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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.14 (1887) n.665, 30 gennaio

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L'ECONOMISTA

GAZZETTA SETTIM ANALE

*

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, RANCHI, FE R RO V IE IN TER ESSI P R IV A T I

Anno XIV - Voi. VVlil

Domenica

30

Gennaio

1887

N.

065

LA SITUAZIONE DEL MERCATO

Mentre non erano ancora svaniti gli echi delle fe­ licitazioni che la stampa di ogni colore rivolgeva al paese perchè la rendita consolidata aveva per la i # n a volta raggiunto la pari; — e mentre il Ministro delle Finanze — lasciati i più arditi piani — aveva appena presentato il progetto per la creazione di un i uovo titolo al 4 I |2 per cento che preparasse la conver­ s i o n e ; — mentre infine il paese sentiva crescere la fiducia nelle proprie forze e quasi pensava di essersi alla perfine emancipato dai capricci del mercato estero e di poter vivere da sè, ecco sopraggiungere una dura prova, che turba tutti i mercati, che scom ­ pagina i piani, che fa svanire molte illusioni. La nostra rendita, che nei primissimi giorni del 1887, compresi gli.interessi maturati, aveva visto il corso di 102,75, ha subita una scossa tremenda ed è scesa nelle piazze italiane al 96,50 a Parigi perfino al 95,45.

Ecco nei prezzi dei principali consolidali nella Borsa di Parigi la fisonomía della situazione :

10 gennaio 25 gennaio 28 gennaio 5 0lo francese. . . 82,30 80,40 80,20 5 » italiano . . . 9 9 ,3 0 96,60 96,35 4 » spagnuolo . .

63 !/* 63 I/u 63 !(• 3 » inglese . . . '0 0 u /16 '0 0

7

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Adunque il 5 0/0 francese ha perduto 2,10 ; il 4 O/o spagnuolo ha perduto 2 5/8; il 3 0/0 in­ glese non ha perduto nulla e l’italiano ha perduto 2,95.

Su questo fatto, molto grave senza dubbio, si fanno naturalmente svariatissimi commenti. Alcuni attribui­ scono l’ avvenimento alle condizioni politiche gene­ rali ; altri ad una manovra elettorale del Principe di Bismarck ; altri ne accusano semplicemente le con­ dizioni delle borse.

Non è facile provare con matematica sicurezza nè l’erroneità di una opinione, nè la giustezza di una altra, ma è possibile ragionare con calma sulla cosa e trovare argomenti che facciano un po’ di luce in ­ torno a così importanti avvenimenti e dieno, per quanto è possibile, una analisi abbastanza esatta della situazione.

A nostro avviso, le ragioni politiche e la lotta elet­ torale che si agita in Germania possono essere an­ noverate bensì tra i fattori dei.fatti che oggi preoc­ cupano il pubblico, ma non si può ritenere che sieno i soli fattori.

In quanto alla situazione politica dell’ Europa, specialmente per ciò che riguarda la questione bul­ gara, le borse, da un anno a questa parte, hanno

già dato prova di tanta indifferenza e di tanto scet­ ticismo da non potersi ammettere ch e, proprio nel momento in cui viene ufficialfiiente messa sul tap­ peto una formula di accomodamento, la quale sem ­ bra quasi accettata da tutti, od almeno per tutti ac­ cettabile , diventino ad un tratto così suseetlibili e così paurose. — Tutti comprendono benissimo che la questione orientale non è matura ancora per dare luogo ad un grande conflitto, ed i discorsi del Prin­ cipe di Bismarck hanno fatto' risuonare nel mondo il convincimento degli uomini di Stato : che non valga la pena di sconvolgere l’ Europa per la sola Bulgaria. —

In quanto poi alla lotta elettorale germanica, non ci pare che di per sè possa dar luogo ad un panico improvviso, a parecchi giorni di distanza dalli) scio­ glimento del Reichstag. Il Parlamento tedesco si è

sciolto e si è ricomposto altre volte senza che il fatto destasse nelle Borse così grave perturbazione. Nè d’altra parte i discorsi che pronunciò il principe di Bismarck ed il contegno successivo della Francia possono lasciar luogo a legittimo' sospetto che fin d’ora sia decretata la guerra tra le due nazioni.

Se vogliamo spassionatamente giudicare dietro ciò che politicamente si è svolto da un anno a questa parte, dovremmo anzi dire che il forte movimento di ribasso verificatosi da cinque o sei giorni nelle Borse, ha avuto luogo proprio nel momento nel quale, a paragone di altri periodi, le notizie generali della poli­ tica davano luogo a maggiori speranze di pace. Certo che, dopo i primi sintomi di trepidazione del mercato, non mancarono le notizie e le novelle economiche e politiche si replicarono i dispacci più assurdi e più allarmanti ; e si raccontò l’acquisto delle tavole da parte dei francesi per costruire le baracche ai confini e delle sostanze per fabbricare la melanite; e si ebbe il dispaccio delle spiegazioni chieste dalla Germania per gli armamenti della Francia; e circolò ad ogni tratto la novella della abdicazione dell’ imperatore Guglielmo ; e nel giorno 27 frequenti telegrammi dall’estero chiesero se era vero che le principali Borse italiane erano cadute in rovina. Ma queste ed altre consimili voci non sono una novità quando comincia una crise finanziaria, e non sono esse che la producono, ma ne rappresentano, quasi si direbbe, il codazzo. Una volta che il panico si è impossessato del pubblico, è troppo noto che esso diventa di una fenomenale credulità, e coloro che hanno interesse ad accrescere il timore e la incertezza non fanno sforzi d’intelligenza per inventare notizie terribili che aumentino la preoccupazione.

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dei fattori impellenti a produrre la elise, ma la crise stessa ò dovuta a condizioni intrinseche del mercato, Ed è su questo elio vogliamo rivolgere la nostra at­ tenzione,

In molto occasioni, quando discorremmo della possibile conversione della rendita e specialmente nel numero del 26 settembre in cui esaminammo

« la situazione del mercato», abbiamo manifestata la

opinione che gli aum enti, continuati, persistenti e iu qualche parte molto pronunciati, così della ren ­ dita come dei valori industriali, non fossero sempre corrispondenti allo svolgimento della forza economica del paese ma lo superassero. K le nostre osserva­ z io n i,— ,che incontrarono l’adesione di molta parte della stampa — miravano a predicare la massima prudenza perchè non si seguitasse nella via di aumenti che potevano giudicarsi smodati, ma piuttosto si man­ tenessero ;i -valori.pubblici a prezzi moderati, inquan- .tophè la . debolezza della nostra potenzialità econo­ mica tenendoci più degli altri esposti ai pericoli delle vicissitudini del- mercato, era « meglio cadere da poca altezza perchè ci fosse minor probabilità di romperci le ossa ».

, E la prova della nostra scarsa potenzialità economica si è fatta in questi giorni pur troppo evidentissima. La nostra rendita consolidata ha potuto essere spinta a prezzi relativamente molto alti mercè appoggi abil­ mente scelti tra gli efficaci in tempi normali ; ma non potè essere a quei prezzi mantenuta, nè da noi, nè dagli appoggi nostri, quando il mercato si turbò ed ognuno dovè pensare,ai-casi propri.

