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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.26 (1899) n.1308, 28 maggio

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L'ECONOMISTA

GAZZETTA SETTIMANALE

SCIENZA ECONOMICA. FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, F E R R O V IE , I N T E R E S S I P R IV A T I

Anno XXVI ■ Voi. XXX

Domenica 28 Maggio 1899

N. 1308

GLI INTERESSI DEL PAESE

Si ha un bel ripetere che bisogna conservare il prestigio alle istituzioni, sembra invece che tutto congiuri a rendere sempre meno soddisfatto il paese del modo con cui esse funzionano.

Abbiamo davanti a noi un numero non piccolo di progetti di legge che sono stati presentali dal Ministero precedente e toccano molte tra te princi­ pali questioni di cui il paese attende da molto tempo la soluzione, od almeno un ragionevole avviamento verso la soluzione ; che valgono ora gli studi che sono stati fatti sulle proposte fatte?

Prendiamo uno dei tanti argomenti, quello della riforma tributaria ; bene o male, pur troppo più male che bene, il Ministero passato aveva lasciato intravvedere un barlume di tentativo verso qualche timida riforma del sistema tributario ; ed avevano affermato i Ministri nelle loro relazioni che era nell’animo loro di intraprendere anche qualche stu­ dio più largo e di farne presto oggetto di aleuni disegni di legge.

Am be noi abbiamo studiati i disegni presentati, li abbiamo combattuti nelle parti che ci parevano meno consentanei al presente momento, li abbiamo lodati là dove ci sembrava che, in parte almeno, rispondessero a ciò che attendono da tanto tempo i contribuenti. Ed ora?

Il Presidente del Consiglio facendo l’altro giorno le comunicazioni alla Camera non ha detto nulla intorno a tale questione che pure è pendente, nè ha accennato al proposito di ritirare o di mante­ nere ¡ progetti di legge flnanziarii che stanno da­ vanti alla Commissione. Forse che la questione fi­ nanziaria non ha parte nel programma del Ministero; forse che ha meno importanza dei provvedimenti politici o della baia di di San-Mun?

Nè accusiamo di tale omissione il nuovo Mini­ stero, il quale non può in verità essere molto dis­ simile dalla Camera. E se questa, dopo le vivaci relazioni che sulle cose finanziarie sono state det­ tate dagli on. Saporito e PompiIj, e dopo quasi un mese di forzate vacanze non trova più urgenti ar­ gomenti da discutere che quelli che riguardano il giorno in cui si deve eleggere il presidente, o il modo con cui si è risoluta la crisè, non si può pretendere che il Ministero parli alla Camera degli interessi del paese.

Si dirà che è la politica, la quale ha le sue im­ periose esigenze, quella che determina un simile contegno del Governo- e della Camera. E sia pure; siamo disposti a conceder molto alla politica, però

ci pare che a poco a poco essa prenda tanto posto da non lasciar luogo a nessun altra sana discussione; e la politica, di per sè, non è sufficiente ad alimen­ tare quel prestigio delle istituzioni, a cui tanto spesso si fa appello.

Certo è che ogni giorno più si avverte questa ir­ rimediabile impotenza dei Poteri dello Stato a far quelle cose che pur mostrano la intenzione di vo­ lere. Siano le crisi, siano le divisioni dei partiti, siano le intemperanze di pochi, o le negligenze dèi molti; il fatto si è che le più importanti questioni si strascicano davanti al Parlamento per anni ed anni e nulla accenna che si venga ad una soluzione, nem­ meno quando i documenti parlamentari dimostrano il disordine in cui si trova questo o quel ramo della amministrazione.

Ora non è molto pareva che si dovesse discutere a fondo la questione ferroviaria, dopo la inchièsta pubblicata; — poi parve il momento favorevole per la questione della emigrazione; — poi alcuni scritti sullo stato del bilancio, parvero dare il sopravvento alla questione finanziaria. Ma passano le settimane ed i mesi, la materia si accumula, i progetti, le re­ lazioni, gli studi si moltiplicano, ed il Parlamento non arriva a condurre a termine nemmeno il suo la­ voro ordinario, 6 rimanda di discutere « a fondo » la finanza al preventivo, quando si discute il consun­ tivo, all’ assestamento quando si discute il preventivo e così di seguito senza concluder nulla.

Ora è troppo evidente che tutto si dispone in modo che si avrà di necessità l’esercizio provvisorio, i danni del quale, per il retto funzionamento della ammini­ strazione, sono noti; — ma il Governo non vede l’ora di chiudere la Camera, la Camera non vede l’ora di prendere le vacanze ; le questioni, che non hanno altra importanza che quella politica, si prolungano all’infinito.

E così il paese attende che le istituzioni curino i suoi interessi ed insieme il loro prestigio; ma attende invano già da lungo tempo.

Nulla si può certo fare contro questo stato di cose, ma sia permessa una parola di profondo rammarico.

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338 L ’ E C O N O M I S T A 28 maggio 1899 imposte, potrebbero utilmente preparare la via ai

poteri pubblici per alcune desiderate riforme tribu­ tarie. Su ciò dissentivamo in p rte dall’opinione del Sig. Roberto Corniani, del cui scritto già citammo alcune parole, il quale in proposito dice: « Un mi­ gliore assetto delle finanze, una più equa distribu­ zione dei balzelli in seguito a radicale riforma tri­ butaria, sono oggetto di competenza del potere legi­ slativo, ed ai contribuenti, per quanto stretti in leghe, non è lecito nutrire grande speranza di accelerare l’effettuazione di sì importanti riforme, cui possono contribuire solo cogli studi, le indagini, i voti.»

Che per ogni provvedimento d’ indole pubblica pel quale occorra una legge, sia necessario l’ intervento del potere legislativo, è cosa affatto elementare, che nessuno pensa a mettere in dubbio. Ma quasi nes­ suna legge verrebbe mai promulgata, se il lavoro preparatorio che ci vuole per concretarne le dispo­ sizioni dovesse venir compiuto soltanto da quel po­ tere che ne delibera l’attuazione. A siffatto lavoro dà opera il Governo, per mezzo di quegli uffici me­ diante i quali disimpegna le attribuzioni sue. Ma se si procede a una analisi più sottile, si scorge che gli stessi dicasteri governativi attingono gran parte degli elementi del loro lavoro del lavoro continuo e multiforme di tutta la parte colta e pensante del paese, cioè dalle elucubrazioni degli studiosi, dai risultati dell’esperienza dei professionisti; dai sugge­ rimenti della stampa periodica che si fa eco dei bi­ sogni del pubblico, e via dicendo; si può dire per­ tanto che alla formazione delle leggi prende parte tutto il paese, in modo più o meno indiretto. Se non che nei paesi fiacchi, dove in media sono poco nu­ merosi gli individui che s’ interessano all’andamento della cosa pubblica, e dove lo spirilo d’associazione è scarso, siffatta collaborazione è davvero molto ma molto indiretta; mentre invece è assai più diretta, più continua, più visibile e più efficace nei paesi vigorosi, dove l’opinione pubblica è cosciente, epperò vigile e operosa, e le associazioni degli interessati in ogni dato ordine di cose sono numerose, salde, battagliere, benché senza turbamento dell’ordine pub­ blico, epperò influenti.

Ora, se in Italia, dove di solito lo spirito d’asso­ ciazione scarseggia, e i cittadini contro i difetti della legislazione e dell’amministrazione sono più avvezzi a brontolare alla spicciolata che a rimediare con quella unione che fa la forza; se, diciamo, in Italia l’eccessivo fiscalismo dello Stato, determina alla fine qua e là l’unirsi di parecchi cittadini in leghe di con­ tribuenti, chi più di esse sarebbe adatto a suggerire e porre il germe di riforma in quella legislazione tributaria che col fiscalismo è tutt’ uno, se non si preferisce dire che sono due esseri uniti in stretto quanto malaugurato connubio?

Certo, bisogna saper scegliere bene la propria via e saperla battere con oculatezza. Circa tre mesi fa, l’Associazione dei Contribuenti di Napoli ebbe la poco felice idea di prendere l’ iniziativa d’ un Comizio Ant ¡fiscale.

La popolare riunione fu tenuta, ma poiché alcuni oratori socialisti ne profittarono per pronunziare vi­ vaci discorsi di propaganda politica, finì in una chias­ sata. No, i Comizi fanno ampli discorsi e poi votano sempre qualcosa per acclamazione: non sono luoghi e modi per discutere pacatamente, per studiare a fondo, massime trattandosi di materie tanto impor­ tanti quanto prosaiche. Salvochè per non pagar più

tasse non vogliano fare addirittura la rivoluzione, stanno freschi i contribuenti se procedono per Co­ mizi! Rischiano di restare, o magari diventare sem­ pre un po’ più, contribuenti !

