L'ECONOMISTA
GAZZETTA SETTIMANALESCIENZA ECONOMICA, FINANZA. COMMERCIO, BANCHI. FERROVIE, INTERESSI PRIVA TI
REDAZIONE: M. J. Ah Johannis — R. A. Morray — M. Panta leoni
Anno X U - Voi. XLV Firenze-Roma, 27 Settembre 1914 j E ™ * ™ ’ vL^ re g o rLa *^ 0'8 N. 2108
S O M M A R IO : Ancora sulla moratoria al pagamento degli effetti cambiari ed al rimborso dei depositi. — Dell’as sicurazione contro il rischio delle operazioni di credito, .1. — Riassumendo intorno agli effetti delle guerre sul commercio dei paesi neutri, M. J. de Jo h a n m s. — Gli Istituti di emissione e la circolazione bancaria di Stato. Importazioni tedesche in Inghilterra ed esportazioni inglesi in Germania durante l’agosto 1914.— NOTE BIBLIOGRAFICHE: Industrie e statistiche industriali (Ferruccio Aucillotli: Quinto censimento generale della popolazione e primo censimento
industriale. - Statistica delle Industrie della provincia di Palermo. Preceduta da uno sguardo generale sulle condizioni economiche della provincia. - Marcello Vinelli: Note sull’industria, la mano d’opera e la legisla zione nelle miniere di Sardegna) (Continua) La n f r a n c o March/ — Per la linea di navigazione per gli emigranti italiani al Canadà. — RIVISTA DEL COMMERCIO: 11 commercio italiano con l'Egitto nel 1913. — La produzione mondiale del vino. — Il commercio del caffè. — Le tramvie in Italia. L’industria del mercurio in Italia. — Il commercio italo-belga. — L’importazione di ceramica in Svizzera.— Lo sviluppo delle ferrovie in Cina.— L importazione e l’esportazione dei cavalli dal 1865 al 1913. — 11 servizio postale telegrafico in Cina — 11 movimento dei viaggiatori in Inghilterra. — RIVISTA FINANZIARIA. — Società Italiana per le Strade Ferrate Me ridionali. — PROSPETTO QUOTAZIONI. VALORI, CAMBI. SCONTI E SITUAZIONI BANCARIE.
Arte ora sulla morato ria al p aga-
mento degli effetti cambiari ed
al rimborso dei depositi.
Al momento in cui scriviamo il Governo non ha ancora deliberato alcun nuovo provvedimento per la sistemazione della moratoria sugli effetti cambiari, sulle limitazioni del rimborso dei depo siti, sulla sistemazione delle operazioni di borsa.
Non sarà inopportuno quindi che VEconomi
sta ritorni in parte sui concetti espressi nell’ul
timo fascicolo (1), tanto più che si offrono nuovi elementi per suffragare appunto quanto avevamo sostenuto ed andiamo sostenendo.
Una nuova moratoria delle cambiali non sem bra manifestarsi ulteriormente necessaria, e la ca renza di un serio bisogno per il ripetersi di un tale provvedimento, davvero eccezionale, troppo atto a costituire non solo cattivi precedenti pei cattivi pagatori, ma pretesto a Speculazione per la parte non sana del commercio, è appalesata da due fatti che ci sembrano dei più sintomatici.
DaU’nna parte abbiamo la indagine compiuta dalla. Direzione Generale della Banca d’Italia, sul modo di comportarsi dei debitori per le cam biali entrate nel suo portafoglio, sotto il regime della moratoria, decretato il 4 e confermato il 16 agosto decorso. Da questa indagine a tutto il IO corrente si sono avuti i seguenti risultali : Effetti incassati per
intero . . . . N. 175.096 L. 239.326.000
Effetti prorogati con pagamento di ac
conto... » 134.715 » 122.160.000
Effetti protestati . » 14.586 » 9.917.000
N. 324.397 L. 371.403.000 ^ 1 ) V ed i E co n o m ista 20 settem b re 1914, n. 2107.
Gli effetti interamente incassati rappresente rebbero quindi poco meno del 65 °/0 del totale Il valore medio delle cambiali saldate per in tero sarebbe stato di lire 1366; quello delle cambiali col versamento di non meno del 15 °/0 obbligatorio, lire 906; e quello delle cambiali protestate, ma il pagamento delle quali venne regolato successivamente, anche con saldo inte grale, lire 676.
Seguono le cifre riguardanti la situazione del portafoglio della. Banca d’Italia alle decadi sotto indicate : 20 luglio. . . 447,0 milioni 31 » . . . 510,4 » 10 agosto . . 761,4 » 20 » . . 840,2 » 31 » . . 876,7 » 10 settembre . 835,8 »
Nè più eloquenti, nè più soddisfacenti potreb bero essere queste risultanze che presentano su 371 milioni di effetti meno di 10 milioni di pro testi (cioè meno del 2 ’/2 per cento), mentre il 65 per cento di quegli stessi titoli che potevano godere delle dilazioni e delle parzialità di paga mento accordati dalla moratoria, furono invece spontaneamente pagate pei1 intero.
010 L ’ ECONOMISTA 27 settem bre 1914 ~r
ne rappresentano la parte sana, viene nella mi gliore forma che gli era consentita ad annuire ta citamente al concetto che non perduri la urgenza o la impellenza di una nuova moratoria o per lo meno che non possono derivare pericoli generali dal non rinnovare la provvisione in parola.
Lasciando di ricordare qui i voti di alcune Ca mere di commercio, decisamente intese ad esclu dere la necessità di una nuova moratoria per le cambiali, ci limitiamo a riportare qui sotto il recente deliberato della Unione delle Camere di commercio, la quale nel formulare i voti in torno ai provvedimenti da proporre al Governo, ha trovato soltanto da esprimersi in merito alle moratorie sui rimborsi dei depositi, lasciando ogni e qualsiasi accenno alle moratorie sulle cambiali. Ecco il testo del deliberato :
« 11 consiglio di Presidenza dell’Unione delle Ca mere di Commercio ritenuto che4 la moratoria è per sua natura un regime eccezionale la quale se è riu scita efficace in un primo momento, come mezzo di difesa per gli istituti di credito contro il panico dei depositanti, non potrebbe prolungarsi attraverso rin novazioni periodiche senza paralizzare lo svolgimento delle attività economiche nazionali, perchè essa in quanto alimenta, ed anzi favorisce e stimola il feno meno di tesoreggiamento, sottrae gradatamente agli istituti di credito* ohe si fondano sui depositi, il mezzo con i quali questi alimentano le industrie e il com mercio.
Afferma la necessità di. provvedimenti radicali che esso consiglio si riserva di additare al Governo, i quali assicurino il ritorno del credito alia sua fun zione normale, e ridiano ai medio circolante la neces saria elasticità che il panico del pubblico prima, e la moratoria poi, hanno completamante distrutto.
Per tanto fa voti perchè in via transitoria, e te nendo conto del desiderio espresso dalle Camere di commercio, già direttamente interpellate dal Governo, venga prorogata la moratoria in corso di quel più breve periodo di tempo che esso giudichi necessario per applicare tali provvedimenti ».
Se noi concordiamo nel silenzio tenuto dalla Unione a riguardo della moratoria degli effetti, dissentiamo però, per le ragioni che altre volte abbiamo esposte, sulla quasi immediata necessità di riaprire il credito pei depositi fiduciari. Voglia mo vedere ancora un poco più rinsaldata la fiducia e la calma, non già del commercio, che esso l’ha già riacquistate, ma del privato depo sitante che perdura a mostrarsi pusillanime e i tesoreggiatore.
D E LL ’ASSICURAZIONE
contro il rischio delle operazioni di credito.
I Nella pratica degli Istituti di Credito si è già formato un materiale statistico sufficiente sul movimento delle lettere di cambio da rendere possibile di inferire, se non fin da ora con scru polosa esattezza, certo con approssimazione at tendibile, il rapporto dei protesti, al totale degli effetti cambiari; rapporto che pare oscilli in- [ torno all’ 8 °/00 nei tempi normali.
Una più precisa conoscenza di quel rapporto, della entità delle somme protestate di fronte al- l’ammontare complessivo dei titoli cambiari e di
altri elementi, potrebbe mettere nella possibilità di assumere il valore di stima del rischio per basarvi lo studio di una nuova forma di assi curazione.
E’ noto che nel credito cambiario si ricorre già ad un sistema di assicurazione, che è pura mente empirico e che si sottrae totalmente al concetto della ripartizione degli oneri sopra un largo contingente, ma si limita bensi al caso per caso: l’avallo; che però corrisponde ad una pre sunzione di searso credito, talvolta errata, costoso sovente di sacrifizi morali e ancor più spesso finanziari.
