L'ECONOMISTA
GAZZETTA SETTIMANALE
SCIEN ZA ECONOM ICA, F IN A N Z A , COMMERCIO, BAN CH I, F E R R O V IE IN TE RESSI P R IV A T I
Anno XIV - Voi. XVIII
Dom enica 31 L uglio 1887
N. 691
L i GIUNTA. PERMANENTE DEL BILANCIO
Giacché la proroga delle sedate parlamentari ci permetterà di intraprendere uno stadio ampio e com pleto per quanto ci . sia possibile, della questione linanziaria, e giacché è pur conveniente lasciare tempo al Ministro di concretare le proposte e gli espedienti coi quali intenderà di presentarsi alla Camera ed al paese, crediamo bene incominciare discorrendo prima di uno degli organi principali, che dovrebbero costituire il sindacato al Governo in materia finanziaria, cioè la Giunta permanente del bilancio.Non ci occuperemo della parte politica rappre sentata da questa Giunta permanente, nè della sua origine parlamentare; rileveremo soltanto che è la più importante Commissione, sia per le attribuzioni che le spettano, sia per quelle che, per la natura delle cose, è andata usurpando, tanto che la Camera in più occasioni ebbe a resistere contro la tendenza assorbente che la Commissione manifestava. Ed appunto coll’aumenlata potenza effettiva crebbe an che la importanza politica e la nomina dei membri che debbono comporla è ora uuo degli atti nei quali la forza dei partiti si misura con maggiore tenacità, e quindi con minore cura vien tenuto conto dello scopo positivo per il quale la nomina dovrebbe es ser fatta.
E questo vizio nella nascita produce i suoi effetti, ed effetti, a nostro avviso, gravissimi! Di origine essenzialmente politica, la Giunta permanente del bi lancio si ritiene, nella sua maggioranza, specchio della maggioranza parlamentare e perciò braccio ed aiuto del Governo; nè questo noi troveremmo strano o pernicioso, inquantochè risponde anzi perfettamente ai fatti. Se non che la Giunta, che pure avrebbe il compito di esaminare i bilanci per conto della Camera, e sia pure dal punto di vista della maggioranza, ma sempre da quello del sindacato economico, contabile e politico sull'operato del Governo, a poco a poco, accrescendosi il suo concetto politico e perdendo quello positivo, o diventò docile strumento del Go verno ed eco del pensiero di questo, o più rara mente, mostrò la tendenza di soverchiarlo, quasi costituendo intorno a sè un partito parlamentare. E se dobbiamo, manifestare schiettamente il giudizio nostro con frase più severa, ci parve spesso che la Giunta permanente del bilancio si mostrasse in ge nerale, cieca e compiacente verso il Governo quando questo era forte e potente e circondato da grande maggioranza; altiera, meticolosa, talvolta indipen
dente, tal’ altra ostile, quando gli eventi parlamentari minacciavano prossima una orise ministeriale; in certa, vaga, prudente, riservata quando il Governo viveva di vita stentata e grama.
Non possiamo — ed i lettori ne comprenderanno la ragione — entrare a vele gonfie nella storia po litica per suffragare con esempi questo nostro con cetto, che del resto, ci affrettiamo a dirlo, esprime un giudizio generale e lascia intatte, se ve ne sono, le eccezioni. Noi vogliamo di proposito mantenere all 'Economista l’ indole sua, per quanto è possibile estranea alla politica, e quindi indipendente, così dalle persone, come dai partiti. E d’altra parte senza rivangare storie antiche e limitandoci appunto alla questione finanziaria che oggi preoccupa Governo, Parlamento e paese, ed alla questione ferroviaria che tanto strettamente alla finanziaria si connette, c r e diamo di avere argomenti più che bastanti per di mostrare la nostra tesi.
non era più un fatto, che cioè la finanza italiana non fosse niente allatto turbata, e che non fossero necessari provvedimenti straordinari per mantenere l’equilibrio del bilancio. Sappiamo ufficialmente da qualche mese che le cose non stavano come furono esposte in dicembre dal Ministro. Ebbene, che cosa fa ceva la Giunta permanente del bilancio ? — Come esaminò, sindacò ed approvò i bilanci del 1 8 8 4 del 1 8 8 4 - 8 3 e del 1 8 8 3 - 8 6 ? — Perchè non obbligò il Ministro ad includere nel bilancio quelle somme'che poi essa pretendeva di avere scoperto ( ! ! !) e che do vevano farne parte? S ì, è vero ; qualche frase qua e là, qualche raccomandazione al Ministro si può tro vare nelle relazioni, ma nessun atto dal quale sia apparso che la Giunta del bilancio voleva tener se parata la sua responsabilità da quella del Governo; non una di quelle dimostrazioni energiche che pur sanno trovare i deputati ed i commissari quando si tratta di tutelare la loro dignità personale, ma che non trovano mai a difesa della verità e dell’ inte resse vero del paese. — Non possiamo ammettere che i membri della Giunta ignorassero il vero stato delle cose, ma dobbiamo giudicare che la Commis sione teneva bordone al Governo. Allora la politica dominante, sventuratamente accettata dall’ onorevole Magliani, era di rimandare a miglior tempo qua lunque questione importante e pericolosa ; e si ri mandarono anche quelle sul bilancio. L ’ on. Depretis era ritenuto onnipotente in Parlamento, la Giunta non poteva dire una verità diversa da quella del Go verno. E di questo passo siamo arrivati sino all’ u l tima relazione sulla legge d’ assestamento del bi lancio 1 8 8 6 -8 7 , relazione, che, a parte le acute os servazioni che qua e là contiene, è, e sarà sempre il più solenne monumento della incertezza politica. Il relatore pare sempre preoccupato da un unico pen siero : — Pon. Magliani, così vivacemente attaccato continuerà ad esser ministro ? E prevedendo i due casi, la Commissione del bilancio provvedeva a non disgustare nè l’on. Magliani se restava, nè il succes sore se cadeva.
Che dire poi della condotta della Giunta stessa nella questione ferroviaria, diremo più precisamente nella questione delle nuove costruzioni? Lo si sapeva fino dal 1 8 7 9 che i fondi stanziati non potevano ba stare a costruire le linee votate; deputati e ministri lo avevano ripetuto alla Camera, avvertendo fra le altre cose che non poteva essere noto il costo di molte delle linee delle quali non si erano nè stu diati nè fatti i progetti. Due leggi successive avevano espressamente stabilito che i fondi stanziati fossero considerati come un solo tutto dal quale attingere per provvedere a tutti i bisogni delle nuove co struzioni. Il Ministro dei lavori' pubblici, anche ul timamente, avvertì che la spesa supererà di un mi liardo circa il preventivo e promise di domandare i fondi. Ma la Giunta del bilancio di nulla si avvede ; perfino la Corte dei Conti registra contralti di appalto per costruzioni di linee con una spesa superiore al preventivo. — Viene la crise ministeriale ; il nuovo Gabinetto sembra animato di vita nuova; si vuol conoscere la verità, fino in fondo in materia di co struzioni ferroviarie. Ed appena si comincia a dire questa verità ecco la Camera che si meraviglia. Co me ? Si spenderà un miliardo più del preventivato? — Come? Avete già speso 121 milioni più dell’auto rizzato? — Avete fatti degli storni ? — Avete per messo che la linea A manipolasse i fondi della linea B ì
La Giunta del bilancio tacque sempre e tace an_ co ra; anzi si unisce al coro dei meravigliati e si sorprende che esista questo disordine ; ed incorag gia il nuovo Ministro a mettervi riparo, come se si fosse scoperto anche qui qualche difficile e nascosto fatto! Qualcuno ha detto alla Cam era: — ma perchè vi meravigliate? non avete voi veduto questo stato di cose negli stanziamenti del bilancio, negli alle gati, nelle risposte che il Ministro dava alla Com missione del bilancio alla quale e quindi alla Ca mera, fu reso conto nelle previsioni e nei consuntivi di ogni stanziamento fatto linea per linea, di ogni spesa, di ogni storno, delle anticipazioni infruttifere e fruttifere degli appaltatori ?
