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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.12 (1885) n.591, 30 agosto

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L'ECONOMISTA

G A Z Z E T T A S E T T IM A N A L E

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERRO VIE, IN TERESSI PRIVATI

Anno XII - Yol. XVI

Domenica 30 Agosto 1885

N. 591

P O L E M I C A S C O R T E S E

In queste ultime settimane VEconomista, a pro­ posito dell’ insuccesso dei nostri delegati allá Confe­ renza monetaria di Parigi, fu letteralmente assalito. Noi comprendiamo ed approviamo la discussione e la polemica, ma non possiamo ammettere che essa oltrepassi certi limiti ; nè le colonne del nostro pe­ riodico saranno mai aperte ad una lotta che, per quan­ to sia tenace e vivace, non sia anche cortese. — L’Economista ha affermato e dimostrato, e si propone di dimostrare ancora in seguito con altre conside­ razioni, che i risultati ottenuti dai delegati italiani alla Conferenza di Parigi furono impari alle esi­ genze della situazione e non corrisposero a quelle speranze, che in molte e precedenti manifestazioni pubbliche eransi lasciate concepire. — I difen­ sori dei delegati, dapprima timorosi, poi audaci, finalmente scortesi, hanno a poco a poco alzato il diapason della loro voce, facendo della polemica dozzinale.

I nostri lettori comprenderanno che \’Economista

non si occuperà di cercare se in mezzo a quelle macerie di vecchie e trite frasi vi possa per caso essere qualche discutibile osservazione. — Lasciamo passare l’ira degli orgogli feriti, lasciamo passare la tempesta delle pretese inviolabilità turbate, lasciamo che gli infallibili abbiano il tempo di calmarsi, di raccogliersi nella loro coscienza e di confessare che hanno errato.

L'Economista continuerà imperturbato le sue os­ servazioni, grato ai moltissimi che lo incoraggiano perchè dice la verità ; speranzoso che i convinti lo aiutino a far sì che la verità emerga; pronto a correggere e ritrattare i propri errori quando sia, non detto, ma dimostrato che sono tali.

Però non tacciamo che ci dolse assai vedere il

Diritto accogliere nel suo numero 2 3 5 un articolo, che certamente era destinato ad altro periodico e per ¡sbaglio vide la luce nelle colonne di un gior­ nale, che ha fama di prudente e corretto. Se a quella pretesa confutazione avesse premessa la lettura dei nostri articoli, il Diritto si sarebbe accorto che

l’Economista non ha mai detto quello che gli si at­ tribuisce e che perciò venne combattuto un avver­ sario immaginario. Potremmo di leggeri valerci di quella audace difesa per vano trionfo di polemica, ma noi abbiamo abituati i nostri lettori a trattare le questioni non per soddisfare la vanità nostra, ma per cooperare a renderne più utile e più ponderata la soluzione.

Quindi continuiamo il nostro assunto, prendendo atto della stessa confessione del Diritto che in siffatte questioni astruse diffìcilmente un giornale ha opinioni sue proprie e distinte.

QUESTIONE MONETARIA

a l S i g n o r M ... d e l l a

Rassegna

La discussione, che il Sig. M... si compiace di continuare nelle colonne della Rassegna, non può che tornare vantaggiosa a fare la luce sull’ impor­ tante argomento e conveniamo col giudizio della Ras­ segna che quelle lettere sono « quanto di più ragio­ nato e convincente si sia scritto sinora sul grave tema ».... almeno per quanto riguarda il campo a noi avversario, ci permettiamo di aggiungere. Però siccome anche la qualità di convincere è relativa, così ci pare di poter qualche cosa soggiungere al Sig. M... anche questa volta, sia per prender atto di alcune dichiarazioni, sia per opporgli alcune ob­ biezioni.

E prima di tutto — a prova che non siamo niente affatto incaponiti nelle nostre idee — conveniamo col Signor M... che mantenendo per otto, dieci, venti anni dopo la cessazione eventuale della Unione il corso legale degli scudi, ciò sarebbe quasi equiva­ lente alla continuazione della convenzione per otto, d ieci, venti anni. — Ma che perciò? Le difficoltà intorno alla clausola di liquidazione derivano sol­ tanto dal fatto che l’ argento ha un valore inferiore del 2Ò per cento al rapporto di 1 a 1 5 ,5 0 coll’oro; una infiltrazione che desse speranza di ricuperare gli scudi senza perdita non è presumibile se non ri­ mandandola ad un tempo abbastanza lontano, per cui si rendano possibili nuove oscillazioni nel. valore dei due metalli, oscillazioni che, per ora, non sembrano probabili in nostro favore. Il Governo adunque ed i nostri delegati, sapendo che la Fran cia faceva una questione sine gita non per prorogare 1’ Unione di stipulare la clausola di liquidazione, potevano fare questo ragionamento : — oggi l’argento di fronte al­ l’oro ha raggiunto il punto più basso del secolo; se gli am erican i, come è probabile, abrogheranno il

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ab-bastanza lontano. — Il Signor M...forse ci dirà che dopo cinque anni la Unione può essere prorogata ; ma a chi abbia seguito tutto il lavorìo dell’ Unione dal 1 8 7 4 ad oggi, deve apparire chiaro che la Francia vuol profittare di questo momento, nel quale ha un valore nominale di argento così superiore al reale per liberarsene, essa che ha accolto gran parte di questo argento quando il suo valore nominale era inferiore al reale o pari al reale. Fra cinque an n i, se le cose rimarranno sul mercato quali sono oggidì, la Francia non si presterà alla proroga dell’Unione; si è visto che ragioni e pretosti non mancano per dimostrare che non si può tener vivente un accordo che di fatto non esiste più da dieci anni.

Siamo stati noi i primi a convenire che la analisi dei due metodi di liquidazione naturale e contrat­ tuale porterebbe a concludere che i risultamenti ef­ fettivi e definitivi dei due metodi, a riguardo della distribuzione dei valori, — come dice il Sig. M...— sono identici, c io è , in altri term ini, in un caso e nell’ altro, durando l’ attuale rapporto effettivo tra i due metalli, l’Italia perderebbe 5 0 milioni ; ma noi abbiamo soggiunto che nel primo caso non si faceva un contratto, nel secondo sì; e facendo un contratto non si subisce lo stato naturale delle cose, ma si conviene per tutelare nel miglior modo l’ interesse dei due contraenti. — Ed a questo proposito nel di­ scorso pronunciato alla Camera il 7 febbraio 1881 dal- l’on. Luzzatti sul corso forzato troviamo che, parlando della« questione delicatissima » della liquidazione degli scudi, il deputato di Padova disse: « Io credo che la « convenzione monetaria del 1 8 6 5 e quelle del 1878 « e del 1 8 7 9 non prevedevano la liquidazione degli « scudi. La convenzione del 1 8 6 5 prevedeva utiica- « mente la liquidazione degli spezzati metallici, i quali « appunto perchè erano coniati ad 8 5 5 millesimi, i Go- « verni avrebbero commesso il misfatto degli antichi « re falsificatori di monete, se non si fossero obbli- « gati a cambiarli in oro o in argento a piena cor- « rispondenza del loro valore reale. Ma come non sì « provvedeva alla liquidazione delle monete di oro, « in quale guisa si avrebbe potuto provvedere a quella « degli scudi di argento? Non era ancor passato il « periodo in cui illustri scrittori parlavano della baisse « probàble de l’or. Come si poteva allora prevedere « la necessità della liquidazione degli scudi d’argento? « L ’obbligo della liquidazione degli scudi non p arai « esistere poiché non è esplicitamente determinato. « — Ma ciò che è fuori del diritto rigoroso può dive-

