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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.26 (1899) n.1288, 8 gennaio

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L'ECONOMISTA

GAZZETTA SETTIMANALE

SCIENZA ECONOMICA. FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIV A TI

Anno XXVI - Yol. XXX

Domenica

8

Gennaio

1899

N.

1288

LA SITUAZIONE DEL MERCATO

A ll’inizio di un nuovo anno l ’attenzione si volge spontaneamente a considerare le condizioni nelle quali il nuovo periodo annuale ha ereditato dal vecchio il mercato dei titoli e dei valori pubblici. Perquant,^ il chiudersi di un periodo di dodici mesi e 1’ aprirsi di un nuovo periodo eguale non abbia in sè che una importanza cronologica, tuttavia le divisioni con­ venzionali del tempo hanno il loro significato e la loro utilità anche nel mondo degli affari, e non vi è certo alcuno, tra chi segue l’ andamento del mercato italiano, che non speri ad ogni capo d’anno di poter segnalare l’anno venturo un sensibile miglioramento nelle condizioni economiche e finanziarie dell’Italia. Quest’ anno, nonostante molti guai che hanno afflitto il paese, si possono constatare miglioramenti non lievi nei corsi dei valori e sintomi non trascurabili di qualche maggiore attività economica.

L ’ Italia ha subito una prova certamente assai dura nel primo semestre del passato anno e un’altra di genere differente, ma non meno seria, nel seme­ stre successivo, prova che dura tuttora. Le condizioni sfavorevoli del mercato granario, la insipienza dei governanti e un terreno ben coltivato dagli errori, dalle colpe, dalle gelosie dei vari partiti costituzio­ nali e anticostituzionali, moderati e sovversivi, hanno determinata una grave scossa all’Italia politica e sve­ lato un malcontento turbolento e profondo in molta parte del paese, quale i più non sospettavano nem­ meno. I pochi che avvertivano quasi ad ogni momento che il pericolo c’ era, e grave, in causa dello sgo­ verno del paese e della facile propaganda dei partiti anticostituzionali non erano ascoltati. E diciamolo pure che non lo sono nemmeno ora, perchè se cosi non fosse avremmo visto qualche cosa di differente nell’ andamento della cosa pubblica italiana. E questa è appunto la seconda prova alla quale abbiamo alluso prima, prova di impotenza, di incapacità, di indif­ ferenza che danno troppo spesso le classi dirigenti, le quali dopo i fatti dell’aprile e del maggio ci pare abbiano ripresa la via irta di pericoli per ’ a quale da un pezzo si sono incamminati. Invero, fino ad ora non vediamo che nè in Parlamento, nè fuori, si ac­ cenni a un programma riformatore nell’amministra­ zione pubblica e nella compagine tributaria ; lo spi­ rito pubblico non si dimostra consapevole dei doveri che s’ impongono ora più che mai, dopo gli avveni­ menti del passato anno, alla parte più abbiente, intel­ ligente e istruita del paese. G li stessi modesti propositi del Governo, come ad esempio quello per 1’ aboli­ zione del dazio comunale sulle farine, non incontrano

che opposizioni, e del resto lo stesso Governo non ha trovato di meglio, dopo cessati i disordini e com­ piuta 1’ opera di repressione e di giustizia militare, che ripristinare la gabella di confine sul grano al­ l’ enorme aliquota che era in vigore prima dei di­ sordini gravissimi del maggio scorso.

Se tale è l’ ambiente politico e morale del nostro paese, non si può certo supporre possibile una mu­ tazione rapida e notevole nella condizione del mer­ cato. Il paese indubbiamente lavora con alacrità maggiore o minore, secondo le regioni; e lo spirito d’iniziativa non è oggi minore, forse anzi è mag­ giore di qualche anno fa. Nuove società commer­ ciali e industriali vanno sorgendo e altre si modi­ ficano in vista di una maggiore operosità, e a 'questo riguardo abbiamo notato con soddisfazione la crea­ zione di una nuova società di navigazione a Venezia; ma è noto che il regime doganale che impera, può molto facilmente far sorgere società industriali le quali hanno principalmente la loro ragione d’ essere nei dazi protettivi, ed è pur noto che 1’ industria agricola, quella che maggiormente dovrebbe avvan­ taggiarsi dallo spirito d’ intrapresa che si va riani­ mando nel nostro paese, è invece ancora, assai tra­ scurata.

Non è pessimismo sistematico che ci porta a co- teste riflessioni, ma l ’ esame spassionato dei fatti, prova ne sia che riconosciamo il miglioramento che si va delineando nell’attività industriale e commer­ ciale in modo promettente e di cui i lettori avranno, a partire da questo numero, una qualche idea con le notizie che diamo e daremo in seguito sulle so­ cietà industriali e commerciali. Ma non bisogna nem­ meno farsi illusioni sullo stato vero delle cose e il­ lusioni potrebbero sorgere se, ad esempio, si volesse dare una importanza e un significato che non hanno a certi aumenti avvenuti nei corsi di alcuni valori italiani, da un anno all’ altro.

Perchè il lettore abbia una qualche idea del mo­ vimento dei corsi, diamo qui sotto i prezzi dei va­ lori italiani più importanti alla fine del 1897 e del 1898, e le differenze :

1897 1898 differenze

Rendita ital. Parigi. . 9R17 95. 07 — 1.10 d » Londra . 95. 00 94.06 — 0.94 » » Berlino . 94. 90 94. IO — 0.80 ¡> » Italia . . 100.60 102.00 + 1.40 Cambio italiano . . . 104.80 107. 70 4- 2. 90

Banca Az. Italia . . . 840. 00 1007. 00 + 167.00 Meridionali... 730. 00 748. 00 ri- 18.00 Mediterranee... 528.00 562. 00 + 34.00 Istituto italiano di Cr.

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18 L ’ E C O N O M I S T A 8 gennaio 1899 1897 1898 differenze Banca Torino... 414. 00 415. 00 + 1. 00 Credito Italiano . . . 547.00 644.00 -t- 97. 00 Acciaierie Terni . . . 423.00 1260.00 4- 837. 00 Navigaz. Generale . . 360.00 454. 00 + 94.00 Raffineria zuccheri . . 320. 00 422. 00 + 92. 00 Lanificio... 1426. 00 1466.00 -1- 40. 00 Cotonificio... 151. 00 440. 00 11. 00 Acqua Marcia . . . . 1262. 00 1130. 00 132.00 Gas Rom a... 850. 00 743. 00 107. 00 Metallurgica... 130.00 218. 00 88. 00 Condotte... 213.00 274.00 61.00 Banca Roma... 120. 00 176.00 56.00 Molini... Obbliqazioni : 155.00 129. 00 - 26. 00 Ferroviarie 3 ° / 0 . . . 310. 75 324. 00 + 13. 25 Meridionali... 325. 75 334. 50 4- 8. 75 Fond. B. Naz. 4 °/„. . 496. 50 507. 00 4- 10. 50 » » » 4 ‘ /a- • 509. 00 517.00 4- 8.00 Op. S. Paolo... Istituto italiano 4 * /,. 516. 00 514. 00 2.00 511.00 514. 00 + 3. 00 Cassa R. Milano 5 ° / 0. 515 00 519. 50 4. 50 » » » 4 ° / 0. 508. 00 510. 00 + 2. 00

alla fine del 1897 era a 1 0 4 8 0 alla fine del 1898 a 107.70, con tre punti quasi di aumento. Che cosa vogliali dire praticamente è noto : aggravio mag­ giore per la massa dei consumatori di derrate o merci provenienti dall’ estero, rincaro dell’ oro neces­ sario per pagare interessi, dividendi, dazi, ecc., di­ minuzione insomma di capacità d’ acquisto della moneta cartacea in circolazione e quindi di coloro che hanno redditi fissi o difficilmente aumentabili. Senza l’esaoerbazione del cambio, o meglio dell’ ag­ gio, la rendita sarebbe ora quotata alle borse estere a un corso più alto di quello della line del 1897 e il credito italiano, sul mercato internazionale, godrebbe maggior favore ; la condizione del nostro consolidato sarebbe così relativamente e sotto que­ sto aspetto migliore dei consolidati di altri Stati, come può vedersi da questo confronto dei prezzi dei principali consolidati alla fine del 1897 e del 1898, con le relative differenze:

1897 1898 Diff.