Il latto che la rendita abbia potuto ribassare di 8 punti in così breve spazio, che il cambio su Pa­ rigi abbia potuto salire da 100.40 a 101.20, che la differenza dei: prezzi tra la Borsa di Parigi e quelle italiane abbia potuto persistere in una cifra che ol­ trepassa Turni lira e mezza, — tutto questo ci a p ­ prende molte cose sulle quali conviene che i nostri uomini di Stato meditino, lungamente.

Questi fatti veramente ci dimostrano :

che esiste ancora a Parigi una grande quantità di rendita fluttuante, la quale, in tempi un poco tur­ bati, non trova facili compratori e quindi compare offerta sul mercato e svilisce.'improvvisamente il

titolo,

screditandolo colla persistenza della offerta;

che i nostri stabilimenti di credito non hanno — e forse diremo meglio non hanno più — sul mercato di Parigi quelle così valide relazioni e quelle così potenti alleanze che permettevano in altri tempi — certo più gravi dei presenti — di rendere meno aspre e meno durevoli quelle crisi che il con­ solidato italiano allora soffriva più di qualunque al­ tro titolo ;

ohe i nostri stabilimenti di credito ed in ge­ nere il paese hanno una scarsa quantità di porta­ foglio estero così che in pochissimi giorni di crise, la, differenza di prezzo tra la piazza di Parigi e le piazze italiane determinava un aumento veramente enorme del cambio;

che questa mancanza di divise estere rende impossibile quel movimento di arbitraggio, che alcuni credono coefficente della crise, ma che invece avrebbe frenata per suo ufficio la discesa dei valori italiani a Parigi, facendo diminuire la massa dei titoli offerti ; ed avrebbe impedita la sos'enutezza dello borse ita­ liane, aumentando in esse l’offèrta ;

che infine dopo, le crisi del 1885 non abbiamo per nulla provveduto al rinforzo del nostro stock

monetario e ci troviamo in tale scarsezza; di, moneta metallica da dovere temere che, se la crise si pro­ lungasse, sia necessario riconoscere come; fafale ' ri­ medio il,proclam are il corso, forzato dei biglietti.

Questi gli insegnamenti che crediamo di poter ri­ cavare, dalia presente situazionepipare la -noi che, pur facendo voti effe la. crise .abbia a. sparire subito, essa ' abbia durato abbastanza per ammaestrarci che abbia­ mo molta strada da percorrere ancora prima di po­ terci ritenere in una condizione di suffìoenie solidità finanziaria. Malgrado il molto tempo passato, mal­ grado, le tante novità di genere diverso che si sono verificate, non si può non vedere sènza rammarico che il mercato di Parigi, è. ancora il più potente, il più tirannico, il più volubile fattore della nostra s i­ tuazione finanziaria. Se veramente aspiriamo alia indi- pendenza che per tanti altri aspetti da qualche tempo il paese sembra avidamente desiderare, innanzi tutto dobbiamo procurarci quella indipendenza economica, la quale non si potrà raggiungere, senza uà lento e prudente lavoro preparatorio.

Nòti crediamo questa l’occasione, nè questo il mo­ mento di esporre e discutere qui tutto un pro­ gramma diretto a tale scopo, ma crediamo di poter rivolgere al Governo alcune domande :

che cosa si è fatto per diminuire la massa di consolidato che pesa sul mercato di Parigi, dal mo­ mento che abbiamo altrove portato il nosVo centro politico ?

che cosa ha fatto il Governo per rendere più nu­ merosa la clientela al consolidalo italiano nelle piazze germaniche, dal momento che la nostra rendita venne quotata in quelle Borse?

quali provvedimenti vennero presi per far sì che i nostri Istituti di emissione avessero quella cospicua porzione di portafoglio estero che in tante occasioni venne suggerita come necessaria ?

in qual modo si è provveduto a ridonare al paese quella dotazione di stock metallico che le crisi

del 1885 hanno assottigliato?

Gravi problemi dei quali il Parlamento dovrebbe occuparsi, se non fossero i nostri grandi uomini di Stato tutti compresi in quelle meschine lotte del giorno p e r giorno, nelle quali esauriscono e le forze

loro e la pazienza del paese.

I M I TR A TTiTI III

Abbiamo combattuto con vivacità la denuncia dei trattati di commercio che l’ Italia ha tuttora vigenti colla Francia e colTAustria-Ungheria, ed alcuni ne hanno mossa meraviglia, affermando che tale denun­ zia era inevitabile poiché, se noi non li avessimo de­ nunziati, gli altri contraenti ne avrebbero certamente data la disdetta.

Crediamo perfettamente ozioso discutere questo pun­ to, il quale non solamente si basa sopra dei se, ma ad

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piuttosto il nostro pensiero alla stipulazione dèi nuovi.

In quale situazione ci presentiamo noi di fronte ai futuri contraènti? — Quali sono le aspirazioni del paese' nostro ; quali le speranze lasciate eonce- cepire; quali gli,intendimenti del Governo; e quali i precedenti elle possono affidarci del risultato?

Su questa delicatissima materia noi non esprimeremo qui soltanto il nostro pensiero, ma piuttosto cerche­ remo di rilevare quello manifestato da uno dei più competenti e stimati nostri avversari, il pensiero del- I’ onor. Ellena, il quale e per la posizione sua e per la dottrina che tutti gli riconoscono in tali materie, sarà senza dubbio uno dei negoziatori del contratto.

Noi de\\’Economista viviamo nel mondo della luna

— è l’on. Ellena (die ce lo dice in un recente articolo pubblicato nel 'a Nuova Antologia; — e la luna è un

pianeta freddo, senza luce propria, che manda sol­ tanto pallidi raggi riflessi. Vediamo quindi cosa pen­ sano coloro che vivono nel mondo del sole, astro fulgidissimo rii luce propria e incandescente di buona volontà.

Durante questi ultimi anni nei quali Ira imper­ versato la crise industriale e commerciale — (‘.rise che Ira determinato l’ ingrossarsi della corrente protezionista — fu in balia un continuo piagnisteo contro i vigenti trattati di commercio, che si dice­ vano e si ritenevano causa del malessere delle industrie e del commercio. Questa disposizione dei produttori ad accusare i trattati come causa della crise era, lo si comprendeva bene, frutto della scarsa cognizione della situazione ; perchè è chiaro che se i trattati fossero stati a noi dannosi nella misura che si diceva, dovevano tornare altrettanto vantaggiosi agli altri; per contrario, una serie di fatti notissimi dimostravano in modo indiscutibile che la crise in­ dustriale e commerciale aveva colpito l’ Italia molto meno degli altri paesi, sebbene questi fossero più forti e più ricchi. Tuttavia e il Governo ed i con­ siglieri del Governo nelle cose economiche, parvero contenti che in Italia si attribuisse ai trattati la causa del malessere industriale e non solo non cercarono di arrestare questa erronea opinione, ma anzi la in­ coraggiarono, lasciando formarsi e crescere in alcuni centri una agitazione contro i trattati e permettendo quasi che in nome del Governo si dicesse o si fa­ cesse dire : — pazientate ancora un anno e v e ­ drete che coi nuovi trattali cesseranno queste con dizioni delle quali giustamente vi lagunte. - Cosi si suscitarono speranze i egli agricoltori, nei filatori di cotone, nei tessitori di cotone e di lane, nei raffi­ natori di zucchero, negli opifici di metallurgia, in­ fine in ogni ramo della industria.

