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OPINIONI NORMATIVA GIURISPRUDENZA. Civile. Amministrativa. Costituzionale

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(1)

SOMMARIO

815

URBANISTICA E APPALTI Anno II n. 8/1998

S

OPINIONI

ASSOCIAZIONI AMBIENTALISTE E AMBIENTE COME EQUILIBRIO SISTEMICO

di Emanuele Boscolo 817

NORMATIVA

LA NUOVA LEGGE SULLA CIRCOLAZIONE DEI BENI CULTURALI: PRIME NOTE Legge 30 marzo 1998, n. 88 (Stralcio)

commento di Mara Spatuzzi 825

NOVITÀ NORMATIVE

a cura di Alessandro Pagano 833

GIURISPRUDENZA

Costituzionale

OSSERVATORIO

a cura di Maria Teresa Sempreviva 837

Civile

INESEGUIBILITÀ IN FORMA SPECIFICA DI PRELIMINARE DI VENDITA E LOTTIZZAZIONE ABUSIVA

Cassazione civile, sez. II, 5 gennaio 1998, n. 44

commento di Guglielmo Garri 840

LA POTESTÀ LEGISLATIVA CONCORRENTE DELLA REGIONE IN MATERIA DI EDILIZIA RESIDENZIALE PUBBLICA

Cassazione civile, sez. I, 21 gennaio 1998, n. 511

commento di Monica Guidetti 845

OSSERVATORIO

a cura di Giuseppe De Marzo 849

Amministrativa

IL PRINCIPIO DELLA PAR CONDICIO COME LIMITE ALLA DISCREZIONALITÀ AMMINISTRATIVA Tar Liguria, sez. II, 7 marzo 1998, n. 82

commento di Maria Giovanna Dovetto e Roberta Metafora 854

PIANIFICAZIONE IN AREA PORTUALE E OBBLIGO DI INTESE Tar Friuli–Venezia Giulia, 18 marzo 1998, n. 452

commento di Luca De Pauli 858

LE ASSOCIAZIONI AMBIENTALISTE E LA LEGITTIMAZIONE AL RICORSO CONTRO LE CONCESSIONI EDILIZIE

Consiglio di Stato, sez. V, 10 marzo 1998, n. 278

commento di Stefano Toschei 872

ESPROPRIAZIONI NEI P.E.E.P. E FISSAZIONE DEI TERMINI EX ART. 13, LEGGE 2359/1865 Consiglio di Stato, sez. IV, 16 febbraio 1998, n. 283

commento di Giacomo Valla 886

CONFERMATA L’ESCLUSIONE AUTOMATICA PER I BANDI ANTERIORI AL DM 28 APRILE 1997 Consiglio di Stato, sez. V, 11 maggio 1998, n. 226

commento di Rosanna De Nictolis 893

GIUDIZIO IMMEDIATO IN MATERIA DI OPERE PUBBLICHE E RICORSO INCIDENTALE Consiglio di Stato, sez. V, 13 giugno 1998, n. 830

commento di Angelo Crisafulli 907

OSSERVATORIO

a cura di Francesco Caringella 911

(2)

SOMMARIO

816

URBANISTICA E APPALTI Anno II n. 8/1998

S

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— Ambiente: Annamaria Casadonte, Martino Colucci, Cri- stina Mezzabarba

— Illeciti edilizi: Filippo Romano, Antonio Ruffino Diritto comunitario: Adolfo Angeletti Diritto tributario: Antonio Bravo

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Penale

CONFISCA DI TERRENI ABUSIVAMENTE LOTTIZZATI E ORDINE DI DEMOLIZIONE Cassazione penale, sez. III, 23 dicembre 1997, Farano;

Cassazione penale, sez. III, 16 febbraio 1998, Maniscalco

commento di Annamaria Casadonte 917

OSSERVATORIO

a cura di Adele Ferraro 920

INDICI

INDICE DEGLI AUTORI 924

INDICE CRONOLOGICO 924

INDICE ANALITICO 925

(3)

Ambiente

817

URBANISTICA E APPALTI n. 8/1998

O

OPINIONI

Ambiente

ASSOCIAZIONI AMBIENTALISTE

E AMBIENTE COME EQUILIBRIO SISTEMICO

di Emanuele Boscolo

Premessa

Ancora di recente, la giurispru- denza, ed in particolar modo, il Consiglio di Stato (1) hanno con- fermato l’opinione secondo cui la nozione di ambiente nel nostro or- dinamento dovrebbe essere cercata nella legge istitutiva del Ministero dell’Ambiente (l. n. 349/1986).

Questa opera di individuazione non involge esclusivamente que- stioni definitorie e non rileva sola- mente in relazione alle problemati- che legate alla legittimazione delle associazioni ambientaliste, oggetto della citata pronuncia. Più in gene- rale, la questione assume rilievo al fine di verificare gli ambiti di ap- plicabilità di istituti che l’ordina- mento ha predisposto a tutela dell’ambiente: si pensi, ad esem- pio, al potere di ordinanza attribui- to al Ministro per l’Ambiente dall’art. 8, l. n. 349/86 ovvero al di- ritto di accesso alle informazioni ambientali (2).

La vicenda da cui ha tratto origi- ne la sentenza era molto semplice ed i risultati cui è pervenuto il Con- siglio di Stato erano sostanzial- mente prevedibili, se non scontati.

In sintesi: Lega Ambiente, associa- zione ambientalista munita del ri- conoscimento ministeriale, impu- gnava alcune concessioni edilizie rilasciate da un comune marchigia- no. Il Tar, tuttavia, dichiarava il ri- corso inammissibile, ritenendo che la legittimazione ex art. 13 della legge istitutiva del Ministero dell’Ambiente (d’innanzi l. n.

349/86) dovesse ritenersi circo- scritta alla sola tutela degli interessi individuati dalla medesima legge.

Nel caso di specie, invece, il ricor- so avrebbe avuto un oggetto ricon- ducibile alla materia urbanistica; in particolare, difettando l’apposizio- ne di un vincolo sulle zone interes- sate dall’attività edificatoria, non sarebbe stato individuabile un rap- porto fra l’edificazione e l’ambien- te.

Anche il Consiglio di Stato ha

escluso la legittimazione al ricorso di Lega Ambiente: nel rigettare il gravame proposto dall’associa- zione, infatti, la V sezione afferma che la legittimazione «ecceziona- le» delle associazioni ambientali- ste è stata attribuita esclusivamen- te a tutela di interessi oggetto di qualificazione normativa. In parti- colare – con riferimento al concet- to di ambiente – tale momento qualificatorio sarebbe da indivi- duarsi nelle regole organizzative che hanno portato alla istituzione del Ministero dell’Ambiente.

La decisione, fissato questo as- sunto centrale, articola anche quella che, secondo la metodolo- gia dei programmi di ricerca (3), potrebbe definirsi una «euristica negativa». Il collegio indica, cioè, in quali direzioni non sarebbe op- portuno ricercare superamenti dell’asserto centrale: il concetto di ambiente, si afferma, non potreb- be farsi emergere da norme quali quelle contenute nell’art. 82 del d.P.R. n. 616/77 ovvero nell’art.

130R del Trattato UE.

Le conclusioni alle quali è giun- to il Consiglio di Stato non sono affatto innovative, seguendo un orientamento consolidato (4); tut- tavia questa sentenza offre lo spunto per articolare una breve ri- flessione su diversi temi.

La definizione di ambiente e la legge istitutiva del Ministero

Si è detto che nella citata deci- sione l’argomento per escludere la legittimazione dell’associazione ambientalista è costituito dalla estraneità della materia urbanisti- ca rispetto alla qualificazione nor- mativa del concetto di ambiente.

La l. n. 349/86, infatti, avrebbe li- mitato la legittimazione «eccezio- nale» alla sola materia ambientale.

