• Non ci sono risultati.

DI EDILIZIA RESIDENZIALE PUBBLICA

Cassazione civile, sez. I, 21 gennaio 1998, n.

511 – Pres. Sensale – Rel. Sotgiu – P.M. Giaca-lone (Conf.) – Panizzon c. Comune di Venezia

2.26240

Non è ravvisabile la violazione dei principi fonda-mentali della legislazione statale nella definizione del «nucleo familiare» di cui all’art. 2 della legge Regione Veneto 12 dicembre 1984, n. 60, contenente specifiche caratteristiche non contrastanti, anche se più restrittive, con la definizione di «nucleo familia-re» quale risultante dall’art. 2 del d.P.R. 30 dicembre 1972, n. 1035.

Motivi della decisione

Col primo motivo di ricorso, la Panizzon sostiene che il Tribunale ha violato l’art. 88 del d.P.R. n.

616/1977, l’art. 3 del d.P.R. n. 1035/1972 e l’art. 2 della L.R. Veneto n. 60/1984 allorché ha ritenuto che non fosse stata stabilita con l’art. 88, n. 13 una riserva statale sui criteri di assegnazione e revoca degli al-loggi popolari. Pur dovendosi infatti riconoscere l’ampia potestà delle Regioni in materia di edilizia residenziale pubblica, non può ritenersi che la legi-slazione regionale abbia abrogato le vigenti leggi sta-tali, che individuano i criteri e gli indirizzi di tale atti-vità, che le Regioni sono delegate ad attuare.

Sebbene la L.R. n. 60/1984 non si pronunci sugli elementi costitutivi del nucleo familiare, tale dispo-sizione non può non essere integrata dall’art. 2, com-ma 3 del d.P.R. n. 1035/1972, che specifica che non possono essere considerati membri del nucleo fami-liare i familiari non a carico del conduttore.

Sussisterebbero pertanto le condizioni per ritene-re tuttora valida l’assegnazione dell’alloggio alla Pa-nizzon.

Col secondo motivo di ricorso, la ricorrente, nell’addurre ulteriore violazione dell’art. 2, comma 3, d.P.R. n. 1035/1972 e 2, L.R. Veneto n. 60/1984, afferma che, essendo la sorella già proprietaria di im-mobile a Mestre, all’epoca in cui fu deliberata la vol-turazione dell’alloggio a suo nome, dopo il decesso di suo padre, dipendente comunale già intestatario del contratto, il Comune aveva ritenuto effettuabile la volturazione nelle stesse circostanze di fatto poi poste a base della revoca.

Entrambi i motivi di ricorso, che investono la pro-blematica dei rapporti fra legislazione statale e legi-slazione regionale nella materia dell’assegnazione di alloggi popolari e dei provvedimenti conseguenti, sono infondati.

Infatti il d.P.R. n. 616/1977, cui si è richiamata la

ricorrente, ha inizialmente previsto un ampio trasfe-rimento alle Regioni delle funzioni relative alla edili-zia residenedili-ziale pubblica (artt. 87, 93 e 94), riservan-do tuttavia allo Stato le funzioni programmatorie e di determinazione dei criteri per l’assegnazione degli alloggi (art. 88, n. 13 cit. d.P.R.).

In forza di tale iniziale disciplina regolatrice, si poteva dunque ritenere che lo Stato si fosse riservata la potestà di legiferare in ordine alle funzioni ammi-nistrative di assegnazione degli alloggi, in considera-zione dell’interesse locale dei Comuni (art. 118, comma 1, II parte Cost.) mentre alle Regioni restava-no assegnate le funzioni di gestione e di riorganizza-zione del patrimonio statale.

Ma la successiva legislazione statale di settore, e in particolare la legge 5 agosto 1978, n. 457, ha am-pliato (art. 4) i poteri programmatori regionali, riser-vando nel contempo allo Stato (che vi provvede con delibere del Cipe) la determinazione dei soli «criteri generali» per l’assegnazione degli alloggi popolari, riserva questa più restrittiva di quella prevista dal ci-tato art. 88, n. 13 del d.P.R. n. 616/1977.