« nire un atto necessario di equità internazionale; « Intorno al qual punto in questo momento non mi « pronunzio. »

E nella stessa occasione, ma nella tornata del 15 febbraio, l’ on. Magliani, allora pure Ministro delle Finanze, posta l’ipotesi della rinnovazione della con­ venzione senza che l’ Italia avesse abolito il corso forzato diceva: « Risorgerebbe la questione della li- « quidazione, la nostra moneta di argento sarebbe « trattata come moneta divisionaria e le Banche non « continuerebbero a riceverla. Lo Stato italiano non « potrebbe difendere i suoi interessi in una nuova « conferenza, quando avesse dimostrato di non volere « energicamente uscire dal corso forzoso della carta, « per far cessare una delle cause perturbatrici del— « l’equilibrio monetario. —

« Ma al contrario, se la convenzione si rinnoverà, « quando l’Italia sarà uscita da questa sua condi- « zione anormale (cioè abolito il corso forzato) non

« credete voi, o signori, che essa potrà difendere i « suoi interessi, sopra un piede di perfetta recipro- « cità ed eguaglianza? Non credete che, contribuendo « essa al benessere monetario generale (mi si p er- « metta la frase) avrebbe diritto a partecipare in « piu larga misura ai vantaggi di una situazione « nuova? — »

Dunque da una parte l’on. Luzzatti proclamava che la liquidazione non era un diritto ma poteva diventare un atto di equità internazionale; e per dar senso a queste parole dobbiamo intendere quando ci fosse compenso ; — e lo stesso on. Luzzatti indi - cando anche che la sola ragione del pagamento alla p a ri della moneta divisionaria, era il titolo di 8 3 5 mil­

lesimi, col quale era coniata, escludeva implicitamente tale obbligo per gli scudi, i quali sono a pieno titolo.

Dall’altra parte l’on. Magliani parlava che abolendo il corso forzato l’Italia si sarebbe trovata per la li­ quidazione degli scudi su un piede di eguaglianza

nelle trattative cogli altri Stati e prometteva la r e ­ ciprocità dei patti per la rinnovazione della Con­ venzione.

In conclusione tutto lasciava credere che si trat­ tasse per una clausola di liquidazione degli scudi sostanzialmente diversa da quella convenuta per la moneta divisionaria ; ma 1’ art. 5 dell’ accordo re­ lativo all’ esecuzione dell’ art. 8 della Convenzione monetaria del 5 novembre 1 8 7 8 diceva: « il rim­ borso (della moneta divisionaria) si effettuerà sia in oro, sia in moneta d’argento di 5 franchi, sia in tratte su Parigi, sia in Boni del Tesoro italiano pa­ gabili a Parigi' » — precisamente come sarebbe stato ora convenuto per gli scudi.

Vorrebbe dirci il sig. M... dove sia il piede di eguaglianza e la reciprocità? vorrebbe dirci perchè nel 1881 l’on. Luzzatti giudicava concetto da falsi mo­ netari il non voler pagare alla pari la moneta divi­ sionaria perchè essa era a titolo di 8 3 5 millesimi, ed oggi i giornali che parlano per bocca dello stesso onorevole Luzzatti dicono concetto da falsi monetari anche quello di non voler pagare gli scudi alla pari, sebbene essi sieno a titolo di 9 0 0 mille­ sim i? — Come spiega questa differenza tra il 1881 ed il 1 8 8 5 ?

- Il sig. M... insiste nella nostra teoria del rifa ­ cimento dei danni ; dice erroneo il concetto sul quale essa si fonda e vorrebbe trarci ad una discussione sulla irresponsabilità dello Stato fabbricatore. — Noi non abbiamo voluto venire a questa conclusione, nè siamo partiti da essa; ad ogni modo non sarebbe tanto erronea se eminenti economisti, che si potreb­ bero credere più interessati a combatterla, la appro­ vano. Non parliamo dei delegati Belgi che la sosten­ gono, ma del signor Leroy Beaulieu che nell’ ultimo numero Ae\\’Economiste français la giudica anzi come

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a noi ed al Belgio in cambio degli 8 0 milioni che — lo dice chiaramente il Leroy Beaulieu — non vuol perdere e. che perdiamo noi soli col Belgio ? — Nulla; perchè il prolungamento della Unione è più desiderato dalla Francia che da noi e quindi, se non è una concessione da parte nostra, non lo è nem­ meno da parte della F ra n cia ; — nulla; perchè sul mantenimento della circolazione cartacea interna era stato proclamalo in Parlamento che non si sarebbe permessa la discussione.

Ci dica adunque il signor M...; — dove è il compenso a cui evidentemente doveva alludere I’ on. Luzzatti ; dove è il piede di perfetta egua­ glianza e di reciprocità di cui chiaramente parlava l’on. Magliani ?

Mentre aspettiamo la risposta è bene intanto rac­ cogliere i risultati fin qui ottenuti da questa inte­ ressante discussione e sono per ora questi:

1 . ° 11 sig. M...è d’ accordo con noi, che riti­ rando gli scudi e pagandoli in oro l’Italia perde — per ora in potenzialità — ma quando che sia effettiva­ mente— la differenza tra il valore nominale degli scudi. 2 . ° Il sig. M ... è d’accordo con noi, che nulla è provveduto per limitare questa perdita a 5 0 milioni, ma che se l’argento, per esempio per effetto della cessazione del Bland B ill, dovesse deprezzare maggiormente, noi pagheremmo sempre la differenza maggiore.

' 3 .° Il sig. M... è d’accordo con noi, che si paga

in oro o in titoli o valori o carte equivalenti all'oro, e che quindi errarono tutti coloro i quali in aria di trionfo risposero ù\Y Economista che non si pagava in oro.

A poco a poco speriamo che tutti i punti dal-

Y Economista toccati nei suoi primi articoli saranno confermati, quando continui nel signor M..., come è cosa certa, quella lealtà scientifica colla quale oggi discute.

Ora però vorremmo fargli una interrogazione circa un punto dell’ultima sua lettera:

Se non si fosse accettata la clausola di liquida­ zione — egli dice — la Francia non avrebbe pro­ lungata l’Unione, ci avrebbe rimandati subito gli scudi e la perdita che ora è lontana e latente sa­ rebbe già stata scontata, e forse amaramente dalla nazione. — E sta bene ! Noi, a ritardare questa perdita, accettiamo di prolungare per cinque anni l’Unione e, a rendercela poi meno dura, ci prendiamo tempo tre anni per ritirare gli scudi. — Adunque se al termine del quinquennio la Unione non si prolungherà maggiormente, noi avremo tre anni di tempo per ritirare gli scudi ; ma è stato provveduto perchè la Francia non ce li mandi o non ce li fac­ cia mandare in quindici giorni ? — Alla fine del quinquennio il pericolo che oggi ci sovrasta e pel quale ci siamo affrettati ad accettare le proposte della Francia, sarebbe assolutamente evitato se alla fine del 1 8 9 0 ci separassimo dalla Unione e la Francia fosse soltanto di malumore con noi ?

Ci duole assai questa parte da critici tenaci che facciamo... e nessuno più di noi è desideroso che sia dimostrato come il Governo ed i delegati abbiano strenuamente difesi gli interessi di Italia e come meritino quello stesso plauso che colla loro meravigliosa tenacità hanno ottenuto i signori Artom e Pratolongo n e lI 8 6 5 , Magliani e Ressmann nel 1874 e 1 8 7 5 , ma ci pare si esiga troppo volendo che la nazione perda ed anche applauda.