Dicevamo dunque che il Corniani ha torto nel di­ sconoscere che certe associazioni di studiosi e di in­ teressati possono benissimo, se non altro, dirozzare la m ateria p r im a di alcune parti della legislazione, per presentarla, già non più informe, al Governo e al Parlamento. Sino a un certo punto però la sua sfiducia è giustificata dall’esperienza di ciò che è accaduto finora. Siamo schietti: che cosa fanno le Provincie, i Comuni, le Camere di Commercio, i Comizi Agrari e alcune associazioni private, quando presentano memoriali al Governo o petizioni al Par­ lamento? Dapprima tengono discussioni, magari dotte, delle quali non resta traccia e poi la concretano in alcuni voti brevemente motivati. Che cosa conten­ gono cotesti voti ? La dimostrazione di pubblici bi­ sogni, che saranno innegabili; l’espressione di desi­ deri, che saranno interamente giusti. Ma è poco ; bisognerebbe sapere indicare come s i p ossa p r a t i­ camente e senza troppa difficoltà e senza inconve­ nienti d a r loro soddisfazione.

A tanto, dirà taluno, vi sembra tenuto chi chiede? Al punto in cui sono le cose, non ci par dubbio. Del resto, perchè no?

È vero o non è vero che l’ordinamento tributario oggi vigente in Italia è giudicato pessimo da tutti, anche da chi si trova al Governo? È vero o non è vero che tutti coloro che appartengono alle classi più o meno dirigenti (senatori, deputati, ex ministri, alti funzionari, studiosi, professori, giornalisti, pos­ sidenti, commercianti, ecc.), in una occasione o nel­ l’altra - cioè conversando, o scrivendo, o interlo­ quendo nelle discussioni degli enti collettivi di cui facciano parte - si sono trovati non solo a deplo­ rare I' eccesso delle pubbliche gravezze, ma anche a manifestare la ferma opinione che, alleviandone alcune, verrebbe a seutirne gran ristoro prima e su­ bito I’ economia del paese, ma poi anche I’ erario dello Stato ? E vero o non è vero che tra tanti uo­ mini succedutisi al potere nell’ ultimo ventennio, benché appartenenti alle categorie sociali dianzi in­ dicate, nessuno ha estrinsecato coi fatti le opinioni altre volte espresse in materia? E perchè ? Secondo noi per una mancanza di carattere (è risaputo che i veri caratteri sono assai più rari dei begli inge­ gni) la quale emerge in due modi : con la paura di vedere danneggiato il bilancio, sia pure per uno scopo fecondo, anche in lieve misura e per breve tempo, cioè mentre corre, solitamente breve, la du­ rata della loro vita ministeriale ; e per la incapacità di resistere virilmente a quelle pressioni, che giun- gon da cento e mille parti, con cui cittadini ed enti costituiti chiedono un continuo estendersi delle fun­ zioni dello Stato, che si traduce in un continuo aumento di spese.

Ma gli uomini sono quello che sono; e la riforma tributaria va a rischio di rimanere un pio desiderio chi sa fino a quando, mentre per essa difficoltà, anche intrinseche, non mancano.

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loro di costituire, se si accingano a un lavoro as­ siduo e serio ?

E per essere serio, e pratico, dovrebbe prender di mira una o poche cose alla volta. In materia tanto vasta e complessa, non si può aspirare se non ad ottenere qualche risultato utile a piccole dosi, a gradi. In fondo, la tasca d’ogui contribuente è una sola, e il diminuire la pressione che oggi la smunge, o accada per l’imposta A , o per la tassa B , o pel dazio C, non diciamo che sia lo stesso precisa- mente, diciamo che sarebbe sempre tauto di guada­ gnato. Noteremo inoltre che se le classi meno agiate oggi sono quelle che soffrono più per le assurdità e gli eccessi del sistema tributario vigente, sta in fatto che tutte le classi sociali sono troppe gravate, e che le più povere soffrono per doppia causa ; per ciò che le colpisce direttamente e per la ripercus­ sione di ciò che colpisce le altre. Ricordare questa verità ci è parso necessario, per venire a dire che negli studi ila istituire, nelle riforme da tracciare e propugnare, dovrebbe darsi la preferenza, cioè per ora la precedenza, non tanto alle più desideral)ili quanto alle p iù f á c i l .

Pertanto, a qualche Lega di contribuenti i cui membri consentissero nelle idee che andiamo svol­ gendo, saremmo per suggerire di iniziare I’ opera prendendo per oggetto le imposte indirette, piuttosto che quelle dirette. E ciò per due motivi.

Uno è che quest’ultime, le quali sono grandi ma poche (fondiaria, fabbricati, e ricchezza mobile, par­ lando qui dello Stato soltanto e non dei Comuni) s’ integrano e si sorreggono, in certo modo, a vi­ cenda. Proporre di alleviare I’ una e non le altre, presenterebbe l’aspetto d’una ingiustizia forse vera, certo molto apparente, darebbe luogo a infiniti cla­ mori, a innumerevoli obbiezioni. Diminuirle tutte? Non si sarebbe presi sul serio ! Sostituir loro qual­ che imposta nuova, più equa, meglio ripartita ? Be­ nissimo, ma si va a quel lavoro arduo, lungo, con­ trastato, di dubbio esito, dal quale non vorremmo si cominciasse. Invece le imposte indirette sono nu­ merose e varie, sono, ciascuna o i loro diversi gruppi indipendenti fra loro, e si può benissimo riformarne una o più d’una, anche notevolmente, senza toccare le altre, senza troppo alterare quella parte del si­ stema tributario che le concerne. In altri termini, si prestano a quel processo p e r g r a d i che solo ci pare abbastanza facile.

Il secondo motivo è che la mitigazione delle im­ poste dirette sarebbe un gran bene per i cittadini, ma lì per lì, per un pezzo e in grave misura, por­ terebbe un danno all’ erario. Si fa presto a predi­ care 1 ma trovale, a questi lumi di luna, l’uomo o gli uomini di governo che si assumano una simile responsabilità!,... Viceversa, nelle imposte indirette la perdita per l’erario non è per nulla un correla­ tivo necessario della loro mitigazione. Anzi, ognuno sa, fuorché gli uomini politici m entre e fin hè sono al potere, che molte di esse frutterebbero di più se fossero meno esagerate ; che il loro reddito dopo un continuo incremento spontaneo di anni e anni, cre­ sciute troppo le aliquote, a un certo punto si arre­ stò, che per alcuno diminuì, che per altre v b an­ cora ma rachitico ; che in complesso è stazionario, mentre la popolazione cresce e I’ attività pubblica, che pur cresce, se fosse meno inceppata dal fisco, avrebbe tendenza a crescer più assai. Tutte queste cose sono risapute, sono state dette e ridette in pub­

blico e in privato, nelle Accademie, nelle Camere di Commercio, nei Congressi, anche in Parlamento. Ma forse sono state dette, quasi sempre per inci­ denza, a proposito d’altro tema principale, o in modo generico.

Quest’ ultimo difetto bisognerebbe specialmente evitare da ora in poi ; o meglio, poiché la diagnosi del male è stata fatta da molti anche splendida­ mente, bisognerebbe essere più completi nell’ indi­ care la cura e più precisi nel dimostrarne la faci­ lità e la sicura efficacia.

Ci spiegheremo con qualche esempio. Quante volte non è stato deplorato l’ assurdo e il danno che il petrolio, il cui prezzo originario è di L. 17 il quin­ tale, paghi entrando nel Regno un dazio di L. 4 8 ! Chi ha chiesto che il dazio venga ribassato di tre quarti, chi della metà, ehi di un quarto. Il Governo, neanche dirlo, prendesse nome dal Giolitti, dal Crispi, dal Rudinì, dal Pelloux o da chi si voglia, da questo orecchio è stato sempre sordo. La ragione, sempre la solita : il bilancio poco elastico.... il pareggio non ancora bene assicurato.... Eppure le persone più competenti in materia sono di parere che una di­ minuzione del dazio di confine assicurerebbe al pe­ trolio, il cui consumo è già molto largo, ma ormai da qualche anno stazionario, un aumento rapido e si­ curo, tale che l’ introito fiscale non scemerebbe ed anzi crescerebbe dopo qualche tempo. Ed oltre al consumo per illuminazione, prevedono che prende­ rebbe grande estensione l’ impiego del petrolio come motore industriale. Fin qui le previsioni sono ragio­ nevoli, ma al solito, sempre un po’ generiche. Óra, una Lega di Contribuenti, o ha fra i suoi membri o dovrebbe cercare di aggregarsi, tra altri, degli industriali e dei negozianti ; e raccogliere mediante la loro esperienza, dati numerosi e precisi. Quanto petrolio si sdazia in una certa circoscrizione territo­ riale ? Quanto se ne esporta altrove e quanto se ne consuma? E di quello consumato, quanto è per il­ luminazione e quanto come motore? E dell’ uno e dell’altro, di quanto — sempre nella stessa circoscri­ zione— è cresciuto o diminuito il consumo dopo la diffusione delle applicazioni elettriche? E di quanto anche è cresciuto o diminuito dopo che l’energia elettrica è stata sottoposta a speciali tasse? Che cosa dicono gli esercenti del luogo? Di quanto prevedono che aumenterebbe il consumo del petrolio, nell’|una o nell'altra forma, se il ribasso del suo prezzo fosse eguale ad x ì Di quanto invece se fosse eguale ad y ? E non basta : bisognerebbe porsi d’accordo con chi facesse con altre circoscrizioni indagini analoghe, sommare e confrontare i risultati, trarne medie si­ cure, dar loro ampia pubblicità, dedurne conseguenze evidenti, abbozzare su di esse progetti precisi, o pre­ sentare petizioni riccamente ed esattamente documen­ tate. Allora sì che una agitazione, legale e pacifica, ma larga e insistente, può far breccia; poiché non si limita a formulare voti, ma reca cifre parlanti. Pei provvedimenti desiderati, porta il lavoro già in gran parte fatto.

