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LE DEMENZE: ASPETTI CLINICI ED EPIDEMIOLOGICI. CRITERI DI VALUTAZIONE MEDICO LEGALE

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Year XX ISSN 2035 – 1046

LE DEMENZE: ASPETTI CLINICI ED EPIDEMIOLOGICI.

CRITERI DI VALUTAZIONE MEDICO LEGALE

Dementia: clinical and epidemiological studies.

Evaluation criteria in forensic medicine

Angelo Porrone 1

ABSTRACT

Le demenze rappresentano un capitolo di assoluta rilevanza, sia sotto il profilo epidemiologico, per il numero crescente di casi verificati nel tempo, sia per la grave disabilità che ne consegue, con costi sociali ed economici assai elevati.

La malattia di Alzheimer non è la sola forma di demenza conosciuta, peraltro di natura non ancora ben specificata, ma sicuramente è la forma più frequente, potendosi associare la demenza anche ad altre ben note patologie neurologiche di tipo degenerativo come il morbo di Parkinson.

Gli autori, al riguardo, descrivono un’evoluzione della patologia in tre stadi di gravità crescente, reputati quattro da qualche altro autore, ciò che si verifica, comunque, nello spazio di alcuni anni.

Scopo del presente lavoro scientifico è chiarire molti aspetti di carattere clinico ed epidemiologico, verificare le possibilità terapeutiche, atte a limitare nel tempo il decorso inarrestabile della malattie, ed esprimere valutazioni orientative di tipo medico legale, in medicina legale pubblica, a seconda delle diverse fasi della malattia.

INTRODUZIONE

La demenza rappresenta una malattia di tipo neurodegenerativo, di possibile insorgenza anche in soggetti di 40 – 60 anni di età, ma di maggiore riscontro nelle età avanzate, con un progressivo incremento epidemiologico legato al fattore età.

La demenza di Alzheimer rappresenta la forma a maggiore incidenza, rappresentando circa i 2/3 di tutte le forme di demenza, seguita dalla demenza vascolare, dalle forme miste, dalla demenza fronto – temporale, da quella a corpi di Lewy e da altre forme meno note.

1 Angelo Porrone - Coordinatore Medico Centrale – Responsabile U.O.C. Area Studi, Ricerca e Procedure Medico Legali – Coordinamento Generale Medico Legale INPS - Roma

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Si può facilmente associare ad altre malattie neurologiche, come il morbo di Parkinson, essendo da tempo ben nota l’associazione Parkinson – demenza, con una caratterizzazione reputata classica anche sotto il profilo nosografico.

L’interesse della medicina legale per questa malattia è legata, quindi, alla sua notevole incidenza e alla rilevante associazione della stessa patologia con la disabilità.

La demenza, infatti, già nello stadio intermedio, si caratterizza per la compromissione dell’autonomia del soggetto affetto e per le sue ricadute sul normale svolgimento degli atti quotidiani della vita.

Discussione

Da un articolo dal titolo “Dementia”, tratto dal manuale Merk, Internet, www.merckmanuals.com, stampato febbraio 2014, è possibile valutare gli aspetti inerenti le classificazioni vigenti e i caratteri generali che riguardano la malattia.

La demenza è una malattia cronico – degenerativa, con andamento progressivo nel tempo.

Si può verificare in qualsia età ma colpisce in prevalenza gli anziani.

Le demenze si possono classificare in vari modi, cioè:

• demenza tipo di Alzheimer o non Alzheimer

• demenza corticale o sottocorticale;

• circa l’evoluzione, forma irreversibile o potenzialmente reversibile

• forma comune o forma rara.

Sotto il profilo nosologico, è possibile distinguere i seguenti tipi di demenza:

• Malattia di Alzheimer

• Demenza vascolare

• Demenza a corpi di Lewy

• Demenze di tipo Fronto - temporale

• Demenza associata ad infezione HIV.

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La demenza si può anche verificare in corso di Parkinson, di Corea di Huntington, in fase avanzata, di paralisi progressiva sopranucleare, di malattia di Creutzfeldt - Jakob, della Sindrome di Scheinker, della sindrome di Gerstmann - Sträussler, e di altri disordini neurodegenerativi.

Altre condizioni morbose che possono sfociare in una demenza, sia reversibile che irreversibile, sono date da:

• idrocefalo normoteso;

• ematoma subdurale cronico;

• malattie disendocrine o metaboliche, come l’ipotiroidismo e il deficit di vitamina B;

• intossicazioni croniche neurotossiche.

La depressione può mimare la demenza, ovvero manifestarsi in corso di demenza.

Di norma nell’anziano la memoria di richiamo è rallentata, ma non si tratta di demenza.

Il danno di memoria lieve è già cosa diversa dall’amnesia benigna, correlata all’età, con un modesto deficit mnesico, nel caso della forma iniziale, che non interferisce sull’attività quotidiana del soggetto.

Fattori precipitanti di vario genere possono aggravare il deficit cognitivo, specie farmaci come le benzodiazepine, gli antidepressivi triciclici, gli antistaminici, ecc..

Alla base del disturbo della demenza sarebbe una mutazione di una proteina cerebrale che assumerebbe carattere tossico.

Depositi di beta amiloide sembrerebbero implicati nella patogenesi della demenza.

Riguardo alla storia naturale della malattia, la demenza rappresenta una condizione morbosa che altera lo stato di cognizione globale.

L'esordio è graduale, anche se i familiari possono improvvisamente notare la presenza di deficit, specie, quando la funzione diventa compromessa in modo più evidente.

Spesso, la perdita di memoria a breve termine rappresenta il primo sintomo.

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Inizialmente, i primi sintomi possono essere praticamente indistinguibili dai deficit di memoria età - correlati o dal decadimento cognitivo lieve.

Malgrado lo sviluppo dei sintomi di demenza si verifichi in modo lento e indistinto nel tempo, è possibile distinguere la demenza in iniziale, intermedia e tardiva.

Cambiamenti di personalità e disturbi comportamentali possono svilupparsi presto o tardi.

I disturbi motori o altri deficit neurologici focali si manifestano in fasi diverse, a seconda del tipo di demenza.

Si verificano all'inizio nella demenza vascolare e in fase avanzata nella malattia di Alzheimer.

Crisi epilettiche con varia incidenza si possono evidenziare in tutte le fasi della demenza.

Sintomi psicotici come le allucinazioni, i deliri, o la paranoia, si verificano in circa il 10% dei pazienti con demenza, anche se una percentuale più alta di questi sintomi psicotici si può verificare incidentalmente e in modo temporaneo.

Tornando agli aspetti patogenetici, il deposito di beta amiloide sembrerebbe alla base di diverse forme di demenza, da quella di Alzheimer, in prevalenza, a quella conseguente alla Corea di Huntington, ovvero a quella frontotemporale, fini a quella conseguente alle fasi avanzate della SLA.

Le fasi della demenza, pur trattandosi di una malattia lentamente progressiva, si possono distinguere in iniziale, intermedia e avanzata, anche se qualche autore distingue quattro fasi o stadi progressivi della malattia.

Della fase iniziale fanno parte i deficit della memoria recente, le difficoltà nel ricordare le parole giuste nel discorso, i cambiamenti di umore, in particolare la difficoltà ad affrontare i problemi inerenti l’indipendenza economica, ad esempio, nell’utilizzo del libretto degli assegni, ovvero nel ricordare dove è custodito, oppure come e dove andare a pagare le bollette o le tasse, ecc..

In questa fase iniziale può anche risultare compromessa qualche abilità funzionale anche molto importante, per cui si possono manifestare

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• Agnosia, ossia ridotta abilità nel riconoscimento degli oggetti, malgrado la funzione sensoriale tattile sia integra;

• Aprassia: ossia ridotta abilità nello svolgimento di attività motorie già ben apprese, malgrado la funzione dell’attività motoria sia rimasta integra;

• Afasia: deficit più o meno evidente nella comprensione e nell’utilizzo dell’espressione linguale.

