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IL DANNO ALLA PERSONA AL CONFRONTO CON LE PROPOSTE DI LEGGE

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IL DANNO ALLA PERSONA AL CONFRONTO CON LE PROPOSTE DI LEGGE

. Prof. Flavio Peccenini

Dopo l’entrata in vigore della legge 5 marzo 2001 n. 57 che, nell’introdurre per il risarcimento del danno biologico una disciplina settoriale e limitata alle sole micropermanenti, rinvia al futuro (speriamo prossimo) la

“disciplina organica” di tale risarcimento, appare opportuno pubblicare il contributo introduttivo all’esame della disciplina del danno alla persona così come prevista nelle proposte e disegni di legge giacenti in Parlamento, tenutosi nel convegno di Riccione del 13 e 14 ottobre 2000.

Nessuno di noi (i.c.d. addetti ai lavori) ha dimenticato che otto anni or sono l’allora Presidente Cossiga sollevò “forti perplessità di ordine costituzionale quanto al rispetto dei fondamentali principi” sulla legge (già approvata) che affidava al Ministro dell’Industria la determinazione dei criteri e delle tabelle per il risarcimento del danno alla salute nei sinistri causati dalla circolazione stradale e, conseguentemente, non promulgò la legge.

E’ difficile dire quale sarebbe stata la sorte (in senso evolutivo) del danno alla persona a seguito dell’applicazione di tale provvedimento, tuttavia mi azzardo ad affermare che la fantasia di tutti i protagonisti della storia del danno alla persona (fantasia talora sconfinante nell’anarchia), sarebbe stata difficilmente imbrigliata … anche perché i problemi della risarcibilità e del risarcimento di questo danno non potevano essere affrontati e risolti in un modo così settoriale.

Cosa è accaduto in questi otto anni: la sintesi più estrema ma significativa è contenuta nelle parole usate da Guido Alpa nella relazione scritta al nostro convegno Pisano di maggio: “il progetto di politica del diritto avviato più di venticinque anni fa” (con l’invenzione del danno biologico) “è ancora lontana dal suo compimento”; anzi, concludeva Alpa, con una non celata nota di pessimismo, “in sostanza, si è passati dall’anarchia giurisprudenziale alla confusione normativa, senza poter prevedere gli esiti di una vicenda che continua ad essere tormentata e ad essere esposta alla casualità delle esigenze contingenti”.

E non solo, mi sento di aggiungere. Sono sotto gli occhi di tutti le dispute che dividono la dottrina sull’ultimo nato di quei (troppo numerosi) danni riconoscibili attraverso l’aggettivo che li accompagna: ovviamente mi riferisco al danno esistenziale (e non mi soffermo sul danno “punitivo”

Professore di Diritto Privato Università di Bologna

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enunciato in una recentissima, 14 marzo 2000, sentenza - pubblicata in Responsabilità Comunicazione e Impresa - del Tribunale di Torre Annunziata; danno punitivo tanto evidenziato nel titolo, quanto riduttivamente relegato dalla motivazione nei confini dell’art. 96 c.p.c.).

Ma torniamo al danno esistenziale, giustamente considerato (così come lo era stato il danno biologico) l’arma in una battaglia; in quale battaglia?

Quella che, con lucida sintesi, individua Pier Giuseppe Monateri quando si chiede quale sia l’esatto confine del danno morale rispetto a quello psichico ed (ora) a quello esistenziale: <<Invero non si tratta di scrivere tale confine nella natura dell’essere, ma di progetti politici che vengono portati avanti uno in contrasto con l’altro onde la nozione stessa di danno biologico e di danno morale è il risultato di una lotta giuridico-politica che è tuttora in atto>>.

Ne è prova, per l’appunto, l’arrivo in Cassazione (sent. 7713/2000) del danno esistenziale; arrivo persino definito “approdo”, quasi si fosse finalmente usciti dalle turbolenze dei marosi delle contrapposte opinioni dottrinali, rinate Scilla e Cariddi.

Ma così non è. Nonostante l’espresso richiamo fatto dalla Corte al danno esistenziale i marosi continuano ad essere turbolenti e la navigazione perigliosa: da un lato, infatti, si è autorevolmente scritto “Attenzione non è danno esistenziale ma vera e propria pena privata”, dall’altro il riconoscimento della Suprema Corte viene definito “un vistoso salto all’indietro”, con il quale si riproporrebbe la tesi secondo cui la tutela risarcitoria richiede unicamente la lesione di un interesse protetto; dall’altro ancora il frutto della necessità di colmare la voragine che sta tra il danno morale, ridotto dalla Corte Costituzionale al danno da reato subito (e poco più) e il danno biologico a sua volta ridotto, ancora dalla Consulta, al solo danno psicofisico suscettibile di accertamento medico-legale.

