GAZZETTA SETTIMANALE
SCIENZA ECONOMICA, FIN A N ZA , COMMERCIO, BANCHI, FER RO VIE, INTERESSI PRIV ATI
Anno XXXIV - Voi. XXXVIII
Firenze, 28 Aprile 1907
N. 1721
S O M M A R I O : L ’ impero Brittamco — bull'emigrazione italiana |mip o C ^ L ore(, jto ,.io ed a||e l’ imposti di B. M, del sopraprezzo delle azioni — Gilberto rERNi, ^ t in tern a zioiialeep olitica oX -Marche - R i v i s t a b ib lio g r a fic a : Giovanni De tranciaci Gertoio,C° tìio^ t o Luoi, Della filosofia del merciate - Mano Calderoni, Disannonie^economiche e disai monie mondi 'e c o n o m i c a e f i n a n z i a r i a : diritto - Emil Zweig, Die russische Candela H i f i k se, ^ o n ^ ilaliane . ,, se,lim0 C.W L' abolizione del lavoro notturno m Italia - Il valore di B y nrb _ La tariffa doqanale autonomo ungile-gresso delle Banche Popolari in Cremona - Il Conungile-gresso per la pace a New York L, t j i iom de, canale dl
„ Ti prestito bulgaro - L attività commerciale del porto di Anversa 11 reso ,„Un Muova ' aledonia — R a s s e g n a del com m ercio in te r n a z io n a le. . ,, _ r ,, r ;forma cleffli ordinamenti sulle parlamentare sull’ordinamento dell esercizio delle ferroV j^ upmmminhH lle|]^ rn^Pnin _ Mercato monetario narlamentare sull’ordinamento dell'esercizio aene m u o v e i . ¡.n i » musini a
C s e e l’opera delle Camere di commercio - Le condizioni economiche dell Ab.ssima e rivista delle Borse — Notizie commerciali.
L’ IMPERO BRITTANICO
A Londra si sono radunati in questi giorni, sotto la Presidenza del primo Ministro inglese, i rappresentanti di tutte le Colonie autonome del l’ Impero per discutere degli interessi comuni tra le Colonie steste e tra queste e la Madre-patria.
Non è la prima volta che avvengono tali riunioni, ma è la prima volta che esse non si li mitano a considerare ipotesi eventuali e rapporti per così dire, astratti, ma prendono deliberazioni, che possono essere il gei me di importantissimo sviluppo^ii fatti, che è molto difficile ora prevedere.
Certamente alcune Colonie tra loro e cia scuna di esse colla Madre-patria hanno interessi di grande importanza e di ogni ordine, 1 quali
possono fornir tema di profittevoli discussioni e di provvedimenti efficaci : ma alcune di tali questioni sono così speciali e complicate, che solo l'aflron- tarle davanti ad una discussione può presentare il pericolo di conflitti, anche gravi.
Le Colonie inglesi, specie quelle autonome, non hanno tutte a lodarsi del contegno de la Madre-patria ed anzi alcune muovono aspri la menti per varie questioni di indole economica, mili tare e finanziaria, le quali non sarebbero trattate, secondo il loro punto di vista, con sufficiente im parzialità e disinteresse del Governo inglese. Non è il caso di occuparsi in questo momento inci dentalmente delle accuse e delle difese ohe ven dono lamentate da una parte e dall altra, ma e certo che alcuni dei rappresentanti specie austra liani, si sono lecati a Londra,“ col proposito di fare energiche rimostranze ed avere garanzia che la linea di condotta dal Governo inglese sara
radicalmente mutata. ., .
Ora tutti sanno che uno dei piu potenti fat tori dei buoni rapporti che sono passati, tra le Colonie e la Madre patria inglese, sta appunto nella politica liberale, preveggente, si dnebbe
quasi accarezzevole, che il Governo inglese ha sa puto adottare nella maggior parte dei casi verso le Colonie. Onde è verosimile che i Governanti dell’ Impero britannico non mancheranno anche ora di seguire lo stesso indirizzo, per quanto lo consentano le esigenze generali, e cercheranno di evitare con tutti i mezzi le cause di conflitto; se non che i tempi corrono veloci e la politica non sempre è in caso di seguirli; le Colonie che, per quanto autonome, sentivano tuttavia la preva lenza della Madre-patria e conscie della loto propria debolezza, si acquietavano facilmente, anche quando loro poteva sembrare di avere ampia ragione nelle loro rimostranze, oggi sen tono tutto il significato della loro autonomia, e tu tto ’ l’ aumento della loro forza e se non pensano ancora di trattare colla Madre-patria da pari a pari, certo parlano ed agiscono con minore sotto- missione di un tempo. Ne è prova la proposta del l’ Australia di provvedere ad una flotta autonoma. Questa situazione potrà creare dei veri e propri co n flitti?— Qualcuno lo teme. Però bi sogna considerare che il concetto dell’ Impero si è fortemente sviluppato nelle Colonie inglesi, ed è probabile che per molto tempo ancora esso pre valga cosi, da assopire, se non dirimere, qua lunque causa di conflitto.
Ora un fatto molto importante si e maturato nella recente riunione tenutasi a Londra; fatto tanto più degno di nota in quanto esso è in ter- pretato da molti eome una vittoria dell Imperia- Usino, mentre i risultati ancora recenti delle ul time elezioni politiche, facevano credere che, per qualche tempo almeno, l’ idea imperialista non avrebbe potuto alzare la testa.
Il Congresso cioè dei rappresentanti delle Colonie ha approvato all’ unanimità la regolare e periodica riunione del Congresso, almeno ogni quat tro anni, e, ciò che più importa, la costituzione di un Comitato permanente che curi e tuteli gli |
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Non vi è chi non veda come la istituzione di tale Comitato permanente, per quanto esso ab bia ad essere presieduto dal primo Ministro in glese, rappresenta un fatto di grandissima im portanza, non solamente come dimostrazione che le Colonie hanno sentito il bisogno di essere per manentemente rappresentate nella sede stessa del Governo inglese, ma anche perchè è inevitabile che a poco a poco, e forse più rapidamente che non si creda, questo Comitato acquisti una vera e pro pria funzione statale e divenga difficile che affari coloniali possano essere trattati senza il suo in tervento; e senza il suo favorevole parere non potrà il Governo inglese prendere provvedi menti verso le Colonie.
Alunni temono che le presenti riunioni dei rappresentanti della Colonia possano produrre la costituzione di gruppi, -perchè si renderà facile la intesa per la tutela dei comuni interessi. Cre diamo che questo fatto sia inevitabile, ma non vediamo in ciò la causa di seri timori. Se si analiz zano le cause diverse che tengono legate e pos sono tenere legate le diverse e svariate parti del l’ Impero, si trova fácilmente che non solamente la lingua, le tradizioni, i costumi sono da anno verarsi tra tali cause, ma è da tener conto ari che dei molti interessi comuni, che vanno con tinuamente crescendo; così che ciascuna colonia sente quanta forza le venga dalla sua unióne al l’ Impero e quanta ne perderebbe ove per qual sivoglia causa se ne disgiungesse.
Ciò che invero non sappiamo spiegarci è la esultanza degli imperialisti che nelle delibe razioni del Congresso vedono il trionfo delle loro idee fondamentali. A noi invece sembra che l’ in dirizzo che ha seguito il Congresso, a quanto si può rilevare dalle notizie che vengono mandate dal telegrafo, non accenni affatto alla possibile applicazione del concetto principale che riformava il piano di Chamberlain. La unione politica an che più stretta, la unione militare di difesa an che più determinata,non implicanoaffattola unione doganale; e tutti sanno quali difficoltà economi che può presentare la applicazione di una unione doganale di tutto l’ impero, così svariato negli elementi di cui è composto.
In ogni modo, qualunque abbia ad essere l’ avvenire, che è difficile assai prevedere anche se prossimo, è indubitabile che le deliberazioni del Congresso coloniale di Londra possono se gnare un punto storico di grande importanza, e non solamente per la Gran Bretagna.