I trattati furono effettivamente denunziati ed il paese su tale proposito dorme ora tranquillo aspet­ tando dall’opera dei nostri negoziatori che i nuovi trattati assicurino la promessa prosperità.

Noi dal mondo della luna abbiamo scritto qualche articolo cercando di gettare delle doccia d’ acqua fresca su questo fuoco di speranze che veniva ec­ citato con tanta imprudenza, e cercammo di osser­ vare : — badate bene i trattati sono un atto bilaterale; per fare delle promesse al paese e concepire delle spe­ ranze bisogna essere sicuri di poter imporre delle con­ dizioni per gli altri contraenti peggiori delle attuali; — badate bene che gli altri contraenti pure vogliono denunciare i trattati, perchè credono di poterne fare di nuovi p er loro migliori ; — badate bene che il

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malèssere attuale non è prodotto dai trattati, i quali anzi hanno dato per l’ Italia complessivamente dei buoni risultati ; aspettiamo di essere più forti eco­ nomicamente e politicamente e intanto, se è possibile, contentiamoci di ciò che abbiamo od alméno non creiamo illusioni che saranno poi amaramente scon­ tate da quegli stessi che le fomentano.

A queste modeste osservazioni che noi facevamo dal mondo della luna, i fortunati abitatori del sole rispon­ devano cbe noi siamo fabbricanti di vuote generalità dottrinali e che bisogna lasciarci vivere nella nostra luna dalle fredde teorie economiche.

Ora uno degli uomini che vive nel sóle del so­ cialismo di Stato e ormai si compiace saturarsi dei raggi benefici deH’opportunismo economico; l’onore­ vole Ellena scrive un articolo ehe crediamo utile ana­ lizare per le preziose confessioni che contiene.

Prima di tutto, con una imparzialità che fa onorò alla competenza sua, l’ on. Ellena avverte che la no­ stra bilancia commerciale complessiva non è quale viene dipinta; che non è vero che si esportino sol­ tanto materie prime e si importino materie manufatte, ma che anzi « noi esportiamo poche m aterie p rim e e copiose derrate alimentaci, che sono la meta delle dogane forestiere, ed esportiamo una quantità non ispregevole di prod o tti degli opifici. » E dice che V importazione nostra si compone soltanto per quattro decimi e forse meno di merci m anufatte.

Ora i nostri lettori ricorderanno cbe nei numeri 652, 653, 65 4 e specialmente in quello del 5 di­ cembre (657) noi abbiamo precisamente dimostrato, analizzando le cifre de! nostro movimento Commer- - ciale, che la nostra bilancia commerciale, sotto il regime dei trattati vigenti, era migliore per nói che non per i paesi con noi contraenti. Ed è appunto per questa dimostrazione che, combattendo le false illusioni lasciate nascere nel paese dicevamo che « questi desideri di miglioramenti e di compensi erano più facili ad esprimersi come manifestazione unilaterale, ma che non ci sembravano altrettanto facili ad ottenersi, quando si pensi che bisogna fare i conti con un’ altra nazione la quale ha desideri e speranze analoghe alle nostre, ma che, perciò ap­ punto, sono colle nostre in contràdizione ».

Ed ecco che ora l’on. Ellena nel citato articolo scrive questa frase molto peregrina e sulla quale richiamiamo (’attenzione dei lettori : — Nei trattali, egli dice, se sapremo fa r li bene, non è malagevole di chiedere ragionevoli compensi ; b e n s ì n o n a p p a r e f a c i l e o t t e n e r l i. — Capile ? i futuri negoziatori — se sapranno far bene — potranno senza difficoltà chie­ dere dei compensi, ma in quanto ad ottenerli, sarà

molto difficile.

Su questo punto adunque la situazione è chiaris­ sima : — si sono suscitate grandi illusioni; i futuri negoziatori si sono mostrati, quando la battaglia era lontana, forti e coraggiosi ; ora comincia lo sconforto e ci annunciano già che i famosi compensi si chie­ deranno, ma non si otterranno !

Ma andiamo innanzi.

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Cessioni sono dell’ on. Ellena — che le clausole del trattato 1881 colla Francia, furono redatie in modo che lasciarono luogo a false interpretazioni a nostro danno per ciò che riguarda il vermutte, il riso e le

surtaxes d ’entrepôt.

Si confessa che nel trattato coll’ Austria-Ungberia i negoziatori italiani — è sempre fon . Ellena che con­ fessa — hanno con grande fatica (il che vuol dire fa­ cendo concessioni ed accordando compensi) difese pro­ duzioni italiane, che alla prova si mostrarono disadatte a trar frutto dai favori che si erano ad essi pro­ cacciati. — Il che vuol dire che i negoziatori ita­ liani seppero vedere meno bene degli austro-un­ gheresi.

, Sì confessa che lo stesso trattato coll’Austria-Unghe- ria venne redatto così male nelle sue clausole da per­ mettere poi alla dogana austro-ungarica di applicare interpretazioni, che l’on. Ellena si contenta di chiamare restrittive) e cita gh esempi dei tessuti di seta, dei fiammiferi di cera, dei vini in fiaschi, dei cementi ecc.

, Conclusione di queste confessioni è che i trattali vigenti avrebbero potuto essere migliori, se i nostri negoziatori fossero stati più competenti e più vigilanti.

Ma l’ on. Ellena si consola perchè oggi la mag­ giore esperienza ed i più lunghi studi ci assistono ; sventuratamente aggiunge che la materia contem­ poraneamente si è fa tta p iù ardua.

Erreremo forse, ma questa prima pubblicazione di quella scuola, la quale non subì la denuncia dei trattati, ma la chiese come l’inizio di un èra migliore, questa prima pubblicazione ci pare personifichi la prudenza di chi mette le mani avanti per avvertire il pubblico che il risultato ultimo di questa nuova lotta economica, a cui ci impegnamo può essere il regimo delle tariffe generali.

Ci auguriamo di errare; ma noi che viviamo nel mondo della luna e perciò più freddamente possiamo giudicare della situazione, temiamo io verità che l’avvenire dia ragione alle profezie del l’on. Ellena e che i compensi tanto promessi, se i negoziatori si scioglieranno bene, potremo anche chiederli, ma sarà difficile assai d’ ottenerli.

Rammentiamoci la Convenzione monetaria; anche allora prima della battaglia si voleva schiacciare col di­ sprezzo il sig. Cernuschi, ma a Parigi se ne accettarono con compiacenza le condizioni ostiche e gravi.

