costituiscono autonoma categoria di danno, vanno comunque integralmente risarciti e, come sopra illustrato, va anche risarcito il danno esistenziale”. Quest’ ultimo consiste “nella mancanza, per il futuro, di un marito e di un padre e quindi dell’insieme di apporti relazionali, affettivi e di consuetudine di vita quotidiana che incidono significativamente sulla qualità dell’esistenza di uno stretto congiunto, oltreché – allorché si tratti di minore – sulla sua crescita equilibrata e serena … In particolare, in riferimento al pregiudizio esistenziale e alle attività compresse nei figli si fa riferimento ai giochi col padre, agli insegnamenti quotidiani, alla vita nell’ambiente naturale (gite, esplorazioni ecc), ai viaggi, ai racconti di vita vissuta, alla cultura popolare orale, al racconto della terra d’origine, al sostegno e al conforto nei momenti difficili, all’aiuto nello studio, alla protezione contro malintenzionati, alle feste insieme”).

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29 - Trib. Torino, 17 marzo 2009, g.u. Ciccarelli, che sottolinea la piena indipendenza fra le due voci del danno biologico e del danno morale

- Trib. Saluzzo, 25 febbraio 2009, g.u. Franconiero, che, profili biologici a parte, risarcisce con 1.000 euro il danno da vacanza rovinata patito da un uomo il quale, dopo aver acquistato con la moglie un pacchetto turistico relativo ad un viaggio nella Repubblica Dominicana, durante una gita in mare su una piccola imbarcazione a motore, anziché, come previsto nell’offerta pubblicitaria, a bordo di un catamarano, era stato sbalzato a causa del mare agitato fuori dal sedile e, cadendo, si era procurato lesioni che lo avevano costretto a rimanere immobilizzato per il resto della vacanza.

(“Nel caso di specie è certamente risarcibile in astratto il danno da vacanza rovinata, nella sua dimensione sostanziatesi nelle negative ripercussioni per l’inadempimento dell’operatore turistico sul godimento del pacchetto acquistato dal consumatore”).

- Trib. Montepulciano, 20 febbraio 2009, n. 74, g.u. Maccarone, che condanna la Telecom a risarcire con la soma di euro 5.500 euro il danno patito di un uomo di novant’anni il quale, avendo cambiato abitazione, e avendo richiesto alla Telecom il trasloco della linea del telefono al nuovo indirizzo, aveva dovuto, a causa della

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30 colpevole inerzia della società, sopportare ben otto mesi di linee del telefono mute (l’anziano viveva da solo), posto che la società telefonica per tutto quel tempo non aveva dato seguito alla richiesta, nonostante i solleciti. (Dal testo della motivazione:

“L’attore,quindi, ha titolo ad ottenere la liquidazione del danno non patrimoniale.

Nell’attuale sistema binario del danno, conseguente alla lettura costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c. … risultano risarcibili sia danni patrimoniali sia danni non patrimoniali (morale soggettivo, biologico, esistenziale) (Cass. Sez. U. 24/3/2006, n.

6572). Quanto al danno esistenziale, sulla base degli assetti precedentemente consolidati, il “diritto al fare areddituale” o “alle attività realizzatrici della persona” consiste - come proposto da pregevole dottrina - nell’alterazione peggiorativa della quotidianità della persona - id est:dell’agenda quotidiana della vittima -, che può manifestarsi sia nell’impossibilità di svolgere una pregressa attività abituale sia nella necessità di svolgere una nuova attività aggiuntiva. Così, a titolo esemplificativo, può ritenersi il danno esistenziale costituito dalla somma di impedimenti subiti in relazione al libero svolgimento delle attività che contribuiscono alla realizzazione individuale:

limitazioni all’agenda quotidiana o alla normale qualità della vita ovvero il cambiamento delle proprie abitudini di vita, dei propri usi di vita sociale, delle proprie scelte individuali o sociali, della libera estrinsecazione della personalità: Cass. 04.10.2005, n. 19354”.