E quello che diciamo per il petrolio, potremmo dire pel regime degli alcool. È lo stesso ordine di idee, e dovrebbe essere lo stesso procedimento.

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28 maggio 1899 L’ E C O N O M I S T A

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ai cittadini, ma anche al fisco; senza di che a nes- I sana proposta, nelle sfere governative, verrebbe mai fatto buon viso. Qui le Leghe di Contribuenti pos­ sono recare con facilità preziosi lumi. Senza dubbio ne fanno parte avvocati e procuratori esercenti, a cui la pratica quotidiana porge ricca messe di fatti. Per quanti tra gli atti che cooperarono a porre in essere dettero ai loro clienti il consiglio di non farli registrare, dopo calcolalo un certo grado d’ impro­ babilità che cadessero di fatto in multa? Le tasse di registro pei detti atti che cifre avrebbero impor­ tato? Di quanto più sopportabile avrebbe dovuto es­ sere la tassa, perchè il detto calcolo di probabilità consigliasse invece, tutto considerato, a sottoporre questo o quell’atto alla dovuta registrazione? Quali e quante procedure, per altri rispetti opportune, si sono risparmiate e troncate, per risparmiare, secondo l’entità d’ urta vertenza, forte spesa di carta da bollo? —- E via discorrendo. Saranno computi approssima­ tivi* si sa, ma istituiti su un numero di casi che è grandissimo, danno luogo a medie abbastanza esatte. Anche qui si raccolgono i risultati dello studio che venga fatto da più Associazioni consimili, si fondono nel crogiuolo d’ uno studio di confronto e riassun­ tivo, per mezzo di congressi, di scambio di pubbli­ cazioni, o in altro modo, e non sarà difficile poter venire dinanzi ai poteri pubblici con richieste mo­ derate ma incalzanti di sgravo, con proposte di ri­ forme, che tanto più imperiosamente chiedono ascolto, quanto più minutamente dimostrino provata una fa­ cile conciliazione dell’interesse del cittadino con quello dello Stalo.

Vorremmo ora dire delle tasse postali e telegra­ fiche, dei prodotti di monopolio come il sale e i tabacchi, di tante forme di imposte indirette colle quali il fisco, per non saper serbare la giusta misura, arriva, dissanguando un po’ tutti, a danneggiare anche sè stesso. Ma non finiremmo più. I pochi esempi di cui sopra bastano a chiarire il nostro con­ cetto. Un bisogno non nuovo ma sempre più impe­ rioso spinge qua e là i contribuenti a stringersi in Leghe. Possano queste avviarsi a soddisfarlo, colla buona scelta del metodo.

LE BANCHE DI EMISSIONE DELLA SVIZZERA

In questi ultimi anni la questione delle Banche dì emissione è stata molto discussa nella Svizzera, dove il 28 febbraio 4897 fu respinta dal voto po­ polare la creazione di una Banca della Couferazione Svizzera. Però l’idea di creare una banca centrale di emissione è sempre all’ ordine del giorno e un progetto in tal senso dev’ essere presentato nel corso di quest’anno a una Commissione all’ uopo nominata. Ma quantunque, teoricamente almeno, le banche di emissione svizzere siano condannate a scomparire, esistono ed esisteranno ancora per qualche tempo : sicché una rapida rassegna della loro situazione e dei risultati ottenuti negli ultimi anni presenta qualche interesse. Le relazioni dell’ Ispettorato delle banche forniscono a questo scopo informazioni copiose.

Secondo la legge che le regge, le banche di emis­ sione devono inviare all’ Ispettorato le loro situazioni settimanali ed i loro bilanci mensili ; senza che per questo le operazioni delle banche siano propria­ mente sorvegliate dall’ Ispettorato. Salvo per le &

banche di cui la garanzia del 60 per cento è for­ nita dal loro portafoglio e che non devono fare se non operazioni ristrette e nessuna allo scoperto, il controllo si limita al confronto dei bilanci coi libri delle situazioni settimanali, alla verifica dei titoli depositati e alla constatazione dell’ incasso metallico sufficiente ; in riassunto l’ Ispettorato ha per iscopo di tutelare gl’interessi dei portatori di biglietti.

Al 31 dicembre 1898 vi erano nella Svizzera 33 banche di emissione legalmente autorizzate; delle quali 20 con garanzia cantonale aventi il capitale di 101,030,000 franchi e la emissione effettiva di 430,500,000 franchi; 10 banche con deposito di titoli aventi il capitale versato di 29,225,000 franchi e l’emissione di 19,750,000, i titoli depositati in garanzia del 60 per cento della emissione hanno un valore nominale di 43,532,000 franchi e il valore di stima di 42,024,419 ; finalmente 5 banche (a operazioni limitate) che danno in garanzia il loro por­ tafoglio commerciale ed il cui capitale è ni 39,500,000 e la emissione di 78,600,000 franchi.

Le banche più importanti sono queste : la Banca cantonale di Berna (10 milioni di capitale) la Banca del commercio (12 milioni di capitale), la Banca di Basilea, la Bauca cantonale di Zurigo, la Banca can­ tonale valdese, la B mca dello Stato di Friburgo, eec. Dal 1888 al 1898 le Banche sono passate da 34 a 35, il capitale da 422 milioni e mezzo è salito a 169 e tre quarti, la emissione da 153 milioni a 229 milioni e un quarto. Riguardo alle opera­ zioni riproduciamo queste cifre relative al 1888 e

1 8 9 8 : '

1898 1 888

Migliaia dì franchi « 9 ,0 5 0 98,174 Crediti a breve scadenza... 33.650 25,337 » su lettere di cambio . . . 224,513 212,176 Aitri crediti a scadenza... 975.322 515,537 Impieghi fissi e d ’ ord in e... — 10,990 Emissione di b iglietti... 220,312 150,547 Impegni a breve sca d en za ... 148,933 108,020 » rappresene da cambiali 24,216 11,107 Altri impegni a s c a d e n z a ... 778,001 446,751 Partite di giro e fondi p rop ri.. 203,270 145,789 Capitale non versato... 11,637 13,845 Totale del bilancio...1 . 1,384,372 876,069

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una banca centrale si fa sempre più sentire. Tut­ tavia, osserviamo che una banca centrale potrebbe seguire la stessa via erronea, perchè non e’ è nes­ suna legislazione che possa impedire al Consiglio d’ amministrazione e alla Direzione di una Banca di impiegare male i biglietti.

La media del saggio dello scontò ufficiale durante il periodo 1888-98 è stata generalmente alta in pa­ ragone a quella della Francia e dell’ Inghilterra; essa ha seguilo ed anche sorpassata la media della Germania. La causa va ricercata nella situazione commerciale della Svizzera di fronte agli altri paesi, non al desiderio delle banche di emissione di for­ tificare il loro incasso. La proporzione tra l’ incasso e remissione è in costante diminuzione: da una media di 58.8 per cento nel 1888 scende nel 1898 a 53.7.

IL COMMERCIO INTERNAZIONALE ITALIANO

nei primi quattro mesi 1899

Nel mese di aprile 1899 la importazione salì a 127 milioni con un aumento di 4.8 milioni sul— 1’ aprile 1898 e la esportazione salì a 112.7 milioni, con aumento di 21.2 milioni. Anche nell’ aprile, adunque, il commercio complessivo si è avvantag­ giato con 2(5 milioni di maggior entità di scambi, il che è, sopratutto, importante; abbiamo sempre so­ stenuta ia tesi, che ci pare giusta, che in condizioni non eccezionali, un paese guadagna sempre tanto a comprare come a vendere; e data la stazionarietà per così lungo periodo presentata dal nostro movi­ mento commerciale, è degno di nota il fatto che ciascuno dei mesi di quest’ anno abbia dato un au­ mento di traffico che in quattro mesi raggiunge già i '69 milioni; e riesce ancor più notevole che mentre la importazione diminuisce la sua ragione di au­ mento, la accresca invece notevolmente la espor­ tazione.