La Corte costituzionale, con reiterati interventi sulla materia, ha seguito una tale evoluzione legisla-tiva, che ha ridotto il campo dell’intervento statale, oltreché alla fissazione dei menzionati «criteri gene-rali», alla indicazione degli organi giurisdizionali cui indirizzare i ricorsi, materia questa riservata allo Sta-to (Corte Cost. nn. 210/1993; 457/1994; 459/1995;

3901/1996) anche dalla recente legge 15 marzo 1997, n. 59 (art. 1, lett. m), che ridefinisce i rapporti fra stato e Regioni.

Il giudice delle leggi ha, in particolare, riconosciu-to l’estensione della competenza legislativa regiona-le sulregiona-le modalità esecutive delregiona-le assegnazioni e loro conseguenze (Corte Cost. n. 727/1988) e sui requisiti per l’assegnazione di alloggi (Corte Cost. n.

1134/1988). Tale giurisprudenza, pur confermando il vincolo, per le Regioni, alle deliberazioni del Cipe sui criteri generali di assegnazione, ha riconosciuto alle Regioni stesse il potere di introdurre specifica-zioni, purché non contrastanti con la «ratio» dei provvedimenti statali, costituendo una tale attribu-zione legittimo conferimento di poteri «nell’artico-lazione organizzativa dell’intervento pubblico del settore, secondo una formula di associazione delle Regioni alle politiche di competenza statale» (Corte Cost. n. 27/1996), pur sempre riferibile al paralleli-smo fra funzioni legislative e funzioni amministrati-ve regionali, di cui agli artt. 117 e 118 Cost.

In un tal quadro normativo, ridisegnato e puntua-lizzato dalla giurisprudenza, i criteri di assegnazione stabiliti dalla L.R. Veneto n. 60/1984 si conformano, con specificazioni che non contrastano con la «ratio»

Civile

846

URBANISTICA E APPALTI n. 8/1998

G

GIURISPRUDENZA

"

del provvedimento statale, ai criteri stabiliti dal Cipe con delibera 19 novembre 1981, come ha già avuto modo di affermare questa Corte con la sentenza n.

8449/1996.

Non può quindi essere posta in dubbio la compe-tenza legislativa regionale nella specificazione del

«nucleo familiare», come composto di consanguinei od anche da estranei, purché conviventi con l’asse-gnatario, potendo una tal nozione variare in relazione alla densità di popolazione delle singole Regioni, e alla diversa conseguente esigenza di assegnare gli al-loggi ai nuclei effettivamente più bisognosi, con un criterio più dettagliato e puntuale di quello stabilito a suo tempo dalla legge statale n. 1035/1972, con ri-ferimento ad un «nucleo familiare» composto soltan-to dei familiari a carico dell’assegnatario.

La Corte Costituzionale ha ulteriormente osservato (sent. n. 1115/1988) che l’attribuzione ai comuni, effet-tuata con il d.P.R. n. 616/1977 (art. 95), del potere di as-segnazione degli alloggi e dei provvedimenti conse-guenziali (revoca e decadenza), non può comportare una riserva della relativa competenza legislativa allo Stato, non potendo la materia delle assegnazioni e dei provvedimenti conseguenziali essere sottratta alla po-testà legislativa regionale, cui va riferita l’attività cen-trale del «servizio casa» per i meno abbienti, col solo limite dei «criteri generali» di cui si è già detto.

Il primo motivo di ricorso è dunque da rigettare, non potendosi ravvisare la violazione di principi fon-damentali della legislazione statale nella determina-zione di specifiche caratteristiche del «nucleo fami-liare» delineato dalla legge regionale del Veneto n.

60 del 1984, non contrastanti, anche se più restrittive, con i caratteri del «nucleo familiare» definiti dall’art.

2 della l. n. 1035/1972.

Deve essere altresì rigettato il secondo motivo di ricorso, poiché, essendo nella specie applicabili i cri-teri di cui alla citata legge regionale, legittimamente è stato ritenuto che non permanessero più in capo all’assegnataria i requisiti per continuare a fruire dell’alloggio pubblico, dopo l’entrata in vigore della L.R. Veneto n. 60/1984.