… E poco oltre: “Invero, il danno esistenziale, come delineato sopra sulla base di

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31 approdi qualificati e reiterati della giurisprudenza di legittimità, è stato da questa ancorato all’art. 2 Cost., disposizione da sola idonea a consentire l’apertura ai nuovi diritti. Pertanto, non vi sono ragioni dogmatiche per non continuare a non liquidare il danno esistenziale. Peraltro, nel caso concreto, è stato cagionato un danno esistenziale, anche da lesione di diritti costituzionalmente qualificati, sulla base della nuova denominazione conseguente alla sentenza delle Sezioni Unite 11/11/2008, n. 26972.

Invero, la privazione del servizio telefonico per circa un anno menoma il diritto dell’utente alla libertà di comunicazione di cui all’art. 15 Cost. e di manifestazione del pensiero di cui all’art. 21 Cost. Inoltre, una situazione di volontaria inerzia per oltre otto mesi, ad onta dell’obbligo di assolvere alla richiesta entro il numero limitato di giorni previsto dalla carta dei servizi, integra indubbiamente il delitto di cui all’art. 340 C.P., che si consuma anche se sia interrotta una singola funzione o prestazione …. Dunque, ben possono essere risarciti anche interessi non previsti da specifiche disposizioni costituzionali, la cui violazione comunque è ricorrente nella fattispecie in esame”).

- Trib. Milano 16 febbraio 2009, g.u. La Monica, che, in un complesso caso derivante da un incidente stradale, sottolinea l’impossibilità di ravvisare una duplicazione risarcitoria – al contrario di quanto affermato dalle S.U. del novembre 2008 - nell’attribuzione congiunta del danno biologico e del danno da perdita del

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32 rapporto parentale (Così la motivazione: “Al risarcimento del danno biologico si accompagna il risarcimento del pregiudizio da perdita del rapporto parentale che assorbe in sé ogni profilo di sofferenza morale, transeunte e non …. Non ritiene il Tribunale che il risarcimento del danno biologico e del danno da perdita del rapporto parentale dia luogo ad alcuna, nemmeno parziale, duplicazione risarcitoria, in quanto l’accertata patologia può assorbire quelle che avrebbero potuto essere dolorose reazioni fisiologiche al duplice evento luttuoso, ma non tocca certo la permanente privazione di relazioni fondanti. Sicché, un diverso ragionamento avrebbe solo l’effetto di non risarcire integralmente il danno a chi si trovi a vivere gravato da un lutto importante e, per di più, afflitto da una menomazione incidente sull’integrità psichica”).

- Trib. Nola, 22 gennaio 2009, g.u. Scermino, che, con riguardo ai pregiudizi di una minore rimasta gravemente ferita in seguito all’improvviso morso di un cane, liquida a titolo di danno “morale, esistenziale/estetico” – oltre agli altri capitoli lesivi che vengono riconosciuti - l’ulteriore somma di 100.000 euro (Questi i passaggi della motivazione: “Sotto altro profilo, la sofferenza va valutata in termini ‘dinamici’ tutte le volte in cui essa sia destinata a proiettarsi, per il futuro, lungo tutta la vita del danneggiato: si tratta, stavolta, di quel senso di angoscia e frustrazione che nel tempo sarà provato dal danneggiato per la impossibilità di non poter vedere soddisfatti (magari

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33 a pieno) taluni suoi interessi realizzativi. Tale ‘sofferenza futura’, in sostanza, non è altro che il ‘vecchio’ danno esistenziale. Essa, in sostanza, postula la lesione di interessi esistenziali della persona, in quanto il soggetto leso, essendo impedito nel perseguirli,

"soffre" per il mancato soddisfacimento degli stessi. Per cui le SS.UU., lungi dall'aver cassato con un colpo di spugna la figura del danno esistenziale, come adombrato da taluni commentatori in dottrina, sembrano aver dato pieno spazio di manovra all'operatore anche su questo profilo di danno non patrimoniale”. E poco oltre:

“Rileva il Tribunale che l'interesse ulteriormente leso in capo a M. M. è da individuarsi in quello alla libera esplicazione della sua persona umana. Esso trova preciso aggancio normativo addirittura nel disposto costituzionale ex artt. 2 e 3 dalla nostra Costituzione, a tenore dei quali, nell'ambito della garanzia dei diritti inviolabili di ogni individuo, vanno rimossi e considerati contra costitutionem tutti gli ostacoli che di fatto impediscono il pieno sviluppo della personalità di ogni consociato. Ed in tali termini rilevava la deturpazione del viso della piccola M. L. Tale menomazione, in pratica, incideva sull' interesse della ragazza a vivere "liberamente" ogni momento della sua esistenza nonché sulla sua aspettativa costituzionalmente qualificata a non ricevere ingiusti condizionamenti permanenti nella conduzione delle sue relazioni sociali. Mentre, a causa dello sfregio permanente che le è rimasto sul visto, la danneggiata: - gestirà con maggiore difficoltà i suoi rapporti di amicizia, non potendo che derivarle un generale

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34 senso di insicurezza e timidezza dal fatto di portare con sé un segno deturpante immediatamente visibile ai suoi interlocutori (cfr, perizie di ufficio e foto); - avrà difficoltà superiori alle sue coetanee per costruirsi e vivere serenamente una vita affettiva con l'altro sesso, essendo la componente estetica di ogni giovane ragazza il primo momento di attrattiva per un uomo potenzialmente interessato ad una relazione; - tenderà a fuggire da ogni occasione di incontro in cui l'esposizione della proprie fattezze fisiche possa avere uno spazio significativo. Insomma, M. M. avvertirà in forme, modalità e tempi variegati una costante sensazione di ‘diversità’, che non potrà non inficiare il suo inserimento in ogni contesto collettivo”).

- Trib. Milano, 23 dicembre 2008, g.u. Guidi, che risarcisce con 100.000 euro il danno esistenziale patito dalla madre di un giovane, rimasto gravemente infortunato a seguito di un incidente stradale. (Sottolinea in particolare il giudice: la madre “ha sofferto un danno non patrimoniale derivante dal sinistro che ha colpito suo figlio, che deve essere equitativamente valutato. Non risulta contestato che la stessa … abbia supportato il figlio nel travaglio susseguente al sinistro, riportando danni alla vita di relazione e vedendo compromesso il normale sviluppo del rapporto col figlio adulto, essendosi così alterati i pregressi equilibri familiari, con una drastica riduzione dell'autonomia del figlio e la necessità per la madre di riorganizzare l'esistenza in

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35 relazione a alle nuove emergenze. Lo stesso può essere equitativamente valutato in euro 100.000, con riduzione del 50%”).

- Trib. Lecce, sez. dist. Maglie, 29 novembre 2008, g.u. Portaluri, che dichiara

risarcibile in via autonoma, oltre che il danno morale patito iure proprio ed identificato nelle sofferenze morali, anche il danno esistenziale risentito dai congiunti di un padre di famiglia, il quale aveva perso la vita in seguito ad un sinistro stradale.

(Queste le parole del giudice: “Da siffatti principi discende automatico il riconoscimento del danno esistenziale, ritualmente richiesto nel caso concreto, in quanto rientrante nel petitum originario, delineato dagli attori nell’atto introduttivo del giudizio con riferimento a ‘tutti i danni subiti per la morte del padre e per qualsiasi titolo, materiali e non … Nel merito si osserva quindi che, pur trattandosi di soggetti che da poco tempo hanno costituito un loro nucleo familiare, non per questo si può negare che la perdita in maniera così traumatica del genitore non abbia sconvolto le loro abitudini di vita, privandoli improvvisamente del contributo di esperienza, suggerimenti, consigli, sostegno morale di un padre ancora relativamente giovane. Si tratta della lesione di un vero e proprio diritto con fondamento costituzionale, artt. 2. 29 e 30 Costituz., sinteticamente riassunto in danno da perdita del rapporto parentale, derivante dalla violazione del diritto, in definitiva, all’intangibilità della sfera degli affetti e della

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36 reciproca solidarietà nell’ambito della famiglia: cfr. Cassaz. n. 11761/2006;

13546/2006”).