I numerosi inconvenienti dello avallo singolo, dei quali sarebbe superflua una dettagliata enu merazione, potrebbero venire eliminati qualora si potesse sostituirvi un avallante unico, un ente cioè od un imprésa la quale, in corresponsione di un premio di assicurazione, si facesse garante della adempienza del contratto di eredito; ne verrebbe notevole beneficio particolare e collet tivo e sarebbe enormemente favorito lo sviluppo del commercio e delle industrie, non solo nei tempi normali, ma, poiché il premiò di assicu razione potrebbe adattarsi allò variazioni im poste da circostanze eccezionali, come quelle causate dalle guerre, potrebbe essere sostenuto e rafforzato anche in periodi nei quali attual mente non si può escogitare alcun miglior mez zo di difesa, che non sia la totale soppressione della importante funzione compiuta dal credito. Nè può sfuggire la precipua importanza che tale forma di assicurazione verrebbe ad acquistare non limitatamente al territorio di un solo Stato, ma nei rapporti internazionali del commercio.
Pertanto, seguendo l’Insolera, che nella pro lusione al suo corso di Matematica finanziaria, ac cennò all’ interessantissimo argomento, vediamo quale analogia presenterebbe, le assunzione del valore di stima del rischio presentato dal cre dito, con la determinazione del valore di altri rischi.
La eventualità di un danno, è noto, si chia ma rischio, le valutazione quantitativa del quale dipende da due elementi : il valore del danno, elemento subiettivo che esula da qua lunque calcolo tecnico; la misura della eventua lità del danno, sulla quale soltanto può fondarsi 1 indagine scientifica per stabilire la frequenza colla quale si ripete il fatto che causa il danno.
Se si reputa, per esempio, che il danno pro curato dalla morte di un parente, può essere compensato dalla disponibilità di un capitale di 50 mila lire, qualora la morte dovesse avvenire entro un anno da oggi, il valore di questo danno eventuale dovrà essere inferiore a 50 mila lire appunto perchè la morte entro l’anno può avve nire, ma non è certo che avvenga. Che se poi si volesse l’effettiva misura della riduzione si dovrebbe anzitutto esaminare quanti, di un
grande numero di individui coetanei e trovali
tisi su per giù nelle stesse condizioni fisiologiche ed economiche, muoiono in un anno. Se si trova che questa frequenza è dell’8 %0, si dirà che il valore del rischio per quell’anno può stimarsi pari ad s/ 1000 di 50.000 lire, cioè a 400 lire.
individui simili, trovantisi cioè nelle stesse con dizioni d’età e di salute, e desiderosi di disporre anche essi di 50.000 lire in caso di morte, pre sumibilmente entro l’anno morranno quattro soci; basterà perciò una disponibilità complessiva di 4 volte 50 000, cioè di 200.000 lire ; a formare la (piale occorrono e bastano appunto le 400 lire che ciascuno dei 500 soci avrebbe versato.
Naturalmente se, invece della costituzione di questa società mutua, che garantisce contro il l'ischio, v'è un ente il quale si assume di dar tale garanzia a quanti dall’ente stesso vogliano ripetere le 50 mila lire in caso di morte nel l’anno, per tale garanzia basterà un corrispet tivo di 400 lire (nel fatto sarà un po’ più, perchè l’ente dovrà sostenere delle spese e vorrà rica vare un utile su questa operazione finanziaria che esso compie).
E’ evidente con ciò che il valore di stima del rischio coincide col premio di assicurazione (premio unico) dovuto alla mutua, o alla com pagnia assicuratrice.
Analogamente se il numero dei protesti cam biari, di fronte al totale delle lettere di cambio risultasse in modo quanto più possibile sicuro dell’8 0/oo e questo rapporto rimanesse valido ad esempio per 1000 assicurati, ciascuno per un ef fetto di lire 1000, ne verrebbe che l’ Istituto as sicuratore potrebbe in tal caso offrire le sue garanzie contro il pagamento di un premio di otto lire per ciascun assicurato.
Non sono da dissimulare le difficoltà di non poco momento che si presenterebbero alla tra duzione di pratica un tale progetto, il quale però rientrerebbe nell’ordine degli affari utili e facili delle aziende di assicurazione sulla vita in quanto già praticano una diversa operazione finanziaria accordando prestiti fino all’importo del valore di riscatto delle polizze. Esse sarebbero quindi appunto iniziate in ambedue le specialità: l’as sicurazione ed il credito.
Vorremmo che la idea, cosi sommariamente esposta, fosse feconda di una attuazione pratica e siamo anzi lieti di informare che già inter vennero alcuni scambi di idee per concretare le
basi finanziarie di una tale impresa. J.
sul commercio dei paesi neutri.
Senza voler portare alcun eccitamento dei traf fici verso illusioni, speranze o direltivè nuove, (ehè del resto non ne avrebbero bisogno), coi no stri precedenti articoli sugli effetti delle guerre nei commerci dei popoli neutri (1), siamo riu sciti a muovere nella stessa direzione ma per diverse vie, la ricerca di alcuni studiosi di ma terie economiche.
Ci sembra opportuno perciò di ritornare sull’ar gomento sia per replicare ad alcune obbiezioni che ci sono state mosse, sia per riassumere bre vemente il risultato delle altrui indagini, le quali, lo vogliamo dir subito, nel loro complesso non infirmano la convinzione da nói esposta, che cioè una nazione neutra, provvista di marina mer
li) Vedi E conom ista 6-13 se tte m b re 1914 N . 2165-2166.
cantile e dotata di qualche industria, come l’Uà lia, debba risentire alla somma dei fatti van taggio anziché danno nell’aumentare dei suoi traffici commerciali, relativamente, s’intende, alle condizioni generali.
Poiché siamo partiti dalla esposizione delle cifre del movimento commerciale .dell’-Inghilterra dopo la guerra franco-prussiana del 1870, dei- fi [tilia dopo la stessa epoca ed infine abbiamo dimostrato che fi Italia stessa, come belligerante colla Turchia nel 1911, ha trovato modo di de
viare e quindi di mantenere una parte del con sueto traffico collo stesso popolo avversario, at traverso vie indirette, risponderemo alla obbie zione capitale: alla affermazione cioè che le guerre attuali, impegnando oltre nove nazioni e pode rose loro colonie non hanno precedenti e quindi, dai precedenti di altre guerre più limitate non si può trarre norma; si deduce in sostanza che la depressione generale e profonda che si fa e si farà sentire per effetto della attuale conflagra zione, sarà tale che tutti i popoli ne verranno commercialmente fiaccali.
Invero non sappiamo vedere perchè: le guerre | danno una percentuale di morti e di feriti, creano delle condizioni finanziarie disagiate, ma non per
I questo sopprimono tutti i bisogni sentiti antece
dentemente dai popoli, i quali anzi, se per man canza di comunicazioni durante le guerre deb bono e possono, come afferma chiaramente anche il Pareto nel Giornale d'Italia del 24 cori:., rinunciare a buon numero dei sodisfacimenti di cui godono in tempi normali, saranno al finire delle guerre, ansiosi di riprendere in tutto o nelle parti consentite dai mezzi di cui dispor ranno, le antiche abitudini, e perchè nel loro paese, o le condizioni stabilite per la pace, o gli effetti delia sospensione delle attività industriali per qualche periodo, o le difficoltà del eredito e delle finanze, non permetteranno una immediata I riattivazione di tutte le energie produttrici, ne verrà che i paesi che avranno potuto per la loro neutralità conservare quasi integralmente il normale procedere della produzione, saranno di subito chiamati a sopperire alle interne in sufficienze dei popoli che combatterono. Anzi, pare a noi, più vasto è il campo della inattività dovuta alle guerre, più vasto sarà il campo dei bisogni cui provvedere a guerra finita, minore la concorrenza dei neutri. Certamente non si può, nè si deve troppo specializzare e giungere a dire che, ad esempio, essendo l’industria degli abat-
jours, in Parigi cessata, l’ Italia dovrà al ter
mine della guerra trovarsi pronta a supplire alle domande dei abat-jours, di tutto il mondo bel ligerante. Forse in buona parte delle nazioni combattenti vi saranno al termine delle guerre bisogni più sentiti degli abat-jours.
rap-612 L ’ ECONOMISTA 27 settem bre 1914
presentano per sapere se potranno ritirare dall’ I- talia una quantità di prodotti, che loro giunge vano precedentemente dalla Germania.
