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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.26 (1899) n.1334, 26 novembre

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(1)

l'ECONOMISTA

G A Z Z E T T A SE T TIM A N A L E

SCIENZA ECONOMICA. FINANZA, COMMEBCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI

Anno XXVI - Yol. XXX

Domenica 26 Novembre 1899

N. 1334

IL CAFFE E IL TRAFFICI BELL'ITALIA CIL BRASILE

Non è punto strano che tra le interpellanze

svolte nella seduta parlamentare del 20 ab­

biano avuto maggiore estensione e occupato

maggior numero di oratori quelle relative ai

migliori provvedimenti da scegliere contro i

minacciati considerevoli aumenti della tariffa

doganale brasiliana. Già da un pezzo il paese

mostra in cento modi d’ interessarsi più alle

questioni economiche che a quelle politiche,

ma ciò apparisce anche più visibilmente dac­

ché, incominciata a superarsi la crisi durata

poco meno d’un quindicennio, ha preso a dif­

fondersi un soffio di attività nuova. Anni fa,

ci si sarebbe forse badato meno ; ora che le

esportazioni aumentano in modo abbastanza

sensibile, la produzione, che si era timida­

mente rianimata, s’ impensierisce per la pos­

sibilità di qualsiasi temuto intoppo. È cosa

buona questa cura più vigile che il paese pone

nei propri interessi ; ma l’azione di chi lo rap­

presenta e lo dirige deve in questo momento

raddoppiare d’oculatezza.

La recente questione dei rapporti commer­

ciali col Brasile è abbastanza nota. Quello

Stato è propenso a incamminarsi, come da molto

tempo hanno fatto quelli dell’America del Nord,

sulla via del protezionismo. E siccome da

qualche anno nella sua cultura principale, che

è il caffè, si è verificato un eccesso Vii pro­

duzione, le sue Camere legislative, dopo avere

votata una riforma alla tariffa generale doga­

nale, hanno autorizzato il Governo ad aumen­

tarla d’una forte percentuale contro tutti quei

paesi che facciano pesare un grave dazio sul­

l’importazione del caffè brasiliano. Più d’ uno

si trova in questo caso : per esempio la Fran­

cia e l’ Italia.

Una Relazione presentata nello scorso set­

tembre al Parlamento brasiliano osservava che,

pagando in Francia il caffè l’enorme dazio di

fr. 156 al quintale, il consumo n’ è insignifi­

cante comparativamente alla popolazione. E

aggiungeva :

a

L’Italia conserva un dazio iden­

tico a quello francese, quindi il consumo del

nostro caffè vi è quasi nullo. Immaginate un

dazio ragionevole in quel paese, dove migliaia

di abitanti, per la temporanea permanenza nel

Brasile, hanno contratto l’ abitudine del caffè;

il consumo è da supporsi aumenterebbe con­

siderevolmente ed il riflesso si farebbe favo­

revolmente sentire anche negli introiti doga­

nali italiani. »

Ogni Stato è padrone di fare quello che

vuole in casa propria. Perciò, come in Italia

sarebbe un perditempo il mettersi a sconsi­

gliare il Brasile dal crescere le proprie tariffe

doganali, cosi può sembrare un po’ fuor di

luogo che al Brasile, in un documento ufficiale,

si facciano a dare consigli all’ Italia e si im-

panchino a giudicare se o quanto sia proba­

bile che sul nostro mercato una mitigazione

del dazio possa fare aumentare il consumo.

Ma ciò poco importa: è affar di forma, sia pur

questa un po’ insolita. Nella sostanza invece

crediamo che,la citata Relazione sia proprio

nel vero. — È appunto la tesi che in tante e

tante occasioni abbiamo sostenuta, a proposito

non del solo caffè, ma in genere di tutti i pro­

dotti di largo consumo : ossia che il consumo

stesso, se ne venissero alleviati i pesi fiscali,

crescerebbe nel nostro paese in notevole mi­

sura, forse non tutto a un tratto, ma con passo

più o meno rapido, in guisa da compensare

poi ad usura la momentanea diminuzione de­

gli introiti dell’ erario.

Intanto dal Brasile l’utile e razionale inse­

gnamento ci viene sotto forma non di buon

esempio, per verità, ma di minaccia. Invece

di inalberarci e alle rappresaglie altrui op­

porre rappresaglie nostre, sarebbe saviezza

far nostro prò del consiglio, quantunque non

disinteressato, non già per deferenza verso il

consigliere, che ora si trova ad essere un av­

versario, ma per giovare in pari tempo ai

nostri consumatori e ai nostri esportatori. Su

questo punto, la discussione che ha avuto

luogo alla Camera - ma è da sperarsi che non

sia stata detta l’ultima parola - ci ha in com­

plesso soddisfatti poco.

(2)

754 L’ E C O N O M I S T A 26 novembre 1899

vigente per l’addietro, ossia a cento lire. Altri

interpellanti raccomandarono che si tenga

conto delle condizioni della nostra emigra­

zione, che però non si ceda alle pretese esor­

bitanti del Brasile, che si avviino negoziati,

che si proceda con prudenza insieme e con

fermezza ; insomma si tennero alquanto sulle

generali. La risposta dell’on. Visconti-Veno-

sta, Ministro degli esteri, fu riservatissima,

forse troppo. In sostanza, disse che il Governo

ricorrerà a tutti i mezzi che sono a sua dispo­

sizione nel campo economico per difendere gli

interessi del commercio italiano.

Ottima e doverosa promessa, ma concetto

ovvio che non indica nulla di concreto. Inten­

diamo benissimo la riserva in cui il Governo

vuole trincerarsi prima che abbiano avuto un

esito le trattative future o già in corso. Ma

allora tanto valeva dichiarare che, appunto

per ciò è impossibile dir nulla per ora. Eppoi

qualche accenno fatto alla sfuggita nel discorso

del Ministro ci lascia sperar poco nella solu­

zione liberale e provvida che sarebbe da noi

desiderata : quello per esempio sulla incertezza

dell’ effetto d’ una diminuzione di dazio sul-

l’ aumento del consumo. Sono sempre le solite

titubanze del fiscalismo, che, stretto di vedute,

non vuole rischiare mai nulla e pretenderebbe

avere le certezze prima di tentare le prove,

avere in pugno i risultati prima di iniziare gli

esperimenti. Saremmo curiosi di sapere di qual

mai riforma al mondo — eppure nel mondo

se ne fanno tante — si conoscano appuntino

gli effetti prima d’ averla compiuta.

Così pure non ci riesce intendere il profondo

senso della dichiarazione fatta dal Ministro,

che il nostro dazio sul caffè ha carattere pu­

ramente fiscale. Diamine ! e quale altro po­

trebbe avere ? Protettivo ? 0 se in Italia caffè

non se ne produce! 0 vi poteva mai essere

chi lo supponesse istituito in odio al Brasile

e per fargli dispetto? D’ altronde al Brasile,

come a qualunque Stato, importa poco che un

dazio venga definito in un modo piuttosto che

in un altro, che sia fiscale più che protettivo,

di regime doganale ordinario invece che di

rappresaglia, quando il dazio c’ è e tale che

impedisce o limita l’ importazione d’ un dato

prodotto.