Parole che suonavano patente di negligenza o di complicità o di ignoranza per la Commissione del bilancio, e parole che essa udì senza fiatare poiché nulla poteva soggiungere. Se il Presidente della Giunta avesse dovuto rispondere, avrebbe dovuto dire che la Giunta non poteva parlare diversamente dal Governo quando il Governo era forte; dominava la corrente ottimista, e la Giunta era ottimista; do mina ora una corrente opposta? la Giunta la segui rà. E la puerile condotta della Camera che, nella questione delle costruzioni, affannata soltanto dalla mancanza di fondi non sapendo come liberarsene crede vincere gli ostacoli attribuendo la colpa ad un Ministro, diventa, condotta della Commissione per manente che non sa illuminare l’Assemblea e dire ad essa : Signori, è inutile discutere sul metodo ; manca un mdiardo, ed è questo miliardo che bisogna trovare se si vuole senza modificare le leggi attuali con tinuare le costruzioni. Del resto è la stessa Camera che quasi si direbbe designò la natura della Com missione e quasi cresimò questa indole sua dal mo mento che si confortò che ne fosse Presidente chi meglio poteva rappresentare l’incertezza dei propo siti e la pieghevolezza del pensiero, I’ on. Luzzatti.
Da 13 anni, se non erriamo, l’on. Luzzatti fu sempre il negoziatore ffi tutti i trattati internazionali, il relatore di tutti i principali provvedimenti di indole eco nomica ; cambiarono uomini : Sella, Minghetti, De pretis, Magliani, Grimaldi, Doda, Crispi, lui.rim ase sempre ; — cambiarono partiti e lui rimase sempre, colla destra, colla sinistra, coi pentarchi, coi dissi denti ; — indirizzo liberista, indirizzo protezionista, indirizzo agrario, indirizzo industriale si acconciò a tutto. — Dopo tanta esperienza parve l’uomo adatto a presiedere la Giunta del bilancio ; e ci pare che perciò solo sia giudicata quella istituzione tanto nei vantaggi che potrebbe dare con altri uomini, quanto nei danni che apporta cogli uomini attuali. Eviden temente la Giunta permanente del bilancio, così come è ora, è un organo malato; bisogna che altri uomini di quelli che non fanno pompa di aver rinnegate tutte le teorie nè hanno ancora tutto sacrificato al l’opportunismo, risanguino quell’istituzione.
A PROPOSITO DI USA »DOTA PUBBLICAZIONE
I.
31 luglio 1887
L ’ E C O N O M I S T A
491
lia veduto la luce in varie dispense della RassegnaNazionale.
Essa è una storia della riforma frumentaria in Toscana, storia dalla quale apparisce evidente come la libertà fosse in quella regione apportatrice di grandi benefizi. Ed ò per questo che abbiamo detto che i devoti alle dottrine liberali devono essere par ticolarmente riconoscenti al Morena per l’opera sua. Ma espressamente abbiamo prima notato che de vono rallegrarsi tutti i cultori dell’economia politica, sia per la dottrina e la diligenza spiegate dall’Autore, sia per lo zelo infaticabile con cui ha raccolti pre ziosi documenti, sia per la imparzialità che egli, libe rista convinto, dimostra e per la obiettività del suo lavoro, dove, come in ogni buon libro che me riti il nome di storia, sono i latti e i documenti che parlano.
E dobbiamo pur dire che più che si va innanzi nella lettura, e più l'interesse va crescendo. Si di rebbe che TA. è andato via via innamorandosi sem pre più del suo tema.
II.
Per avere un’ idea della importanza di questa pub blicazione, ci sia permesso accennarne brevemente la. tela. L ’ A. ha tracciato le condizioni della Toscana nei periodi anteriori a quello delle riforme Leopol- dine. Ha illustrato il discorso del Bandini, il quale se a torto taluni vollero considerare come fondatore dell’ Economia politica, fu però in qualche modo il precursore dei Fisiocrati e di Smith, e diciamo in qualche modo, perchè egli mirò specialmente alla libertà della estrazione. E noto come il Bandini in vocasse la forza medicatrice della natura, chiedesse poche e semplici leggi e acutamente osservasse che a guarire i mali della Maremma non bastavano i la vori di bonificamento, ma occorrevano provvedimenti economici, e in specie l’abolizione di’ tanti vincoli vessatorii, poiché, secondo lui, quel che faceva più male non era il disordine, ma i troppi ordini, non la ingiù,st zia, ma la troppa giustizia. Aveva scritto il suo libro nel 17-25 e si era presentato ai ministri di Gian Gastone, che lo derisero. « E se non fosse stato vecchio, nobile e prete » per dirla col Salva- gnoli, chi sa come avrebbe finito.
Ma Pompeo Neri, che giovine aveva conosciuto il Bandirli, nei consigli di Francesco di Lorena, il quale iniziò la riforma e in quelli di P. Leopoldo, che la svolse e la compì, difese coll’opera le opi nioni professate negli scritti. E se nel 1767 si fece una logge ancor timida, nel 1771 si adottò la piena libertà frumentaria, e nel 1 7 7 5 la grande opera del principe riformatore potè in questo senso dirsi com piuta. Se non che l’ ignoranza da un lato e gl’ in teressi egoistici dall’ altro si sforzavano di distrug gerla. E il tentativo, divenne pericoloso nei primi tempi del regno di Ferdinando 111, clic nel 1 7 0 1 , mentre le audacie della rivoluzione 'spaventavano le Corti, pose nuovamente in vigore i vincoli restrit tivi. L'esperienza fu ben dolorosa, ma, passato qualche anno, la libertà fu ripristinata. E in ciò ebbe molto merito Vittorio Fossombroni, valente e giovane a l lora, dato tutto all’ idraulica e al risanamento delle terre.
IH.
Quando i trattati del 1815 dettero principio a quella lunga reazione, che doveva soffocare tutte le
più nobili aspirazioni, anche la libertà commerciale faceva paura. Ma allora governava il Fossombroni, il quale non si lasciò piegare, e in ciò fu secondato dal Granduca Ferdinando e più tardi dal suo suc cessore.
Crediamo di non andare errati dicendo che que sta parte del lavoro del Morena è la più interessante. Egli ha ricostruita mirabilmente la figura del Fos sombroni. Niuno gli negò mai altezza d'ingegno e vastità di dottrina, ma in generale gli si mosse l’ac cusa fatta agli statisti toscani, di essere cioè disposti a lasciar fare e passare senza curarsi d’ altro. Dalle cose dette dal Morena e tutte provate con documenti estratti dall’Archivio di famiglia, messo a sua dispo sizione dall’ egregio Senatore Fossombroni, apparisce che l’ accusa sarebbe immeritata. Egli era bensì di opinione che lo Stato non avesse a far troppo; ri teneva che in molti casi meglio giovasse lasciare che l’ equilibrio si ristabilisse da sù invece di acca tastare provvedimenti su provvedimenti, che all’atto pratico si chiariscono sempre inefficaci; ma se da un lato aveva una fede profonda nella libertà e la difese fino ai suoi ultimi giorni, non mancò mai dall’altro di portare la sua attenzione alle più gravi questioni economiche e sociali. E così, ad esempio, quando i produttori chiesero dazi protettori spaventati dal— l’ abbondanza del grano che affluiva a Livorno, egli negò recisamente di mettersi su quella via, ma con cesse loro l’ abolizione di alcuni pesi e alleviò la fondiaria. Nello stesso modo quando furono i con sumatori che, spaventati del caro, chiesero proibizioni e forni normali, rifiutò del pari di cedere, ma pro mosse saviamente e opportunamente pubblici lavori e stimolò i privati a far lavori per conto proprio onde la sussistenza del povero diventasse più facile. E tanto riuscì che a lui per consiglio si rivolsero THuskisson-e il Canning quando vollero tentare di iniziare la libertà frumentaria nel loro paese, e il Fossombroni fu largo di consigli e di suggerimenti, scrisse rapporti ed ebbe fede che l’ Inghilterra avrebbe . dato un grande esempio all’ Europa. E quando in gra vissima età e ormai lontano dal governo dello Stato venne a morte, già gli sforzi della lega di Manchester erano vicini al trionfo.