SULL* EMIGRAZIONE ITALIANA
IL
Il prof. Ghio — e non è lui solo a pensare così — afferma che l’ emigrazione è un male sotto molti aspetti; sotto l’aspetto economico, per chè toglie alla nazione delle braccia che lavo rerebbero in patria, mentre vanno a lavorare per gli stranieri; sotto l’aspetto politico, perchè la par tenza di tanti uomini validi toglie forza e difesa alla patria; — sotto l’aspetto morale, perchè l’alta
emigrazione è segno di affievolimento della com pagine sociale, e l’ alta emigrazione agricola è segno che i rapporti tra i contadini ed i proprie tari sono così rallentati da rendere possibile un distacco volontario e quasi gradito; — sotto lo aspetto dell’ interesse individuale dei proprietari stessi, i quali vedono aumentate le difficoltà di coltivare le loro terre e persino talvolta la im possibilità di tale coltivazione.
E ’ necessario subito opporre a questa osser vazione, una pregiudiziale: — si intende, rilevando questi mali prodotti dalla emigrazione, di chie dere provvedimenti coercitivi per impedirla o ren derla più diffìcile ?
Se mai questo fosse l’ intimo pensiero di co loro che giudicano la emigrazione temporanea o stabile come un male, bisogna subito protestare in nome della libertè. Già il progresso civile ha talmente sviluppate le esigenze della collet tività, che sempre più va limitandosi la libertà individuale; la società signoreggia come un ti ranno ed ogni giorno di più strappa qualche parte della libertà individuale per sostituirvi la coer cizione dei bisogni sociali. Anche senza l’ avvento del socialismo, che ci imponga i suoi metodi per il conseguimento della felicità di tutti, ogni giorno che passa è uno spegnitoio ai libero movimento degli individui, sia che qualche nuovo atto non desiderato divenga obbligatorio, sia che qualche atto desiderato venga proibito.
Ora il diritto di andare dove si vuole, il sentimento — specie per le moltitudini misere, — dell’ wW bene ibi patriam, il desiderio di cercare il proprio miglioramento economico, dove si creda meno difficile trovarlo, è ancora rimasto se non intatto, non troppo fortemente ostacolato. Ma qualunque azione diretta od indiretta del Governo per diminuire la efficacia di questo diritto, sa-, rebbe in ogni caso condannabile, come la peg giore delle tirannie; sarebbe addirittura una ini quità, quando una nazione, non trovandosi in condizioni da potere assicurare la esistenza a tutti i suoi concittadini, si lasciasse indurre ad impedire loro di cercare tale assicurazione della esistenza là dove credono di trovarla.
Che importa al contadino delle Calabrie che la nazione si indebolisca, che non occupi più « il posto che le spetta nel concerto europeo », che il suo lavoro fecondi terre lontane e magari nemi che, se egli ha il sentimento della miseria pro pria e della famiglia, se non vede uno spiraglio di luce illuminare il suo orizzonte, se non può sen tire più alcun affetto verso la terra che egli ha cosparso del proprio sudore e che gli è matri gna nei compensi ?
Certo le classi dirigenti, studiano la storia e ricordano che l’ Italia fu uh tempo signora del mondo e sognano quella grandezza Certo le classi dirigenti hanno davanti a sè il ricordo recente della ricostituzione della patria e si compiacciono ora dei segni non dubbi del suo risorgimento economico; ma che può influire tutto questo nel l’ animo del contadino della Basilicata o delle Calabrie che soffre la fame, e che è privo del più piccolo, del più limitato godimento?
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si e politicamente ricostituita e mi hanno detto che questo è un grande avvenimento che farà bene a tutti: — la patria comincia a scuotere il giogo della sua miseria, le finanze dello Stato sono tra le migliori dei migliori Stati d’ Europa, i traffici cre scono, la vita economica si agita, rinvigorisce, ma 10 nulla avverto di tutto ciò; nessuna briciola dalla mensa lauta ed abbondante è caduto ai miei piedi, io languo sempre nella stessa ignoranza, nella stessa miseria, ed il inio lavoro non basta a saziare la mia fame, nemmeno col più modesto dei cibi?
Per quanto ottusa dai patimenti, per quanto rassegnata dalla religione o dalla superstizione, la mente del povero contadino deve pure aver fatto, in forma rozza e primitiva tale ragionamento e deve averne concluso coll’ abbandonare ogni spe ranza, se cosi fausti e fortunati avvenimenti per la patria non valsero a procurargli nemmeno il più piccolo dei benefizi.
Volete trattenermi dall’ emigrazione? egli di rebbe: — ebbene lasciatemi vivere qui; io non mi rifiuto dal lavorare, ma voglio essere sicuro che potrò vivere del frutto del mio lavoro. Ma non basta più che mi promettiate di provvedere ai casi miei, oggi io voglio fatti e non promesse; ho già atteso troppo ed invano. Io emigrerò. Io non so nè di ordinamenti tributari, nè di latifondi, nè di sminuzzamenti di proprietà, io sono igno rante, e so soltanto che le condizioni della mia vita sono intollerabili. Una volta l’ America era lon tana qualche mese, e perciò i miei padri non po tevano partire; ora l’America è lontana appena due settimane, ed io vado a cercare la fortuna o la morte laggiù, mentre qui non ho scelta che nel genere di patimenti.
E in nome della gloriosa storia romana o del primo splendido rinascimento d’ Italia, in nome delle possibili future usurpazioni dei vicini o dei lontani rivali, si vuole trattenere il contadino italiano?
Non sarebbe questo uno stabilire nuova mente la schiavitù della gleba? Ed è così enorme 11 pensiero di leggi che ostacolino la libera emi grazione, che il sig. Ghio, il quale ha ripetuta- mente dichiarato che la emigrazione è un male, si e ben guardato dal manifestare il desiderio di inceppare questa corrente umana che passa 1’ Oceano.
Forse l’ egregio collega non pensava nem meno alla possibilità di leggi restrittive ed aveva invece in mente un tale miglioramento nelle con dizioni economiche della moltitudine agricola da rendere inutile l’esodo che egli lamenta.
Ma è chiaro che si tratterebbe in tal caso di una pelitìo a prin cip iis; la emigrazione non è un male, ma la conseguenza di un male; e tolta la causa, cesserebbe da sè ljeffètto senza bisogno di nessun provvedimento.
Rendere la vita dei contadini italiani tale che non sia una sofferenza, ecco il rimedio nella emigrazione.
Non più tardi di due settiman: or sono un illustre gentiluomo toscano, il conte Francesco Guicciardini, studiando con profondo senso del vero la mezzeria Toscana e rilevandone i van taggi, esponeva, a suffragio della sua tesi :1 bi lancio di una famiglia colonica, e c o n . diligenti
indagini rilevava che la retribuzione — tutto compreso — di un mezzadro varia da un mi nimo di 360 ad un massimo di 600 lire Tanno. E vero che la stagione non dà che circa 200 gior nate di lavoro, ma viceversa le giornate in cui bisogna mangiare sono 360 T anno, e inesorabil mente ; e debbono mangiare con quella da 360 a 600 lire, i bambini che non guadagnano, i vecchi che non lavorano ; e bisogna provvedere alle ma lattie, ai bisogni dei figli sotto le armi, ecc. eco. E la Toscana è la regione dove il contadino sta meglio che in qualunque altra d’ Italia, tanto è vero che la emigrazione vi è debolissima.
Non occorrono dunque grandi retribuzioni per accontentare il contadino ed impedirgli che emigri; e vuol dire che in altre regioui le 360 a 600 lire 1’ anno sono una cifra che non si rag giunge nemmeno da lontano.
Dopo ciò, con quale diritto potrebbe la so cietà in ragione delle sue proprie esigenze econo miche, politiche, morali prendersi l’arbitrio « di frenare » la emigrazione?
A l sig. Ghio, se mai pensava ciò possibile, la risposta.
L A T A S S A B I L I T À
mediante la imposta di R. M. del sopraprezzo delle azioni
Il fondamento della tassabilità del sopraprez zo delle azioni, o premio, o differenza tra il va lore nominale e il valore di emissione delle me desime da parte di una Società anonima già av viata, consiste per i rappresentanti della Finanza nell’ analogia che esisterebbe tra il fatto della realizzazione di questo maggior valore conseguenza della nuova emissione e il pagamento del prezzo di avviamento di un’azienda da parte di un ces sionario al cedente della medesima. La sostanza della decisione della Commissione Centrale num. 11296 in data 6 novembre 1906, decisione a-cui si rifanno gli agenti delle imposte per legittimare i loro accertamenti per questo titolo — spogliata degli elementi accessori, è tutta qui. — « Quando la Società — così tra l’ altro la motivazione — emettendo nuove azioni impone o riscuote su di esse un premio, non f a , in sostanza che misurare a denaro e vendere parte del suo buon avviamento, facendo partecipare ai profitti che da essa sono per derivare, gli acquisitori delle nuove azioni ».
