l'ECONOMISTA
G A Z Z E T T A SE T TIM A N A L E
SCIENZA ECONOMICA. FINANZA, COMMEBCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI
Anno XXVI - Yol. XXX
Domenica 26 Novembre 1899
N. 1334
IL CAFFE E IL TRAFFICI BELL'ITALIA CIL BRASILE
Non è punto strano che tra le interpellanze
svolte nella seduta parlamentare del 20 ab
biano avuto maggiore estensione e occupato
maggior numero di oratori quelle relative ai
migliori provvedimenti da scegliere contro i
minacciati considerevoli aumenti della tariffa
doganale brasiliana. Già da un pezzo il paese
mostra in cento modi d’ interessarsi più alle
questioni economiche che a quelle politiche,
ma ciò apparisce anche più visibilmente dac
ché, incominciata a superarsi la crisi durata
poco meno d’un quindicennio, ha preso a dif
fondersi un soffio di attività nuova. Anni fa,
ci si sarebbe forse badato meno ; ora che le
esportazioni aumentano in modo abbastanza
sensibile, la produzione, che si era timida
mente rianimata, s’ impensierisce per la pos
sibilità di qualsiasi temuto intoppo. È cosa
buona questa cura più vigile che il paese pone
nei propri interessi ; ma l’azione di chi lo rap
presenta e lo dirige deve in questo momento
raddoppiare d’oculatezza.
La recente questione dei rapporti commer
ciali col Brasile è abbastanza nota. Quello
Stato è propenso a incamminarsi, come da molto
tempo hanno fatto quelli dell’America del Nord,
sulla via del protezionismo. E siccome da
qualche anno nella sua cultura principale, che
è il caffè, si è verificato un eccesso Vii pro
duzione, le sue Camere legislative, dopo avere
votata una riforma alla tariffa generale doga
nale, hanno autorizzato il Governo ad aumen
tarla d’una forte percentuale contro tutti quei
paesi che facciano pesare un grave dazio sul
l’importazione del caffè brasiliano. Più d’ uno
si trova in questo caso : per esempio la Fran
cia e l’ Italia.
Una Relazione presentata nello scorso set
tembre al Parlamento brasiliano osservava che,
pagando in Francia il caffè l’enorme dazio di
fr. 156 al quintale, il consumo n’ è insignifi
cante comparativamente alla popolazione. E
aggiungeva :
aL’Italia conserva un dazio iden
tico a quello francese, quindi il consumo del
nostro caffè vi è quasi nullo. Immaginate un
dazio ragionevole in quel paese, dove migliaia
di abitanti, per la temporanea permanenza nel
Brasile, hanno contratto l’ abitudine del caffè;
il consumo è da supporsi aumenterebbe con
siderevolmente ed il riflesso si farebbe favo
revolmente sentire anche negli introiti doga
nali italiani. »
Ogni Stato è padrone di fare quello che
vuole in casa propria. Perciò, come in Italia
sarebbe un perditempo il mettersi a sconsi
gliare il Brasile dal crescere le proprie tariffe
doganali, cosi può sembrare un po’ fuor di
luogo che al Brasile, in un documento ufficiale,
si facciano a dare consigli all’ Italia e si im-
panchino a giudicare se o quanto sia proba
bile che sul nostro mercato una mitigazione
del dazio possa fare aumentare il consumo.
Ma ciò poco importa: è affar di forma, sia pur
questa un po’ insolita. Nella sostanza invece
crediamo che,la citata Relazione sia proprio
nel vero. — È appunto la tesi che in tante e
tante occasioni abbiamo sostenuta, a proposito
non del solo caffè, ma in genere di tutti i pro
dotti di largo consumo : ossia che il consumo
stesso, se ne venissero alleviati i pesi fiscali,
crescerebbe nel nostro paese in notevole mi
sura, forse non tutto a un tratto, ma con passo
più o meno rapido, in guisa da compensare
poi ad usura la momentanea diminuzione de
gli introiti dell’ erario.
Intanto dal Brasile l’utile e razionale inse
gnamento ci viene sotto forma non di buon
esempio, per verità, ma di minaccia. Invece
di inalberarci e alle rappresaglie altrui op
porre rappresaglie nostre, sarebbe saviezza
far nostro prò del consiglio, quantunque non
disinteressato, non già per deferenza verso il
consigliere, che ora si trova ad essere un av
versario, ma per giovare in pari tempo ai
nostri consumatori e ai nostri esportatori. Su
questo punto, la discussione che ha avuto
luogo alla Camera - ma è da sperarsi che non
sia stata detta l’ultima parola - ci ha in com
plesso soddisfatti poco.
754 L’ E C O N O M I S T A 26 novembre 1899
vigente per l’addietro, ossia a cento lire. Altri
interpellanti raccomandarono che si tenga
conto delle condizioni della nostra emigra
zione, che però non si ceda alle pretese esor
bitanti del Brasile, che si avviino negoziati,
che si proceda con prudenza insieme e con
fermezza ; insomma si tennero alquanto sulle
generali. La risposta dell’on. Visconti-Veno-
sta, Ministro degli esteri, fu riservatissima,
forse troppo. In sostanza, disse che il Governo
ricorrerà a tutti i mezzi che sono a sua dispo
sizione nel campo economico per difendere gli
interessi del commercio italiano.
Ottima e doverosa promessa, ma concetto
ovvio che non indica nulla di concreto. Inten
diamo benissimo la riserva in cui il Governo
vuole trincerarsi prima che abbiano avuto un
esito le trattative future o già in corso. Ma
allora tanto valeva dichiarare che, appunto
per ciò è impossibile dir nulla per ora. Eppoi
qualche accenno fatto alla sfuggita nel discorso
del Ministro ci lascia sperar poco nella solu
zione liberale e provvida che sarebbe da noi
desiderata : quello per esempio sulla incertezza
dell’ effetto d’ una diminuzione di dazio sul-
l’ aumento del consumo. Sono sempre le solite
titubanze del fiscalismo, che, stretto di vedute,
non vuole rischiare mai nulla e pretenderebbe
avere le certezze prima di tentare le prove,
avere in pugno i risultati prima di iniziare gli
esperimenti. Saremmo curiosi di sapere di qual
mai riforma al mondo — eppure nel mondo
se ne fanno tante — si conoscano appuntino
gli effetti prima d’ averla compiuta.
Così pure non ci riesce intendere il profondo
senso della dichiarazione fatta dal Ministro,
che il nostro dazio sul caffè ha carattere pu
ramente fiscale. Diamine ! e quale altro po
trebbe avere ? Protettivo ? 0 se in Italia caffè
non se ne produce! 0 vi poteva mai essere
chi lo supponesse istituito in odio al Brasile
e per fargli dispetto? D’ altronde al Brasile,
come a qualunque Stato, importa poco che un
dazio venga definito in un modo piuttosto che
in un altro, che sia fiscale più che protettivo,
di regime doganale ordinario invece che di
rappresaglia, quando il dazio c’ è e tale che
impedisce o limita l’ importazione d’ un dato
prodotto.