Così il vecchio statista toscano esercitò insieme cogli scrittori, fra i quali ricorderemo Giovanni Fab- broni, grande influenza sulla riforma inglese. Tanto può l’ altezza dell’ ingegno e la fede inconcussa nella giustizia di una nobile causa !
IV.
nell’ esercizio delle libertà economiche ed è modello di prosperità e di benessere. E tanto è vero che una libertà non va mai completamente sola, che il Go verno di quello Stato è, fatta ragione dei tempi, civile e tollerante e sa resistere alle invasioni della Curia di Roma e alle prepotenze austriache. Finché il Fossombroni fu al Governo, nè concordato nè pre sidio austriaco. Fu solo dopo il 1 8 4 8 che le cose cambiarono. Nel 1 8 6 0 la Toscana veniva a far parte del Regno d'Italia, anzi ne gettava la pietra angolare-Ma ciò non toglie che la storia rimanga storia, e se fu giustizia che la dinastia di Lorena divenuta dopo il 1 8 4 8 devota all’Austria fosse accompagnata ai confini, non è men vero che rimangono una gloria italiana le riforme che Pietro Leopoldo introdusse in ogni ramo della pubblica amministrazione e che furono le più complete di quante in quel periodo di rinno vamento civile si compirono nei vari Stati d’ Italia. A noi è parso sempre ozioso disputare se si sa rebbe andati più avanti o si sarebbe rimasti più indietro se la rivoluzione francese non avesse inter rotto il periodo delle pacifiche, riforme iniziato in Italia. A che prò fare delle indagini cervellotiche per sapere che cosa sarebbe oggi dell’Europa se il si gnor Carlo Bonaparte non avesse sposata la signora Letizia Ramolino e se dal loro connubio non fosse nato secondogenito il primo Napoleone?
Quello che è certo si è che il pensiero italiano brillava anche non di rado di luce originale, benché fosse di moda, specie nell’alta Italia, di dichiararsi discepoli de’ Francesi ; certo che i meridionali ri sentivano meno dell’ influenza francese, e certo che il Bandini di tanti anni precedendo i Fisiocrati visse in un mondo molto diverso dal loro. A lui l’ingegno acuto ed arguto, la vasta coltura, l’ animo tollerante e acceso del bene, la conoscenza dell’ agricoltura e dei mali delia Maremma, avevano fatto intuire molti veri, e mirabile sembrerà a tutti, ad esempio, quello che dice dell’ufficio della moneta. Ma l’ambiente nel quale vive il mite prete di Siena è ben diverso da quello iu cui vivrà più tardi la Fisiocrazia, che è un lato del movimento intellettuale iniziato timidamente da Mon tesquieu, proseguito arditamente da Rousseau e da Voltaire. Questa è un’aria, che odora la polvere delle battaglie. 11 che vuol forse dire che il livello di ferro che la Rivoluziono francese passeggiò, come'altri disse, sulla vecchia Europa, potè giovare a distruggere gli avanzi di altri tempi, ma ciò non toglie minima mente il pregio delle civili riforme colle quali l’ Italia la precedette e non toglie l’esempio dei beueficii ap portati dalla libertà economica alla Toscana per cosi lungo periodo di tempo.
V.
Abbiamo detto come dopo i documenti pubblicati dal Morena non sia più possibile il dubbio sulla in fluenza esercitata dall’ esempio della Toscana e dai suggerimenti dei suoi scrittori e particolarmente da quelli del ministro Fossombroni sulla riforma in glese. Huskisson e Canning, commettendo una in chiesta al ministro inglese a Firenze, tentarono la prova, ma la Camera alla si oppose. Poi il Bowring incaricato dal Parlamento e valendosi dei consigli del Fossombroni, fece uno splendido rapporto e ad ditò la Toscana come esempio da imitarsi dall’ In ghilterra. Poi venne la lega di Manchester e il graude apostolo del libero scambio, il Cobden, che sciamava alla Camera dei Comuni : « datemi un terzo, un
quarto di quel che voi spendete in armamenti come riduzione di dazi, e io vi farò coi vascelli pacifici che circonderanno i vostri porti una cintura più so lida di quella delle nostre navi da guerra ». E final mente, ecco la riforma economica e finanziaria, a cui Peel e Gladstone legarono il nome. Da un lato la potenza economica mirabilmente svolta, dall’altro un sistema finanziario diretto ad abolire o attenuare le imposte gravanti sulle classi più povere, a semplifi care l’amministrazione e a scemare i pesi derivanti dal debito pubblico. E I’ Inghilterra, che compì la sua riforma mentre l’ Europa si manteneva in gene rale protezionista, seguita la sua strada, cosicché la piccola Toscana e la grande Inghilterra ebbero il vanto di lasciare che gli altri si ostinassero nell’er rore. I nostri uomini di Stato e i nostri onorevoli rappresentanti del Senato e della Camera potrebbero meditare questi esempi con mollo profitto.
VI.
Il Prof. Morena ci promette di pubblicare il suo lavoro rifuso e noi lo esortiamo a ciò. In tal modo egli potrà, come avverte, aggiungere la storia com pleta delle dottrine e correggere errori in pro posito. Oltre a ciò avrà agio di togliere certe spro porzioni, che sono naturali quando si scrivono se paratamente i capitoli di un libro da comparire in una rivista. Egli ben fece a condursi così ; portava un buon contingente alla causa liberale nel momento della lotta. Oggi i liberali son vinti, ma son sempre vivi, e il Morena farà benissimo a riordinare il suo
scritto.
E voglia egli permetterci di dargli un consiglio. Egli è stato veramente benemerito nel raccogliere tanta mole di documenti, molti dei quali preziosi ed inediti. È andato fino a cercare in Inghilterra la vedova e il figlio di Giovanni Bowring per ricavarne importanti notizie, e di questo suo scrupo lo di sto rico coscienzioso gli diamo lode grandissi ma. Però sembra a noi che i documenti, salvo casi speciali, dovrebbero in generale essere uniti al testo, ma non interrompere la narrazione. Per esempio, dove rias sume la famosa disputa avvenuta dopo il 1 8 2 0 nel l’Accademia dei Georgofili, oltreché il riferire lunghis simi brani turba l’ economia del lavoro, la mente del lettore si stanca. Riassuma egli, come fa spesso egre giamente, le opinioni sostenute di qua e di là, e metta in allegato i discorsi degli oratori. Crediamo che il libro acquisterebbe di chiarezza e di efficacia.
A noi, liberisti impenitenti, che abbiamo chie sto al cielo la grazia di convertirci, se non alla pro tezione nuda e cruda, almeno a quella professata così largamente in seno del Governo e del Parla mento, a quella che vota un dazio di 5 lire sui ce reali e si consola chi amandolo fiscale, che vota la tariffa doganale così elevata e si conforta pensando che forse si stipuleranno trattati nuovi — a noi dot trinari, a noi abitanti nel mondo della luna, è parso che il lavoro del Prof. Morena sia un buon libro e una buona azione.