Difatti ciò che importa dimostrare è che tale sopraprezzo sia un utile di gestione; e poiché è pacifico in giurisprudenza che gli utili liquidati in base all’ avviamento di un’ azienda sono la de terminazione dei guadagni futuri ed eventuali, il frutto del credito acquistato dall’azienda, sono in sostanza il risultato del lavoro; è evidente che, una volta parificato il sopraprezzo delle azioni al prezzo di avviamento liquidato da un cessionario ad un cedente, si potrà legittimamente considerare quello come utile di gestione e quindi dichiararlo tassabile.
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noi oi troviamo di fronte a due persone: nn ce dente e un cessionario, e ad un vero e proprio fatto di liquidazione. Questo fatto di liquidazione ha per conseguenza di far passare dall’ una all’al tra parte una determinata quantità di ricchezza, che noi vedremo come si può scindere, ma di cui una parte è appunto costituita dal cosidetto prezzo di avviamento.
Invece nel caso di nuòva emissione da parte di una Società già esistente non ci troviamo in presenza di un cessionario e di un cedente; è la Società stessa che continua la propria vita e il proprio svolgimento, sia pure ampliata; e non vi è passaggio di ricchezza. Mancando dunque gli elementi essenziali dell’ analogia tra i due fatti economici — il passaggio di un’ azienda da una ad altra amministrazione, e l’ emissione di azioni da parte di una Società — manca il fondamento della parificazione tra le due forme di utile.
Questa mancanza di analogia che è di e v i denza intuitiva e che potrebbe anzi parer sug gerita da un superficiale esame ispirato dal senso comune, risulta confermata dall’ analisi dei fattori economici dei due fenomeni. Prima però occorre fissare la nozione di reddito. La Corte di Cassa zione di Roma a sezioni riunite nella sua s:utenza del 1897 stabilì che in tema tributario deve ri conoscersi reddito tassabile « quello speciale pro vento che ripete la sua causa da una forza pro duttiva, ma naturalmente disposta a riprodurla, e derivi da una forza economica obbiettiva, per sonale od intrinseca, la quale abbia la funzione di causa diretta od immediata pel reddito 0 pro vento che ne rappresenta il necessario effetto ». Questa nozione è sostanzialmente quella accettata dal Quarta nel suo commento alla legge sulla imposta di R. M. e dalla Commissione Centrale nella sua decisione. Ci muoviamo dunque su ter reno sicuro, in cui le due parti sono d’ accordo. Ciò posto, ci domandiamo che cosa è, quale è il concetto del valore di una azienza commer ciale, industriale. A l momento dell’inizio il valore dell’ azienda è esattamente uguale a quello del capitale in essa impiegato: tanto è vero che per una Società anonima, al momento iniziale, il va lore reale delle azioni è esattamente uguale al valore nominale. Se non che una certa quantità di lavoro comincia subito ad essere incorporata a questo capitale, per farlo diventare redditizio; vale a dire che alla ricchezza oggettiva costituita dai beni dell’azienda si infonde una certa quan tità di capitale soggettivo, od umano. L ’ utile del l’azienda, vale a dire il reddito del capitale im piegato, può essere variabile quas' all’infinito, ma le variazioni si possono ricondurre a tre modi: poiché difatti tale profitto può essere esattamente eguale al tasso normale dell’ interesse vigente in un dato momento, in un dato mercato, o può essere minore, oppure maggiore. Il tasso dell’ interesse è il prezzo di quella merce generale che si chiama denaro, e il tasso normale — che ha per esponente massimo l’ interesse dei titoli di Stato — è quel prezzo che il capitalista sa di poter richiedere e di potere ricavare da un impiego qualsivoglia del suo denaro, che non richieda da parte di lui la minima quantità di lavoro. Ora, quando l’ utile di un’azienda è esattamente uguale al tasso normale dell’ interesse, vuol dire che il lavoro umano (di
organizzazione, di amministrazione ecc.) _ incorpo rate nella medesima non ha alcuna funzione pro duttiva: ,è come se il capitalista avesse collocato il proprio denaro in titoli di rendita e rimanesse inerte in attesa della maturazione dei coupons.
In questo caso il valore dell’azienda rimane esattamente uguale a quello che aveva nel mo mento in cui nessun lavoro, nessun capitale umano, vi era incorporato, cioè al valore iniziale.
Nel secondo caso avviene che, non solo il la voro non ha alcuna funzione utile, ma ha una funzione dlssolvitrice : il capitalista ritraendo dal suo denaro un interesse ininore di quello che ri trarrebbe se l’ avesse impiegato in rendita, e cioè se non facesse nulla sotto l’ influenza di questo elemento perturbatore, di questa quantità negativa, il valore dell’ azienda diminuisce di fronte al va lore del momento iniziale.
Nel terzo caso avviene che il lavoro di or ganizzazione tecnica ed amministrativa imprime all’ azienda una grande vitalità, in modo che il , capitale in essa impiegato ritrae un profitto mag giore del tasso normale dell’interesse.
Si può dire che la differenza tra il profitto del denaro impiegato nell’azienda e il tasso nor male dell’interesse in quel dato momento rappre senti appunto la concretazione, 1’ attuazione di questo lavoro utile. E ’ evidente dunque che l’ a zienda acquista un valore diverso e maggiore da quello che aveva quando stava per cominciare il detto lavoro, cioè nel suo momento iniziale.
Questo valore complessivo in tale momento prospero della sua vita si compone di due parti bene distinte : a) del capitale impiegato, b) delle capacità impiegate, del lavoro ivi accumulatosi, di tutto questo elemento soggettivo passato dalle persone alle cose, incorporatosi in queste, e ca pace ormai di imprimere in queste una grande potenzialità produttiva. In altri termini entrano nella risultante le due componenti : a) un capi tale effettivo od attuale; e b) un capitale poten ziale, che è quell’ insieme di fattori personali conglobati ormai nel capitale effettivo, suscetti bile di tradursi nel plus-profitto dell’ azienda, ca pitale potenziale che, con una parola astratta e comprensiva noi denominiamo « buon avviamento ». E ’ inutile notare che questo secondo elemento o capitale potenziale, ha un valore oscillante, di pendendo esso dalle qualità del lavoro (tecnico ed amministrativo) che si continua ad immet tere nell’azienda, tanto che esso potrà diminuire od anche sparire completamente se tale lavoro diverrà nn elemento negativo.
Facciamo l’applicazione di questi concetti al caso della cessione di una azienda con pagamento di prezzo di avviamento ed al caso di una emis sione di azioni da parte di una Società con pre mio. Nel primo caso il cessionario comincia col versare al cedente il prezzo del capitale mate riale od effettivo od obiettivo ; poi egli, d’ accordo col cedente, procede ad una valutazione del ca pitale potenziale facente parte del valore com plessivo dell’azienda, cioè di quella parte di beni soggettivi o personali, di lavoro in sostanza in essa accumulatosi e capace di produrre un plus- profitto.
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egli aveva continuato la propria azienda: il ce- | dente deve dunque essere compensato di questa ! rinunzia. Per ciò teoricamente il prezzo di avvia mento non è altro che la capitalizzazione dei plus profitti, mentre praticamente potrà variare secondo le valutazioni che quest’ ultimo farà della capacità propiia eco. Comunque rimane che questo prezzo di avviamento è la traduzione in
atti del capitale potenziale racchiuso nell’azienda,
capitale che fa sì che 1’ azienda abbia in quel dato momento quel determinato valore comples sivo maggiore del valore iniziale. Il cedente dun que attua questo valore potenziale,. vale a dire realizza istantaneamente tutti o parte di quei plus-profitti che avrebbe avuto solo in processo di tempo e se avesse continuato a gestire la pro pria azienda. E gli ha un utile, dipendente dal suo lavoro ; e per quanto si possa fare qualche riserva sul fondamento della tassabilità di que sto utile mediante la imposta di R. M., pure ci si può inchinare alla giurisprudenza e ritenere effettivamente reddito tassabile questo utile de! cedente.