Prescindendo da questa obbiezione dunque, che non ci sembra temibile, troviamo invece che si sono voluti stabilire dei blocchi o gruppi com merciali e basandosi sugli scambi dei tempi normali, si sono voluti costituire gruppi di pro dotti manufatti, gruppi di prodotti agricoli e minerari, per indovinare il loro comportamento dopo la guerra; si sono volute stabilire le pos sibili conquiste transitorie e le durature; si sono creati i blocchi commerciali franco-belga, il russo, il britannico, ecc. ecc., e si sono lodevol mente richiamate le preziose teorie in pace così persuasive, sulla « funzionabilità commerciale » e la «rigidità dei gusti ».
Malgrado le predizioni di Madame De Thébes siamo però ancora così lungi dal conoscere l’esito della guerra e così lontani dal poter prevedere quali condizioni territoriali e commerciali e do ganali conterranno i futuri documenti di pace ed i futuri accordi internazionali, che davvero ogni calcolo sui futuri spostamenti potrebbe condurre a risultati errati, se si volesse spingere più oltre che ad affermare essere possibile per uno Stato neutro trarre vantaggio commerciale dalla guerra altrui.
Invece P. J. nel Nuovo Giornale del 14 corr. viene ad una dimostrazione che, sebbene non sia esplicitamente enunciata, è inclusa nella con dotta del ragionamento. Attraverso le sole cifre delle importazioni in Italia dalla Germania e dalla Gran Bretagna, l’Autore viene ad elencare una quantità di manufatti che non ci potranno per qualche tempo più pervenire o che ci po tranno pervenire solo in misura molto ridotta da quelle due contrade. Quindi, ammesso che possiamo, come sembra assicurato, avere alcune materie prime indispensabili, come il carbone, il cotone, il ferro, il rame, le nostre industrie, che producevano prima sotto la concorrenza di quei paesi importatori, si potrebbero felicemente dedicare, se aiutate dal credito e dal capitale, ed ove non si tratti di specialità brevettate o tecnicamente monopolizzate, a produrre ciò che prima ci veniva di fuori, per servire intanto ai bisogni interni.
E da aggiungere che potendo rimanere suffi cientemente attive le comunicazioni cogli Stati Uniti e con la Gran Bretagna, questo compito della nostra industria sarà reso più facile per che assicurato il fabbisogno di materie prime. Dunque un vantaggio non indifferente sarà quello che ad esse verrà dalla conquista più larga del nostro stesso mercato, anche soltanto per quella parte non esigua sulla quale esse soffrivano la invincibile concorrenza della Germania e di altre Nazioni e specialmente se sapranno debellarla per qualità e per prezzo.
Ma appunto il prof. Einaudi nel Corriere della
Sera del 18 corr. attraverso considerazioni che
qui sotto riportiamo in parte, dimostra che la sop pressione della attività industriale della Germa nia sarà notevole per effetto della guerra, mentre meno sensibilmente sarà ristretto il campo di azione commerciale dell’Inghilterra.
Egli presenta infatti i dati del commercio te
desco con alcuni principali paesi esteri per il 1912 (in milioni di lire italiane):
Im p o rta z io n i in
. G erm an ia E s p o rta z io n i d a lla G erm an ia
m ilio n i m ilioni
d i lire 0/0 d i lire o/o
G ran B retag n a 1.053 7.9 1.451 13.1 C olonie b rita n n ic h e 1.416 10.7 420 7.8 T o ta le im p e ro in g lese 2.469 18.6 1.871 16.9 S ta ti U n iti 1.983 14.8 872 7.8 R u ssia 1.910 14.4 850 A u stra-U n g lieria 1.037 7.8 1.294 11.6 F ra n c ia 690 5.2 862 7.7 A rg e n tin a 556 4.2 299 2.7 Belgio 483 3.6 617 5.5 O la n d a 431 3.2 • 761 6.8 B ra sile 392 2.9 241 2.2 Ita lia 381 2.9 501 4.5 S vezia 267 2 247 2.2 Svizzera 257 1.9 651 5.8 D a n im a rc a 253 1.9 318 2.8 N orvegia 80 0.6 181 1.6
A ltri p a esi non n o m in a ti 4.645 16.1 1.631 14.3
TO T A L E 13.364 100 11.19« 100
ed efferma che basta uno sguardo alla tabellina so pra riportata per persuadersi che la Germania è esposta ai colpi più gravi al suo commercio inter nazionale. Soppresso ogni scambio con la Gran Bretagna e le sue colonie, con la Russia e con la Francia, rimangono annullati il 38.1 per cento del commercio di importazione ed il 32.2 per cento del commercio di esportazione. Se poi l’ In ghilterra riesce a conservare il dominio sul mare diventa impossibile tutto il commercio d’oltre mare; principalissimo quello con gli Stati Uniti. Si può dire che soltanto l’Austria-Ungheria, di venuta una pessima cliente, l’Italia e la Sviz zera, la cui capacità d’acquisto è grandemente diminuita, rimangono aperte alla Germania, oltre alla Danimarca ed ai paesi scandinavi.
C olonie b rita n n ic h e S ta ti U n iti G erm an ia F r a n c ia A rg e n tin a R ussia Belgio D an im arca O landa E g itto Ita lia B ra sile G iappone Cina T u rc h ia A ltri p a esi n o n n o m in a ti
mente assai meno dolorose per l’Inghilterra che per la Germania: invece di perdere quasi tutto il commercio internazionale, essa deve rinun ciare solo alla cospicua frazione assorbita dalla Germania (10.4 per cento all’importazione ed 8,2 per cento all’esportazione) ed alla assai meno importante frazione deH’Austria-Ungheria, di cui la statistica che ho sott’occhio, afferma l’Einaudi, non tiene neppure conto. Il dominio che la flotta tedesca ha del Mar Baltico danneggerà inoltre sensibilmente i traffici con la Russia e con la Scandinavia; ed a queste perdite si deve aggiun- gei e la diminuita potenza d acquisto di quasi tutti i paesi del mondo.
Ma appunto queste preziose notizie portano ad affermare che anche un paese belligerante
in In g h ilte r ra d a ll’ In g h ilte rra
m i 1 n o n i m ilio n i
d i lire o/o d i lire O/o
-può, relativamente allò condizioni generali, so stituirsi felicemente in buona parte al traffico di un altro paese. Chi provvedere a tutta la cessata esportazione germanica? Non vi saranno altri Stati, forniti di marina mercantile, accanto all Inghilterra che a quei miliardi di traffico soppressi della Germania non cercheranno di so stituire alcuni milioni di esportazione propria, sol che possano tenere i propri forni accesi, prov visti i propri magazzini di materia prima e pos sano godere del credito?
Noi siamo convinti non già che le guerre ab biano una funzionalità attiva; esse sono un danno economico positivo, ma questo può essere circoscritto per intensità in alcune zone, mentre le altre limitrofe e tranquille, possono raddop piare di intensità per sopperire anche al risarci mento di quei danni.
Certo le cifre che abbiamo esposte nei prece denti articoli ci sembrano più d’ogni ulteriore ragionamento eloquenti.
M. J. DB JoHANNTS.
Gli istituti di emissione
e la circolazione bancaria di Stato.
E interessante seguire, colla scorta della re lazione del Ministro del Tesoro alla Camera dei dei deputati, l’andamento degli Istituti di emis sione nel 1913.
La relazione premette alcuni cenni sulle con dizioni generali del credito e del mercato nel- 1 anno 1913 rilevando come la tensione mone taria che contrassegnò il mercato internazionale durante il 1912 si sia prolungata anche durante il 1 semestre 1913 per effetto delle preoccupa zioni politiche, per cui si ebbe una situazione commerciale non normale sulle transazioni, sui saggi dell’ interesse, ecc. Anche l’ Italia ha ri sentito delle condizioni generali del mercato, seb- bene in proporzioni inferiori a quelle di altri Stati, ma anche nel nostro paese si è verificata una depressione del credito pubblico, caratteriz zata dall’estensione del capitale da investimenti industriali • dalla minor fermezza dei corsi del nostro consolidato.
Ad attenuare gli effetti della crisi economica ha contribuito notevolmente l’annata agricola particolarmente favorevole.
Non ostante però le accennate condizioni ge nerali della pubblica economia, il governo ha potuto collocare con la massima facilità i nuovi buoni quinquennali del tesoro emessi nel feb braio e cioè dopo aver assorbito una emissione precedente.
Così anche è continuato l’aumento dei depo siti a risparmio e in conto corrente presso gli istituti di emissione e quelli di varie specie e presso le casse di Risparmio ordinarie e postali poiché al 30 giugno 1913 i detti depositi ascen devano complessivamente a L. 722.376.045 con un aumento di L. 168.829.606 in confronto al 31 dicembre dell’anno precedente.
Le nostre grandi industrie hanno pur esse dato segni di miglioramento specie quella cotoniera.