L’ on. Luzzatti, competentissimo in materia,

non disse neanch’ egli nel nostro modesto pa­

rere, cose molto concludenti; almeno giudican­

done dai resoconti un po’ magri dei giornali.

Egli pure espresse l’ opinione che la perdita

per l’ erario derivante da una riduzione di da­

zio non sarebbe tanto presto compensata dal-

l’ aumento del consumo. Qui non ripeteremo

quello che si è detto sopra. Noteremo piutto­

sto che, in materia in cui non si sono ancora

fatti esperimenti, bisognerebbe almeno preci­

sare un po’ le idee, e pensare e dire in qual

misura si crede che un ribasso del dazio sa­

rebbe non dannoso o poco dannoso, e entro

quanto tempo, data quella misura, si crede che

il consumo aumenterebbe fino a compensare,

o quasi, o eventualmente con sopravvanzo, le

prime perdite dell’ erario. Queste sarebbero

previsioni utili, calcoli meritevoli dello studio

che possono costare. Nè ammettiamo la replica

che i dati mancano, che la previsione è im­

possibile ; perchè allora tornerebbe legittima

la nostra domanda : quando e quale riforma

intraprenderete mai ?

Il Governo, disse l’on. Luzzatti, deve aver

presente che il nostro paese, se non vuole in­

giuste rappresaglie, non vuole neppure inde­

corose dedizioni. — Splendidamente, ma fin qui

non si cava un ragno da un buco.

Non è possibile che a queste pretese ed esa­

gerate minacele si pieghi il governo italiano,

abbandonando i nostri proventi doganali in

balia delle esigenze altrui. — No, nessuno si

sogna di chieder questo. Non è il caso d’ in­

chinarsi dinanzi ad esigenze, perchè tali. Sic­

come però non possiamo impedire legislativa­

mente che il Brasile alzi le proprie tariffe

doganali a danno di molti nostri prodotti, sem­

bra prudente e pratico impedirglielo contrat­

tualmente, cioè coll’ offrirgli un ribasso del

dazio nostro su quel solo prodotto che costi­

tuisce una sua grande esportazione.

La dedizione da parte nostra, dice l’on. Luz­

zatti, non è neppur discutibile. — Ma perchè

chiameremo, in questo caso, dedizione quello

che negli altri casi si chiama negoziazione?

I dazi sono fiscali quando colpiscono il pro­

dotto di paesi che non sono organizzati in

modo da entrare in negoziati commerciali; ma

diventano dazi protettivi, o proibitivi subito-

chè vi sia scambio di prodotti. Il caffè si chiama

ancora prodotto coloniale, e come tale il dazio

che lo colpisce sarebbe fiscale; ma il Brasile

non è più una colonia, e quindi gli effetti eco­

nomici sono diversi, perchè diversi sono i rap­

porti politici. — La rappresaglia - concluse l’on.

Luzzatti - di creare una tariffa differenziale sul

caffè non sarebbe consigliabile, perchè _ rica­

drebbe sui nostri consumatori. Non rimane

quindi che aprire delle negoziazioni.

Di certo ; ma per condurle e farle approdare

in qualche modo, ci vuole un concetto diret­

tivo. Quale sarà quello del Governo? Non ce­

dere affatto circa il ribasso del dazio sul caffè,

offrendo altri vantaggi, .che non sapremmo

immaginare quali siano? E prevedibile che non

si giungerà a nessun risultato, visto che il Bra­

sile, dopo la crisi nella produzione del caffè,

non si preoccupa fuorché di quel suo prodotto.

0 viceversa decidersi a consentire un minor

dazio, chiedendo condizioni anche migliori che

per l’ addietro pei prodotti italiani che già sono

ricercati laggiù e per quegli altri che possono

esserlo a mano a mano, nonché per la nostra

emigrazione? Ecco un terreno dove si può edi­

ficare qualche cosa, anzi, crediamo, molte cose

buone. Ma bisogna entrarvi colla cognizione

del punto di partenza che si vuol prendere o

che si consente a prendere. Quello del Brasile

è noto. Resta da scegliere il nostro. Ci sembra

che la scelta possa cadere su uno solo, perchè

1’ altro è tale che le due parti interessate non

arriverebbero a incontrarsi.

(3)

26 novembre 1899 L’ E C O N O M I S T A 755

parte nostra, facciamo un po’ d’ assegnamento

inoltre sulla voce di alcuni economisti liberali

che siedono in Senato. Aspettiamo poi di sen­

tire i voti delle Camere di Commercio, auguran­

doli non generici, come sono troppe volte, ma

efficacemente motivati. La stampa poi avrebbe

in questo momento un’ ottima occasione per

trascurare un pochino (troppo non preten­

diamo) la cronaca parlamentare di corridoio,

e discutere con larghezza di criteri un inte­

resse vivo e presente di quel commercio ita­

liano che risorge lento, convalescente, ancora

debole, scarso di mezzi, inceppato di ostacoli,

ma risorge.

A proposito del Discorso della Corona

Stimatissimo Signor Direttore,

Quantunque studiatamente laconico ed evasivo — nè, date le condizioni politiche speciali in che fu aperta la sessione, poteva venire diversamente c o n ­ sigliato — il discorso del Re contiene due solenni affermazioni positive « la trasformazione o abolizione del domicilio coatto, e la grande riforma democratica del sistema tributario. »

Riservato ogni apprezzamento sui provvedimenti del domicilio coatto allorquando verrà presentato al Parlamento il relativo progetto, vediamo in succinto quali dovrebbero essere i capisaldi principali della promessa riforma tributaria perchè sia equa e ra­ zionale, come la designa la parola del Re, e vi si possa applicare il qualificativo di democratica — in­ tesa, cioè, al miglioramento delle sorti delle nostre popolazioni, le quali aspettano con fiducia quanto hanno diritto di sperare.

E uso invalso da circa un ventennio nei nostri uomini politici, che aspirano alla croce del potere, di promettere sempre, ma attuare mai *) la riforma razionale del congegno tributario, per modochè que­ sto vada mano mano avvicinandosi al concetto che informa l ’art. 25 dello Statuto fondamentale del Re­ gno, cioè « la proporzionalità della imposta agli averi, alla agiatezza di ciaschedun cittadino. »

Il giusto concetto è semplice, espresso in forma semplice e di applicazione semplice ; ma, appunto perchè tale, fu sempre inteso ed applicato al rovescio. Nè, del resto, è a maravigliare di ciò; perocché tale è il sistema di tutti i Governi nei primordi della vita nazionale di quei popoli, che mutano repenti­ namente il regime dispotico in quello costituzionale parlamentare.

Ed è così che, dopo 40 anni di vita nazionale unitaria, a forza di ritocchi empirici ci siamo ridotti ad un aborto tale di sistema tributario di Stato e Comunale, che più deleterio non potrebbe immaginarsi per la pubblica economia.

Nei dazi di dogana e di consumo abbiamo tariffe sui generi di prima necessità che dal 50 arrivano al 400 per cento del valore degli oggetti colpiti (vini, carni, cereali, tessuti, zuccheri, caffè, petrolio,ecc.ecc.) Nelle imposte dirette abbiamo aliquote spogliatrici cumulative del 20 per cento nella Ricchezza mobile, del 33 per cento nei Fabbricati, del 50 per cento nei Terreni.