L’ on. Luzzatti, competentissimo in materia,
non disse neanch’ egli nel nostro modesto pa
rere, cose molto concludenti; almeno giudican
done dai resoconti un po’ magri dei giornali.
Egli pure espresse l’ opinione che la perdita
per l’ erario derivante da una riduzione di da
zio non sarebbe tanto presto compensata dal-
l’ aumento del consumo. Qui non ripeteremo
quello che si è detto sopra. Noteremo piutto
sto che, in materia in cui non si sono ancora
fatti esperimenti, bisognerebbe almeno preci
sare un po’ le idee, e pensare e dire in qual
misura si crede che un ribasso del dazio sa
rebbe non dannoso o poco dannoso, e entro
quanto tempo, data quella misura, si crede che
il consumo aumenterebbe fino a compensare,
o quasi, o eventualmente con sopravvanzo, le
prime perdite dell’ erario. Queste sarebbero
previsioni utili, calcoli meritevoli dello studio
che possono costare. Nè ammettiamo la replica
che i dati mancano, che la previsione è im
possibile ; perchè allora tornerebbe legittima
la nostra domanda : quando e quale riforma
intraprenderete mai ?
Il Governo, disse l’on. Luzzatti, deve aver
presente che il nostro paese, se non vuole in
giuste rappresaglie, non vuole neppure inde
corose dedizioni. — Splendidamente, ma fin qui
non si cava un ragno da un buco.
Non è possibile che a queste pretese ed esa
gerate minacele si pieghi il governo italiano,
abbandonando i nostri proventi doganali in
balia delle esigenze altrui. — No, nessuno si
sogna di chieder questo. Non è il caso d’ in
chinarsi dinanzi ad esigenze, perchè tali. Sic
come però non possiamo impedire legislativa
mente che il Brasile alzi le proprie tariffe
doganali a danno di molti nostri prodotti, sem
bra prudente e pratico impedirglielo contrat
tualmente, cioè coll’ offrirgli un ribasso del
dazio nostro su quel solo prodotto che costi
tuisce una sua grande esportazione.
La dedizione da parte nostra, dice l’on. Luz
zatti, non è neppur discutibile. — Ma perchè
chiameremo, in questo caso, dedizione quello
che negli altri casi si chiama negoziazione?
I dazi sono fiscali quando colpiscono il pro
dotto di paesi che non sono organizzati in
modo da entrare in negoziati commerciali; ma
diventano dazi protettivi, o proibitivi subito-
chè vi sia scambio di prodotti. Il caffè si chiama
ancora prodotto coloniale, e come tale il dazio
che lo colpisce sarebbe fiscale; ma il Brasile
non è più una colonia, e quindi gli effetti eco
nomici sono diversi, perchè diversi sono i rap
porti politici. — La rappresaglia - concluse l’on.
Luzzatti - di creare una tariffa differenziale sul
caffè non sarebbe consigliabile, perchè _ rica
drebbe sui nostri consumatori. Non rimane
quindi che aprire delle negoziazioni.
Di certo ; ma per condurle e farle approdare
in qualche modo, ci vuole un concetto diret
tivo. Quale sarà quello del Governo? Non ce
dere affatto circa il ribasso del dazio sul caffè,
offrendo altri vantaggi, .che non sapremmo
immaginare quali siano? E prevedibile che non
si giungerà a nessun risultato, visto che il Bra
sile, dopo la crisi nella produzione del caffè,
non si preoccupa fuorché di quel suo prodotto.
0 viceversa decidersi a consentire un minor
dazio, chiedendo condizioni anche migliori che
per l’ addietro pei prodotti italiani che già sono
ricercati laggiù e per quegli altri che possono
esserlo a mano a mano, nonché per la nostra
emigrazione? Ecco un terreno dove si può edi
ficare qualche cosa, anzi, crediamo, molte cose
buone. Ma bisogna entrarvi colla cognizione
del punto di partenza che si vuol prendere o
che si consente a prendere. Quello del Brasile
è noto. Resta da scegliere il nostro. Ci sembra
che la scelta possa cadere su uno solo, perchè
1’ altro è tale che le due parti interessate non
arriverebbero a incontrarsi.
26 novembre 1899 L’ E C O N O M I S T A 755
parte nostra, facciamo un po’ d’ assegnamento
inoltre sulla voce di alcuni economisti liberali
che siedono in Senato. Aspettiamo poi di sen
tire i voti delle Camere di Commercio, auguran
doli non generici, come sono troppe volte, ma
efficacemente motivati. La stampa poi avrebbe
in questo momento un’ ottima occasione per
trascurare un pochino (troppo non preten
diamo) la cronaca parlamentare di corridoio,
e discutere con larghezza di criteri un inte
resse vivo e presente di quel commercio ita
liano che risorge lento, convalescente, ancora
debole, scarso di mezzi, inceppato di ostacoli,
ma risorge.
A proposito del Discorso della Corona
Stimatissimo Signor Direttore,
Quantunque studiatamente laconico ed evasivo — nè, date le condizioni politiche speciali in che fu aperta la sessione, poteva venire diversamente c o n sigliato — il discorso del Re contiene due solenni affermazioni positive « la trasformazione o abolizione del domicilio coatto, e la grande riforma democratica del sistema tributario. »
Riservato ogni apprezzamento sui provvedimenti del domicilio coatto allorquando verrà presentato al Parlamento il relativo progetto, vediamo in succinto quali dovrebbero essere i capisaldi principali della promessa riforma tributaria perchè sia equa e ra zionale, come la designa la parola del Re, e vi si possa applicare il qualificativo di democratica — in tesa, cioè, al miglioramento delle sorti delle nostre popolazioni, le quali aspettano con fiducia quanto hanno diritto di sperare.
E uso invalso da circa un ventennio nei nostri uomini politici, che aspirano alla croce del potere, di promettere sempre, ma attuare mai *) la riforma razionale del congegno tributario, per modochè que sto vada mano mano avvicinandosi al concetto che informa l ’art. 25 dello Statuto fondamentale del Re gno, cioè « la proporzionalità della imposta agli averi, alla agiatezza di ciaschedun cittadino. »
Il giusto concetto è semplice, espresso in forma semplice e di applicazione semplice ; ma, appunto perchè tale, fu sempre inteso ed applicato al rovescio. Nè, del resto, è a maravigliare di ciò; perocché tale è il sistema di tutti i Governi nei primordi della vita nazionale di quei popoli, che mutano repenti namente il regime dispotico in quello costituzionale parlamentare.
Ed è così che, dopo 40 anni di vita nazionale unitaria, a forza di ritocchi empirici ci siamo ridotti ad un aborto tale di sistema tributario di Stato e Comunale, che più deleterio non potrebbe immaginarsi per la pubblica economia.
Nei dazi di dogana e di consumo abbiamo tariffe sui generi di prima necessità che dal 50 arrivano al 400 per cento del valore degli oggetti colpiti (vini, carni, cereali, tessuti, zuccheri, caffè, petrolio,ecc.ecc.) Nelle imposte dirette abbiamo aliquote spogliatrici cumulative del 20 per cento nella Ricchezza mobile, del 33 per cento nei Fabbricati, del 50 per cento nei Terreni.