S T A T O E COMUNI

n e lla Q u e stio n e d e l D azio C o n su m o

Insistiamo tanto più volentieri nel nostro giudizio su questa terza o quarta ripetizione della contro­ versia tra lo Stato ed i Comuni, inquantochè vediamo che ha fatto strada e ci troviamo d’accordo con non pochi giornali autorevoli e spassionati, i quali sosten­ gono quegli stessi criteri che noi abbiamo esposti nei precedenti nostri articoli.

E , badisi bene, noi non abbiamo niente affatto

difesi gli aumenti dei dazi, come vuol far credere la Perseveranza, e nemmeno siamo partiti dai bi­ sogni del bilancio per giustificare gli aumenti, come vorrebbero altri. — 11 nostro concetto era stretta­ mente legale e se vogliasi costituzionale. — Noi di­ cevamo che non dovesse, nè potesse il Ministero essere indulgente o severo verso i comuni perchè la legge gli imponeva di riscuotere tutto il dazio governativo. L ’abbonamento è una form a di riscos­ sione, non un mezzo per beneficare questa o quella città. E spingiamo questo criterio fino al suo mas­ simo rigorismo. Si afferma ufficialmente che nell’ ufo timo quinquennio i Comuni abbonati riscossero 6 5 mi­ lioni di dazio governativo. Ebbene il Ministro ha

obbligo, non facoltà o diritto, di introitare tutta in­ tera questa somma.

E non sappiamo invero come coloro che sosten­ gono una tesi diversa non avvertano che il nostro concetto tenderebbe a sottrarre i bilanci comunali da un pericolo sempre minacciante. Oggi le finanze dello Stato sono in condizioni abbastanza normali, tanto che perfino la Perseveranza può darsi il lusso di combattere il Ministro delle Finanze che vuol accrescere le entrate applicando un poco meno blan­ damente la legge. Ma domani? Vicende di molte specie possono rendere necessario di racimolare qua e là fin I’ ultimo quattrino, e il Governo avendo sot­ tomano questo margine che gli concede di ottenere tre o quattro milioni di maggiori entrate, evidente­ mente non esiterebbe. Se invece i comuni fossero abituati a non considerare come roba loro una parte di ciò che è dovuto allo Stato, i loro bilanci non potrebbero essere continuamente minacciati da queste periodiche rinnovazioni e da eventuali condizioni difficili dei paesi.

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Ci si obbietta ancora che lo Stato ha pur dati dei sussidi a Torino, a Firenze, a Napoli e che non vi è ragione al mondo perchè non ne dia anche a Venezia, a Milano, a Genova, a Bologna, ecc. E sta bene ! Noi non ci opponiamo a p rio ri a que­ ste elargizioni, ma, se non erriamo, Torino, F i ­ renze e Napoli ebbero dei sussidi o compensi in base a leggi che furono discusse, sindacale ed ap­ provate dal Parlamento. Se Milano, Genova, Venezia, od altre città possono accam pare nuovi motivi per ottenere analoghi od anche maggiori sussidi o com­ pensi, lo facciano, — ci riserbiamo di esaminare le loro domande e di esprimere su esse il nostro giu­ dizio, pronti ad appoggiarle con tutte lo nostre forze, se ci sembreranno giustificate. Ma quello che invece domanderebbero ora, per mezzo del canone di dazio consumo, sarebbero dei sussidi o compensi latenti,

con infrazione della esplicita disposizione della legge, ed accordati di arbitrio del Ministro, senza il sin­ dacato del Parlamento. Ed a questo sistema che ri­ teniamo illegale noi ci opponiamo vivissimamente e ri­ chiamiamo la stretta osservanza della lettera e dello spirito della legge parendoci non solamente urgente cosa quella di impedire l’arbitrio, ma pericoloso che il.silenzio possa costituire un precedente.

Si intende che dicendo arbitrio parliamo in tesi astratta e non pensiamo in alcun modo di accusare l’ on. Magliani nè di aver ammessi nè di voler ammettere atti contrari allalegge.M a giacché vediamo che si discute e vivacemente sempre intorno a que­ sto argomento dei canoni, e vediamo ancora che giornali autorevoli e seri non sanno spogliarsi dallo

chauvinisme municipale impicciolendo la questione, insistiamo nel concetto altamente costituzionale che essa racchiude e domandiamo che a quello sopra­ tutto si ponga mente.

Alcuno ha affermato che il Ministero delle finanze è pronto a presentare un progetto di riforma del dazio consumo sulla base della separazione dei ce­ spiti. — Di tali progetti ne furono presentati altri alla Camera, ma non arrivarono a maturazione. — Ora, è sperabile che una riforma sia possibile attuarla sollecitamente, a legislatura sul finire e con tanta carne già al fuoco ? — In verità non siamo invo­ gliati ad intraprendere per ora uno studio dell’ argo­ mento, pur tanto interessante.

Trasmettere uomini e merci per le vie più brevi ed economiche è la preoccupazione incessante del com m ercio; e per raggiungere questo duplice intento non si bada a spendere i milioni a centinaia, anzi a migliaia. Mentre però il viaggiatore ha fretta di a r ­ rivare , cosicché fra la navigazione a vapore e la ferrovia preferisce la seconda, il contrario avviene per la grossa merce che vuole anzitutto l’economia del trasporto. P e r questo motivo i porti interni sono preferiti dal commercio agli esterni ; ed infatti i più floridi empori commerciali sono situati dentro terra. La questione di Roma porto di mare, doveva dun­ que essere posta e lo è stata. Ciò che v’ ha di ra­ gione pubblica in questo argomento si riduce, fino ad ora e per quanto ci è noto: al sunto stampato di un discorso tenuto nel 1875 dall’ ing. Gabussi al

Congresso degli ingegneri in Firenze, in cui proponeva un porto ed un canale d’acqua dolce fra Roma e il m are; nell’anno seguente a un opuscolo pubblicato dal prof. Oberhollzer nel quale fa la stessa proposta, tranneché il suo porto di Roma e il suo canale sono di acqua di mare o piuttosto salmastra ; ed ora è apparsa, stampata in Firenze, negli atti del Collegio degli ingegneri, una estesa memoria del sunnomato inge­ gnere Gabussi, corredata da tre tavole fotolitografate, nella quale estesamente si propugna Roma porto di mare, mediante acqua derivata dal Tevere, in piena conformità colla prima idea dal medesimo espressa dieci anni or sono. Questa memoria è stata stampata in un numero ristrettissimo di esemplari, uno dei quali ci è pervenuto.

Un progetto di tal fatta ha certamente una im­ portanza economica di primo ordine ed è perciò che ce ne occupiamo. Ognun vede di fatti che se la c a ­ pitale del Regno divenisse un gran porto di mare, allorché fra Livorno e Napoli non esistono che dei piccoli emporii marittimi, un poderoso commercio nazionale ed internazionale non mancherebbe di svi- lupparvisi. Parallelamente aumenterebbero la popo­ lazione, la costruzione edilizia, l’ industria, la ric­ chezza di Roma, che riescirebbe trasformata molto più rapidamente di ciò che ora avvenga.

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inge-gnere taglierebbe con profonda trincera di 50 a 60

metri di profondità i colli rocciosi del Dragoncello, allo scopo di ottenere un breve canale rettilineo. Anziché impegnarsi in tale gravissimo dispendio, 1’ ing. Gabussi girerebbe con delle ampie curve, a c ­ cessibili alle maggiori navi, questo colle e gli altri che si presentano alla sua traccia. Quanto al costo del progetto Oherholtzer poco ne sappiamo, avendo egli rimaneggiato il suo primitivo studio. 11 preven­ tivo dell’ ing. Gabussi lo rileviamo dalla sua memoria nella cifra di 185 milioni, tutto compreso, ed anche il servizio degli interessi del capitale di costruzione.