Continuando nella immagine della lotta, come non ricordare la disputa sul ruolo dell’art. 2059 c.c., brontosauro, vecchio ospite che si invita solo per tradizione ed affetto nel salotto della responsabilità civile, norma che si scrive danni non patrimoniali ma si legge danno morale; o, ancora, la disputa sul significato e sul contenuto della locuzione stessa “danno non patrimoniale”, che una voce importante ha sostenuto non aver più alcun senso.

In questo quadro che mi rendo conto di aver tracciato in modo assai sommario, in cui, per fare un esempio, ho tralasciato la tematica del c.d.

forum shopping conseguenza dell’incredibile, italianamente unica, moltiplicità e diversità di tabelle; in questo quadro la questione di una nuova normativa per il risarcimento del danno alla persona, nell’ultimo biennio, si è fatta più attuale e pressante; sette proposte di legge (presentate e giacenti!!

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innanzi le Camere), oltre al progetto ISVAP ed al progetto IPSEG sono in campo da quando Francesco Busnelli titolava (nella rivista Danno e Responsabilità) un suo contributo alla giornata pisana di studio del 30 ottobre 1997: “Il danno alla salute ad una svolta: legge sì? legge no? quale legge”.

Sono passati tre anni ma di strada non se ne è fatta molta, se il resoconto (sempre su Danno e Responsabilità con il titolo “Il danno biologico dalle Corti al Legislatore”) del convegno tenutosi a Ferrara il 30 maggio di quest’anno (in occasione del terzo seminario di studi dedicato a Lina Bigliazzi Geri) non ha potuto che prendere atto di una generica aspirazione ad una legge di riforma, mentre la conclusione di sintesi, nel segno della preminenza dei principi sulle regole, non ha neppure cercato (ad impossibilia) di conciliare i contrasti, per l’appunto, esistenti sui principi.

Ma non basta.

Sul piano della produzione normativa nessuno ha dimenticato le reazioni al D.L. 70/2000 e al d.lgs. 38/2000 (ed alle sue tabelle), reazioni efficacemente e sinteticamente riassunte da Marco Bona:

“I primi passi verso la riforma del danno alla persona non sono certo incoraggianti: il recente decreto legge 28 marzo 2000 n. 70, che trasforma il risarcimento delle “lesioni di lieve entità” in un sistema rigido e lontano dalla filosofia del risarcimento integrale della persona, così come il decreto legislativo 23 febbraio 2000 n. 38, che introduce il danno biologico, nel sistema INAIL, di fatto scardinandolo, lasciano perplessi, per non dire altro”.

Del pari nessuno ha dimenticato le ordinanze di rimissione alla Consulta del D.L. 70/2000.

A proposito della produzione legislativa mi si consenta un breve inciso di cronaca parlamentare: di recente al Senato il 14 giugno, è stato approvato un disegno di legge governativo dal titolo “Disposizioni in materia di apertura e regolazione dei mercati” (il d.d.l. è ora all’esame della Camera, in Commissione).Mi si può domandare perché un d.d.l. avente tale oggetto interessi in questa sede. Eccone le ragioni: la prima, di confine con il danno alla persona, l’art. 5 del d.d.l. prevede la modifica dell’art. 3 della L. 39/77 (la c.d. miniriforma della L. 990/69); la seconda, riguarda direttamente il tema odierno: con un emendamento al ricordato art. 5 del d.d.l. si introduce una regolamentazione del risarcimento dei danni alla persona di lieve entità che riproduce in buona sostanza il testo dell’art. 1 dell’omologo progetto di legge governativo (contraddistinto con C/6994).

In questo quadro di riferimento, proprio la tavola rotonda-dibattito tenutasi nel convegno Pisano del maggio scorso ha fatto maturare per la Melchiorre Gioia ed il Centro Studi Gennaro Giannini l’esigenza di assumere un ruolo

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attivo affinchè il risarcimento del danno alla persona finalmente possa ricevere una compiuta disciplina normativa.