Diviene allora di fondamentale importanza individuare con preci- sione la definizione di ambiente che si ritiene di poter assumere

quale presupposto dell’intero ra- gionamento.

Il Consiglio di Stato individua, senza incertezze, il momento di qualificazione normativa degli in- teressi ambientali nel nostro ordi- namento proprio nella legge 349/86, senza peraltro operare un preciso riferimento a specifiche norme di essa.

Una tale indicazione si presta a più d’una critica. Infatti, contra- riamente a quanto affermato dalla decisione citata, è noto come la legge istitutiva del Ministero dell’Ambiente non abbia affatto individuato e qualificato il bene ambiente, limitandosi a dettare re- gole di natura organizzativa (5) relative a strutture e strumenti atti a garantire protezione ad un bene la cui descrizione in termini giuri- dici rimaneva sostanzialmente

Note:

(1) Consiglio di Stato, sez. V, 10 marzo 1998, n. 278, in questo stesso Numero con ampio commento di Toschei.

(2) In relazione al diritto alle informazio- ni ambientali ed alla sua centralità nel diritto dell’ambiente vedasi il decreto legislativo 24 febbraio 1997, n. 39, in Giornale dir. amm., 1997, 1005 con commento di F. Fonderico; in relazione alla pubblicità delle informazioni sui piani di sicurezza circa gli impianti a ri- schio (art. 11 del d.P.R. n. 175/88 cd.

legge Seveso) l’Italia è stata di recente condannata dalla Corte europea dei di- ritti dell’uomo (sentenza 19 febbraio 1998, cd. «caso Manfredonia», di pros- sima pubblicazione su questa Rivista ).

(3) Lakatos, Metodologia dei program- mi di ricerca scientifica, Milano, 1985;

Fornero, Programmi di ricerca, in Di- zionario di filosofia, a cura di Nicola Ab- bagnano, Torino, 1998, 864.

(4) Per tutte, Cons. Stato, sez. IV, 28 febbraio 1992, n. 223 in Dir. proc.

amm., 1994, 511, con nota di F. Puglie- se, La legittimazione ad agire delle as- sociazioni ambientaliste: il limite è nella legge.

(5) O. Sepe, In tema di modelli organiz- zativi: il Ministero dell’Ambiente; in Stu- di in onore di M.S. Giannini, vol. III, Mi- lano, 1988, 687.

(4)

Ambiente

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URBANISTICA E APPALTI n. 8/1998

O

OPINIONI

"

non definita. In molti casi si è anzi avuta l’impressione di trovarsi di fronte ad un concetto senza ogget- to (6).

Parafrasando F. Benvenuti (7), potrebbe dirsi che l’ambiente, nel- la l. n. 349/86, non è stato indivi- duato come un concetto (Begriff), rimanendo una «proposizione esperienziale» (Erfaharungsatz).

Questa mancata specificazione normativa del significato giuridi- co del termine ambiente ha lascia- to irrisolte molte delle problemati- che definitorie che avevano impegnato la dottrina negli anni precedenti. Come recentemente ricordato (8), il dibattito si muo- veva principalmente attorno a due diverse concezioni. Una, risalente al pensiero di A. Predieri (9), se- condo cui la tutela del paesaggio (concetto che trova la propria fon- te nell’art. 9 della Costituzione e da cui solo in un secondo momen- to si sarebbe distaccato quello di ambiente) «si estende oltre la con- servazione delle bellezze naturali in due direzioni. Nella prima il paesaggio come forma sensibile dell’ambiente investe non le sole bellezze con riferimento a criteri estetici, ma ogni presenza natura- le, l’intero territorio, la flora e la fauna, in quanto concorrono a co- stituire l’ambiente in cui vive ed agisce l’uomo. Nella seconda la tutela del paesaggio come forma del paese, plasmata dall’azione della comunità investe ogni inter- vento umano che operi nel diveni- re del paesaggio, qualunque possa essere l’area in cui venga svolto».

L’altra, elaborata da M.S. Gianni- ni (10), secondo cui la tutela am- bientale ricomprenderebbe tre di- stinti profili, uno legato alle bellezze paesistiche e naturalisti- che, un secondo relativo alla tutela dagli inquinamenti ed un terzo le- gato al governo del territorio (11).

Queste diverse opinioni dottri- nali hanno quindi continuato ad indirizzare la riflessione giuridica anche successivamente alla istitu- zione del Ministero. È anzi subito parso che proprio la mancanza di una precisa definizione palesasse una delle maggiori lacune della legge. Contrariamente a quanto affermato dal Consiglio di Stato, infatti, nella l. n. 349/86 era sola- mente attribuito al Ministero il compito di «assicurare, in un qua- dro organico, la promozione, la

conservazione e il recupero delle condizioni ambientali conformi agli interessi fondamentali della collettività e della qualità della vi- ta, nonché la conservazione e la valorizzazione del patrimonio na- turale nazionale e la difesa delle ri- sorse naturali dall’inquinamen- to». Tale affermazione, tacciata di genericità e contraddittorietà, sembra presupporre (12) – più che fornire – una risposta definitiva al problema della individuazione dell’ambiente come concetto giu- ridico determinato, limitandosi ad una formulazione a carattere pro- grammatico.

Di tale compito si è allora fatta carico in qualche misura la giuri- sprudenza costituzionale che, in al- cune sentenze, ha avuto modo di qualificare l’ambiente come un be- ne giuridico unitario, suscettibile di forme di tutela giuridica autonome rispetto a quelle riservate al pae- saggio ed all’urbanistica: «l’am- biente è protetto come elemento determinativo della qualità della vita. La sua protezione non perse- gue astratte finalità naturalistiche o estetizzanti, ma esprime l’esigenza di un habitat naturale nel quale l’uomo vive ed agisce e che è ne- cessario alla collettività e, per essa, ai cittadini, secondo valori larga- mente sentiti: è imposta innanzitut- to da precetti costituzionali (artt. 9 e 32 Cost.) per cui esso assurge a valore primario ed assoluto» (13).

L’ambiente come equilibrio Pare allora che il fondamento normativo del concetto di ambien- te debba essere ricercato anche al di fuori della l. n. 349/86.

La non condivisibilità della tesi seguita dal Consiglio di Stato in- duce a tentare di tratteggiare una più precisa formulazione del con- cetto di ambiente, ricercandone, prima di tutto, i fondamenti nel di- ritto positivo.

Pur consapevole della vacuità delle definizioni, a me pare che debba guardarsi innanzitutto alla normativa comunitaria, in partico- lare, alla Direttiva n. 337/85/Cee in materia di valutazione dell’im- patto ambientale (14). Questa Di- rettiva all’art. 3, definisce la valu- tazione di impatto ambientale come lo strumento che «individua, descrive e valuta in modo appro- priato ... gli effetti diretti e indiretti

di un progetto sui seguenti fattori:

– l’uomo, la flora, la fauna; – il suolo, l’acqua, l’aria, il clima ed il paesaggio; – i beni materiali ed il patrimonio culturale». Ritengo che questa norma, specie dopo una recente modifica, abbia assunto un ruolo centrale nell’intera politica ambientale comunitaria, tanto da costituire oggi il fondamento di di- ritto positivo del concetto di am-

Note:

(6) A tal proposito basterà ricordare co- me numerose funzioni in materia am- bientale siano rimaste assegnate ad al- tri ministeri, in tali casi, secondo l’art. 2 della l. n. 349/86, il Ministero dell’am- biente, anziché essere depositario del- la competenza principale, assume so- lamente il ruolo di amministrazione

«concertata».

(7) F. Benvenuti, Introduzione al volu- me La tutela dei centri storici, (a cura di G. Caia e G. Ghetti), Torino, 1998, in re- lazione al concetto, egualmente indefi- nito, di centro storico.