Rispetto al 1898, dei 36.2 milioni di aumento della importazione, 19 sono dovuti al gennaio, 9.4 al feb­ braio, 2.9 al marzo e 4.8 all’ aprile; — dei 32milioni di aumento della esportazione, nulla è attribuibile ai primi due mesi che davano anzi una diminuzione di 2.6 milioni: il mese di marzo diede un aumento di 14.3 milioni e di 21.2 quello di aprile.

Non va taciuto però che la categoria X I Y segna essa sola 33.4 milioni di minore importazione, il che, si comprende, è dovuto ai grano.

Nel prospetto delle categorie figura notevole un amento di 16.2 milioni ili importazione nella seta : esso è dovuto per 2.6 milioni ai bozzoli secch i; per 9.8 milioni alla seta tratta a s ia t ic a ; per 3.1 mi­ lioni alla seta tratt i torta.

Nei 14 indio i di aumento che presenta la cate­ goria dei m in erali e metalli, contribuiscono quasi tutte le voci, specie quelle di materie prime, m i­ n erali, scorie, rottam i, ghisa, ecc.

E nei 14 milioni di aumento nella importazione della XIII categoria p ietre, terre, eco., entra per 13.1 milioni la maggiore entrata di carbon fossile.

Alla esportazione vi sono cifre che meritano at­ tenzione: nel cotone, i filati sono aumentati per quasi 1.4 milioni; i tessuti lisci, a colori e tinti per

3 .3 ; quasi tutte le altre voci danno egualmente aumento.

Per la seta, dove l’ aumento della esportazione è di nove milioni, è dovuto per 21 milioni alla seta tratta e per 5 .milioni ai tessuti e la v o r i; in totale sarebbero 26 milioni di aumento, ma diminuì per 17.2 milioni la esportazione della seta ad d o p p ia ta e tort i.

Va notato l’ aumento per 8 milioni della catego- X V anìm li e prodotti,' equini, bovini, pollame, cac­ ciagione danno un aumento di oltre tre milioni ; di oltre un milione Ie ova d i pollam e, di quasi un mi­ lione il corallo. '

Diamo ora il solito prospetto delle categorie :

C ATE G O RIE secondo la tariffa doganale

IM PORTAZIONE Valore j delle merci j importate i dal l'g en n . \ • ftl, 30 aprile j dell’ anno ! 1899 Differenza col Am I. II. I I I . IV . V. V I. V II. Vili. IX . X. X I. X I I . X I I I . X IV . XV . X V I. X V II.

Spiriti, bevande ed oli ... Generi colon., droghe e tabacchi. Prodotti cbim. generi medicinali, resine e profumerie... Colori e generi per tinta e per

c o n c ia ... Canapa, lino, juta ed altri vege­

tali filamentosi esci, il cotone. Cotone... l ana, crino e peli... S eta ... Legno e p a g lia ... Carta e l i b r i ... Pelli... Minerali, metalli e loro la v ori.. Pietre, terre, vasellam i, vetri e cristalli... Cereali, far., paste e prodotti ve-

get.,non compresi in altrecateg. Animali,prodotti e spoglie di ani­

mali non compresi in altre cat. Oggetti diversi... Totale delle prime 16 categorie Metalli p reziosi... Totale gen era le.. . .

Lire Lire •14.0 V2 307 — 2,634.777 18,081,477 + 2,899,838 22,234-078 + 2,308,900 11,578,736 + 2,667,146 7.952,930 - 54.90.0,711 + 26,178.680 + 49,889,043 +• 17,791.374 + 6 047,853 -f- 19,760,951 + 64,252,611 4 1,513,* 63 2,816,403 4,788,339 16,267,015 5 152,364 1,672,241 3.506,094 14,716,038 65.401,362 4- 14,589,528 - 33,461,299 63,331,951 31,507,575 9,027 570 482,479,209 1,441,600 4 - 472.589 4- 1,985,885 4- 86,232.641 4- 250,000 183,920,809 \ + 36,482,641 C ATE G O RIE secondo la tariffa doganale

I. II. I I I . IV . V. V I. V II. vili. IX . X. X I. X II. X I I I . X IV . X V . X V I. X V II. Spiriti, bevande ed o l ì ... Generi colon, droghe e tabacchi. Prodotti chim .,generi medicinali, resine e profum erie... Colori e generi per tinta e per concia... Canapa, lino, juta ed altri vege­

tali filamentosi, esci, il cotone. Cotone... Lana, crino o péli... Seta... Legno e p a g lia .. ... Carta e li b r i ... P e lli... Minerali, metalli e loro la v ori.. Pietre, terre, vasellam i, rvetri e | cristalli... ...

Cereali, far., paste e prodotti ve­ getali, non compr. in altre cat. Animali, prodotti e spoglie di ani­ mali, non compr. in altre categ.

(6)

342 L’ E C O N O M I S T A 28 maggio 1899 Ed ecco il prodotto dei dazi :

Titoli Dal 16 gennaio al 30 aprile

di riscossione 1899 1899 l) D azi d’ im portazione Lire 78,318,479 Lire 81,293.750 — D azi di Esportazione 364. 865 409,475 Sopratasse di fabbri-973-179 1,060,872 — 705.014 827,944 — Diritti di b o llo . 378,213 358>606 Tassa speciale sugli

zolfi di Sicilia. . 209 928 228,056 — 214,1:4 211,954 -A-D iritti m arittim i. . 2,661,754 % 049 285 + Totale . 83 825 606 ' 87.039 942 Differenza Lire 2,975,271 - 44,610 87.693 122,930 19,607 18,128 2,220 12.469 _ 3,214- 363

In quanto al movimento commerciale con la Francia riproduciamo qui sotto un prospetto di confronto tra • i quattro mesi del 1898 e quelli del 1899. E ci sembra che vi sia da rallegrarsene; non solo non si avverano le tristi profezie degli avversari del- l’ accordo, ma pare si stabilisca una corrente di movi­ mento che, per l’ Italia, lascia bene sperare del- l’ avvenire.

Il commercio Franco-Italiano nei quattro primi mesi degli anni 1898-1899.

Esportazioni italiane in Francia

Designazione delle merci

Sete crude, greggio e lavorate Canape e stoppa.

Zolfo greggio . . Pellami e pellleeierie greggi Vasi e cristalli . . . Borra di seta . . . . Sommacco

Selvaggina e salumi . Burro fresco e cotto . Olio di oliva fisso puro B .stie da soma . Minerale di zinco Bozzoli . . . . Lane, crin i e peli Legni com u n i. . Pollame e piccioni vivi Tessuti, pass, nastri di

o borra ... Minerale di rame . . Prodotti ch im ici. , . U o v a ... O.i volatili ed essenze M a r m i ... Frutta da tavola . • M e d icin a li... f ormaggi . ■ • • ■ Treccie, stuoie o strisele les Legni d ’ebanisteria. R i s o ... Cotone in fiocchi. Vini ordinari e liquoros Piume d ’ornamento. . Carta, libri e stampe . Pietre e terre per arti e

stieri ... Mobili e lavori in legno B e s t i a m e ... Oggetti di collezione . Pellam i e peUiccer. concia' A ltri articoli . . . Totale QU A N TITÀ in tonnellate (1) 1899 1898 293 5,960 45,720 494 228 674 3,419 570 643 1,522 956 4,817 19 866 2,641 239 3 396 2,029 1,770 32 8,531 2,261 370 432 194 1,270 1,596 156 10,734 21 58 1,590 258 887 45 4 V ALO RI in migi. di franchi 1899 306 3,869 46.711 410 570 799 4,567 588 638 1,141 1,237 9, r i 174 405 2,56 226 1,966 1,413 27 7,511 3,303 228 299 170 993 1,833 187 9,646 19 2,048 247 628 26 6 1898 9,312 4,167 5,029 1,614 452 2,463 718 1,300 1,779 761 331 1,060 111 1,318 515 692 204 475 1,182 1,877 1,134 639 599 1,146 588 1,220 318 313 122 490 2,100 396 406 334 177 289 140 6.832

Importazioni francesi in Italia

Designazione delle merci

52,503 9,974 2,737 5, 138 1,243 1,189 2,896 940 1,348 1,762 646 703 2,151 1,(10 604 430 519 219 1,687 1,498 959 569 789 598 402 1,(65 248 335 145 499 1,360 382 340 30-114 267 165 5.986 50,594 (1) Salvo per le bestie da sema conteggiate in capi ed i vini ordinari e liquorosi, in e t t o l i t r i . _____ ______________________