- Trib. Torino, 27 novembre 2008, g.u. Ciccarelli, che, con riguardo alla vittima di un incidente stradale, dichiara bensì di non volersi scostare formalmente dalle tracce fornite dalle S.U. del 2008, ma risarcisce poi in via separata nella sub-cifra di 48.000 euro alcune voci pregiudizievoli (ulteriori a quella del danno biologico da invalidità) della parte lesa, quali la “sofferenza derivante dalla percezione costante rinnovata nel tempo della propria inabilità fisica”, unitamente alle conseguenze per la “perdita delle gratificazioni lavorative” e “la perdita della possibilità di praticare lo sport del karatè”.

9.6. Fra le decisioni dei giudici di pace si segnalano soprattutto:

- Giud. pace Verona, 2 gennaio 2009, g. Guidoni, che riconosce “un importo a titolo risarcitorio del danno esistenziale o non patrimoniale di tipo esistenziale che dir si voglia, da vacanza rovinata”, “equitativamente determinato in euro 500,00”, ai genitori di due bambine le quali, durante una vacanza (acquistata con un pacchetto

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‘tutto compreso’) avevano contratto, cenando presso il villaggio turistico ‘Bluclub Lippia’ di Rodi, il virus della salmonella.

(Rimarca in particolare il giudice - dopo avere richiamato la 26972/08, e in particolare il rigetto da questa formulato nei confronti dei danni bagatellari - “avere ancora il danno esistenziale una sua dignità, se si vuole sotto altre vesti, laddove vengono in gioco violazione di interessi pregiudicati da ipotesi delittuose ovvero laddove vengono comunque pregiudicati diritti inviolabili della persona”. E poco oltre: “Non v’è dubbio che la preoccupazione della Suprema Corte pare quella di limitare le poste risarcitorie, escludendo tutti quei danni che possono riconnettersi a disagi, fastidi, disappunti, ansie, e consistenti in ‘ogni altro tipo di insoddisfazione concernente gli aspetti più disparati della vita quotidiana’, ma pare altrettanto che il richiamo pur fatto dal Supremo Collegio alla coscienza sociale, con funzione di limite fra il serio e il faceto e, quindi, quale limite al risarcimento dei diversi danni che possano apparire all’orizzonte, porti a ritenere che colui o coloro che si apprestano a godere una vacanza, il più delle volte meritata dopo una vita di lavoro, sentano una forte ripercussione, che non può definirsi danno biologico e neppure danno morale, sul proprio atteggiarsi progettuale e comportamentale, sul proprio ‘modus vivendi’ , che seppur non ha rilievo costituzionale perché da nessuna parte è previsto un diritto alla felicità o alla serenità, pare comunque allo scrivente Giudice, proprio in ossequio a un

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38 comune sentimento che a quella felicità o serenità attribuisce un rilevante valore, anche economico, perché economicamente è disponibile a sacrificarsi per conseguirlo, meriti un riconoscimento risarcitorio”. Si aggiunge poi: “Pare sommessamente allo scrivente che, in un’ottica di risarcimento inteso quale ‘restitutio in integrum’, porre l’accento sul pregiudizio quale esso sia, ma pur sempre apprezzabile dal sentire o dalla coscienza comune, nobilita di per sé anche l’interesse leso, che seppur non rientra tra i diritti inviolabili della persona costituzionalmente garantiti, emerge quale aspetto indefettibile della personalità di un individuo che si fa persona nel contesto di un sistema giuridico”).

- Giud. pace Piacenza, 30 dicembre 2008, g. Cutaia, che condanna Trenitalia a risarcire 1.000 euro ad un passeggero pendolare della Linea Piacenza-Milano, in relazione al danno esistenziale da costui subito per la condizione abitualmente pessima dei treni di quella tratta. (Così la motivazione: “Vivere ricorrenti situazioni del tipo di quelle denunciate dall’attore che angustiano gli utenti ‘pendolari’ – viaggi in carrozze ferroviarie sovraffollate in condizioni igieniche inaccettabili, con ritardi abituali, a volte di considerevole entità, inutili attese per improvvise soppressioni di corse, ecc. – provoca grave stato di disagio, oltre che fisico, anche psicologico – nel parlare comune uno stress – che determina situazioni esistenziali al limite della sopportabilità, vissute come sopraffazioni del diritto di ognuno a non subire ‘angherie nei confronti delle

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39 quali non è data difesa, vieppiù odiose se riconducibili alle modalità di conduzione di un pubblico servizio”. E si parla poco sotto di “danno non patrimoniale con prevalente connotazione esistenziale”).