Questi prezzi dimostrano che il mercato italiano ha ripreso un po’ di vitalità e si è scosso dal tor­ pore nel quale era rimasto per lungo tempo; dimo­ strano anche che alcuni valori sono apprezzati più equamente e nell’ insieme la ripresa è confortante Però un aumento di 837 lire per un valore indu­ striale come quello delle azioni delle Acciaierie di Terni e di 167 lire sulle azioni della Banca d’ Italia, non si possono spiegare che ricorrendo a fatti estra­ nei all’ effettivo andamento e diciamo pure, perchè è la verità, al reale miglioramento di quelle due aziende. Aumenti di tal misura mettono in chiaro che il mercato è disposto a lasciarsi guidare da considerazioni subiettive, le quali sono sempre pe­ ricolose, perchè preparano talvolta amari disinganni. Certo mancano ancora sul mercato italiano valori nuovi, conosciuti sufficientemente e apprezzati favo­ revolmente, ma è da credere e da sperare che per effetto delle nuove costituzioni di Società se ne pre­ senteranno e in tal caso certe corse precipitose di prezzi potrebbero benissimo, non avendo sufficiente ragione d’ essere, dar luogo a indietreggiamenti considerevoli e disastrosi. L ’ aumento degli affari che potrà derivare dall’ accordo commerciale con la Francia e forse con altri paesi, i capitali assorbiti da nuove imprese o da ingrandimenti di quelle esistenti potraùno determinare una maggiore richiesta di danaro e la necessità di realizzi che verrebbero molto probabilmente a mettere in condizioni difficili idi ottimisti e gli entusiasti per progetto. Non vo­ gliamo con queste parolo fare profezie d’ alcun ge­ nere; accenniamo solo a eventualità che potrebbero maturarsi e che devono consigliare a procedere guar­ dinghi e con maggior calma, perchè l’ èra dei grossi dividendi non ci pare ancora cominciata e forse per un pezzo non si aprirà, nè è da tacere che sarebbe un errore gravissimo scontare oggi un avvenire promet­ tente, ma sempre incerto, e non perseverare nell’ in­ dirizzo sano e prudente di liquidare le perdite subite o di preparare riserve per le perdite che l’avvenire può riservare.

Il mercato dei titoli di Stato presenta in Italia un lieve aumento, però all’ estero le nostre rendite pub­ bliche hanno subito da un anno all’ altro una perdita lieve, ma non trascurabile. Il cambio spiega questo movimento disforme; il cambio a vista su Francia

3 0;0 perpetuo francese . 103.07 ! 3 1 [2 per cento francese. 106.95 I Consolidato inglese . . . . 113.25

Rendita austriaca oro . . 121.40 » » carta . 102 00 Rendita russa nuova . . . 94.55 . Spagnuola (extérieure) . . 60.90 Ungherese... 104.50 Portoghese... 20-88 Turco ... 21.95 E g iz ia n o ...106.02 101.82 — 1.25 104.17 — 2.78 110.94 — 2.31 120.50 — 0.90 101.65 - 0.35 95.00 - 0.45 46.85 — 14.05 102.70 — 1.80 24.20 + 3.32 22.87 4 - 0.92 1U6.75 - - 0.73 Come si vede meno gli ultimi tre, gli altri titoli di Stato hanno avuto diminuzioni più o meno forti, ma che rivelano la perniciosa influenza esercitata dalle vicende politiche del 1898 e certo anche dalle difficoltà monetarie. Perchè, quella influenza che sul nostro consolidato potè esercitare l’aumento del cam­ bio, la esercitò invece sugli altri titoli di Stato la rela­ tiva deficienza di capitali monetari disponibili, cosi che la speculazione ebbe talvolta da sottostare a oneri gra­ vissimi per prolungare le sue operazioni di borsa. Esa­ mineremo in altro momento l’ andamento del mercato monetario nel passato anno, la cui caratteristica fu appunto il rincaro del danaro, qui basti osservare che per la solidarietà che lega sempre più i mer­ cati finanziari conviene seguire sempre con grande attenzione il mercato internazionale, e niun dubbio che in questo momento è buona politica pel mer­ cato italiano dei titoli di Stato, di lasciarsi rimorchiare, anziché avere la pretesa di seguire una via propria. Le condizioni politiche incerte, la tensione del mercato monetario, i minacciati aumenti di spese pubbliche, queste e altre cause influiscono sinistramente sui titoli di Stato e consigliano in tutti la più prudente aspettativa.

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mi-8 gennaio 1mi-899 L’ E C O N O M I S T A 19

gliore di qualche anno fa e spetta e chi può eser­ citare una influenza salutare a far sì eh’ esso non lo pregiudichi con eccessivi aumenti prodotti da er­ ronei giudizi o da infondate previsioni.

LA PREVISIONE DELLA ENTRATA

per T attuale esercizio finanziario

Le vicende politiche e parlamentari hanno fatto sì, anche questa volta, che le previsioni delle entrate per l’esercizio in corso 1898-99 siano state stabilite successivamente da due ministri del Tesoro, T on. Luzzatii prima, col suo progetto del 30 novembre 1897, e l’on. Vacchelli poi con quello del 18 no­ vembre 1898. Le differenze, non ostante siano corsi quasi dodici mesi da un progetto all' altro, si ridu­ cono a poco più di 5 milioni, perchè il totale della entrata prevista dall’on. Luzzatti era di 1696.4 mi­ lioni e l’on. Vacchelli invece fissava la previsioue in 1693.1 milioni. La relazione presentata il 17 di­ cembre u. s. dall’ on. Rizzetti, a nome della sotto­ commissione pel bilancio del Tesoro, aumenta di sole 132,800 lire la cifra totale preveduta dall’ attuale ministro del Tesoro ; però, a parecchi capitoli porta riduzioni o aumenti talvolta non lievi.

Le entrate ordinarie previste dall’on. Vacchelli am­ montano a 1893.5 milioni e si ripartiscono nel seguente modo: Redditi patrimoniali dello Stato 95 milioni, imposte dirette 480.9 milioni, tasse sugli affari 196.5 milioni, tassa sul movimento a grande e piccola velocità sulle ferrovie 19.8 milioni, diritti delle le­ gazioni e dei consolati all’estero 675,000 lire, tasse di consumo 335.4 milioni, tabacchi 189 milioni, sali 73.7 milioni, lotto e tasse sulle tombole 66 mi­ lioni, proventi di servizi pubblici 91.7 milioni, rim ­ borsi e concorsi nelle spese 22.8, entrate diverse 21.5. Poche osservazioni occorrono riguardo ai redditi patrimoniali dello Stato. Riguardo al prodotto delle linee complementari, costituenti le reti secondarie Mediterranea, Adriatico e Sicula, l’ on. Vacchelli man­ tiene la cifra proposta dal Luzzatti in L. 14,540,000 ma la Commissione del bilancio crede, che mante­ nendosi depresso il gettito di questo cespite e non potendosi supporre che i prodotti chilometrici di que­ ste reti secondarie raggiungano il limite medio di prodotti chilometrici, che è previsto dal ministro in L. 5,300, 5,600 e 4,800 rispettivamente per le tre reti, convenga ridurre di 540,000 la previsione. La Commissione raccomanda al Governo di portare tutta la sua attenzione sull’onere che gravita sul bilancio dello Stato dall’esercizio di queste reti secondarie e complementari, per le quali il bilancio si mantiene ancora aggravato di circa 6 milioni all’ anno senza accenno a progressivo sollievo.

Nelle imposte di ette la Giunta del bilancio non propone alcuna modificazione alle previsioni che sono le seguenti: imposta sui fondi rustici 107 milioni, sui fabbricati 88 milioni e mezzo, sui redditi di ricchezza mobile 285.4 milioni.