Prima di comprometter la vita di relazione la demenza può comportare cambiamenti d’umore e labilità emotiva che possono essere soprattutto notati dai familiari conviventi.

Nel secondo stadio o fase intermedia della demenza i deficit funzionali mnesici e attitudinali diventano molto più evidenti e i pazienti diventano incapaci di imparare e richiamare alla mente nuove informazioni apprese.

Anche la memoria relativa agli eventi remoti è ridotta anche se non totalmente compromessa.

Già in questa fase i pazienti possono perdere in gran parte o in buona misura la propria autonomia e necessitare di interventi esterni nelle attività di base per il sostentamento quotidiano , ossia lavarsi, mangiare e vestirsi.

I cambiamenti di personalità possono accentuarsi e acuirsi nel tempo.

I pazienti possono diventare irritabili, ansiosi, chiusi in se stessi, rigidi, o adirarsi con maggiore facilità, oppure possono diventare più apatici, con una chiusura verso l’esterno, ovvero può sopravvenire la depressione, l’indecisione, l’assenza di spontaneità, o il ritiro sociale vero e proprio, con chiusura delle relazioni sociali.

Possono apparire disturbi del comportamento per cui i pazienti possono essere dediti al vagabondaggio o prendere iniziative improvvise e inopportune, diventare ostili, poco collaborativi, o anche aggressivi sul piano fisico.

Già in questa fase si può verificare il disorientamento temporale e spaziale, per cui spesso non sono in grado di ritrovare la propria camera da letto o il bagno.

I pazienti entrano in uno stato di confusione mentale che aumenta il rischio di caduta e di infortuni, pur conservando abbastanza bene la capacità deambulatoria.

Il sensorio e la capacità di percezione della realtà sono alterate, potendo subentrare psicosi allucinatorie, con spunti persecutori o paranoidei.

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La struttura del sonno è alterata con frequenti risvegli e agitazione notturna.

Nella fase avanzata della demenza, ormai in forma severa, i pazienti non sono più in grado di deambulare anche se riescono ancora a mangiare e a svolgere qualche altra attività di base , necessitando, comunque, di mezzi di sostentamento quotidiano.

Nella demenza severa possono diventare incontinenti.

Si assiste alla completa perdita della memoria recente e di quella remota.

Possono anche essere presenti gravi problemi di deglutizione.

Manifesti diventano, in tal caso, sia il rischio di grave malnutrizione, che il pericolo di polmonite ab ingestis, mentre l’allettamento favorisce l’insorgenza delle ulcere da decubito.

Considerata la totale perdita di autonomia, il destino di questi pazienti diventa il ricovero in una struttura di assistenza a lungo termine, che, in questo caso diventa assolutamente necessario.

Non essendo, peraltro più i pazienti in grado di riferire i propri sintomi al medico, trattandosi nella gran parte dei casi di pazienti anziani che spesso non hanno nessuna risposta febbrile o leucocitaria alle infezioni, il medico deve fare leva solo sull'esperienza e sull’intuito clinico e si deve basare sui segni e sintomi apparenti in grado di svelare lo stato di malattia del degente.

Gli esiti finali della demenza, in fase terminale, sono dati dal coma e dalla morte, causata in genere da un’infezione.

Esistono poi dei criteri clinici per la diagnosi di demenza e riguardano sia i deficit cognitivi che le turbe del comportamento che fanno tutti parte del quadro clinico.

La diagnosi differenziale fra demenza e altre sindromi contempla i deficit cognitivi collegati alla depressione, i deficit cognitivi collegati con l’età, deficit cognitivi aspecifici di grado lieve, delirio collegabile alla presenza di altre sindromi geriatriche.

Amnesia, afasia, agnosia, incapacità di svolgere compiti complessi, turbe del comportamento sono da considerare fra i sintomi principali per formulare diagnosi di demenza.

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Una buona raccolta anamnestica appare fondamentale per inquadrare la sindrome, valutarne la cronologia, comprendere le residue possibilità terapeutiche, specie in caso di carenze vitaminiche e deficit nutrizionali o ipotiroidismo.

I test che indicano la presenza di carenze della memoria sono soprattutto quelli che indagano la presenza di deficit mnesici della memoria a breve termine.

Il livello iniziale di istruzione e di competenze serve per ben valutare la possibile presenza di deficit rispetto al bagaglio posseduto in partenza.

Il testa si basa sulla visione di 3 oggetti diversi di cui si richiama ilo riconoscimento e la memoria dopo 5 minuti.

Ciò serve per evidenziare possibili deficit, in caso di errore, da demenza.

Test neuropsicologici servono per individuare la presenza di disturbi depressivi o alterazioni della personalità.

Fra gli esami di laboratorio esperibili vanno considerati il valore del TSH e della vitamina B, in caso di sospetta demenza.

I test di radiodiagnostica come TC e RM cerebrale si rivelano utili a verificare la presenza di cause di demenza reversibili, come un idrocefalo normoteso, un ematoma subdurale cronico, i postumi di un recente trauma cranico o un tumore, come anche a verificare lo stato della corteccia cerebrale.

La demenza ha un andamento progressivo e ingravescente, potendosi solo rallentare lo stato di avanzamento della malattia.

Vanno anche adottate misure di sicurezza per la persona affetta da demenza sulle possibili fonti di rischio in ambito domestico.

Negativo appare il cambiamento di domicilio in caso di demenza.

I farmaci inibitori della colinesterasi hanno effetti benefici sulla demenza, aumentando il livello di acetilcolina nel cervello.

Infermieri e assistenti sociali devono farsi carico di insegnare ai familiari come comportarsi e interagire con il paziente affetto da demenza.

Occorre ribadire che la demenza in fase conclamata va direttamente ad interferire con l’indipendenza negli atti quotidiani.

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I sintomi della stessa malattia si instaurano lentamente ma i familiari se ne possono accorgere improvvisamente.

La diagnosi contempla la presenza di deficit in due domini o funzioni cerebrali, anche se è la clinica che guida ogni approccio al paziente.

Un trattato dal titolo “Dementia – Etiology and Epidemiology - A Systematic Review”, The Swedish Council on Technology Assessment in Health Care, SBU, Vol. 1, giugno 2008, pp 1 – 516, offre ottimi spunti di conoscenza riguardo agli aspetti generali della demenza.

I farmaci come gli anticolinesterasici hanno effetti limitati sulla progressione della demenza.

L’incidenza sullo svolgimenti degli atti quotidiani da parte della demenza ha una latenza clinica di 2 – 3 anni dall’esordio.

Circa l’80 % dei costi, notevoli, delle spese sociali e sanitarie della demenza è legato all’incidenza sugli atti quotidiani.

La depressione si associa ad una gran parte di pazienti con demenza.

La demenza è una malattia con deterioramento della sfera cognitiva, affettiva e comportamentale.

Nel 2000 i soggetti affetti da demenza nel mondo erano circa 25 milioni, con una proiezione nel 2030 di 63 milioni di casi.

Sotto il profilo clinico sono state distinte forme reversibili e non reversibili, nel primo caso legate a condizioni cliniche di carattere generale e non degenerativo primario.

La demenza è legata alla multipla disfunzione di diverse aree cerebrali.

Si presenta con declino della memoria a breve e a lungo termine, con prevalenza della compromissione della prima, specie nelle fasi iniziali.

Esiste un declino cognitivo correlato all’età.

Nella popolazione degli anziani la demenza è presente nel 5 – 10 % dei casi, con un numero leggermente superiore di casi di declino cognitivo legato all’età.

Con l’avanzare degli studi nel tempo vengono individuate la demenza primaria di Alzheimer, quella vascolare e quella Fronto - Temporale.

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Sono stati poi distinti, con il sistema di classificazione ICD 10, nel 1992 6 sottotipi di demenza vascolare, corticale, sottocorticale, mista, ad esordio acuto, non specificata, altre.