Nelle tasse di registro abbiamo tariffe che assor­ bono uno, due, tre redditi annui del capitale colpito (trapassi di proprietà per vendita e successione).

E, come se ciò non bastasse, abbiamo poi un con

-1) Vedi discorso Beale, nono oapoverso.

gegno speciale di tributo indiretto « la dogana di Comune chiuso » che a guisa di cappa di piombo ci mantiene e costringe in pieno medio evo di im­ moralità, di regionalismo, e di regresso econo­ mico : congegno che si conserva esteso ai 400 prin­ cipali Comuni, cioè ai due terzi della popolazione del Regno.

D i guisa che oggi il regno unitario italiano si com ­ pone di 400 territori, nei quali si entra e si esce soggetti alle stesse formalità, vessazioni e tasse come quando si attraversano gli stati esteri : vale a dire che, passando dall’un comune chiuso all’altro, andate costretti ad aprire le vostre valigie, le vostre casse, i vostri bauli e pagare dazio come quando entrate in Austria, in Francia, in Svizzera.

Ma non è tutto : oltreché la dogana comunale a) impedisce la libera circolazione delle cose e delle persone, con jattura gravissima per le industrie ed i commerci;

b) eccita al contrabbando da soli, ovvero in con­ nivenza coi preposti alla vigilanza ed alla riscossione; c) viola ad ogni istante gli articoli 26 e 27 dello Statuto, che hanno garantita la inviolabilità del domicilio e delle persone ;

d) obbliga la guardia di vigilanza a legalmente sospettare un contrabbandiere in ogni qualsiasi cit­ tadino che attraversa la linea daziaria per ragioni di comodo di affari ;

e) affievolisce il sentimento dell’ unità nazionale, perocché ogni Comune chiuso si considera Stato nello Stato e taglieggia di pedaggio i connazionali;

/ ) colpisce a rovescio 1’ agiatezza dei cittadino gravando su di lui a guisa di testatico, poiché col­ pisce esclusivamente i generi di nrima necessità in­ dispensabili alla vita di ogni giorno.

Oltre a tutto ciò, della dogana comunale appro­ fitta lo Stato per gravare di quasi diritto di domi­ nio i comuni, ai quali addossa un contingente di cànone daziario per l’ ammontare complessivo di 50 milioni annui, proprio come se la nazionalità di ogni singolo comune fosse diversa da quella dello Stato che tutti assieme costituiscono.

* » »

È tempo, dunque, che si pensi seriamente a sop­ primere una imposta che, mentre suona deficenza di criterio economico, civile e morale nella nazione che la sopporta, è ad un tempo fonte permanente di disagio, agitazioni e tumulti popolari di ogni specie. E la soppressione sua non è nè impossibile, nè difficile, purché la si voglia per davvero e si parta dal concetto di massima che le imposte progressive a rovescio debbono venire sostituite con altre esclu ­ sivamente proporzionali agli averi del cittadino.

A l quale riguardo non va dimenticato che mentre lo Stato deve colpire d’ imposta tutto il reddito del cittadino, qualunque sia il numero dei comuni dentro cui si produce e si spende, cosi il comune non può tassare che i redditi che sorgono e si spendono nel­ l’ ambito del proprio territorio.

Epperò, come a base del bilancio di Stato devono stare la tassa sull’ entrata e sulla spesa generale del cittadino estese a tutto il Regno, cosi a cardini del bilancio di Municipio devono porsi la tassa sulla en­ trata e sulla spesa del cittadino ristrette all’ ambito territoriale del comune.

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756 L’ E C O N O M I S T A 26 novembre 1899

nuova imposta a surrogazione e compensazione del canone daziario generale di 50 milioni ora riscosso dallo Stato a carico dei Comuni.

_ Medesimamente, se si tiene conto che il reddito di entrata immobiliare nei comuni è già imposto col mezzo dei centesimi addizionali alla tassa era­ riale sui terreni e fabbricati, che si accerta abba­ stanza bene il reddito mobiliare nel comune quando Io si colpisce nel valore locativo del fabbricato ad­ detto ad abitazione a bottega, opificio, studio, ma­ gazzino e simili, che l’ attuale tassa di esercizio e rivendita va abolita sia. perchè arbitraria e progres­ siva a rovescio, sia perché formerebbe duplicato colla tassa di valor locativo su! fabbricato di esercizio e negozio, che in fine, la tassa d! valore locativo estesa a tutti i fabbricati ha sufiìcente base ed ela­ sticità imponibile per compensare la graduale aboli­ zione dei dazi comunali di consumo, è facile con­ vincersi che, con poche difficoltà e con molta equità, il Parlamento potrebbe sollecitamente attuare il pro­ gramma economico mìnimo, accennato dal Re nel suo discorso d’ inaugurazione della nuova sessione legi­ slativa quando venisse approvato un progetto di legge informato alle seguenti generali proposte :

1. abolizione immediata dei dazi comunali sul pane, farine e paste d ’ ogni qualità, e loro compensazione nella tassa di valore locativo applicata con aliquota progressiva dal 4 al Iti per cento ed estesa a tutti i fabbricati, eccezione fatta di quelli destinati a scuola, beneficenza e servizi pubblici, ed al ricovero del bestiame e dei prodotti agricoli del suolo;

2. abolizione della tassa di esercizio e rivendita dappertutto dove è applicata la tassa sul valore lo­ cativo colle modalità indicate al n. 1 ;

3. da oggi in avanti (rispetto al dazio consumo) ; a) proibizione al Governo ed ai comuni dì au­ mentare le voci e le tariffe daziarie in vigore;

b) proibizione ai Comuni aperti di divenire chiusi ed ai Comuni chiusi di allargare la cinta daziaria; c) proibizione di appaltare i dazi di consumo, e di prorogare o rinnovare gli appalti in corso;

d)

la somma di contingente annuo, che nei Co­ muni aperti il municipio intende ricavare dal dazio sulle bevande, ripartita fra i singoli esercenti dalla stessa Commissione di sindacato stabi ita per 1’ ac­ certamento del valore locativo dei fabbricati ed alla quale sieno aggregati i titolari delle rispettive prin­ cipali categorie di esercizi ;

4. impianto delia tassa generale sulla entrata netta dei cittadini, formata coi redditi di qualunque specie ed origine, ed applicata con aliquota uniforme non superiore al 3 per cento, resa progressiva mediante la detrazione della quota minima esente da ciasche- dun reddito;

5. diminuzione della metà del cànone daziario go­ vernativo per tutti i Comuni chiusi ed aperti quando l’imposfa generale sull’ entrata abbia raggiunto 50 milioni effettivi d’introito;

6. — abolizione totale del cànone daziario anzi­ detto, quando l’ introito effettivo della imposta gene­ rale sulla entrata avrà raggiunto la somma di 80 mi­ lioni almeno. — i Comuni chiusi però non potranno godere del beneficio della abolizione totale, se prima non avranno deliberato il proprio passaggio alla ca­ tegoria degli aperti.