A proposito della imposta dei fabbricati, osserva il relatore che la stazionarietà del gettito di questo cespite d’ entrata1) è molto sintomatica, inquanto- * *1 II provento dell’ imposta sui fabbricati fu: nel 1895-96 di L. 88,248,489.U8; nel 1896-97 : 88,405,566.47; nel 1897-98 : 88,343,185.61.

chè in questi ultimi anni è trascorso un periodo veramente eccezionale in Italia rispetto all’ edilizia. In taluni grandi centri vi furono spostamenti per le opere di risanamento colle quali si sono sostituite nuove costruzioni alle antiche, e mentre i redditi delle vecchie costruzioni vennero a cessare, quelli delle nuove non poterono prendere ancora il loro regolare assetto. È certo però, egli aggiunge, che nel complesso in questo ultimo decennio l ’elemento tassabile in rapporto alla imposta sui fabbricati si è accresciuto in Italia, mentre d’ altro lato si veri­ fica una immobilità del gettito della imposta stessa. Questo stato di fatto non poteva non determinare la necessità di una revisione generale dell’imposta sui fabbricati, indipendentemente dal fatto eh’ essa non poteva, nè doveva essere u teriormente ritardata an­ che in omaggio alla legge iniziale del 1865 la quale accennava ad una revisione generale ad ogni quinquennio, ed infatti è ora annunciato dal Go­

verno la presentazione del disegno di legge per la detta revisione generale.... A nostro avviso, la neces­ sità di una revisione dei redditi dei fabbricati è di certo da un pezzo dimostrata ed è da sperare che il Parlamento saprà ordinarla soltanto in vista di una razionale perequazione dell’ imposta.

Quanto alla imposta sui redditi di ricchezza mo­ bile vai la pena di accennare alla osservazione della Giunta sulla convenienza di istituire nelle città più importanti delle agenzie multiple, le quali vigilino a un più corretto e migliore funzionamento di que­ sto importantissimo ramo di servizio. L ’ eccessivo lavoro a cui è astretta l’agenzia unica non può per­ mettere a un funzionario solo per quanto operoso e intelligente e ben coadiuvato di seguire il movi­ mento che si verifica quotidianamente nella materia imponibile e nelle partite dei ruoli e seguirne tutte le vicende ed arrivare a colpirla con adeguati e ponderati apprezzamenti.

L ’osservazione del relatore è giustissima e merita d’essere presa in considerazione ; ma è tutto l’ordi­ namento delle agenzie che crediamo dovrebbe essere preso in esame per recarvi notevoli miglioramenti. Di ciò converrà occuparsi in altro momento.

Riguardo alle tasse sugli affari, la relazione accetta le previsioni del Ministro, meno per quattro tasse, come può vedersi da questo confronto :

Tasse sugli affari

Previsione del

Ministero

della Commissione Tasse sulle successioni. . . 37,900,000 — —

» di manomorta . . . . 6,400,000 — — a di r e g is t ro .... 59,000,000 — — » di b o llo ... 67,900,000 66,900,000 » in surrogazione del registro e bollo . . 11,400,000 11,800,000 » ipo te carie... 7,400,000 7,700,000 p sulle concessioni go­

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vedimento atto ad avviare « alla graduale nominaliz- zazione dei titoli di Stato e di credito in generale », provvedimento che in verità ci pare di difficilissima attuazione e non senza gravi inconvenienti, anche se fosse graduale.

Per le tasse di bollo la diminuzione che la Giunta propone nella previsione deriva dal minor provento della tassa di circolazione sui biglietti degli Istituti di emissione. A proposito poi delle tasse di bollo la Giunta « reputa necessario richiamare l’ attenzione del ministro sugli effetti negativi che hanno pro­ dotto gli ultimi nuovi ritocchi in senso fiscale ap­ portati alle precedenti disposizioni rispetto all’ uso della carta bollata, eco. Parrebbe quindi dimostrato dai fatti che la soverchia restrizione e fiscalità ab­ bia nociuto anziché giovato al gettito di questa tassa ». Poteva dire il relatore che questo conferma ciò che è stato dimostrato centinaia di volte in Italia e al­ l’estero sui risultati degli eccessi del fiscalismo.

L ’ aumento della previsione per le tasse ipotecarie è motivato da un presumibile maggior numero di rinnovazioni, di iscrizioni ipotecarie per scadenza di trentennio, ed anche dall’ aumento di numero nelle trascrizioni di tenue valore. E quanto all’ aumento nel reddito delle tasse sulle concessioni governative è da osservare che dal 1897 in poi si è avuto un maggior gettito per l’applicazione della nuova tassa sui velocipedi e sulle dichiarazioni degli affitta ca­ mere, come anche sulle licenze di caccia, le priva­ tive industriali e altre concessioni.

Nelle tasse di consumo la Giunta riduce la pre­ visione delle tasse di fabbricazione a 48,200,000 lire ossia di 400,000 lire, per un più esatto apprezza­ mento del probabile reddito della tassa sugli zuc­ cheri ricavati dalle barbabietole. Più importante è la variazione proposta al capitolo « dogane e diritti marittimi » il cui gettito è stato previsto dall’on. Luz- zatti in 245 milioni, dall’on. Vacchelli in 255 mi­ lioni e la Giunta lo porta a 236 milioni. È neces­ sario ricordare che l'elemento perturbatore in questo capitolo di entrata è il dazio sul grano. Ora la media delle introduzioni di grano estero dal 1888-89 al 1897-98 fu di 675,740 tonnellate all’ anno e la minima importazione che cadde nell’esercizio 1891 -92 fu di tonn. 419,011 e la massima fu nel 1892-93 con tonn. 953,210. La introduzione di grano nel­ l ’esercizio in corso è prevista dal ministro in 450,000 tonn. sicché tenuto conto che 48,000 tonn. furono introdotte in esenzione di dazio e 25,000 col dazio di sole 50 lire (invece di 75 com’ è ora) il gettito del dazio sul grano viene previsto in 29,525,000 lire. Siccome poi gli altri introiti doganali, presi nel loro complesso, presentano nei primi cinque mesi del 1898-99 una differenza in meno di 459,927 lire in paragone all’ uguale periodo dell’ esercizio passato, cosi la Giunta limita la previsione totale a 236 mi­ lioni, invece di 237.6, come risulterebbe anche te­ nendo conto dell’accennata diminuzione.

Nei tabacchi si nota un sensibile aumento nel primo semestre dell’esercizio in corso, perciò la Giunta del Bilancio ha elevata la previsione da 189 a 191 milioni. Indipendentemente dalle cause di indole ge­ nerale - scrive il relatore - quali le migliorate con­ dizioni del paese e la ripresa del lavoro in Italia, che hanno indubbiamente influito sul consumo e quindi sul maggior provento del monopolio, pare che si debbano segnalare altre cause che hanno ad esso contribuito. Il miglioramento della lavorazione dei

8 gennaio 1899

prodotti, maggiori canoni di rivendita conseguiti, la regolarizzazione della industria dei sughi del tabacco ed infine l’ aumento dell’ esportazione all’ estero sono tutti coefficienti che agiscono in favore del mono­ polio e del reddito massimo. E circa il miglioramento della produzione, e per quanto risulta dalle notizie fornite dall’ Amministrazione, ha contribuito anche la migliorata qualità della materia prima ottenutasi con gli acquisti diretti dei tabacchi americani ; ed infatti ciò è provato dalla circostanza che 1’ aumento del provento coincide colla messa in vendita dei prodotti, nei quali l'im piego delle foglie di acquisto diretto era cominciato e si manifesta principalmente sulle lavorazioni, nelle quali appunto queste foglie s’ impiegano.

La previsione del reddito del sale viene portata dalla Giunta a 73 milioni, in diminuzione di 700,000 lire, tenuto conto dei risultati dei primi cinque mesi mentre quella del lotto rimane a 66 milioni.

Nei proventi dei servizi pubblici, la posta, secondo le previsioni del Ministro Vacchelli, figura per 57,2 milioni in aumento di quasi 2 milioni sul consuntivo 1897-98; la Giunta del bilancio riduce la previ­ sione a 56.6 milioni e cosi pure il provento del servizio telegrafico è da essa previsto in 13.8 m i­ lioni, invece di 14 milioni.