I)n effetti fra le demenze, in generale, si distingue la malattia di Alzheimer, la demenza vascolare e la forma mista fra le due, che ricorre nell’80 % delle forme reputate vascolari.

Le forme di demenza considerate “altre” sono quelle da idrocefalo, da ipotiroidismo, da infezione acuta, di tipo tossico, ecc..

Non tutti gli autori accettano il termine di “amnesia senile benigna”, concetto a metà fra la para – fisiologia e la patologia.

Gli studi sulla demenza si sono evoluti nell’ultimo secolo, ma hanno avuto un impulso notevole negli ultimi 20 anni.

Dapprima sono state distinte la demenza primaria di Alzheimer da quella vascolare multi - infartuale.

Ulteriori distinzioni sono state rese possibili con gli studi istologici.

Una grossa classificazione divide le demenze in primaria di Alzheimer, vascolare e forme secondarie di vario tipo.

Anche la demenza vascolare può essere distinta in tre forme, cioè post – infartuale, da infarto incompleto e da piccoli infarti cerebrali.

Sono stati anche distinti 6 sottotipi di demenza vascolare a seconda dell’interessamento corticale o sottocorticale, ovvero forme demielinizzanti e forme miste di vario genere.

Anche gli aspetti clinici possono variare a seconda della localizzazione e della gravità e diffusione delle forme in essere.

Esistono inoltre forme pure di Alzheimer e forme miste vascolari.

Le forme cliniche di Alzheimer sono eterogenee e la malattia non pare avere una connotazione ereditaria e/o familiare.

Si tratta in tutti i casi della causa principale di forme severe di demenza.

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Deficit cognitivo progressivo, perdita della memoria a breve termine, disorientamento spaziale, talora presenza di allucinazioni, ecc., sono comuni caratteristiche della malattia di Alzheimer.

All’istologia e al tavolo autoptico si notano numerose placche corticali cerebrali accompagnate da depositi neurofibrillari corticali.

Depositi di amiloide furono notati fin dai primi studi sulla malattia.

L’Alzheimer non ha praticamente età anche se colpisce soggetti fra i 40 e i 90 anni di età, con una predilezione per gli ultra65enni.

La diagnosi clinica si giova dell’assenza di presumibili altre cause di tipo secondario.

La maggior parte dei pazienti con malattia di Alzheimer sviluppa dismnesie, disfasia, disgrafia, dis - agnosia, dis - aprassia e disorientamento spaziale, ciò che indica il coinvolgimento bilaterale della rete neuronale della struttura limbica temporale e della corteccia di associazione situata in sede temporo - parietale.

Questo non esclude la presenza di variazioni individuali significative per quanto riguarda i sintomi e il corso della malattia.

Di speciale interesse appare l'influenza dei fattori vascolari, rappresentando tali aspetti delle componenti dinamiche della malattia di Alzheimer e comunque manifestazioni frequenti tanto nell’Alzheimer che nella malattia cerebrovascolare.

Le alterazioni degenerative cerebrali vanno, poi, di pari passo con la progressione clinica della malattia.

I sintomi psichiatrici di accompagno nella fase prodromica, sono dati da irritabilità, ansia, diffidenza, depressione, passività e carenza di orientamento spaziale.

La durata media della malattia viene riportata da 4,5 anni, per qualcuno, 5,8 anni per talaltro autore, fino a 7,1 anni per altri.

In corso di malattia si possono anche presentare attacchi epilettici.

Deterioramento cognitivo severo e sintomi psicotici possono caratterizzare il decorso clinico della malattia.

Deficit cognitivi severi accompagnati da episodi psicotici appaiono predittivi, in senso sfavorevole, di morte precoce.

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Esistono due picchi di età della malattia, 55.9 ± 4.8 anni e 72 ± 4.4.

L'afasia è stata trovata nel 60% dei casi, sintomi extrapiramidali sono stati riscontrati nel 44.5% dei casi, rigidità muscolare senza clono nel 18.5% dei casi, presenza contemporanea dei due sintomi nel 6.2% dei casi.

Personalità premorbosa, comorbilità e fattori socio – ambientali paiono coinvolti nei sintomi di esordio e nel decorso della malattia di Alzheimer.

Esistono diversi stadi della malattia.

Lo stadio iniziale preclinico è dato da sintomi di esordio subdoli, in assenza di un chiaro quadro di demenza.

Lo stadio intermedio si caratterizza per una riduzione dei risultati del test MMSE.

Reazioni emotive e cambiamenti di comportamento fanno parte del quadro iniziale preclinico della malattia e sono spesso notati dallo stesso paziente.

Non c’è interferenza significativa sulle attività quotidiane in tale stadio.

Deficit di memoria, mutamenti di umore, disorientamento ed episodi di confusione mentale segnano il lento progresso della malattia.

Il paziente tenta anche delle strategie per mitigare il deficit cognitivo.

Esistono anche forme maligne di demenza con evoluzione molto più rapida.

Episodi ischemici cerebrali si possono associare, in modo accessorio, al decorso della malattia, specie nelle forme miste.

I sintomi possono anche essere aspecifici, con neurastenia, apatia, difficoltà nella concentrazione, ridotta iniziativa e attività.

Ansia, depressione e paranoia possono essere sintomi comuni.

Possono talvolta prevalere, nelle fasi inziali della malattia, i sintomi psichiatrici positivi su quelli negativi di ridotta efficienza cognitiva.

Il secondo stadio della AD comporta un progressivo deterioramento mentale dominato da dismnesia, disfasia, disprassia, disgnosia e disorientamento spaziale.

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E’ sempre collegato alla degenerazione corticale temporo – parietale della malattia.

Nella degenerazione sono anche coinvolti il lobo frontale e la struttura limbica anteriore, sia a livello corticale che subcorticale.

Il discorso diventa non spontaneo ed esitante, con i deficit di richiamo alla memoria delle parole.

Si associa deficit della scrittura con numerosi errori di ortografia inattesi.

E’ caratterizzata da omissioni e iper – ripetizioni delle parole.

Deterioramento episodico con ansia severa e presenza di stati deliranti è un tratto comune durante il secondo stadio di AD, con pazienti che diventano sempre più sensibili ad ogni genere di sforzo psicologico e fisico.

Le cadute e le fratture sono comuni nei pazienti con ipotensione ortostatica, con un’incidenza superiore al 50% in AD e in casi di demenza vascolare o mista.

L’eziologia è complessa ed è data da una combinazione di senescenza, debolezza muscolare, possibile collasso cardiaco, farmaci, inattività ecc.

Disfasia, disprassia, disgnosia e disorientamento spaziale sono fortemente correlate con la degenerazione e la disfunzione della corteccia di temporo – parietale.

Durante il secondo stadio di AD aumenta il disturbo video – spaziale.

La disprassia si incrementa, con difficoltà progressive nel mangiare e nel vestirsi.

In questa fase i pazienti, se automobilisti, preferiscono non guidare più.

Si possono anche osservare sintomi del Parkinson, come tremori e fenomeno della ruota dentata.

Crisi epilettiche generalizzate e mioclonia si possono verificare, in tale stadio, nel 50 % dei casi.

Si associa, in tal caso, una degenerazione dei gangli della base e del lobo frontale che determinano tali sintomi neurologici.

Il portamento dei pazienti, in questi casi, viene descritto come lento, instabile, e goffo.

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Si possono associare anche disturbi olfattivi.

L’andatura avviene, per lo più, a piccoli passi.

Le difficoltà della deambulazione si verificano, in tal stadio, fra il 40 e il 50 % dei casi.

Si associa a degenerazione dei lobi bifrontali.

L’aprassia della marcia comporta cadute e fratture.

Agnosia visiva, amnesia severa e iperoralità possono essere presenti ed essere associate con il danno temporale delle strutture linbiche.