PARTE QUARTA

10. Gli aspetti di tipo oggettivo-laboratoriale, infine.

Il punto, a prescindere da ogni altro rilievo, è quello di vedere:

- se le citate suddistinzioni di voci (non solo quella relativa al danno esistenziale;

anche danno biologico e danno morale figurano coinvolti a pari titolo) siano o meno funzionali, per se stessi, alla comprensione del pianeta “danno non patrimoniale”: nel qual caso, indipendentemente da problemi di nomenclatura, meglio sarebbe riconoscere a quegli insiemi lo spazio che meritano (lo stesso di sempre, tutto sommato);

- o se si ci si trovi invece dinanzi a locuzioni inutili, tali da ostacolare o da sviare il ragionamento dell’interprete; nel qual caso, al di là di ogni disputa sulle etichette, meglio sarebbe liberarsi della loro presenza.

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40 11. Nessun dubbio - va sottolineato - circa la necessità di far capo alla prima ipotesi, e ciò:

(a) sia che in sede istruttoria si tratti di ricostruire (ad opera dell’avvocato, del liquidatore, del giudice) cosa è successo di negativo nella vita del plaintiff, dettaglio per dettaglio - sceverando i momenti veri da quelli immaginari, quelli patrimoniali da quelli non patrimoniali, quelli puri da quelli misti, quelli passeggeri da quelli definitivi, quelli profondi da quelli leggeri, quelli ordinari da quelli idiosioncratici, e così via;

(b) sia che occorra decidere quali ripercussioni, fra le molteplici accertate in prima battuta, rilevino formalmente per il diritto - distinguendo i passaggi contra ius da quelli destinati, per difetto delle caratteristiche richieste, a restare a carico del danneggiato;

(c) sia che si debba provvedere alla liquidazione finale in denaro - operando in modo che ciascun tratto pregiudizievole (fra quali comprovati come autentici, e accertati come ingiusti sul piano tecnico) vada incontro a una corretta neutralizzazione, né maggiore né minore del dovuto, a livello di quantum.

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41 12. Quanto al primo punto - cos’è successo materialmente - l’utilità e funzionalità delle “supervoci” non appaiono seriamente contestabili, e ciò anzitutto nella veste di modelli orientativi, di inventari basic delle perdite: onde diminuire in concreto il rischio di duplicazioni risarcitorie (e risarcire nel contempo tutto quanto), nell’ambito della non patrimonialità.

Non è secondario infatti:

(i) posto che il danno rappresenta, per i contesti sia dell’art. 2043 sia dell’art 2059 c.c., una componente di tipo “fattuale” (il mal di testa in cui è stata gettata la vittima, poniamo, si farà sentire anche ove nessuno se ne accorga; non ha bisogno del legislatore per sussistere, vi sarebbe pur se il sistema negasse la sua presenza, permarrà anche qualora giusto o irrilevante);

(ii) tenuto conto che degli inconvenienti lamentati dall’attore - prima ancora del maggiore o minor risalto entro il diritto - va appurata l’esistenza sul piano storico (impresa non sempre facile a compiersi: se è vero che scorciatoie di ordine “eventistico”

non sono consentite; il che imporrà di verificare tutto quanto minutamente, beninteso col soccorso delle presunzioni: senza che l’equità di cui all’art. 1226 possa mai assurgere, tuttavia, a nulla-osta per leggerezze ricostruttive);

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42 non è trascurabile, ripetiamo, il pericolo che uno stesso contraccolpo interno/esterno (nel vissuto dell’offeso, derivante da quell’emicrania o da altro elemento) finisca registrato/indennizzato due volte, sotto capi nominalmente distinti.