Le cose però stanno assai diversamente nel caso di una nuova emissione di azioni con pre mio da parte di una Società. Noi qui richiamiamo il concetto giuridico delle Società commerciali, concetto così male invocato dalla Commissione Centrale, poiché mentre sembrava dovesse servir sene per dimostrare che il premio rappresenta un utile della Società, e non degli azionisti, ha finito col dire che esso è in prevalenza un utile di costoro.
Le Società costituiscono dunque enti collet tivi distinti dalle persone dei soci, ed hanno una vita distinta dalla vita economica dei sin goli soci medesimi. Cosicché il fatto che la So cietà emette nuove azioni, o acquista nuovi soci, o prende maggiori capitali da quelli già esi stenti, non altera la struttura della Società, non ne modifica la vita, che anzi tra la vita di ieri e quella d’oggi di quell’ente collettivo vi è per fetta continuità. Essendovi dunque continuità di vita, non v’ è un cedente, non un cessionario : non è possibile parlare di liquidazione e di pa gamento di utili futuri, non vi è utile attuale. Un utile per esistere deve esistere per qual cuno : nel caso presente esso non può esistere che o per la Società o per gli azionisti. Per la Società non esiste, e per la seguente ragione. A l momento in cui avviene la emissione delle azioni con premio, la Società ha già acquisito quel dato maggior valore.
Il valore di una azienda — è questo un concetto della decisione della Centrale — non dipende dalla quantità det suoi capitali, ma dal modo con cui questi si fanno fruttare; esso di pende dalla misura dei profitti annuali. Se per es. il prezzo del denaro, oggi come oggi, è del 3 1|2, e se la Società distribuisce dei dividendi di 3 1[2 più n — , il suo valore sarà uguale al valore iniziale più la capitalizzazione di n — . Que sta capitalizzazione di n — che cosa è ? E ’ un capitale potenziale accumulatosi nella azienda sotto forma di lavoro personale o soggettivo, e capace di attuarsi in quel plus-profitto. Perchè utile vi fosse, bisognerebbe che il detto capitale fosse istantaneamente tradotto in atto, e liquidato,
come avviene appunto nel caso della cessione di una azienda.
Ma qui nulla avviene di simile : qui av viene solo una cessione di capitale nuovo al ca pitale già esistente, capitale nuovo che pertanto dovrà mettersi nella condizione di quest’ ultimo, vale a dire dovrà avére lo stesso valore di pro duzione, la stessa capacità produttiva. La Società perderebbe del proprio valore se ciò non avve nisse; avvenendo ciò, essa conserva inalterato il proprio valore, il quale, ripetiamo con la Centrale, è indipendente dalla quantità del suo capitale e solo dipendente dal gettito dei profitti.
Ma utile tassabile non esiste neppure per gli azionisti, come invece si sforza di dimostrare la Centrale nella sua decisione. Le azioni, così essa dice, non sono altro che un diritto astratto ad una certa porzione dei profitti; e dal punto di vista oggettivo non c’è obbiezione possibile. Ma non si esaurisce con ciò il concetto di azione. Le azioni sono qualche cosa che ha un valore, e questo valore va soggetto alle leggi generali economiche a cui va soggetto il valore di tutte le altre merci. Ma il loro valore oggettivo può desumersi da una formula generale che risulta da quanto si è esposto più sopra.
Chiamiamo con X il capitale di una azienda ; con N il numero delle azioni : al momento ini ziale, il valore delle azioni è dato dalla divisione X : N. Se X è = 1.000.000; se N. = 1O.O00, si ha che il valore delie azioni è 1.000.0 J0 :
10.000 = 100. In processo di tempo l ’ aziènda prospera, vale a dire dà dei buoni profitti ; il dare dei buoni profitti significa dare profitti su
periori al tasso normale dell’ interesse.
Chiamiamo D questa differenza o questo plus-profitto: allora avviene che il valore del l’azione sale e saia precisamente X più la capita lizzazione di D : N- Rimanendo costanti gli altri elementi, se capitalizzazione di D = 500.000, si ha che il Valore di un’ azione = : 1.000.000 più 500.000 : 10.000 = . 150.
Ciò teoricamente; praticamente però non av viene una vera e propria capitalizzazione di D, del plus-profitto, ma avvengono tante valutazioni soggettive da parte di coloro che si trasmettono questi titoli circolanti sul mercato finanziario, va lutazioni relative al buòn collocamento o no del pròprio capitale su quel dato titolo, e la cui ri sultante è precisamente il valore di mercato delle azioni.
Queste valutazioni avvengono quotidiana mente, nelte compre-vendite giornaliere delle a- zioni ; e avvengono anche il giorno in cui la So cietà intendeva di gettare sul mercato un altro stock di questi titoli che trovano ormai facili acquirenti. In quel giorno il vecchio azionista sa che per ogni 100 lire del suo capitale impiegato nell’azienda, ne possiede 150 di moneta corrente; mentre ogni estraneo sa che ogni 150 delle sue lire valgono soltanto 100 lire della Società. Le due quantità si corrispondono perfettamente: non c’ è lucro nè per la Società nè per l’ azionista.
Ma allora quale è il movente economico di simili operazioni ?
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speranza a cui dà fondamento tutto il passato e il presente così prospero dell’ azienda, il lavoro precedente, il felice avviamento.
Sì, è una vera emptio spei, come vuole la Centrale, ma questa speranza rimane tale fino al giorno in cui o sarà delusa o sarà coronata dal successo; ora, la speranza e la delusione non sono tassabili con l’imposta di R. M.; solo il successo 10 è, poiché esso si traduce in un reddito mag giore dell’attuale, ed è in questo colpito.
V oglio dire in sostanza che se la speranza dell'acquirente di nuove azioni si realizza, se esso ottiene un dividendo maggiore dell’attuale — se d’altra parte spirito della legge fiscale è di tassare 11 reddito — col colpire d’imposta il dividendo non si lascierà sfuggire all’ imposta nessun provento tassabile, si colpirà anzi per tal modo tutta la speranza così realizzata.
P er la Società il movente economico è quello di far convergere le energie soggettive o perso nali di cui dispone su una più larga base di ca pitale oggettivo o materiale, in guisa da fecon darlo così come essa sa: di aumentare in sostanza la propria potenzialità produttiva. Ma fintanto che questa aumentata potenzialità non si realizza, non potrà'essere colpita d ’ imposta; se si realizza, lo sarà in un maggior utile sociale, ed in questo colpita.
Come si vede, non si è fatto qui se non svi luppare, e forse porre talvolta sotto una nuova luce, il concetto cardinale della sentenza emanata nel 1897 dal Supremo Collegio giudicante, quello della non tassabilità, nè della speranza di reddito, nè della potenzialità di reddito.
D i fronte a questa sentenza, così nitida nella sua brevità, tagliente e incisiva, la decisione della Centrale, così farraginosa, complicata, talvolta contradditoria nei suoi elementi, è una povera cosa: ed io non so che schierarmi decisamente per la prima.
Fil ip p o Ca r l i.
ANGORA INTORNO AL CREDITO AGRARIO
E D A L L E M A R C H E
( Continuazione e fine, vedi numero prec.)