L’ipersessualità e la bulimia sono invece poco comuni in AD.

Rara è anche l’incontinenza in questo stadio.

Cefalea e vertigine si riscontrano nel 25 % dei casi dello stadio II.

Durante il terzo stadio della AD la comunicazione diventa più ristretta e difficile, con comparsa frequente di sintomi neurologici di tipo extrapiramidale.

Nel 40 – 50 % dei casi è presente il mioclono.

Nella fase di ulteriore progressione della malattia il paziente può essere costretto ad allettarsi.

Severi deficit cognitivi della memoria sono presenti in tutti i pazienti, associati in vario modo a deficit della prassia e dell’espressione verbale.

Si è verificato che ogni stadio della AD dura in media 2 anni, anche se si possono alternare fasi con stasi della malattia, anche per lungo tempo, con conservazione della comunicazione.

L'ideazione paranoica è stata riscontrata nel 39% dei pazienti, le crisi epilettiche generalizzate, presenti anche nei primi stadi, nel 32%, e i sintomi extrapiramidali nel 48% dei casi.

La durata media dei sintomi di AD negli ultra70enni è stata, in uno studio, di 3,5 anni.

Deliri di gelosia e allucinazioni uditive si possono associare facilmente ad una AD.

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Le allucinazioni sono collegate alla progressione dei deficit cognitivi.

Cecità, sordità e abuso di farmaci possono favorire l’insorgenza delle allucinazioni in corso di AD.

I deliri sono presenti nel 43 %dei casi di AD, specie a sfondo persecutorio, nel 73

% dei casi con errori di riconoscimento, e nel 29 % dei totali, con episodi di aggressività fisica,.

Mentre i deliri non paiono essere strettamente correlati con la progressione dei deficit cognitivi, ciò pare accadere per le allucinazioni.

La consapevolezza dei deficit da parte dei pazienti di AD è diagnosticamente significativa ed utile sia per fare diagnosi di demenza, che per distinguere i sottotipi di demenza.

Sono anche descritte forme di AD familiari, legate ad intossicazione da alluminio o altro tossico, associate alla sindrome di Down, ecc..

La Demenza a corpi di Lewy o DLB presenta un fenotipo clinico con molte caratteristiche in comune con la demenza nel morbo di Parkinson , PDD, e quella tipo AD.

Operare una diagnosi differenziale fra le varie forme di demenza può essere assai difficile sotto il profilo clinico, non esistendo sintomi clinici mentali o di altro tipo patognomonici di nessuna particolare forma di demenza.

Episodi di deterioramento cognitivo acuto sono più tipici della AD rispetto alla forma vascolare.

Può essere di aiuto l’utilizzo delle tecniche di neuroimaging per distinguere le varie forme, almeno quelle più comuni.

La diagnosi di AD o malattia di Alzheimer resta, comunque, prevalentemente clinica.

Le caratteristiche fondamentali della demenza restano legate, in ogni caso, al declino cognitivo progressivo ed irreversibile, relativamente lento e di varia durata.

Presenza di grovigli di neurofibrille, di placche e di depositi di proteina beta amiloide, appare regolare nella AD.

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Difficile appare soprattutto la distinzione fra AD e demenza vascolare.

Una presenza di varie lacune cerebrali di tipo ischemico non ha sempre trovato una stretta correlazione clinica con un quadro di demenza tipo AD, potendo le due situazioni coesistere a vario titolo.

Nei disordini comportamentali vanno considerati:

• perdita della consapevolezza personale, ridotta igiene personale,

• ridotto contatto sociale, tendenza all’isolamento,

• comportamenti disinibiti, nella sfera sessuale, nel contatto fisico con aggressività, iterazione dei comportamenti, comportamenti puerili,

• stereotipie, manierismi, ritualità,

• rigidità, inflessibilità, capricci alimentari, difficoltà nei cambiamenti delle abitudini dietetiche, ecc.,

• iperoralità, con fumo eccessivo, abuso di alcoolici, esplorazione degli oggetti con la bocca, ecc..

Nei disturbi della sfera affettiva rientrano:

• depressione, ansia, eccessivo sentimentalismo, idee suicide ed ideazione fissa, episodi di delirio;

• comportamenti bizzarri, eccessiva preoccupazione;

• indifferenza emotiva, mancanza dell'empatia e di comprensione, apatia;

• amimia, mancanza di iniziativa spontanea.

Fra i disordini del linguaggio rientrano:

• discorso povero, ridotta espressione del linguaggio,

• stereotipie del discorso con uso ripetitivo di pochi termini,

• ecolalia e perseverazione,

• nelle fasi avanzate, mutacismo.

Fra i sintomi fisici si annoverano:

• incontinenza primaria,

• nella fase avanzata, acinesia, rigidità, tremore

• possibile pressione sanguigna bassa ed instabile.

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Sono elementi a favore della diagnosi di AD:

• esordio precoce prima del 65 anni

• familiarità di AD,

• presenza di paralisi bulbare.

Secondo il DSM – IV del 1994, si riconoscono sintomi tipici di AD:

1. lo sviluppo di deficit conoscitivi multipli, manifestatisi dall'uno sia come deficit di memoria a breve termine, ossia dell’abilità ad imparare nuove informazioni, e anche a lungo termine, nel richiamare informazioni prima già apprese;

2. presenza di uno o più dei disturbi seguenti conoscitivi:

a) afasia (disturbo del linguaggio);

b) aprassia, ossia deficit dell'abilità ad effettuare le attività motorie malgrado la presenza di funzioni motorie intatte;

c) agnosia ossia incapacità a riconoscere o identificare gli oggetti malgrado la funzione sensoria intatta;

d) disturbo nel funzionamento esecutivo, quali, ad es., pianificazione, organizzazione, mettere in sequenza, astrarre, ecc.. .

I disturbi di cui ai punti 1. e 2. devono essere tali da inficiare il funzionamento sociale o lavorativo del soggetto considerato.

Ulteriori e importanti conoscenze sull’argomento si possono trarre dal un articolo dal titolo “Dementia - The NICE-SCIE guideline on supporting people with dementia and their carers in health and social care”, NICE Mental Health Guidelines, RCPsych Publications, giugno 2007, Internet, www.rcpsych.ac.uk/publications, Vol. 4, pp 65 - 108.

Si cerca di unificare i concetti di demenza che nell’accezione comune è considerata una malattia degenerativa accompagnata da deficit cognitivi e disturbi fisici che tende a progredire verso la disabilità e la morte.

Sotto il profilo clinico la demenza è vista come un deficit cognitivo globale che comporta una netta riduzione delle abilità funzionali, disturbi psichici e comportamentali.

Si può verificare prima dei 65 anni di età ovvero in epoca senile, in ultra65enni.

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La malattia di Alzheimer rappresenta circa il 60 % delle demenze.

Altre forme comprendono quella vascolare, circa il 20 %, quella a corpi di Lewy e quella Fronto Temporale.

Le demenze si possono associare al Parkinson, alla Corea di Huntington, all’infezione da HIV, alla malattia di Creutzfeldt - Jakob, o malattia dei prioni, e anche a disturbi tossici e metabolici.

Forme miste di demenza sono molto più comuni nelle persone anziane.

Nella AD le sedi delle lesioni degenerative sono date dal lobo temporale medio e dall’ippocampo.

Disturbi del linguaggio e comportamentali sono frequenti nella forma FT, mentre quella a corpi di Lewy si caratterizza per le allucinazioni visive e per i disturbi motori tipo parkinsonismo.

L’AD è caratterizzata da una riduzione progressiva della capacità di apprendimento e delle abilità funzionali.

I disturbi comportamentali possono verificarsi per primi e tendono a diventare più frequenti in rapporto alla gravità progressiva della demenza.

Quando viene persa l’autonomia i pazienti diventano incapaci di vestirsi, lavarsi, mangiare e fare la toletta.