Gli istituti di emissione pur dovendo svolgere la loro azione in condizioni non facili, hanno efficacemente contribuito al vantaggio dell’eco nomia pubblica con gli aiuti sapientemente dati all’industria e al commercio nazionale.
Le Colonie si sono arricchite di nuovi orga nismi bancari essendo state istituite in Libia due filiali della Banca d’Italia.
Dato uno sguardo alle condizioni generali in cui si svolse il credito e il mercato nel 1913 diamo un rapido esame alla Legislazione rela tiva agli istituti di emissione e circolazione nel 1913 :
1. Proroga di dieci anni alla facoltà di emis sione ai tre istituti autorizzati.
2. Proroga fino a tutto il 31 dicembre 1914 del corso legale dei biglietti dei tre istituti di emissione.
3. Tassa straordinaria sulla circolazione, ossia proroga delle norme contenute nell’art. 2 della legge 29 dicembre 1912.
4. Convenzione con la Banca d’Italia pel ser vizio di tesoreria in Libia.
5. Convenzione con la Banca d’Italia pel servizio di tesoreria provinciale e coloniale.
6. Modificazioni al reg. del Banco di Sicilia. 7. Modificazioni allo statuto del Banco di Napoli,
8. Norme per il funzionamento delle filiali della Banca d’Italia nella Colonia Eritriea.
9. Decreto per stabilire lenorme del credito agrario in Libia.
10. Disposizioni riguardanti la vigilanza della sezione speciale del Tesoro della Banca d’Italia in conseguenza della legge, sul risanamento della città di Napoli.
1. Disposizioni regolamentari per l’esecu zione e la vigilanza dei provvedimenti a favore dei danneggiati dell’eruzione dell’Etna nel 1910, vigilanza affidata al Banco di Sicilia.
12. Autorizzazione per l’istituzione di nuo ve agenzie della Banca d’Italia e del Banco di Napoli.
Nel 1913 la Commissione permanente di vi gilanza tenne due sedute plenarie, e diversa- mente dagli anni precedenti, non furono eseguite ne verifiche generali di cassa, nè ispezioni agli stabilimenti degli Istituti di emissione essendo continuati e condotti a termine i lavori della Commissione parlamentare governativa istituita in base all art. 1 delle leggi bancarie ed intesa ad accertare l’adempimento perfetto degli ob blighi di legge da parte dei tre Istituti di emis sione e determinare conseguentemente il diritto alla proroga del privilegio di emissione.
La Commissione, di vigilanza ha però eserci tato tutte le altre funzioni che le sono affidate dalle leggi presenti.
Perciò: Un suo rappresentante assistè a tutte
le adunanze del Consiglio Superiore e della as semblea e dei consigli dei tre istituti. - .
Procedette all’esame dei bilanci peri tre istituti. Esercitò la vigilanza sui crediti fondiari e sulle aziende del credito agrario.
Procedette all esame del bilancio del consorzio solfifero siciliano.
614 L’ ECONOMISTA 27 settem bre 1914
La direzione generale per la vigilanza eser citò inoltre un’azione di controllo sul servizio di prestito unificato della città di Napoli
Infine eseguì varie verifiche alle sezioni della R. Tesoreria alla R. Zecca, aH’Offieina Carte valori, eec.
Riserve e circolazione.
Al 31 dicembre 1913 le riserve metalliche e equiparate possedute dai tre istituti di emissione presentavano un aumento di milioni 58.8 e questo aumento ha uno speciale valore pel fatto che non solo è migliorata la espressione quantita tiva, ma anche la qualitativa.
Diamo il seguente quadro indicatore delle ri serve possedute dai tre istituti di emissione.
B anche di Ita lia N apoli S icilia Parte metallica riserva
complessiva, . . . . 1.202.2 233.8 55.2
Limite min. riserva aurea 901.6 175.3 41.4
Orò effettivamente posse
duto . . . . . . . 1.107.6, 218.4 4^.4
Differenze in meno. . . 206.0 43.1 8.0
Eccedenza fine 1912 . . 163.3 42.2 8.0
Differenza in più 1913 . 42.7 0.9 —
Per mettere in paragone la situazione dei nostri Istituti di emissione con quelli dei mag giori Stati europei dianto il seguente quadro riassuntivo: Banca di Francia . . Oro in 3.517 A rgento m ilio n i d i 640 T otale lire 4.157
Banca imperiale russa. 4.043 165 4.208
Banca austro-ungarica 1.303 275 1.578
Istitu ti di emissione ita
liani ... 1.375 116 1.491 Banca imperiale germa
nica ... 1.462 346 1.808
Banca d’ Inghilterra . 827 — 827
Importazioni tedesche in Inghilterra ed esportazioni inglesi in Germania
durante l’agosto 1914.
E interessante in questo momento conoscere il dettaglio delle principali merci scambiate fra la Germania e P Inghilterra nel mese di agosto 1914 in confronto col mese di agosto 1913:
Importazioni tedesche in Inghilterra.
Sostanze alim entari: A gosto 1914 A gosto 1913
U ova... Lst. 400 4.700
Zucchero... » 43.200 894.300
V in o ...
Materie greggie, eco.
» 3.900 16.100 Legname... » 200 34.800 Stracci lana . . . . » 2.100 21.100 Canapa ... » — 6.300 Cuoi e pelli . . . . » 40 5.300 Polpa... » 1.100 15.900
Oggetti m anifatturati A gosto 1914 A gosto 1913 Verghe di acciaio,
tra-vicelli, ecc... » 50.500 204.500 Istrumenti scientifici . » 2.500 28.000 O ro lo g i... >> 3.500 24.500 Stoffe di lana. . . . » 9.500 111.800 S e t a ... » 34.400 204.700 C u o i ... » 24.000 149.200 C arta... » 17.000 109.800
Esportazioni inglesi in Germania.
Sostanze alimentari Agosto 1914 A gosto 1913
Aringhe... Lst 56.900 240.000
S a l e ... » 200 300
S p i r i t i ... » 5.900 3.100
Materie greggie, ecc
Carbone ... » 75.800 477.700 Lana... » 17.500 43.100 Grani oleaginosi . . . » 6.400 22.200 Cuoi e pelli . . . . » 3.100 6.900 Oggetti m anifattnrat Ghisa... i: » 9.700 31.100 Filo metallico. . . . » 3.600 7.500
Placche di ferro, lamiere » 26.300 12.900
Rame... » 4.100 4.500 P io m b o ... » 2.700 4.100 Stagno ... » 600 500 C oltelleria... » 3.300 7.900 Chincaglieria . . . . » 1.400 3.200 M a c c h in e ... » 28.600 64.800 Fili cotone . . . » 188.600 394 800
Tessuti cotone in pezza Tessuti cotone non in
» 48.100 117.900
pezza... » 2.200 12.100
Tessuti lana . . . . » 88.000 213.500
Lana inglese, eec. fili . » 137.700 297.800
T a p p e ti... » 600 1.700
Fili di seta... » 700 2.800
Mercerie, ecc... » 1.600 6.200
Fili e tessuti di juta . » 1.000 1.600
Fili e tessuti di lino . » 11.700 42.500
C a lz a tu r e ... » 2.200 8.000 Concimi... » 1.000 12.300 P orcellane... » 2.300 4.500 Sacehi da viaggio . . » 2.400 8.000 Forniture da ufficio. . » 3.800 10.000 Transiti. Caffè... » 11.500 56.300 Cotone greggio . . . » 19.900 26.200 L a n e ... » 238.200 202.200 P e l l i ... » 3.100 12.100 Caoutchouc... » 67.700 218.200 C u o i ... » 32.000 66.700
Tale commercio è diminuito del 75% ! le im portazioni tedesche in Inghilterra hanno ribas sato del 90 % mentre le esportazioni inglesi in Germania si sono ridotte del 65% ; quanto al transito, esso si è ridotto del 35 %.
n o
TE BIBLIOGRAFICHE
Industrie e statistiche industriali.
Nell’attesa dei risaltati ufficiali e completi del censimento industriale al 30 giugno 1911 compiutosi per la prima volta in Italia, e col quale si è cercato di colmare una notevole la cuna esistente nelle statistiche del nostro movi mento industriale, i più importanti e diligenti Municipi hanno da tempo, per conto loro, pub blicati alcuni dei risultati della indagine rela tivamente ai propri Comuni.
Non dobbiamo illuderci che questo primo cen simento industriale possa stare a confronto con quelli veramente colossali che furono già più volte eseguiti nella Germania, nella Francia, nel Belgio e negli Stati Uniti d’America. E’ un tentativo, però, che fornendoci dati importanti ed il più che possibile esatti sui principali in
dici indiretti del nostro sviluppo industriale,
come li chiama il Colajanni, e cioè: il numero delle imprese censite, il numero delle persone occupate e la forza motrice espressa in cavalli dinamici, riescirà di valido aiuto per determi nare gli effettivi progressi conseguiti e stabilire utili e significativi rapporti.