Nelle tasse di registro abbiamo tariffe che assor bono uno, due, tre redditi annui del capitale colpito (trapassi di proprietà per vendita e successione).
E, come se ciò non bastasse, abbiamo poi un con
-1) Vedi discorso Beale, nono oapoverso.
gegno speciale di tributo indiretto « la dogana di Comune chiuso » che a guisa di cappa di piombo ci mantiene e costringe in pieno medio evo di im moralità, di regionalismo, e di regresso econo mico : congegno che si conserva esteso ai 400 prin cipali Comuni, cioè ai due terzi della popolazione del Regno.
D i guisa che oggi il regno unitario italiano si com pone di 400 territori, nei quali si entra e si esce soggetti alle stesse formalità, vessazioni e tasse come quando si attraversano gli stati esteri : vale a dire che, passando dall’un comune chiuso all’altro, andate costretti ad aprire le vostre valigie, le vostre casse, i vostri bauli e pagare dazio come quando entrate in Austria, in Francia, in Svizzera.
Ma non è tutto : oltreché la dogana comunale a) impedisce la libera circolazione delle cose e delle persone, con jattura gravissima per le industrie ed i commerci;
b) eccita al contrabbando da soli, ovvero in con nivenza coi preposti alla vigilanza ed alla riscossione; c) viola ad ogni istante gli articoli 26 e 27 dello Statuto, che hanno garantita la inviolabilità del domicilio e delle persone ;
d) obbliga la guardia di vigilanza a legalmente sospettare un contrabbandiere in ogni qualsiasi cit tadino che attraversa la linea daziaria per ragioni di comodo di affari ;
e) affievolisce il sentimento dell’ unità nazionale, perocché ogni Comune chiuso si considera Stato nello Stato e taglieggia di pedaggio i connazionali;
/ ) colpisce a rovescio 1’ agiatezza dei cittadino gravando su di lui a guisa di testatico, poiché col pisce esclusivamente i generi di nrima necessità in dispensabili alla vita di ogni giorno.
Oltre a tutto ciò, della dogana comunale appro fitta lo Stato per gravare di quasi diritto di domi nio i comuni, ai quali addossa un contingente di cànone daziario per l’ ammontare complessivo di 50 milioni annui, proprio come se la nazionalità di ogni singolo comune fosse diversa da quella dello Stato che tutti assieme costituiscono.
* » »
È tempo, dunque, che si pensi seriamente a sop primere una imposta che, mentre suona deficenza di criterio economico, civile e morale nella nazione che la sopporta, è ad un tempo fonte permanente di disagio, agitazioni e tumulti popolari di ogni specie. E la soppressione sua non è nè impossibile, nè difficile, purché la si voglia per davvero e si parta dal concetto di massima che le imposte progressive a rovescio debbono venire sostituite con altre esclu sivamente proporzionali agli averi del cittadino.
A l quale riguardo non va dimenticato che mentre lo Stato deve colpire d’ imposta tutto il reddito del cittadino, qualunque sia il numero dei comuni dentro cui si produce e si spende, cosi il comune non può tassare che i redditi che sorgono e si spendono nel l’ ambito del proprio territorio.
Epperò, come a base del bilancio di Stato devono stare la tassa sull’ entrata e sulla spesa generale del cittadino estese a tutto il Regno, cosi a cardini del bilancio di Municipio devono porsi la tassa sulla en trata e sulla spesa del cittadino ristrette all’ ambito territoriale del comune.
756 L’ E C O N O M I S T A 26 novembre 1899
nuova imposta a surrogazione e compensazione del canone daziario generale di 50 milioni ora riscosso dallo Stato a carico dei Comuni.
_ Medesimamente, se si tiene conto che il reddito di entrata immobiliare nei comuni è già imposto col mezzo dei centesimi addizionali alla tassa era riale sui terreni e fabbricati, che si accerta abba stanza bene il reddito mobiliare nel comune quando Io si colpisce nel valore locativo del fabbricato ad detto ad abitazione a bottega, opificio, studio, ma gazzino e simili, che l’ attuale tassa di esercizio e rivendita va abolita sia. perchè arbitraria e progres siva a rovescio, sia perché formerebbe duplicato colla tassa di valor locativo su! fabbricato di esercizio e negozio, che in fine, la tassa d! valore locativo estesa a tutti i fabbricati ha sufiìcente base ed ela sticità imponibile per compensare la graduale aboli zione dei dazi comunali di consumo, è facile con vincersi che, con poche difficoltà e con molta equità, il Parlamento potrebbe sollecitamente attuare il pro gramma economico mìnimo, accennato dal Re nel suo discorso d’ inaugurazione della nuova sessione legi slativa quando venisse approvato un progetto di legge informato alle seguenti generali proposte :
1. abolizione immediata dei dazi comunali sul pane, farine e paste d ’ ogni qualità, e loro compensazione nella tassa di valore locativo applicata con aliquota progressiva dal 4 al Iti per cento ed estesa a tutti i fabbricati, eccezione fatta di quelli destinati a scuola, beneficenza e servizi pubblici, ed al ricovero del bestiame e dei prodotti agricoli del suolo;
2. abolizione della tassa di esercizio e rivendita dappertutto dove è applicata la tassa sul valore lo cativo colle modalità indicate al n. 1 ;
3. da oggi in avanti (rispetto al dazio consumo) ; a) proibizione al Governo ed ai comuni dì au mentare le voci e le tariffe daziarie in vigore;
b) proibizione ai Comuni aperti di divenire chiusi ed ai Comuni chiusi di allargare la cinta daziaria; c) proibizione di appaltare i dazi di consumo, e di prorogare o rinnovare gli appalti in corso;
d)
la somma di contingente annuo, che nei Co muni aperti il municipio intende ricavare dal dazio sulle bevande, ripartita fra i singoli esercenti dalla stessa Commissione di sindacato stabi ita per 1’ ac certamento del valore locativo dei fabbricati ed alla quale sieno aggregati i titolari delle rispettive prin cipali categorie di esercizi ;4. impianto delia tassa generale sulla entrata netta dei cittadini, formata coi redditi di qualunque specie ed origine, ed applicata con aliquota uniforme non superiore al 3 per cento, resa progressiva mediante la detrazione della quota minima esente da ciasche- dun reddito;
5. diminuzione della metà del cànone daziario go vernativo per tutti i Comuni chiusi ed aperti quando l’imposfa generale sull’ entrata abbia raggiunto 50 milioni effettivi d’introito;
6. — abolizione totale del cànone daziario anzi detto, quando l’ introito effettivo della imposta gene rale sulla entrata avrà raggiunto la somma di 80 mi lioni almeno. — i Comuni chiusi però non potranno godere del beneficio della abolizione totale, se prima non avranno deliberato il proprio passaggio alla ca tegoria degli aperti.