Infatti, in materia di edilizia residenziale pubblica, anche la fase privatistica, espressa dal rapporto locati-vo conseguito all’assegnazione, è preordinata all’at-tuazione degli scopi sociali e degli interessi pubblici, che costituiscono il fondamento e l’obiettivo della normativa del settore, ed è quindi soggetta alle dispo-sizioni inderogabili di tale normativa (Cass. civ. n.

1206/1992). Pertanto, quando nel corso della locazio-ne, si verifichino modifiche delle condizioni origina-rie contrastanti con la normativa del settore, ancorché sopravvenuta, viene a mancare la causa del rapporto, che necessariamente deve venire a cessare, dovendo i requisiti di legge persistere durante tutto il corso dell’assegnazione.

Né può la ricorrente tardivamente invocare con la memoria la sopravvenienza di altra normativa regio-nale (L.R. Veneto 20 marzo 1990, n. 19) a lei più fa-vorevole; non può infatti in sede di legittimità dedur-si una circostanza che poteva formare oggetto di esame, nel contraddittorio delle parti, nelle prece-denti fasi del giudizio, ove la questione non risulta essere stata trattata.

Consegue l’integrale rigetto del ricorso.

La natura della controversia e la relativa novità delle questioni affrontate comportano la compensa-zione delle spese del presente grado di giudizio.

... Omissis ...

IL COMMENTO

di Monica Guidetti

La fattispecie

Con la decisione in epigrafe, la Corte di cassazione ha ribadito l’interpretazione delle norme legislative che disciplinano la materia dell’assegnazione degli al-loggi di edilizia residenziale pubblica, riconoscendo, di fatto, la competenza legislativa concorrente della Regione nella materia in oggetto, pur non direttamen-te enunciata nell’art. 117 della Costituzione.

Il caso esaminato riguardava un’ipotesi di deca-denza dal diritto di assegnazione di alloggio di pro-prietà comunale, detenuto in locazione da soggetto convivente ed in legame di parentela con altro (sorel-la) già proprietario di immobile. La conduttrice dell’immobile aveva impugnato l’ordinanza di deca-denza emessa dal Sindaco, sostenendone l’illegitti-mità poiché in contrasto con l’art. 2, d.P.R. 30 dicem-bre 1972, n. 1035 recante «Norme per l’assegnazione e la revoca nonché per la determinazione e la revisio-ne dei canoni di locaziorevisio-ne degli alloggi di edilizia re-sidenziale pubblica».

La ricorrente a sua difesa invocava la illegittimità costituzionale degli artt. 2 e 40, L.R. Veneto 12 di-cembre 1984, n. 60, sulla base dei quali il

provvedi-mento di decadenza era stato emesso, per contrasto con l’art. 117 Cost. per avere, il legislatore regionale, esteso le ipotesi di decadenza dall’assegnazione ri-spetto alle previsioni statali (d.P.R. n. 1035/1972).

Il procedimento approdava avanti alla Suprema Corte la quale, applicando i criteri espressi negli artt.

2 e 40, L.R. Veneto n. 60/1984, ha ritenuto non sussi-stessero più i requisiti in capo all’assegnatario per continuare a godere dell’immobile, dal momento che il collaterale, essendo stabilmente convivente, non ri-sultava a carico dell’assegnatario. Infatti, quando nel corso della locazione, si verifichino modifiche delle condizioni originarie contrastanti con la normativa di settore, ancorché sopravvenuta, viene a mancare la causa del rapporto, che necessariamente deve venire a cessare, dovendo i requisiti di legge persistere du-rante tutto il corso dell’assegnazione (1).

Nota:

(1) A conclusioni analoghe era giunta la stessa Cass., sez.