(8) B. Caravita, Costituzione, principi costituzionali e tecniche di normazione per la tutela dell’ambiente, relazione al Convegno «Ambiente e Diritto», tenu- tosi a Firenze 11–12 giugno 1998.

(9) A. Predieri, Significato della norma costituzionale sulla tutela del paesag- gio, in AA. VV., Studi per il ventennale dell’Assemblea Costituente, II, Firen- ze, 1969; Id., Paesaggio, in Enc. dir., vol. XXXI, Milano, 1981. Una ricostru- zione delle diverse posizioni sul con- cetto di paesaggio vedasi in M. Immor- dino, Paesaggio, in Dig. disc. pubbl., vol. X, Torino, 1995.

(10) M. S. Giannini, «Ambiente», sag- gio sui suoi diversi aspetti giuridici, in Riv. trim. dir. pubbl., 1973, 1.

(11) In dottrina sono state tratteggiate anche ricostruzioni dell’ambiente co- me concetto unitario: Postiglione, Am- biente: suo significato unitario, in Riv.

trim. dir. pubbl., 1985, 32; G. Pericu, Ambiente (tutela dell’) nel diritto ammi- nistrativo, in Dig. disc. pubbl., Torino, vol. I, 1987, 187.

(12) B. Caravita, Diritto pubblico dell’ambiente, Bologna, 1990, 45.

(13) Corte Cost. 30 dicembre 1987, n.

641, in Le Regioni, 1988, 525, con nota di E. Ferrari, Il danno ambientale in cer- ca di giudice e... d’interpretazione:

l’ipotesi dell’ambiente–valore; la Corte costituzionale si era espressa in termi- ni consimili anche nella precedente sentenza n. 210/1987, pubblicata in Foro it., 1988, I, 329.

(14) Su tale Direttiva e sulle recenti no- vità che stanno attraversando il diritto comunitario mi permetto di rinviare al mio lavoro Vicinitas, interesse al ricor- so e impianti da sottoporre a V.I.A., in questa Rivista, 1998, 735.

(5)

Ambiente

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O

OPINIONI biente, sia a livello comunitario

che a livello nazionale. Infatti la Direttiva n. 97/11 del 3 marzo 1997 ha introdotto un peculiare profilo da sottoporre a valutazione preventiva: si tratta della «intera- zione tra i fattori di cui al primo, secondo e terzo trattino». Questa rilevante novità, lungi dal dettare una semplice norma di chiusura, è invece espressione di una precisa visione dell’ambiente che poggia su due fondamenti:

a) l’ambiente come sistema unitario e globale,

b) l’ambiente come equilibrio sistemico fra i diversi elemen- ti (15).

Da questo concetto di ambiente discendono conseguenze imme- diate.

Prima di tutto la nuova formula- zione impone di operare una valu- tazione complessiva delle ricadute prodotte dalle attività dell’uomo, non solo sui diversi fattori fisici che concorrono a costituire l’am- biente, ma anche sulle loro intera- zioni sistemiche. Questa innova- zione normativa, quindi, supera definitivamente le ricostruzioni che tendevano a scomporre l’am- biente in una pluralità di elementi (terra, aria, acqua, flora, fauna...), ciascuno da sottoporre a forme di- stinte di protezione.

Il tramonto delle concezioni fondate sulla parcellizzazione dell’ambiente in una pluralità di tutele settoriali non nasce peraltro come fenomeno giuridico, ma è l’esito della acquisizione in sede scientifica di una visione dell’am- biente come complesso sistemico unitario, seppur formato da diversi elementi, anche molto eterogenei tra loro. Da ciò deriva che i diversi elementi biotici ed abiotici non possono più, anche sotto il profilo giuridico, essere oggetto di consi- derazione separata, ma debbono necessariamente essere regolati ri- spettando questa inscindibile uni- tarietà.

Questa nuova concezione pe- raltro non determina certo la scomparsa delle «tutele settoriali»

(si pensi alla legislazione sull’in- quinamento idrico ad alle norme sui rifiuti), anche se impone di considerare questi corpi normativi come segmenti di una più com- plessa ed unitaria politica ambien- tale (una sorte alla quale, come ve- dremo, sembrano destinate anche

l’urbanistica e la tutela del paesag- gio).

Siamo così giunti ad una prima conclusione del nostro lavoro di analisi.

Possiamo infatti affermare che è proprio la sintesi tra i diversi ele- menti, il loro rapporto relazionale, ad essere meritevole di tutela.

Questa formulazione, in altri ter- mini, consente di affermare che il bene–valore (16) protetto, quando ci si riferisce al fenomeno ambien- tale, non sono più i singoli elemen- ti (che già soggiacciono come tali a specifiche discipline di settore), bensì il loro equilibrio sistemico.

È quindi, lo ripetiamo, l’equili- brio fra le diverse componenti ad assumere rilevanza giuridica in sé.

A fronte di questi importantis- simi sviluppi del diritto comunita- rio che, in definitiva, ci consegna- no un concetto di ambiente come equilibrio complessivo da preser- vare attraverso misure precauzio- nali, principi ancora di recente riaffermati in una articolata Riso- luzione adottata dal Consiglio dei Ministri dell’Unione Europea il 7 ottobre 1997 (Ris. n. 97/C 321/01 (17)), sembra esservi un certo ritardo in giurisprudenza nel cogliere le implicazioni che la pro- spettiva universalistica e sistemi- ca dell’ambiente determina. Pro- prio in tal senso risultano sempre più inattuali ed inadeguate defini- zioni restrittive e settoriali della materia ambientale che postulano, come prima conseguenza, la ripro- posizione di rigide differenziazio- ni fra tutela urbanistica, paesistica ed ambientale.

È questo il problema che in fon- do pone la decisione citata all’ini- zio. Si è già chiarito come la rico- struzione del fenomeno ambientale adottata dal Consiglio di Stato nella citata sentenza risulti del tutto inadeguata, posto che, co- me detto, dalla sola legge istitutiva del Ministero dell’Ambiente non può ritrarsi alcuna definizione del concetto di ambiente.

Prendendo le mosse da quanto affermato, possono fissarsi due di- verse latitudini del concetto di am- biente: una più tradizionale, ma nel contempo ormai datata, ed una più moderna, pienamente coerente con la visione dell’ambiente come equilibrio globale e sistemico.

Nella prima ricostruzione, che peraltro è ancora «diritto vivente»,

essendo alla base del nostro appa- rato normativo ambientale, solita- mente si ricomprendono, oltre alla disciplina dell’inquinamento (at- mosferico, idrico, acustico) e del trattamento dei rifiuti, anche la protezione della natura (biodiver- sità, disciplina delle aree protette e delle zone umide) e la tutela dei suoli.

Si tratta quindi di una pluralità di materie, che aggregherei nel concetto di «ambiente in senso na- turale», alcune delle quali – si pen- si alla tutela dei suoli (l. n. 183/89) – sono peraltro certamente estra- nee alle attuali attribuzioni del Mi- nistero dell’Ambiente, con ciò smentendo la tesi del Consiglio di Stato.

Questa ricostruzione, che risen- te fortemente dell’impostazione gianniniana, ha comunque il meri- to di avere portato, anche in epo- che ormai risalenti, precedenti alla penetrazione del diritto comunita- rio (si pensi alla prima legge sull’inquinamento atmosferico del 1966 od alla cd. legge Merli del 1976), a percepire come valori da proteggere i singoli elementi, senza tuttavia arrivare a vederli come componenti di un equilibrio complessivo.