LA SITUAZIONE MONETARIA NEL 1886
31 luglio 1887
493
L ’ E C O N
deux Mondes_ del 15 luglio. L ’importanza di quel l’articolo, abbiamo detto, è molto maggiore di quello che l’Opinione non ostenti di credere, sia perchè rap presenta in certo modo quali sono le idee che vanno sempre più formandosi in Francia sull’avvenire della questione monetaria, sia, e molto più, perchè quel- l’ articolo è In prova più evidente che i nostri ne goziatori italiani ed il Ministro dalle Finanze, non hanno nel^ 1 8 8 5 compresa la vera situazione della Francia, nè indovinato il pensiero dei francesi. Agli italiani parve di aver ottenuto gran che prorogando di cinque anni la convenzione ed ottenendo là p ro messa di nuove proroghe, a prezzo di quella bia simevole clausola di liquidazione che noi abbiamo combattuto, più che altro perchè mostrava anche agli stranieri, quanto siano e pieghevole fosse il carattere dei nostri uomini di Stato.
Ma_ siamo arrivati appena al 1 8 8 7 ed ecco che la più riputata delle riviste francesi comincia la nuova battaglia .e svela gl’ intendimenti degli uomini di Stato dalla vicina Repubblica. Poiché, a quanto siamo in formati, l’articolo del signor A. Cochut lungi dal l’essere la_ semplice espressione della sua individuale opinione, è, per ciò almeno che riguarda le conclu sioni, il pensiero di molti economisti francesi, i quali vorrebbero che la Francia abbandonasse l’ attuale suo sistema monetario, per adottare quello del tipo unico.
Noi pertanto, che attribuiamo molta importanza all’ articolo del sig. A. Cochut, crediamo utile farlo conoscere al pubblico italiano riassumendolo con qual che larghezza, nella speranza — pur troppo scarsa — che la stampa paesana si occupi di argomento tanto interessante per la nostra economia.
E cco adunque le idee che sotto il titolo « la si tuazione monetaria nel 1 8 8 6 » il sig. A. Cochut svolge nel primo articolo intitolato : «' la Francia e l’unione latina ».
Nel mondo commerciale si prepara una evoluzione importante per la sua portata, ma generalmente mal compresa e della quale ci si spaventa oltre misura. Si tratta non di demonetizzare deil’argenlo, ma di un cambiamento nella funzione della moneta d’ a r gento. Il metallo bianco, non meno necessario del l’oro nella corrente sociale, dovrà essere limitato nella sua forza liberatrice; il suo avvenire è d’ es sere, in un grado inferiore all’ oro, moneta divisio naria e di appunto, come il bronzo, il quale è più ne cessario e più usato dell’ argento nelle innumerevoli esigenze della vita reale, ma non può essere, in ra gione della sua abbondanza, che una moneta diviso- nana e di appunto dell’ argento. Questa trasformazione è ora compiuta in molti paesi, e, per la forza delle cose, entra a poco a poco nella pratica dei popoli che resistono solo teoricamente ; ma è inev labile che in un tempo più o meno lontano si generalizzi, nè, su questo punto, alcuno può farsi illusione.
Da più di un quarto di secolo, la lotta appassio nata degli interessi, le discussioni e le conferenze ufficiali, le- pubblicazioni e le controversie di ogni specie ed in ogni lingua, hanno affaticato il pubblico senza molto illuminarlo, tanto che, anche in uomini di primo ordine, rimasero dei dubbi. Ma una riforma pari a quella che qui è in questione non potrebbe essere compiuta col mezzo di considerazioni tecniche, nè con trattati internazionali. Ogni paese h? un re
O M I S T A
girne monetario suo proprio, risultante dagli stromenti metallici di cui dispone, dalla sua pratica commer ciale, dai suoi scambi coll’ estero, dal suo sistema di coniazione, dalle sue banche e sopralutto dalle sue abi tudini secolari. Da ciò mezzi e processi di circola zione che non possono essere mutati a volontà, ed ogni popolo impiegherà più o meno tempo per agire, ma alla lunga, ed a poco a poco, la riforma si troverà generalizzata.
Per ciò che riguarda la Francia, la questione si pone nei seguenti termini :
Come è composto attualmente lo stock monetario del nostro paese? Quanti sono gli scudi d’ argento francesi e stranieri od in qual misura vengono uti lizzati ? L ’adozione del tipo unico d’oro incontrerebbe difficoltà nella pratica o pericoli nelle conseguenze? — In poche parole, nella evoluzione irresistibile che che va compiendosi, che cosa può fare la Francia e che. cosa deve fare ?
.Gli scrittori di cose monetarie hanno esagerato as sai la quantità dello stock d’argento monetato attual mente esistente in Francia, e se essa fosse schiac ciata dalla massa di scudi che le si attribuiscono, sarebbe condannata alla immobilità e qualunque ri
forma sarebbe impossibile. Ma se gli scrittori hanno creduto di assegnare alla Francia uno stock di me tallo bianco perfino di 5 miliardi e mezzo ed i meno generosi di 2 miliardi ed 8 0 0 milioni, queste esage razioni derivano dal fatto che si sono rilevati tali dati dalla monetizzazione, la quale fu io Francia più con siderevole che altrove, ma fu trascurato il movi mento economico e commerciale, le cui oscillazioni hanno trasformato più volte il suo stock metallico. Se dopo la guerra del 1 8 7 0 si raccolsero in Fran cia 1 0 5 milioni di monete tedesche, è probabile che le armato del primo im pero, le quali per l o anni hanno corso l’ Europa, vi abbiano disseminata una gran parte delle monete che portavano le effigie del 1° Napoleone. Quando G ay-Lu ssac dimostrò che nella coniazione degli scudi si era impiegato una quantità superiore alla legale di metallo fino, banchieri e cam biavalute raccolsero gli scudi per mandarli al cro giuolo, tanto che il Governo nominò una Commis sione perchè studiasse se non fosse il caso di rifon dere tutte le monete da 5 lire antecedenti al 182 5 . Analogamente avvenne per le monete coniate dopo il 1 8 5 0 che, per la loro stessa perfezione, erano ri cercate dal commercio estero, e molti paesi — spe cialmente la Svizzera — fecero economia di conia zione a spese della Francia ; — nel Belgio il si gnor Pirmez accertò che sopra 5 8 mila lire1, 5 0 ,0 7 5 erano in monete francesi da 5 lire. Dal 1 8 4 8 al 1 8 5 0 la fabbricazione delle monete fu abbondante anche perchè vigeva il corso forzato dei biglietti di Banca, e ¡’ adozione del tipo d’ oro negli 'Stati Uniti fece affluire in Europa I’ argento, così che le zecche fran cesi ricevettero in tre anni 421 milioni in verghe d’argento contro 143 d’oro. È quindi probabile che nel 1 8 5 2 lo stock di metallo bianco si aggirasse in torno ai due miliardi.