Venendo alle entrate straordinarie, la variazione principale è quella recata alla cifra dei rimborsi e concorsi nelle spese che da 4 milioni, secondo il progetto ministeriale, è portata a 7.4 dalla Giunta, perchè essa ritiene che non debba farsi il trapasso alla categoria movimento di capitali (riscossione di anticipazioni varie) della somma di 3,391,799 lire, credito che lo Stato ha verso le amministrazioni locali per rimborsi e concorsi nelle spese per opere stradali straordinarie. Variazioni corrispondenti si trovano nella categoria per movimenti di capitali, la cui entrata da quasi 28 milioni viene ridotta a 24.1 milioni. E finalmente la categoria relativa alla costruzione di strade ferrate figura con una entrata di 565,465 lire e le partite di giro con 64.8 m i­ lioni. Avvertiamo, prima di finire, che le entrate previste sommando adunque, secondo la Giunta del bilancio, a 1693.3 milioni e le spese importando 1700 milioni, il disavanzo pel 1898-99 risulterebbe di circa 6 milioni e tre quarti. E poiché ormai un semestre dell’ esercizio finanziario è trascorso, si può credere che sarà realmente intorno a quella cifra.

La « Lega dei contribuenti » in Francia

L ’ex ministro francese sig. Jules Roche ha preso l’ iniziativa di una associazione nazionale, che si in ­ titola lega dei contribuenti, il cui scopo è combattere i continui aumenti di imposte e il progressivo cre­ scere delle pubbliche spese. L ’associazione annovera già moltissimi aderenti e accenna ad estendersi sempre più.

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ingrossi in equivalente misura, il che può aver luogo solo con sempre maggiori contributi dei cittadini; e che, mentre ciò accade, i cittadini non trovano più, sotto questo rispetto, una difesa e una garanzia nel Parlamento, in quanto quesl’ultimo, più ancora del Governo, si palesa proclive a notare spese sopra spese.

Per dare un cenno dello sviluppo che va prendendo quest’ordine di idee, basti riferire che in una con­ ferenza un senatore francese ha perfino chiesto la revisione della costituzione, per porre un freno alla facoltà del Parlamento di accrescere le spese pub­ bliche senza sindacato da parte degli interessati.

Salvo l’introdurre il referendum, non vediamo come un tal fine possa venire raggiunto. Senza dubbio però lo stato di cose che lo fa desiderare è dolo­ rosamente vero. E non è — aggiungiamo — una specialità della Francia. Da questo lato, in Italia non stiamo punto meglio. E poiché nel nostro paese non è mai mancata la tendenza ad imitare le cose francesi, ecco già qualche giornale della penisola farsi a suggerire la formazione, anche in Italia, d’ una

Lega come quella in discorso.

Per noi dell 'Economista il concetto è tutt’ altro che nuovo. Chi ci fa l’onore di leggerci un po’ assidua­ mente se ne può forse ricordare, e chiunque voglia può accertarsene consultando la raccolta del nostro giornale. Fino dal 1892 (20 novembre, N. 968) au­ guravamo che, tra tanti partiti, o moribondi, o in­ certi, o mntevoli, sorgesse fra noi il Partito dei

Contribuenti. Da un lato ci pareva, e ci pare tut­ tora, che nessuna questione in Italia sia ormai così importante, così prevalente, così sostanziale, come quella economica. E non a caso diciamo economica piuttostochè finanziaria, giacché l’ andamento della finanza pubblica non può essere fuorché un effetto, un risultato dello stato in cui trovasi l’ economia del paese. Dall’ altro crediamo, come abbiamo creduto sempre, che, a parte i nomi, facili d’altronde a tro­ varsi, nessuna cosa si presterebbe meglio a delineare e a separare dei veri partiti, quanto il diverso con­ cetto che può aversi sulla natura e l’ ampiezza delle funzioni dello Siato. Ed invero se quella economica è al giorno d’oggi la questione prevalente in tutto il mondo, e se il diverso modo di intendere e vo­ lere le attribuzioni dello Stato dà luogo ad una am­ ministrazione grandiosa e complessa, e quindi co­ stosa, o viceversa più modesta e semplice, e qurndi meno costosa, è chiaro che a determinare un sistema od invece 1’ altro, i cittadini, ciascuno secondo il proprio modo di vedere, influiscono in quanto sono

contribuenti.

E vero che, posto il problema così, cioè, si d i­ rebbe, in modo teorico, ogni cittadino, a poterli interrogare a uno a uno, risponderebbe che prefe­ risce una amministrazione semplice e modesta, pur­ ché poco costosa. Ma il male è che, all’ atto pratico tutti, e individui singoli, ed enti pubblici, e libere associazioni vogliono, implorano cioè o pretendono, continuamente e ogni giorno più, qualche cosa dallo Stato; e s’ intende qualche cosala proprio esclusivo profitto particolare o locale. È effetto di falsa o scarsa educazione civile, e carattere più spiccato nei popoli di razza latina che in quelli di razza anglo- sassone. Su questo punto italiani e francesi vanno di pari passo, e t non sapremmo chi accusare di maggior pecca. E per questo che dalla Lega dei

contribuenti formatasi in Francia non ci aspettiamo

grandi cose, mentre è superfluo dire che saremo soddisfattissimi qualora riuscissimo cattivi profeti.

Frattanto però, come dicevamo, anche di questa cosa francese viene consigliata l’imitazione italiana; e qualche giornale dichiara che il programma della associazione da formare basterebbe si basasse sem­ plicemente su questo principio: — Nessuno aumento d’ imposte per alcun motivo; profonde economie in tutti gli uffici dello Stato, delle Provincie e dei Comuni.

Il concetto è più che giusto, e la formula - non c’ è che dire - è enunciata a perfezione. Il suo solo difetto è non già di non essere nuova, ma di avere, mentre non è tale, ricevuto dal tempo la melanconica risposta che a nessuno, in Italia, fino a oggi, riesce applicarla. Ma se è così, a che ripeterla, tirarla fuori ancora, rimetterla a nuovo? Noi ci sentiamo, in questa materia, più radicali. Visto (e chi oramai non l’ ha visto?) che non si riesce a diminuire le spese o a frenarne l’ aumento e che pertanto non arriva mai l’ anno beato in cui si possono alleviare le pubbliche gravezze per dato e fatto d’ essere d i­ venuti un po’ minori gli impegni e i bisogni dell’ente Stato, noi vedremmo assai volentieri qualcuno pro­ varsi a seguire un sistema affatto opposto; cioè in­ terdire il prodigo, per avvezzarlo, spinte o sponte, a rigar diritto; decimargli l’ assegno periodico, e dirgli: ingegnati, che se vuoi te la puoi cavare lo stesso. Insomma, in altri termini, ridurre le aliquote di quei gravami indiretti con cui i cittadini contribuiscono alle spese dello Stato (imposte indirette, dazi, mo­ nopoli) in modo che accada una di queste due cose:

1. ° 0 il risultato complessivo degli incassi era­ riali resterà scemato, e allora lo Stato potrà sce­ gliere tra eseguire peggio i pubblici servizi, o, per non eseguirli peggio, eseguirne meno, - che sarebbe una gran bella cosa - e fino a prova contraria si può sperare si appiglierebbe al secondo dei due par­ titi, che è il più savio; ma frattanto i cittadini es­ sendo meno gravati, un vantaggio si avrebbe sempre.

2. ° 0 gli incassi erariali scemerebbero di poco e per poco tempo, ma poi ripiglierebbero maggior vigore, con la spinta a un progressivo aumento, (giacché minore è la misura degli aggravi e mag­ giore è il numero dei partecipanti agli aggravi stessi e maggiore la frequenza di ciascun d’ essi ne) par­ teciparvi) e lo stesso avrebbe i mezzi per disim­ pegnare i servizi pubblici non peggio d’ora, ma anzi meglio; e poiché in pari tempo \ cittadini sareb­ bero meno gravati, invece d’ un vantaggio se ne avrebbero due.

Pare una proposta da carnevale, pare un voler pigliar le cose a rovescio del loro verso, un met­ tere il carro innanzi i buoi ma non è così. E ’ il solo sistema che finora nessuno abbia avuto il co­ raggio di sperimentare, e quelli fin qui seguiti non hanno dato davvero risultati molto invidiabili. Ma­ gari i buoi non saranno mancati.... ma lasciamo da parte l’ ironia: certo è che il carro non ha fatto un grandissimo cammino, e quello che ha fatto è stato tutto a scosse, a sbalzelloni, non senza qualche r i­ sata di chi abita lungo la strada, ma con molte più ammaccature di costole e imprecazioni dei viag­ giatori.