* -v- *
Se si pone mente che le attuali tre imposte di rette sui terreni, fabbricati e ricchezza mobile — le quali, sommate assieme, contemplano tutto il reddito possibile di un cittadino — danno ora un gettito com plessivo di oltre 301) milioni, si comprende come, an che applicando alla tassa generale sul reddito l’ ali quota mite del 2 per cento, sia possibile ottenere fin dal 1" anno i 50 milioni necessari a raggiungersi per
bonificare, a norma dell’ art. 5, la metà del canone daziario^ ai Comuni tanto chiusi che aperti.
In principio, sia pel fatto del naturale incremento dell’ imponibile dichiarato, sia per un lieve aumento dell’ aliquota al 2 */, per cento, si potranno ottenere senza sforzi gli 80 milioni necessari per sgravare in teramente i Comuni da ogni canone governativo, obbligando cosi anche i Comuni chiusi a trasformarsi in aperti.
E con intenzione che si è lasciato un margine di 25 a 30 milioni fra l’ abbuono di canone ai Comuni e l’ introito della tassa sulla entrata.
Oltreché lo Stato deve prendere rimborso per le maggiori spese di applicazione e di esazione della nuova imposta, è a considerare come a cominciare dal 1° gennaio del 1900 si ha 1’ attivazione graduale del nuovo catasto per le 18 provincie che hanno chiesto l'acceleramento dei lavori geometrici ed esti mali.
Per effetto dell’attivazione l’Erario dello Stato viene perdere un cespite annuo di entrata ohe fin d’ora si può prevedere in circa 15 milioni : senza contare la somma di 18 milioni che fra il 1900 ed il 1905 Io Stato deve rimborsare alle Provincie, a restituzione delle somme dalle medesime autorizzate all’ erario per i lavori accelerati.
E quindi prudenza necessaria il trai- partito dal l ’impianto della nuova imposta sul reddito per sal dare, senza ricorrere ad altre tasse, la deficenza anuua di entrata che per effetto delle attivazioni del nuovo catasto verrà a soffrire in modo continuo il bilancio dello Stato.
La quale deHcenza verrebbe coperta per l'a p punto dalla differenza, indicata agli art. 5 e 6 delle proposte, fra il gettito della nuova imposta e la somma di abbuono fatta ai Comuni pel canone da ziario.
* * *
Con tali provvedimenti, d’indole semplicissima e di esecuzione pratica, noi getteremo le basi di quella riforma tributaria, della quale — come bene ha rile vato il Re nel suo discorso — si è sempre parlato senza mai attuarla.
Perocché bisogna convincersi che il primo passo indispensabile, la condizione sine qua non per la ri forma del sistema tributario sulla base della impo sta diretta personale è 1’ abolizione della dogana comunale, cioè del Comune, chiuso.
La dogana com unale,, essendo pagata essenzial mente dalle masse meno abbienti a tutto vantaggio deila classe agiata trae eoa sé la formazione di una classe conservatrice composta dei possessori di grossi redditi nelle industrie, nei commerci, nelle banche, nelle professioni — e per i quali il concorso nell’ali mentare il bilancio municipale é molto al disotto del coefficente d’imp .sizione che loro spetterebbe se al Comune chiuso venisse sostituito il Comune aperto.
Epperò, la classe conservatrice che chiameremo mobiliare rispecchia un nucleo d’interessi tale a fa vore del Comune chiuso, che non sarà mai possibile di dominare nei Consigli municipali, se a romperlo, non interviene 1’ azione superiore del Parlamento e del Governo.
Vediamo, infatti, come non sia mai stato possibile, nonostante il buon volere di vari Ministeri, d'in tro durre la imposta diretta generale nello Stato francese dove - come in Italia - impera la dogana comunale di dazio consumo,
E vediamo, per converso, come l’ imposta perso nale proporzionata agli averi del cittadino potè senza opposizioni impiantarsi in Inghilterra, Svizzera e Belgio, dove la dogana comunale o non è mai esi stita, o fu abolita per legge di Stato.
26 novembre 1899 L’ E C O N O M I S T A
polari a periodi intermittenti e continui - io inclino a credere c h e il pensiero del Governo scolpito nelle laconiche frasi del discorso Reale voglia alludere ad una m orm a tributaria - la quale, partendo dalla abolizione graduale del dazio di consumo chiuso, avanzo di medio evo e simbolo di regionalismo, ar rivi all incardinamento del bilancio di Stato e di Co mune sulla imposta diretta personale, vero simbolo di civiltà ed educatrice del sentimento della unità nazionale, della dignità di cittadino.
Non bisogna dimenticare : che non possono aspi rare al titolo di civile, nel vero senso della parola, quei,e nazioni che oggi ancora tollerano la imposi zione della dogana comunale di consumo sotto la torma di Comune chiuso.
Con tutta considerazione mi abbia
Dev.mo
Fr a n c e sc o Nic o l a
MOVIMENTO D E COMMERCIO ITALIANO
NEL QTTIiN-QUEIsrN-IO 1894-98
IV.
Per valore della importazione in Italia oc
cupano per importanza il quarto posto gli Stati
Uniti dell’ America del Nord; fino al 1896 era
compreso nella stessa voce anche il Canadà,
la cui importazione in Italia però fu sempre
molto limitata perchè nel 1897 fu di 1.6 mi
lioni e nel 1898 solo L. 750,000; poco quindi
le cifre che spettano al Canadà possono in
fluire sulla importazione dagli Stati Uniti, an
che se non si opera, per il triennio 1894-96,
la separazione.
Il movimento delle merci dagli Stati Uniti
in Italia per il periodo 1894-98 è rappresentato
dai seguenti valori.
4 8 9 4 ...Lire 107,353,000
1895 124,182,000
4896 ...
» 121,570,000 4 8 97 ... ... 124,886,000 4898 ... » 166,175,000Come si vede è una cifra sempre cresce ite
che permise appunto agli Stati Uniti di pas
sare al quarto posto, oltrepassando nel quin
quennio la Francia e l’ Austria Ungheria, e
sarebbero passati al terzo posto se la Russia
non avesse, come si è veduto, aumentato for
temente la sua importazione in Italia.
La fisionomia generale della importazione
degli Stati Uniti in Italia nel 1894 allorché,
appena sorpassava i 107 milioni, si poteva in
dicare cosi: la metà dei valori che acquista
vamo era cotone in Moccoli o in m assa; un
settimo tabacco; un altro settimo gom m e e
resine ; un decimo petrolio ; quindi una certa
quantità di grasso di, maiale ed acido stearico;
e finalmente del legno comune squadralo.
Cinque anni dopo, cioè nel 1898, acquistiamo
dagli Stati Uniti dei prodotti di un valore su
periore di circa 60 milioni ; — il cotone o f
fre il maggiore aumento, perchè passa da 54
a 78 milioni ; rimane invariato il tabacco;
scema da 9 a 8 milioni il petrolio, é in aumento
757
1 olio di cotone ; — la entrata delle gom m e si
riduce a poco più di un milione, ed entra in
vece per un milione e mezzo il carburo di
calcio^ ; la importazione del legno comune rad
doppiò ; nell’ ultimo anno, per le note cause, il
frumento ed il grano turco arrivano ad una
entrata di 10 milioni ; e probabilmente per le
stesse cause che determinarono i larghi acqui
sti di grano, gli Stati Uniti poterono mandarci
nel 1898 ben 13 milioni di carne salala ed
affumicata, mentre la importazione di questa
voce non era mai arrivata al milione negli
anni precedenti.