12.1. Meno facile che ciò accada, ecco il punto, con la scorta di un lemmario dei danni a 360°: tarato a monte sul rilievo di ogni conseguenza negativa (che tocchi l’agenda delle vittime, e quel plaintiff in special modo), una sorta di mappa virtuale dell’universo antropologico; in grado di permettere a chi è chiamato a giudicare - secondo quanto avviene già per il “biologico”, dove l’ampiezza della locuzione permette che i riflessi fisici e quelli psichici vengano considerati nel loro insieme, in vista degli adattamenti e riequilibrî del caso; nonché per il “d. morale”, nell’ottica di una messa a confronto tra i vari tratti sofferenziali, del corpo o della mente non importa - un approccio unitario ai nodi della relazionalità:

(x) in modo da far risaltare - in chiave differenziale, su un piano di vicendevolezza – i legami correnti fra i diversi settori della vita professionale, della beneficenza, dell’affettività, dell’impegno sociale, della gestualità, dell’arte, dell’accademia, dello

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43 svago, degli abbandoni contemplativi, dell’amatorialità (quali inerenti in particolare a

“quel” danneggiato);

(y) nella coscienza che le compromissioni lavorative, ad esempio, incidono spesso sugli equilibri interni, emotivi e/o sentimentali, e viceversa, come pure le ferite alla dignità sulla libertà di giudizio, il denaro negato sulla qualità della vita, gli ostracismi ingiusti sulla fragranza degli scambi, le ombre colloquiali sull’inventività, tutto questo insieme sulla voglia di gioco, di sport, di vacanze, di distrazioni, e così via.

(z) con l’approdo finale a standard il meno frammentari o disaggregati possibile, a livello di istruttoria, lungo i vari adempimenti da affrontare (quali allegazioni probatorie esigere, con che grado di meticolosità, quali spazi rimettere al notorio, quali le materie riservate ai i testimoni, quale apprezzamento per le prove scritte, quali quesiti da rivolgere al C.T.U., e così via).

13. Non diversa la conclusione, va osservato, per quanto concerne la seconda linea di riscontri (ingiustizia) - dove il problema è soprattutto quello di far fronte, non solamente per i comparti del d. morale o del d. biologico, all’eventualità di incompletezze/approssimazioni, nel cielo dell’ordinamento giuridico.

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44 Non è raro in effetti che - in una normativa a macchie, qual è ancora largamente la nostra, rispetto ai beni e interessi non economici (specie di tipo emergente) - le indicazioni sulla meritevolezza di una certa attività, fra le tante che l’illecito può aver lambito, dalle tenerezze in famiglia al lavoro in comunità, dai cimenti ambientali ai passaggi del tempo libero, dall’esercizio dei propri spazi di cittadinanza al collezionismo, alle incursioni nel mondo della natura, figurino vaghe o generiche.

Col risultato di difficoltà ricompositive, più o meno serie, nell’apprezzamento di momenti cagionati bensì una condotta illecita - cioè ingiusta costituzionalmente, volendo far capo al parametro di cui a Cass. 26972/08 -, ma corrispondenti alla frustrazione di iniziative contrarie, per se stesse, all’ordine pubblico, oppure contra bonos mores, o prive comunque di smalto giuridico (poiché fatue, pedestri, insignificanti, animalesche, stucchevoli, abbrutenti, senza risvolti “realizzativi” apprezzabili).

Come ad es. nell’ipotesi di chi, sequestrato o incarcerato ingiustamente per un certo periodo, lamenti di non aver potuto, in quell’arco di tempo, dedicarsi come sua abitudine - in una sorta di altalena fra sacro, profano e peccaminoso - alle passeggiate nel giardino pubblico, alla coltivazione di face book, ai riti religiosi in parrocchia, alla creazione di micrograffiti sulle panchine, alla trastulli giornalieri con la slot-machine, al sollievo dei bambini soli in ospedale, al corteggiamento delle cassiere al supermercato, ad Amnesty International, al conteggio delle margheritine nelle aiuole.