Sete crude, tinte o borra . Tessuti, passamauterie e na­ stri di la n a ... B o z z o l i ... Pellami e pellicciar, lavorate Cotone in fiocchi... Prodotti ch im ici... I.ane e c a s c a m i... Seme-bachi. . . • • • • Pietre e terre per arti e me­ stieri ... Chincaglierie e bottoni . - Oli volatili ed esseuze . Pellami e pelliccierie greggio Tessuti, pass, e nastri di seta

e borra ... Oli fissi» puri, salvo l ’olio di

oliva . . . • • • • Utensili e lavori in metallo. Pesci freschi e conservati . R a m e ... Filati d’ ogni specie. . • • Bestie da s ima . . . . . Vasi e v e t r e r ie ... S t r a c c i ... Macchine e meccanismi . . Carta, libri e stampe • • • Carbon fossile e cocke . . Materiali da fabbrica . . . Frutta da tavola... V i n i ... O r e fic e r ia ... Ghisa, ferro e acciaio. . . Indaco ... Legni com uni... F o r m a g g i ... Zuccheri g r a s s i ... Stagno ... Pacchi postali... A ltri a r t ic o li... QU A N TITÀ 1899 1898 Totale 1,054 237 15 123 436 13,518 772 9,143 84 9 495 13 669 423 1,859 296 86 V>57 722 525 166 92,700 70,721 735 1,785 539,50 6-833 4 1,327 22 25 9 531 V ALO RI i) n mi gl. di franchi 8 1899 1898 555 28,287 13,400 264 2.137 2,218 114 145 1,066 127 1,105 998 122 34 95 832 1,651 1,516 6 8 0! 1,997 1,1*35 3 296 212 464 168 258 1 1 588 670 3 258 84 355 1,110 822 9 l 855 591 847 302 384 392 466 478 ,744 1,149 1,058 684 526 901 92 322 369 422 356 ,179 385 349 605 393 358 325 749 483 133 282 326 .000 193 222 >,963 2’>4 175 ,273 171 283 ,8*7 335 343 ,800 28( 2 1 8 5,0 IS 50; 389 6 36 51 85S 131 93 3 2S 39 2' ; 6 16 16 28 526 7,97i 7 895 6,37: 5,533 60,18' 44 2 2 (14 Salvo l vin i conteggiati in ettolitri, il carb n fossile e i materiali da fabbrica in quintali m etrici e l’ oreficeria in chilog.

LA BARBABIETOLA DA ZUCCHERO

nell* agricoltura -toscana. ‘)

Il risultato economico della sostituzione, alle con­ dizioni volute dai capitalisti, della cultura delle barbabietole alla cultura del granturco pare cosi meschino che f o n . Guicciardini, dopo averlo

con-l) Vedi il numero precedente dell' Economista.

(7)

« Secondo essi una fabbrica di zucchero darebbe impiego a 300 o 400 operai, ira uomini, donne e ragazzi, remunererebbe gli uomini con un salario medio di L. 3.75, le donne con un salario medio di L. 1.70 e i ragazzi con un salario medio di L 1.50, e, infine, questo lavoro la fabbrica lo da­ rebbe quando maggiore è la disoccupazione cioè nella stagione invernale.

Questi fatti, se fossero veri, sarebbero certamente molto importanti, ma sono tutti quanti veri? 0 non sono essi pure qualificati da quello spirito di esa­ gerazione che toglie ad essi il carattere della verità e li fa apparire piuttosto motivi per sostenere una tesi, che osservazioni per illustrare un argomento? Non impugnerò certamente che una fabbrica di zucchero richiede una buona quantità di lavoro. Ma non posso ammettere a p r io r i che i salari che pa­ gherà sieno quelli indicati : la retribuzione del la­ voro è regolata da leggi che sfuggono alla volontà delle parti e nessun fabbricante sarà disposto a fis­ sarla in misura maggiore di quella richiesta dal mercato. Del resto lo spirito di sfruttamento che il capitalismo porta nel fissare le condizioni della col­ tura delle barbabietole non mi pare che sia il buon augurio per quello che porterà nel fissare il prezzo del lavoro ai braccianti impiegati nella fabbrica.

Evidentemente esso pagherà il lavoro quanto sarà necessario per ottenerlo nel posto e nel tempo in cui gli occorre: ma nessuna persona seria potrà ammettere che voglia o possa pagarlo in misura maggiore.

Ma dove la esagerazione è più evidente è nel- l’ indicazione del periodo dell’ anno in cui la fab­ brica offrirà il lavoro. La fabbrica, si annunzia, darà lavoro nell’ inverno, nel tempo cioè della massima disoccupazione. Quando le amministrazioni pubbliche o private non sempre possono fare lavorare, ecco la fabbrica chiamare a sè gli opranti e riscattarli dalla tirannia degli ozii forzati : sono questi risultati, si esclama, che allietano il cuore.

Se nonché anche qui conviene distinguere il vero dal falso e accertare la verità. E la verità è che la fabbrica lavora tutt’ al più un centinaio di giorni e questi cadono non nell’inverno, ma in autunno, quando fervono tutti gli altri lavori agricoli. Infatti la lavo­ razione si fa nel periodo della raccolta delle barba- bietole e si compie poco oltre il termine della rac­ colta, vale a dire a Novembre : in questo mese la fabbrica si chiude e fino alla nuova raccolta non da segno di vita.

Dunque anche qui bando alle esagerazioni Una fabbrica di zucchero accresce certamente l’ offerta del lavoro industriale e così giova alla classe dei braccianti, ma chi parla di una nuova èra di benes­ sere, di soppressione dei forzali ozii invernali, di soppressione delle cause dell’ emigrazione, esagera e perciò stesso non parla il vero e lungi dal favo­ rire tradisce gl interessi delle classi operaie : le spe­ ranze non soddisfatte e i disinganni che ne sono la

conseguenza non furono mai per chicchessia sorgente di bene.

Le conclusioni che si possono trarre da quanto precede mi paiono evidenti. Nelle nostre regioni a cultura intensiva dove, mercè le buone rotazioni, i buoni lavori, le buone concimazioni, le culture di rinnuovo hanno raggiunto alti rendimenti, la cultura della barbabietola da zucchero, alle condizioni pro­ poste dalla fabbrica e dati i prezzi attuali dei pro­

dotti delle culture di rinnuovo, non è davvero un negozio brillante nè per il possidente nè per il mez­ zadro. Per I’ uno e per I’ altro, date codeste condi­ zioni, la sostituzione delle barbabietole alle consuete culture di rinnuovo rappresenta un guadagno tenue, tanto tenue da giustificare il quesito se valga la pena per così poco guadagno affrontare tutte le noie di un cambiamento di cultura e assumere impegni di lunga durata.

Nè ciò è tutto : anche questo tenue guadagno, date le condizioni oggi imposte dal capitalismo, può svanire e tramutarsi in perdita. Ed in vero si sup­ ponga che cresca il prezzo del seme o che cresca il prezzo delle sostanze fertilizzanti : si supponga che il prezzo del granturco o dei prodotti delle altre culture di rinnuovo si faccia maggiore, ipotesi tutte queste che non solo sono possibili, ma che non escono dal corso ordinario dei fatti che possono avvenire in un decennio, avverrà che il tenue utile offerto, nel e presenti condizioni del mercato, dall a cultura della barbabietola svanirà e potrà trasformarsi in perdita. »

La conclusione alla quale l'on. Guicciardini è stato condotto dall’ esame dei fatti che siamo venuti riassum ndo risulta quindi esplicita : egli non crede che gli ag ricoltori toscani alle condizioni offerte oggi d a i ca p ita listi abbiano interesse a obbl g arsi p e r un lungo p erio d o d i tempo a in trod u rre nei loro avvicendamenti la barbabietola d a zucchero.

Essi, a suo avviso, possono e debbono chiedere condizioni migliori. Oltre la valutazione del prezzo della barbabietola non solo a ragione di peso ma anche a ragione di titolo zuccherino, essi possono e debbono chiedere un prezzo notevolmente maggiore che sia guarentigia di un maggior reddito in con­ fronto delle altre culture di rinnuovo; oppure pos­ sono chiedere, e questa forse sarebbe una forma di contratto anche migliore, una partecipazione agli utili della fabbrica, proporzionata alla quantità delle ra­ dici consegnate. Tanto più gli par possibile che le condizioni siano notevolmente migliori, dacché i lucri della industria dello zucchero non sono da noi un effetto di condizioni naturali, ma del regime fiscale ora vigente in Italia riguardo allo zucchero.