Successivamente si sviluppa il parkinsonismo che può mancare solo nel 25 % dei pazienti affetti da demenza.

La demenza facilita l’insorgenza di malattie generali mediche e comporta anche un declino fisico del paziente.

Nelle ultime due decadi si è tentato di fermare il corso della storia naturale della malattia, cercando di rallentarne le tappe evolutive.

Si è avuta maggiore attenzione e cura nel cercare di valorizzare il patrimonio culturale del soggetto affetto e nel limitare gli effetti negativi ambientali.

L’incidenza della demenza è pari al 5 % nei soggetti ultra65enni.

La stessa colpisce le donne in numero maggiore, a causa della loro maggiore longevità.

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L’incidenza aumenta soprattutto in base all’età.

Esistono dei fattori genetici predisponenti, essendo peraltro la demenza più frequente nei soggetti affetti dalla sindrome di Down.

Tutti i fattori di rischio dell’aterosclerosi sono in grado di aumentare l’incidenza della demenza su base vascolare.

Fattori di rischio cardio – vascolare, diabete, dislipidemie, fumo, ecc., favoriscono l’insorgenza della demenza vascolare.

Una depressione può scandire l’esordio della AD.

L’alluminio come neurotossico è stato considerato nell’ambito delle demenze secondarie.

Cambiamenti di umore e turbe del comportamento possono aprire la scena della demenza.

Sotto il profilo dell’anamnesi, delirio e depressione vanno escluse in presenza di una demenza iniziale.

Il deficit cognitivo va misurato con test e metodi standardizzati.

L’incapacità di apprendere nuovi concetti e di richiamare alla mente correttamente quelli già appresi rappresentano tipici aspetti della demenza.

L’incidenza della demenza è 2 – 3 volte superiore nella sindrome di Down rispetto alla normalità.

La sindrome di immobilità può coesistere con la demenza, aggravandola o traendone origine, nelle fasi avanzate.

Anche i servizi sociali devono operare una valutazione delle condizioni dei soggetti affetti da demenza.

Una persona con demenza, specie in fase avanzata, ha sicuramente bisogno dell’assistenza dei servizi sociali.

Una persona con demenza è una persona fragile e vulnerabile, anche sotto il profilo giuridico, ed ha quindi bisogno di protezione.

In caso di demenza domina l’apatia sessuale, ma ci possono essere anche casi di incremento della sessualità.

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La presenza di un malato di demenza in famiglia ha un notevole impatto e il paziente necessita di cure supplementari da parte del nucleo familiare.

La perdita di autonomia del soggetto con demenza ha riflessi sociali e sanitari.

Ovviamente la demenza può avere gravi ripercussioni sulla capacità giuridica del soggetto affetto, fino alla sua inabilitazione, quando si rende necessaria.

L’idoneità alla guida viene persa dal soggetto demente già in fase precoce.

Familiari e altro attori si devono occupare della cura del soggetto affetto da demenza.

Gli inibitori dell’acetilcolinesterasi hanno aperto l’era della cura farmacologica della demenza negli anni ‘80 e ’90, mentre prima era ritenuta una malattia intrattabile.

I farmaci vanno usati nelle forme lievi – moderate che ancora rispondono alle cure.

Molti problemi medici possono coesistere con la demenza e necessitare di trattamento.

Tali situazioni cliniche possono subire, in tal caso, un aggravamento.

Il sostegno psicologico può mirare, nella demenza, ad un migliore adattamento ambientale e al superamento di certe difficoltà.

La maggiora parte dei soggetti con demenza può vivere in ambiente domestico con i propri familiari.

La migliore soluzione al trattamento della demenza resta, in ogni caso, la cura domiciliare.

Notevole è anche l’impatto economico dei soggetti con demenza, con costi sociali e di cura nettamente aumentati in tutti i casi.

Lo scopo delle cure è quello di migliorare la qualità della vita del paziente e del nucleo familiare convivente.

Nelle fasi avanzate le cure mediche sono solo di tipo palliativo, tese al miglioramento delle condizioni generali.

La nutrizione artificiale e l’idratazione del paziente con demenza appaiono aspetti essenziali in caso di problemi della deglutizione.

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La polmonite rimane una causa comune di morte nelle persone con la demenza, con la mancanza di antibiotici specifici in grado di debellare questa grave complicanza.

Il dolore si associa facilmente con le fasi terminali della demenza.

Con l’incremento dell’età media della popolazione sono aumentati anche i costi di gestione relativi specie legati alla presenza di una demenza.

Già la presenza costante di una badante rappresenta un notevole costo sociale in caso di demenza.

Incentrato, poi sull’inquadramento nosografico delle varie forme di demenza è un articolo dal titolo “Classification of vascular dementia in the Cardiovascular Health Study - Cognition Study” di O. L. Lopez e al., Neurology 2005; 64; 1539 - 1548.

Si trattava, nel caso in specie di uno studio condotto su 480 casi con anamnesi positiva per accidenti cerebrovascolari.

Di questi si è verificato che 52 soggetti hanno sviluppato nel tempo una demenza vascolare e 76 soggetti una demenza mista vascolare e AD, al tempo stesso.

La classificazione in parola è stata operata in base al DSM IV, 4^ edizione.

In base a tali criteri è stato possibile anche stabilire che 117 soggetti avevano una demenza vascolare probabile e 96 una demenza vascolare possibile.

La conclusione è stata che nessuno dei criteri clinici per demenza vascolare ha permesso di identificare uno stesso gruppo dei soggetti.

La diagnosi di demenza vascolare resta difficile in base agli studi di tipo epidemiologico perché la demenza post ictus cerebrale può essere dovuta alla malattia di Alzheimer, anche in caso di evidenza di malattia vascolare cerebrale riscontrata con RM, verificandosi casi di demenza anche in assenza di ictus cerebrali conclamati sul piano clinico.

Appare troppo difficile distinguere sia sul piano clinico che strumentale una demenza di Alzheimer e una demenza vascolare, coesistendo, peraltro, spesso, le due forme cliniche.

Soprattutto la diagnosi di demenza vascolare appare complessa e indaginosa sotto ogni tipo di profilo.

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Va da se che per valutare la reale incidenza della demenza vascolare vanno stabiliti e codificati universalmente i criteri di diagnosi, ciò che appare davvero molto difficoltoso.

Molto utile a definire i termini del problema diagnostico relativo alle demenza appare un altro articolo dal titolo “Presenile dementia syndromes: an update on taxonomy and diagnosis” di M. D. Greicius e al., J Neurol Neurosurg Psychiatry 2002;72:691–700.

Le quattro forme più importanti di demenza degenerativa spesso iniziano nella fase della pre - senescenza: Si tratta della malattia di Alzheimer, della demenza frontotemporale, della demenza a corpi di Lewy, e della malattia di Creutzfeldt - Jakob.

Esistono però controversie nella definizione e nell’inquadramento tassonomico delle diverse forme morbose considerate.

Sotto il profilo della biologia molecolare e dell’istopatologia, la malattia di Alzheimer è fortemente collegata all’accumulo di proteina di β - 42 di amiloide (Aβ 42) , la demenza frontotemporale alle anormalità nella proteina tau, la DLB o demenza a corpi di Lewy all’ aggregazione anormale di una proteina e, da ultimo, la malattia di Creutzfeldt - Jakob ad un’aggregazione anormale di prioni, corpi virali intracellulari.

La malattia di Alzheimer. AD, è la forma più comune di demenza e si verifica nei 2/3 dei casi di demenza.

Esiste una certa ereditarietà anche se solo nel 2 % dei casi di AD si verifica una trasmissione di tipo autosomico dominante.

Determinanti nell’insorgenza della malattia si dimostrano, poi, i fattori di tipo ambientale e, soprattutto, quelli legati alla progressione dell’età, più o meno avanzata.

Le forme autosomiche dominanti esordiscono prima del 60 anni di età.