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45 13.1. Meglio non rinunciare, allora, ai benefici di una griglia in positivo, una

“banca-dati” impostata sul raccordo tra le discipline vigenti, ai diversi livelli, in tema di salvaguardia delle persone (dalla Costituzione al codice civile, dalle convenzioni internazionali al codice penale, dalla normativa sull’adozione a quella sul divorzio, proseguendo via con la disciplina sulla sanità, sull’handicap, sull’interruzione di gravidanza, sul volontariato, sulle discriminazioni, sulle cooperative di solidarietà, sul consumo, sulla caccia, sul’immigrazione, sullo sport, etc.) - sotto le angolature che maggiormente possono interessare, agli effetti del danno esistenziale: id est dal punto di vista delle “attività realizzatrici” (di cui alla sentenza 184/1986 della Corte costituzionale, e sviluppi successivi), e sotto il profilo della “rimozione degli ostacoli” (di cui all’art. 3 della Costituzione, e ulteriori concretizzazioni).

Sarà meno arduo amministrare, a tale stregua, incrinature e appannamenti del “fare non reddituale” – quello comune a tutti quanti gli individui, quello peculiare a chi ha subito i danni - che si collochino ai bordi di aree con tassi differenti di ortodossia/ufficialità, o prive del tutto di indicazioni ad hoc.

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46 14. Sul terzo fronte, per quanto attiene alla conversione dei singoli pregiudizi in (somme di) denaro, sono entrambe le opportunità pratiche a farsi sentire.

L’interprete si trova al punto in cui:

- ha accertato, poniamo, dieci contraccolpi negativi nella quotidianità dell’offeso (derivanti, ciascuno, dalla violazione di un bene costituzionalmente protetto);

- li ha sottoposti, uno per uno, al vaglio di “rilevanza consequenziale” entro il sistema (filtro di antigiuridicità a valle, seconda verifica formale);

- ne è uscito con la conclusione secondo cui a sette fra quei riscontri, in quanto corrispondenti a filamenti tecnicamente meritevoli, va riconosciuta un’udienza ex lege Aquilia (oppure sul terreno dell’inadempimento); mentre altri tre, poiché attinenti a imprese dell’attore illecite, o contrarie ai buoni costumi, o corrispondenti a interessi di mero fatto, sono destinati a restare a carico della vittima.

Resta da monetizzare il risultato, traducendo quei diversi capitoli – danni singoli o sottogruppi di danni - in altrettanti cespiti pecuniari.

Quale somma (mettiamo) in relazione ai meriti incompresi o calpestati in ufficio;

quanto per lo shock post-traumatico, e correlativi riflessi mondani/dopolavoristici;

quanto per gli inaridimenti familiari emersi; quanto per l’autoisolamento in seguito alla vergogna, per la rinuncia forzata allo sport, alle gare, ai tornei, per la partitura destinata alla filarmonica di quartiere (rimasta incompiuta dopo il torto); e così via.

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47 14.1. Di nuovo allora: tanto minore potrà annunciarsi, nel calcolo del dovuto, il rischio di errori o imprecisioni (per eccesso o per difetto), quanto più accurata figuri la

“cartina di tornasole” - la tavola di raffronto tra le poste lesive - cui far capo in sede di giudizio.

Quanto più minuzioso si presenti cioè, ricognitivamente, lo specchio delle attività non economiche della vittima, correnti prima dell’illecito (gli impoverimenti espressivi dunque; ciò che non si potrà più intraprendere, dopo quella data, le valenze colloquiali perdute) - insieme al quadro delle incombenze meno gradevoli, assenti fin lì dall’agenda (le noie burocratiche sopraggiunte, gli appesantimenti settimanali, il tempo strappato alle abitudini più care).

14.2. I passaggi da cui muovere diventano allora:

(i) una determinata attività può non vantare - e non ha di solito - gli stessi lieviti realizzativi/promozionali, secondo che venga vista come l’unica coltivata dal plaintiff, o che l’accompagnino invece “interfacciamenti” d’altro genere (come accade di solito); a seconda che la si valuti, cioè, come parte di un tutto unitario piuttosto che frazionatamente;

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