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L’ E C O N O M I S T A 8 gennaio 1899

I F i l l i DELI! P U f fl POLITICI I E L L E * PREME

Un diplomatico italiano, il barone De Renzis, ora rappresentante dell’ Italia a Londra, dopo essere stalo a Bruxelles e a Madrid, a un banchetto offertogli dai suoi concittadini ed antichi elettori di Oapua, accennò alla propria carriera diplomatica, che gli diede modo di vedere quanto si matura nel silenzio e nello studio dei Gabinetti e si consacra in documenti non tutti e non sempre di pubblica ragione, e soggiunse queste parole, che meritano di essere riferite te­ stualmente :

« Ho visto, amici, nelle pieghe più riposte del suo svolgimento, la tragedia pietosa a crudele del vinto (la Spagna) su cui ha pesato l’ oppressione del vincitore (gli Stati Uniti) meditando vittorie strepitose ottenute con il minimo e quasi inesistente sacrifizio della vita umana e sconfitte subite come un fato crudele, contro cui il valore più disperato, la morte incontrata con eroico ardire nulla ha potuto.

Ho visto, altrove, un Governo e un popolo, (In­ ghilterra) diventati un’ anima sola, prodottosi un mo­ mento difficile, scabroso, determinatasi una grave situazione internazionale, decidersi d’ un tratto, nel silenzio che prepara le opere forti, parlando solo il tanto che occorreva parlare, ad essere pronti a qua­ lunque evento, anteponendo a qualunque considera­ zione la gloria della patria, 1’ onore della bandiera,

ottenendo dalla sola attitudine e dalla coscienza pro­ pria e da quella agli altri comunicata della propria forza ciò che solo la guerra vittoriosa avrebbe potuto dare.

E questo ed altro visto e meditato, io mi son con­ vinto, concittadini ed amici, che non vi sono più popoli guerrieri e popoli non guerrieri, popoli va­ lorosi e popoli imbelli, popoli forti e popoli deboli popoli antichi e popoli moderni.... No! V i sono sol­ tanto popoli che lavorano, e popoli che non lavorano popoli ricchi e popoli poveri, gli uni che il lavoro educa e la ricchezza innalza, gli altri che dall’ozio e dalla povertà sono tratti man mano alla decadenza e alla fine.

M i potrò sbagliare, ma io non ho mai creduto che le vittorie inaspettate della Germania sulla Francia siano state preparate dal maestro di scuola. La vit­ toria si prepara nell’officina con la religione del­ l’ operosità, con il desiderio della prosperità, con l’ intento della ricchezza da non disperdere malamente ma che serva a diffondere con i traffici, i commerci, la produzione incessante, l’ esportazione fruttuosa. Dal lavoro nasce l’ istruzione accompagnata dall’educazione, dalla ricchezza la forza.

Ora l’ Italia nostra non è la povera infelice, la grande miserabile che a noi stessi talvolta e agli altri fuori d’ Italia piace dipingere. Essa è suscettìbile ancora di nuova e fiorente grandezza, a patto però che il lavoro la fecondi, 1’ operosità la rinfranchi, la ricchezza la risollevi fin dove, soltanto lavorando, altri popoli sono arrivati. »

L ’ on. De Renzis, senza voler esagerare la impor­ tanza delle sue parole ha trattato in sostanza la grave questione delle cause della grandezza politica al nostro tempo ; e l’ ha trattata in poche parole in­ cisive e categoriche con pensiero veramente mo­ derno, se non con forma sempre precisa. Dall’espe­ rienza ch’ egli si è formata in dieci anni di vita di­ plomatica ha ricavato la convinzione che la grandezza,

la forza politica d’ uno Stato dipende dall’ esercizio delle virtù più spiccate del lavoro, dalla operosità in ogni ramo di produzione, in breve dallo sviluppo economico.

Molti giudicheranno che questo modo di pensare equivalga a ridurre in troppo angusti confini un complesso di cause, le une economiche, le altra in ­ tellettuali e spirituali e che non si possa limitare la questione al solo fatto dello sforzo materiale o della attività economica che un popolo può, sa e vuole esercitare. Parrà ad alcuni che sia la dottrina del materialismo storico, come vien detta, o del deter­ minismo economico, secondo la quale il fatto eco­ nomico è la determinante dei fatti sociali nelle loro molteplici manifestazioni, quella che 1’ on. De Ren­ zis, consciamente o no, ha esposta nel brano del d i­ scorso che abbiamo riprodotto. Ma in realtà egli non ha propugnato nessuna dottrina di filosofia eco­ nomica, ha soltanto constatato un fatto.

La grandezza politica degli Stati è stata determi­ nata storicamente da cause varie, che sono andate evolvendosi come tutti i fatti sociali. Se il numero degli abitanti, la forza materiale, l’ astuzia diploma­ tica, le parentele dei sovrani, le ben combinate al­ leanze, ecc. ecc. furono, volta a volta, le cause de- terminatrici della potenza politica di uno Stato, non si può negare che oggidì alcune tra quelle hanno azione quasi nulla e altre molto minore di quella che un tempo potevano svolgere. Il mondo politico è dominato alla fine del secolo X I X da forze che al suo principio ron si potevano nemmeno conce­ pire. Sono mutate le condizioni politiche di pres­ soché tutti gli Stati, sono mutate o sono in via di trasformazione le condizioni economiche e finanziarie e gli Stati odierni non sono paragonabili, sotto molti aspetti, a quelli di cento od anche di soli cinquanta anni fa. Se o meno questi mutamenti siano tutti favorevoli al progresso è questione che qui non possiamo esaminare, ed in ogni caso non è quella che ora ci occupa. Quello che possiamo ritenere come incontrastabile è che le mutazioni politiche ed economiche alle quali accennavamo hanno mo­ dificato anche i fattori della grandezza politica degli Stati.

Invero, poco o punto conta il numero degli abi­ tanti, poco o punto decide l’ interesse dinastico o la parentela dei capi degli Stati, meno ancora la forza materiale predisposta, per determinare la potenza po­ litica di uno Stato, se manca nel popolo la sana virtù del lavoro, la religione dell’ operosità, come ben disse il De Renzis, se mancano le forti qualità dei lavoratori, abituati alle dure prove che accompagnano l’ opera quotidiana di soggiogamento delle forze della natura. Un popolo di fannulloni o di fiacchi e in­ capaci, per quanto numeroso, per quanto sudditi fe­ deli e obbedienti, non potrà mai salire a vera potenza

politica, ma vi salirà, e tanto più in alto, quanto più sarà temprato alle fatiche del lavoro ed educato alla scuola della lotta per la vita, un popolo di attivi e fidenti lavoratori. E ciò perchè uomini che lavorano con la coscienza del compito loro affidato, sono anche uomini che per l’ esercizio delle virtù e l'osservanza dei doveri che accompagnano il lavoro hanno avuto la educazione più pratica ed efficace, hanno appreso a stimare ad alto prezzo la libertà, la indipendenza, la giustizia e sono di-posti a lottare per conservare quei beni inestimabili.

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8 gennaio 1899 L ’ E C O N O M I S T A 23

con popolazioni differenti per indole, per tendenze, per civiltà, come quella spagnuola e quella inglese, abbia potuto formarsi la convinzione che il fattore principale della potenza politica stia nel lavoro, nella ricchezza e nella educazione che ne consegue. La civiltà, che è materiata appunto di ricchezza e di educazione civile, non si conquista se non col lavoro e un popolo civile è anche un popolo politicamente forte. Se l’ Italia vuol diventare tale, occorre che diriga tutti i suoi sforzi a svolgere la propria atti­ vità economica ; questa è la lezione che offre la storia moderna. Tale ci pare sia il concetto, secondo noi giusto, dell’on. De Renzis e ci parrebbe ozioso l'in s i­ stere su di esso. Se altri fattori possono concorrere a determinare la potenza politica, certo ai nostri giorni sono meno efficaci di quello economico. Non lo dimentichi l’ Italia, se vuol compiere il proprio risorgimento.

STATO DEI BEI 1 1 1 DI DEM O PUBBLICO li ITALIA

È facile per la via di mare di recare offesa alla sicurezza degli Stati, nonché alla integrale percezione dei dazi di confine ed altri di consumo e di mono­ polio giornaliero stabiliti per mantenere saldezza ed elasticità nei pubblici bilanci.

Fu per porre argine e freno a tali pericoli e danni che popoli e legislal «ri di tutti i tempi fermarono sempre la loro attenzione intorno ai modi meglio adatti per rendere agevole, sicura e non dispendiosa sulle coste marine e nei porti la difesa nazionale del territorio e del bilancio di Stato.