rima-nendo. solo quello meno apprezzato, ma questa teo ria non si era mai verificata nella pratica con tanta evidenza. Infatti appena che il mercato di Londra segnò un maggiore valore di quello loga'e per l’ar gento, si verificò in tutte le classi di cittadini e per fino in fondo alle campagne, una specie di avidità a cambiare-con benefizio le vecchie grosse monete d’argento con quelle eleganti d’ oro che fino allora così raramente si erano vedute. In pari tempo operò l’arbitraggio, mostrando come un serbatoio metallico possa essere vuotato, sotto l’ influenza del doppio tipo. Il commercio si procurava dei biglietti di banca por tando degli effetti a.scontare; quando il premio nelle verghe metalliche fu superiore alla spesa dello sconto, si andava a cambiare immediatamente agli sportelli della stessa fianca i biglietti contro specie metalliche che si rivendevano sul mercato, sia sotto forma di verghe, sia sotto forma di monete, secondo il rap porto del valore delle due forme della materia pre ziosa. Quando la Banca di Francia mantenne il saggio dello sconto al 4 0 /o ed i metalli preziosi facevano uri premio di 12 a 1 5 per mille sul mer cato, si portavano degli effetti a 9 0 giorni, pagando 1 per cento per tre mesi, cioè 1 0 lire per 1 0 0 0 lire e guadagnando in modo certo ed assoluto da 2 a 5 mil lesimi per 1 0 0 0 lire. E siccome la Banca di Francia mantenne fino al 1 8 5 7 lo sconto quasi sempre al 4 0 /o e il premio dell’argento, dopo gli invii del l’ oro dall’ Australia, saliva sul mercato di Londra perfino al. 5 5 per 1 0 0 0 , si comprende facilmente come la speculazione si sia lanciata audacemente so pra questa sorgente di guadagno che andava però inaridendosi a vista d’occhio. La rarefazione dell’ a r gento si fece ben presto avvertire e nel 1 8 5 5 si ac certò che un terzo della moneta divisionaria era scomparsa, il che autorizza a credere che l’ uscita degli scudi fosse ancora maggiore, poiché il commer cio non doveva essersi deciso a speculare nelle mo nete divisionarie, se non quando gli scudi, che per il loro titolo offrivano maggior guadagno, erano di ventati introvabili. E le conseguenze di questa spa rizione dell’argento non tardarono; i salari si paga vano in moneta di bronzo ; alcuni industriali conse gnavano una somma al cabarettier, obbligando gli operai d’ andare a prendervi le loro provviste gior naliere ed i loro pasti ; lo stock della Banca di Fran cia, che nel 1 8 4 9 era di 4 2 9 milioni d’ argento e 4 milioni d’ oro, nel decembre 1 8 5 5 era di 18 milioni d argento e 1 1 3 d’ o r o ; la Banca doveva a granili spese comperare I’ argento all’ estero ; e nel senato Belga un senatore raccontò, tra l’ ilarità, di aver ve duto dei vagoni carichi d’argento comperati ad Am sterdam per Parigi incontrarsi con altri vagoni pure carichi d’argento che Parigi vendeva ad Amsterdam. Le zecche francesi dal 1 8 5 3 al 1 8 6 6 , in tredici anni, non coniarono che 91 milioni di scudi, circa 7 mi lioni l’anno, mentre prima del 1 8 5 0 la media era stata di 7 5 milioni. Dei due miliardi a cui si poteva va lutare il metallo bianco nel 1 8 5 2 non rimaneva più, dodici anni dopo, che appena 6 0 0 milioni. Le stati stiche doganali valutavano a 1 ,4 0 0 milioni le ecce denze di esportazione, ed il Belgio ufficialmente con fessò che la zecca di Brusselles aveva rifuso 4 5 0 milioni di monete d’argento francesi ; la stessa Banca di Francia, prendendo parte alla speculazione, cam biò colla Banca d’Inghilterra 3 7 0 ,7 8 6 ,6 0 0 lire d’ ar gento contro oro realizzandoun benefizio di L . 4 1 8 ,3 0 0 . 11 Governo, mosso dai lamenti generali, consigliato
dai giuristi, sempre in maggioranza nei consigli del Governo, esumò le vecchie misure proibitive; proibi zione di fondere monete, ai cambiavalute di annunziare l’ aggio, alle strade ferrate di trasportare monete ni confini ; mandati di cattura contro i cambiavalute e gli aflìnatori, perquisizioni domiciliari. — Meglio consigliato il governo ordinò la fabbricazione di pezzi da cinque lire d’ ero emettendone dal 1 8 5 5 al 1 8 6 9 per 235 milioni, di lire. E per salvare la moneta di- visionaria, di cui non si poteva far a meno, nel 1865 tra la Francia, il Belgio e I’ Italia e Svizzera si con venne di abbassare il titolo delle monete divisionarie da 9 0 0 ad 8 3 5 millesimi, escludendo da questa mi sura gli scudi, sebbene i rappresentanti dell’ Italia, della Svizzera e del Belgio insistessero per compren d e r li;! negoziatori francesi, educati per la maggior parte al rispetto inconscio del 15 1 /2 opposero una resistenza ostinata alla proposta degli altri negoziatori.
Così la Francia s’ impegnò nella lega latina per 1 5 anni senza nulla aver preveduto intorno alle monete d’argento di maggior valore; quelle che sono gli stru- menti del gran commercio e della banca, il che fu una deplorabile inavvertenza. Il corso dell’opinione pubblica e degli studi a quell’ epoca portava aH’unificazicrne universale dei pesi e delle misure, progresso senza dubbio desiderabile e che sarà un giorno raggiunto, ma il cui realizzarsi rimane ancora nascosto' nelle nubi dell’avvenire. Approvando l’alleanza monetaria, gli uomini di Stato ed i deputati erano sotto 1’ in fluenza di tale utopia. Considerando che quattro Siati si impegnavano con trattato di non fabbricare che monete assolutamente identiche, essi non vede vano alcun inconveniente perchè quelle monete, pas sando da un paese all’altro, avessero corso indistinta mente tra i quattro popoli alleati. Sdegnosi per la maggior parte dei principi di economia politica, di sconoscendo uno degli assiomi meglio accertati da que sta scienza, non venne loro l’ idea che le oscillazioni del valore tra i due metalli preziosi sono incessanti, inevitabili e che esse danno luogo al più sottile e più vivace aggiotaggio; ed hanno legiferato cóm ese l’equilibrio del 4 5 4 /2 fosse una legge naturale ed immutabile. Perciò, nella speranza dì universalizzare questa pretesa legge, hanno lasciata aperta la loro lega, invitando gli altri popoli a prendervi parte. Ma una sola nazione vi aderì, la Grecia.
31 luglio 1887
L ’ E C O N O M I S T A
495
sviluppo del commercio internazionale ; che sarebbeadatto a costituire una circolazione intima più sta bile ed in pari tempo più comoda. — In quel mo- mento la riforma sarebbe stata facile poiché 1’ oro era abbondante e la quantità dell’ argento non era superiore a quella indispensabile per il servizio di appunto e dei minuti scambi. 1 quattro popoli con sociati e dei quali la circolazione metallica era ana- oga a quella della Francia, probabilmente non avreb bero fatto ostacolo, e l'imprudenza dei negoziatori del 1 8 6 5 si sarebbe corretta.
Ma al momento in cui la riforma sembrava pros sima, il Ministro delle Finanze, sig. Achille Fould organo dell’alta banca, pronunciò di autorità un veto irresistibile, e la questione monetaria fu sepolta viva. Si rimase nei limiti del 1 8 6 5 e così fu definitiva— mente consacrata per quindici anni e senza clausola di liquidazione in caso di rottura, quella pericolosa Unione latina, che ha già costato tanti milioni alla Francia e che la Francia non ha ancora saldata.
Intanto dal 1 8 6 6 il metallo bianco, che era quasi scomparso, ricominciò a circolare; il che non ò do vuto ai meriti della Unione latina, ma alle nuove scoperte di giacimenti argentiferi ; le importazioni ripresero la via del 15 1 / 2 ; e nel 1 8 6 6 la Banca di Francia acquistò verghe per 8 1 4 ,5 0 0 ,0 0 0 che le costarono 1 1 ,2 1 5 ,0 0 0 il che vuol dire che quelle ver ghe non erano tutte d’oro ; ricominciò il conio de gli scudi ; l’ Italia adottò il regime del corso forzato e versò in Francia non solamente i suoi scudi, ma anche la sua moneta divisionaria. Alla fine del 1 8 6 9 si valutava ad un miliardo la quantità di argento esistente in Francia ed a 9 4 0 milioni quella delie monete di conio nazionale.