S O C IA L IS M O E C

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P E R A Z Î

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P er quanto i fautori della cooperazione non pos­ sano essere confusi tutti in un mazzo, specialmente quando si pensi agli inglesi, pure non è una esa­ gerazione il dire che essi, qual più qual meno, ri­ pongono nella cooperazione delle speranze in gran parte infondate. Noi abbiamo già avuto occasione di accennare, allorché ebbe luogo il Congresso di Mi­ lano, ad alcune illusioni che, con poco vantaggio loro e della causa che sostengono, nutrono i coope­ ratori italiani, rispetto al rapporto che può essere tra la questione sociale e la cooperazione e non ostante gli appunti che ci sono stati fatti replicatamente intorno a quei nostri giudizi, non abbiamo oggi da mutare una sillaba a quanto abbiamo scritto. Non di­ sconosciamo però che quelle illusioni, quegli errori di

giudizio, quelle speranze eccessive non sono generali, non sono cioè divise da tutti i cooperatori, poiché i fautori della cooperazione non la considerano sempre con gli stessi criteri, nè vi fondano delle speranze sì rosee. Gli inglesi, che pure hanno saputo dare un grande ed esteso sviluppo, specialmente alla coope­ razione pel consumo, sempre più pratici dei conti­ nentali, la considerano come uno strumento mora­ lizzatore del piccolo commercio, come un modo di educare le classi lavoratrici alla pratica degli affari, di interessarle alla vita economica un po’ più efficace­ mente che non possa ottenersi con altre istituzioni di previdenza, nelle quali manca lo scopo del guadagno. Ma essi in generale si guardano bene dal gabellare la cooperazione come la soluzione prossima o re­ mota della cosiddetta questione sociale ; si curano dell’ oggi e del possibile e lasciano alle fervide fan­ tasie meridionali di intravedere soluzioni cui è facile dare una parvenza di verità, ma pur troppo nessuna realtà.

E tuttavia quei granili e veri apostoli della coope- razione che si chiamano Holyoako, Vansittart Neale, Jones, Acland ecc., ecc., con impareggiabile costanza’ con fervore che trae il suo vital nutrimento dalle profonde convinzioni, operano con costanza, con fidu­ cia, con serenità e cercano di diffondere il principio cooperativo presentandone i risultati in cifre, senza fare delle disquisizioni sociali gonfie di rettorica. Ma fanno di più. Avversando il socialismo sotto qualsiasi torma, lo combattono (piando loro si presenti il destro e non esitano a sostenere le loro dottrine in con­ traddittorio di quelle socialiste. Proprio come da noi ! Così i giornali inglesi (v. The Times del 25 corr.)

ci recano, sotto il titolo Cooperation versus Sociali- sm, un interessante riassunto di una discussione

avvenuta tra due campioni di quelle due dottrine, il Champion per il socialismo, e il Jones per la coope­ razione. I due metodi di riorganizzazione sociale stanno agli antipodi e per convincersene basta pen­ sare che mentre I’ uno è distruttivo 1' altro è costrut­ tivo ; che se l’uno poggia sui massimi errori eco ­ nomici e psicologici, l’altro è, al contrario, informato a sani criteri e può recare qualche bene quando nelle sue pretese non abbandoni quella modestia che do­ vrebbe essere la qualità prominente di. chiunque si attenti a migliorare la società. Ma appunto perchè so­ cialismo e cooperazione formano sotto un certo asoetto una antinomia vera e propria, è utile seguire le relazióni che tra essi intercedono, è istruttivo conoscere ciò che l’uno pensa dell’altro e viceversa. La discussione cui accennavamo dianzi ci fornisce l’occasione di tracciare brevemente la situazione respettiva, per couchiudero poi con poche Considerazioni da essa suggeriteci.

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loro la cooperazione finché le condizioni di quei lavoratori non sono considerevolmente migliorate. I fautori della cooperazione fanno appèllo del resto a un sentimento non troppo elevatola quello dell’in­ teresse commerciale egoista , mentre i’obbiéto dei socialisti è di elevare nella scala sociale i loro com­ pagni di lavoro, presentemente in una condizione in­ feriore, Chiese infine come mai la cooperazione po­ trebbe provvedere ai figli dell’ operaio sprovvisto, alle abitazioni per le nuove generazioni eco., e come si concilia l’avversione ai principi del socialismo, il quale domanda la riorganizzazione delle industrie su una base collettiva, con l’ intervento dello Stalo che già viola in più casi la libertà contrattuale, come si è fatto con le leggi sulle fabbriche, sul lavoro delle donne e dei fanciulli e con le altre leggi preconiz­ zate. Tali per sommi capi i punti principali dell’ar­ gomentazione socialista ; sentiamo quelli della parte avversaria.

Il Jones cominciò a rivolgere dal canto suo una serie di domande circa la praticabilità del socialismo, e più che rispondere alle obbiezioni mosse dal Cham­ pion, si studiò di mettere in luce i grandi progressi consegniti dalla cooperazione dal 1882 ad oggi. I cooperatori riconoscono che il capitale ha diritto alla rimunerazione, perchè è lavoro accumulato, ed è af­ fatto ingiusto che i socialisti dicano agli operai che tutto il capitale è il risultato del lavoro, perchè una larga parte del lavoro risparmiato e accumulato è stato il risultato delle invenzioni. Egli non nega che il capitale possa essere in mani improprie ma in qual­ siasi caso egli non esproprierebbe i proprietari a benefìcio del popolo il quale non ha nessun diritto che ciò sia compiuto. Coll’estensione della coopera- razione, la rimunerazione del capitale sarebbe gra­ dualmente ridotta per effetto naturale. Intanto essa si svolge di continuo e poche cifre possono pro­ varlo. Nel 1862 vi erano nella Gran Brettagna 92000 membri di società cooperative e nel 1885 se ne con­ tavano 9 0 0 0 0 0 , sicché il numero dei membri è cresciuto 10 volte, i loro affari crebbero 15 volte, il capitale 17 e gli utili 22 volte.

Sorvoliamo su altri punti secondari di quella di­ scussione e chiediamo anzi venia per tale riassunto che le esigenze dello spazio ci hanno imposto di mantenere nei termini più ristretti, togliendole così non poco di quell’ interesse che le risposte e le contro risposte su alcune questioni presentano.