Non v’ ha dubbio che, quante volte ai privati fosse stata data possibilità e facoltà di arrivare al possesso ed alla proprietà del lido e delle spiagge del mare nei modi stesri di legge comune, che sono consen­ titi per gli altri immobili, in breve volgere di tempo spiaggie e lido sarebbero stati coperti da una fitta rete di opere e di occupazioni d’ ogni gradazione e natura.

Occupati dai privati lido e spiaggie, sarebbe man­ cato nei Governi il modo di poter vigilare facilmente e permanentemente nell’ interesse dell’ integrità ter­ ritoriale e finanziaria dello Stato.— E, quante volte avessero avuto intendimento di stabilire opere e v i­ gilanza durevoli in riva al mare, sarebbero stati ob­ bligati di scacciarne i privati col mezzo della espro­ priazione forzata: — e, quindi, con sacrifizio di spese non solo enormi, ma sempre superiori alle forze eco­ nomiche del paese.

Ad evitare danno e spesa si presentava facile e sicuro I’ espediente di sottrarre lido e spiaggie alle vicissitudini dell’ acquisto e dei trapassi di proprietà, cui vanno soggetti i beni di patrimonio dei privati: — a raggiungere legalmente e stabilmente il quale in ­ tento, congiuntamente all’ altro di mantenere pubblico (cioè di tutti e di nessuno) l’ uso delle adiacenze del mare, popoli e Governi di tutti i tempi sancirono sempre nei codici la massima statutaria che« i beni « posseduti dallo Stato a titolo di sovranità, e fra « essi le pertinenze del mare, dovessero costituire ciò « che si dice il demanio pubblico — e che, come « tale, non potesse ne alienarsi, nè sottoporsi a pre- « scrizione ».

È in forza di tale massima che 1* autorità militare

e la finanziaria si sono messe in grado di poter eser­ citare lungo la spiaggia del mare una vigilanza fa­ cile, sicura e profittevole per gli alti interessi nazio­ nali a ciascheduna di esse affidati dalle leggi di Stato. Col volger dei tempi però — vuoi per difetto di rigorose discipline legislative, vuoi per indebolita v i­ gilanza, vuoi per sentimento di indebita tolleranza da parte delle autorità tutorie — i beni marittimi di pubblico demanio, costituiti dal lido, dalle spiaggie e dai porti, andarono grado grado soggetti ad usur­ pazioni e ad illecite occupazioni temporanee e per­ manenti di tutte e tali specie, da tenere impensieriti sempre governi ed amministrazioni per conservare integri i diritti del pubblico patrimonio e mantenere forza alla legge.

Lo Stato ciie più di tutti, in causa della grande estensione de’ suoi confini marini, dovette soffrire danno di usurpazione da parte dei privati fu il Reame di Napoli — e, dentro di esso, l’ isola di Sicilia retta allora da un Luogoteneute Generale.

F u quel Governatore che, primo in Italia, concepì il disegno di una generale e radicale rivendicazione delle spiaggie usurpate sul mare siculo.

E poiché quel progetto ed il susseguente Regio rescritto borbonico, che ne sospese la esecuzione, sono i due soli titoli in base ai quali l’ Amministra- zione di Stato, il Magistrato giudiziario ed i privali cittadini oggi ancora stanno armati in guerra di liti per affermazione di possesso legittimo ed usurpato, non riescirà discaro al lettore che io Io trattenga a considerazioni diverse sull’ indole e sugli effetti am­ ministrativi, giuridici ed economici di quei due atti importantissimi dell’ Autorità di governo dell’ ex Re­ gno dello Due Sicilie, e sui quali tuttora è fondato il contenzioso demaniale marittimo di quella regione.

*

Progetto del Luogotenente Generale e Regio re­ scritto del 28 Febbraio 1853. — In sui primi del­ l’ anno 1853 il Luogotenente Generale di Sicilia, di moto proprio od ali’ intento di mantenere integri i diritti di pubblico demanio sanzionati dagli articoli 463 e 2132 del Codice Civile (1819) in allora vigente, aveva apprestato un progetto per rivendicazione delle spiaggie marine usurpate da privati.

Senonchè nel corso dei lavori preparatori'! del pro­ getto sorsero dubbii specialmente intorno ai lim iti di estensione da attribuirsi al lido ed alla spiaggia.

F u per la risoluzione di tali dubbii che la Luo­ gotenenza domandò che la Consulta Generale discu­

tesse ed avvisasse in merito.

Il Re, conosciuto il progetto in Consiglio ordinario di Stato del 26 Febbraio, risolveva « che si desse « corso al progetto preparatorio, e ciò sulla consi- « derazione che una tale rivendicazione poteva es- « sere causa di gran perturbazione e fomite d’ infi- « nite denuncie e iti interminati litigi ».

La Sovrana risoluzione veniva comunicata al Lu o ­ gotenente Generale con Rescritto del 28 di detto mese; Rescritto, che il Direttore delle Finanze — contro la intenzione del Principe e del Ministro di Stato — di propria personale iniziativa faceva pubblicare sul N. 67 del Giornale Ufficiale di Sicilia in data 30 Marzo 1853.

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24 L ’ E C O N O M I S T A 8 gennaio 1899

« Perocché — essi dicono — se il R. Rescritto in « questione non si può definire come un atto, ex « novo, traslativo di proprietà nello stretto senso di « una concessione, vuoisi pur tuttavia intendere come « un atto riconoscitivo del possesso e che venne così « a legittimarlo. Devonsi perciò i possessori, da quel « giorno in poi, considerare come detentori a giusto « titolo, ossia come veri proprietarii ».

Una tale interpretazione ed affermazione non sem­ brano ammissibili, essendoché ammettendole si ver­ rebbe a snaturare non solo l’ indole sostanziale dei Sovrani Rescritti in genere, ma anche quella tutta speciale del Rescritto del Febbraio 1853, — si ver­ rebbe inoltre a dichiarare alienabile e prescrittibile ciò, che per natura sua è inalienabile, epperò impre­ scrittibile.

Il che mi propongo di dimostrare : lieto se, rie- scendovi, avrò dato concorso d’ opera per sradicare una presunzione legale e di fatto, che è danno dello Stato e dei cittadini nell’ amministrazione e nel go­ dimento dei beni di pubblico demanio.

*

* * . . . .

Indole sostanziale e generale dei Regi Rescritti.

— A ll’ epoca in questione, nel Reame delle Due S i­ cilie, le disposizioni legislative riguardanti oggetti di indole generale erano raccolte e pubblicate con forma e norma di legge, alla cui esecuzione veniva prov­ veduto, occorrendo, col mezzo di Decreti e Rego­ lamenti.

E tanto le Leggi, che i relativi Decreti ed i Re­ golamenti erano firmati sempre dal Re, pubblicati con ¡speciali ritualità solenni, e poscia raccolti nella

Collezione di Leggi e Decreti.

Il R. Rescritto invece era il mezzo, col quale i Ministri enunciavano nel Reai nome la Sovrana de­ cisione a risoluzione di dubbii proposti dalle Auto­ rità amministrative e giudiziarie su di qualsiasi ar­ gomento: non era firmato dal Re — poteva o non (a libito del Ministro), rendersi noto al pubblico, — e non doveva far parte della Collezione delle Leggi e dei Decreti dello Stato ').

E l ’ indole sua era di natura tanto interna ed am­ ministrativa che le pubbliche Autorità, cui i Rescritti venivano a loro norma indirizzati potevano far ri­ mostranza sulle disposizioni e nei medesimi contenute. Che, in fatti, la natura del Rescritto fosse tutta e solamente amministrativa ci è confermato dall’ arti­ colo l i della Legge 24 Giugno 1822, relativa alla istituzione del Consiglio Ordinario di Stato, laddove leggesi che « i Ministri di Stato riferiranno nel Con­ siglio di Stato ordinario, per la Nostra Sovrana ri­ soluzione, tutti gli affari amministrativi ».

Ed erano appunto tali Sovrane risoluzioni pronun­ ziate sugli affari amministrativi nel Consiglio ordi­ nario di Stato, che conformemente al disposto del successivo articolo X II di detta legge davano luogo al R. Rescritto allorquando le medesime venivano comunicate dal Ministro alle autorità dipendenti.