* -v- *

Se si pone mente che le attuali tre imposte di­ rette sui terreni, fabbricati e ricchezza mobile — le quali, sommate assieme, contemplano tutto il reddito possibile di un cittadino — danno ora un gettito com­ plessivo di oltre 301) milioni, si comprende come, an­ che applicando alla tassa generale sul reddito l’ ali­ quota mite del 2 per cento, sia possibile ottenere fin dal 1" anno i 50 milioni necessari a raggiungersi per

bonificare, a norma dell’ art. 5, la metà del canone daziario^ ai Comuni tanto chiusi che aperti.

In principio, sia pel fatto del naturale incremento dell’ imponibile dichiarato, sia per un lieve aumento dell’ aliquota al 2 */, per cento, si potranno ottenere senza sforzi gli 80 milioni necessari per sgravare in­ teramente i Comuni da ogni canone governativo, obbligando cosi anche i Comuni chiusi a trasformarsi in aperti.

E con intenzione che si è lasciato un margine di 25 a 30 milioni fra l’ abbuono di canone ai Comuni e l’ introito della tassa sulla entrata.

Oltreché lo Stato deve prendere rimborso per le maggiori spese di applicazione e di esazione della nuova imposta, è a considerare come a cominciare dal 1° gennaio del 1900 si ha 1’ attivazione graduale del nuovo catasto per le 18 provincie che hanno chiesto l'acceleramento dei lavori geometrici ed esti­ mali.

Per effetto dell’attivazione l’Erario dello Stato viene perdere un cespite annuo di entrata ohe fin d’ora si può prevedere in circa 15 milioni : senza contare la somma di 18 milioni che fra il 1900 ed il 1905 Io Stato deve rimborsare alle Provincie, a restituzione delle somme dalle medesime autorizzate all’ erario per i lavori accelerati.

E quindi prudenza necessaria il trai- partito dal­ l ’impianto della nuova imposta sul reddito per sal­ dare, senza ricorrere ad altre tasse, la deficenza anuua di entrata che per effetto delle attivazioni del nuovo catasto verrà a soffrire in modo continuo il bilancio dello Stato.

La quale deHcenza verrebbe coperta per l'a p ­ punto dalla differenza, indicata agli art. 5 e 6 delle proposte, fra il gettito della nuova imposta e la somma di abbuono fatta ai Comuni pel canone da­ ziario.

* * *

Con tali provvedimenti, d’indole semplicissima e di esecuzione pratica, noi getteremo le basi di quella riforma tributaria, della quale — come bene ha rile­ vato il Re nel suo discorso — si è sempre parlato senza mai attuarla.

Perocché bisogna convincersi che il primo passo indispensabile, la condizione sine qua non per la ri­ forma del sistema tributario sulla base della impo­ sta diretta personale è 1’ abolizione della dogana comunale, cioè del Comune, chiuso.

La dogana com unale,, essendo pagata essenzial­ mente dalle masse meno abbienti a tutto vantaggio deila classe agiata trae eoa sé la formazione di una classe conservatrice composta dei possessori di grossi redditi nelle industrie, nei commerci, nelle banche, nelle professioni — e per i quali il concorso nell’ali­ mentare il bilancio municipale é molto al disotto del coefficente d’imp .sizione che loro spetterebbe se al Comune chiuso venisse sostituito il Comune aperto.

Epperò, la classe conservatrice che chiameremo mobiliare rispecchia un nucleo d’interessi tale a fa­ vore del Comune chiuso, che non sarà mai possibile di dominare nei Consigli municipali, se a romperlo, non interviene 1’ azione superiore del Parlamento e del Governo.

Vediamo, infatti, come non sia mai stato possibile, nonostante il buon volere di vari Ministeri, d'in tro­ durre la imposta diretta generale nello Stato francese dove - come in Italia - impera la dogana comunale di dazio consumo,

E vediamo, per converso, come l’ imposta perso­ nale proporzionata agli averi del cittadino potè senza opposizioni impiantarsi in Inghilterra, Svizzera e Belgio, dove la dogana comunale o non è mai esi­ stita, o fu abolita per legge di Stato.

(5)

26 novembre 1899 L’ E C O N O M I S T A

polari a periodi intermittenti e continui - io inclino a credere c h e il pensiero del Governo scolpito nelle laconiche frasi del discorso Reale voglia alludere ad una m orm a tributaria - la quale, partendo dalla abolizione graduale del dazio di consumo chiuso, avanzo di medio evo e simbolo di regionalismo, ar­ rivi all incardinamento del bilancio di Stato e di Co­ mune sulla imposta diretta personale, vero simbolo di civiltà ed educatrice del sentimento della unità nazionale, della dignità di cittadino.

Non bisogna dimenticare : che non possono aspi­ rare al titolo di civile, nel vero senso della parola, quei,e nazioni che oggi ancora tollerano la imposi­ zione della dogana comunale di consumo sotto la torma di Comune chiuso.

Con tutta considerazione mi abbia

Dev.mo

Fr a n c e sc o Nic o l a

MOVIMENTO D E COMMERCIO ITALIANO

NEL QTTIiN-QUEIsrN-IO 1894-98

IV.

Per valore della importazione in Italia oc­

cupano per importanza il quarto posto gli Stati

Uniti dell’ America del Nord; fino al 1896 era

compreso nella stessa voce anche il Canadà,

la cui importazione in Italia però fu sempre

molto limitata perchè nel 1897 fu di 1.6 mi­

lioni e nel 1898 solo L. 750,000; poco quindi

le cifre che spettano al Canadà possono in­

fluire sulla importazione dagli Stati Uniti, an­

che se non si opera, per il triennio 1894-96,

la separazione.

Il movimento delle merci dagli Stati Uniti

in Italia per il periodo 1894-98 è rappresentato

dai seguenti valori.

4 8 9 4 ...Lire 107,353,000

1895 124,182,000

4896 ...

» 121,570,000 4 8 97 ... ... 124,886,000 4898 ... » 166,175,000

Come si vede è una cifra sempre cresce ite

che permise appunto agli Stati Uniti di pas­

sare al quarto posto, oltrepassando nel quin­

quennio la Francia e l’ Austria Ungheria, e

sarebbero passati al terzo posto se la Russia

non avesse, come si è veduto, aumentato for­

temente la sua importazione in Italia.

La fisionomia generale della importazione

degli Stati Uniti in Italia nel 1894 allorché,

appena sorpassava i 107 milioni, si poteva in­

dicare cosi: la metà dei valori che acquista­

vamo era cotone in Moccoli o in m assa; un

settimo tabacco; un altro settimo gom m e e

resine ; un decimo petrolio ; quindi una certa

quantità di grasso di, maiale ed acido stearico;

e finalmente del legno comune squadralo.

Cinque anni dopo, cioè nel 1898, acquistiamo

dagli Stati Uniti dei prodotti di un valore su­

periore di circa 60 milioni ; — il cotone o f­

fre il maggiore aumento, perchè passa da 54

a 78 milioni ; rimane invariato il tabacco;

scema da 9 a 8 milioni il petrolio, é in aumento

757

1 olio di cotone ; — la entrata delle gom m e si

riduce a poco più di un milione, ed entra in­

vece per un milione e mezzo il carburo di

calcio^ ; la importazione del legno comune rad­

doppiò ; nell’ ultimo anno, per le note cause, il

frumento ed il grano turco arrivano ad una

entrata di 10 milioni ; e probabilmente per le

stesse cause che determinarono i larghi acqui­

sti di grano, gli Stati Uniti poterono mandarci

nel 1898 ben 13 milioni di carne salala ed

affumicata, mentre la importazione di questa

voce non era mai arrivata al milione negli

anni precedenti.