Giova per lo contrario di venire ad alcune con­ siderazioni suggerite appunto da quel dibattito. Non abbiamo bisogno di dire che non crediamo nel verbo socialista, ma questo non ci può impedire di rico­ noscere che il socialismo è nel vero quando non trova « in uno sviluppo indefinito » della coopera­ zione la chiave di volta di una nuova organizzazione sociale. Aggiungiamo subito però che seguaci delle dottrine liberali apprezziamo grandemente una ca­ ratteristica che la cooperazione presenta a differenza del socialismo. Quest’ ultimo addurrebbe, quando le utopie potessero mai tradursi a realtà, a una orga­ nizzazione violenta, innaturale, artificiosa della so­ cietà, mentre la prima, la cooperazione, è stata sinora puramente volontaria ed anche il suo ulteriore svi­ luppo non è incompatibile con la struttura sociale attuale. I metodi delle due scuole sono adunque ben diversi e non occorre dire per quale può essere la nostra preferenza. L’ uno avrà sempre la condanna delle menti che non fanno astrazione della natura

umana e non amano confondere il possibile con T u - topistico; l’altro potrà essere suscettibile, e noi cre­ diamo lo sia, di critiche e di dubbi, ma, per ora, non è in opposizione ai principi fondamentali doli’eòonortiia e rispetta la libertà individuale. Il socialismo lia la. sua ricetta pronta per curare i veri o falsi mali della so ­ cietà, e la base del suo farmaco sta nel principio col­ lettivista secondo il quale dovrebbe aver luogo la pro­ duzione e la distribuzione. La proprietà privata abolita, lo Stato eretto a produttore e distributore delle r ic ­ chezze, ogni miseria dovrebbe subito scomparire od al­ meno quella che deriva da deficenza di lavoro e dalla retribuzione sua. La cooperazione ha anch’essa la sua ricetta e , come bene osservò il sig. Courtney che presiedeva la riunione, essa non è altro che una specie di socialismo la quale dovrebbe adurre gli uomini a una nuova organizzazione sociale. La diffe­ renza essenziale, e certo nè sola nè di poca impor­ tanza, sta nel carattere volontario che non si può trovare nel socialismo; ma è facile comprendere che quando la coopcrazione avesse estese le sue radici non tra 9 0 0000 soci, ma tra tutti gli operai, avrebbe anche raggiunta l’attuazione di un piano nel quale 1’ individuo avrebbe abdicato a. favore della società.

Egli è piuttosto d ie cooperazione e socialismo urtano e urteranno sempre contro il sentimento e lo sforzo individuale che vuol restare libero e agire secondo la sua volontà. La cooperazione non potrà, sebbene destinata a conseguire nuovi progressi, sur­ rogare ed eliminare completamente lo sforzo ’indi­ viduale. Già fi esperienza ci. prova che se essa può riuscire rispetto al consum o; quella di produ­ zione non ha fatto i passi notevoli della distri­ butiva, e molte ragioni fanno dubitare che la coo­ perazione possa seriamente ed estesamente essere applicata alla produzione. Ora non occorre di av­ vertire che questo sarebbe appunto il campo in cui essa dovrebbe operare per potere instaurare una m i­ gliore organizzazione economica. L’ avvenire proverà se e in qual misura le speranze dei cooperatori sono fondate e se le affermazioni di taluni scrittori e ora­ tori intorno alla possibile soluzione della questione sociale per mezzo della cooperazlone non sono vana e vuota rettorica che gonfia i risultati e fa vedere sotto una falsa luce il vero.

Ma il socialismo non ha davvero bisogno d e i- fi avvenire per essere condannato; esso non è altro che una efflorescenza della immaginazione che ten­ terà invano di tradursi durevolmente in realtà.

R I V I S T A E C O N O M I C A

L a n u o v a l e g g e s u l l e f e r r o v i e a g l i S t a t i U n i t i d’ A m e ­ r i c aLe c o r p o r a z i o n i d ' a r t i e m e s t i e r i in A u -

s t r i a - U r r g h e r i a e i r i s u l t a t i o t t e n u t iLe r e l a z i o n i

c o m m e r c i a l i d e l l a R u m e n i a con/ ’A u s t r i a e l a R u s s i a . Il Congresso degli Stati Uniti ha approvalo re­ centemente una legge con la quale le Società fer­ roviarie sono sottoposte a un controllo governativo e a restrizioni che ivi erano finora ignote. Il bill che

porta il titolo di Inter State-Commerce aspetta la

approvazione presidenziale, la quale si ritiene non mancherà. Le grandi compagnie ferroviarie

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«■¡zio dello loro aziende noti possono talvolta sollevare «ielle recriminazioni da parte di interessi ch e: si • cre- ilono lesi o nòli abbastanza favoriti è il pubblico, per ovviare a inconvenienti o di poca importanza o che altro non sono che pretese poco legittime, fa buon viso alle leggi con le quali le Società ferroviarie sono inceppate nei loro movimenti con poco utile proprio e del pubblico stesso.

Per convincersene basta considerare alcune norme della nuova legge ferroviaria americana. Vediamone prima 1’ ossatura. Le Sezioni I—IV stabiliscono che nessuna compagnia ferroviaria può fare distinzioni a favore di persone o di merci, che, al contrario, le linee dovranno accordare eguali facilità per il traffico Cumulativo con le linee Còllegate e non dovranno imporre tariffe più alto per le brevi che per le lunghe distanze, se ciò non è accordato dalla nuova Com­ missione ferroviaria. La Sezione, V del bill proibisce

il pooling delle riscossioni, vale a dire la divisione

fra le reti concorrenti dei loro introiti riuniti. La Sezione VI insiste intorno alla pubblicazione delle tariffe e degli oneri di qualsiasi genere. Le Se­ zioni VII, V ili, IX e X determinano le penalità e e le Sezióni comprese tra la XI e la XXI trattano dei poteri dei Commissari che devono essere no­ minati dal Presidente con l’approvazione del Senato. Essi dovranno essere cinque con uno stipendio di dollari 7300 (L. 3 7 ,3 0 0 ) ed avranno la facoltà di esigere la presentazione dei contratti e dei documenti, nonché di assumere testimonianze. L’ufficio principale sarà a Washington, ma la Commissione potrà tenere delle sessioni speciali in qualsiasi parte degli Stati Uniti. Essa potrà esigere dalle Compagnie delle rela­ zioniannuali indicanti particolareggiatamente il capitale l'icevlitó e il numero degli azionisti, i debiti, il costo delle proprietà acquistate, il numero delle persone e i salari pagati, le spese annuali per miglioramenti, le entrate e le spese, i profitti e le perdite e un bilancio finale. La Commissione può chiedere al­ tre informazioni, è scopo della legge è di ottenere un sistema uniforme di conti. La Commissione deve presentare alla sua volta una relazione annuale al Congresso.

Tali le norme principali, il cui spirito animatore è facile a desumersi. Lo scopo è di proteggere il commercio contro le esorbitanze delle ferrovie il cui potere si ritiene formidabile, quando si uniscono per mantenere le tariffe il più elevate che è pos­ sibile. E non v ’ ha dubbio che la situazione affatto speciale delle compagnie ferroviarie degli Stati Uniti, il capriccio dèi grandi autocrati, l’ incertezza delle tariffo rendono utile e necessaria qualche dispo­ sizione legislativa. Ma evidentemente si eccede quando si proibiscono le tariffe differenziali, quando per un tinnire esagerato dei pools, si mettono ostacoli gra­

vissimi agli accordi tra le compagnie. Nonostante i

pools, infatti, le compagnie americane hanno per la

Stessa forza della concorrenza latente, abbassate le loro tariffe, e in modo ignoto all’ Europa e agli altri paesi tutti ; essi dunque non hanno poi fatto tutto quel male che loro si attribuisce.