11 Comune di Genova ha, di recente, pubbli cata la relazione del quinto censimento generale della popolazione e primo censimento industriale eseguiti sotto la direzione dell’egregio assessore
dell’ufficio di anagrafe, Ferruccio Anc ilotti
(Quinto censimento generale della popola zione e primo censimento industriale, 10-11
giugno 1911.— Relazione, Genova, stabil. tip. Pagano, 1914). E ’ un documento di molta chia rezza che ci permette per ora di stabilire, con dati sicuri, la popolazione operaia di quella in- dnstre e laboriosa città.
Il regolamento per l’esecuzione della legge 8 maggio 1910, che ordinò il duplice censimento, e le successive istruzioni ministeriali determi narono quali imprese industriali dovessero con- siderararsi tali agli scopi del censimento stesso. L’art. 23 del cennato regolamento le distinse in tre categorie. Nella prima considerò le arti o i mestieri e la piccola industria che una persona eserciti da sola o coll’aiuto di membri della fa glia o di qualche lavorante estraneo, nel pro prio domicilio, cioè nel locale che le serve in pari tempo di abitazione. Nella seconda com prese le arti, i mestieri ed ogni industria eser citata in locali appositi, cioè in laboratori, bot teghe, cantieri e simili, da un padrone o diret tore coll’aiuto di un numero di lavoratori, che non fosse superiore a dieci. Nella terza le in dustrie esercitate in opifici, laboratori, cantieri, miniere, cave ed altri stabilimenti, qualora vi fossero occupati più di dieci lavoratori. Le istru zioni ministeriali stabilirono poi che si racco- gliessero separatamente notizie sugli opifici nei quali venissero occupati oltre 25 operai. E’ noto come si volle che l’inchiesta industriale non do vesse comprendere le aziende agricole, nè quelle di commercio, di trasporti, di credito, di assicu razione.
I risultati sommari conseguiti per la città di Genova sono i seguenti. L’industria casalinga,
cioè quella esercitata a domicilio, per la quale fu però necessario rimettersi alle dichiarazioni del capo di famiglia, diede in totale 4774 lavo ranti, dei quali 1562 maschi e 3212 femmine. Le altre maggiori industrie, quelle cioè eserci tate in appositi locali, sommarono complessiva mente a 4630, delle quali 4095 con non più di 10 operai, 303 aventi da 11 a 25 operai e 232 con più di 25 operai. Le persone in esse occu pate risultarono 37.978 di cui 31.075 maschi e 6903 femmine. Si credette opportuno, per otte nere un più giusto concetto dello stato dell’in- dustia genovese, aggiungere a questo numero quei lavoratori che costituiscono le organizza zioni di mestieri nel porto, le quali, per essere riconosciute dal Consorzio autonomo, forniscono, esse esplusivamente, la mano d’opera agli im prenditori. Questi lavoratori ascendevano a 6520, onde si ha che il complessivo numero delle per sone lavoranti, le quali contribuiscono allo svol gimento industriale nella nostra città, ascende a 49.272, cioè circa la quinta parte della popo lazione abituale. Se facciamo astrazione dalle donne, dai fanciulli fino a 15 anni e dai vecchi oltre i 70 anni si ha che un terzo di popola zione valida maschile è applicata alle industrie. Ciò dimostra la grande operosità di Genova an che in questo ramo, la quale risulterebbe certa mente maggiore se le angustie del suo terri torio non obbligassero gli industriali a trovar posto nei Comuni limitrofi.
E opportuno quindi includere, quale contributo alla rilevazione statistica industriale della città, anche i risultati di quei comuni liguri che da Genova ritraggono elemento di vita e di pro gresso, e che assorbono quelle sue eccedenti energie cui, per materiale contrasto, essa non può dare svolgimento. L’indagine limitata ai co muni vicini, compresi nel triangolo Nervi-Voltri- Pontedecimo, ha dato 1524 industrie con 40.203 operai, oltre 1974 padroni e direttori.
Riunendo queste cifre con i risultati di Ge nova si hanno 6154 industrie con 78.109 operai e 9566 tra sorveglianti, impiegati e direttori. Vengono escluse da questo computo le piccole industrie casalinghe, ossia esercite a domicilio, che in Genova occupano, come già ho detto, 4774 persone.
Sono cifre grandi e soddisfacenti, inquantochè esaminate proporzionalmente alla popolazione, si avvicinano ai risultati di Milano e Torino, le due città specialmente industriose.
Altro notevole contributo alle statistiche indu striali delle nostre città è quello che vanno ap portando alcune benemerite Camere di Com mercio.
Abbiamo sott’occhio una monografia veramente pregevole della Camera di Commercio di Paler mo sulle industrie della provincia, escluso il ca poluogo (Statistica delle Industrie della pro
vincia di Palermo. Preceduta da uno sguar- ! do generale sulle condizioni economiche della provincia, Palermo, 1913, p. 101), la quale
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si espongono i risultati di un censimento indu striale direttamente eseguilo e nella terza sono esaminate brevemente alcune indugine speciali e caratteristiche.
Dal punto di vista naturale la provincia di Palermo non offre le condizioni necessarie e più favorevoli ai progressi agricoli ed industriali. La deficienza di acque, specialmente nell’interno, è un danno gravissimo per l’agricoltura e le in dustrie. Basti pensare che nel periodo estivo non è :n generale possibile la coltura dei cereali e dei foraggi, e che i pastori debbono anche in inverno limitare il numero dei loro animali, in vista della mancanza di prati e di pascoli in estate, per convincersi quale enorme danno debba risentire il progresso agricolo. In estate, poi, deb bono necessariamente sospendere il lavoro tutti gli opifici che derivano dalle acque la forza, motri ce, é ciò è di ostacolo al sorgere di quegli impianti meccanici, che non potrebbero ottenere una ri munerazione soddisfacente col lavoro di una sola parte dell’anno. Anche il clima, se si può rite nere eccellente dal punto di vista igienico, non è certo il più favorevole ad una buona agri coltura.
Fattore importantissimo di ricchezza nell’eco nomia moderna è senza dubbio il capitale. 1 paesi iu cui scarsa è la quantità di capitale di sponibile e chiaro debbano trovarsi in una con dizione di inferiorità rispetto agli altri, in cui esso è molto sviluppato; e questa differenza agi sce con maggior danno nel senso di impedire il suo incremento nei paesi poveri soggetti all’in terno ed all’estero alla concorrenza dei paesi ric chi, di cui sono anche spesso tributari. E la scar sezza di capitale appunto ha la massima in fluenza su tutto quanto il movimento economico della provincia di Palermo. Infatti, quantunque i fattori naturali di ricchezza non siano molto vantaggiosi, come si è detto, e la deficienza delle acque sia attualmente il problema più grave, pure, come hanno dimostrato i tecnici elìe con amore si sono occupati della questione, il pro blema delle acque è tutto problema di capitale e di organizzazione, perchè si potrebbero meglio utilizzare le acque esistenti e si potrebbe mi gliorare il regime idrologico con opportuni inve stimenti capitalistici.
11 debole sviluppo dello spirito di iniziativa e certamente un altro grave difetto del popolo siciliano in genere, ma questo è un fatto pa rallelo alla deficienza del capitale, piuttosto che una sua causa.
La forte emigrazione che spopola la provin cia (nel sessennio 1906-1911 vi è stata una me dia di 17.968 emigranti, e cioè, in rapporto alla popolazione, del 2.18% mentre quella dell’isola tutta è di 2.25% e quella, del Regno 1.75°/) e 1 abilità dimostrata dagli emigranti nei paesi fecondati con la loro opera, provano come vi sia eccesso di lavoro disponibile, ma ancora come non manchi nei lavoratori la forza e la volontà di migliorare sè stessi e la loro terra. Il credito I agrario ed il credito fondiario, in fine, sono poco I
sviluppati in tutta la provincia, ed il credito
j
diretto al sorgere ed all’incremento delle grandi | industrie vi è addirittura sconosciuto, trovando j gli istituti di credito locali più vantaggioso
in-vestire i loro fondi in operazioni ili esito certo come prestiti di consumo ad enti pubblici e privati.
Sono queste le difficoltà che si oppongono allo sviluppo industriale di quasi tutta la Sicilia ed in special modo della provincia di Palermo.