L’ importazione quindi dagli Stati Uniti in

Italia si appoggia sopra pochissime voci, ci è

quindi possibile nel seguente prospetto indicare

il movimento delle principali, salvo accennarne

poi ad altri particolari.

Ecco adunque il prospetto, omesse le tre

ultime cifre:

1894 Olio di cotone 30 P e t r o l i o . . . , . 9,533 Altri oli mine­

r a li... 1,222 Tabacco in fo­ g lie... 14,844 Gomme e re­ sine... 14,498 Cotone in bioc­ coli... 54,328 Legno comune 2,598 Rottami, sca­

glie. ghisa, ec. 124 Rame greggio 482 Grano... .... G ra n tu r co ... __ Carne affumi­ cata e salata 2 Grasso ed aci­ do stearico. 2,091 1895 1896 1897 1898 — — :— — 116 107 942 3. 774 8,985 8,271 7,344 7,979 1,670 1,919 1,800 2,663 13,060 18,345 19,500 14,850 13,916 1,263 1,498 1,353 60, 609 71,449 66, 266 78, 167 4, 729 3,804 5,354 5,845 581 26 3,897 4,269 522 1,145 2,025 2,128 10 — 2 4, 957 384 2,419 5, 691 3, 886 21 93 909 13,398 803 1,760 2,168 3, 732

Le voci indicate nel prospetto qui sopra rap­

presentano le seguenti proporzioni sul totale :

1 8 9 4 . . . . 1 8 9 5 . . .. 1 8 9 6 . . .. 1 8 9 7 . . .. 1 8 9 8 . . . . milioni 99.6 sopra » 115 0 » 110.3 » » 112.8 » 146.6 > 107.3 124. 1 121.5 124.8 166. 1

si può quindi utilmente fare qualche osser­

vazione.

L ’ olio di cotone, di cui é cosi cresciuta la

importazione dagli Stati Uniti, è prodotto che

si esporta, quasi esclusivamente da quel paese •

infatti la importazione totale messa a confronto

con quella degli Stati Uniti dà nel quinquennio:

1894 1895. 1896. 1897. 1898.

Dagli Stati Uniti

Totale quintali — 460 1.371 2. 244 3.399 1.667 2. 686 13. 697 20. 421 68.612 79. 483

(6)

Bra-758 L’ E C O N O M I S T A 26 novembre 1899

Del petrolio abbiamo già parlato osservando

la importazione dalla Russia, qui ricordiamo

solo le cifre:

Dalla Russia Dagli Stati Uniti

Totale quintali quintali — 1894 .. . . 114,944 595, 793 741,745 1 8 9 5 .. . . 137,733 513,405 686, 170 1 8 9 6 .. . . 186,417 436,512 702, 173 1 8 9 7 .. .. 199,801 . . 219,622 471,487 689,731 1 8 9 8 .. 469,360 705,545

Circa gli altri oli minerati, la cui importa­

zione dagli Stati Uniti è più che raddoppiata,

conviene considerare che è pure aumentata la

importazione totale ; sempre in quantità si

hanno le cifre seguenti:

Dagli Stati Uniti Totale

1894 ... quintali 67,346 152,846

1895 ... » 60,644 139,676

1896 ... » 66,657 154,435

1897 ... » 67,426 ¡61,349

1898 ... » 65,239 183,762

Dopo gli Stati Uniti i nostri principali for­

nitori per questa voce sono la Russia, la Fran­

cia, l’ Austria-Ungheria.

Del tabacco in foglie si può dire che gli

Stati Uniti ci forniscono quasi il totale ; dei

114 mila quintali entrati nel 1898, 109 mila

ci vengano dalla Federazione Americana ;

poco più di un milione dall’ Austria-Unghe­

ria, poco meno di un migliaio dalla Turchia

Asiatica, 80 mila dalla Germania, 70 mila dalla

Gran Brettagna, 45 mila dal Brasile ecc. L’im­

portante movimento cogli Stati Uniti fu a pa­

ragone del totale il seguente :

D agli Stati Uniti Totale

1S94... quint. 106,017 113,105

1895 ... » 153,733 162,270

1 8 9 6 ... » 122,302 142,016

1 8 9 7 ... » 139,287 152,891

1 8 9 8 ... 109,999 114,005

Le differenze tra anno ed anno dipendono

in parte dal nostro raccolto nazionale in parte,

e la maggiore, dagli espedienti di bilancio coi

quali, per far apparire conseguite delle econo­

mie, si assottigliano gli stock dei magazzini.

Nelle gom m e e resine il prospetto mostra

una diminuzione rilevantissima nella importa­

zione dagli Stati Uniti; nel quinquennio si

scende da 14.4 milioni, ad 1.3. In gran parte

la differenza è dovuta alla separazione della

calofonia o pece greca che ha un prezzo di

appena 15 lire il quintale dalle altro gom m e

resine che hanno un prezzo di 170 lire il quin­

tale; tale separazione avviene nel 1896, nel

qual anno appunto vi è la notevole differenza

di valore. Infatti le quantità di tutte le gom m e

resine importate sono le seguenti :

Pece greca A ltre gomme resine

1894.. . . quintali

_

124,045

-1895 .. . » — 133,851 —

1 8 9 6 .. » 127, 201 26,858

1 8 9 7 .. » 138,430 27, 926

1898. . • » 115,499 31,032

E dagli Stati Uniti la importazione fu:

Pece greca Altre gomme resine

1 8 9 4 ... quintali — 91,180 —

1 8 9 5 ... . » -- 91,024 —

1 8 9 6 ... . » 101,280 291

18 9 7 .. , » 123,655 84

1 8 9 8 ..,. . » 103,690 23

Del cotone in bioccoli importiamo dagli Stati

Uniti circa due terzi del totale nostro bisogno;

dei 1,328,000 quintali che sono entrati in Ita­

lia nel 1897 le provenienze principali erano

le seguenti :

Stati Uniti . . . Indie inglesi . . E g i t t o ... Austria Ungheria Gran Brettagna. Altri paesi . . . quintali 930, 559 » 250,719 » 62,125 » 57,158 » 22,912 » 5,000

Il movimento agli Stati Uniti a paragone

del totale fu nel quinquennio in quintali:

Stati U n i t i...543,286 - 673,437 - 714,487 - 720,231 - 938,559 Totale... 1.196.738 - 1,074,628- 1,127,496 - 1,202,437 - 1,328,588

Importante è pure la quantità, rapidamente

crescente, del legno comune, rozzo squadrato,

segato per il lungo che ci viene dagli Stati

Uniti ; già nel prospetto delle voci principali

si è visto che da 2.5 milioni siamo passati a

5.8. Ecco ora le quantità per il quinquennio

di detto legno fornitoci dagli Stati Uniti, pa­

ragonata al totale delle quantità entrate.