La legge sulle ferrovie americane non è certo del tutto biasimevole e le norme sulle pubblicazioni delle tariffe dei bilanci ecc. sono ottime. Quanto alle altre spetterà alla Commissione ferroviaria di impri­ mere loro una certa flessibilità per adattarle ai casi vari, e forse non previsti, per togliere qualche ec­ cessivo rigore, specialmente nei£primordi della sua )

applicazione. Negli intenti e net mezzi l’Inter-Siale Commerce B ill ha molti punti di contatto con il

Bill del signor Mandella, intorno alle ferrovìe in ­ glesi, di cui abbiamo discórso a lungo altre volte.

— L’Austria-Ungheria Ita fatta una esperienza dal 1883 ad oggi che non dovrebbe essere trascu­ rato: dagli ''economisti, specie dai finitori, vecchi e nuovi, delle istituzioni economiche anteriori alla R i­ voluzione francese. Con una legge del 13 marzo 1883 per la Cisleithania e un’ altra «lei 21 maggio 1881 per P Ungheria, furono rese obbligatorie le corpo- razioni di operai e padroni di mestieri, alle quali fu data una giurisdizione arbitramentale e il diritto di regolare il lavoro delle u ffic im i sotto la sorveglianza della autorità superiore.

Quanto alla grande industria e al commercio ai- fi ingrosso, il cui sviluppo è stato precisamente la causa dell’ abolizione del regime delle corporazioni in tutta Europa, fu promesso allora di organizzarli in corporazioni speciali, ma le difficoltà incontrate furono tali che probabilmente di esse non se ne farà più nulla. Intanto al parlamento austriaco furono presentali dei progetti informati più o meno diret­ tamente all’ idea della regolamentazione diretta delle industrie per mezzo dello Stato. Ma, come lo rico­ noscono gli stessi partigiani della organizzazione si­ stematica della produzione, fintantoché non sono create le corporazioni della grande industria, quelle dei piccoli mestieri hanno poca importanza. Notevole è poi la circostanza che le condizioni generali erano più favorevoli in Austria che altrove, dacché ivi le corporazioni furono in vigore fino al 1839 e anche a quell’ epoca non furono abolite radicalmente, ma venne accordata la facoltà di esercitare varie pro­ fessioni senza far parte di una cooperazione.

Nondimeno la applicazione della legge dei 13 marzo 1883 è stata una disillusione per i suoi pro­ motori. La legge voleva che le nuove corporazioni si costituissero spontaneamente e che l’autorità am­ ministrativa intervenisse solo a sanzionare e sorve­ gliare questi nuovi gruppi operai. Or bene, dopo tre anni pochissime corporazioni si sono costituite ; alcune in Tirolo e nel paese di Salzburg dove i co­ stumi amichi si sono meglio conservati, le altre in Moravia e a Vienna dove i diversi partiti dai cat­ tolici ai socialisti hanno cercato di prenderne la di­ rezione.

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delie calzature sarebbero meno osservati. E per ta­ cere-, di molti- altri casi consimili accenneremo an­ cora che .un congresso di droghieri riunito a Vienna ha chiesta. -l’interdizione delie, società; cooperative^ di consumo, le quali; riducono i loro utili e l’Òbbligò legale.di ottenere; in seguito .a esame un brevetto di capacità per l’esercizio di quella professione.

Ne pare che basti per, noi e per, i nostri lettori; ma questa esperienza sarà anche sufficiente a mo­ dificare le idee in proposito dei nostri economisti, che non sognano e non vedono altra salvezza che in un ritorno alle istituzioni medievali?

— La Rumenta è in procinto di provare che un pic­ colo paese può benissimo, se ha propositi fermi e ma­ nifesta una prudente resistenza, difendere i suoi inte­ ressi-economici di fronte alle grandi potenze. L’Austria- Ungheria ha dovuto riconoscere infatti che essa non potrebbe giungere, senza fare delie serie concessioni, alla conchiusione di una nuova convenzione com­ merciale con la Rumenta. Il gabinetto di Bucarest dal canto suo si è mostrato risoluto a non ammet­ tere altra base per una convenzione fuor di quella di un compenso equo pei vantaggi che la conven­ zione procurerebbe all’Austria, mediante altri vantaggi

equivalenti assicurati alla Rumenia. Il gabinetto di Vienna ha dovuto quindi rassegnarsi in presenza del danno cagionato alle industrie ungheresi dalla ap­ plicazione della tariffa doganale rumena ad aderire a quella condizione per la ripresa dei negoziati, ed ora si può credere che essi riusciranno malgrado le difficoltà che presenta la conciliazione di interessi quasi antagonisti.

Le difficoltà che incontravano le trattative con la Russia, per essere meno ardue non erano però meno spinose e tuttavia sono state vinte. Come è noto la Russia non ammette le tariffe convenzionali ed essa non si vincola ad alcuno Stato mediante convenzioni con tariffe; essa ammette solamenie, per regolare i suoi rapporti commerciali, un trattamento eguale a favore degli Stati con i quali ha dei trattati. Il punto difficile per la Rumenia era di ottenere il beneficio di tale trattamento pur rifiutando la tariffa conven­ zionale per certi prodotti russi. E questo risultato è raggiunto con la nuova convenzione ; sicché le con­ troversie doganali che la Rumenia ha avute in questi ultimi tempi scompariranno presto per far luogo a un regime migliore e meno vincolista.

Rivista Bibliografica

Emile Reinaud. — L e s S yn dacats p ro fess io n e ls, leu r rôle historique et économ ique avan t et depuis la r e ­ connaissance légale. — Paris, Guillaumin, 1886, pag. 267.

Mai come ora dopo la rivoluzione francese, si di­ scusse e si scrisse intorno ai vantaggi delle corpo- razioni d’ arti e mestieri, e mai furono fatti tanti sforzi per ripristinarle in conformità ai nuovi tempi. Si dice che bisogna togliere l’operaio dallo stato di isolamento e di inferiorità in cui si trova e porlo in un ambiente in cui si senta e sia una forza, abbia modo e agio di sviluppare la sua mente, e abbia coscienza del vincolo di solidarietà che lo unisce

agli altri uomini. Nessun dubbio .che lo spirilo d'as­ sociazione sia una forza- di' cui ciascuno può util­ mente valersi ; ma è anche vero che le corporazióni d’ uii tempo oggi non sono più possibili e il loro ripristinamehto . segnerebbe uh notevole regrèsso. Pero se d regime liberale rende .-uMiritUirn impos­ sibile uà ritorno alle corporazioni, non toglie' certo che vi possano essere delle Associazioni/ Operaie, le quali non sono come Te prime corpi chiusi ma ac­ cessibili a tutti quelli che domandano òli far parto della stessa famiglia. E che le associazioni operaie ò sindacati professionali, con espressione più lata, pos­ sano sorgere e fecondare mèglio in seno alla liberta Io prova la storia di tutti i paesi. < . .. ,

La Francia tra gli altri Stati ha vislo,dal 187^ in poi sorgere buon numerò di camere sindacali di padroni e di operai e a Parigi soltanto ve nè sono oggi 140 delle prime e quasi altrettante delle secondò e un maggior numero sparse per tutto iI paese. Parec­ chie di esse esistevano anche sotto il, secondo impero

mentre poche risalgono' alla ... monarchia jli, Luglìò 0 alla restaurazione e al primo impero; ma il maggior movimento a favore dei sindacati è affatto recente.