Stretto appare il legame con la sindrome di Down e con le alterazioni del cromosoma 21.

Sotto il profilo istopatologico si sviluppano placche con depositi di amiloide, il cui numero ed entità sono collegati con la progressione della malattia.

I criteri diagnostici sviluppati dalla NINCDSADRDA rimangono validi anche oggi.

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La AD si può sviluppare prima dei 40 anni e in epoca presenile, con comparsa episodica di perdita di memoria a breve termine.

Le alterazioni patogenetiche della AD riguardano, nelle fasi inziali, il lobo temporale medio.

Il disorientamento spaziale si associa all’incapacità di apprendere nuove abilità.

La malattia di Alzheimer presenta tre aspetti patologici importanti: le placche di amiloide, i grovigli neurofibrillari e la perdita neuronale.

In fase precoce della malattia si sono evidenziati un ridotto metabolismo nelle regioni temporo - parietali, le ridotte misure dell'ippocampo e l'atrofia della corteccia di talune aree, con la formazione di immagini di risonanza magnetica, RM, e di PET, che sono state utilizzate allo scopo di aumentare l'accuratezza diagnostica.

Le scelte di trattamento nella AD mirano a mitigare gli effetti della malattia e a dilazionare i tempi della perdita di autonomia legata alla progressione della malattia.

Gli studi hanno in genere cercato di correlare gli aspetti istologici con la progressione della malattia.

La classificazione nosografica della demenza frontotemporale risale al 1994, quando un gruppo di studiosi ha cercato di uniformare le varie definizioni, quanto mai numerose, sulla forma morbosa, relative a numerosi tipi di disordini di tipo demenziale esistenti.

Si è avvertita sin da quell’epoca una forte connotazione genetica della demenza frontotemporale riuscendo a trovare un collegamento con le mutazioni del cromosoma 17, in grado di produrre mutazioni specifiche nel gene della proteina tau.

I prodromi della malattia, in questo caso, si possono sviluppare in un lasso di tempo che va dai 3 ai 15 anni, secondo i vari studi.

Si sviluppa in genere nella sesta decade di vita, con un esordio insidioso che può ritardare la diagnosi di molti anni.

Predominano all’esordio mutamenti di tipo comportamentale con presenza di disinibizione, apatia, mancanza di concentrazione e di performance mentale, mancanza di empatia, rigidità mentale, noncuranza dello spazio personale, frequente iperoralità, con fumo, alcolismo, utilizzo della bocca per il riconoscimento degli oggetti, comportamenti di perseverazione, ossia ripetitivi, comportamento sociale improprio,

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ciò che è molto comune specie in pazienti con prevalentemente coinvolgimento dell’emisfero.

Predominano anche i deficit progressivi di lingua con possibile afasia.

Il trattamento tende al recupero dell’attività dei recettori della serotonina e alla riduzione del suo catabolismo come anche può necessitare dell’uso di neurolettici psicotropi, per limitare gli effetti psichiatrici della malattia.

Nei disturbi del linguaggio prevale l’afasia espressiva anche, se, successivamente, può verificarsi l’afasia cosiddetta semantica, per la comprensione delle parole.

Anche la demenza a corpi di Lewy trova una difficile collocazione dei sintomi diagnostici e manifesta relativamente un certo tasso di ereditarietà, in sporadici casi, di tipo autosomico dominante, legata alle forme familiari di Parkinson.

Ha una discreta incidenza al punto da essere considerata la seconda causa di demenza degenerativa dopo l’Alzheimer, con un’incidenza media variabile dal 8,5 % al 15 %, secondo i risultati di vari studi.

I corpi di Lewy sono aggregati intracitoplasmatici di sinucleina e altre proteine.

Come anche nell’AD, nella DLB si verifica una perdita importante dei neuroni colinergici.

Fra le encefalopatie spongiformi si riscontra la demenza di Creutzfeldt Jakob, con un’incidenza davvero molto bassa, con le caratteristiche di un’encefalopatia virale e presenza di inclusi detti prioni, considerati agenti infettivi sconosciuti.

Esistono alcune rare forme della demenza appena descritta, di carattere familiare, descritte in letteratura.

Le conclusioni indicano che la maggior parte delle quattro demenze neurodegenerative presenili hanno varie caratteristiche in comune.

Esistono poi varie forme secondarie di demenza da sostanze tossiche, encefalopatie virali, abuso di sostanze stupefacenti.

Di carattere generale appare, poi, un articolo dal titolo “Dementia syndromes:

evaluation and treatment”, di Kevin R Scott e al., Expert Rev Neurother, 2007 April ; 7(4): 407 –422.

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La demenza è una malattia caratterizzata da un progressivo e globale deficit cognitivo.

Si tratta nella gran parte dei casi di una malattia neurodegenerativa, come l’AD, con caratteristiche comuni con le demenze vascolari.

Viene descritta fra i disordini mentali dal DSM - IV che definisce la demenza come una riduzione della memoria con un danneggiamento di almeno un'altra funzione conoscitiva, tale come i movimenti specializzati tipo l’aprassia, il linguaggio, afasia, o la funzione esecutiva, legata, ad es., alla pianificazione, attenzione e ragionamento astratto, ovvero alle più importanti ed elevate facoltà mentali.

Questo riduzione mnesica e cognitiva dovrebbe comportare un cambiamento dal comportamento precedente, danneggiando il funzionamento sociale e/o professionale lavorativo.

Tale ordine di sintomi mnesici e cognitivi non deve essere collegato alla presenza di altre condizioni psichiatriche, come la depressione o altri disordini dell’umore o a psicosi.

Ne deriva di conseguenza un’inabilità nel compimento degli atti quotidiani nella gran parte dei casi.

In percentuale, gli studi indicano una apparente reversibilità della demenza in un 11 % dei casi.

Le abilità cognitive vengono indagate attraverso il test MMSE, per accertare il grado del deficit cognitivo e della compromissione delle funzioni mentali e prassiche.

L’anamnesi appare fondamentale per la diagnosi di demenza e anche per il relativo trattamento precoce.

La depressione si può spesso associare alla demenza, potendo le due malattie coesistere a vario titolo e diventando la diagnosi differenziale talora difficile.

Il test MMSE è in gradi di permettere una diagnosi con una sensibilità del 87 % e una specificità del 82 %.

Anche l’esame obiettivo appare fondamentale per la corretta diagnosi di demenza.

L’identificazione dei deficit focali potrebbe suggerire un’eziologia vascolare o strutturale degenerativa.

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L’ipertonia, l’ipomimia facciale, i movimenti lenti, potrebbero suggerire la presenza di un parkinsonismo.

Il portamento dovrebbe essere esaminato in modo rigoroso per determinare la stabilità della marcia, la lunghezza del passo, la velocità dell’andatura, i deficit eventuali delle abilità, onde identificare precocemente un deficit piramidale sovrapposto o un deficit motorio di tipo extrapiramidale.

La funzione tiroidea, lo stato dell’emocromo, il livello di vitamina B12 e agli atri aspetti nutrizionali vanno adeguatamente indagati onde istituire un adeguato trattamento sostitutivo.

TC e RM appaiono assai utili per verificare lo stato della corteccia e delle altre strutture cerebrali, come anche per valutare la possibili presenza di demielinizzazione.

Le tecniche radiodiagnostiche appaiono molto indicate anche ai fini della diagnosi differenziale.

Visita medica, esame neurologico, somministrazione di test cognitivi appaiono fondamentali per la corretta diagnosi e per l’inquadramento della demenza.

I test di laboratorio e relativi alla funzione tiroidea e all’emocromo appaiono di utilità complementare.

La presenza di deficit cognitivi specifici, relativi a determinate aree, anche in assenza di compromissione delle ADL, si correla con la necessità di instaurare un trattamento precoce farmacologico con anticolinesterasici.

L’individuazione e il trattamento di problemi medici generali può consentire un miglioramento dei sintomi della demenza.