È un fatto che molti degli istituti del diritto dell’ambiente sono stati concepiti proprio in relazione al

Note:

(15) Anche il concetto di «universalità»

assume una notevole rilevanza nella ri- costruzione di ambiente che stiamo tratteggiando: è infatti ormai chiaro co- me ogni attività produca effetti non limi- tati all’ambito territoriale prossimo al luogo di svolgimento dell’attività mede- sima. In realtà fenomeni quali l’effetto serra, le piogge acide e l’innalzamento della temperatura del globo ci costrin- gono a prendere atto di come esista un

«saldo ambientale planetario». L’am- biente ha quindi una dimensione deci- samente planetaria, come dimostra il progressivo formarsi di un vero corpus di convenzioni internazionali a tutela di ambiti (si pensi al mare aperto, allo spazio cosmico ed all’Antartide) che sfuggono addirittura alla sovranità dei singoli Stati.

(16) Si tratta cioè di un bene che non è protetto solo in relazione alle utilità che vi si possono ritrarre, ma anche di un elemento che l’ordinamento protegge come valore, da comparare, cioè, con altri beni di rilevanza costituzionale.

(17) In G.U.C.E., C–321 del 22 ottobre 1997.

(6)

Ambiente

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OPINIONI

"

concetto di ambiente in senso na- turale come sopra tratteggiato.

Questo pone più d’un problema.

Ambiente, urbanistica e disciplina del paesaggio

Alla luce della delimitazione del concetto di «ambiente in senso na- turale», rimarrebbero estranee alla materia ambientale le discipline del paesaggio e dell’urbanistica. Si tratta di discipline che ritengo inve- ce costituiscano un ulteriore ele- mento costitutivo del concetto di ambiente, definibile «ambiente in senso territoriale». Si tratta, come ho detto, di un ulteriore elemento compositivo del più ampio concet- to di ambiente come equilibrio glo- bale e sistemico.

A giustificazione di questa con- cezione maggiormente compren- siva del concetto di ambiente – che comporta l’applicabilità (almeno di taluni) degli istituti che caratte- rizzano la materia ambientale a tutti i settori che ad essa ineriscono – può nuovamente richiamarsi la citata direttiva sulla valutazione di impatto ambientale. Questo testo contiene infatti, accanto a richiami agli elementi compositivi dell’ambiente in senso propria- mente naturalistico, anche riferi- menti al paesaggio, all’uomo, ai beni materiali e culturali.

Il richiamo diretto del «paesag- gio» e l’indicazione dei «beni ma- teriali» che porta immediatamente al riferimento all’urbanistica, con- sentono di affermare che, secondo l’ordinamento comunitario, que- ste materie sono decisamente da ricomprendersi all’interno del concetto di ambiente.

In altri termini uno dei retaggi della concezione dell’ambiente in senso naturalistico è costituito proprio dalla convinzione che la delimitazione fra ambiente e di- scipline quali l’urbanistica possa passare attraverso la differenza di regime che intercorrerebbe fra aree non antropizzate e zone in cui l’opera dell’uomo ha invece la- sciato tracce sensibili della propria attività di trasformazione. Questa valutazione farebbe infatti perdere di vista la cennata dimensione di globalità: il concetto di ambiente come equilibrio, in altri termini, non può essere limitato in senso spaziale a determinati ambiti pre- servatisi intatti (18), ma deve ne-

cessariamente avere un oggetto, che proprio in quanto globale, non tollera esclusioni.

Il problema dovrebbe allora es- sere reimpostato, impiegando, semmai, concetti come «ambiente di natura» (ambiente dato) ed

«ambiente antropizzato» (am- biente trasformato), senza che a quest’ultima categoria possa tutta- via ascriversi alcuna accezione ne- gativa, posto che, come detto, l’at- tività di trasformazione dell’uomo contribuisce a determinare la for- ma, l’aspetto e l’assetto del territo- rio: si tratta tuttavia, è bene dirlo, di distinzioni meramente descritti- ve, utili al più ad indicare in quali ambiti la tutela conservativa possa essere «integrale», non dovendo subire bilanciamenti con la conso- lidata presenza dell’uomo.

Ambiente di natura ed ambien- te antropizzato sono, a loro volta, elementi compositivi dell’am- biente come equilibrio, cioè dell’unico concetto di ambiente che abbia, oltre ad una riconosciu- ta valenza scientifica, anche un preciso fondamento di diritto po- sitivo.

Si è detto come le tradizionali distinzioni tra le diverse materie fossero fondate principalmente sulla eterogeneità delle funzioni.

Anche questo argomento sembra oggi non reggere più: infatti il pro- blema della dispersione delle fun- zioni fra diversi livelli di governo sembra definitivamente superato con l’attuazione piena del conferi- mento alle Regioni della maggior parte delle funzioni in materia am- bientale, avvenuto con il d.lgs. n.

112/98 (19).

Emerge allora con chiarezza un dato: superato il panurbanesimo che nel nostro ordinamento ha lun- gamente informato la legislazio- ne, gli influssi del diritto comuni- tario ci impongono ora di registrare una sorta di «primato dell’ambiente».

Questo postula che l’urbanisti- ca e la tutela paesaggistica, in defi- nitiva, vadano viste come modi di guardare a profili del territorio che non possono più essere isolati dal- la dimensione complessiva pro- pria dell’approccio ambientale di matrice comunitaria.

Cerchiamo allora di compren- dere meglio il rapporto che inter- corre fra ambiente, urbanistica e tutela del paesaggio. A me pare

che queste ultime guardino solo al territorio, mentre le discipline am- bientali guardano al territorio non come ad un «bene finale», ma co- me ad un elemento costitutivo di un più complesso equilibrio: in questo senso, senza cadere in un panabientalismo che farebbe per- dere precisione ai concetti, ritengo si possa affermare che l’urbanisti- ca ed il paesaggio siano materie oggi ricomprese entro il concetto di ambiente globale e sistemi- co (20) sopra tratteggiato.

Infatti il territorio (come l’ac- qua o l’aria) può essere considera- to in sé, quale bene autonomo, nel contempo, però, non dovrà mai di- menticarsi che il territorio è anche elemento costitutivo dell’equili- brio ambientale sistemico.

Questa duplice valenza del ter- ritorio non toglie certo spazio alle citate discipline, anche se, è bene dirlo, le sottopone decisamente al- la materia ambientale.

La tutela degli equilibri che co- stituisce la finalità della materia ambientale sarebbe infatti in qual- che modo espressione di una com- patibilità ultima, posto che, esau- rite le verifiche di ordine paesistico ed urbanistico, vi do- vrebbe sempre essere anche una forma di valutazione dell’inciden-

Note:

(18) Sulla conservazione degli ambiti di valore naturalistico, che si distinguono per le loro caratteristiche ambientali denominate habitat, vedasi oggi il d.P.R. 8 settembre 1997, n. 357.

(19) Si tratta del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112, in G.U., suppl. ord. 77/L del 21 aprile 1998, n. 92, recante conferimen- to di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regione ed agli enti lo- cali in attuazione della c.d. legge Bas- sanini (legge 15 marzo 1997, n. 59) in cui al titolo III, capo III art. da 68 a 75, sono contenuti i principi in materia di trasferimento delle funzioni ammini- strative in materia ambientale alle Re- gioni ed ai Comuni e Province.

(20) Alla base della tutela paesistica vi è infatti una visione estetico–culturale del territorio, mentre alla base dell’ur- banistica vi è la visione razionalista del- la distribuzione degli insediamenti nello spazio. Si tratta, senza dubbio, di finali- tà in parte distinte dalla volontà di tra- smissione dell’ambiente integro, finali- tà che – partendo dal pensiero di H. Jo- nas (Il principio di responsabilità, Tori- no, 1990) – ritengo possa essere as- sunta come obbiettivo primo dell’intero pensiero ambientalista, giuridico e non.

(7)

Ambiente

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OPINIONI za, quand’anche indiretta, che

qualsiasi attività inevitabilmente produce sull’ambiente.

In conclusione la globalità ed universalità del bene ambiente non possono tollerare esclusioni od eccezioni. Detto altrimenti, ogni attività che rileva sotto il pro- filo urbanistico o paesistico rileva anche, in ultima analisi, sotto il profilo ambientale.