I, nella decisione 25 settembre 1996, n. 8449, in Foro it., Rep. 1996, voce Edilizia popolare, n. 73, concernente una fattispecie nella quale il convivente era divenuto titolare di im-(segue)

Civile

847

URBANISTICA E APPALTI n. 8/1998

G

GIURISPRUDENZA La normativa e la giurisprudenza di riferimento

Il ragionamento della Suprema Corte prende le mosse dall’interpretazione estensiva dell’art. 117 Cost. nel quale vengono puntualmente menzionate le materie di competenza legislativa regionale: tra esse non trova collocazione espressa quella afferente alla edilizia residenziale pubblica.

Già con sentenza 17 luglio 1975, n. 221 (2), segui-ta dalla decisione 22 giugno 1976, n. 140, la Corte co-stituzionale aveva cercato di distinguere, sulla base di criteri omogenei, le diverse competenze istituzio-nali, ampliando i contenuti delle materie «urbanisti-ca» e «lavori pubblici» di cui all’art. 117 Cost. ed in-cludendo in tali nozioni anche l’importante funzione relativa alla prestazione e alla gestione del servizio–

casa, per la disciplina delle assegnazioni (3).

Il potere di intervento della Regione sulla materia relativa alla edilizia residenziale pubblica trovò quindi fondamento giuridico nel d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, che, come è noto, ha trasferito rilevanti funzioni alle Regioni (artt. 93 e 94) in materia di pro-grammazione, di localizzazione, di attività di costru-zione e di gestione di interventi di edilizia residenzia-le e abitativa pubblica, di edilizia convenzionata, agevolata, sociale, nonché le funzioni connesse alle relative procedure di finanziamento, pur ponendo, di contro, un limite preciso nell’art. 88, n. 13. Con tale ultima disposizione, infatti, venivano riservate allo Stato le funzioni amministrative concernenti «la pro-grammazione nazionale e la ripartizione sulla base fra le Regioni del fondo nazionale per gli interventi di edilizia residenziale pubblica, la previsione di pro-grammi congiunturali di emergenza, nonché la deter-minazione dei criteri per le assegnazioni di alloggi e per la fissazione dei canoni» così limitando le funzio-ni delle Regiofunzio-ni ad attività tipicamente ammifunzio-nistrati- amministrati-ve e gestionali.

Ma la giurisprudenza costituzionale (4), sulla scorta della interpretazione della legge 5 agosto 1978, n. 457 è andata oltre.

Pur nella permanenza, infatti, della competenza statale in ordine alla determinazione dei criteri per le assegnazioni degli alloggi, la legge sopracitata ha at-tribuito al Cipe il compito di determinare i criteri ge-nerali delle assegnazioni, e la L.R. veneta ha inteso conformarsi, sia pure con quelle specificazioni che non contrastano con la ratio del provvedimento sta-tale, ai criteri stabiliti dall’indicato comitato intermi-nisteriale (5).

In tal modo la l. n. 457/1978 e le delibere del Ci-pe (6) assunte in base a detta legge hanno finito con il riconoscere alle Regioni anche compiti non stretta-mente correlati alle materie di cui all’art. 117 Cost.

Il rapporto tra gli ambiti di competenza in materia tra Stato e Regioni si è così andato incentrando, an-che nell’evoluzione legislativa e giurisprudenziale, prevalentemente su alcuni concetti di rilevante por-tata tra i quali quello della definizione di «nucleo fa-miliare» (7), venendo di fatto riconosciuta alla Re-gione non solo la possibilità di ridefinirne la nozione rispetto alle previsioni del d.P.R. n. 1035/1972 ma anche di specificare puntualmente i requisiti per le assegnazioni e le ipotesi di decadenza.

Dal combinato disposto degli artt. 2 e 40, L.R. n.

60/1984 si evince infatti la necessità, da parte dell’ente regionale, di ancorare, per scelte di politica sociale, la sussistenza dei requisiti attribuenti il dirit-to all’assegnazione dell’abitazione, non solo al mo-mento della pubblicazione del bando, come previsto dal d.P.R. n. 1035/1972, ma anche al perdurare del rapporto locativo. Da tale premessa discende la deca-denza dall’assegnazione allorché vengano a mancare

Note:

(segue nota 1)

mobile in pendenza del rapporto locativo tra l’assegnatario e il Comune. La Corte, a sostegno della sua decisione, ave-va affermato che la perdita del requisito della mancata di-sponibilità di altro idoneo alloggio deve essere riferita non solo all’assegnatario ma anche a ciascuno degli altri com-ponenti il nucleo familiare.