E qui ci pare utile riferire ciò che disse l’ on. Guic­ ciardini.

« Lo Stato concede alla fabbricazione dello zuc­ chero indigeno una protezione notevolissima. Lo zucchero greggio importato dall’ estero assolve un dazio di L. 88, lo zucchero greggio nazionale paga inveve un dazio di fabbricazione' di L. 67.20. Lo zucchero nazionale gode dunque di una protezione che ragguaglia a L. 2 0 .8 0 a quintale.

(8)

344 L’ E C O N O M I S T A 28 maggio^ 1899 ossia in una misura inferiore a quella stabilita dalla

legge. Quale è la differenza fra la tassa legale e la tassa reale? Non è facile indinaría con precisione, poiché dipende anche dall’ abilità del fabbricante di convertire i sughi in zucchero cristallizzalo. Il Fon­ tana Russo *) dice che fra protezione palese e pro­ tezione dipendente dalla quantità di zucchero pro­ dotto in più del rendimento legale si ha una difesa daziaria che va oltre 30 lire a quintale e che sta all’ operosità del produttore accrescere ancora ; poiché adoperando mezzi più perfezionati di produzione si ottengono maggiori quantità di zucchero esente da imposta. La Direzione generale delle gabelle in un recentissimo documento dice quanto appresso: « A - favore dell’ industria dello zucchero concorrono la protezione dogantde nella misura di lire 20.80 il quintale che è la differenza per il dazio di lire 88 sullo zucchero greggio estero e la tassa interna di fabbricazione di lire 67.20 e il metodo di ac­ certamento della tassa. Col vigente sistema di ac­ certamento si lassano per ogni ettolitro di sughi defecati e per ogni centesimo della loro densità a 15 gradi al di sopra di quella presa per unita dell’ acqua distillata a 4 gradi, grammi 1500 di zucchero, mentre in realtà per ogni ettolitro di sughi e per ogni centesimo di densità in più del- l’ unità si ottengono in media grammi 2000 di prodotto, se non di più; onde una differenza di zucchero non lassato di grammi 500 corrispon­ dente al 23 per cento circa del prodotto effettivo e la conseguente perdita del 25 per cento sulla tassa, la quale nel fatto resta così ridotta a lire «50.40 per ogni quintale *) ».

Prendendo queste indicazioni come vere, si ha che, fra disposizioni di tariffa e disposizioni di li­ quidazione, il regime daziario vigente farebbe pagare allo zucchero indigeno L. 50.40 invece di L. 88 concedendogli una protezione di L. 37.60 a quintale.

Se finora la fabbricazione dello zucchero indigeno non ha fiorito non fu dunque certamente per man­ canza di protezione. »

Ma se la produzione indigena dello zucchero au­ mentasse é facile capire che lo Sfato perderebbe una stimma non piccola che, nell’ ipotesi che il mercato interno non acquistasse più zucchero estero, raggiùngerebbe i 27 milioni di lire.

Non è da credere, naturalmente, che la finanza si as­ soggetterebbe a una simile perdita. Quando la produ­ zione indigena dello zucchero aumentasse conside­ revolmente così da minacciare il reddito della finanza ci pare Certo che la tassa di fabbricazione verrebbe elevata'. Allora gran parte delle intenzioni che l’on. Guicciardini supppone nel legislatore per avere ac­ cordato una protezione finora pochissimo efficace, verrebbero a scomparire. Il fatto è che finora, come riconosce lo stesso onor. Guicciardini, i fatti non hanno corrisposto alle previsioni del legislatore re­ lativamente alla efficacia della larga protezione con­ cessa alla industria della fabbricazione dello zucchero Ma ora col nuovo impulso dato ad essa, la questione assume nuova importanza, perchè agricoltore e fab­ bricante lottano per avere la parte maggiore dei benefizi resultanti dalla protezione. E l’ argomento acquista così una speciale importanza e merita uno

speciale esame, che faremo in altro articolo, inte­ ressando vedere se fin d’ ora non sia opportuno di ridurre quella protezione per impedire così che in causa di condizioni artificialissime si dia impulso a una industria già per sé in condizioni eccezionali. Intanto si è potuto vedere che gli agricoltori, almeno quelli toscani secondo l’on. Guicciardini, non hanno troppo da sperare dalla nuova coltura; e questo ci pare un punto importante.

LI S U B I I DEL TESI II SS tPMLE llffl

dava i se-II Conto di Gassa al 30 aprile u. s

guenti risultati :

Fondo di Cassa alla chiusura dell’ esercizio 1897-98 316,117,4R2.1Ì » » al 30 aprile 1899... 39b,618,585.99

Differenza in meno . . . *19,4885876.23

Pagamenti di Tesoreria dal 1° luglio 1898 al 30 aprile 1899 :

Per spese di Bilancio* • • 1,248,944,598.96 \

Debiti e crediti di Tesoreria 3«001,345* 088.38 5 4.250,357,470.64 A ltri pagamenti... 67,783,30 )

Rie ssi di Tesoreria dal 1° luglio 1898 al 30 aprile 1 8 9 9 :

Pagamensi di B ilancio . . 1,421,05/,479.27 )

Id. per Debiti e Cre- ( 4,230,868,594.51 diti di Tesoreria. . . . 2,809,811,115*24 )

*\ Jj' In du stria dello zucchero, Milano, Hoèpli, p. 112. *) R elazion e sull'A m m inistrazione d elle G a belle per V eserciz io 1 8 9 7 -9 8 , p. 77, Roma, tip. Elzeviriana 1899.

D E B IT I al 30 giugno 1898 al 30 aprile 1899

Buoni del T e s o r o ...Lire Vaglia del T e s o r o ... Banche. Ant cipazioni statutarie . Ammin. del Debito Pub. in conto cor. infrut.

Id. del Fondo Culto id. id. A ltre Amministrazioni in c. cor. fruttifero

ld . Id. in c. c. infruttifero Conto cor. per l ’ emissione dei Buoni di cassa. Incassi da regolare . . • • • • Biglietti di Stato emessi per l’ art. 11, legge 3

m arzo 1898, n. 4 7 ... migliaia 280.304 21.239 38.000 201.187 21 929 23.710 14 442 n o ooo 63. 490 11.280 migliaia 295.566 17.847 143.949 22.347 46. 058 43.744 110 000 15.289 11.250 Totale debiti 786.555 706.052 al 30 al 30 C R E D IT I giugno aprile 1898 1899 m igliaia migliaia Valuta presso la Cassa Depositi e Prestiti

ar-91.250 91.250 ticolo 21 della legge 8 agosto 18 >5. . D.

Amministrazione del Debito Pubblico per

58.724 144 H2 pagamenti da rimborsare . . . .

Amministrazione del fondo per il Culto 19.735 15 749 Al re amministrazioni . . . . • 49.360 57 977 Obbligazioni dell’ Asse E 'clesia>tico 24 — Deflcenze di Cassa a carico dei contabili del

2.03I 1.933 38.764 Totale crediti 237.757 349.788

I debili sorpassavano i crediti al 30 giugno 1898 di milioni 547.8 e al 30 aprile 1899 di milioni 356.2. Ma siccome nel fondo di Cassa si è verificata una diminuzione di oltre 16 milioni, così la differenza in meno nei debiti al netto dei crediti si riduce a milioni 310.

(9)

IN C A S S I Mese A prile 1899 Dif fe r e n z a Da luglio 1898 a tutto aprile 1899 e« ■ a 9 u

.9

3

Entrata ordinaria migliaia migliaia misrltaia migliaia

E n trate effettive : di lire di lire I di lire dl lire Redditi patrimoniali dello

4.229 4,262 76,741 2,354 Imposta sui fondi rustici

e sui fabbricati . . . 3 2 ,2 0 6 + 6 163,819 + 4,430 Imposta sui redditi di rie-

chezza m obile... 30,768 4- 1,096 207,312 4- 4,260 Tasse in amminlstraz. del

Ministero delle Finanze. 14.920 - 643 167,255 4- 1,515 Tassa sul prodotto del mo­

vimento a grande e pic­ cola vel sulle ferrovie . 1,341

I

+ 120 16,689 + 545 Diritti delle Legaz. e dei

Gonsolati a ll’ estero. .. . 64 + 16 655 + 151 Tassa sulla fabbricazione

deirli spiriti, birra, e o e . 3.867 - 116 42,689 + 2,927 Dogane e diritti marittimi 20,426 - 2.672 197,137 — 10,748 Dazi interni di consumo,

esclusi quelli di Napoli

e di Roma . ... 4,118 - 120 41,829 - 25 Dazio consumo di Napoli. 97 - 174 11,448 + 155 Dazio consumo di Roma . 1,277 — 102 13 862-1- 116 T a b a c c h i... . 16,108 5,339 -t- 266 162,859 + 7,009 S a li... - 2I9 61,566 H- 1,050 55.032 + 2,163 Lotto... 6 007H- 6S1 Poste... . 5,074 4- 63 4 8 ,8 0 4 + 2,643 T elegrafi... 1,225 + 82 11,558 + 610 Servizi diversi . . . ... «ri ® f"co + 362 15,976 — 159 Rimborsi e concorsi nelle

spese ... 1,768 + 165 17,630 4- 1,761 Entrate diverse... 1,461 - 882 26,385

I

+ 6,426 Tot. Entrata ordinaria. L. 182,943 - 6,331 1,339,256 + 22,479

Entrata straordinaria

Categi. I. E n trate effett.. 679 + 6SC 6,356 + 3,759 » II. C ostr. str. f - r . 2S+ 65' 4 2