Non vi sarebbe, cioè, «nulla fuori dell’ambiente».

Anche questa espressione, che in altri tempi sarebbe parsa espres- sione di un goffo velleitarismo ambientalista, trova oggi una pre- ciso fondamento giuridico.

Il Trattato di Amsterdam stipu- lato nel giugno 1997 (21) ha infatti modificato il Trattato UE, affer- mando (art. 3C) che «le esigenze connesse con la tutela dell’ambien- te devono essere integrate nella de- finizione e nell’attuazione delle politiche ed azioni comunitarie di cui all’art. 3, in particolare nella prospettiva di promuovere lo svi- luppo sostenibile». L’ambiente, quindi, oltre a divenire una «politi- ca» comunitaria (e non più solo una

«azione»), diviene parametro di verifica di ogni altro intervento, dovendosi integrare la salvaguar- dia ambientale con le esigenze del- lo sviluppo. Al massimo livello normativo comunitario si è quindi (finalmente) affermata (mi si passi il termine) la «trasversalità» della materia ambientale (22).

Ritornando al nostro ordina- mento, si tratterebbe, in sostanza, superate le diversità di funzioni, di superare anche la limitatezza e set- torialità dei precetti e regole dell’estetica e dell’urbanistica, in- tegrando queste analisi con le ri- sultanze delle scienze ambientali.

Questa, peraltro, è una linea di tendenza non del tutto nuova per la nostra legislazione, tuttavia, il percorso verso l’integrazione in- terdisciplinare, non può dirsi an- cora giunto al suo pieno compi- mento. De iure condendo, un importante segnale potrà venire, come già ricordato in altra occa- sione (23), dall’introduzione nel diritto comunitario del principio secondo cui tutti gli atti di pianifi- cazione (ivi compresi i piani urba- nistici e paesistici) dovranno esse- re oggetto di una valutazione preventiva sotto il profilo della tu- tela ambientale.

Quanto detto ci porta quindi ad affermare che già oggi urbanistica e tutela paesistica non possono più essere considerate come materie totalmente autonome ma come segmenti di una più complessiva politica ambientale.

Nel solco delle predette valuta- zioni, lo stesso territorio, oggetto di continue trasformazioni, deve essere innanzitutto visto alla stre- gua di un elemento costitutivo dell’ambiente.

Il territorio

In relazione al territorio sono, peraltro, intervenute recentemente delle significative novità. Infatti l’art. 34 del d.lgs. n. 80/98 (24) ha assegnato alla giurisdizione esclu- siva del giudice amministrativo tutte le controversie in materia ur- banistica ed edilizia, offrendo una definizione estremamente ampia della materia, comprensiva di «tut- ti gli aspetti dell’uso del territorio».

Questa indicazione, che per molti versi ricorda quella contenuta nell’art. 82 del d.P.R. n. 616/77, sembra assumere una capacità espansiva tale da investire anche ambiti che, secondo la ricostruzio- ne prescelta, sarebbero ricompresi nella materia dell’ambiente: si pen- si all’intera materia del paesaggio.

Il problema è allora quello di at- tribuire un significato più preciso all’espressione «usi del territo- rio».

A me pare che questa espressio- ne possa ricomprendere una plura- lità di significati riferibili:

a) al territorio come paesaggio – nel concetto di paesaggio come

«forma del Paese» (Predieri) è in- fatti insita la consapevolezza che l’aspetto esteriore del territorio non sia solo un elemento dato, ma sia anche l’esito di un processo di costante trasformazione antropi- ca; nel contempo questa consape- volezza consente anche di sfumare le differenze di regime fra territo- rio trasformato e territorio libero (ricompreso nel concetto di am- biente in senso naturalistico); da ultimo, la consapevolezza della la- titudine globale del concetto di territorio finirebbe per scolorare le differenze fra zone sottoposte a vincoli e zone non vincolate;

b) al territorio come suolo – si tratta della forma data (naturale) del territorio;

c) al territorio come oggetto dell’attività insediativa, sottopo- sta ad un processo di razionalizza- zione secondo le regole dell’urba- nistica al fine di consentire che la vita dell’uomo vi si svolga in con- dizioni d’ordine.

In sintesi dovrebbe guardarsi al territorio come ad un elemento abiotico e strutturale dell’ecosi- stema, ricompreso, come tale, nell’equilibrio ambientale com- plessivo, capace di ricevere e resti- tuire sollecitazioni in relazione ai diversi utilizzi (si pensi, su scala planetaria, ai problemi della de- sertificazione e dell’impoveri- mento delle foreste pluviali nonché ai riflessi di questi proces- si sul clima e, di conseguenza, sul livello delle acque). Si deve torna- re a notare come all’espressione ambiente si tenda ad associare un significato «valoriale», che porta a ricomprendere nel concetto esclu- sivamente ambiti connotati da ri- levante pregio. L’espressione ter- ritorio si presenta invece maggiormente «avalutativa’, pre- standosi così ad un impiego gene- ralizzato, sia in relazione a zone

Note:

(21) C. F. Betgstrom, L’Europa oltre il mercato interno: commento al Trattato di Amsterdam, in Riv. dir. it. pubbl. co- munitario, 1998, 1; sugli aspetti del Trattato che interessano l’ambiente ve- dasi la Relazione di M. Chiti, Ambiente e «costituzione» europea: alcuni nodi problematici, presentata al Convegno, cit.

(22) In tal senso anche F. Salvia, Am- biente e sviluppo sostenibile, in Riv.

giur. ambiente, 1998, 235.

(23) E. Boscolo, Vicinitas, op. cit.

(24) Si tratta del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, in G.U. 8 aprile 1998, n. 82, nell’ambito di tale decreto, accanto al trasferimento al giudice ordinario del contenzioso sul pubblico impiego, vie- ne istituita una nuova forma di giurisdi- zione esclusiva legata fra l’altro all’ur- banistica intesa quale «uso del territo- rio» nel senso sopra indicato, su tale decreto vedasi i primi commenti di M.

Lipari, La nuova giurisdizione ammini- strativa in materia edilizia, urbanistica e dei servizi pubblici; e di E. de Franci- sco, Il giudice amministrativo ... dispo- ne ... il risarcimento del danno ingiusto, entrambi in questa Rivista, 1998, 591 ss.; vedasi inoltre i riferimenti al decreto contenuti nel lavoro di V. Carbone, Ri- sarcimento di interessi legittimi, la Cor- te Costituzionale «si astiene», il legi- slatore apre nuovi orizzonti, in Corr.

giur., 1998, 651.

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Ambiente

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OPINIONI

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connotate da una particolare rile- vanza naturale o paesistica che al paesaggio urbano.

Usi del territorio e interessi diffusi

Siamo così giunti ad un altro ri- svolto del nostro discorso.

Malgrado ciascun soggetto possa ritrarre (seppur indiretta- mente) vantaggi da corrette scelte di gestione del territorio si è finito, tuttavia, per escludere qualsiasi tutela a tali interessi (salvo spora- diche eccezioni legate ad azioni intentate dall’INU (25) e dal WWF (26) negli anni ’70). Si trat- ta, in sostanza, di interessi diffu- si (27): posizioni che hanno inve- ce (faticosamente) trovato tutela nella materia strettamente am- bientale, intesa, come si è detto, quale protezione dell’ambiente in senso naturalistico.

Si è quindi esclusa sino ad oggi ogni forma di protezione agli inte- ressi legati agli usi del territorio.

Una spinta in tal senso potrà allora venire dalla acquisizione di come parlare di territorio significa in ogni caso parlare di ambiente, co- gliendone tutte le più ampie impli- cazioni.