Il R. Rescritto, non rivestendo la prescritta forma di legge non poteva dunque in circostanza alcuna distruggere, violare o modificare la legge — e poi­ ché nel 1853 vigevano anche per la Sicilia tanto la legge del 12 Dicembre 1816 sulla Amministra­ zione Civile, quanto il Codice Civile del 1819, riesce logico il ritenere che il Rescritto del 28 Febbraio 1853

*) Vedi Trattato del Diaz sul Diritto amministra­

tivo, pag. 627.

non era diretto a modificare, a dispensare in modo alcuno gli abitanti dell’ Isola dall’ osservanza dell’ A r ­ ticolo 1*76 della Legge amministrativa e dell’ A r ti­ colo 2132 del Codice Civile succitati.

Legge e Codice che regolavano in modo uniforme e generale le relazioni fra cittadini e Stato tanto al di qua che al di là del Faro.

Non potevano quindi manomettersi uè 1’ una nè l’ altro dal capriccio del Sovrano a favore di una, piuttosto che un’ altra re g io n e ;— ed ogni loro mu­ tazione, o modificazione, doveva formare oggetto di apposita legge.

Perocché la massima « che la legge non può es­ sere modificata se non dalla legge » è seguita presso tutti i governi, qualunque ne sia la forma,

Cosi, presso di noi resterebbe senza effetto il De­ creto Regio che stabilisce la mutazione della legge, ed il Decreto Ministeriale che intendesse alla viola­ zione del Decreto Regio.

Nè vale il dire che in quei tempi — perchè d i­ spotica la forma del Governo — la Sovrana risolu­ zione formava legge generale, in qualsiasi modo la si fosse resa manifesta.

Essendoché — nel modo ¡stesso che nei Governi costituzionali la volontà Sovrana è vincolata al con­ senso del Parlamento, allorquando si tratta di fare una legge, ed è temperata dalla proposta dei M in i­ stri quando si tratta di Decreto Reale, — così il Supremo volere dei Re delle due Sicilie era tempe rato e vincolato dalla forma e ritualità, che essi medesimi avevano sanzionato dovesse rivestire una data disposizione di pubblica osservanza, perchè piut tosto Legge che Decreto potesse appellarsi ').

E che il Re, colla legge del 1816, abbia spon­ taneamente voluto imporre un freno — sia pure di forma — alla propria volontà, non deve far mera­ viglia: inquantochè a quei tempi quello che poteva essere uno dei modi per far apparire il Sovrano po­ tere meno dispotico di quello che in realtà era; per così trasfondere nelle popolazioni quella quiete d’ a- nimo, che proviene dal sapersi regolate da leggi ge­ nerali, comuni a tutte le parti del Regno, e — me­ diante la forma e modalità di loro promulgazione — messe al coperto di ogni capricciosa e gratuita mu­ tazione, o violazione da parte del potere esecutivo. Così stando le cose non è dunque ammessibile che l’ indole sostanziale del R. Rescritto in genere fosse tale da conferirgli forza e potere di abrogare, vio­ lare o modificare in maniera alcuna le leggi del Regno delle Due Sicilie.

(Continua) Ing. Fr a n c e s c o Ni c o l a.

Rivista Bibliografica

Emile Hogrel. — Les warrants agricoles. — Paris, Chevalier Marenq et C., 1898, pag. 82 (fr. 2,50). Elie Coulet. — Le mouvement syndicale et coopératif

dans l’agriculture française. — Paris, 1898, pa­

gine vi-280 (fr. 5).

I warrants agricoli sono stati istituiti in Francia con la legge- del 18 luglio del passato anno; il commento teorico-pratico del dr. Hogrel viene

dun-') V. Legge 20 Dicembre 1816, che prescrive le forme di promulgazione delle leggi e dei decreti, nonché il metodo da serbare per la loro collezione

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25 8 gennaio 1899 L ’ E C O N O M I S T A

que a proposito. Noi abbiamo già fatto conoscere (vedi l'Economista del 16 ottobre u. s.) l’ ufficio che devono avere i warrants agrari cioè quello di ser­ vire pel pegno nel senso del pegno civile regolato dal codice civile. L ’ Autore spiega brevemente, ma senza trascurare alcuna parte della legge, come e su quali prodotti si può costituire il warrant agricolo, le condizioni per la sua costituzione, gli obblighi del mutuatario, il privilegio del mutuante eco. In appendice dà il testo della legge e quello del rego­ lamento 11 agosto, nonché i moduli e le forme de­ gli atti che vanno redatti. È un libro quindi che riescirà utile a chi voglia studiare la legge francese sui warrants agrari.

L ’avv. Coulet ha scritto un’ opera che merita d’ es­ sere consultata da tutti coloro che s’ interessano al movimento sindacale e cooperativo nell’ agricoltura francese, perchè oltre a far conoscere quel movimento presenta alcune obbiezioni all’ uso che hanno fatto i proprietari di terre della legge del 21 marzo 1884 relativa ai sindacati professionali. L ’ autore infatti, premesse alcune notizie storiche e legislative, ha trattato delle operazioni commerciali, dei sindacati agricoli e della loro legalità, della funzione sociale dei sindacati, delle società cooperative agricole, del credito agricolo, della unione dei sindacati agricoli, della influenza della federazione agricola sulla poli­ tica economica e ha chiuso il suo studio con alcune previsioni sulla formazione e lo sviluppo delle coa­ lizioni agricole.

Il Coulet crede cbe le associazioni agricole hanno compreso male e male adempiuto il loro compito, perchè, formate di soli proprietari, non hanno mai tentato seriamente di attrarre i piccoli coltivatori, quelli che non posseggono o posseggono pochissimo, ai quali l ’associazione sarebbe stata assai utile e preziosa. Sono in fondo, egli dice, i potentati della industria agricola, i grandi e i medi proprietari quelli che si sono sindacati e soltanto per aumentare la loro ricchezza e la loro potenza a spese delle altre classi della nazione. La tesi è come si vede non priva d’ interesse e il libro è utilissimo per l’ ab­ bondanza delle notizie che offre al lettore.

Léon Walras. — Etudes d’economie politique appli­

que. — Lausanne, P. Rouge, 1898, pag. 499.

Dopo aver raccolti i suoi studi di economia so­ ciale il Walras ha voluto riunire ancfie quelli che trattano argomenti di economia politica applicata. • Su questa distinzione si potrebbe fare qualche os­ servazione, perchè due o tre dei suoi studi raccolti nel volume che annunciamo riguardaro piuttosto l’ economia politica teorica ; tuttavia è certo che in questo volume prevalgono gli argomenti che si r i­ feriscono a questioni pratiche. Quasi due quinti del libro sono dedicati alla moneta e alla questione monetaria. È noto che il W alras propugna il mo­ nometallismo aureo sotto una forma particolare, vor­ rebbe cioè la moneta d’oro col biglione di argento regolatore, ossia con un biglione sulla quantità del quale si agisse in vista di ottenere una certa stabi­ lità del valore della moneta in relazione alle merci, o del valore delle m rei per rapporto alla moneta ossia dei prezzi. I lettori troveranno ampiamente esaminate le questioni della misura e della regola­ rizzazione delle variazioni di valore della moneta.

Nello studio successivo sui monopoli il W alras si occupa dello Stato e delle strade ferrate, esaminando

la vecchia questione dei servizi pubblici monopolizzati e dell’esercizio governativo o privato delle strade ferrate. Seguono studi vari su ll’ agricoltura, l’ indu­ stria o il commercio, il credito, la banca, la borsa e sulla distinzione tra la scienza pura e quella ap­ plicata. Chiude il libro la difesa di una riforma cara all’ Autore, quella del riscatto della terra, ossia della sua socializzazione. Come i lettori possono comprendere anche da questo semplice cenno il volume del Walras non manca d’interesse, sia per la varietà degli ar­ gomenti, sia pel punto di vista dal quale egli li esamina. E anche dissentendo dal valente economi­ sta svizzero non si può non ammirare la sincerità delle sue convinzioni e la dottrina con cui le difende. S. 1. Truscott. — The Witwatersrand Goldfields. Ban-

Icet and Mining practice. — London, Macmillan

and Co. 1898, pag. xxm-495.