Qualunque progetto si ammettesse' per fare di Roma un porto di mare che diverrebbe, col pro­ gresso del tempo, il primo della penisola, certo è ebe un grande dispendio dovrebbe effettuarsi, perchè le grandi cose non si fanno con piccoli mezzi. Quale sarebbe il reddito commerciale di questo capitale? Esiguo in principio; grandissimo in seguito. Verosi­ milmente senza garanzia d’ interesse, per parte dello Stato, niun capitale privato si troverebbe. Accadrebbe in una parola come per le strade ferrate. Ora se il Governo, osserva l’ ing. Gabussi, si è impegnalo per 1200 milioni a prò delle ferrovie complementari, le quali staranno ben molti anni prima di ricompen­ sare in tenuissima misura quest’ enorme capitale, sarebbe fuor di proposito che si rifiutasse ad un dispendio 7 volte minore per sopperire ad un bi­ sogno nazionale? Quello cioè di fare dell’ Italia una Potenza marittima di primo ordine ? Si vedano dun­ que le migliaia di milioni che le grandi nazioni commerciali hanno spesi per creare quei porti che sono i più fiorenti del mondo.

. Non vogliamo ora maggiormente addentrarci su di tale questione. Essa ci pare di tal fatta da meritare 1 attenzione dei poteri dello Stato. Crediamo intanto che i nostri colleghi della stampa farebbero bene ad occuparsene ; e primi a ciò fare dovrebbero essere i giornali di Roma, poiché trattasi di questa città e dell’ ultimo tronco del Tevere. Parimenti crediamo che ciò interessi i giornali della provincia, poiché la capitale di uno Stato non è proprietà di chi vi abita unicamente, ma di tutta la nazione.

Rivista Bibliografica

John Morley. — L a vie de Richard Cohden, traduit par M.Ue^ Sophie Raffalovich. — Paris, Librairie Guillaumin 1885, pag. xxx-438.

F u veramente ottimo pensiero quello di tradurre in francese la vita di R. Cobden scritta dal Morley, il quale per farla meglio conoscere al pubblico in­ glese ha voluto farne una edizione popolare ed è su questa che l’egregia traduttrice ha condotto il suo lavoro. Riccardo Cobden non fu certo un teorico della economia e non ha quindi lasciato opere scientifiche come i suoi compatriotti Smith, Ricardo, Alili ecc. ma fu un grande agitatore e il primo ispiratore di una riforma veramente liberale che produsse sì benefici risultati. L ’opera sua è oggi meno apprezzata ; la cor­ rente protezionista ha ripreso ovunque vigore ; — nella stessa Inghilterra la lotta tra il free trade e il fa ir trade continua incessantemente e anziché progredire sul terreno della libertà economica gli Stati, se non rimangono stazionari, vanno gradatamente ritirandosi

da essi per applicare nuovamente le viate teorie d’ un tempo ammodernate nelle parole di difesa del lavoro nazionale e simili, ma vecchie nei fini e nei mezzi. Data questa condizione di ,cose il far rivivere dinanzi alla mente del pubblico colto la bella figura di Ric­ cardo Cobden non può essere che opera enco­ miabile. Troppo deboli combattenti siam noi perchè non abbiamo ad apprendere dalla vita del Cobden come si combatta per una grande causa economica, e come si vinca. Certo nessuna vita più di quella del Cobden è ricca di confortanti prove che laddove la bontà della causa -è accompagnata dalla onestà e dalla fermezza nei propositi di chi se ne fa vindice, il successo non può neanche mancare, e perciò stesso essa è una biografia eminentemente istruttiva ed in­ teressante. Si aggiunga che la vita del Cobden è tutta piena della istoria di quella memorabile agitazione contro le corri laws, nella quale egli emerse tanto che in lui può dirsi si riassuma tutta, e si compren­ derà facilmente l’interesse vivissimo che suscita nel lettore lo scritto del Morley.

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degli operai, e le osservazioni che egli aveva fatte in Inghilterra e all'estero gli avevano insegnato che la durata della giornata non era la misura esatta della produzione. Ciò che egli sosteneva è che la riduzione delle ore di lavoro, per quanto fosse de­ siderabile, doveva essere ottenuta dai reclami riso­ luti e dall’azione indipendente degli stessi operai, non mediante l’intervento della legge.

Ed era nel vero. Ma oggi su questo punto la scuola di Manchester in politica economica ha aneli’ essa opinioni ben diverse; e uomini come il Brighi e il Chamberlain sono ora favorevoli .all’intervento gover­ nativo, come dimostrò anche il Say nel suo libro

Le socialisme d ’État. *

La egregia traduttrice, appassionata quanto mai de­ gli studi economici, ha premesso alla traduzione una prefazione veramente degna del bel libro del Morley. In essa la signora Raffalovich si è proposta di far conoscere brevemente l’Autore, il suo libro e il suo eroe, e bisogna aggiungere che vi è riuscita piena­ mente. Presentando al pubblico la vita del Cobden

in veste francese la signora Raffalovich ha reso per ciò stesso un servizio eminentemente utile alla causa del libero scambio, in un momento in cui le coali­ zioni interessate tentano di distruggere l’ opera gran­ diosa del grande e modesto inglese.

R. D. V.

Nuove pubblicazioni pervenuteci:

E . Sclnviedlaml. — L ’Historisme économique al­ lemand. Etude critique. Paris, Guillaumin, pag. 22.

Ministero di Agricoltura ece. — Annali di Agri­ coltura — Aratura a vapore. Concorso internazionale di Torino, settembre 1 8 8 4 . Relazione dell’ing. A. Bot­ tiglia. Roma, Eredi Botta, pag. 1 14.

Joseph Kay. — F reetrad e in land, London, Kegan Paul, Trench and C. 1 8 8 5 , pag. 1 80.

Angustila Mongredien. — Trade dépréssion, recent and présent. — London, Gassai), 1 8 8 5 , pag. 24.

G. Luzzatti. — Delle alterazioni e delle trasfor­ mazioni del tipo monetario nei loro rapporti con la ..moneta ideale. Venezia. Autonelli 1 8 8 5 , pag. 111.

John Morley. — La vie de Richard Cobden, tra duit par M.lle Sophie Raffalovich. Paris, Guillau­ min 1 8 8 5 , pag. x x x - 438.

L . L . — La questione monetaria e il defraudo del­ l’ Italia. — Roma, 1 8 8 5 , Tip. della Tribuna pag. 54.

RIVISTA ECONOMICA

L a s t a t i s t i c a d e l l a p e l l a g r a in I t a l i aI l p r o s s i m o

c o n g r e s s o d e l l e T r a d e s ’ U n io n sU n a r i f o r m a f i ­

s c a l e in R u s s i aL ’u n io n e d o g a n a l e a u s t r o - g e r ­

m a n i c a .