Ma una seria difficoltà che non ci dissimu liamo, siamo peraltro costretti a rilevare nei fatto della costante ed aumentata emigrazione che in certe provinole della regione ha assunto propor zioni allarmanti. Q uivi si è determinato una vera e propria rarefazione di mano d’ opera, che può arrecare le più serie conseguenze all’ agricoltura, dato che il fenomeno emigratorio continuasse a svolgersi nella stessa intensità. Per quanto grande tuttavia l’ esodo degli agiicoltori, non si è ancora verificato il fatto constatato nella Basilicata e nella Calabria di interi appezzamenti di terreni in abbandono perchè disertati dai lavoratori; e ciò è dovuto all’ uso quasi generale nelle Marche del sistema a mezzadria, che presupponendo an che il colono per qualche parte capitalista, come per quel che riguarda le scorte vive del fondo,
10 rende maggiormente attaccato al suolo in cui ha trascorso la sua vita ; quivi l’emigrazione ha fatto più larga presa, come era da attendere, sui lavoranti avventizi, che hanno per unico ca pitale le sole forze fisiche, e la cui presenza era nondimeno necessaria per il completamento dei lavori agricoli nel periodo dei bonifici, e durante 11 raccolto dei frutti. L ’ emigrazione si è inoltre estesa a quelle famiglie di agricoltori oberate dal debito, ovvero così prolifiche da non poter più trovar risorsa nel podere tenuto in coltivazione. Per modo che il fatto, doloroso in sè, troverebbe in parte un compenso nella eliminazione di coloro economicamente meno alti, e che, nelle attuali condizioni dell’ agricoltura, non alimentata dalle moderne provvidenze del credito, e non favorita dai vari sistemi di cooperazione, avrebbero tro vato nel suolo natio lo sconforto e la miseria. Elementi quelli, che avrebbero peraltro sentito immantinente il beneficio del credito, quando fosse stato diffuso in misura adeguata, ed in grado di potere rendere come produzione quanto sarebbe stato loro devoluto, anche indirettamente, in an ticipo.
Ad ogni modo se, come dicemmo, si è ma nifestata una notevole rarefazione nella mano d’opera, non può certo parlarsi di spopolamento, e neppure di così forte diminuzione rispetto al suolo, che l’agricoltura ne sia seriamente compro messa; a questo rispetto è da tener conto anche della emigrazione temporanea, che sebbene non intensa nella regione marchigiana, non è priva tuttavia di coefficente, e che al primo alito di benessere sarebbe la prima a rientrare nei luoghi patri, ovvero a non muoversene più all’ inizio del- l’ inverno. A questa farebbe riscontro il probabile rimpatrio di molti emigrati oltre oceano, che sen tono sempre vivo il bisogno di tornare, non ap pena accumulato un modesto capitale, e che que st’ uso hanno sempre seguito sin qui ; è da ritenere quindi che molti, per le migliorate condizioni eco nomiche, nella previsione di trovare lavoro con venientemente retribuito, riprenderebbero la via di casa.
Da questo rapido esame ci par lecito con chiudere pertanto che una larga applicazione del credito agrario nelle Marche, non sarebbe motivo di delusione come sarebbe pel Mezzogiorno, quando votando la nuova legge del 1902, in cui si chia mavano a sussidio le forze di un grande Istituto, il Banco di Napoli, si credeva di aver risolto d’ uu colpo la questione meridionale. Dobbiamo valerci della esperienza tentata altrove, e per questo abbiam creduto necessario riscontrare se gli stessi motivi che laggiù impedirono o ritar darono l’efficacia del provvedimento, sussistessero anche per le Marche. Ci sembra poter dire di no, e pertanto affermiamo in massima che l’esperi mento può esser tentato con successo in questa regione centrale d ’ Italia; aggiungiamo poi che dovranno osservarsi particolari norme dettate in gran parte dalla pratica, ed in rapporto ai desi
derata dell’agricoltura, le quali riassumeremo così:
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ramento del fondo quel propriptario, il quale pre veda la subastazione del suo podere.
II. Che il eredito sia sempre concesso in
natura secondo il sistema già posto in uso in
molti luoghi, ed in prodotti da fornirsi dai Con sorzi, dietro il parere favorevole del direttore della cattedra ambulante, che dovrà esser stato consultato all’ uopo dall’ interessato.
III. Che l’ Istituto regionale promuova al tresì, in parecchie località, la fondazione di ma gazzini generali, ove collocare i prodotti che po tranno essere esitati per conto di esso o del produttore, dietro anticipazione in denaro sul prezzo di vendita.
Gil b e r t o Te r n i.
R
i v i s t a
B
i p l i o q r a h c a
G io v a n n i D e F r a n c i s c i G e r b in o . - Commercio
internazionale e politica commerciale. — Palermo,
Rèber. 1907, pag. 475 (L. 8.00).
L ’Autore premette una erudita discussione sulla nozione del commercio internazionale in re lazione principalmente al regime doganale dei diversi Stati, esaminando così la proposta teoria dei costi comparati, coi corollari dell’ influenza dei salari e della diversa pressione tributaria, e l’altra teoria del principio utilitario, cercando di dimostrare la connessione tra le due dottrine.
Dopo questa parte generale, l’Autore esamina le diverse questioni sui valori internazionali, e, quella della funzione della moneta col commercio internazionale; questi due capitoli ci sono sem brati completi e ben condotti, lasciando essi vedere che l’Autore ha approfondite le questioni econo miche che si connettono alla azione della moneta nelle sue diverse forme, per ciò che riguarda i rapporti commerciali internazionali.
Meno esaurienti, ci paiono i due capitoli se guenti, quello che tratta del sistema mercantile e del protezionismo e libero scambio ; in quanto al protezionismo l’Autore, vi ritorna in due speciali capitoli, dopo aver parlato del dazio sul grano e di altre questioni attuali e principalmente della recente lotta combattutasi in Inghilterra sul piano di Ghamberlain.
Tutto sommato il lavoro del sig. De Fran cisci, sebbene in alcuni punti apparisca qualche lacuna ed in altri punti l’Autore vada al di là del tema prefissosi, è senza dubbio un buon con tributo su un argomento che in Italia non ha ancora una ricca letteratura.
M a r io C a ld e r o n i. - Disarmonie economiche e di
sarmonie morali. — Firenze. F. Lumacbi. 1906
(L. 2).
Questo volumetto, abbondante di pensieri talvolta originali, dettato in forma attraente, la scia chiaramente intravedere l’ eh ito ingegno dell’Autore e la sua attitudine speciale per sin tetizzare le diverse questioni.
I brevi capitoli nei quali il lavoro è suddi viso, mancano forse di omogeneità e, se non er riamo, si scorge lo sforzo dell’ Autore a
ranno-darli al titolo che ha voluto dare al lavoro; tanto che talvolta ci è sembrato che egli stesso crei delle disarmonie per tentare poi di dimostrarne la insussistenza.
Cosi nel primo capitolo dove tratta dei rap porti tra la economia e la morale, e combatte il concetto che le due scienze siano in antagonismo, evidentemente l’ Autore viene in ritardo; morale ed economia come economia e diritto sono in per fetta armonia tra loro, e se non lo sono vi è er rore in una o nell’altra delie due discipline.
Così, ad esempio, l’Autore parlando della uti
lità marginale, sembra la attribuisca a qualità
delle merci o prodotti, mentre la causa della « utilità diversa della utilità degli stessi prodotti » 1 sta nel rapporto di questa utilità coi bisogni. Le
qualità per cui i prodotti sono o diventano utili possono rimanere inalterate, ma la loro utilità « economica » varia col variare dei bisogni.
Anche dove parla della « ragione dello scambio », l’ Autore non ha avvertito che le « con trattazioni » sui prezzi in genere hanno luogo sol tanto tra il negoziante ed il cittadino profano. Fra due negozianti i prezzi sono fissati nei listini; le varianti quasi impossibili. Si ordina una mac china ad una casa di New York in base al listino di questa e non si contratta il prezzo; la buona massaia si sente domandare 10 per una stoffa ed offre istintivamente 5 senza sapere il perch è; e compra molte volte per 8 quello che vale 3.
Ma questi non sono fatti economici. Come non sono giudici d’ arte quelli che dà il pubblico ammirando i quadri o le statue indicati con due o tre asterischi nella guida.
Abbiamo fatto questi pochi appunti ad al cuni dei capitoli di questo interessante volumetto, per testimoniare che merita di esser letto con attenzione ; le mende ohe vi si possono trovare, nulla tolgono al valore dello scrittore ed alla fre quente originalità del pensiero.
P r o f. D i o d a t o L io y . - Della filosofia del diritto. — Padova, Fratelli Drucker, 1906, 2 Voi., pagg. 448, 435 (L. 8.00).
Quest’opera dell’egregio professore della Uni versità di Napoli è già alla sua 4a edizione, il che dimostra con quanto favore sia stata accolta dal pubblico studioso, al quale pertanto è troppo nota perche vi sia bisogno di una particolereggiata analisi.