Stati Uniti 37,698 — 64.769 - 47,587 - 70,604 — 74,766 Totale . . . 359,004 — 418,027 - 403,365 - 444,858 - 431.854

Noteremo che mentre la nostra importazione

di rottami di ferro, ghisa ed acciaio è andata

decrescendo da un milione e mezzo a 1.3 mi­

lioni di quintali; la parte fornitaci dagli Stati

Uniti, che lino al 1896 era stata, al massimo,

76 mila quintali, diventò di 293 mila nel 1897

e di 286 mila quintali nel 1898. Cosi pure nel

rame, ottone e Ironzo in pani, rosette, lima­

ture e rottami la importazione totale è, nel

quinquennio, di 37 - 43 - 45 - 50 - 50 mila quin­

tali; quella degli Stati Uniti fu di 4 - 4 - 9 -

16 - 15 mila.

In quanto al grano non vi è che da notare

la importazione degli Stati Uniti di 21 mila

tonnellate nel 1898, mentre negli anni prece­

denti la entrata era nulla; e vero che la impor­

tazione totale nel 1898 si è elevata a 914 mila

tonnellate, il massimo del quinquennio.

(7)

26 novembre 1899 L’ E C O N O M I S T A 759

Finalmente il grasso ed acido stearico che

importiamo, ci viene per un quinto circa

(40,000 quintali) dagli Stati Uniti; il rimanente

ci viene dalla Argentina, dalla Gran Brettagna

dal Brasile, dal Belgio.

Tutto il resto del movimento di importa­

zione commerciale cogli Stati Uniti è poca cosa

ed è sparso su moltissime voci.

Diamo quindi senz’ altro il prospetto delle

categorie del quinquennio:

1894 1895 1896 1897 1898 I. 10.841 10. 855 10. 310 10. 723 14. 851 II. 15. 177 23. 322 18. 712 19. 725 15.075 III. 15. 655 15. 575 4.328 4. 524 4.613 IV . 1.044 1.569 679 871 828 V. 24 44 86 46 147 VI. 54. 361 60. 651 71. 547 66. 313 78. 388 VII. 68 238 75 52 146 V i li. 7 58 64 69 142 IX . 2.705 4.942 4.162 5. 835 6. 581 X . 37 47 67 91 162 X I. 1.769 1. 123 1.165 1.053 851 X II. 1.514 2. 204 2. 854 8. 653 13. 106 X III. 766 290 569 631 2. 228 X IV . 33 537 2. 800 2. 228 10.326 X V . 3.107 2. 487 3. 823 3.597 18. 006 X V I. 215 222 239 475 125

N O T E E D A P P U N T I

Le riforme necessarie. — Il sig. G. R. del Cor­

riere della Sera, rispondendo giorni sono a una no­ stra osservazione incidentale, esprimeva l’ opinione che non tanto delle riforme tributarie convenga darsi ora pensiero, ma piuttosto delle spese, e ciò allo scopo di combattere il parassitismo che infierisce sotto tante forme coi dazi protettivi, coi premi e via di­ cendo.

_ D ’accordo coll’egregio G. R. riguardo alla necessità di combattere tutte quelle forme di sfruttamento della finanza, mascherate talvolta da ragioni di pseudo patriottismo e giustificate da vedute economiche er­ ronee (e, quanto lo siano, 1’ esperienza lo ha dimo­ strato tante volte!), non possiamo però convenire con lui circa le riforme tributarie. Per noi esse costitui­ scono il mezzo forse più efficace che sia in possesso dello Stato per migliorare le condizioni delle masse, e crediamo di esserci occupati anche troppe volte di ciò, perchè ci occorra dire ora le ragioni di questa nostra affermazione. Il fatto è che non è difficile trovare ogni giorno nella stampa italiana lè prove della urgente necessità di por mano a una riforma tributaria ; proprio nello stesso Corriere della Sera abbiamo trovato alcuni dati sulle esecuzioni giudi­ ziarie per mancato pagamento d'imposte in due co­

muni della Sardegna.

Ecco le notizie che riproduceva il giornale milanese: « Scrivono da Alghero alla Nuova Sardegna di Sas­ sari :

Il tre corrente nella pretura d’AIghero ebbe luogo la prima, diremo così, infornata delle aste esattorial per i comuni di Alghero ed Olmedo.

Per Alghero i fortunati contribuenti furono 48 i quali alla rata scaduta il 18 agosto 1899 avevano verso l ’esattore un debito complessivo di L. 1806,55; aumentato di L. 407,89 per multe e compensi, vale a dire di qualche cosa come del 12 0[o in media.

Queste multe però si applicano in un modo abba­ stanza originale.

Infatti: Il massimo debitore di questa infornata, che deve L. 443,55, paga sul suo debito il 13 0[o; che va mano mano crescendo in progressione inversa

i

fino a raggiungere il 72 0[p per un debito di L. 5,94, il 101 0[f> per L. 3,17, ed il — mi si rizzano i ca­ pelli nello scriverlo — 263 Ojo dico duecento sessata- tre per cento per un debito di L. 0.79.

I debitori relativamente all’ entità del debito sono n. 9 al disotto delle L. 5, n. 11 tra le lire 5 e le L. 10, n. 14 tra le 10 e le 30 lire, n. 4 dalle 30 alle 50, n. 4 dalle 50 alle 100, n. 6 dalle L. 100 in su.

Perchè il fisco possa farsi pago del suo credito in L. 1806,55 oltre le multe, espropria n. 81 stabili di cui 66 terreni e 15 fabbricati, per un prezzo com ­ plessivo, ragguagliato a 60 volte l’imposta erariale di L. 38,637.52: delle quali L. 12,979.52 rappresen­ tano il valore dei 66 appezzamenti di terreni.

Non occore grande acume per vedere che i sessan- tasei appezzamenti di terreni ora minacciati di espro­ priazione, il cui prezzo medio è di L. 196.80 devono essere per i piccoli campicelli, rappresentanti quasi generalmente l’ unico patrimonio degli espropriando Ed infatti, ad eccezione di n. 14 appezzamenti che oltrepassano questo medio prezzo di vendita, gli altri 52 non lo raggiungono affatto ed in numero di 40 ne sono enormerneote lontani !

Un altro ordine di considerazioni :

Sempre per spremere, le sullodate L. 1806.55 di imposta non che il relativo 22 Ojo d’accessori, è mi­ nacciata l’espropriazione di tanti stabili aventi il reddito catastale complessivo di L. 4057.04 che ca­ pitalizzato al 5 Ojo importano un capitale espropriando di L. 81,140.80. Questi stabili cosi perdono L. 42,503.28 sul loro valore reale se venduti a primo incanto ; L. 55,382.45 se venduti al secondo e L. 68,261.67 se venduti al terzo.

Ed ora ad Olmedo. I debitori sono 14 di cui 10 per imposta sui terreni, 5 per quella sui fabbricati.

II debito è di L. 1800.47. Le multe e i compensi ascendono a L. 365.17, cioè il 20 0|() circa sul debito.

Si vendono per L. 19,167.00 n. 27 stabili di cui 5 fabbricati e 22 terreni.

Gli stabili venduti hanno un reddito catastale com­ plessivo di lire 1932.11, quindi un valore reale cal­ colato al 5 per cento sul reddito, sul quale si paga l'imposta, di L. 38,642.20 ».