La Direzione generale dell’Agricoltura ha dedicato due volumi degli Annali di Agricoltura alla Pella­ gra. Nel primo sono estesamente riferiti i provvedi­ menti attuati o proposti contro le cause della pellagra dal 1881 al 1 8 8 4 ; nel secondo è data una accurata statistica dei pellagrosi esistenti in Italia nel bien­ nio 1 8 8 0 - 8 1 . È su quest’ultima che intendiamo ri­ chiamare oggi l’attenzione dei lettori. Va notato an­

zitutto che nel 1 8 7 9 fu compilata una statistica dei pellagrosi, ma essa riuscì alquanto imperfetta e diede per risultato il dato assai sconfortante che vi erano in Italia 9 7 ,8 5 5 persone affette dal morbo fatale. Le ricerche statistiche fatte nel 1 8 8 1 , in seguito ad una circolare ministeriale del 21 marzo 1 8 8 0 , e le suc­ cessive indagini che il Ministero potè far eseguire farebbero ammontare a 1 0 4 ,0 6 7 il numero dei de­ relitti colpiti dalla pellagra, con un aumento quindi di 6 ,2 1 2 rispetto a quello del 1 8 7 9 . L ’incremento complessivo per tutto il regno per quanto doloroso e tale da impensierire seriamente pel breve spazio di tempo nel quale ebbe luogo ne pare non sia tale da accettarsi senza altro, senza, cioè, riflettere che per l’ imperfezione della prima statistica dei pella­ grosi non è ancora possibile venire a positive conclu­ sioni sulla diffusione della pellagra nel nostro paese. Piuttosto la statistica che abbiamo sott’occbio ci rivela un fatto assai sconfortante per una regione d’ Italia. Infatti mentre delle 8 regioni nelle quali esiste il triste morbo, per 6 la statistica segna una diminu­ zione notabile, per 2 vi è un aumento, ma per una, la Liguria, così tenue e in via assoluta e in via re ­ lativa che una sola regione, il Veneto, presenta un aumento tale nel numero dei pellagrosi da superare tutte le diminuzioni verificatesi nelle altre 6 regioni, come risulta da questo riepilogo :

P ellag rosi D ifferenze nel 1881 Regioni 1 8 7 9 1 8 8 1 in più in meno Piemonte... 1,692 1,328 — 364 Lombardia... 40,838 36,630 — 4,208 V eneto... 29,836 55,881 26,045 — Liguria... 148 173 25 — E m ilia ... 18,728 7,891 - 10,837 Marche ed Umbria 2,155 1,278 — 877 T oscana... 4,382 854 — 3,528 L a z io ... 76 32 — 44 T o ta le ... 97,855 104,067 26,070 19,858 La diffusione della pellagra nel Veneto avrebbe assunto una gravità veramente spaventosa, dacché il numero dei pellagrosi da un anno all’ altro sarebbe quasi raddoppiato, ed eccetto due provincie (Verona e Rovigo) dove si nota una lieve diminuzione, nelle altre sei devesi pur troppo constatare che vi fu una rapida estensione del morbo. Ecco infatti le cifre relative alle provincie di questa regione la quale conta un ben triste primato :

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Nella Lombardia si notano pure vari aumenti come nelle provincie di Bergamo ove da 7 ,1 2 2 pellagrosi ne! 1 8 7 9 , si salì a 8 ,5 0 4 con aumento di 1 ,5 8 2 e di Mantova ove da 1 ,6 5 5 salirono a 5 ,3 9 5 con un in­ cremento di 1 ,7 3 8 ; per compenso nella provincia di Milano da 1 0 ,3 8 0 si scese a 4 ,9 2 5 con un diffalco di 5 ,4 5 5 .

Non vogliamo stancare i nostri cortesi lettori con altre cifre su questo doloroso tema, riferiremo sol­ tanto alcuni dati intorno alle spese sostenute dalle provincie e dai comuni per provvedimenti contro la pellagra dal 1881 al 1 8 8 3 . Premettiamo che il concorso governativo dal 1881 a tutto il 1 8 8 4 in lire 5 0 ,6 6 9 non poteva essere più meschino : esso infatti si riduce in media a circa 1 2 ,5 0 0 lire al­ l’anno ; il che evidentemente è niente, quando si vuol efficacemente contribuire a rimuovere le cause di un male così grave quale la pellagra nel nostro paese. Quanto alle provincie ed ai comuni, tra il 1881 e il 1 8 8 2 essi spesero complessivamente 2 5 7 ,1 5 8 .1 6 , mentre avevano votate allo stesso scopoL. 2 8 0 ,3 5 9 .6 9 ; pel 1 8 8 5 si sono votate L . 1 7 6 ,5 2 7 .8 7 ma non si conosce l’entità delle somme pagate, e questo è ve­ ramente una lacuna della statistica.

La provincia che ha votate e pagate le maggiori somme nei due anni suddetti è Mantova, la quale ha però anche tutti i suoi 6 8 comuni infetti dalla pel­ lagra ; le minori somme relativamente al numero dei pellagrosi, furono spese da Treviso, Venezia, Padova, Parma ecc., nulla hanno speso nei detti anni Udine, Belluno, Vicenza ecc. Non desideriamo si accettino senza vagliarli i dati che la statistica ci presenta e su essi si fondino giudizi affrettati e sconfortanti apo­ strofi, ma non vorremmo neanche che laddove il morbo infierisce si potesse tacciare alcuno, e i corpi locali in ¡specie, di apatia e di inerzia.

11 Congresso annuale delle Trades? Unions avrà luogo nel prossimo ottobre e per l’imminenza delle elezioni generali esso avrà quest’anno una importanza ancor più grande della consueta. E siccome il pros­ simo Congresso, dice la circolare già diramata, sarà tenuto nel periodo delle elezioni politiche tra le più importanti che abbiano avuto luogo nella Gran Brettagna, quando cioè per la prima volta gli operai avranno il potere di influire largamente se non di determinare la futura politica del corpo legislativo, è della massima importanza che i desideri del lavoro organizzato, circa le questioni interne, siano autorevol­ mente espressi e largamente conosciuti.

Le questioni proposte sinora al comitato centrale, allo scopo di formare l’ordine del giorno delle discus­ sioni, sono le seguenti:

1 ° L e riforma della legge che chiama responsa­ bili gli imprenditori degli infortuni.

2 ° I certificati di capacità per gli operai addetti alle macchine a vapore ed alle caldaie.

3 ° Necessità di aumentare il numero degli ispet­ tori delle fabbriche ed opifici.

4 ° Diritto di colletta pei casi di infortuni. 5 ° Relazioni tra società cooperative e tra- des’ unions.

6 ° Rappresentanza operaia al parlamento. 7 ° Codificazione delle leggi sul diritto comune. 8 ° Codificazione delle leggi applicate nei gradi inferiori della giustizia. t

9 ° Riforma delle leggi sulla proprietà fondiaria.

10° Inchiesta officiale sulle morti repentine e su quelle causate da infortuni nella Scozia.

Il programma è vasto e può offrire campo a serie ed utili discussioni dacché gli argomenti sono tutti improntati a un senso pratico, che potrà essere tal fiata erroneo, ma è alieno da ogni scopo sovversivo. Però oggi con l’aumento di 2 milioni di elettori il potere esclusivo delle trades’ unions non può che scemare, perchè sebbene gli interessi dei lavoratori delle città e di quelli rurali siano nel fine identici, pure vi sono molte questioni nelle quali essi sem­ brano in contrasto. Ed è appunto accertato che i lavoratori della terra non hanno molta simpatia per le trades’ unions, mentre i riformatori più avanzati le condannano apertamente.

Per il George, il Hyndman e i loro seguaci, le trades’ unions sono reazionarie essendo amiche del capitale e della proprietà; v’è quindi a dubitare che le unioni, coll’indifferenza delle classi rurali per esse e colla dichiarata avversione dei socialisti, siano oggi così potenti come lo erano dieci anni fa. Comunque se esse sapranno astenersi dalle insane e irragione­ voli domande potranno, discutendo con ¡spirito equo e senza arrière pensée, conseguire nuovi progressi e rafforzare la loro influenza sull’ indirizzo politico del loro paese.