A questo punto la monografia in esame giusta mente osserva come si possa giungere in via in diretta ad un effettivo progresso industriale; e cioè mediante l’utilizzazione più completa e l’or ganizzazione più perfetta dell’agricoltura che è- la principale fonte di ricchezza del paese. Un maggior progresso agricolo ed il sorgere di una classe agiata di agricoltori, che possa col pro prio risparmio creare i mezzi necessari all’ul teriore sviluppo delle industrie e dei commerci, è la via migliore pei* raggiungere lo scopo: « Noi non^ dobbiamo aspettarci che con un atto di volontà possa del tutto cambiarsi lo stato delle nostre industrie, e che con premi e sti moli di ogni genere sia possibile il sorgere di un tratto delle industrie proprie di uno stadio ulteriore, noi dobbiamo invece desiderare la ce lere trasformazione delle condizioni generali, che determinano il progressivo svilupparsi della iiechezza. Nel periodo attuale noi potremmo già essere contenti se si riuscisse una buona volta a i elidere più fruttifera la nostra terra, restrin gendo ed intensificando la cerealicultura, che occupa più della metà del territorio censito della provincia, sostituendola con culture più conve nienti. Allora l’aumentata ricchezza privata con sentirebbe un maggior risparmio ed una più estesa disposizione di capitale, e lo sviluppo in dustriale verrebbe per se stesso in un tempo non lontano ».
La seconda parte espone i risultati del cen simento industriale. 11 numero delle imprese e opifici industriali della provincia di Palermo, escluso ü capoluogo,risultò d i2482. Dette imprese ed opifici occupavano 10.364 persone ed impiega rono una forza motrice di 4970 cavalli dinamici. Questi risultati complessivi mostrano abbastanza chiaramente quanto sia minimo lo sviluppo in dustriale della provincia, tenendo conto princi palmente della popolazione complessiva dei co muni compresi nel censimento Devesi però su bito notare che, malgrado questa constatazione poco confortante, non mancano comuni in cui la vita industriale tende ad estendersi ed intensi ficarsi, come Termini, Bagheria, ecc. In gene rale lo sviluppo industriale è maggiore nei co muni posti nella parte settentrionale della pro-' viñeta, minore in quelli dell’interno, dove pre domina l’agricoltura a sistema estensivo. Dallo specchietto a pagina seguente si ricava come siano distribuiti gli opifici e le imprese indu striali nei quattro circondari e quindi la impor tanza industriale di questi in rapporto principal mente alla loro popolazione.
Le industrie speciali di cui si occupa la terza parte della interessante monografia sono quelle dell estrazione, molitura e raffinazione dello zolfo della produzione dei derivati di agrumi, della fab bricazione della pasta, delle conserve alimentari della produzione del vino, dell’olio, del cacio.
perfezio-nàta da poter essere additata come esempio, in Italia ed all’estero, per la razionalità dei sistemi di lavorazione e la modernità e grandiosità degli impianti, forma oggetto di un pregevole studio del prof. Marcello Vinelli, del R. Istituto tecnico
di Cagliari (Marcello Vinullt: Note sull’in
dustria, la inano (l’opera e la legislazione nelle miniere di Sardegna, Società tipogra
fica sarda, Cagliari, 1914, p. 109). Fra le" re gioni: italiane la Sardegna occupa il primo posto per la varietà e ia ricchezza dei giacimenti me
C irco n d ari P o p o lazione (cens. i mi ) N. deg li Opifici N. delle p erso n e occu pate F o rz a m o trice in H P R ap p o rto d e lla popolazione in d u s tria le con la to tale Paperino (esclu so il capoluogo) 209.346 867 4.292 1.652 2.05 % T e rm in i. . . . . 92.867 484 2.594 2.152 2.80 % C efalo ... 96.757 647 2.164 702 2.24 % C orleone . . . . 54.0118 484 1.314 464 2.45 »/„ T o tale p ro v ili-citi (escluso il capoluogo) - . . 453.ì 62 2.482 10.364 4.970 2 20 %
talliferi, come la Sicilia occupa quello affatto speciale della produzione dello zolfo. Con una estensione che è solo ,/l2 e con una popolazione appena V«o '.di quella di tutto il Regno, la Sar degna ha una produzione (metalli e combusti- bili fossili) il cui valore corrisponde, in cifra tonda, a oltre la metà (51,86 °/0) della produ zione congenere italiana. Pure con elevatissima percentuale la Sardegna è rappresentata per il numero di operai (62,78) e per la forza motrice (68,81). Per quanto concerne i minerali di zinco, poi, le miniere sarde assegnano all'Italia un posto assai notevole anche rispetto agli altri paesi di Europa, produttori di questo minerale: il terzo posto, dopo, cioè, la Germania e la Spa gna. Di tonnellate 139.719 costituenti nel 1911 la produzione totale dell’Italia, solo poco più di 19.000 tonnellate sono state prodotte nell’Italia continentale; dei 39 milioni di tonnellate costi tuenti il totale della produzione piombifera del- 1 Italia, quasi 38 milioni appartengono alla Sar degna.
Dopo aver fìssala nelle sue linee generali la importanza della produzione mineralogica sarda, l’A. viene ad un esame dettagliato della dina mica della produzione attraverso il tempo e della entità presente di essa. A noi non è dato che riportarne le conclusioni. Tecnicamente le miniere sarde si presentano come dotate di una eccellente organizzazione, sia dal punto di vista dello sfruttamento del prodotto, sia da quello della sicurezza dei lavoratori, tali da poter stare a confronto con altri classici centri minerari del- 1 estero. Specie nella lotta contro le minime par ticelle di minerale che tendono sfuggire all’in dustria, si sono distinte le miniere della Sarde gna, sia affinando con ogni sorta di accorgimento i mezzi usuali, meccanici e chimici, sia speri mentando ogni metodo che sia altrove adoperato o semplicemente proposto.
Certo l’ostacolo maggiore ad una più alta pro
duttività è dovuto al costo della forza motrice, tanto caro quanto è tenue quello della mano d’opera. Mentre da più anni a questa p«u'te l’in dustria, italiana ha trovato un potente alimento nell’utilizzazione della energia gratùita delle acque cadenti dalle montagne, la Sardegna non ha potuto disporre aneóla di questa grande ri sorsa. Ma lo studiò del problema idràulico iso.- lano ha messo recentemente in luce la possibi lità di aumentare le ingenti masse dì acque torrenziali che devastano le campagne sarde e utilizzarle per l’industria è l’agricoltura. Qualè vantaggio possano ricavarne le miniere sarde non può ancora dirsi in modo concretò, ma !é logica la presunzione che il giorno in cui, per 1 utilizzazione della forza idraulica, il costo della lorza motrice, ora tanto elevato, scemasse notevolmente, l’indùstria mineraria arriverebbe all’apice della sua linea ascensionale.
Se dal lato tecnico ed amministrative) l’indu stria mineraria sarda è organizzata in mòdo quasi perfetto, altrettanto, però, non può dirsi per quanto concerne la condizione delle masse operaio ed il regime che disciplina i rapporti di esse con gli imprenditori.
Da una [»al te si trova una massa opei aia co spicua, per la maggior parte proveniente dalle campagne isolane, che da l’energia delle sue classi di età più produttive e di maggior reni dimenio admn lavóro penoso é rischioso,, retri buito con mercédi infinitamente inferióri al tra vaglio ed al pericòlo ed arrestatesi, da più, anni, ad una misura non'proporzionata nè ai proventi dell industria, nè al costo della, vita; una massa vivente in tristissime condizióni igieniche., eco nomiche ed inlelletfuali; capace in qualche mo mento di un molo impulsivo, non di org. nizza- zione che tuteli_ àssiduainentè, coscientemente ì diritti e gli interessi' della 'classò. ’
Dall’altra parte; lo Stato la cui azione putì dirsi sia stata, negativa; il quale ha trascurato costantemente l’industria, mineraria sarda, non considerando per quel che valgano effettivamente i centri di popolazione che T industria stessa ha prodotto; il quale l’indifferenza sua ha spinto sino a non dare, a tutt’qggi, un regolamento, alla legge ancora vigente del ,1859; che i suoi rapporti con gli esercenti ha limilato al prele vamento dei tributi, e quelli con gli operai alle applicazioni delle leggi e dei regolamenti gene rali sul lavoro; che ha lascialo che lo spirito consuetudinario, in luogo di ben definite norme positive, imperasse sovrano nelle relazioni quo tidiane fra imprenditori e lavoratori.