La ricerca scientifica ha dimo- strato come qualità della vita urba- na (28) e permanenza di un patri- monio naturale siano due facce della medesima responsabilità che grava su ciascun soggetto. Tutto ciò, tradotto in termini giuridici, significa che, anche in relazione a situazioni tradizionalmente rica- denti nella materia urbanistica o paesistica, sono configurabili po- sizioni di interesse diffuso, in rela- zione alle quali ciascun soggetto deve poter disporre di strumenti giuridici di protezione, che si ga- rantisce solo favorendo l’azione di associazioni rappresentative di ta- li interessi ovvero, seguendo il modello americano, introducendo anche nel nostro ordinamento il paradigma dalla class action (29).

Prima di sviluppare questo con- cetto, ritornando per un attimo al problema posto dalla recente sen- tenza da cui siamo partiti nella no- stra riflessione, si deve affermare che la individuazione del territorio come bene a «latitudine generale»

porta a risolvere un altro dei pro- blemi che si frappongono al rico- noscimento della legittimazione

delle associazioni ambientaliste al di fuori di quella che sino ad oggi è stata considerata la materia am- bientale in senso stretto (naturali- stico). Spesso infatti viene esclusa ogni forma di tutela degli interessi superindividuali e negata la legit- timazione delle associazioni am- bientaliste ove sui beni e sulle zo- ne toccate da trasformazioni invasive non gravi uno specifico vincolo, che venga a sancire (rec- tius, riconoscere) il valore «straor- dinario’ del bene. La concezione sistemica, capace di guardare alla catena degli effetti che una trasfor- mazione produce in ambiti anche molto lontani, dovrebbe invece garantire protezione al territorio come tale, visto nella sua inscindi- bilità in singole porzioni.

Nel contempo vi è il rischio che l’intera problematica finisca per scontare un ritardo dovuto alla particolare evoluzione che ha su- bito nel tempo la tutela degli inte- ressi diffusi in materia ambientale nel nostro paese. In proposito è no- to come, anziché seguire i filoni giurisprudenziali faticosamente costruiti dal Consiglio di Stato (vedasi i casi relativi ad Italia No- stra – Lago di Tovel, Parco Nazio- nale dell’Abruzzo) e dalla Corte dei conti (30), si sia preferito fare ricorso ad una forma di attribuzio- ne ex lege della legittimazione ad agire, previo riconoscimento mi- nisteriale. Questo determina una certa difficoltà ad attribuire una capacità di azione anche fuori del- la materia ambientale in senso na- turalistico ad associazioni che so- no state riconosciute in quanto attive in tale circoscritto ambito (circostanza che non dovrebbe co- munque precludere al giudice di accertare la presenza di interessi diffusi e di una capacità rappre- sentativa anche in altri ambiti, quali la tutela del territorio trasfor- mato). In alternativa, si è costretti, attraverso il richiamo alla presen- za di vincoli, a cercare di allargare il concetto di ambiente, includen- dovi anche la tutela paesistico–ur- banistica, percorso questo che tut- tavia, come visto, risolve il problema limitatamente alle sole zone vincolate.

L’orientamento dei giudici am- ministrativi circa la carenza di le- gittimazione delle associazioni in campo urbanistico denuncia l’in- capacità di adeguare il concetto di

ambiente in senso naturalistico al- le nuove acquisizioni scientifiche e normative che ci impongono di guardare all’ambiente come ad un fenomeno complesso ed articola- to, comprensivo anche degli usi del territorio. Nel contempo la prospettiva risulta spesso distorta dalla tendenza a ridurre l’intera problematica degli interessi diffu- si in campo ambientale (in senso naturalistico così come territoria- le) ad una mera questione di appli- cabilità dell’art. 13, l. n. 349/86.

Un tale appiattimento lascia privi di legittimazione i soggetti sforniti del riconoscimento e, cosa ancor più grave, priva di tutela tutti gli interessi che si ricollegano ad un concetto di ambiente che va oltre quello meramente naturalistico.

Conclusioni

Scomposta l’espressione «usi del territorio» nella pluralità di si- gnificati che vi sono ricompresi, è emersa con maggior nettezza l’inerenza (rectius, ricomprensio- ne) di questo concetto con quello di ambiente. In particolare mi pare

Note:

(25) Tar Campania, 22 marzo 1977, n.

192, in Riv. giur. edil., 1977, I, 300.

(26) Tar Campania, 8 marzo 1977, n.

161, in Riv. giur. edil., 1977, I, 308.

(27) R. Ferrara, Interessi collettivi e dif- fusi, in Dig. disc. pubbl., vol. VIII, Tori- no, 1993.

(28) Sui legami fra qualità urbana ed ambiente in senso naturalistico cfr. l’in- tera sezione dedicata al tema: La città sostenibile, contenuta nel numero 1/98 della rivista Equilibri, con lavori di M. Al- berti, M. Berrini, E. Di Giulio, S. Pare- glio, V. Gregotti, G. Martinotti, G. Sa- pelli; vedasi inoltre, in relazione ai profi- li sociologici, G. Martinotti, Metropoli, Bologna, 1993.

(29) Sulle class action, da ultimo, cfr. A.

Giussani, La transazione collettiva per i danni futuri: economia processuale, conflitti di interesse e deterrenza delle condotte illecite nella disciplina delle

«class action», in Foro it., 1998, IV, 175, ove amplissimi riferimenti biblio- grafici.

(30) L’intera vicenda si trova ricostruita in R. Galli, Corso di diritto amministrati- vo, II ed., Padova, 1994, 111 ss., ove trovansi ulteriori riferimenti bibliografi- ci; l’importantissimo ruolo giocato dalla giurisprudenza della Corte dei Conti è compiutamente illustrato in C. D’Orta, Ambiente e danno ambientale: dalla giurisprudenza della Corte dei Conti al- la legge sul Ministero dell’Ambiente, in Riv. trim. dir. pubbl., 1987, 60.

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OPINIONI importante rilevare che anche il

territorio (proprio in quanto ri- compreso nell’ambiente), sotto il profilo giuridico, si presenti come un bene rispetto al quale si posso- no radicare rapporti giuridici ridu- cibili non solamente ai concetti di appartenenza e titolarità. Questa considerazione porta ad affermare come in relazione agli usi del terri- torio siano certamente concepibili posizioni di interesse diffuso, del tutto simili a quelle che è ormai ac- quisito derivino ai singoli dal rap- porto con il bene ambiente (31).

Si tratta cioè di pretese, giuridi- camente rilevanti, acchè le trasfor- mazioni che toccano il territorio come componente dell’ambiente siano l’esito di una adeguata pon- derazione e di una corretta appli- cazione della normativa di tutela e di regolazione dei diversi utilizzi.

Partendo da questo dato, di cui pe- raltro la giurisprudenza sembra ancora avere scarsa consapevolez- za, potrebbe anzi affermarsi che la categoria degli interessi diffusi, dopo aver avuto proprio nella ma- teria ambientale (naturalistica) il primo ambito di emersione, si av- vii a trovare generalizzazione.

Detto altrimenti, si deve affermare che è questa la posizione soggetti- va che, naturaliter, viene in rilievo ed alla quale deve riconoscersi protezione, ogniqualvolta un de- terminato bene non sia esclusiva- mente suscettibile di un utilizzo di tipo «esclusivo–rivale (32)», le- gato ai concetti di titolarità ed ap- partenenza, ma sia altresì parte coessenziale di un equilibrio più ampio, la cui permanenza venga a toccare una collettività indetermi- nata. È questa la matrice comune che lega ambiente–natura ed am- biente–territorio, facendoli parte di quel significato di sintesi che abbiamo definito ambiente–equi- librio.