Sono ben lungi i cultori della Filosofia del diritto di essere concordi sulla nozione e sopra tutto sui limiti di questa disciplina; anzi alcuni arrivano a negare che vi possa essere una filo sofia del diritto ; lo stesso Autore nella dotta e interessante discussione che, quale prefazione, pre mette alla sua opera e che intitola: « sociologia o filosofìa del diritto, » ammette la possibilità di non distinguere con precisione Luna dall’ altra delle due scienze, per quanto egli si mostri per suaso di aver vinta ogni obbiezione.
L ’ Autore dà alla sua scienza limiti molto larghi, per cui gli è permesso di entrare, si può dire, in tutti i rami della attività giuridica umana.
inse-264 L ’ ECO N O M ISTA 28 aprile 1907
gnamento, Belle arti, Industria e proprietà, Com mercio e contratti, Moralità e beneficenza, Giu stizia riparatrice.
Il secondo volume è rivolto al soggetto del
diritto e cioè tratta dei seguenti temi: l’ indi
viduo, la famiglia, gli ordini e ceti, il Comune, la Provincia, lo Stato, la Società degli Stati, (che comprende: i diritti assoluti dello Stato e la guerra), l’ Umanità.
Da questo stesso sommario il lettore p.:ò ri levare la estensione — a nostro avviso eccessiva — che l’ Autore dà al concetto di Filosofia del diritto. Ciò non toglie che gli argomenti trattati non sieno svolti con molta cura, sebbene non sempre l’Autore tenga conto delle nuove idee che agitano su certe questioni il pensiero umano.
Etnil Z w e i g - Die riissische Handels politili neit 1877. — Leipzig, Duncker et Hunbiot, 1906,
pag. .180 (M. 4.80).
L ’ Autore fa un accurato studio della poli tica, commerciale inaugurata dalla Russia dal 1877 e ricerca le cause di tale politica, cause che ritiene essere principalmente economiche e mo netarie.
I saldi del movimento commerciale sfavore voli alla Russia spinsero il suo Governo a cer care di sviluppare la industria dell’ Impero per chè1 la maggior parte possibile del debito creato colla importazione di prodotti fosse saldato con prodotti esportati.
E dallo studio del commercio l’Autore rileva che in parte tale scopo fu conseguito : le impor tazioni che dal 1874-78 rappresentavano 479 mi lioni di rubli contro 472 milioni di rubli di espor tazioni, salirono nel 1899-1903 a 630 milioni, ma le esportazioni ammontarono a 703 milioni di rubli. Così che da una eccedenza di importazioni di 7 milioni di rubli, verificatisi nel 1874-78, la Russia è passata nel 1899-903 ad una eccedenza di esportazioni di 163 milioni di rubli.
Questo accurato lavoro, che è pubblicato nella notissima raccolta diretta dai prof. G. Schmoller ed M. Sering, contiene molti dati di fatto accu ratamente raccolti e sui quali l’Autore basa le
sue accurate ricerche. J .
RIVISTA ECONOMICA E FINANZIARIA
Circa la prossima abolizione del lavoro notturno in Italia, il ministro d’ agricoltura,industria e commercio on. Cocco Ortu, rammenta che col giorno 20 corr. non potranno più essere ammesse ed addette al lavoro industriale, nelle ore della notte, le donne di qualsiasi età, secondo quanto è tassativamente prescritto nel primo ca poverso dell’ art. 5 delia legge 19 giugno 1902, n. 242.
Il ministro confida che siasi utilizzato il lungo periodo transitorio, e sia tutto preordinato perchè l’ imminente scadenza di esso trovi gl’ indu striali e gli operai in condizione di osservare il
precetto del legislatore.
Per eliminare in tempo le eventuali difficoltà che potrebbero sorgere, il ministero fa pieno affida
mento sull’opera degli Enti e delle persone che, per la loro autorità, per la loro posizione, per gli obblighi e i doveri che hanno verso i lavoratori e la industria nazionale, possano o debbano util mente ed efficacemefite intervenire ed influire, perchè tutti gli stabilimenti industriali, di qual siasi natura e carattere, soggetti all’obbligo del l’osservanza della legge, a norma dell’articolo 1 del regolamento, si trovino in grado di osservare la nuova disposizione appena andrà in vigore.
Le ore, durante le quali il lavoro sarà vie tato a tutte le donne, sono quelle indicate dall’ an tipenultimo capoverso del citato articolo; e cioè dalle 20 alle 6 dal 1 ottobre a l 31 marzo, e dalle 21 alle 5 dal 1 aprile al 30 settembre. Rimarrà soltanto la facoltà al ministero di concedere la variazione di quei limiti di inizio e di fine di lavoro, (non già della durata complessiva del tempo di divieto notturno), in conformità all’ ul timo capoverso dell’articolo. Del pari continuerà a valere per quegli stabilimenti che hanno adot tato il sistema del lavoro a squadre, la facoltà di proseguirlo a seconda delle norme dettate dal pe nultimo capoverso dell’articolo citato.
— Togliamo dall’ Economista d’ Italia il va lore di Borsa delle azioni delle Banche e Società italiane risultante dai prezzi di com
pensazioni a fine di marzo. Esso si eleva a lire 4,012,007,960 e presenta una diminuzione di 121,908,580 lire su quella risultante da! prece dente mese di febbraio.
Questa diminuzione si riduce effettivamente a 83 1/2 milioni circa, perchè nella determina zione dei prezzi di compensazione di fine marzo, si è tenuto conto per qualche titolo del paga mento del dividendo.
Raggruppando i diversi valori secondo la natura delle intraprese che rappresentano, si ha a fine di marzo le differenze seguenti :
Stabilimenti di Credito Società di trasporti Miniere e Metallurgia Gas ed Elettricità Indust. dello zucchero Compag. delle acque Prodotti chimici Tessuti e Filati Mulini Automobili Imprese immobiliari Industrie diverse V a lore line m arzo 1907 L ire 885,294,01)0 906.185.000 532,195,430 256.688.000 223.269.000 101.959.000 142.577.000 296.934,000' 61.024.000 107.886.000 168.325.000 309.684.000 D ifferenza a fine febbraio 1907 — 42,559,000 — 25,120,000 — 26,414,680 — 6,744,500 — 8,976,000 — 399,000 — 1,768,000 — 5,098,000 — 4,182,000 — 10,930,000 — 1,842,500 + 2,065,200 Totale 4,012,007,460 — . 121,908,880
— Stante la loro importanza pubblichiamo i temi che saranno discussi al VII Congresso delle Banche popolari in Cremona:
4. Cassa centrale di credito agrario, nel le sue attinenze con le organizzazioni ed esporta zioni agrarie, con le Casse di risparmio, e con le Banche popolari.
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3. Come le Casse di risparmio libere, le Casse di risparmio dello Stato, la Cassa Nazio nale per la vecchiaia, le Società di assicurazione di ogni specie e le Banche popolari possano gra datamente preparare il primo mezzo miliardo per la formazione del nuovo demanio delle case po polari; con quali metodi, giuridicamente più si curi ed economicamente più idonei, debba pro muoversi la costruzione delle case popolari.
4. ' In quali modi le Casse di risparmio e le Banche popolari debbano contribuire, assecon
dando l’opera della benemerita Società esistente, a favorire col credito il risorgimento delle piccole industrie domestiche femminili, specialmente dei merletti, dei ricami e di altre somiglianti, antico decoro del nostro paese.
5. Se convenga istituire sulle Banche po polari e sulle altre forme di cooperazione un Sin dacato di vigilanza, affatto indipendente dal- 1’ azione dello Stato, e costituito per atto spontaneo delle nostre libere istituzioni.
6. Quali principali riforme, nel progre diente sviluppo della cooperazione, sieno da re carsi alle disposizioni del vigente Codice di com mercio sulle Società cooperative, con particolare rignaado alle Banche popolari.
7. Principali riforme legislative o regola mentari di ordine finanziario nei rapporti con le Società cooperative e in particolare con le Ban che popolari.
8. Modificazione degli articoli 177 e 248 Codice di commercio, all’ effetto di estendere alle Società di commercio esercenti il credito, anche se in nome collettivo o in accomandita semplice, l’obbligo di pubblicare le situazioni mensili.
9. Modificazioni da introdursi nella legge 24 maggio 1903 sul concordato preventivo e sulla procedura dei piccoli fallimenti.
— Già abbiamo accennato al principio del l’ importante Congresso per la pace a New York.