» III. M ovimento di

C a p ita li... 2, o r - 2* 026 38,08C + 19,583 Totale Entrata straord. L 2,72! 4- 3,79 45,088 + 15,827 Partite di g ir o ... 1,12 s + 87i 36,712 + 1,242 Totale gen era le... . 1,56 — 5,37 1,42 + 39,850

I pagamenti poi, effettuati tlal Tesoro per le spese di bilancio, nel mese di aprile 1899 e dal 1° luglio 1898, a tutto aprile 1899, risultano dal seguente prospetto indicante anche la differenza sul 1899:

co 02 ® Mese OS o* Ut ol s Pag am en ti di aprile a 9 U € ! § i a 9 i 9 *5 1899 5 5 •o

migliaia migliaia migliaia migliaia di lire di lire di lire di lire Ministero del Tesoro . . L. 20,630 + 3,252 433,938 + 5,595

Id. delle fin a n z e .... 17,308 + 232 173,052 +14,031 Id. di grazia e giust. 3,397 -t-

•1,393 +

107 33. 807 + 667 Id. degli affari esteri 674 12,208 + 3,8 IO Id. dell’ istruz pubb. 4,205 + 364 3 7 ,8 6 4 !+ 874 Id. dell’ in t e r n o ... . 5,663 + 163 6 2 ,1 491+ 3,713 Id. dei lavori pubbl. 6,668 + 2,023 70,2671— 632 Id. delle poste e tei. 5,619 + 1,087 52,8931+ 3,183 Id. della guerra . . . . 2 1 . 6 0 4 - 2,385 254,986 +10- 9 0 Id. della m a r in a .... 12,4l7 + 3,991 107,349 + 8,379 Id. della agric. ind.

e commercio . 1,137 + 213 1 0 ,5 2 5 + 957 Totale pag. di bilancio . . . 100,045 + 9,720 1,248,944 +29.779 Decreti minist, di s ca rico .. + 4j — + « 7 — 240

100,050-t- 9,72t 1,249,012 +29,539

La differenza nei R e id i'i P atrim on iali della Stato deriva da straordinaria regolarizzazione delle quote dei prodotti e dei corrispettivi dovute dalla Società delle ferrovie Adriatica reti secondarie.

L’aumento nell ’Im posta sui redditi d i ricchezza mobile deriva dall’ incremento dei ruoli di prima serie 1899, in confronto dei corrispondenti ruoli del 1898.

La diminuzione nelle D ogane e D iritti M arittim i proviene da minori importazioni di grano.

La differenza nella Vendita d i beni e a ffra n ca ­ mento d i canoni deriva da maggiori versamenti dalla Cassa depositi e prestiti di somme occorrenti per il servizio dei debiti redimibili.

Assemblea generale delle Strade Ferrate Meridionali

Martedì u. s. ebbe luogo l’Assemblea Generale delle Ferrovie Meridionali esercente la rete Adriatica. Erano presenti 104 azionisti rappresentanti 127,560 azioni con voti 852.

Dopoché fu commemoralo il defunto conte Pietro Bastogi, presidente di consiglio d’ amministrazione, venne letta la relazione.

Ecco un cenno dei risultati sull’ esercizio 1898. Nessuna variazione è avvenuta nella lunghezza della rete principale che rimase al 31 dicembre 1898 di chilometri 4,307,067.

La rete secondaria, la cui lunghezza rettificata in seguito ai verbali di consegna definitivi dei tronchi Boscoredole-Boiano e Fabriano-Pergola che era di chilometri 1.428,207, essendo stata accresciuta dai due tronchi Boiauo-Gantalupo (chilometri 8,318) e Pergola-Urhino (chilometri 47,886), aperta all’eser­ cizio nel corso dell’ anno, risultò alla stessa data di chilometri 1,484,217.

Le due reti avevano quindi al 31 dicembre 1898 una lunghezza complessiva di chilometri 5 ,791,314; tenendo però conto della data d’ apertura all’ esercizio dei due tronchi anzidetti, la lunghezza media esercitata nel decorso anno risulta di chilometri 5,751,223.

I risultati dell’ esercizio del 1898 sono i seguenti, Proventi della rete principale e complementare: compresi i prodotti indiretti. . L. 116,933,895.15

Spese d’ eserc. L. 76,726,657.88 A dedurre i pro­

venti di rimborso di

spesa . . . . » 2,206,077.81 74,520,580.07 Prodotto netto L. 42,413,315.08 Le spese per le due reti riunite corrispondono al 63.73 per cento del prodotto lordo, mentre nel 1897 tale rapporto risultò del 62.84 per cento. L’ aumento verificatosi nelle spese di esercizio è dovuto in mas­ sima parte, come già si è detto, all’ aumentato prezzo dei combustibili.

Prodotti. — Quota del 62 50 per cento sul pro­ dotto lordo ottenuto dall’ esercizio della rete principale (art. 25 del contratto) . . . L. 67,898,173.21 Meno la differenza del 6.50 per cento

versata allo Stato ed ai Fondi spe­ ciali sulla somma di L. 2,926,292 00

Totale pagamenti.

(10)

340

V

E C O N O M I S T A 28 maggio 1899 67,898,173.21 190,208.98 67,707.961.23 3,438,609.36 4,188,409.01 423,167.12 2,206,077.81 79,944,227.33 76,726,637.88 3,217,369.65 L’ assemblea quindi approvava le seguenti prò- •

poste : . . . .

l . a _ « L’assemblea generale degli azionisti ap­ prova la relazione del Consiglio d’amministrazione, il preventivo del 1899, i conti del 1898, e fìssa in lire otto il dividendo per ognuna delle 420,000 azioni e cartelle di godimento in circolazione (oltre le 25 lire già pagate). » . . . .

2.* — « L’Assemblea generale degli azionisti autorizza il pagatnemo all' Amministrazione degli Istituti di Previdenza per il personale, della somma di L. 1,500,000 disponibile sugli utili del bilancio 1898, e delle altre somme che saranno disponibili sugli utili dei bilanci degli anni successivi, in conto deìì’onere assunto dalla Società verso la Cassa Pen­ sioni del personale della Società per le strade fer­ rate meridionali. »

Rivista Economica

L'increm ento delle grandi cittàI l commercio dei cappelli di paglia al Siam.

V

incremento delle grandi c ittà . — Il rapido

aumento delle colossali agglomerazioni urbane, che è uno dei fenomeni sociali più notevoli ed impor­ tanti dei nostri giorni, è un bene o un male?

A questa domanda cerca di rispondere, un va­ lente sociologo francese, con uno studio statistico condotto con critica sicura e ponderata. Egli giusta­ mente osserva, che in nessun momento della storia si ebbe nelle città una intensità uguale di concen­ trazione. Ed oggi essa è tale che nei paesi di Europa i più avanzati in civiltà, compresi quelli in cui il numero degli abitanti cresce rapidamente, questo incrememento è unicamente dovuto alla popolazione

R ip orto L . rappresentante l’ eccedenza del pro­ dotto ottenuto nell’ anno finanziario 1 8 9 7 -9 8 , in confronto con quello iniziale stabilito in conformità del citato articolo (v. allegalo n. 5) » Quota netta devoluta alla S o ­ cietà ...E. salva la liquidazione dell’ anno finan­ ziario in corso.

Correspetlivo per l’ esercizio della rete complementare (art. 73 del ca­ pitolato allegato al contralto d’eser­ cizio) :

L. 3000 per chilometro di lun­ ghezza virtuale...»

metà del prodotto lordo d i ...L. 8,296,818.02

Compensi e proventi diversi. » Proventi in rimborso di spesa » Totale L. Spese. — Spese complessive del­ l’ esercizio, così ordinarie che straor­ dinarie ...» Utile netto dell'esercizio L.

urbana, specie nelle grandi città, mentre decresce la popolazione rurale, non solo in proporzione con la popolazione totale, ma in modo assoluto.