Geriatra, neuropsicologo, assistente sociale e psichiatra geriatrico, sono le figure professionali maggiormente impegnate nel trattamento della demenza.

Nella classificazione in stadi sono generalmente contemplate tre situazioni.

Nel primo stadio del deficit cognitivo lieve, le ADL appaiono conservate e prevalentemente normale appare il funzionamento sociale.

Si evidenziano difficoltà conoscitive in varie aree.

In questo stadio taluni autori operano una distinzione in sottotipi di demenza iniziale, che appare ancora suscettibile di trattamento e miglioramento farmacologico.

Non appare del tutto chiaro, in tale fase, l’utilizzo degli inibitori della colinesterasi ai fini del rallentamento della progressione della malattia.

La AD in ogni caso è la forma più comune di demenza, con un’incidenza variabile, a seconda dei vari studi, fra il 60 e l’80 % dei casi.

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Nel 2000 circa 4 milioni di americani erano affetti da AD, mentre stime prospettiche indicano che tale numero salirà a 13 milioni di casi nel 2050, negli USA.

La AD è caratterizzata dal deterioramento progressivo delle funzioni corticali come il linguaggio, le abilità video - spaziali, il ragionamento astratto, il calcolo, con presenza associata di disorientamento spaziale e ridotte abilità prassiche.

Le abilità motorie, come camminare, sono relativamente conservate.

L’esordio si verifica tipicamente dopo i 45 anni di età ma è più comune dopo i 65 anni o in età ancora maggiore.

I sintomi correlati di AD includono le turbe del comportamento e l'incapacità al compimento delle ADL, con compromissione dell’autonomia del soggetto.

Comuni sintomi psichiatrici che si possono verificare in corso di demenza sono dati da depressione, insonnia ed allucinazioni.

L'incontinenza di tipo non funzionale si può verificare potere accadere verso la fine del corso della malattia, quindi in fase terminale.

Una comune classificazione delle demenze comprende:

• deficit conoscitivo mite, difficilmente distinguibile con quello legato fisiologicamente all’età;

• demenza tipo Alzheimer, distinguibile in tre stadi, iniziale, intermedio e finale;

• demenza a corpi di Lewy

• demenza associata al morbo di Parkinson

• varie sindromi parkinsoniane, con associata demenza;

• demenza mista degenerativa e vascolare;

• demenza vascolare;

• forme demenziali potenzialmente reversibili.

Forme secondarie di demenza possono dipendere, nell’ordine, da:

• depressione;

• abuso di farmaci, politrattamento;

• gravi turbe metaboliche di diversa origine;

• deficit di Vitamina B12;

• disordini tiroidei;

• deficit di tiamina

• presenza di gravi malattie croniche, ad es., IRC, insufficienza epatica, ecc.;

• disordini gastrointestinali;

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• malattia di Whipple;

• deficit di vitamina E;

• pellagra;

• lesioni strutturali cerebrali;

• tumori;

• ematoma subdurale cronico;

• idrocefalo normoteso;

• encefalopatia infettiva;

• neurosifilide;

• HIV/AIDS.

La presenza di placche e grovigli neurofibrillari appare legata al deposito di beta amiloide, riguardo agli aspetti istologici della demenza.

Deficit in attenzione e concentrazione, andatura ridotta, abilità video – spaziali difficoltose , rallentamento psicomotorio appaiono abbastanza suggestivi della demenza a corpi di Lewy.

Questi pazienti sono spesso molto sensibili ai trattamenti con farmaci neurolettici.

Soprattutto la presenza di fluttuazione dei livelli di prontezza e attenzione, l’esistenza di allucinazioni visive e il parkinsonismo sono considerati sintomi necessari per il diagnosi di probabile DLB o demenza a corpi di Lewy.

La demenza Parkinson è caratterizzata da tremore, movimento lento e alterazioni del portamento, sintomi che si possono manifestare con aspetti di tipo conoscitivo, come l’amnesia, il rallentamento psicomotorio e la depressione.

L’ipomimia, la voce molle, la micrografia , la rigidità con fenomeno della ruota dentata, problemi di portamento rappresentano sintomi importanti da verificare nel corso della visita medica.

Rare alterazioni strutturali cerebrali, come la paralisi sopranucleare progressiva e la degenerazione cortico – basale sono spesso accompagnate dalla demenza.

La demenza vascolare ha un’incidenza fra il 10 e il 20 % dei casi, rappresentando, in prevalenza, la seconda forma di demenza per la frequenza.

Si manifesta come un deterioramento improvviso delle funzioni conoscitive o in una fluttuazione degli stessi deficit.

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Clinicamente è dominata dalle caratteristiche subcorticali, come i disturbi della stabilità e del portamento, con le cadute, l’incontinenza urinaria primaria, la pseudoparalisi bulbare ed altri deficit sottocorticali frontali, come abulia, cambiamento dell'umore e labilità emotiva.

La demenza di tipo misto indica una mescolanza dei sintomi prevalenti nella AD e nella forma vascolare.

Inoltre, i fattori di rischio cerebrovascolari come diabete, ipertensione, malattia coronarica e fumo corrente si sono dimostrati in grado di aumentare il rischio di sviluppare la demenza vascolare indipendentemente dall’AD, particolarmente, in funzione dell’aumento del numero stesso dei fattori di rischio.

Diabete e fumo sembrano essere particolarmente tossici, ai fini dello sviluppo della demenza.

Una serie di autopsie dimostra che approssimativamente c’è un’incidenza del 25% e del 45% rispettivamente di AD e di demenza vascolare, in base ai riscontri autoptici ed istologici dell'una e l'altra entità morbosa.

Decresciute nel tempo appaiono le forme potenzialmente reversibili.

Le cause più frequenti di demenze potenzialmente reversibili sono date da plurimi trattamenti con farmaci, depressione e malattie metaboliche.

La maggior parte di studi hanno riportato una percentuale, in qualche caso, variabile tra 0 e il 20% dei pazienti che sono trovati per avere un’eziologia di demenza potenzialmente reversibile.

Peraltro, non sempre tali demenze regrediscono con la correzione ottenuta dalla terapia.

La depressione può simulare e indurre una falsa demenza.

In compenso la depressione può rappresentare la prima manifestazione di demenza.

Numerosi sono i farmaci in grado di provocare una sindrome demenziale, come gli analgesici, i sedativi e gli ansiolitici, ad es., le benzodiazepine o gli ipno - inducenti, gli antipsicotici, come l’aloperidolo, e gli anticolinergici, o altri come la difenidramina, che possono provocare confusione ed agitazione in alcuni pazienti.

Soprattutto il deficit di vitamina B12 può provocare alterazioni ematologiche e

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mielopatie, anche con segni di scompenso mentale.

Sia l’ipertiroidismo che l’ipotiroidismo negli anziani sono in grado di determinare squilibri metabolici capaci di innescare confusione e deficit mentali.

Anche l’alcolismo inveterato nell’anziano può determinare la demenza.

Sindromi da malassorbimento intestinale, deficit di tiamina e altri disordini gastrointestinali possono provocare sindromi demenziali di vario tipo ed entità, di tipo carenziale.

Si tratta nella gran parte dei casi di sindromi demenziali frontali con turbe visive e dei movimenti degli occhi, con associati disturbi motori di vario genere.

Varie lesioni strutturali cerebrali possono determinare deficit cognitivi di vario tenore, come interventi neurochirurgici per tumori ed ematomi subdurali; altra causa può essere data dalla presenza di un idrocefalo normoteso.

Tumori che coinvolgono i lobi frontali, temporali o parietali possono rispondere a terapie di neurochirurgiche o alla radiazione, con possibili deficit secondari dopo asportazione.

Gli ematomi subdurali cronici possono condurre a disfunzioni conoscitive che mimano la demenza in alcuni individui.