618 L’ ECONOMISTA
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Non si comprende conte, in un periodo di in cessante progressiva evoluzione in materia di legislazione^ sociale, si sia potuto consentire la stazionarietà del regime del lavoro minerario. Esamina l’A. la recentissima legge delPon. Nitti sul contratto di lavoro nelle miniere e riconosce come essa abbia il merito di aver sottratto ad un regime di incertezza deplorevolissimo e di avere disciplinato con norme precise i rapporti fra gli esercenti le miniere e le maestranze operaie. Col disciplinare il contratto di lavoro, con lo stabilire l’obbligo del pagamento quindi cinale della mercede, del regolamento interno, del preavviso di licenziamento, col vietare il pa gamento del salario in altra forma che non sia ! la monetaria, lo Stato ha miralo ad esaudire alcuni dei voti con maggiore intensità espressi dalla massa operaia. Numerose altre questioni la legge però lascia insolute, come quelle del re gime delle pensioni agli operai minatori e dei massimi di orario e dei minimi di salario que stioni che interessano non solo i lavoratori, ma che si riconnettono all’avvenire stesso dell’in dustria.
K perciò anche la sollecitudine dello Stato, oltre che alle masse operaie addette ai lavori minerari, deve volgersi all' industria in sè stessa, come si volge a tanti altri rami dell’umana at tività. Quando si pensi che all’industria mine raria ed alio spirito d’iniziativa cui essa dette luogo, si deve se in regioni già deserte e poco propizie a qualunque altra utilizzazione del suolo, si diffuse un gran fervore di vita e nn relativo benessere; quando si pensi che le mi niere hanno spesso creato comode comunicazioni là ove mancavano, aumentato il valore dei ter reni e dei prodotti del suolo, migliorato le con dizioni della pubblica sicurezza, dato vita ad un attiva industria dei trasporti; che zone un tempo deserte oggi sono centri importantissimi di popolazione e di vita, veri e propri paesi, con scuole, ospedali, uffici, che la squallida, solitaria Cala di Buggerru, per esempio, del 1866, è oggi popolata di circa 7000 abitanti, è il caso di do mandarsi se un azione integratrice, coordina trice, stimolatrice da parte dello Stato non sia più che opportuna e necessaria. E tanto più do verosa è la sollecitudine governativa, in quanto, mentro 1 industria mineraria non può prospe rare senza ingenti capitali, la Sardegna è, pur troppo, lontana dalle grandi correnti capitali stiche che, sole, dànno vita e forza ad ogni ma nifestazione di attività.
[Continua) Lanfranco Maroi.
Per la linea di navigazione
per gli emigranti italiani al Canadà.Il Commissariato dell’Emigrazione ha pubbli cato nell ultimo studio su « La disciplina dell’im migrazione secondo le leggi canadesi, special- mente a confronto con la legislazione degli Stati Uniti e nei rapporti con l’Italia del capitano dottore A. Ehrenfreund, medico della R. Marina, italiana, già addetto per l’emigrazione al Canadà ed ora vice Console onorario in Montreal.
L ufficio premette allo studio le seguenti os servazioni che crediamo riportare.
Avendo S. E. l’amm. Leonardi Cattolica Mi nistro della marina, presentato alla Camera dei deputati nella seduta del Io dicembre 1910 un disegno di legge per la istituzione di una linea
di navigazione per il Canadà, poi modificato
di concerto con la relativa Commissione parla mentare, in esito alla relazione da questa pre sentata nella seduta del 10 dicembre 1912, la legge con cui viene istituita una nuova linea sovvenzionata di comunicazione transoceanica diretta fra 1 Italia e il Canadá, è stata
appro-V atri.
In base ad essa:
« Il Qoverno del Re è autorizzato a stipulare col Governo del Canadà una convenzione per l’istituzione di una navigazione a vapore diretta fra 1 Italia e il Canadà, da sovvenzionarsi in parti uguali dai due Governi, ed il cui eserci zio sarà affidato a una Società italiana... (art. ]). « Per la esecuzione della linea il Governo del Re è autorizzato ad inscrivere nel bilancio pas sivo del Ministero della marina per ogni eser cizio finanziario dal 1913-14 al 1922-23 la som ma di L. 300.000 (art. 2).
« Nella relazione che accompagnava il primi tivo disegno di legge era detto come in esito al «non perfetto» accordo provvisorio di commer cio stipulato dall’Italia nel giugno di quello stesso anno 1910 col Dominio canadese, fosse necessario favorire e sistemare convenientemente le relazioni marittime fra i due paesi.
« Ma l’impianto di una linea diretta di na vigazione italo canadere non è soltanto questione di utilità; esso riveste un carattere di maggiore urgenza, rappresentando un complemento neces
sario dell’accordo commerciale.
vieni-L’ ECONOMISTA 019
maggiormente se la stessa linea dovesse essere sovvenzionata oltre che dall’ Italia anche dal Canada conformemente alle trattative già av viate quando si trovava al potere nel Canada il partito liberale ma ora destinate a scarso successo dopo il Governo del Dominio è stato assunto dal partito conservatore. In ogni modo nel fissare le modalità definitive per la istitu zione della linea non si potrà per certo pre scindere dalla esigenza dei movimenti emigra tori. E pensando all’ esperienza del passato giova sperare che il pagamento della sovven zione non costituirà l’unico e neppure il princi pale obiettivo per cui navigheranno i piroscafi che ad essa saranno adibiti. La linea diretta tra l’Italia ed il Canada funziona dal luglio 1913,
ed è naturalmente ora sospesa; ciò non toglie
però che le considerazioni di cui sopra siano,va lide se la linea si doveva riaprire.
R I V I S T A D E L C O n n E R C I O
Il commercio italiano con l’Egitto nel 1913. _
Dal bollettino della Camera di Commercio e Industria per l’Egitto e il Sudan togliamo i dati seguenti che riguardano il movimento commerciale dell'Italia con questi paesi:
Esportazioni dall'Egitto. — Il valore delle esporta
zioni dal 1° gennaio a tutto il mese di novembre 1913 fu di lire egiz. 20.566.99o con una differenza di lire egiz. 1.842.161 in meno sulla, cifra assegnatu nel pe riodo corrispondente del 1912.
I valori delle merci spedite nei vari paesi che mag giormente esportano da questi mercati, sono i se guenti :
Inghilterra Lire egiz. 11.210.600
Germania » 3.437.272 Francia » 2.383.691 Russia » 1.869.703 Austria-Ungheria » 1.535.580 Italia » 856.070 Turchia » 600.602 Grecia » 22.496 Altri paesi » 4.650.481 Totale Lire egiz. 26.566.995 Gli articoli che diedero maggior valore all’espor tazione per l’Italia sono quelli della categoria cotoni, per la somma di lire egiz. 816.279; seguono in or dine d’importanza:
Cipolle Lire egiz. 9.543
Riso » 8.524 Pomodori » 5.374 Pellami Gomma arabica Sigarette 3.693 2.301 4.077
Importazioni in Egitto. — La cifra di lire egiziane
1.116.612,segnata dali’importazione italiana su quelle ! piazze alla fine del novembre 1912, è salita nel 1913, al 30 dello stesso mese, a lire egiz. 1.279.072, con una | percentuale di aumento superiore al 6*/i 0/0.
La seguente tabella espone i valori delle merci importate da varie nazioni nei primi 11 mesi del 1913, in confronto con i rispettivi valori d’importazione ! durante il periodo corrispondente dell’anno scorso:
1912 1913
Inghilterra Lire egiz. 7.203.151 7.564.830 Turchia » 7.543.101 2.474.906 Francia » 2.155.203 2.257.400 I
Austria-Ungheria » 1.520.897 1,764.702
Germania » 1.296.379 1.466.385 Italia »> 1.116.612 1.279.072 Gli articoli maggiormente importati dall’Italia dal 1° gennaio 1913 a fine novembre furono:
Tessuti di cotone Lire egiz. 408.510 Filati <y cotone » 76.314
Farine » 50.420
Burro e Formaggio » 21.102 Seta greggia e filati seta » 46.278 Vini e liquori » 18.507 Tessuti dì lana » 14.074 Ferre e acciaio lavorato » 11.277
La produzione mondiale del vino. — Su tutta la superficie del. globo terrestre la cultura, della vite non è possibile che in 29 regioni.
Quattordici di queste regioni si trovino in Europa, sei In Asia, cinque in America, tre in Africa e una in Ausi!alia.
Quattro sole di queste 29 regioni producono suffi cientemente vino iri modo da poterne esportare al l'estero. Queste sono: la Francia, l’Italia, la Spagna e il Portogallo.
Ecco la produzione del vino nel principali Stati e il consumo medio annuale per abitante nei principali paesi :
P ro d u zio n e Consumo medio
E tto l. Litri Francia 55.600.000 180 Italia 39.9U0.000 100 Spagna 17.800.000 88 Portogallo 4.600.000 Austria 4.300.000 17 Russia 2.600.000 _ Ungheria 2.400.000 20 Germania 2.400.000 7.05 Bulgaria 2.100.000 _ Turchia 1.800.000 _ Grecia 1.040.000 _ Svizzera 1.000.000 _ Serbia 600.000 15
Come si vede l’Italia tiene per l’esportazione del vino il primo posto.