Questa attitudine a generare rapporti superindividuali deve in- fatti essere riconosciuta anche ai diversi impieghi del territorio so- pra indicati: si pensi, ad esempio, alla rilevanza che assumono i pro- cessi di trasformazione delle pen- dici montane in relazione agli equilibri idrogeologici delle pia- nure e degli abitati collocati a val- le, oppure all’aspetto caratteristi- co ed irripetibile (la forma del

lazione alle presenze monumenta- li, sia in relazione alla conforma- zione architettonica complessiva dell’abitato. Anche la stessa mate- ria urbanistica presenta dei risvolti di ordine demografico che vanno ad incidere sul «saldo ambientale globale» (33).

Medesime considerazioni pos- sono svolgersi anche ove si guardi all’interesse diffuso non in chiave di protezione della posizione sog- gettiva del singolo che si colloca in un particolare rapporto con il bene adespota ed indivisibile, bensì co- me strumento in grado di garantire una tutela di tipo «oggettivo» al bene protetto (34). Come detto prima, si tratta cioè di garantire a determinati «beni–valore» un pa- radigma di tutela conservativa che non passi necessariamente attra- verso la reazione ad una lesione della sfera patrimoniale o perso- nale del soggetto (35).

In conclusione letture come quella operata dal Consiglio di Stato nella decisione da cui abbia- mo tratto spunto sembrano restare prigioniere di un concetto ridutti- vo di ambiente, erroneamente rita- gliato sulle competenze ammini- strative del Ministero. Un concetto, quindi, molto distante da quello che sopra abbiamo definito come ambiente in senso naturali- stico (vi resterebbe esclusa, ad.

es., tutta la materia della tutela del suolo prevista dalla l. n. 183/89), ed ancor più da quello che abbia- mo definito come ambiente–terri- toriale, quale componente dell’ambiente–equilibrio. Si fini- rebbe in tal modo per ricostruire un concetto di ambiente incapace di garantire protezione giuridica alla dimensione di globalità delle relazioni e degli equilibri che la scienza ha invece mostrato essere la più autentica componente del fenomeno ambientale.

Note:

(31) Questa conclusione ritengo possa essere condivisa anche da chi ritenga di dover continuare a considerare il ter- ritorio come bene autonomo rispetto all’ambiente, ovvero ritenga che il pro- cesso normativo cui si è fatto cenno non sia ancora completo.

(32) A. Gambaro, La Proprietà, in Tratt.

Cicu Messineo, Milano, 1995, 245.

(33) A ben vedere da una tale ricostru-

l’edilizia in senso stretto e quella con- cezione (tipica del pensiero di A. M.

Sandulli, La tutela del paesaggio nella Costituzione, in Riv. giur. edil., 1967, II, 72) che identificava il paesaggio con la tutela delle bellezze naturali di cui alla l. n. 1497/39, per una critica a tale orientamento e per una comparazione con l’impostazione di Predieri, B. Cara- vita, commento all’art. 9, in Commenta- rio Breve alla Costituzione, (a cura di Crisafulli–Paladin), Padova, 1990.

(34) Il nostro ordinamento, dopo le pri- me affermazioni in campo ambientale, sulla scorta di elaborazioni comunita- rie, riconosce la presenza di posizioni di interesse diffuso anche in settori quali quello della concorrenza e della tutela del consumatore, imponendoci di comparare questi modelli di tutela con quello tipico della protezione am- bientale e con quello, molto più tradi- zionale, che caratterizza invece il diritto urbanistico, nel quale, ove non si per- venga ad una ricostruzione sistemica del concetto di ambiente–territorio, sembrerebbe non esservi attualmente alcuno spazio per affermare la presen- za di posizioni di interesse diffuso cor- relate al corretto uso del territorio. Deve quindi guardarsi con attenzione a set- tori regolati dal diritto privato, ove tradi- zionalmente non si intravedeva la di- mensione sociale dei fenomeni. Si pensi alla tematica dei contratti conclu- si dal consumatore (1469 sexies c.c.), ove si prevede che, accanto alla rego- lazione civilistica del singolo rapporto, vi sia una dimensione di rilevanza su- perindividuale, tale da consentire alle associazioni dei consumatori di pro- porre azioni finalizzate ad una pronun- cia di inibitoria all’inclusione di determi- nate clausole nei contratti standard, ovvero alla istituzione di forme di parte- cipazione rappresentativa nell’ambito del sistema radiotelevisivo, attraverso l’istituzione di organi quali il Consiglio consultivo degli utenti radiotelevisivi, ma l’elenco potrebbe continuare ricor- dando i temi della pubblicità inganne- vole e della sicurezza dei prodotti. Sul punto ritengo che vi sia una sostanziale differenza fra interessi che si legano all’ambiente o al territorio ed interessi legati alla protezione del consumatore, della concorrenza o dell’informazione ecc. Ciò che infatti determina l’insor- genza dell’interesse in relazione al be- ne ambiente–territorio è la consistenza stessa del bene (il suo «statuto ontolo- gico»), per sua natura infrazionabile (ove visto, ovviamente, nella sua com- plessità sistemica e non nella dimen- sione privato–proprietaria), in questo caso l’interesse diffuso, in ultima anali- si, garantirebbe tutela e protezione al bene stesso (tutela oggettiva); negli al- tri casi indicati, viceversa, ritengo che la tutela sia posta a protezione della po- sizione dei singoli soggetti in relazione non a beni, quanto a valori da cui di- scendono standards di protezione indi- viduale.

(35) Sulle differenze fra «processo di tutela» e «processo di reazione» rinvio

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NORMATIVA

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Beni culturali

LA NUOVA LEGGE SULLA CIRCOLAZIONE DEI BENI CULTURALI: PRIME NOTE

Legge 30 marzo 1998 n. 88 – Norme sulla circo- lazione dei beni culturali (G.U. n. 84, 10 aprile 1998, Serie Generale) (Stralcio)

Capo I

Restituzione dei beni culturali usciti illecitamente dal territorio di uno stato membro dell’unione europea e recepimento della direttiva 93/7/cee

del consiglio, del 15 marzo 1993 Sezione I

Restituzione dei beni culturali usciti illecitamente da uno Stato membro dell’Unione europea

Art. 2.

Azione di restituzione

1. I beni culturali usciti illecitamente dal territorio di uno Stato membro dell’Unione europea dopo il 31 dicembre 1992 sono restituiti a norma delle disposi- zioni della presente sezione.

2. Sono considerati beni culturali quelli qualifica- ti, anche dopo la loro uscita dal territorio dello Stato richiedente, in base alle norme ivi vigenti, come ap- partenenti al patrimonio culturale nazionale, secon- do quanto stabilito dall’articolo 36 del Trattato istitu- tivo della Comunità economica europea.

3. La restituzione è ammessa per i beni culturali ri- compresi in una delle seguenti categorie:

a) beni indicati nell’allegato alla presente legge;

b) beni facenti parte di collezioni pubbliche, in- ventariate in musei, archivi e fondi di conservazione di biblioteche;

c) beni inclusi in inventari ecclesiastici.

4. È illecita l’uscita dei beni culturali avvenuta in violazione del regolamento CEE o della legislazione dello Stato richiedente in materia di protezione del patrimonio culturale nazionale ovvero determinata dal mancato rientro alla scadenza del termine di esportazione temporanea.

5. Si considerano altresì illecitamente usciti i beni dati in esportazione temporanea qualora siano viola- te le prescrizioni stabilite dal cedente.

6. La restituzione è ammessa se le condizioni indi- cate nei commi 4 e 5 sussistono al momento della proposizione della domanda.

Art. 3.

Determinazione dell’autorità centrale. Assistenza e collaborazione dello Stato italiano agli altri Stati

membri per l’esecuzione della direttiva CEE 1. L’autorità centrale prevista dall’articolo 3 della direttiva CEE è per l’Italia il Ministero. Esso si avva- le, per i vari compiti indicati nella direttiva, dei suoi organi centrali e periferici, nonché della cooperazio-

ne degli altri Ministeri, degli altri organi dello Stato, degli enti territoriali e degli altri enti locali.