Esso ha poscia approvato una mozione colia quale si chiede che la Conferenza dell’ Aja di venga permanente e aperta a tutte le Nazioni ; che un tratto di arbitrato da ratificarsi da tutte le Nazioni sia redatto dalla Conferenza e rinvi al Tribunale dell’ Aja tutte le dispute interna zionali che non possono essere risolte dalla di plomazia; che gli Stati Uniti appoggino all’ Aja la limitazione de^li armamenti.
In un’altra mozione si elogiano Roosevelt, Root e Campbell-Baunerman, per le proposte che hanno fatto a iàvore di una politica di pace in ternazionale.
D ’Estournelles de Costant, in un banchetto dopo il Congresso, ha dichiarato di essere inca ricato dei ringraziamenti del suo paese per il bene fatto da certe istituzioni specialmente da quella presieduta dal Carnegie.
— La Commissione doganale ha approvato la tariffa doganale autonoma ungherese.
Il ministro del commercio, intervenuto oggi in seno alla Commissione doganale della Camera, ha dichiarato che i negoziati con il Governo austriaco mostrarono un avvicinamento su parecchi punti. E ’ intenzione del Governo austriaco di venire
alla fine ad un compromesso. La verosimiglianza di un accordo è oggi maggiore che non quando la Commissione tenne l’ ultima seduta.
Se tuttavia il Governo raccomanda ora la approvazione della tariffa doganale autonoma, è perchè tale tariffa deve ricevere forza dalla legge in ogni caso di riscossione di dazi doganali. La creazione di barriere doganali non si può effet tuare prima del 1915 o del 1917 essendo con trari i trattati di commercio conclusi ; le barriere doganali si devono istituire dopo quell’ epoca. Il Governo austriaco sembra abbastanza disposto verso queste idee, ma riguardo ai dettagli non si trovò ancora tutto l’ accordo; anche nei trat tati da concludersi con gli altri Stati esteri, l’ in dipendenza di due Stati si deve dichiarare.
Le dichiarazioni del ministro furono accolte da vivissimi applausi. La Commissione ha appro vato nel suo complesso la tariffa doganale au tonoma.
— L ’ emissione del prestito bulgaro di 145
milioni di franchi 4 1/2 per cento oro avra luogo il 22 corrente, presso la « Banque de Paris, » la « Société Générale, » il « Comptoir National d’ Escompte, » la « Banque Française, » la « Ban que de l’ Union Parisienne, » la « Société Mar seillaise, » la «B anqu e I. R. P- des Pays-Au trichiens. »
Questo prestito, rimborsabile alla pari in 60 anni, è destinato a rimborsare dei titoli dei pre stiti 6 per cento 1888 e 1889 ancora in circola zione, alla costruzione di nuove linee ferroviarie ed a diversi bisogni correnti. Esso è garantito specialmente dal prodotto dell’ imposta delle Ban deroles, del Tabacco e del Bollo, rimasta libera dopo il prelevamento della somma necessaria al servizio dei prestiti 5 per cento oro 1902 e 1904 ; sussidiariamente poi dal prodotto dell’ imposta del Mourouriè per la parte che non sarebbe neces saria al servizio di questi ultimi prestiti.
— Sir Cecil Hertslet, console generale del Regno Unito ad Anversa, ha inviato a| Foreign
Offlce un dettagliato rapporto sui grandiosi la-
lavori che il Governo belga ha intrapreso onde sviluppare maggiormente l’uttività ConiITt6I1_ ciale del porto di Anversa.
L ’ incremento del movimento commerciale di Anversa .è enorme. Nel 1905 entrarono in quel porto 6034 navi per una portata di tonnellate ! 9,850,592 ; nel 1906 le navi entrate furono 6495
per una portata di 10,884,412 tonnellate, cioè un I aumento in tonnellaggio di 1,033,820.
Questo enorme aumento consecutivo ad altri consimili verificatisi negli anni precedenti hanno
j
reso il porto di Anversa straordinariamente af follato ed il movimento delle mercanzie ha do vuto subire notevoli incagli e ritardi.Per ovviare a tali inconvenienti e per prov-
266 L ’ E CO N O M ISTA 28 aprile 1907
mente. Attualmente lo sviluppo di banchine del porto di Anversa è di 20,855 metri e quando nel prossimo giugno saranno aperti i due nuovi
Bassins Intercalairs, tale sviluppo salirà a 23,785
metri.
La costruzione del porto di Anversa è co stata in cifra tonda 13,000,000 di sterline, dei quali quattro vennero sborsati dal Governo e nove dal Municipio a cui il porto appartiene.
Una somma quasi eguale dovrà essere spesa prima ohe i nuovi lavori ora progettati siano finiti.
— Il Ministro delle Finanze egiziane al Cairo ha pubblicato ora il resoconto della na vigazione del Canale di Suez nel 1906, dal
quale risulta che il numero di passaggio di ba stimenti fu in detto anno di 3,878 d’un tonnel laggio lordo di 18,393,062 tonnellate e netto di 13,222,241, con un numero complessivo di 135,310 passeggieri.
Nel 1905 il numero dei passeggieri era stato di 3,969; il tonnellaggio lordo di 17,698,435 ton nellate e netto di 12,763,350, ed il numero dei passeggeri di 3,868.
In tale navigazione viene prima la bandiera britannica; seconda, ma a grandissima distanza, quella germanica; terza la francese, quarta l’olan dese, quinta l’ austro-ungarica, sesta la russa, settima l’ italiana, ottava la norvegese, nona la turca, decima la danese, undecima la spagnuola, dodicesima la greca e tredicesima l’americana.
Per la bandiera italiana si ebbero nel 1906 passaggi 79, tonn. lorde 268,350, nette 179,692 e passeggeri 4,054, contro 82 passaggi, con 274,390 tonnellate lorde e nette 185,439 nel 1905.
— Secondo i calcoli più recenti e più esatti, il raccolto del grano in Australia è stato,
anche per la stagione 1906-907, abbondante e di buona qualità, e si calcola, che riservata la quan tità necessaria al consumo e alla semina, la Fe derazione australiana potrà riservare all’esporta zione circa 40 milioni di bushels.
Questo risultato è stato però un poco infe riore alle previsioni. Si era sul principio sperato un raccolto di 80 milioni di bushels, ma fino dal mese di novembre, causa le piogge e i danni dei dei conigli, si aveva già la certezza che questa cifra non si sarebbe raggiunta, e nei mesi suc cessivi la decezione andò mano a mano aumen tando.
Nella Nuova Galles del Sud, dove l’area di coltura è calcolata 1,967,000 acri, con una media di 12,22 bushels, il raccolto è stato ineguale, e in certe regioni si otterranno fino a 30 bushels, ed anche più per acre.
Tutto compreso, quindi, il principale stato produttore, pur riservandosi 11,000,000 per il consumo interno, potrebbe disporre per l’ espor tazione di 13,000,000 bushels.
— Il Console britannico Harrison manda da L a Paz un rapporto sulle condizioni econo miche della Bolivia.
Questa Repubblica è particolarmente ricca di miniere, il cui completo sfruttamento attende sol tanto l’organizzazione di adeguati mezzi di tra
sporti per prendere il dovuto sviluppo. Quest’anno sarà ultimata la ferrovia da Oruro a La Paz e tale fatto migliorerà notevolmente la situazione, ma meglio sarà quando la ferrovia da Oruro a Potosi traverso la regione mineraria di Huameni sarà completata.
Intanto è notevole l’ aumento di produzione del rame, dello stagno e del bismuto, mentre tende a diminuire la produzione dell’ argento e quella dell’ oro.
In grande incremento è la produzione della gomma, la quale da 1,080,000 chilogrammi pel 1904 è salita a chilogrammi 2,146,510 nel 1905.
La popolazione della Bolivia è calcolata alla fine del 1906 in 2,180,710 abitanti, dei quali il 61 per cento sono indiani, il 26 per cento me ticci ed il 31 per cento bianchi.
— Il Console britannico a Numea, Manning, ha inviato al Foreign Office un rapporto sulle
condizioni economiche della Nuova Cale- donia.
La popolazione dell’ isola consiste in 25,000 bianchi, dei quali 12,000 circa di origine libera, cioè coloni volontari, mentre gli altri 13,000 sono deportati o discendenti da deportati.