Si è quindi voluto sottoporre ad esame comparativo tutto il materiale propositivo allo stato esistente. Ciò non tanto per mettere sul tavolo della discussione l’ennesimo progetto, quanto, piuttosto, per cercare, attraverso il vaglio critico del materiale esistente, di fornire una base sufficientemente solida per stimolare ed iniziare un dibattito che consenta di completare l’iter normativo della legislazione in parola in tempi brevi, meglio sarebbe brevissimi; con l’aspirazione di non limitarsi a fornire semplicemente la materia prima grezza, ma anche l’indicazione, se pur sommaria, e (ovviamente suscettibile di essere assistita dai suggerimenti che anche questa platea vorrà darci) di principi essenziali e condivisibili da porre a guida del risultato da conseguire.

Ecco, quindi, in estrema sintesi la nostra proposta di lavoro, partendo dai

“principi cui sarebbe opportuno che la lex ferenda si ispirasse, al fine da un lato di garantire equità ed uniformità delle liquidazioni, dall’altro di evitare sperequazioni e duplicazioni risar-citorie. In particolare, è opportuno che l’intervento recepisca i principi giurisprudenziali maggiormente condivi-si dalle corti (diritto vivente) e che non pongono questioni di costituzionalità (tenendo conto della reazione delle corti di merito e della dottrina, che si sono registrate in relazione al decreto legge n. 70/2000) anche al fine di evitare il sorgere di, purtroppo facili, dispute interpretative e sistematiche;

si auspica, inoltre, per quanto riguarda l’individuazione dei parametri di liquidazione del danno biologico, che la legge non contenga rinvii a successivi interventi normativi sottratti al controllo del Parlamento”.

Del pari a fronte delle alternative di lavoro che emergono dai progetti di legge attualmente in esame (intervento organico volto a disciplinare tutti i casi di danno alla persona, ovvero intervento settoriale finalizzato a disciplinare esclusivamente una fascia di invalidità), si reputa che la disciplina del danno alla persona non possa venire frammentata; “in primo luogo si verrebbe a creare un doppio binario per i risarcimenti, di dubbia legittimità costituzionale. Inoltre, i problemi, che da tempo caratterizzano il nostro sistema risarcitorio, richiedono un intervento di più ampio respiro, costituzionale ed europeo, in linea con quanto già espresso sin dal 1975 dal Consiglio d’Europa con la Risoluzione 7/75. Ricordiamo infatti che le divergenze nella liquidazione del danno alla persona non si registrano solo in relazione alle lesioni di lieve entità, ma sono ancora più sensibili per le macrolesioni. Si aggiunga che da più lustri, ormai, è sollecitato un intervento legislativo modificativo dell’attuale formulazione dell’art. 2059 c.c., con il recepimento, almeno in parte, delle aperture giurisprudenziali in tema di danno non patrimoniale. La tematica ancora fluida dei c.d. “danni

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riflessi”, sia da uccisione e sia da lesione del congiunto, unitamente all’opportunità di definire una volta per tutte i contenuti del danno biologico e del danno morale, conduce a ritenere necessario un intervento a tutto campo ed organico, che metta anche mano ad una riformulazione dell’attuale schema codicistico relativo al risarcimento dei danni non patrimoniali; in altre parole (per sintetizzare l’indirizzo suggerito): riforma organica con modifiche apportate all’art. 2059 c.c. e introduzione, a livello codicistico, della disciplina relativa al danno alla persona”.

Infine “siamo perfettamente consapevoli della complessità e della delicatezza delle questioni ora dibattute e del fatto che, qualsiasi intervento normativo volto a disciplinare la materia, per quanto completo ed organico, potrà incontrare difficoltà operative e critiche. Questa consapevolezza ci induce a proporre, in ogni caso, l’inserimento di un periodo annuale (o al massimo biennale) di monitoraggio e verifica, volto e finalizzato all’emanazione di eventuali disposizioni correttive e/o integrative, così come il legislatore, con lungimiranza e maturità, ha previsto in altra occasione (cfr. L. n. 144/1999, art. 55, 2° comma)”.

Qui mi fermo, cedo agli altri relatori il compito di illustrare compiutamente la nostra proposta di lavoro. Lascio, così, a Marco Bona i “danni non patrimoni ali/morali” (argomento sul quale lo stesso gruppo di lavoro ha dovuto registrare profonde disparità di opinione: i lavori sono ancora in corso!! a Umberto Oliva la “liquidazione del danno morale e micropermanente”; a Rodolfo Berti i “danni da uccisione e danni riflessi”;

a Marco Rossetti la “liquidazione del danno biologico”.

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