... Omissis ...

Art. 4.

Azione di restituzione

1. Gli Stati membri dell’Unione europea possono esercitare l’azione di restituzione davanti all’autorità giudiziaria ordinaria per i beni culturali usciti illeci- tamente dal loro territorio secondo quanto previsto dall’articolo 2.

2. L’azione è proposta davanti al tribunale del luo- go in cui il bene si trova.

... Omissis ...

Art. 5.

Prescrizione

1. L’azione di restituzione è promossa nel termine perentorio di un anno a decorrere dal giorno in cui lo Stato richiedente ha avuto conoscenza che il bene uscito illecitamente si trova in un determinato luogo e ne ha identificato il possessore o detentore.

2. L’azione di restituzione si prescrive in ogni caso entro il termine di trenta anni dal giorno dell’uscita illecita del bene dal territorio dello Stato richiedente.

3. L’azione di restituzione non si prescrive per i beni indicati nell’articolo 2, comma 3, lettere b) e c).

Si intendono pubbliche le collezioni di proprietà del- lo Stato, di altre autorità territoriali, di enti qualificati pubblici in conformità alla legislazione nazionale, nonché le collezioni finanziate in modo significativo dallo Stato o da altri enti pubblici territoriali.

Art. 6.

Indennizzo

1. Il tribunale, nel disporre la restituzione del be- ne, può, su domanda della parte interessata, liquidare un indennizzo determinato in base a criteri equitativi.

2. Per ottenere l’indennizzo di cui al comma 1, il soggetto interessato deve dimostrare di aver acquisi- to il possesso del bene in buona fede.

3. Il soggetto che abbia acquisito il possesso del bene per donazione, eredità o legato non può benefi- ciare di una posizione più favorevole di quella del proprio dante causa.

4. Lo Stato richiedente che sia obbligato al paga- mento dell’indennizzo può rivalersi nei confronti del soggetto responsabile dell’illecita circolazione resi- dente in Italia.

... Omissis ...

Sezione II

Azione di restituzione dei beni culturali usciti illecitamente dall’Italia

Art. 9.

Titolarità dell’azione e patrocinio

1. L’azione di restituzione dei beni culturali usciti

(11)

NORMATIVA

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illecitamente dal territorio italiano è esercitata dal Ministro, d’intesa con il Ministro degli affari esteri, davanti al competente giudice dello Stato membro dell’Unione europea in cui si trova il bene culturale.

2. Lo Stato si avvale dell’assistenza dell’Avvoca- tura generale dello Stato.

Art. 10.

Consegna o acquisizione del bene restituito 1. Qualora il bene culturale restituito non appar- tenga allo Stato, il Ministero provvede alla sua custo- dia fino alla consegna all’avente diritto.

2. La consegna del bene è subordinata al rimborso allo Stato delle spese sostenute per il procedimento di restituzione e per la custodia del bene.

3. Quando non sia conosciuto chi abbia diritto alla consegna del bene, il Ministero dà notizia del prov- vedimento di restituzione mediante avviso pubblica- to nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e con altra forma di pubblicità.

4. Qualora l’avente diritto non ne richieda la con- segna entro cinque anni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell’avviso di cui al comma 3, il bene è acquisito al demanio dello Stato. Il com- petente Ufficio centrale del Ministero, sentiti il co- mitato di settore del Consiglio nazionale per i beni culturali e ambientali competente per materia e le re- gioni interessate, dispone che il bene sia assegnato ad un museo, biblioteca o archivio statale o di ente pub- blico al fine di assicurarne la migliore tutela e il pub- blico godimento nel contesto culturale più opportu- no.

Capo II

Norme di esecuzione del regolamento Cee Art. 11.

Licenza di esportazione

1. Il rilascio della licenza di esportazione, anche temporanea, ai sensi dell’articolo 2 del regolamento CEE, per i beni culturali compresi nell’allegato al re- golamento medesimo, è funzione di preminente inte- resse nazionale e di adempimento di obblighi comu- nitari.

2. Ai fini del regolamento CEE gli uffici di espor- tazione del Ministero sono autorità competenti per il rilascio delle licenze di esportazione di beni cultura- li.

3. La licenza di esportazione è valida per sei mesi.

4. L’ufficio di esportazione rilascia la licenza di esportazione contestualmente all’attestato di libera circolazione previsto dall’articolo 36, comma 2, del- la legge n. 1089, come sostituito dall’articolo 18 del- la presente legge.

5. La licenza di esportazione è altresì rilasciata dal medesimo ufficio che ha emesso l’attestato di libera circolazione in data non anteriore a trenta mesi.

6. In prima applicazione della presente legge, il Ministero comunica alla Commissione delle Comu- nità europee l’elenco degli uffici di esportazione en- tro due mesi dalla data di entrata in vigore della legge stessa. I successivi aggiornamenti del predetto elen- co sono comunicati entro due mesi dalla loro effet- tuazione.

7. Le disposizioni del capo IV e dell’articolo 66

della legge n. 1089, come modificati dal capo IV del- la presente legge, non si applicano ai beni culturali entrati nel territorio dello Stato e accompagnati da li- cenza di esportazione rilasciata da altro Stato mem- bro dell’Unione europea ai sensi dell’articolo 2 del regolamento CEE per la durata di validità della licen- za medesima.

... Omissis ...

Capo IV

Modificazioni alla legge n. 1089 Art. 17.

Sostituzione dell’articolo 35 della legge n. 1089 1. L’articolo 35 della legge n. 1089 è sostituito dal seguente:

«Art. 35. – 1. È vietata, se costituisca danno per il patrimonio storico e culturale nazionale, l’uscita dal territorio della Repubblica dei beni di cui all’articolo 1 della presente legge ed al decreto del Presidente della Repubblica 30 settembre 1963, n. 1409, e suc- cessive modificazioni, che, in relazione alla loro na- tura o al contesto storico–culturale di cui fanno parte, presentino interesse artistico, storico, archeologico, etnografico, bibliografico, documentale o archivisti- co.

2. Il divieto riguarda anche:

a) audiovisivi con relativi negativi, la cui esecu- zione risalga a oltre venticinque anni;

b) mezzi di trasporto aventi più di settantacinque anni, tranne che l’uscita non sia temporanea per la partecipazione a mostre e raduni internazionali;

c) beni e strumenti di interesse per la storia della scienza e della tecnica aventi più di cinquanta anni.

3. Il divieto di cui al comma 1 si applica comunque agli archivi e ai singoli documenti dichiarati di note- vole interesse storico ai sensi dell’articolo 36 del de- creto del Presidente della Repubblica 30 settembre 1963, n. 1409, nonché ai beni di interesse particolar- mente importante ai sensi degli articoli 3 e 5 della presente legge.

4. Per i beni culturali non assoggettati ai divieti del presente articolo i competenti uffici di esportazione rilasciano l’attestato di libera circolazione.

5. Nella valutazione circa il rilascio o il rifiuto dell’attestato di libera circolazione gli uffici di espor- tazione si attengono a indirizzi di carattere generale stabiliti dal Consiglio nazionale per i beni culturali e ambientali».

Art. 20.

Sostituzione dell’articolo 39 della legge n. 1089 1. L’articolo 39 della legge n. 1089 è sostituito dal seguente:

«Art. 39. – 1. Entro il termine di novanta giorni dalla denuncia, il Ministro per i beni culturali e am- bientali o la regione nel cui territorio si trova l’ufficio di esportazione competente hanno la facoltà di acqui- stare il bene per il valore indicato nella denuncia».

Art. 21.

Certificato di importazione

1. Dopo l’articolo 39 della legge n. 1089 è inserito il seguente:

«Art. 39–bis. – 1. La spedizione o l’importazione in Italia delle cose indicate nell’articolo 35 è certifi- cata, a domanda, dall’ufficio di esportazione.

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