Sino alla legge del 21 marzo 1884 questo asso­ ciazioni furono tollerate, poi il legislatore; francese ha creduto bone di sopprimere tutti gli ostacoli allo sviluppo e alla diffusione dei sindacati non solo, mà anche di accordar lóro, mediante l’osservanza di al­ cune formalità, relativ.amènte alla pubblicità, la per­ sonalità civile e un complesso di facoltà assai im ­ portanti. L’abrogazione delle vecchie leggi restrittive le quali .costituivano un vero anacronismo fu bene; ma non si può dire lo stesso dei favori che la legge del 1884 ha accordato ai sindacati.

Della situazione di tali sindacati o associazioni pro­ fessionali prima e dopo la legge del 188 4- il Reinaud fa uno studio diligente premettendo un capitolo sulle as­ sociazioni e le coalizioni in Francia dalla rivoluzione alla legge 25 maggio 18(11, che riconosceva, sebbene incompletamente, il diritto di coalizione e un altro ca­ pitolo sulle trades.unions dell’Inghilterra, segnalandone

1 vantaggi e gli inconvenienti d ie esse possono prò- durre. L’Autore tratta distintamente delle associa­ zioni tra i padroni e di quelle tra gli operai nonché della azione da esse esercitate sugli, scippefi., 0 a queste proposito egli ritiene che i sindacati potranno servire utilmente tra i padroni e gli operai, ponendo di fronte uomini competenti, consci dei propri di­ ritti e dei doveri verso se stessi e i propri com­ pagni e non degli agitatori e dei mestatori. Ma su questo punto gli ultimi scioperi avvenuti in Francia fanno dubitare che i sindacati abbiano saputo sot­ trarsi alle mene degli agenti interessati a mantenere la discordia tra i padroni e gli operai.

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la associazione, la qual cosa costituirebbe una odiosa misura di polizia.

L’Autore non è di quelli che coltivano la ìllusion syndacale come la chiama il Mangin nel\’ Economiste frangais, ma confida nell’avvenire e spera che gli

operai sapranno trarre tutto il vantaggio possibile dai sindacati, il suo libro può contribuire a che ciò si avveri e merita quindi d’essere posto nelle mani dell operaio perchè vi attinga dei sani ammaestra­ menti.

Simon Newcomb. — P rin c ip le s o f P olitica i Econom y. New York, Harpcrs and Brothers, 1886, pag. 548. Non si può dire certo che i trattati di economia po­ litica scarseggino, ma pure quando si è richiesti di consiglio intorno al miglior libro per apprendere i prin­ cipi della scenza economica, avviene troppo spesso che si rimane perplessi e si finisce per suggerire un au­ tore con una poca salda convinzione che esso possa es­ sere sufficiente a dare un’idea non che completa anche esatta della materia. Ciò non avviene soltanto per la scienza economica, ma è specialmente per essa che si può notare spesso la mancanza di un libro per (’inse­ gnamento, ^corredato cioè di esercizi, di esempi, di schiarimenti, di note onde l’alunno sia condotto a fare delle ricerche e a riscontrare se e in qual misura ha tratto profitto dallo studio.

Questa lacuna si può dire colmata agli Stati Uniti dal libro, veramente degno di elogio, del prof. N ew ­ comb, di cui abbiamo dato il titolo in testa a queste linee. Il Newcomb oltre essere un economista di molto merito è anche distinto cultore della astrono­ mia e della matematica, e nei suoi scritti di econo­ mia rivela sempre un osservatore acuto e un ragio­ natore preciso abituato ad occuparsi anche di scienze esatte. Così in questi P rin cip i l’Autore procede con

molto ordine e con grande chiarezza nell’esposizione della scienza economica ponendo in seguito a ciascun capitolo una serie di esercizi atti a meglio imprimere nella mente le teorie svolte. Egli divide la sua tratta­ zione in 5 libri: nel 1° espone le basi logiche e il me­ todo della scienza economica ; nel 2° descrive l'organi­ smo sociale; nel 5° svolge le leggi dell’offerta e della domanda; nel 4° descrive la circolazione sociale (socte-

ta ry circuìatìon) e nell’ultimo studia le applicazioni

della scienza. Questa ripartizione, come vedesi, si stacca da quella generalmente seguita, e certo offrirebbe argo­ mentila diverse critiche perchè fra l’altro divide la trat­ tazione di alcune teorie. Del resto l’Autore mentre espone talora in una forma originale e attraente i principi della scienza, non abbandona le teorie classiche che anzi svolge secondo le ricerche dei più recenti scrit­ tori ascritti alla scuola ortodossa.

Vi sono dei capitoli veramente riusciti come quasi tutti quelli sull’ indole e sul metodo dell’economia, sul valore, sulla circolazione monetaria, sul sociali­ smo, ecc.

Ma sopratutto quello che ci piace nel Newcomb è il suo modo di esporre veramente scientifico, sce­ vro di quella rettorica che abbonda troppo spesso nei trattati di economia e vi tiene il posto delle in­ dagini accurate. Egli sa disporre così bene le sue dimostrazioni, stabilire con tanta chiarezza e preci­ sione le premesse che il lettore scorge subito di aver a che fare con una mente avvezza ad occu­ parsi anche di problemi di matematica e alla quale è sconosciuta la disquisizione vana e pretenziosa. Questo libro, con gli schiarimenti e gli esercizi di cui

I Autore lo ha con (elice pensiero provvisto, può essere utilissimo non solo agli studenti, ma anche agl’ insegnanti e come tale crediamo di poterlo rac­ comandare ai nostri docenti, dolenti solo che in Italia I insegnamento della scienza economica si trovi in condizioni così poco floride da non produrre libri come questo del prof. Newcomb.

R. D. V. N otizie. — Col nuovo anno la stampa italiana si è arricchita di alcuni nuovi periodici speciali, me­ ritevoli di essere segnalati all’attenzione dei lettori. Fra essi notiamo L ’ In d u s tr ia , Rivista tecnica ed

economica settimanale illustrata, pubblicata da una società di industriali italiani ; e la Cooperazione ita ­ liana, organo della federazione delle cooperative;

entrambi si pubblicano a Milano.

E uscito in Inghilterra un giornale settimanale

Jus a weelly organ o f Individualism , per cura

della Liberty and Property Defence League. Si pro­

pone di combattere le varie forme del socialismo contemporaneo e di sostenére il principio della li­ bertà economica intesa nel più lato senso della pa­ rola. I primi numeri contengono eccellenti articoli su tali argomenti e sulle questioni del giorno. Costa all’anno 6 scellini e 6 pence e si pubblica a Londra

(4, Westmister Chambers, S. \Y .).

Annunciamo con piacere che del pregevolissimo studio del sig. Ettore Friedländer sul Lavoro delle donne e dei fa nciulli è stata pubblicata la tradu­

zione in tedesco.