Una riforma fiscale la quale è pure una riforma politica e sociale di grande importanza, sarà attuata fra non molto in Russia. Un ukase imperiale ha sop­ presso la capitazione, cioè l’imposta che pesava ancora sopra tutti gli antichi servi. Non si tratta adunque soltanto di una misura fiscale che libera una nume­ rosa classe di Russi da un carico speciale ; con la capitazione scompare l’ultimo segno materiale del servaggio che Alessandro II ebbe il merito di abolire mediante l’ukase del 19 febbraio 1 8 6 1 , ma di cui re ­ stavano non pochi oneri oppressivi pei contadini. Infatti all’epoca dell’abolizione del servaggio si verificò in Russia ciò che accade in tutti i paesi che operano l’affrancamento d’una classe rimasta sin allora serva (e la liberazione degli schiavi neri al Brasile informi) fu necessario, cioè, di evitare la rovina dei proprie­ tari e l’anarchia fra i liberati, attenuando e graduando per così dire le conseguenze di una simile rivoluzione sociale. I contadini, emancipati dall’ autorità del si­ gnore, restarono avvinti alla gleba come garanzie vive per l’indennità dovuta al signore spossessato della suo proprietà umana. L ’imposta della capitazione era come il simbolo del servaggio d’un tempo. L ’idea di abo­ lire il servaggio portava naturalmente l’altra riforma dell’abolizione dell’imposta speciale che gravava sui servi. Ma bisognava trovare nuovi cespiti che com­ pensassero questo sgravio e le Commissioni incari­ cate di studiare questa riforma non seppero trovare i mezzi finanziari relativi. Nondimeno dopo 2 4 anni di studi e di attesa al 1° gennaio 1 8 8 7 sarà abolita la capitazione e saranno tolte con ciò le barriere che di­ stinguono ancora la posizione sociale delle varie classi di sudditi ; tutti i russi saranno quindi eguali davanti al fisco.

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servaggio l'affitto delle terre venne fissato per una durata di 2 4 anni e la capitazione si cumulava col fitto. Il 1 ° gennaio 1 8 8 7 sarà il termine dei 2 4 anni d’affittanza e i contratti saranno quindi rinnovati se­ condo il valore stimato delle terre, tenendo conto oltre degli interessi del capitale fondiario, del suo am­ mortamento in 4 2 anni. Da questo cambiamento ne verrà una più equa ripartizione dei carichi gravanti i servi emancipati nel 186 1 , e un notabile migliora­ rne no nella situazione sociale ed economica del con­ tadini) russo.

Si è discusso molto in questi giorni sui giornali di Vienna e Berlino della unione doganale austro­ germanica per concludere chi in favore di una in­ tima alleanza doganale, ehi decisamente contro. La stampa austriaca ed ungherese si mostra generalmente propensa a ritenere che essa sarà piuttosto di danno che di vantaggio all’Austria-Ungheria e la Politische Correspondenz di Pest in un comunicato officioso nota che il trattato franco-tedesco di Francoforte e il contegno degli uomini e dei partiti politici in Germania, presentano troppi ostacoli per far sup­ porre clie un tale progetto avrebbe maggiori proba­ bilità di riuscita se fosse esteso a un più largo campo, l’Europa centrale ad esempio.

Tuttavia se le considerazioni politiche stanno con­ tro l’unione doganale vi sono ragioni economiche che militano in suo favore. La prima è senza dubbio nel fatto che l’Austria-Ungheria dipende per gran parte dalle ferrovie tedesche quanto alle comunicazioni colle altre regioni d’Europa. Difatti non possedendo nessun porto importante, eccetto Trieste e Fiume, più della metà di tutto il commercio della Ungheria si deve servire delle ferrovie della Germania. E fu anche per evi­ tare di divenire interamente dipendente dalla Ger­ mania, che l’Austria favorì la costruzione della fer­ rovia dell’Arlberg e promosse la costruzione della linea Costantinopoli-Salonicco. Ma per ora sta il fatto fatto che un rialzo nei prezzi di trasporto sulle linee germaniche può turbare sensibilmente tutto il commer­ cio estero dell’Austria-Ungheria e non va dimenticato che le ferrovie sono in realtà in mano del Governo prussiano. La dipendenza dell’Austria-Ungheria dalle ferrovie tedesche dà un gran vantaggio alla Germania nelle sue negoziazioni in materia doganale. Essa ha di già elevato i dazi protettori al punto da recare grave nocumento tanto all’Austria quanto all’Ungheria. In parecchi rami di commercio i fabbricanti austriaci ricevono dalla Germania i prodotti di prima lavora­ zione, l’ultima lavorazione è fatta appunto dai produt­ tori austriaci ; senonchè il rialzo della tariffa ha colpito fieramente questo modo di fabbricazione e ha creato perciò molto malcontento nei distretti manifatturieri austriaci. L ’Ungheria dal canto suo è stata colpita dal­ l’aumento dei dazi sui prodotti agricoli. Ma mentre l’Ungheria trarrebbe non lieve vantaggio da un accordo doganale e i suoi prodotti agrari si troverebbero sui mercati tedeschi in condizioni migliori di quelle degli altri paesi, i fabbricanti dell’Austria, essendo essa in­ dustrialmente meno progredita della Germania, ri­ mosse tutte le tariffe protettive, soffrirebbero indubi­ tatamente la concorrenza tedesca sui loro propri mer­ cati ; sicché in Austria, pel timore della concorrenza tedesca in casa e nella poca o nessuna speranza di poter competere in Germania coi prodotti tedeschi, si è piuttosto contrari alla unione doganale ; l’opposto può dirsi dell’Ungheria tanto per le ragioni econo­

miche che per le politiche. Di più vi si oppone an­ che il diverso regime monetario dei due paesi, la Ger­ mania ha il monometallismo aureo, l’Austria-Ungheria ha ancora il corso forzato e l’argento è la misura legale dei prezzi. Come è facile comprendere l’unione doga­ nale austro-tedesca non è ancora matura, sicché può prevedersi agevolmente che per ora almeno essa non potrà essere conchiusa.

■ H I E [ K B DI 1EZII IL W

Il Comitato statistico della Camera di Commercio di Venezia, composto dei signori Blumenthal, Dal Cerò e Rosada, nella seduta del 27 luglio u. s. hanno presentato alla Camera il loro rapporto sulla Navi­ gazione e Commercio di Venezia durante l’anno de­ corso, ed ora di questa interessante pubblicazione, vogliamo dir qualche cosa.

Il ritardo frapposto alla pubblicazione di questo ventiquattresimo volume (poiché è noto che la Ca­ mera di Commercio di Venezia è tra le pochissime rappresentanze che non fanno, aspettare per lunghi mesi e talvolta per anni le loro statistiche) — ' il ritardo diciamo di qualche mese è giustificato dai relatori per « le molte ricerche fatte a fine di avere informazioni estese nelle cause che resero maggiori o minori le entrate e le uscite di merci nel 1 8 8 4 . » E i nostri lettori ricorderanno che fummo appunto tra quelli che incoraggiavano quel Comitato sta­ tistico, ad estendere quelle preziose ricerche le quali soltanto possono dare vita ed eloquenza alla aridità delle cifre, per quanto, come avvertono gli stessi relatori, non rappresentino che la loro indivi­ duale opinione, e tutto al più le ragioni che ad av­ viso degli esperti e più competenti, possono aver dato origine alle differenze nel movimento commerciale.