L’ importazione quindi dagli Stati Uniti in
Italia si appoggia sopra pochissime voci, ci è
quindi possibile nel seguente prospetto indicare
il movimento delle principali, salvo accennarne
poi ad altri particolari.
Ecco adunque il prospetto, omesse le tre
ultime cifre:
1894 Olio di cotone 30 P e t r o l i o . . . , . 9,533 Altri oli mine
r a li... 1,222 Tabacco in fo g lie... 14,844 Gomme e re sine... 14,498 Cotone in bioc coli... 54,328 Legno comune 2,598 Rottami, sca
glie. ghisa, ec. 124 Rame greggio 482 Grano... .... G ra n tu r co ... __ Carne affumi cata e salata 2 Grasso ed aci do stearico. 2,091 1895 1896 1897 1898 — — :— — 116 107 942 3. 774 8,985 8,271 7,344 7,979 1,670 1,919 1,800 2,663 13,060 18,345 19,500 14,850 13,916 1,263 1,498 1,353 60, 609 71,449 66, 266 78, 167 4, 729 3,804 5,354 5,845 581 26 3,897 4,269 522 1,145 2,025 2,128 10 — 2 4, 957 384 2,419 5, 691 3, 886 21 93 909 13,398 803 1,760 2,168 3, 732
Le voci indicate nel prospetto qui sopra rap
presentano le seguenti proporzioni sul totale :
1 8 9 4 . . . . 1 8 9 5 . . .. 1 8 9 6 . . .. 1 8 9 7 . . .. 1 8 9 8 . . . . milioni 99.6 sopra » 115 0 » 110.3 » » 112.8 » 146.6 > 107.3 124. 1 121.5 124.8 166. 1
si può quindi utilmente fare qualche osser
vazione.
L ’ olio di cotone, di cui é cosi cresciuta la
importazione dagli Stati Uniti, è prodotto che
si esporta, quasi esclusivamente da quel paese •
infatti la importazione totale messa a confronto
con quella degli Stati Uniti dà nel quinquennio:
1894 1895. 1896. 1897. 1898.
Dagli Stati Uniti
Totale quintali — 460 1.371 2. 244 3.399 1.667 2. 686 13. 697 20. 421 68.612 79. 483
Bra-758 L’ E C O N O M I S T A 26 novembre 1899
Del petrolio abbiamo già parlato osservando
la importazione dalla Russia, qui ricordiamo
solo le cifre:
Dalla Russia Dagli Stati Uniti
Totale quintali quintali — 1894 .. . . 114,944 595, 793 741,745 1 8 9 5 .. . . 137,733 513,405 686, 170 1 8 9 6 .. . . 186,417 436,512 702, 173 1 8 9 7 .. .. 199,801 . . 219,622 471,487 689,731 1 8 9 8 .. 469,360 705,545
Circa gli altri oli minerati, la cui importa
zione dagli Stati Uniti è più che raddoppiata,
conviene considerare che è pure aumentata la
importazione totale ; sempre in quantità si
hanno le cifre seguenti:
Dagli Stati Uniti Totale
1894 ... quintali 67,346 152,846
1895 ... » 60,644 139,676
1896 ... » 66,657 154,435
1897 ... » 67,426 ¡61,349
1898 ... » 65,239 183,762
Dopo gli Stati Uniti i nostri principali for
nitori per questa voce sono la Russia, la Fran
cia, l’ Austria-Ungheria.
Del tabacco in foglie si può dire che gli
Stati Uniti ci forniscono quasi il totale ; dei
114 mila quintali entrati nel 1898, 109 mila
ci vengano dalla Federazione Americana ;
poco più di un milione dall’ Austria-Unghe
ria, poco meno di un migliaio dalla Turchia
Asiatica, 80 mila dalla Germania, 70 mila dalla
Gran Brettagna, 45 mila dal Brasile ecc. L’im
portante movimento cogli Stati Uniti fu a pa
ragone del totale il seguente :
D agli Stati Uniti Totale
1S94... quint. 106,017 113,105
1895 ... » 153,733 162,270
1 8 9 6 ... » 122,302 142,016
1 8 9 7 ... » 139,287 152,891
1 8 9 8 ... 109,999 114,005
Le differenze tra anno ed anno dipendono
in parte dal nostro raccolto nazionale in parte,
e la maggiore, dagli espedienti di bilancio coi
quali, per far apparire conseguite delle econo
mie, si assottigliano gli stock dei magazzini.
Nelle gom m e e resine il prospetto mostra
una diminuzione rilevantissima nella importa
zione dagli Stati Uniti; nel quinquennio si
scende da 14.4 milioni, ad 1.3. In gran parte
la differenza è dovuta alla separazione della
calofonia o pece greca che ha un prezzo di
appena 15 lire il quintale dalle altro gom m e
resine che hanno un prezzo di 170 lire il quin
tale; tale separazione avviene nel 1896, nel
qual anno appunto vi è la notevole differenza
di valore. Infatti le quantità di tutte le gom m e
resine importate sono le seguenti :
Pece greca A ltre gomme resine
1894.. . . quintali
_
124,045-1895 .. . » — 133,851 —
1 8 9 6 .. » 127, 201 26,858
1 8 9 7 .. » 138,430 27, 926
1898. . • » 115,499 31,032
E dagli Stati Uniti la importazione fu:
Pece greca Altre gomme resine1 8 9 4 ... quintali — 91,180 —
1 8 9 5 ... . » -- 91,024 —
1 8 9 6 ... . » 101,280 291
18 9 7 .. , » 123,655 84
1 8 9 8 ..,. . » 103,690 23
Del cotone in bioccoli importiamo dagli Stati
Uniti circa due terzi del totale nostro bisogno;
dei 1,328,000 quintali che sono entrati in Ita
lia nel 1897 le provenienze principali erano
le seguenti :
Stati Uniti . . . Indie inglesi . . E g i t t o ... Austria Ungheria Gran Brettagna. Altri paesi . . . quintali 930, 559 » 250,719 » 62,125 » 57,158 » 22,912 » 5,000Il movimento agli Stati Uniti a paragone
del totale fu nel quinquennio in quintali:
Stati U n i t i...543,286 - 673,437 - 714,487 - 720,231 - 938,559 Totale... 1.196.738 - 1,074,628- 1,127,496 - 1,202,437 - 1,328,588Importante è pure la quantità, rapidamente
crescente, del legno comune, rozzo squadrato,
segato per il lungo che ci viene dagli Stati
Uniti ; già nel prospetto delle voci principali
si è visto che da 2.5 milioni siamo passati a
5.8. Ecco ora le quantità per il quinquennio
di detto legno fornitoci dagli Stati Uniti, pa
ragonata al totale delle quantità entrate.