Se a cotesti fatti, troppo eloquenti per sè mede­ simi, perchè occorrano commenti speciali ad essi, si aggiungano quelli occasionati dal dazio consumo o dagli abusi in qualche altra imposta locale (e la storia dell’ Italia contemporanea ne è piena) vien fatto di chiedersi : quali sono le riforme veramente urgenti e necessarie ? Non sono forse quelle che hanno lo scopo di meglio distribuire i tributi e di sollevare tanta parte di popolo che è impotente a pagare o paga a prezzo di infinite sofferenze? Non è forse nel nostro sistema tributario il tarlo roditore della compagine sociale italiana, non è esso forse una minaccia continua per la pace sociale, per la stessa unità politica del nostro paese? Noi lo pensiamo e da un pezzo ormai. E crediamo anche che se le attuali classi dirigenti si mostreranno ancora a lungo infe­ riori al compito che su loro cade, di por mano, cioè, alla riforma tributaria, altre classi finiranno per pren­ derne il posto e si sforzeranno di attuare concetti riformatori più o meno ponderati e giusti. Fin che c ’è tempo provideant consules.

LA RIFORMA DEI TRIBUTI LOCALI”

X IX .

Raccogliendo ciò che siamo venuti esponendo con

la scorta dell’ opera del prof. Conigliani, in poche

conclusioni generali, ecco quali sono le linee

(8)

760 L ’ E C O N O M I S T A

26

novembre 1899

damentali della riforma che, a suo avviso, dovrebbe

attuarsi.

Respinto il concetto che occorra separare in modo

assoluto il sistema tributario dello Stalo da quello

dei corpi locali, il Gonigliani ritiene che la tassa­

zione locale diretta debba essere principalmente reale

e non soltanto sulla ricchezza immobiliare (terreni

e fabbricati), ma anche su quella mobiliare. L ’ im ­

posta personale può avere, a suo credere, una fun­

zione complementare, ma più che altro nei centri,

urbani e maggiori. Il dazio consumo non è da abo­

lirsi in via assoluta, ma soltanto da limitarsi sia nella

sua estensione territoriale, perchè dovrebbe essere

applicato soltanto nei centri maggiori, sia quanto ai

generi colpiti dal dazio e alla misura di questo. F i­

nalmente pei comuni minori al dazio di consumo

dovrebbe sostituirsi l ’ imposta sulla produzione del

vino e sulla macellazione delle carni, ma tali im ­

poste non potrebbero essere applicate che dopo un

certo uso delle imposte reali ed entro limiti assoluti

nella misura dei saggi. E quanto alle provincie pensa

il nostro Autore che si dovrebbe dare maggior svi­

luppo al principio delle controprestazioni, ossia ap

plicare maggiormente le tasse e i contributi e sup­

plire al rimanente coi ratizzi o sovvenzioni messi a

carico dei comuni ed eventualmente dello Stato in

ragione della spesa che si tratta di fronteggiare.

È necessario che prima d’ ogni cosa avvertiamo

come non sia nostro proposito, a questo punto, che

di esporre soltanto alcune considerazioni generali in­

torno alle accennate riforme, senza entrare in parti­

colari che hanno interesse sol quando si considera

il lato pratico e positivo dei provvedimenti propu­

gnati.

Sulla questione della separazione della finanza lo­

cale da quella statuale non occorre spendere molte

parole perchè può dirsi che quella separazione sia

inattuabile nel nostro paese, per non dire che ,0 è

in quasi tutti gl, Stai,. Sarebbe prima necessaria

una trasformazione radicale del sistema tributario

dello Stato, perchè i Comuni potessero avere un

campo di tassazione del tutto proprio, come ad esem-

pio che lo Stato riserbasse a se i tributi indiretti e

agli enti locali lasciasse libero il campo della tas­

sazione diretta. Alcuni scrittori (tra gli altri 1’ ono-

revo e Alessio) hanno sostenuto la separazione dei

cespiti di entrata e per attuarla hanno anche ideata

una nuova distribuzione delle imposte tra Stato e

tiom uni, ma troppe condizioni dovrebbero avverarsi

perche quei piani di riforma potessero avere attua­

zione. E d altronde se un tale concetto potrebbe

presentare dei vaneggi non sarebbe senza inconve-

menu. La separazione assoluta dei tributi locali da

quelli dello Stato esige una materia imponibile assai

estesa e copiosa e in pari tempo un fabbisogno mo­

derato; soltanto in ta) caso diventa possibile di li­

mitare rigorosamente le due sfere di tassazione in

modo che l’ una non si sovrapponga in nessuna

parte all’ altra. Ma noi siamo ben lontani dall’avere

le condizioni richieste per la detta separazione e

possiamo soltanto cercare di togliere quelle sovrap­

posizioni che conducono molto facilmente a eccessi

tributari, che spesso impediscono di dare al tributo

un assetto regolare, stabile e in armonia con le altre

forme di tributo e con le condizioni economiche del

paese. Tale è il caso del dazio consumo, che se mai

blsognerebbe_ rendere esclusivamente tributo locale,

per togliere i non pochi inconvenienti che presenta

I la promiscuità sia nei riguardi delle riforme da at­

tuare nel suo organismo, sia nell’ ordinamento par­

ticolare del dazio consumo governativo, sul quale

dovremo tornare in seguito. Sicché pur ammettendo

che occorra provvedere a togliere la promiscuità là

dove realmente nuoce, non ci pare utile od oppor­

tuno di separare in via assoluta i tributi statuali da

quelli locali.

Venendo al primo punto della riforma, ossia alla

estensione della imposta locale anche ai redditi della

ricchezza mobiliare, è da riconoscere che in astratto

il concetto è giusto. Il Gonigliani crede che all’ aver

limitato la tassazione diretta reale alla sola ricchezza

immobiliare si possono soprattutto attribuire le v i­

ziose tendenze manifestatesi nello sviluppo dei tri­

buti locali, la ingiusta distribuzione del carico, gl’ ir­

razionali limili e rapporti oggi sanciti nelle varie parti

del sistema tributario. E vi è certo del vero in que­

sto giudizio. Perocché è un concetto ormai superato

nella scienza e nella pratica, almeno di molti paesi,

quello che la tassazione speciale delle fonti econo­

miche si giustifica soltanto per riguardo alle fonti

immobiliari. Nessuna ragione fondata può opporsi

alla imposizione, da parte dei Comuni, dei redditi

mobiliari provenienti dal commercio e dalla industria

i quali erano esclusi in passato per motivi che l’evo­

luzione economica ha del tutto modificati!

Bene osserva il Conigliani (pag. 492) che « l’ esser

sorta l’ imposta reale sotto la forma esclusiva di tassa­

zione immobiliare, in tempi in cui la proprietà mo­

biliare era poco sviluppata e i suoi redditi si con­

fondevano con quelli del capitale monetario ha fatto

sì che all’ idea della imposta reale è rimasta con­

nessa quella di uua tassazione speciale della ric­

chezza immobiliare, e che per tutta la ricchezza

mobiliare si ritenga aucora impossibile una tassa­

zione che voglia risalire alle sue fonti produttive,

obbiettivamente localizzate. Ma I’ evoluzione econo­

mica odierna, non solo ha portato, anche nei paesi

eminentemente agricoli, a sviluppo insigne la pro­

prietà mobiliare, ma ne ha scisso anche, per la pro­

fonda diversità delle caratteristiche economiche dei

loro redditi, le due parti sostanzialmente differenti,

cioè l’ impianto commerciale e industriale, e il pos­

sesso del capitale monetario per parte di chi non

esercita direttamente la produzione ».