Nella rassegna dell’ anno precedente x) abbiamo notato che il movimento del porto di Venezia se­ gnava nel 1 8 8 5 un aumento sul 1 8 8 2 , tanto nel nu­ mero dei navigli entrati ed usciti dal porto, quanto nel tonnellaggio. Da questo aumento abbiamo anzi tratto favorevole auspicio, ma il 1 8 8 4 non corri­ spose completamente alle speranze, poiché le cifre de! 1 8 8 3 paragonate a quelle del 1 8 8 4 , danno il seguente risultato. 1884 D iff. col 1883 Navigli entrati. . . 2,876 — 312 Tonnellaggio... 768,590 — 8,817 Navigli usciti. . . . 2,875 — 276 Tonnellaggio...762,943 — 83,255 La diminuzione non è molto forte, ma tuttavia sarebbe sensibile, se non si dovesse avvertire che, durante l’estate e parte dell’autunno 1 8 8 4 , il movimento dei porti italiani rimase in gran parte paralizzato, prima per le misure sanitarie interne onde difendere il no­ stro’ paese dal cholera, poi dalle misure prese dagli altri Stati onde difendersi dalla epidemia già tra noi penetrata.

Divisa secondo la provenienza italiana od estera l’entrata dei navigli nel 1 8 8 4 , si trovano :

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I primi offrono una diminuzione di 4 2 nel numero ed un aumento di 1 7 ,2 2 5 nel tonnellaggio ; i secondi una diminuzione di 2 7 0 nel numero e pure una di­ minuzione di 5 8 ,2 7 6 nel tonnellaggio.

Rispetto alle provenienze italiane notiamo che il maggior movimento è dato dalla Sicilia e dalle pro- vincie Napoletane, che segnano 8 0 mila circa delle 9 2 mila tonnellate, eperquelle dell’estero dopo la Gran Brettagna con 2 3 6 navigli di 2 4 7 mila tonnellate, si hanno l’Austria-Ungheria con 1161 navigli e 173 mila tonnellate, l’Egitto con 3 9 navigli e 5 7 mila tonnel­ late, le Indie orientali con 3 0 navigli e 4 5 mila tonnellate, la Turchia con 6 6 navigli e 3 3 mila ton­ nellate, la Polonia con 5 0 navigli e 1 2 7 ,0 0 0 tonnel­ late, la Russia con 4 6 navigli e 2 6 mila tonnellate, la Francia con 3 8 navigli e 2 4 mila tonnellate.

Osservando il movimento del decennio 'vediamo che una sola provenienza presenta un aumento co­ stante, quella della Gran Brettagna che da 1 2 3 mila tonn., nel 1 8 8 3 , è passata a 2 4 7 mila con lievis­ sime oscillazioni ; le provenienze degli altri paesi danno curve, incerte nel movimento o stazionarie.

Distinguendo il moviménto dei legni a vela da quelli a vapore, si hanno le seguenti cifre nei due anni estremi del decennio :

1875 1884

numero tonnellaggio numero tonnellaggio a v e la ... 2,089 143,424 2,017 131,241 a vapore. 589 368,358 ' 779 622,075 II 1 8 8 3 aveva fornito un movimento di navigli carichi 2 2 5 8 a vela con tonnellate 1 3 7 ,9 6 7 e 832 a vapore con tonnellate 6 1 1 ,8 3 4 . — Tenendo conto delle cause sanitarie che hanno arrestato per qualche mese il movimento del porto, si può dire che il 188 4 , per ciò che riguarda il tonnellaggio dei navigli a vapore,' si mostrava molto promettente.

Il prospetto de! movimento della stazione marittima di Venezia è molto interessante e dimostra una volta di più, come avvertono i relatori, la urgenza di completare quello scalo ; ecco le cifre dei quattro ultimi anni dei navigli entrati ;

1881 navigli 202 tona. 111,040 di cui 69 a Tapore toan. 81,592

1 8 8 2 » 315 » 105,634 » 176 » »• 87,710

1 8 8 3 » 423 » 165,350 » 309 » » 147,021

1 8 8 4 » 456 » 236,595 » 379 » » 196,610 Passiamo ora al movimento delle merci tanto per via di mare che per via di terra e fluviale. Negli ultimi due anni si ebbe :

1884 1883

E n tr a ta .... quint. 8,653,591 7,624,132 U s c i t a ... » 4,838,591 4,513,040 13,492,182 12,137,172 La importazione adunque crebbe di 1 ,0 2 9 ,4 5 9 quintali e la esportazione di 325 ,5 5 4 ; il complessivo movimento di 1 ,2 5 5 ,0 1 0 quintali ; aumento che per la entrata rappresenta il 1 3 0 /q, per la uscita circa il 7 OjO, per il complessivo movimento il IO per cento, di qualche poco inferiore a quello del 1 8 8 4 dal 1882 che era del 1 4 per cento.

Tradotto in valore questo movimento si ha :

1884 1883

Entrata---L. 245, 219,108 247,303, 570 Uscita... » 195,336,328 193,547,315 L . 440,555,436 440,850,885

la entrata diminuì di L . 2 ,0 8 4 ,4 6 2 e 1’ uscita au­ mentò di L. 1 ,7 8 9 ,0 1 5 ; la differenza del movimento cemplessivo rimane minima.

Nel dire qualche cosa di più particolareggiato intorno a questo commercio, seguiamo come nelle rassegne decorse l’ ordine delle merci secondo la importanza del movimento a cui danno luogo.

La prima rimane sempre la voce Manifatture e filati diversi, di cui si importarono perjoltre 2 9 m i­

lioni con aumento superiore al mezzo milione in confronto al 1 8 8 3 ; se ne esportarono 17 milioni di lire con una diminuzione di' circa 2 milioni e mezzo. I relatori attribuiscono questo movimento « allo sviluppo sempre maggiore che prendono le tessiture e filature nazionali » e l’aumento nell’ importazione dei filati di 1412 quintali, lo spiegamo « colla pro­ duzione estera di nuovi articoli, che, o per la mo­ dicità del prezzo o per la imitazione bene riuscita di articoli fini, va acquistando favore, del che sa­ pranno certamente approfittare, nel loro progressivo sviluppo, anche i nostri stabilimenti industriali.» Ecco ora di che si compone questa voce :

Cotonerie... quint. 10,000 per L. 7,500 mila Lanerie... » 4,700 » » 6,100 » Telerie ... . . ». 9,700 » » 7,500 »

Seterie... » 200 » » 1,300 » Miste e diverse... » 950 » » 660 » Filati di cotone, lino.

lana, ecc--- » 13,200 » » 5,700 » Cordaggi... » 1,550 » » .187 » V e s titi... » 143 » » 100 »

L ’uscita presenta quasi 5 milioni di cotonerie di. cui oltre 2 nel Napolitano ; 5 milioni di lanerie spe­ cialmente in Sicilia, Turchia, Isole Ionie ed A ustria- Ungheria, 7. 6 milioni di filati di cui oltre 2 nel Na­ poletano.

Seguono i cereali che diedero 23. 7 milioni di importazione e 1 8 . 8 di esportazione, diminuita la prima di circa 1 . 7 milioni, aumentata la seconda di quasi due. I relatori osservano che l’ aumento della entrata dipende in parte « dalle esigenze del consumo, che preferisce le farine di un determineto grado di forza e di espansione, non sempre rinvenuto nelle qualità indigene. L ’aumento va anche ascritto ad un maggior movimento di transito per l’estero e specialmente, per la Svizzera, locchè giustifica l’espor­ tazione maggiore ».