Il commercio del caffè. -— Le grandi regioni pro duttrici del caffè sono: il Brasile, Haiti, l’America Centrale e le Antille. Ma è sopratutto al Brasile che si deve la maggior parte della produzione mondiale come risulta dallo specchietto seguente:
B rasile A ltri paesi P ro d u zio n e (in sacelli) m o n d ia le
1908- 09 12.912.000 4.003.000 16.915.000 1909- 10 15.324.000 3.801.000 19.125.000 ¡910-11 10.848.000 3.676.000 14.524.000 1911-12 13.037.000 4.337.000 17.374.000 Il caffè costituisce per il Brasile, il principale fat tore del suo commercio internazionale. Nel 1913 sopra un totale di scambi pari a L. 1.629.521.999, la parte rappresentata dal caffè era di L. 1.028.420.705.
Per quanto riguarda il consumo mondiale del caffè si hanno le cifre seguenti;
1911 1912 Stati Uniti 3949 3998 Germania 1817 1682 Francia i n o 1112 Austria 577 565 Paeri Bassi 420 _ Italia 265 276 Belgio 295 260 Inghilterra 130 130
quanto riguarda il1 consumo per abitante si
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Inghilterra kg. 0.29. I Paesi Bassi sono quelli ohe, in proporzione, consumano maggior quantità eli caffè: seguono poi gli Stali Uniti, il Belgio, la Francia, la Germania, l'Austria, l'Italia e .l’Inghilterra con cifre gradatamente minori.."Quest’ultimo paese ha uri con sumo molto limitato di caffè poiché la bevanda na zionale inglese è costituita dal thè. Le oscillazioni dei prezzi del caffè dai 1911 a l, 1913 sono state molto numerose. Nel 1911 sì verificò un movimento al rialzo seguito da una reazione assai brusca. Nel 1912 il prezzo del caffè da 80 lire ogni 50 kg„ discese a 75 lire, per risalire fino a 86 lire nel mese di giugno. Nel 1913 i corsi ripiegarono a 69, a 62 e a 59.75; verso la metà di ottobre risalirono a 72 per poi ri discendere a 62,75. Al 26 febbraio 1914 il caffè sulle piazze francesi e inglesi si quotava 59.50; al 18 marzo 57, al 28 aprile 57.25. Queste variazioni nei prezzi del caffè sono, molto importanti, poiché mostrano quanto sia pericoloso per un paese dedicarsi esclu sivamente a una sola coltura. D'altra parte il caffè ha il vantaggio di potersi conservare parecchio tempo nei magazzini senza soffrire soverchi danni. Ed è appunto su questa possibilità di conservarsi a lungo che si basa la valorizzazione del caffè la quale con siste nel mettere in riserva una parte dei raccolti troppo abbondanti, per venderli pòi nelle annate più scarse.
Le tramvie in Italia, -e- A cura del Ministero dei Lavori Pubblici, Ufficio speciale delle ferrovie, è stata pubblicata la relazione sull'esercizio delle tramvie italiane, anno 1909.
Da tale relazione risulta che durante detto anno furono aperte all'esercizio 33 linee tramviarie o tron chi di linea per una complessiva lunghezza di im pianto di chilometri 109.889. La lunghezza reale delle tramvie al 31 dicembre 1909 era di km. 4.472.773 in cui km. 3.180.405 esercitate a vapore e 1.292.368 km. furono esercitate a-trazione elettrica.
Il costo d'impianto complessivo per la costruzione delle linee e per i successivi lavori di aumento pa trimoniale, ivi compreso anche il valore del materiale rotabile,, raggiunse la somma di L. 324.236.393,89.
I piodotti del traffico diedero una entrata di lire 69.257.328,04 di fronte ad un importo complessivo delle spese di esercizio di L. 47.992.869,39.
il coefficiente medio di esercizio è risultato del 69.29 %.
II numero complessivo degli agenti in esercizio è risultato di 71.534.
L'industria del mercurio in Italia. — I dati che seguono sono tolli dalla pregevole pubblicazione del l’ing. De Castro del R. Corpo delle Miniere, « Le mi niere di mercurio del Monte Amiata ».
ANNO Prod azione tomi. Esportai.tonn. Importaz.tonn.
1893. . . 273 235 13.0 1894. . . 258 337 11.4 1895. . . 199 213 10.3 1896. . . 186 155 30.2 1897. . . 192 236 30.3 1898. . . 173 244 39.0 1899. . . 205 223 62.2 1900. - . 260 259 49.0 1901. . . 278 301 35 5 1902. . . 259 214 56.5 1903. . . . 312 222 28.3 1904. . . 352 266 24.5 1905. . . 369 242 56.9 1906. . . 416 278 11.5 1907. . . 434 350 10.8 1908. . . 684 565 10.1 1909. . . 770 714 2.2 1910. . . 893 780 2.5 1911. . . . 955 1037 2.0 1912. . . . 1000 992 1.5 1913. . . . 1001 993 0.3 27 settembre 1914 1893. 1894. 1895. 1896. 1897. 1898. 1899. 1900. 1901. 1902. 1903. 1904. 1905. 1906. 1907. 1908. 1909. 1910. 1911. 1912. 1913. P re z z o in L s t. p e r bo m b o la fi) (mercato di Londra) M assim o M inim o 6. 17. 6 6. 14— 7. 8. 6 7. 6.— 7. 7. 6 7. 15— 9. 12. 6 9. 12. 6 9. 2. 6 8. 17. 6 '8. 15— 8. 5— 7. 15— 7. 7. 6 8. 5— 8. 10. -9. 17. 6 9. 15— 10. — .— 8. 10— 7. 1 0 .-6. 2. 6 5. 7— 6. 7. 6 6. 5. 6 6. 9 .6 6. 10. -7. 15— 9, 2. 6 8. 17. 6 8. 14. 6 8. 5— 7. 14— 7. 1 — 6. 17— 6. 15— 7. 12. 6 7. 19— 8. —. - 8. 7. 5— 7. 3—
L eccesso di esportazione sulla produzione nei primi nove anni del quadro che precede non potrebbe spie garsi altrimenti che con poca precisione nella compi lazione deila statistica, mentre in seguito l’esporta zione rimane inferiore alla produzione, eia differenza rappresenta il consumo interno. Risulta dal quadro medesimo che l'importazione è andata sempre più diminuendo, fino a ridursi a 3 quintali nel 1913.
Sono noti gli usi e le applicazioni principali del mercurio. Li. riassumiamo brevemente:
I o fabbricazione del cinabro artificiale o vermi glione ;
2° fabbricazione del cloro e della soda caustica per ettolitri ;
3° fabbricazione dell'esplosivo fulminato di mer curio;
4® costruzione di svariatissimi strumenti di fisica per laboratori ed apparecchi di osservazione;
5° estrazione dell’oro e dell’argento dai'.minerali col vecchio processo dell'amalgamazione ;
6° composizione delle amalgame con vari metalli e per svariati usi ;
7° preparazione di medicamenti, l’uso di qualcuno dei queli è molto esteso (bicloruro di mercurio) per disinfezioni su larga scala specialmente nei periodi di epidemie.
Va ricordato infine come da pochi anni l’impiego del mercurio sia stato esteso a numerose applicazioni elettriche per lampade, trasformatori, sterilizzatori.
Si costruiscono lampade elettriche a mercurio, in cui la sorgente luminosa è costituita da una colonna di vapore di mercurio, contenuto in un tubo ermeti camente chiuso, e portata all’incandescenza per il pas- saggio della corrente elettrica, sia a corrente continua, sia a corrente alternata. Queste lampade molto eco nomiche, danno una luce diffusa bianca, senza ondu lazioni, con assenza tolale di raggi rossi.
Si fanno pure apparecchi a vapore di mercurio pel la trasformazione delle correnti alternate (monofasi e trifasi) in correnti continue, consistenti essenzialmente in un’ampolla di vetro contenente vapore di mercurio, portante due anodi di grafite ed un catodo di mercu rio, e montata su un quadro insieme agli apparecchi regolatori e di manovra. La trasformazione della cor rente alternata in corrente continua avviene entro 1 ampolla, appena questa è messa in circuito. Questo apparecchio è noto sotto il nome di trasformatore Westinghouse Gopper-Hewitt a vapore di mercurio. L’applicazione più utile del vapore di mercurio è quella che ha condotto alla soluzione di un impor