Stati Uniti 37,698 — 64.769 - 47,587 - 70,604 — 74,766 Totale . . . 359,004 — 418,027 - 403,365 - 444,858 - 431.854Noteremo che mentre la nostra importazione
di rottami di ferro, ghisa ed acciaio è andata
decrescendo da un milione e mezzo a 1.3 mi
lioni di quintali; la parte fornitaci dagli Stati
Uniti, che lino al 1896 era stata, al massimo,
76 mila quintali, diventò di 293 mila nel 1897
e di 286 mila quintali nel 1898. Cosi pure nel
rame, ottone e Ironzo in pani, rosette, lima
ture e rottami la importazione totale è, nel
quinquennio, di 37 - 43 - 45 - 50 - 50 mila quin
tali; quella degli Stati Uniti fu di 4 - 4 - 9 -
16 - 15 mila.
In quanto al grano non vi è che da notare
la importazione degli Stati Uniti di 21 mila
tonnellate nel 1898, mentre negli anni prece
denti la entrata era nulla; e vero che la impor
tazione totale nel 1898 si è elevata a 914 mila
tonnellate, il massimo del quinquennio.
26 novembre 1899 L’ E C O N O M I S T A 759
Finalmente il grasso ed acido stearico che
importiamo, ci viene per un quinto circa
(40,000 quintali) dagli Stati Uniti; il rimanente
ci viene dalla Argentina, dalla Gran Brettagna
dal Brasile, dal Belgio.
Tutto il resto del movimento di importa
zione commerciale cogli Stati Uniti è poca cosa
ed è sparso su moltissime voci.
Diamo quindi senz’ altro il prospetto delle
categorie del quinquennio:
1894 1895 1896 1897 1898 I. 10.841 10. 855 10. 310 10. 723 14. 851 II. 15. 177 23. 322 18. 712 19. 725 15.075 III. 15. 655 15. 575 4.328 4. 524 4.613 IV . 1.044 1.569 679 871 828 V. 24 44 86 46 147 VI. 54. 361 60. 651 71. 547 66. 313 78. 388 VII. 68 238 75 52 146 V i li. 7 58 64 69 142 IX . 2.705 4.942 4.162 5. 835 6. 581 X . 37 47 67 91 162 X I. 1.769 1. 123 1.165 1.053 851 X II. 1.514 2. 204 2. 854 8. 653 13. 106 X III. 766 290 569 631 2. 228 X IV . 33 537 2. 800 2. 228 10.326 X V . 3.107 2. 487 3. 823 3.597 18. 006 X V I. 215 222 239 475 125
N O T E E D A P P U N T I
Le riforme necessarie. — Il sig. G. R. del Cor
riere della Sera, rispondendo giorni sono a una no stra osservazione incidentale, esprimeva l’ opinione che non tanto delle riforme tributarie convenga darsi ora pensiero, ma piuttosto delle spese, e ciò allo scopo di combattere il parassitismo che infierisce sotto tante forme coi dazi protettivi, coi premi e via di cendo.
_ D ’accordo coll’egregio G. R. riguardo alla necessità di combattere tutte quelle forme di sfruttamento della finanza, mascherate talvolta da ragioni di pseudo patriottismo e giustificate da vedute economiche er ronee (e, quanto lo siano, 1’ esperienza lo ha dimo strato tante volte!), non possiamo però convenire con lui circa le riforme tributarie. Per noi esse costitui scono il mezzo forse più efficace che sia in possesso dello Stato per migliorare le condizioni delle masse, e crediamo di esserci occupati anche troppe volte di ciò, perchè ci occorra dire ora le ragioni di questa nostra affermazione. Il fatto è che non è difficile trovare ogni giorno nella stampa italiana lè prove della urgente necessità di por mano a una riforma tributaria ; proprio nello stesso Corriere della Sera abbiamo trovato alcuni dati sulle esecuzioni giudi ziarie per mancato pagamento d'imposte in due co
muni della Sardegna.
Ecco le notizie che riproduceva il giornale milanese: « Scrivono da Alghero alla Nuova Sardegna di Sas sari :
Il tre corrente nella pretura d’AIghero ebbe luogo la prima, diremo così, infornata delle aste esattorial per i comuni di Alghero ed Olmedo.
Per Alghero i fortunati contribuenti furono 48 i quali alla rata scaduta il 18 agosto 1899 avevano verso l ’esattore un debito complessivo di L. 1806,55; aumentato di L. 407,89 per multe e compensi, vale a dire di qualche cosa come del 12 0[o in media.
Queste multe però si applicano in un modo abba stanza originale.
Infatti: Il massimo debitore di questa infornata, che deve L. 443,55, paga sul suo debito il 13 0[o; che va mano mano crescendo in progressione inversa
i
fino a raggiungere il 72 0[p per un debito di L. 5,94, il 101 0[f> per L. 3,17, ed il — mi si rizzano i ca pelli nello scriverlo — 263 Ojo dico duecento sessata- tre per cento per un debito di L. 0.79.
I debitori relativamente all’ entità del debito sono n. 9 al disotto delle L. 5, n. 11 tra le lire 5 e le L. 10, n. 14 tra le 10 e le 30 lire, n. 4 dalle 30 alle 50, n. 4 dalle 50 alle 100, n. 6 dalle L. 100 in su.
Perchè il fisco possa farsi pago del suo credito in L. 1806,55 oltre le multe, espropria n. 81 stabili di cui 66 terreni e 15 fabbricati, per un prezzo com plessivo, ragguagliato a 60 volte l’imposta erariale di L. 38,637.52: delle quali L. 12,979.52 rappresen tano il valore dei 66 appezzamenti di terreni.
Non occore grande acume per vedere che i sessan- tasei appezzamenti di terreni ora minacciati di espro priazione, il cui prezzo medio è di L. 196.80 devono essere per i piccoli campicelli, rappresentanti quasi generalmente l’ unico patrimonio degli espropriando Ed infatti, ad eccezione di n. 14 appezzamenti che oltrepassano questo medio prezzo di vendita, gli altri 52 non lo raggiungono affatto ed in numero di 40 ne sono enormerneote lontani !
Un altro ordine di considerazioni :
Sempre per spremere, le sullodate L. 1806.55 di imposta non che il relativo 22 Ojo d’accessori, è mi nacciata l’espropriazione di tanti stabili aventi il reddito catastale complessivo di L. 4057.04 che ca pitalizzato al 5 Ojo importano un capitale espropriando di L. 81,140.80. Questi stabili cosi perdono L. 42,503.28 sul loro valore reale se venduti a primo incanto ; L. 55,382.45 se venduti al secondo e L. 68,261.67 se venduti al terzo.
Ed ora ad Olmedo. I debitori sono 14 di cui 10 per imposta sui terreni, 5 per quella sui fabbricati.
II debito è di L. 1800.47. Le multe e i compensi ascendono a L. 365.17, cioè il 20 0|() circa sul debito.
Si vendono per L. 19,167.00 n. 27 stabili di cui 5 fabbricati e 22 terreni.
Gli stabili venduti hanno un reddito catastale com plessivo di lire 1932.11, quindi un valore reale cal colato al 5 per cento sul reddito, sul quale si paga l'imposta, di L. 38,642.20 ».