(9)

26 novembre 1899 L’ E C O N O M I S T A 761

domanda dei servizi e dei capitali e quivi perciò è

P'ù

certa la diffusione delle imposte reali. In quei

centri non si giustificherebbe quindi una tassazione

speciale dei redditi delle classi improdutiive, mentre

migliore spiegazione essa potrebbe trovare nei centri

minori e nei Comuni rurali, se per la scarsità e la

tenuità di quei redditi non fosse in questi trascu­

rabile la parziale lacuna lasciata a loro favore dalla

tassazione reale delle fonti produttive e quindi non

fosse, per ragioni di pura convenienza, da ritenere

superfluo il dedicarvi un istituto speciale di tassa­

zione.

Adunque, l'imposta reale mobiliare diretta dovrebbe

colpire i soli redditi industriali e commerciali, salvo

nei Comuni urbani l’ applicazione della imposta per­

sonale sul reddito. E’ il sistema accolto in Prussia,

ma ivi le aliquote dei tributi diretti locali sono così

basse che si comprende come possa essere soppor­

tata la imposizione reale sui terreni, sui fabbricati

e sulle industrie e commerci, nonché quella perso­

nale sul reddito complessivo

Da noi un simile

sistema, molto difficilmente potrebbe funzionare. La

sovrapposizione di una imposta personale riescirebbe

troppo gravosa, tenuto conto dei vari tributi diretti

di Stato e Comunali. Si può ammettere nondimeno

che la tassazione reale mobiliare, la quale presen­

temente si attua con le due imposte di esercizio e

rivendita e sul bestiame abbia bisogno di essere

integrata o trasformata e in massima non siamo

avversi all’ opinione dell’ autore che i redditi mo­

biliari industriali e commerciali debbano contribuire

alla finanza comunale. Se questo concetto fosse

ammesso in una riforma dei tributi locali, nessun

dubbio che verrebbero ad essere agevolate le so­

luzioni di altri problemi tributari.

Non quello però della tassazione personale che

anzi si presenterebbe irto di maggiori difficoltà per

I’ apparente doppia tassazione che ne resulterebbe.

Invero noi troviamo che I’ imposta personale occupa

un posto assai importante nella finanza locale germa­

nica, ma ripetiamo che in Germania le aliquote delle

imposte dirette sono molto più basse che da noi e

quindi è possibile la coesistenza di una completa tas­

sazione reale con la imposta personale, che è appunto

la JEinkommensteuer. Le tassazioni complementan, os­

sia sul reddito e sui consumi hanno, secondo il Goni-

gitani una duplice funzione e cioè anzitutto di allar­

gare i confini della tassazione locale, portandoli oltre

i limiti della norma economica territoriale, a com­

prendere anche le persone domiciliate nel territorio

del Comune o quelle che transitoriamente in esse si

trovano, sebbene non posseggano in quello alcuna

fonte economica localizzata e in secondo luogo di

correggere, con una saggia considerazione dei fat­

tori subbiettivi della capacità economica le lacune

e i difetti che son propri della tassazione reale, per

ciò che tien conto esclusivo dei fattori obiettivi di

quella capacità. Ma limitandoci pel momento a con­

siderare la imposta personale sul reddito ó certo

assai fondato il dubbio che la imposizione diretta

riesca insopportabile nel nostro paese quando, e sia

pure solo nei centri maggiori, dovesse avere una

funzione veramente efficace. Certo, se fosse possibile

confidare in una riduzione delle aliquote delle im ­

poste reali di Stato, così che la ricchezza immobi­

liare e mobiliare venisse alquanto sollevata dell’onere

attuale, sarebbe ammissibile che dopo un certo pe­

riodo di tempo l’ imposta sul reddito nei centri

maggiori divenisse così produttiva come lo è in pa­

recchie città della Germania. A Berlino, ai) esempio,

nel 189 6 -7 su milioni di marchi 47.2 provenienti

dalle imposte locali, 21.8 erano dati dall’ imposta

sul reddito, a Francoforte su 9 milioni e mezzo di

marchi, 5.2 prevenivano da quell’ imposte ; a Dresda

4.7 milioni su 8.7, a Breslavia quasi 4 milioni so­

pra 9.8 e via dicendo ‘ ). Senonchè prima che sia

possibile uno sviluppo così notevole della imposta

sul reddito a vantaggio dei grandi Comuni occorre-

rano riforme nei tributi dello Stato, quali non si

può confidare abbiano ad-attuarsi in breve tempo.

La sola riforma praticamente possibile nell’ ora pre­

sente può essere quella della tassa di famiglia, la

quale applicata con maggiore cura, con criteri più

precisi e razionali, potrebbe rendere molto più della

cifra attuale e preparare la via alla introduzione di

una vera imposta personale sul reddito nei centri mag­

giori. Così da un lato con la tassazione reale dei

redditi commerciali e industriali, a vantaggio dei

Comuni, dall’ altro con la estensione della tassa di

famiglia, che oggidì è applicata spesso in modo de­

risorio, sarebbe possibile di ottenere i mezzi per sop­

perire alla perdita derivante dalla rinuncia ad alcuni

dazi di consumo e propriamente a quelli su generi

di consumo popolare. Pel rimanente dei dazi non

può trattarsi, a nostro avviso, di completa abolizione,

ma piuttosto di riduzione e trasformazione dei dazi

in imposte di fabbricazione o d’altra natura, cosi che

la forma attuale di riscossione del dazio consumo

venga a scomparire.

DI UNA RIFORMA AGRARIA

L ’onor. Maggiorino Ferraris pubblica — nel­

l’ultimo fascicolo della Nuova Antologia — un

importante articolo intorno alla necessità di

una grande riforma agraria.

Crediamo utile di darne il largo riassunto,

poiché esso contiene tutto un programma agra­

rio nazionale, che merita d’ essere meditato

e serenamente discusso. E noi ci riserbiamo

di prendere in esame le idee principali del­

l’egregio scrittore.

I l malcontento nazionale. — L’ Italia attraversa

un momento difficile per la lunga depressione economica, le sofferenze della agricoltura, il disordine della finanza e della circolazione.

La organizzazione del malcontento è il fenomeno più pericoloso dell’ ora presente, e si pone ne’ termini di una lotta fra il malcontento e le istituzioni rappresen­ tative. Se queste non riaffermano il loro prestigio, è impossibile prevedere i giorni dolorosi riserbati al no­ stro paese; ma dovrà essere una vittoria conseguita con la forza morale, non con la forza materiale.

La causa intima, morale ed economica insième del malcontento sta nel profondo squilibrio fra ricchezza e popolazione. Ed ogni riforma intesa a migliorare le condizioni del paese deve proporsi i seguenti scopi: aumento della ricchezza privata in Italia; frenò all’ ac­ crescimento della popolazione, mediante l’emigrazione ; equa distribuzione dell’aumentata ricchezza nazionale.

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