Sopravvennero gli anni disastrosi del 1 8 7 0 e 1871 provocando il panico finanziario, facendo scendere a 71 milioni l’ incasso della Banca, arrestare il conio della Zecca, imporre il corso forzato; perciò tre dei quattro Stati dell’ Unione avevano allora il regime della carta moneta. Il metallo bianco scomparve di nuovo ma non fu esportalo, si nascose; i biglietti di banca basta vano ai grossi pagamenti, e si rimpiazzava anche la moneta divisionaria con carta di piccolo taglio.Col 1872 rinasce la fiducia e riappare il numerario metallico, mentre il nuovo impero germanico riforma il suo redi me monetario sulla base del tipo unico e si sbarazza di 1 5 2 2 milioni di lire dal suo stock d’argento, sia colla vendita a Londra, sia per vie commerciali. Questi fatti,concomitanti colla maggior produzione di argento dell’America, determinano il ribasso del metallo bian co, dapprima debolmente, permettendo a Parigi od a Bruxelles il conio di 2 6 7 milioni di monete. Que sta fabbricazione, die sorpassava quanto si era veduto precedentemente, mostrò ad evidenza il vizio della Unione latina; onde i Governi interessati cercarono di reagire, prima limitando, poi sospendendo il conio degli scudi. Così il conio degli scudi in Francia dal 1 8 7 0 al 1 8 7 6 fu di L. 4 1 9 ,3 4 0 ,5 2 0 . Dal 1876 le statistiche doganali indicano una maggior impor tazione di monete d’ argento, nel 1 8 8 5 perfino una eccedenza di 1 0 0 milioni, ma non è probabile che si tratti di un ritorno di vecchi scudi francesi, poiché quelli esportati, quando facevano premio all’ estero, non devono essere stati tesaurizzati ma demonetizzali, per profittare del maggior valore del metallo. Ag giungendo adunque ai 9 4 0 milioni di scudi che si riconobbero esistenti alla fine del 1 8 6 9 i 4 1 9 fab bricati dopo, si ha un totale di 1 5 6 0 milioni di scudi,
If final cifra a mio avviso, rappresenta il massimo degli scudi esistenti attualmente, cioè 1 2 2 0 circa in circolazione all’ interno e 1 4 0 sparsi nei paesi del- I Unione.
La stessa cifra si trova per altre vie indirette, cercando la proporzione degli scudi francesi su quella degli esistenti in cassa in alcuni importanti istituti; le più recenti situazioni della Banca di Francia ac cusano una riserva di 1 7 7 6 milioni di scudi, cifra che può essere decomposta secondo l’origine loro nel seguente modo : monete francesi 7 8 4 milioni, monete estere 3 9 2 milioni. All’infuori della Banca, la somma che resta in circolazione deve adunque essere di circa 6 5 5 milioni, di cui44 3 7 nazionali e 2 1 8 stranieri.
lutlavia^ molti dicono: — pensate mai di demo netizzare l’argento, sconvolgendo il commercio e ro vesciando l’equilibrio dei valori? Che dirà 1’ operaio quando lo scudo che ha ricevuto per salario non gli varrà più che tre lire e forse meno? Che diverrà il commercio minuto ? E la Banca di Fran cia, vedrà sterilizzata la metà del suo tesoro metallico? — Che brivido nei portatori di biglietti e quale diminuzione nel capitale nazionale !
Questi lamenti nulla hanno di sorprendente, e sono il grido istintivo della routine e della ignoranza. Il principio della unità monetaria consacrato da un libro di Carlo Jenkinson conte di Liverpool e poi fatto adottare nel 1 8 1 6 da suo figlio, divenuto ministro, all Inghilterra, questo principio è diventato legge dell’impero germanico, e dei paesi scandinavi, ha consigliato l’ unanimità del voto alla grande com missione internazionale del 1 8 6 9 , ed ò il principio che successivamente dominerà, malgrado tutte le resi stenze per la forza invincibile dell’esperienza, a mi sura che l’ -evidenza dei fatti commerciali e lo stato della circolazione metallica lo renderanno possibile.
L ’ oro però ha il suo lato debole ed è 1’ eccesso della sua potenza d'acquisto, per cui non può essere impiegato se non.nelle grandi transazioni; da questo punto di vista l’argento sarebbe più necessario del l’ o ro ; bisogna dunque dividere e suddividere la moneta preziosa scelta come tipo, monetizzando gli altri metalli di minor valore e che sono ornai usati; l’argento ed il rame. Ma qui si presenta la difficoltà che spaventa ed appassiona in questo momento il com mercio, stabilire cioè tra i diversi metalli i rapporti di valore invariabile. Ed ecco il problema risoluto, appli cando le idee del conte di Liverpool. — Ogni paese attribuirà per legge un valore convenzionale alle monete inferiori, ma ne limiterà l’impiego e la po tenza. Invece di autorizzare il conio illimitato del- 1 argento, lasciando ai privati il diritto di farsi mo netizzare le verghe che presentano, come era prima del 1 8 7 8 , il Governi deve riservarsi il diritto di mone tizzare o farlo nella misura suggeritagli dal bisogno degli scambi. La forza liberatoria dell’ argento sia limitata da 5 0 a 1 0 0 lire, quella del bronzo da 15 a 2 5 . Il metallo argento cesserà allora di essere un equivalente commerciale, per rimanere allo stato di misura, di strumento fiduciario, che, impiegato al- 1 interno, nei limiti fissati dalla legge, conserva la pienezza della sua potenza d’acquisto.
di scudi belgi od italiani destinati a sparire in una liquidazione più o meno onerosa); tal somma non può esser di ostacolo alla riforma che si domanda corrispondendo a 31 franco per abitante. In Inghil terra, dove la moneta è tanto spesso sostituita dagli chèques anche negli affari famigliari, non sembra sovrabbondante una somma di 7 5 0 milioni in argento. La Germania, che ha così abilmente convertito in oro il suo vecchio argento, possiede 4 4 2 milioni di marchi in argento e 5 0 0 milioni di lire in vecchi talleri rimasti in circolazione; il commercio do manda l’ aumento delle monete di metallo bianco non per avere il doppio tipo, come fingono di credere i bimetallisti, ma per avere una maggior proporzione di monete d’argento che facilitino delle piccole tran sazioni.
Del resto numerosi fatti (e qui la mancanza di spazio ci vieta di riassumerli) dimostrano che la popolazione francese si è già inconsciamente sotto messa ed abituata al regime dell’ oro, oggi tutto si regola in napoleoni ed in biglietti di banca. È dun que evidente, che un sistema il quale limitasse a 1 0 0 franchi al massimo e per cominciare, la forza liberatrice del metallo argento, non cambierebbe in nulla le abitudini del consumatore francese e non avrebbe alcuna influenza sui prezzi commerciali che hanno per 'regolatore, da noi come dappertutto, il valore dell’ oro. In quanto alla Banca, quando il po tere legale dell’argento monetato fosse fissato a 100 franchi, potrebbe dichiarare che non riceve per ogni pagamento più di 1 0 0 franchi in scudi ed in pari tempo comprendere in tutti ¡.suoi pagamenti questa somma. Questo lento movimento del metallo bianco, diminuirà a poco a poco lo stock d’argento e stabilirà naturalmente tra i due metalli preziosi una propor zione conforme ai bisogni della circolazione ed al principio del sistema monetario che tende a gene ralizzarsi.