(2) In Riv. giur. edil., 1976, 196. Vedi anche P. Falcone, A.

Pozzi (a cura di), Il diritto amministrativo nella giurispruden-za, Torino, 1998, 630.

(3) N. Assini (a cura di), Manuale di diritto urbanistico, Mila-no, 1991; in particolare si veda il cap. XII di Pierluigi Mantini, Piani di zona e edilizia residenziale pubblica, 415–448.

(4) L’edilizia residenziale pubblica come tale non è prevista nell’elencazione di cui all’art. 117 Cost., ma costituisce ma-teria composita, articolantesi in una triplice fase, la prima, avente carattere di presupposto rispetto alle altre, propria-mente urbanistica, la seconda, di programmazione e realiz-zazione delle costruzioni, concettualmente riconducibile ai lavori pubblici, entrambe queste, appartenenti alla sfera di attribuzioni delle Regioni a statuto ordinario, la terza, atti-nente alla prestazione e gestione del servizio della casa (svolgimento delle politiche pubbliche della casa, selezione degli utenti beneficiari, determinazione dei canoni, discipli-na delle assegdiscipli-nazioni degli alloggi in locazione o in proprie-tà), la quale ultima non trova un fondamento costituzionale per quanto riguarda la sua appartenenza alle medesime Regioni; pertanto, è inammissibile il conflitto di attribuzioni sollevato da Regioni a statuto ordinario nei confronti della deliberazione del comitato interministeriale per la program-mazione economica 13 marzo 1995, con la quale sono stati dettati, ai sensi dell’art. 2, legge 5 agosto 1978 n. 457, i crite-ri generali per l’assegnazione degli alloggi di edilizia resi-denziale pubblica e per la determinazione dei relativi cano-ni. Corte Cost., 12 febbraio 1996, n. 27, in Cons. Stato, 1996, II, 184, ed in Giur. cost., 1996, 242.

(5) Con sentenza 30 giugno 1988, n. 727 (in Cons. Stato, 1988, II, 1149) la Consulta ha ritenuto ammissibili leggi re-gionali disciplinanti le modalità delle assegnazioni e le suc-cessive vicende (come la decadenza) dei rapporti che ne derivano, sempre che la potestà regionale si conformi al vin-colo costituito dalle determinazioni assunte dallo Stato, tra-mite il Cipe.

Vedi anche Corte Cost., 22 dicembre 1988, n. 1134 (ibid, II, 2294), in cui viene ribadito che «i criteri generali ed i principi direttivi, contenuti nelle deliberazioni Cipe non impediscono alle Regioni di introdurre specificazioni che non contrastino con la ratio della normativa stessa...».

Sulla mancanza di immediata operatività delle delibere Ci-pe, poiché non direttamente incidenti nei confronti dei diretti assegnatari, vedi Tar Lazio, sez. III, 19 gennaio 1987, n.

122, in Trib. amm. reg., 1987, I, 489.

(6) Vedi delibere Cipe 19 novembre 1981 e 13 marzo 1995.

(7) Sulla definizione di nucleo familiare vedi, oltre all’art. 2, d.P.R. n. 1035/1972, anche Cons. Stato, sez. IV, 13 maggio 1980, n. 532. Per un raffronto con le tendenze legislative re-gionali più recenti, che, ampliano tale definizione data nella legge statale, si veda l’art. 2, comma 4, L.R. Veneto 2 aprile 1996, n. 10 (abrogativa della L.R. n. 60/1984) e successive modificazioni e integrazioni.

Civile

848

URBANISTICA E APPALTI n. 8/1998

G

GIURISPRUDENZA

FORMULARIO

DEL PROCESSO PENALE CON FLOPPY DISK