La Francia dove dal 1886 al 1896 il complesso della popolazione non è cresciuto che di 299,316 abi­ tanti mentre le città di oltre 30,000 anime guada­ gnavano nell’insieme 699,083 abitanti, non è il solo paese che si trovi in questo caso. Avviene cosi an­ che in Inghilterra, dove la popolazione totale au­ menta rapidamente, dal 1881 al 1891 essa ha visto aumentare di 3,016,579 abitanti le sue città, men­ tre quelli delle campagne diminuivano di 139,545. Perfino nella prolifica Germania, la popolazione ru­ rale è diminuita di 34.111 unità, dal 1871 al 1890, mentre le popolazioni urbane aumentavano di 8,452,481. È questo l’ esempio più notevole del fenomeno di cui ci occupiamo.

La popolazione urbana forma oggi nell impero te­ desco il 47 0*0 della popolazione totale, invece del

36 0|0 come nel 1881. .

In Inghilterra la proporzione è del 72 0|0 ; in Francia del 38 0|0.

Una cosa che stupisce, a prima vista, è che 1 au­ mento e F importanza della popolazione urbana sia minore in America che in Europa. Il numero degli abitanti delie città di oltre 800« anime è bensì cre­ sciuto negli Stati U liti di oltre 10,200,000 dal 1n70 al 1 8 9 0 : ma ciò è meno della metà dell’aumento totale che è di 24 milioni nello stesso periodo di tempo. L’aumento sarebbe dunqueadel 36 0|0 soltanto. Se le popolazioni rurali del Nuovo Mondo conti­ nuano a crescere, invece di diminuire come nell’an­ tico continente, vuol dire che esse si trovano sopra un territorio composto in gran parte di terre eccel­ lenti ancora disponibili, mentre che in Europa non hanno più a disposizione terre libere.

L’ intera superficie dei paesi dell’Europa occiden­ tale essendo occupata, non deve far meraviglia a stagnazione delle popolazioni rurali. I progressi della tecnica agraria, l’impiego delle macchine e degli ingrassi chimici, l’introduzione di una rotazione più razionale aumentando la produttività del suolo, per­ mettono alla stessa superficie di nutrire un maggior numero di individui che una volta. .

Ma d’ altra parte questi progressi tendono a dimi­ nuire il numero degli agricoltori, diventando inten­ siva la cultura ; specialmente le macchine permet­ tono di seminare, lavorare, mietere con una mano d’opera molto minore. In sostanza i progressi della scienza applicati all’ agricoltura, tendono ad accre­ scere la produttività del terreno, ma a diminuire il numero degli uomini che possono impiegarvi le braccia.

Si può quindi dire senza paura di emettere un paradosso, che il progresso agricolo, tende di per sè stesso a spopolare le campagne.

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forse il progresso più grande realizzato nel nostro secolo, remle possibile la formazione e lo sviluppo di centri urbani quali non si erano mai veduti finora.

Tuttavia la causa diretta della loro formazione è l’enorme sviluppo industriale cui hanno dato luogo le grandi scoperte meccaniche, e il bisogno della concentrazione in vasti opifici. Questa tendenza alla concentrazione industrialmente superiore al frazio­ namento delle officine domestiche, è talmente accen­ tuata, che appunto furono le agglomerazioni maggiori quelle che hanno dato, ne la seconda metà del secolo, un aumento più rapido alle grandi città, mentre le città piccole e medie vegetavano o decadevano.

Però negli Stali Uniti dal ISSO al 1S90 la popo­ lazione delle città da 60,000 a 200,000 anime è cre­ sciuta del 63 0|0, mentre quella delle città di oltre 200,000 è aumentata soltanto del 36 percento. Ma anche il 36 0|0 su una popolazione di 200,000 abitanti significa la bella cifra di 72,000. Anche in Inghilterra sono le città da 50 a 100 mila anime quelle che hanno avuto il maggiore incremento, del pari che in Germania ed in Francia e si può ag­ giungere anche in Italia.

Ma le cifre statistiche non dànno un conto esatto dell’ importanza delle grandi agglomerazioni, poiché le unità urbane che e-se considerano, non corrispon­ dono spesso a quello che sono di fatto.

Una grande città si considera generalmente nel territorio che forma l’unità amministrativa, la mu­ nicipalità; ora vi sono larghe zone subiirbane che lentamente si incorporano al centro, ma che anche prima ne fanno parte virtualmente. Ad esempio New-York nel 1810 conteneva 96,373 abitanti e 4,402 soltanto vivevano nei suoi sobborghi ; nel 1850 la città contava 515,000 anime e i sobborghi 145,000; nel 1873 si trovavano 942,000 abitanti in città e nei sobborghi 6 0 4 ,0 0 0 ; finalmente nel 1890 New- Yoik era abitata da 1,515,000 anime e i sobborghi da 1,195,000. Questi avevano dunque aumentato più della città, e senno fossero stati incorporati oggi supererebbero la città. Lo stesso fattosi è verificato a Parigi, a Londra, a Berlino e in proporzioni molto minori a Milano.

Di pari passo col fenomeno dell’aumento delle grandi città se ne verifica un altro, ed è l’aumento delia loro area, fenomeno più recente ma non meno singolare. Così mentre la popolazione tende a con­ centrarsi nelle città, queste si allargano.

La densità delle immense agglomerazioni moderne colle loro strade larghe, i vasti parchi, le piazze è minore di quella delle città medievali colle viuzze strette, chiuse nelle mura e nelle fortificazioni. Le città europee che hanno conservato ancora gran parte dei vecchi quartieri che ne furono il nocciolo e che sono andate più a rilento nell’adottare i grandi mezzi di comunicazione interna, ferrovie metropoli- tane, tram elettrici ccc., hanno una estensione molto più ristretta e una densità di popolazione più ele­ vata di quelle dell’America. Parigi comprende 7802 ettari; Berlino 6453, Londra 3 0 ,0 0 0 ; mentre Chi­ cago ne ha 44,000 con meno della metà della po­ polazione di Londra e Parigi.

Filadelfia con un milione d’ abitanti occupa una estensione di 29,000 ettari, quasi quattro volte più di Parigi. In Germania alcune città si sono allargate pure straordinariamente, così Colonia ha portato la sua superficie da 770 a 11,000 ettari, raddoppiando la popolazione; Lipsia da 1640 a 5770.

Questo allargamento delle città è un fenomeno benefico; abbiamo detto che l’aumento delle popo­ lazioni urbane è una risultante della civiltà.

Ora una città veramente moderna con un buon sistema di fognature, di acque potabili, con strade larghe e bene areale, giardini e parchi, occupante un largo spazio, penetrando per così dire nella cam­ pagna e lasciandosi penetrare da essa, non è più un soggiorno malsano come le vecchie città dei nostri avi. ÀI contrario, è una diinora più salubre e più gradita, del maggior numero di villaggi ove una densa popolazione si agglomera in case senza aria su stradicciuole mal tenute e sporche.

Il popolo delle grandi città può più facilmente istruirsi, distrarsi, curarsi malato, ed essere soccorso in caso di bisogno.

In Italia però questo stato di fatto è meno vtro che altrove, e l’agricoltura seguiterà ancora per molti anni ad essere la fonte precipua della ricchezza. Donde minore la ressa nei nostri centri industriali e più lento e misurato lo sviluppo delle nostre grandi città.

Il commercio del cappelli di paglia al Siam.

— Su questo argomento di non lieve interesse pel commercio italiano, e particolarmente toscano, to­ gliamo qualche informazione da un recente rapporto al suo Governo della Legazione di Francia nel Siam.

L’importazione dei cappelli prende nel Siam, dal 181)3 in poi un’estensione sempre più considerevole e i cappelli di paglia costituiscono i due terzi del­ l’importazione del genere. I cappelli di paglia pro­ vengono per ordine d’importanza dalla Cina, dalla Francia, dall’ Inghilterra, dalla Germania, dall’ Italia e dal Giappone .

I cappelli provenienti dalla Cina servono alla mag­ gioranza del popolo; sono in forma di cono a lunga tesa; le classi meno povere adattano le forme eu­ ropee e specialmente il genere 'panam a. L ’articolo francese ha fatto rapidi progressi sul mercato di Bangkok: sono cappelli in paglia nera molto alti, a larga tesa.

L’Inghilterra, la Germania, l’ Italia forniscono al Siam la maggior quantità dei cappelli detti canotiers, adottati da poco tempo dai funzionari Siamesi e dai giovani chinasi delle classi elevate. Questi cappelli costano, resi al Siam, secondo la qualità, da 12 a 60 tieauu) la dozzina (il fica i vale circa franchi 1,50).

II modo d’imballaggio e di spedizione di questo articolo è sempre lo stesso; si usano delle casse zincate contenenti cinquanta o cento dozzine di cap- pelli.

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