Gli indigeni sommano a circa 26,000 ; vi sono poi oltre 3000 giapponesi e cinesi. La capitale Numea conta 7000 abitanti. La guarnigione nel l’ isola è di 450 soldati, essendo stata recente mente ridotta.
Le condizioni sanitarie degli abitanti sono generalmente buone, salvo qualche caso di epide mia di tifo e tutti i possibili sforzi sono fatti per premunirsi dalla peste bubbonica, che anni addietro arrecò gravissimi danni nell’ isola. L ’ al levamento del bestiame è una delle industrie lo cali, mentre l’agricoltura è molto trascurata e non esiste di fatto.
Molte miniere di nichel, di cromo, di cobalto e qualcuna anche di rame esistono nella regione e sono esse che dànno il principale impulso al commercio di esportazione, il cui valore ascende a 368,385 sterline (per il 1906), mentre le im portazioni raggiungono un valore di 416,489 sterline.
Alcune industrie, come la lavorazione della madreperla, la fusione dei metalli, la macinazione a vapore del grano ed altre sono state iniziate con successo.
In questi ultimi tempi sono apparse sul mer cato molte merci di provenienza giapponese.
Il commercio del Belgio. — Durante i
primi tre mesi del 1907, le importazioni del Belgio sono salite a 5,140,871 tonnellate pari a un valore di 876,774,000 fr. contro 4,971,737 ton nellate di un valore di 820,041,000 fr. avutesi durante i tre primi mesi del 1906.
ton-28 aprile 1907 L ’ E C O N O M ISTA 267
nellate per un valore di 584,985,000 fr. avutesi durante i primi tre mesi del 1906.
Da queste cifre si ricava un accrescimento di 162,134 tonnellate, ossia di 3.4 per cento pel le esportazioni e di 56,733,000 fr. ossia del 6.9 per cento per le importazioni. La differenza per le esportazioni si salda con un aumento di 1,959,000 ossia del 0.3 per cento e una diminuzione di 14,390 tonnellate, ossia del 0.4 per cento.
Il totale dei diritti di dogana percetti nel Belgio durante i tre primi mesi di quest’ anno si eleva a 14,736,876 franchi contro 15,031,168 nel 1906: ciò che stabilisce una differenza in meno del 2 per cento, e precisamente di 294,292 fr.
Nelle cifre citate ecco1 fidine figurano i quattro
paesi principali. Importazioni. in migliaia di franchi 1907 1906 Germania 85,3(37 '89,210 Inghilterra 81,632 71,930 Francia 109,495 103,635 Paesi Bassi 57,317 52,613 Esportazioni. in migliaia di franchi 1907 1900 Germania 132,206 145.183 Inghilterra 89,502 99,235 Francia 109,363 105,460 Paesi Bassi 61,432 58,271 Differenza. Importazione Esportazione Germania — 3,852 — 12,977 Inghilterra 4- 10,050 — 9,793 Francia -f- 5,860 -t- 4,323 Paesi Bassi -f- 4,704 + 3,161 Il commercio italo-franeese. — La Ca
mera di commercio Italiana in .Parigi informa che il movimento commerciale italo-franeese dal 1° gennaio al 31 marzo 1907 raggiunge franchi 106,300,000, di cui fr. 46.420,000 di prodotti italiani entrati in Francia e franchi 59,880,000 di prodotti francesi ed extra-europei spediti di Francia in Italia.
Confrontate queste cifre con quelle dello stesso periodo del 1906, risulta un aumento in favore del 1907 di fi. 1,811,000 in maggiori merci ita liane entrate in Francia e di fr. 5,365,000 in maggiori merci francesi o d’ origine extra-europea spedite di Francia in Italia.
I prodotti italiani attualmente in aumento all’ entrata in Francia sono: 1° la canapa; 2° il bu rro; 3° il minerale di zinco; 4° il formaggio; 5° crusca e foraggi ; 6» uova ; 7° automobili ; 8« pa glia di miglio e scope; 9° legumi secchi e loro fa rine; 10« riso; 11° selvaggina, pollame e pic cioni morti; 12» legno comune; 13" mobili e lavori in legno; 14° lane, crini e peli; 15° spu gn e; 16° macchine e meccanismi; 17° marmi; 18» salumeria; 19« marroni e castagne; 20° piume da ornamento; 21° pollame e piccioni v iv i; 22° generi medicinali.
Per contro risultano in diminuzione i seguenti nostri prodotti: 1° la seta; 2" lo zolfo; 3« gli oli volatili ed essenze ; 4° l’ olio d’oliva ; 5o ì cap pelli di paglia; 6° il minerale di piom bo; 7« il sommacco ; 8° le terre cotte, vasellame e cristalli, 9° gli oggetti da collezione ; 10° le trecce di pa
glia per cappelli ; 11° i tessuti e passamani di seta e di borra di seta; 12° i prodotti chimici; 13° le bestie da soma ; 14« le pelli e pelliccerie lavorate ; 15° i gamberi marini e aragoste ; 16« legno da ebanisti ; 17« il cotone in bioccoli ; 18« i vini.
I prodotti francesi in aumento all’ entrata in Italia sono : 1« i vini ; 2« i semi di bachi da seta; 3« le terre cotte, vasellame e cristalli ; 4« i tes suti serici ; 5° il baccalà ed altri pesci ; 6° i b a stimenti in legno, ferro ed acciaio ; 7“ i prodotti chim ici; 8° l’ essenza di trementina; 9« il rame ; 10« le macchine e'd i meccanismi; 11° le cinghie ed i tubi in caoutchouc e guttaperca ; 12» il legno comune.
La relazione parlamentare
sull’ordinamento dell’esercizio delle Ferrovie dello Staio
Riportiamo alcune delle principali considerazioni e conclusioni della relazione degli on. Abignente e Daneo sul disegno di legge per l ’ ordinamento del l’ esercizio di Stato delle ferrovie non concesse a im prese private. La relazione fa notare che una autono mia dell’ esercizio di Stato concepita nel senso di liberare l’ amministrazione da ogni vincolo e farla compieta- mente indipendente fu ovunque esclusa: nell’ ordina mento attualmente proposto e emendato d ’accordo col Governo, l’autonomia finanziaria è largamente conce pita e le modificazioni introdotte dalla Commissione mentre lasciano integio il principio dell’ autonomia stessa, hanno l’obbiettivo di chiarirne i confini ed i rap porti con l’esercizio pubblico di controllo. In sostanza è assicurata nei limiti normali la funzione rispettiva del Parlamento lasciando agli amministratori delle fer rovie una libertà e rapidità di esecuzione e di gestione assai grande e non consentita in verun altro ramo delle pubbliche aziende.
La funzione ispettiva del Parlamento, però, va ac compagnata al sindacato e riscontro, altrimenti l’au tonomia ferroviaria sarebbe una autonomia politica e ciò bisogna evitare. Il concetto dell’autonomia posto in altri termini, è affatto indipendente da quello diretto dallo Stato ad esercitar la gestione ferroviaria, il ne cessario sindacato che costituisce un fatto di ordine co stituzionale la cui integrità, dice la relazione, non può essere menomata e discussa. La relazione poi ha parole di lode per la proposta istituzione del corpo consultivo del traffico e formula il voto che in pratica questa istituzione risponda realmente al loro obbiettivo che è quello di portare all’amministrazione ferroviaria il con tributo della viva voce del popolo e quindi la diretta cooperazione delle rappresentanze nel corpo interessato al o sviluppo e regolarità del traffico.
Tra le modificazioni proposte agli articoli della legge, si ricordano le seguenti :
1. Riservare al bilancio di previsione di determi nare l ’ ammontare del fondo di dotazione per i mate riali e oggetti di consumo senza stabilire il limite iniziale.
2. Sopprimere la limitazione di trenta milioni di speciale assegnazione per costituire il fondo di riserva.
3. Aggiungere alcune disposizioni perchóla Corte dei Conti pòssa esercitare efficacemente la sua funzione di controllo.
Per quanto riguarda le nuove costruzioni, la re lazione precisa meglio i due concetti sostanziali già contenuti negli articoli del disegno di legge Majorana, e cioè :
1. Che l’ incarico delle nuove costruzioni sia affi dato all’amministrazione ferroviaria sotto la sorve glianza però del Ministero'dei lavori pubblici.