Un tumore occulto con localizzazione cerebrale può dare luogo a cambiamenti di umore, deficit cognitivi e turbe del comportamento, mimando la demenza.

Vari tipi di farmaci sono stati impiegati, con scarso successo per rallentare il decorso della demenza.

FANS, estrogeni, testosterone, antipertensivi e altri principi farmacologici sono stati testati in tal senso, senza successo.

E’ stata tentata perfino qualche vaccinazione reputata utile allo scopo.

Nel caso della demenza, trattandosi di una malattia neurodegenerativa, il decorso clinico è inarrestabile fino alla fase terminale.

Farmaci che si sono dimostrati in grado di rallentare in parte il decorso della malattia sono apparsi gli inibitori della colinesterasi e la mementina, ma nelle fasi iniziali.

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Gli antipsicotici atipici a basso dosaggio si sono dimostrati utili nella demenza di grado moderato – severo con turbe del comportamento, allucinazioni e incontinenza.

Riabilitazione cognitiva ed esercizio fisico, insieme a forme di miglioramento delle condizioni ambientali hanno permesso qualche modificazione positiva del decorso della malattia.

In conclusione la AD è la forma più frequente di demenza.

Un approccio multidisciplinare alla demenza, il coinvolgimento positivo di vari attori fra cui i familiari del soggetto affetto, un’assistenza adeguata e un miglioramento delle condizioni ambientali, sono tutti fattori positivi in grado di ridurre l’impatto clinico e sociale della demenza.

E’ possibile che nel tempo vengano sviluppate nuove tecniche e individuati nuovi trattamenti in grado di rallentare il decorso della malattia.

Da un articolo dal titolo “Alzheimer Disease”, Internet, www.medscape.it, di H. S.

Anderson e al., aggiornato 03 febbraio 2014,, è possibile trarre ottimi spunti generali di conoscenza sull’argomento.

La malattia di Alzheimer, AD, è la causa più comune di demenza caratterizzata da un deterioramento cognitivo e comportamentale di severità elevata tale da interferire marcatamente con il funzionamento sociale e professionale.

La malattia di Alzheimer rappresenta un importante problema di salute pubblica anche dal punto di vista sociale ed economico.

Colpisce 5,2 milioni di persone negli USA con un costante incremento di incidenza nel tempo.

Atrofia cerebrale, presenza di placche senili e di grovigli neurofibrillari caratterizzano gli aspetti patologici cerebrali della malattia.

Negli USA il 14 % degli ultra65enni e il 40 % di quelli ultra80enni sono affetti da AD.

Viene considerata un’importante causa di morte per la possibilità di polmonite ab ingestis in caso di difficoltà nella deglutizione.

La prevalenza della malattia aumenta con l’età.

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La storia clinica inizia con una subdola perdita della memoria, ovvero con improvvise turbe del comportamento.

In base ai criteri NIH-ADRDA per la diagnosi di AD viene richiesta la constatazione, da parte del medico, di una progressiva perdita di memoria del paziente, avvenuta in modo lento e insidioso, in un soggetto pienamente consapevole e non in stato confusionale e/o delirio.

L’individuazione delle eventuali cause secondarie di demenza deve avvenire attraverso la combinazione di un esame clinico, dei test di laboratorio e di quelli radiodiagnostici.

La sindrome del lobo parietale destra, con afasia progressiva, paraparesi spastica, e ridotte competenze video - spaziali, è da considerare una variante della malattia di Alzheimer.

L’esame fisico del paziente con demenza di AD iniziale può evidenziare dei deficit cognitivi in varie aree al di fuori di quella della memoria a breve termine.

Un esame neurologico completo serve a verificare la presenza di esiti di plurimi eventi ischemici cerebrali o di un Parkinson, o di altra condizione neurodegenerativa.

La diagnosi differenziale della demenza di AD comprende, nell’ordine:

Afasia;

• Degenerazione corticale gangliare basale ;

• Demenza nella malattia del motoneurone

• Demenza a corpi di Lewy

• Demenza del lobo frontale e temporale

• Malattia di Lyme;

• Neurosifilide;

• Morbo di Parkinson;

• Varianti del morbo di Parkinson;

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• Malattia dei prioni;

• Iper o ipotiroidismo;

• Morbo di Wilson.

Gli esami di laboratorio comprendono i livelli di TSH e degli ormoni tiroidei, quelli di vitamina B12 ematici, l’emocromo con formula e i test di funzionalità epatica.

Le indagini radiodiagnostiche si avvalgono della TC e RM cerebrale, oltre all’uso della PET cerebrale, anche per uno studio funzionale metabolico del cervello.

Anche l’EEG e la puntura lombare, in casi selezionati, si possono rivelare utili a fini diagnostici.

Gli approcci terapeutici per la malattia di Alzheimer attualmente comprendono sia la terapia sintomatica che terapie che modificano il decorso clinico la malattia.

Tutti i farmaci approvati per il trattamento della malattia di Alzheimer sono in grado di modulare l’effetto dei neurotrasmettitori - acetilcolina o glutammato.

Le terapie capaci di modificare il decorso della malattia sono quelle in grado di ritardare l'insorgenza della malattia e / o rallentare la velocità di progressione della stessa.

Lo cure mediche standard per la malattia di Alzheimer comprendono gli inibitori della colinesterasi (ChEIs) e gli antagonisti parziali del N-metil-D-aspartato (NMDA).

Farmaci psicotropi vengono spesso utilizzati per il trattamento di sintomi secondari di malattia di Alzheimer, come la depressione, l’agitazione e i disturbi del sonno .

Questi farmaci includono antidepressivi, farmaci anti-epilettici, utilizzati per i loro effetti sul comportamento, e neurolettici.

Attività mentali, come giochi e cruciverba, e attività fisiche, si rivelano utili nelle fasi molto iniziali della AD.

La Rivastigmina somministrata in cerotto transdermico (cerotto Exelon) si rivela utile come inibitore reversibile, per competizione, dell’acetilcolinesterasi.

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In ogni caso gli effetti dei farmaci sono transitori e per lo più sintomatici.

Circa le caratteristiche epidemiologiche della AD, morbo di Alzheimer, è noto che la malattia colpisce soprattutto persone di età superiore a 60 anni o più.

Il rischio di malattia di Alzheimer continua ad aumentare con l'età.

Persone di età compresa intorno agli 80 anni, per esempio, hanno un rischio significativamente maggiore di persone di 65 anni circa.

Sono oltre 5 milioni i soggetti affetti da AD negli Stati Uniti e più di 30 milioni di persone in tutto il mondo hanno la malattia di Alzheimer.

Molti altri individui hanno sono affetti da una forma mite, o minima, di deficit cognitivo, che spesso precede la demenza.

Si stima che il numero di persone con malattia di Alzheimer crescerà notevolmente nei prossimi decenni, a causa dell’invecchiamento progressivo della popolazione.

La malattia colpisce tutte le razze e tutti i gruppi etnici.

Sembra incidere più sulle donne che sugli uomini, anche per il fatto che le donne hanno un’attesa di vita maggiore.

La demenza, trattandosi di una malattia progressiva, tende a peggiorare nel tempo.

Inizialmente i sintomi sono subdoli e lievi, con progressiva perdita della memoria.

Nel corso del tempo, le persone con la malattia perdono la loro capacità di pensare e ragionare in modo chiaro, giudicare le situazioni, risolvere i problemi, concentrarsi, ricordare le informazioni utili, prendersi cura di se stessi, e anche parlare.

I mutamenti nel comportamento e nella personalità sono caratteristiche comuni.

Le persone con malattia di Alzheimer in forma lieve di solito richiedono, comunque, una stretta sorveglianza e un aiuto per lo svolgimento dei compiti quotidiani, come cucinare, fare compere, e pagare le bollette.

Persone con grave malattia di Alzheimer può fare ben poco autonomamente e necessitano di cure e assistenza a tempo pieno.

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