Karl Schmeisser. — The Gold-fields o f Australia. Tran-

slated by Henry Louis. — London, Macmillan and

Co., 1898, pag. xx-254.

Segnaliamo agli studiosi della industria mineraria queste due belle opere edite dal Macmillan, la prima delle quali riguarda le miniere aurifere del Trans- vaal e l’altra quelle dell’Australasia.

Il Truscott ha esposto minutamente la tecnica mi­ neraria illustrandola riccamente. Il capitolo che in ­ teressa le studioso della economia industriale è quello 20mo sull’ amministrazione, il lavoro e il materiale. Il lettore vi troverà notizie interessanti sul lavoro dei bianchi e degli indigeni e in generale sulla estrazione dell’ oro nel Rand, argomento che fu trattato anche in queste colonne nel 1896.

L ’altra opera del dr. Schmeisser è una relazione ricca di dati e notizie sulle condizioni geologiche, tec­

niche e finanziarie delle miniere australasiane. L ’ Autore, noto per la sua grande competenza nelle questioni minerarie, ebbe già a riferire più volte sullo condizioni delle miniere aurifere del Transvaal e per questo venne anche incaricato nel 1895 di studiare anche quelle de!l’ Australasia. Il suo rap­

porto tradotto dal prof. Louis è quanto di meglio sia stato pubblicato finora. La parte economica è largamente svolta nel capitolo terzo. Ma natural­ mente questa, come l’altra opera, sono specialmente da raccomandare ai tecnici, e per tal ragione ci li­ mitiamo a questo semplice annuncio.

Rivista Economica

/ p r o g r e s s i d e ll’in d u s tr ia m e ta llu rg ic a .P re v is io n i

s u l ra c c o lto d e ll'o lio .P ro d u zio n e d el vino in

■ Ita lia .L a c o n c o rre n z a a m e ric a n a .

I progressi dell’ indnstria metallurgica. — A b­ biamo notato altre volte che tra i progressi industriali degli Stati Uniti figurano in prima linea quelli del­ l’ industria metallurgica ; ma sotto questo rapporto il movimento non si ferma in America e può dirsi generalizzato in tutto il mondo.

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26 L’ E C O N O M I S T A 8 gennaio 1899

Ora, se è interessante studiare questo sviluppo dal punto di vista tecnico lo è altrettanto e forse più dal punto di vista finanziario.

I quattro antichi paesi metallurgici del mondo, l ’ Inghilterra, la Germania, il Belgio e la Francia hanno prodotto nel 1897 tonn. 19,526,533 d i . . . o greggio con un aumento di 954,507 tonn. sull’anno precedente.

Quanto all’ acciaio, I’ aumento è pure considere­ vole, poiché è salito a 12,601,313 tonn. con un aumento di 686,600 tonn. pari al 5.76 per cento.

Questo per la produzione : ma se si prende in esame l’esportazione, le cose mutano d’aspetto e si rileva una accentuata tendenza a diminuire.

II mercato, finora riservalo ai prodotti della Ger­ mania, dell’ Inghilterra, della Francia e del Belgio, si va restringendo per parecchie ragioni. Anzitutto vari paesi che non possedevano o possedevano po­ chissime officine metallurgiche, ora ne impiantano ogni giorno di nuove, come in Ungheria, Russia, Spagna, Italia, Svezia, Bosnia e Messico. Inoltre, e soprabito, gli Stati Uniti hanno moltiplicato le loro esportazioni ed hanno fatto un’ attivissima concor­ renza ai prodotti europei.

La produzione di ferro greggio è aumentata da 8.7 m ilioni a 9 .8 : un aumento cioè dell’ 41.93 per cento.

Quanto all’ acciaio la produzione è salita da 5.6 milioni di tonn. a 7.1, ossia 26.93 per cento.

Sventuratamente per gli Stati Uniti ed anche per i produttori d’Europa, il consumo americano non è in rapporto con questa produzione intensiva : quindi i prezzi ribassarono : le rotaie d’acciaio da 25 dol­ lari discesero a 18 e nella stessa proporzione tutti i prezzi.

Questo fatto spiega come i prodotti americani ab­ biano fatto efficace concorrenza a quelli d’ Europa e che si siano procurati nuovi sbocchi nell’ Europa stessa.

Come abbiamo accennato l ’altro giorno, le espor­ tazioni americane, che erano di 90,820 tonn. nel 1895, toccarono le 550,798 nel 1897, e tenendo pure conto del ribasso dei prezzi, il guadagno è del 28.90 per cento.

Ora dal 1895-1897 le esportazioni riunite dei quattro paesi metallurgici di Europa diminuirono di 34,551, ossia del 0,56 per cento. Ma la perdita si ripercuote specialmente su due paesi, la Francia e la Germania ; mentre il Belgio e l’Inghilterra man­ tennero la loro posizione.

Ecco l’esportazione siderurgica complessiva degli ultimi sette anni in Mio-tonnellate:

ancora il 32,13 0|0 di più degli altri quattro paesi insieme.

Il totale delle esportazioni inglesi però non rap­ presenta che il 27,04 per cento della produzione siderurgica. Il Belgio invece esporta in proporzione più forte della sua produzione, e una tale propor­ zione, è del 33,71 0|o; la Germania per contro non esporta che 1*11,80 0|0 della produzione indigena; la Francia il 4,95 e gli Stati Uniti il 3.25 0!().

E con tutto questo in Italia si paga il ferro un terzo di più di quel che vale, e ciò si deve ad un sistema di sindacati, che fino ad un punto rappre­ sentano una razionale difesa dell’industria, mentre al di là diventano vere camorre, come dimostreremo a suo tempo.

Previsioni sul raccolto dell’ olio. — La produ­ zione olearia in Italia secondo le ultime staliistiche approssimative fu la seguente :

1895-96...Ett. 2,894,000 1896- 9 7 ...» 1,912,000

1897- 98...» 1,290,000

Siamo così scesi alla cifra più bassa di quest’ u l­ timo quarto di secolo.

Riassumiamo le notizie delle previsioni del raccolto per l ’anno corrente. Premetto che la regione che in maggiore quantità contribuisce alla produzione olea­ ria italiana è la Meridionale Adriatica, dopo vengono la Meridionale Mediterranea e la Sicilia. A distanza non lieve la Toscana, le Marche, l’ Umbria, il Lazio e la Liguria.

Il raccolto oleario nella Meridionale Adriatica si presenta mediocre, ad eccezione del Leccese, il quale l’avrà abbondantissimo.

Nella Meridionale Mediterranea si raccoglierà circa quanto si ebbe lo scorso anno, perchè Napoli, Sa­ lerno, Avelino, la Basilicata e le Calabrie avranno raccolto scarso.

Buono e in certi luoghi abbondante sarà il ra c ­ colto della Toscana, Umbria, Marche e Lazio.

Abbondante e qua e là abbondantissimo quello della riviera ligure.

Nella Sicilia e Sardegna si assicura un buon rac­ colto in entrambe le regioni.

In complesso, se ne può dedurre che la produ­ zione olearia italiana in quest* anno raggiungerà o sorpasserà di poco i due milioni di ettolitri.

Produzione del vino in Italia. — Il ministero ha pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il seguente prò- „ spetto della produzione del vino durame l’ ultimo triennio, ripartita per regioni.

R EG ION I IS9G 1897 1898

Belgio Inghilterra Germania Francia S. Un. Totale

1 8 9 1 ... . 421 3,292 1,164 150 47 5,074 Veneto. . . » 1 8 9 2 .. . 415 1,784 1,131 160 49 4, 539 Liguria. . . » 1893.. . 407 2,904 1,209 138 74 4, 732 Emilia . . . » 1 8 9 4 .. . 498 2,699 1,436 158 83 4, 874 Marche ed Umb. » 1895.. . 557 2,884 1,523 211 91 5,266 Toscana . . » 1 8 9 6 ... . 668 3,609 1,511 282 207 6, 277 Lazio . . . » 1897.. . 681 3, 750 1,390 211 551 6,588 Mer. Adriatica » Da questo prospetto si rileva che il complesso del­

l’ esportazione dei cinque grandi paesi produttori è in progresso dal 1892 in poi del 45 per cento.

Questo prospetto indica inoltre che fra tutti i paesi esportatori l’ Inghilterra tiene sempre il primo posto poiché nel 1897 le sue esportazioni rappresentano

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