Se a cotesti fatti, troppo eloquenti per sè mede simi, perchè occorrano commenti speciali ad essi, si aggiungano quelli occasionati dal dazio consumo o dagli abusi in qualche altra imposta locale (e la storia dell’ Italia contemporanea ne è piena) vien fatto di chiedersi : quali sono le riforme veramente urgenti e necessarie ? Non sono forse quelle che hanno lo scopo di meglio distribuire i tributi e di sollevare tanta parte di popolo che è impotente a pagare o paga a prezzo di infinite sofferenze? Non è forse nel nostro sistema tributario il tarlo roditore della compagine sociale italiana, non è esso forse una minaccia continua per la pace sociale, per la stessa unità politica del nostro paese? Noi lo pensiamo e da un pezzo ormai. E crediamo anche che se le attuali classi dirigenti si mostreranno ancora a lungo infe riori al compito che su loro cade, di por mano, cioè, alla riforma tributaria, altre classi finiranno per pren derne il posto e si sforzeranno di attuare concetti riformatori più o meno ponderati e giusti. Fin che c ’è tempo provideant consules.
LA RIFORMA DEI TRIBUTI LOCALI”
X IX .
Raccogliendo ciò che siamo venuti esponendo con
la scorta dell’ opera del prof. Conigliani, in poche
conclusioni generali, ecco quali sono le linee
760 L ’ E C O N O M I S T A
26
novembre 1899damentali della riforma che, a suo avviso, dovrebbe
attuarsi.
Respinto il concetto che occorra separare in modo
assoluto il sistema tributario dello Stalo da quello
dei corpi locali, il Gonigliani ritiene che la tassa
zione locale diretta debba essere principalmente reale
e non soltanto sulla ricchezza immobiliare (terreni
e fabbricati), ma anche su quella mobiliare. L ’ im
posta personale può avere, a suo credere, una fun
zione complementare, ma più che altro nei centri,
urbani e maggiori. Il dazio consumo non è da abo
lirsi in via assoluta, ma soltanto da limitarsi sia nella
sua estensione territoriale, perchè dovrebbe essere
applicato soltanto nei centri maggiori, sia quanto ai
generi colpiti dal dazio e alla misura di questo. F i
nalmente pei comuni minori al dazio di consumo
dovrebbe sostituirsi l ’ imposta sulla produzione del
vino e sulla macellazione delle carni, ma tali im
poste non potrebbero essere applicate che dopo un
certo uso delle imposte reali ed entro limiti assoluti
nella misura dei saggi. E quanto alle provincie pensa
il nostro Autore che si dovrebbe dare maggior svi
luppo al principio delle controprestazioni, ossia ap
plicare maggiormente le tasse e i contributi e sup
plire al rimanente coi ratizzi o sovvenzioni messi a
carico dei comuni ed eventualmente dello Stato in
ragione della spesa che si tratta di fronteggiare.
È necessario che prima d’ ogni cosa avvertiamo
come non sia nostro proposito, a questo punto, che
di esporre soltanto alcune considerazioni generali in
torno alle accennate riforme, senza entrare in parti
colari che hanno interesse sol quando si considera
il lato pratico e positivo dei provvedimenti propu
gnati.
Sulla questione della separazione della finanza lo
cale da quella statuale non occorre spendere molte
parole perchè può dirsi che quella separazione sia
inattuabile nel nostro paese, per non dire che ,0 è
in quasi tutti gl, Stai,. Sarebbe prima necessaria
una trasformazione radicale del sistema tributario
dello Stato, perchè i Comuni potessero avere un
campo di tassazione del tutto proprio, come ad esem-
pio che lo Stato riserbasse a se i tributi indiretti e
agli enti locali lasciasse libero il campo della tas
sazione diretta. Alcuni scrittori (tra gli altri 1’ ono-
revo e Alessio) hanno sostenuto la separazione dei
cespiti di entrata e per attuarla hanno anche ideata
una nuova distribuzione delle imposte tra Stato e
tiom uni, ma troppe condizioni dovrebbero avverarsi
perche quei piani di riforma potessero avere attua
zione. E d altronde se un tale concetto potrebbe
presentare dei vaneggi non sarebbe senza inconve-
menu. La separazione assoluta dei tributi locali da
quelli dello Stato esige una materia imponibile assai
estesa e copiosa e in pari tempo un fabbisogno mo
derato; soltanto in ta) caso diventa possibile di li
mitare rigorosamente le due sfere di tassazione in
modo che l’ una non si sovrapponga in nessuna
parte all’ altra. Ma noi siamo ben lontani dall’avere
le condizioni richieste per la detta separazione e
possiamo soltanto cercare di togliere quelle sovrap
posizioni che conducono molto facilmente a eccessi
tributari, che spesso impediscono di dare al tributo
un assetto regolare, stabile e in armonia con le altre
forme di tributo e con le condizioni economiche del
paese. Tale è il caso del dazio consumo, che se mai
blsognerebbe_ rendere esclusivamente tributo locale,
per togliere i non pochi inconvenienti che presenta
I la promiscuità sia nei riguardi delle riforme da at
tuare nel suo organismo, sia nell’ ordinamento par
ticolare del dazio consumo governativo, sul quale
dovremo tornare in seguito. Sicché pur ammettendo
che occorra provvedere a togliere la promiscuità là
dove realmente nuoce, non ci pare utile od oppor
tuno di separare in via assoluta i tributi statuali da
quelli locali.
Venendo al primo punto della riforma, ossia alla
estensione della imposta locale anche ai redditi della
ricchezza mobiliare, è da riconoscere che in astratto
il concetto è giusto. Il Gonigliani crede che all’ aver
limitato la tassazione diretta reale alla sola ricchezza
immobiliare si possono soprattutto attribuire le v i
ziose tendenze manifestatesi nello sviluppo dei tri
buti locali, la ingiusta distribuzione del carico, gl’ ir
razionali limili e rapporti oggi sanciti nelle varie parti
del sistema tributario. E vi è certo del vero in que
sto giudizio. Perocché è un concetto ormai superato
nella scienza e nella pratica, almeno di molti paesi,
quello che la tassazione speciale delle fonti econo
miche si giustifica soltanto per riguardo alle fonti
immobiliari. Nessuna ragione fondata può opporsi
alla imposizione, da parte dei Comuni, dei redditi
mobiliari provenienti dal commercio e dalla industria
i quali erano esclusi in passato per motivi che l’evo
luzione economica ha del tutto modificati!
Bene osserva il Conigliani (pag. 492) che « l’ esser
sorta l’ imposta reale sotto la forma esclusiva di tassa
zione immobiliare, in tempi in cui la proprietà mo
biliare era poco sviluppata e i suoi redditi si con
fondevano con quelli del capitale monetario ha fatto
sì che all’ idea della imposta reale è rimasta con
nessa quella di uua tassazione speciale della ric
chezza immobiliare, e che per tutta la ricchezza
mobiliare si ritenga aucora impossibile una tassa
zione che voglia risalire alle sue fonti produttive,
obbiettivamente localizzate. Ma I’ evoluzione econo
mica odierna, non solo ha portato, anche nei paesi
eminentemente agricoli, a sviluppo insigne la pro
prietà mobiliare, ma ne ha scisso anche, per la pro
fonda diversità delle caratteristiche economiche dei
loro redditi, le due parti sostanzialmente differenti,
cioè l’ impianto commerciale e industriale, e il pos
sesso del capitale monetario per parte di chi non
esercita direttamente la produzione ».