L’ argento sparso per il mondo ha aumentato in quantità ed aumenta ancora, al punto da diventare come il rame sproporzionato ai bisogni. Se il suo ufficio nominale non fosse ridotto, meriterebbe il nome, che già gli si è dato, di assegnato metallico ; invece quando se ne faccia uso in misura stretta- mente limitata, cambia carattere, cessa d’essere equi valente e diventa una specie di titolo fiduciario di cui il potere sanzionato dalla legge, è legittimato dalla sua utilità; ecco perchè, in condizioni ristrette, con serva quel pieno valore che perderebbe infallibil mente se fosse moltiplicato all’infinito.
D’ altronde oggi la limitazione è diventata una ne cessità sociale che domina ogni altra considerazione poiché è un mezzo di sindacato, è l’ unica difesa contro le speculazioni criminose che devono essere suggerite da una differenza troppo grande nel valore commerciale dei due metalli preziosi. La contraffa zione è ancora più pericolosa della fabbricazione della falsa moneta ; imitazione esatta, simiglianza pre cisa colla moneta legale; lo stesso fino, la stessa lega, lo stesso peso, la stessa effige; commercial mente ha lo stesso valore della moneta legale ; ma si fabbrica uno scudo con tre lire e mezza. Gli esempi sono molteplici di fabbricazioni di monete con piccolissimi benefici ; si può supporre che non esistano più di questi speculatori che abbiano cal colato come da una fabbrica di scudi possano gua dagnare dal 3 0 al 4 0 per cento ? Del resto l’Unione
latina ha avuto un primo avvertimento. In ottobre 1885 il Governo italiano, desiderando di completare l’uiii- formità delle sue monete, si fece autorizzare dalla conferenza di Parigi di ritirare dalla circolazione le antiche piastre del' regno di Napoli portanti l’effige borbonica, e di rimpiazzarle con nuove monete da 5 lire. L ’esecuzione era facile, poiché la piastra napo letana valeva intrinsacamente L . 5 , 1 0 e quindi potevano essere rifuse senza perdita ; la maggior parte di quelle monete, che datavano da 2 5 anni, erano state trattenute nelle casse pubbliche e si aveva ragione di credere che una piccola somma sarebbe stata sufficiente per il cambio delle piastre rimaste in corso. La conversione doveva essere terminata alla fine dell’anno; ma ecco che, nei due ultimi mesi, le piastre borboniche si presentano agli sportelli del Tesoro in quantità affatto inverosimile, si parlava di 3 0 milioni per il solo decembre. Esse avevano, lo stesso peso, lo stesso valore metallico, una identità da ingannarsi, e tuttavia si comprendeva bene che per la massima parte erano false ; — ecco il pericolo della contraffazione. La polizia italiana aveva fiutato una fabbrica clandestina di origine inglese, e la cercava a Londra, quando apparve a Malta un decreto del governatore il quale proibiva la importazione nel l’isola della monete di conio dell’ antico regno na poletano, e di quelle monete d’argento coniate a loro imitazione. I falsari erano inglesi, ma lavoravano a Malta.
Non voglio insistere su questo punto scabroso, e mi limito a notare che il solo pericolo della con traffazione , quando si volesse riflettervi, dovrebbe bastare a spingere d’ urgenza i popoli dell’ Unione ad adottare il tipo unico d’oro.
Nella seduta della conferenza internazionale del 7 marzo 1 8 8 6 il sig. Pierson direttore deila Banca dei Paesi Bassi esclamava : — « questa coniazione clan destina delle monete d’ arg en to, la considero come uno dei grandi pericoli delia situazione monetaria di un paese a tipo zoppo. Se, a quest'ora, il male non si è ancora manifestato, ringraziatene Iddio, poiché in verità la vostra saggezza non vi entra per nulla. » Allorché il sig. Pierson parlava così, la differenza tra l’oro e l’ argento era del 12 per cen to ; sono passati 9 anni e la differenza rappresenta almeno il 3 0 per cento !
In un prossimo numero ci proponiamo di dare per esteso P ultimo paragrafo di questo articolo, il quale riguarda specialmente la famosa clausola della liquidazione degli scudi stipulata nell’ultima conven zione dell’Unione latina.
RIVISTA ECONOMICA
Una co n feren z a in tern azion ale p e i p rem i d' e s p o r ta zione su llo z u cch ero — L a r e p r e s s io n e dell' al- coolism o n el B elgio — La cam pagna te d e s c a con tro i fondi ru ss i.
31 luglio 1887
L’ E C O N O M I S T A
497
essere segnalata ai lettori come uno spécimen dei risultati ai quali si perviene con le misure proiettive. È noto infatti che lo zucchero è forse il solo pro dotto che, dopo l’alcool, abbia avute in questi ultimi anni le cure più assidue dei governi, i quali mentre cercavano, colpendo la fabbricazione é, la raffinazione dello zucchero, di trarre grossi proventi vollero an che coi drawbacHs e premi all’esportazione favorire quella importante industria. Ciò che ne è derivato i lettori lo sanno e ad ogni modo è sufficiente ram mentino le crisi avvenute in Austria e in Germania nell’ industria dello zucchero e le continue riforme che negli altri paesi si attuarono nella legislazione fiscale sugli zuccheri. Senonchè i favori che i vari Stati hanno accordato all’industria dello zucchero si sono per così dire neutralizzati a vicenda, e in buona parte son divenuti pressoché nulli, d’ onde continue domande di nuove misure atte a sollevare gli in dustriali che si dedicano all’ estrazione o alla raffi- nazione dello zucchero.
Si è pensato però in Francia, da un deputato che deve avere ancora una dose di ingenuità, che senza un accordo internazionale non sarebbe possibile di rimediare al male deplorato e perciò è sorta l’ idea di venire ad un accordo tra i principali Stati inte Tessati. Il deputato S ans-Leroy è stalo incaricato a questo intento dal Governo francese di studiare nei vari paesi d’ Europa la questione dei premi accordati alla industria saccarifera. E ciò perchè si era già occu pato della questione e infatti in un rapporto presentato alla Camera francese, così si esprimeva sull’ argo m ento: « Tutti i paesi d’Europa colle loro legisla zioni sugli zuccheri si trovano sul piede di guerra, noi dobbiamo consentire a fare come essi o rassegnarci a vedere scomparire dalla Francia una industria per la quale il nostro paese ha tenuto il primo posto sino a questi ultimi anni, e dobbiamo consentire fino a che un Governo sarà tanto ben consigliato da provocare un accordo europeo e avrà sufficiente cre dito per farlo riuscire. Per questo mai vi sarà mo mento più favorevole dell’ attuale; malgrado tutti i sacrifici, la crise che pesa sul mondo ha colpito gravemente l’industria saccarifera che ovunque, per vivere solamente, reclama dagli Stati nuovi sacrifici. » E conchiudeva domandando se non sarebbe il caso di provocare un disarmo generale.
Non v’ ha dubbio che questa specie di disarmo è meno improbabile di quello dell’ altra specie ; parrebbe anzi, come dicevamo sul principio che questo voto sia sul punto di essere realizzato. La Francia, la Germania, l’Austria, l’Olanda e il Belgio hanno ri cevuto dal Governo inglese una circolare con la quale li invita a esaminare se non sarebbe il caso di pro vocare la riunione di una conferenza internazionale che discutesse l’abolizione o la diminuzione dei premi di esportazione accordati dai diversi paesi d’Europa all’ industria saccarifera. E nel pensiero del Governo britannico la conferenza dovrebbe tendere a stabilire un regime comune di dazi o di drawbacks. Intanto il deputato S an s-L eroy che si è già messo in diretta relazione coi gabinetti di Madrid, Lisbona e Londra calcola che l’abbandono dei premi accordati agli zuccheri dai vari paesi costituirebbe per la Francia sola un guadagno annuale di 8 0 milioni di franchi. Se a questa considerazione si aggiunge che anche in Inghilterra le lagnanze per i premi dell’ estero furono e sono frequenti, tanto che la relazione della Commissione d’ inchiesta sulla depressione
oommer-ciale ha dovuto tenerne conto, si può comprendere come la Francia e l’Inghilterra si troveranno d’a c cordo su questo punto. Resta a vedersi se una pari buona volontà si troverà anche negli altri Stati, specie nella Germania, sul qual punto i dubbi sono molti.