Ministero (li Agricoltura, Industria e Commer­ cio. — Annali dell’industria e del commercio 1886 — Esposizione universale di Anversa del 1885 __ Relazione sul materiale e i procedimenti dell’ arte mineraria, della metallurgia, e della chimica indu­ striale di Vittorio Di Matteo, giurato pel IV gruppo. Roma, Eredi Botta, 1886, pag. 192.

Ragioneria generale dello Stato. — Elenco Cro­ nologico delle opere , di Computisteria e Ragioneria venute alla luce in Italia dal 1202 fino al presente — terza edizione — Roma, tip. Nazionale 1886 pag. 145.

Direzione Generale delle Gabelle. — Bollettino di legislazione e statistica doganale e com m erciale__ Anno 111 — Secondo semestre — Novembre, 1886. Roma-, eredi Botta 1886.

Civica Cassa di risparmio di Verona. — Bilancio consuntivo dell’ anno 1885. — Verona, G. Fran­ chini 1886.

A. C. — Della tassa sui crediti fruttiferi posta a carico del debitore — Osservazioni alla decisione 20 dicembre 1885, n 82530 della Commissione cen­ trale per le imposte dirette. — Roma, Botta 1886, pag. 23.

Robert Barclay. — The silver question and thè gold question. — Second edition. — London, Effin- gham W ilson, 1886, pag. 150.

G. De Molinari. — A Panama — L’isthme de Panama — La Martinique — Haiti, précédó d’une dedicane a M. F. de Lesseps — Paris, G illau- min, 1887 pag. 330.

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L ’ E C O N O M I S T A

Augustus Mongredien. — On the displacement of Labor and Capital ; a neglected chapter in Poli­ tical Economy — London, Cassel and C°, 1886 p. 36. Agostino Magliani. — Esposizione finanziaria — Roma, Eredi Botta, 1887.

Yves Gnyot. — L’impôt sur le revenu — Rap­ port fait au nom de la Commission du Budget — Paris, 1887, pag. 310.

Henry Carter Adams. — Outline of Lectures upon Political Economy — Second Edition — Ann Arbor, 1886, pag. 84.

LA CASSA DI RISPARMIO DI JESI

La Cassa di risparmio di Jesi venne fondata nel 1844 con un capitale di L. 11,702 il qua'e alla fine del 1884 aveva raggiunto la considerevole cifra di L. 556,875.46. Un resultato così splendido dimo­ stra principalmente due cose, cioè la savia e oculata amministrazione dell’ istituto, e il credito di cui esso gode nella provincia. Parve perciò utile e decoroso al Consiglio di amministrazione il presentare un re­ soconto generale dei quaranta esercizi e delineare in modo riassuntivo tutte ie vicende della Cassa dalla suà origine fino ad oggi. E siccome il dare il resoconto dei quaranta esercizi sarebbe opera troppo lunga, seguendo il sistema adottato anche dal Consiglio di amministrazione, divideremo il movimento dell’istituto in periodi decennali.

Depositi. — Come si sa la prima e fondamen­ tale funzione di una Cassa di risparmio è quella di raccogliere e accumulare le piccole economie* e al tempo stesso renderle fruttifere. Queste operazioni che chiamansi depositi, alla fine del 1884 avevano raggiunto il numero di 811,025 e il valore di L. 25,645,531.99 e dividevansi fra i quattro pe­ riodi decennali nel modo che segue :

N. del depositi Somme depositate

Dal 1 8 4 4 al 4855 61,811 L. 1,170,586. 97 » 1 8 5 5 » 1864 176,510 » 3,601,219.23 » 1 8 6 5 » 1874 201,760 » 4,198,801.09 » 1 8 7 5 » 1 8 8 4 370,914 » 16,674,924.70

Totali. . . . N . 811,025 L. 25,645,531. 70

Esaminando il movimento complessivo dei 40 anni di esercizio si trova che il numero dei depo­ siti rimase quasi stazionario nei primi cinque anni di esercizio; che ebbero un rapido aumento dal 18 5 0 al 1 8 5 8 ; una diminuzione pronunciatissima da q u e­ st’ epoca al 1861 ; un aumento in piccole propor­ zioni fino al 1865 con decremento vertiginoso per i due anni 1866 e 1867 e un aumento notabile e graduale, tranne poche oscillazioni da quest’ epoca ài 1884.

Il movimento ascendente e discendente delle somme incassate dai depositanti apparisce quasi uniforme al variare del numero dei depositi; fatta eccezione per gli esercizi 1849 e 1867 in cui la diminuzione degli incassi fu più accentuata. Da questo la relazione argo­ menta che lo sviluppo della previdenza nelle classi ope-aie vien meno, quando manca la tranquillità, e quando le industrie languiscono.

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Restituzioni. — Le resti luziohi che rappresen­ tano quelle somme che i depositanti ritirano pér sopperire ai bisogni della vita, o per altra causa, ammontarono nei 40 anni di vita dell’ istituto a n. 89,877 per un valore di L. 23,066,914.91. Que­ ste cifre si dividono nei quattro periodi decennali nel modo che segue :

Numero delle Somme restituzioni restituite Dal 1845 al 1 8 5 4 7,924 L. 840,077.03 » 7855» 1 8 6 4 2ì,694 » 3,752,495.90 » 7855» 1 8 7 4 22,149 » 3,599,743.99 » 1 8 7 5 » 1 8 8 4 37,840 » 14,874,597.99 T o ta li.. . . N. 89,877 L.23, 066,914. 91

Confrontando le somme depositate con quelle re­ stituite in ognuno dei 4 periodi si hanno i seguenti resultati :

1° periodo i depositi superarono le re­

stituzioni per...L. 3 3 0 ,5 0 9 .9 4 3° periodo id. id. id. » 5 9 9 ,0 5 7 .1 0 4° periodo id. id. id. » 1,800,326.71

Totale dei 3 periodi in aumento L. 2,729,893.71 Nel 2° periodo le restituzioni avendo

superato i depositi per . . . » Ì5 1 ,276.67 resulta che nel quarautennio i depo­

siti superarono le restituzioni per L. 2 ,578,617.08 Gli interessi dovuti nel quat-antennio ammontarono a L. 1,847,177.37, ma essendone stati pagati sóltanto per L. 91,510, ne consegue che gli interessi capi­ talizzati raggiunsero la bella cifra di' L. 1,755,666.68, la quale dimostra l’accrescersi della ricchezza pùb­ blica, e lo sviluppo della previdenza nelle classi operaie.

U tile netto. — La rendita netta dei quaranta anni di esercizio che venne passata a fondo di riserva ascese alla ’somma di 556,575.46.

Esaminando paratamente i vari esercizi si trova che gli anni più favoriti furono il 1881 con L. 46,581.60 di utile netto; il 1884 con L. 4 4 ,5 7 2 .6 2 ; il 1882 con L. 4 0,642 e il 1881 con L. 40,405.75.

Beneflcienza. — La parte degli utili annuali im­ piegati a titolo di beneficenza ascese nel quaranten­ nio a L. 91,159.65 divise nei quattro periodi decen­ nali nel modo seguente :

1° periodo L. 1,601.06 » » 8,377.17 » »» 20,668.87 » » 60 ,5 1 2 .5 5 Totale L. 9 1,159.63

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