26 novembre 1899 L’ E C O N O M I S T A 761
domanda dei servizi e dei capitali e quivi perciò è
P'ù
certa la diffusione delle imposte reali. In quei
centri non si giustificherebbe quindi una tassazione
speciale dei redditi delle classi improdutiive, mentre
migliore spiegazione essa potrebbe trovare nei centri
minori e nei Comuni rurali, se per la scarsità e la
tenuità di quei redditi non fosse in questi trascu
rabile la parziale lacuna lasciata a loro favore dalla
tassazione reale delle fonti produttive e quindi non
fosse, per ragioni di pura convenienza, da ritenere
superfluo il dedicarvi un istituto speciale di tassa
zione.
Adunque, l'imposta reale mobiliare diretta dovrebbe
colpire i soli redditi industriali e commerciali, salvo
nei Comuni urbani l’ applicazione della imposta per
sonale sul reddito. E’ il sistema accolto in Prussia,
ma ivi le aliquote dei tributi diretti locali sono così
basse che si comprende come possa essere soppor
tata la imposizione reale sui terreni, sui fabbricati
e sulle industrie e commerci, nonché quella perso
nale sul reddito complessivo
Da noi un simile
sistema, molto difficilmente potrebbe funzionare. La
sovrapposizione di una imposta personale riescirebbe
troppo gravosa, tenuto conto dei vari tributi diretti
di Stato e Comunali. Si può ammettere nondimeno
che la tassazione reale mobiliare, la quale presen
temente si attua con le due imposte di esercizio e
rivendita e sul bestiame abbia bisogno di essere
integrata o trasformata e in massima non siamo
avversi all’ opinione dell’ autore che i redditi mo
biliari industriali e commerciali debbano contribuire
alla finanza comunale. Se questo concetto fosse
ammesso in una riforma dei tributi locali, nessun
dubbio che verrebbero ad essere agevolate le so
luzioni di altri problemi tributari.
Non quello però della tassazione personale che
anzi si presenterebbe irto di maggiori difficoltà per
I’ apparente doppia tassazione che ne resulterebbe.
Invero noi troviamo che I’ imposta personale occupa
un posto assai importante nella finanza locale germa
nica, ma ripetiamo che in Germania le aliquote delle
imposte dirette sono molto più basse che da noi e
quindi è possibile la coesistenza di una completa tas
sazione reale con la imposta personale, che è appunto
la JEinkommensteuer. Le tassazioni complementan, os
sia sul reddito e sui consumi hanno, secondo il Goni-
gitani una duplice funzione e cioè anzitutto di allar
gare i confini della tassazione locale, portandoli oltre
i limiti della norma economica territoriale, a com
prendere anche le persone domiciliate nel territorio
del Comune o quelle che transitoriamente in esse si
trovano, sebbene non posseggano in quello alcuna
fonte economica localizzata e in secondo luogo di
correggere, con una saggia considerazione dei fat
tori subbiettivi della capacità economica le lacune
e i difetti che son propri della tassazione reale, per
ciò che tien conto esclusivo dei fattori obiettivi di
quella capacità. Ma limitandoci pel momento a con
siderare la imposta personale sul reddito ó certo
assai fondato il dubbio che la imposizione diretta
riesca insopportabile nel nostro paese quando, e sia
pure solo nei centri maggiori, dovesse avere una
funzione veramente efficace. Certo, se fosse possibile
confidare in una riduzione delle aliquote delle im
poste reali di Stato, così che la ricchezza immobi
liare e mobiliare venisse alquanto sollevata dell’onere
attuale, sarebbe ammissibile che dopo un certo pe
riodo di tempo l’ imposta sul reddito nei centri
maggiori divenisse così produttiva come lo è in pa
recchie città della Germania. A Berlino, ai) esempio,
nel 189 6 -7 su milioni di marchi 47.2 provenienti
dalle imposte locali, 21.8 erano dati dall’ imposta
sul reddito, a Francoforte su 9 milioni e mezzo di
marchi, 5.2 prevenivano da quell’ imposte ; a Dresda
4.7 milioni su 8.7, a Breslavia quasi 4 milioni so
pra 9.8 e via dicendo ‘ ). Senonchè prima che sia
possibile uno sviluppo così notevole della imposta
sul reddito a vantaggio dei grandi Comuni occorre-
rano riforme nei tributi dello Stato, quali non si
può confidare abbiano ad-attuarsi in breve tempo.
La sola riforma praticamente possibile nell’ ora pre
sente può essere quella della tassa di famiglia, la
quale applicata con maggiore cura, con criteri più
precisi e razionali, potrebbe rendere molto più della
cifra attuale e preparare la via alla introduzione di
una vera imposta personale sul reddito nei centri mag
giori. Così da un lato con la tassazione reale dei
redditi commerciali e industriali, a vantaggio dei
Comuni, dall’ altro con la estensione della tassa di
famiglia, che oggidì è applicata spesso in modo de
risorio, sarebbe possibile di ottenere i mezzi per sop
perire alla perdita derivante dalla rinuncia ad alcuni
dazi di consumo e propriamente a quelli su generi
di consumo popolare. Pel rimanente dei dazi non
può trattarsi, a nostro avviso, di completa abolizione,
ma piuttosto di riduzione e trasformazione dei dazi
in imposte di fabbricazione o d’altra natura, cosi che
la forma attuale di riscossione del dazio consumo
venga a scomparire.
DI UNA RIFORMA AGRARIA
L ’onor. Maggiorino Ferraris pubblica — nel
l’ultimo fascicolo della Nuova Antologia — un
importante articolo intorno alla necessità di
una grande riforma agraria.
Crediamo utile di darne il largo riassunto,
poiché esso contiene tutto un programma agra
rio nazionale, che merita d’ essere meditato
e serenamente discusso. E noi ci riserbiamo
di prendere in esame le idee principali del
l’egregio scrittore.
I l malcontento nazionale. — L’ Italia attraversa
un momento difficile per la lunga depressione economica, le sofferenze della agricoltura, il disordine della finanza e della circolazione.
La organizzazione del malcontento è il fenomeno più pericoloso dell’ ora presente, e si pone ne’ termini di una lotta fra il malcontento e le istituzioni rappresen tative. Se queste non riaffermano il loro prestigio, è impossibile prevedere i giorni dolorosi riserbati al no stro paese; ma dovrà essere una vittoria conseguita con la forza morale, non con la forza materiale.
La causa intima, morale ed economica insième del malcontento sta nel profondo squilibrio fra ricchezza e popolazione. Ed ogni riforma intesa a migliorare le condizioni del paese deve proporsi i seguenti scopi: aumento della ricchezza privata in Italia; frenò all’ ac crescimento della popolazione, mediante l’emigrazione ; equa distribuzione dell’aumentata ricchezza nazionale.