Ad ogni modo, riesca o no la Conferenza ad adu narsi ed a raggiungere l’intento dei suoi promotori ci pare che il solo tentativo di riunirla provi ad esuberanza a che punto si possa giungere con i premi di esportazione, i quali, per lo zucchero come per gli altri prodotti, senza bisogno di una speciale conferenza si dimostrano dannosi all’ erario degli Stati, e sono uno dei lati più vulnerabili del sistema finanziario.
— Pare che i Parlamenti abbiano, tra le altre, la missione di reprimere l’ubriachezza, di combattere l’abuso delle bevande spiritose ; almeno a giudicare dai progetti di legge che di continuo sono presen tati ai Parlamenti su questa materia, bisognerebbe credere che sia in potere loro di decretare il di vieto di ubriacarsi. È la solita illusione per la quale si crede che certe malattie si possano curare diret tamente, specie con alcuni articoli di legge, mentre nella maggior parte dei casi la cura non può essere che indiretta e sfugge per ciò all’azione del potere legislativo per far parte di altri uffici sociali.
E non sono pochi quelli che in questo argomento ritengono necessario e logico l’intervento dello Stato sotto forma di aumenti di dazi, di restrizioni alla vendita delle bevande spiritose ecc.; il tutto s’ in tende in omaggio a considerazioni di morale sociale e non meno in onta ai principii della libertà. Nè con ciò vuoisi negare che proprio nulla ci sia da fare; tuli’ altro ; ma si può contestare che le misure le gislative, le quali spesso sono offese vere e proprie alla libertà economica, abbiano raggiunto lo scopo desiderato.
La prova migliore è che anche quei paesi che hanno leggi severe sulla ebrietà non sono riusciti ad attenuare il male, quando non I’ hanno anche p eg giorato. Il Licensing Act, del 1 8 7 2 in Inghilterra, la legge del 2 2 gennaio 1 8 7 3 in Francia, quella del 1 9 luglio 1 8 7 7 in Austria, del 26 giugno 1881 in Olanda hanno, qual più qual meno stabilite, delle misure repressive severe, ma non sono riuscite ad attenuare il male, od almeno quel miglioramento che si può notare è dubbio sia derivato dalla legge o dalie migliorate condizioni delle classi lavoratrici.
Nondimeno nel Belgio il governo ha presentato al Parlamento un progetto di legge per la repressione della pubblica ubriachezza ; e ciò in seguito al voto emesso dalla Commissione di inchiesta sulla situa zione della classe operaia. II governo belga si è ispi rato alle leggi francese e olandese, solo le pene com minate sono meno rigorose; così, ad esempio, la legge belga non porta che I’ amenda quando la legge olan dese vuole la pena del carcere e non fa dipendere dalla recidiva la perdita dei diritti di voto e di eli- gibilità per un tempo determinato, come fa la legge francese.
che colpisce 1’ ubriaco diminuisce le risorse della sua famiglia ; che infine non vi è alcun rapporto tra lo sviluppo del consumo dell’ alcool e la statistica dell ubriachezza e si è rappresentata la legge come un mezzo facile di vessazioni nelle mani dei tira- nelli di villaggio.
La legge è stata tuttavia approvata dalla Camera dei Rappresentanti e diverrà tra breve una nuova pietra di quell’ edificio legislativo che gravita sui cittadini. Questo è certo, ma non e tale invece l’ effetto che dalla legge deriverà. Lo si è visto già; l’aumento enorme dei dazi o delle tasse di fabbri cazione sull’ alcool non hanno impedito in nessun paese che il consumo crescesse progressivamente. Le misure penali repressive avranno aneh’ esse un resultato ben diverso da quello che si attende.
I Da qualche tempo il credito della Russia e il corso dei suoi valori sono attaccati giornalmente e siste maticamente dalla stampa officiosa della Germania. Questa campagna condotta con ardore e metodo ha per fine di indurre il pubblico tedeseo a sbarazzarsi dei valori russi che ora detiene in forte quantità e di impedire la emissione o il collocamento di qualsiasi nuovo prestito sul mercato tedesco.
Questa guerra finanziaria ha già prodotto un r i basso notevole sui fondi di statò russi ed ha fatto scendere le rendite 5 per
0[0
russe fino al 5 per0|0
al disotto della pari e il corso del rublo di credito a 5 5 per 0|0 del suo valore nominale. Un giornale politico importante di Berlino afferma che il mer cato tedesco si è già alleggerito di 8 0 milioni di rubli in titoli russi, usciti principalmente dai por tafogli dei piccoli e medi capitalisti che tengono at tualmente la maggior parte dei valori russi all’estero, dal momento in cui l’Inghilterra se ne sbarazzò in Francia e in Germania. Lo slesso giornale dichiara con una esagerazione che mette in chiaro il lato ar tificiale o il movente politico di tutti questi attacchi: « non c’è un solo Stato, il cui orizzonte sia mag giormente carico come quello della Russia' di gro- se nubi annunciami la bancarotta. »La Ranca imperiale germanica si prepara intanto a cancellare dietro ordine del governo, i fondi e i valori russi dalla lista dei titoli stranieri sui quali essa accorda anticipazioni ; e gli impieghi in valori russi sono stati interdetti agli amministratori delle fondazioni pubbliche e dei beni dei minorenni.
Si dice che in tali contingenze la Russia intenda rivolgersi verso la Francia e negoziarvi F emissione di un prossimo prestito di uno o due miliardi di franchi. D’altra parte si annuncia che la casa Roth schild studia il modo di collocare nuovamente sul mercato inglese i valori russi.
In questa guerra, la quale, notisi bene, è condotta quasi esclusivamente da giornali politici officiosi, le ragioni economiche e finanziarie entrano per poco ; ed è chiaro che si tenta di dare al credito russo quelle ferite più gravi, che è possibile, per togliergli il modo di avvalersi dei capitali esteri per fini po litici di occupazioni o di guerre. Quanto è avvenuto ora alla Russia non può non dare seriamente da riflettere a quei paesi che, come il nostro, hanno uno stock considerevole dei loro valori collocati all’estero. Certo non bisogna esagerare la portata di queste lotte finanziarie, ma è bene trarne fin d’ora ammae stramenti per procedere con oculatezza nella deli cata materia del credito pubblico.
LA SITUAZIONE DEL TESORO
al 30 giugno 1887
Il conto del Tesoro al 3 0 giugno p. p. dava i se guenti risultati :
A t t i v o :
Fondi di Cassa alla scadenza del
l’esercizio finanziario 1885-86. L. 389,740,059.68 Conti di Tesoreria alla scadenza
dell’ esercizio suddetto . . . . » 41,744,299.06
Incassi dal 1° luglio 1886 a tutto
giugno 1887 (Entrata ordin.) » 1,523,665,736.82 Entrata s tra o rd in a ria ...» 232,429.785.77 Debiti di Tesoreria al 30 giu
gno 1 8 8 7 ... » 406,208,485.58 Totale. . . . L. 2,683,688,337.91
P a s s i v o :
Debiti di Tesoreria alla scad.
dell’esercizio fìnanz. 1885-86. L. 535,845,994.65
Pagamenti dal 1" luglio 1886 a
tutto giugno 1887 ...» 1,738,793,118.08
Crediti di Tesoreria al 30 giu
gno 1887 ... ... 66,769,756.27 Fondi di Cassa al 30 giu
gno 1887 . ...» 342,279,468.91 T o t a le . . . L. 2,683,688,337.91