L'acquavite, spiriti, vino, aceto e birra ha for­ nito 23 milioni della entrata col cospicuo aumento di o. 7 milioni e 1 4 milioni alla uscita con un au­ mento di 7 . 7 milioni. L ’ aumento è dovuto a! vino comune di cui entrarono per 1 8 milioni, di lire dei quali 11 dal Napoletano, uno dall’ Isole .Ionie, una dall’Austria-Ungheria ; l’esportazione diede 2 4 8 mila quintali contro 6 8 mila del 1 8 8 3 e quasi tutti usciti via terra e via fluviale.

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zione e diminuì quindi l’ en trata: e per ultimo alle facilitazioni straordinarie accordate da ferrovie estere con danno del nostro movimento di transito per la Germania, la Svizzera, il Piemonte e la Lombardia.

11 rapporto poi dei relatori accenna a migliorate con­ dizioni della industria di candele steariche e della carta;

— attribuisce l’aumentata esportazione delle farine

alla accresciuta macinazione dei molini a cilindri del veneto, fra cui quello grandioso di Venezia, ottenuta mediante il miglioramento introdotto nei sistemi di lavorazione ; — accenna all’ importanza sempre cre­ scente delle nostre industrie di pilatura del riso, le quali hanno applicato dei processi così perfezionati da rendere i loro prodotti molto ricercati anche al­ l’estero; — circa alla maggiore importazione dei metalli lavorati (di 2 2 2 mila quintali) ricorda il ritiro dall’estero delle rotaie in acciaio per le ferrovie e dei materiali per armamento di guidovie (tram w ay) e per il ferro battuto specialmente nota la grande attività delle officine di S .a Elena, dove detto mate­ riale ha estesissimo impiego ; circa l’aumento sensi­ bili) della esportazione asserisce che va attribuito al rapido e progrediente sviluppo di alcune nostre in­ dustrie; — circa la maggiore importazione ed espor­ tazione delle pelli nota che « quelle pesanti prodotte dai nostri macelli vengono esportate totalmente allo stato greggio, perché non havvi più convenienza a lavorarle essendosene resa impossibile l’importazione in Austria per i forti dazi ivi introdotti. Da ciò la necessità pei fabbricatori nostri di attenersi di più alla lavorazione delle pelli leggere più conformi al consumo nazionale. Siccome poi i nostri macelli pro­ ducono in quantità assai limitata tali pelli leggere, ne viene che ne aumenta sempre più l’importazione dall’estero e specialmente dalle Indie e dalla China.

Il rapporto termina con queste parole che riportiamo: « Dalle risultanze di cui abbiamo fatto fin qui cenno emerge che il movimento commerciale del nostro porto, — tenuto anche calcolo della epidemia che infierì nel 1 8 8 4 , e delle misure inutili e rigorose che, danneggiando i nostri porti, favorirono gli esteri — fu in aumento al confronto dei periodi precedenti, mentre noi dobbiamo fermarci al quantitativo delle merci entrate ed uscite che fu superiore al 1 8 8 5 di quintali 1 ,3 5 5 ,0 1 0 , anziché al valore, le cui oscilla­ zioni non sempre valgono a dare una precisa idea dell’andamento commerciale. É anzi avviso nostro che se della diminuzione dei valori si debba tener conto, ciò avvenga soltanto perchè i prezzi minori generano un movimento maggiore, accrescendo i desi­ deri nei consumatori od invogliando alla speculazione. « E di questi risultati promettenti per lo avvenire tanto più dobbiamo mostrarci lusingali in pensando che ci troviamo, per così dire, assai vicini ad avve­ nimenti solenni e importantissimi per il nostro com­ m ercio: vogliamo parlare dell’ istituzione del punto franco stabile e del completamento del porto di Lido.

« Sulla prima ogni dubbio sarebbe oggi altamente censurabile dopo la deliberazione presa da questa Camera di commercio e i fermi propositi suoi di attuarla nel più breve termine possibile, e in ogni peggiore ipotesi non dopo l’apertura dei magazzini generali. I quali, se non potranno dare tutti gli utili sperati al nostro commercio, non recheranno almeno ad esso dei pregiudizi, ove sia contemporanea l’aper­ tura di un punto-franco stabile capace e rispondente ai bisogni suoi. Imperocché i magazzini fiduciari potranno essere così sostituiti in modo soddisfacente, e

sarà reso possibile altresì uno sviluppo commerciale, che altre istituzioni difficilmente sarebbero atte a dare.

« Conviene però, o signori, che il primo impulso lodevolissimo, quello cioè dello stanziamento di una somma cospicua per l’erezione del punto-franco, sia seguito da un’ opera indefessa e pratica, in guisa da non fermarsi a mezza via per la ricerca del meglio eh’ è, pur troppo, di spesso, nemico del bene.

« Rispetto al porto di Lido, venne già accennato altravolta in questo Consiglio, che i lavori procedono colà alacremente, e un riscontro avuto dà lusinga che la prima parte di essi, vale a dire la scogliera sopravento del porto, sarà condotta a termine prima del tempo stabilito. È una nuova, ampia, facile e più breve via che sta per aprirsi alla nostra grande navigazione, e poiché da essa deve venirne a Ve­ nezia un beneficio indiscutibile, noi avviciniamo, per così esprimerci, col desiderio quel giorno in cui sarà compiuta l’opera colossale e assecondata una delle più alte nostre aspirazioni.

« Un fatto, o signori , di molto rilievo accadde dall’epoca del nostro ultimo rapporto statistico con­ cernente il commercio del 1 8 8 3 ; la cessione dell’e­ sercizio delle ferrovie italiane fatta dallo Stato alle Società private. La nostra rappresentanza a questo proposito manifestò già le sue idee. Non omise di mettere in evidenza le differenze risultanti dalle nuovè tariffe, alcune delle quali più gravose con danno del movimento commerciale del nostro porto, e deve ora menifestare la più viva dispiacenza che non siano state accolte in gran parte le sue domande.

« Ad ogni modo vogliamo confidare nella buona volontà dei proposti alla nuova Amministrazione delle strade ferrate, i quali possono rendere ancora dei benefici al nostro commercio, e nutriamo fiducia che essi, pensando all’ importanza di Venezia e alle con­ dizioni creategli pel fatto della nuova divisione fer­ roviaria, sapranno fare diritto a quei giusti reclami che mano mano loro verranno esposti e raccomandati da questa Camera di commercio con ispirito, come sempre, sereno e imparziale.

« Ed ora avremmo finito, se non volessimo prima muovere l’augurio che le nuove linee che si stanno compiendo, e progettando possano, mercè più brevi percorrenze, procurare al nostro commercio un mo­ vimento più ampio, più diretto e più profittevole. » Noi ci uniamo volentieri all’augurio, ma ci r i ­ serviamo di discorrere in un prossimo numero sul­ l’avvenire e sullo sviluppo del porto di Venezia.

BULLETTINO DELLE BANCHE POPOLAR/

(Situ azio ni a l 31 luglio 1885)

Società Cooperativa Popolare di mutuo credito in Cremona. — Capitale versato L. 2 ,3 1 3 ,2 6 1 ; Ri­ serva L . 8 8 3 ,1 8 5 ; Conti correnti L . 1 6 ,8 9 9 ,7 4 8 ; Portafoglio L . 4 ,2 6 7 ,1 7 7 ; Anticipazioni L . 4 6 1 ,6 5 0 ; Fondi pubblici L. 1 2 ,3 1 3 ,4 3 0 ; Entrate L . 6 9 5 ,8 2 7 ; Spese

L.

3 6 7 ,0 4 6 ; Sofferenze L . 3 ,3 9 0 .

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