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Cassazione civile, sez. II, 5 gennaio 1998, n. 44 – Pres. Marconi – Rel. Cristarella Orestano – P.M. Cafiero (Conf.) – De Luca c. Beneficio Parrocchiale del Capitolo di S. Pietro in Vati-cano

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Non può esser accolta, per sopravvenuta ineseguibi-lità del contratto, la domanda di esecuzione in forma specifica di un preliminare, diretto a realizzare un frazionamento di un terreno agricolo in lotti a scopo edificatorio (c.d. lottizzazione abusiva cartolare) e stipulato prima dell’entrata in vigore della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (art. 18), poiché è al momento della decisione che occorre verificare se sussistano le condizioni per emettere la richiesta pronuncia co-stitutiva e, in particolare, se il contratto sia ancora in grado di produrre i suoi effetti alla luce della legi-slazione vigente.

... Omissis ...

Motivi della decisione

Con il primo mezzo di ricorso – denunziandosi violazione e falsa applicazione dell’art. 18 legge 28 febbraio 1985, n. 47, in una con difetto di motivazio-ne, ai sensi e per gli effetti dell’art. 360, nn. 3 e 5 cod.

proc. civ. – si lamenta che la Corte territoriale non ab-bia tratto le debite conseguenze dalla corretta pre-messa della riconosciuta erroneità della sentenza di primo grado nella parte in cui questa aveva affermato la nullità del contratto preliminare.

Seguono una serie di censure volte a contrastare le argomentazioni poste a sostegno dell’assunto secon-do cui la fattispecie concreta rientrava nella previsio-ne del citato art. 18, l. n. 47/1985 in materia di lottiz-zazione abusiva.

Si sostiene al riguardo:

— Non essere vera l’affermazione che il terreno promesso in vendita «è inserito in una lottizzazione non autorizzata in ordine alla quale il giudice penale ha adottato le conseguenti statuizioni di condanna», avendo la stessa Corte romana riconosciuto che il De Luca non aveva partecipato al procedimento penale;

— Essere erronea, allora, la valorizzazione, sia pure come indizi, dei fatti accertati dal giudice penale in quella sede, essendo sfuggito alla Corte di merito che i fatti di cui si controverteva nel presente giudizio non erano affatto analoghi a quelli già esaminati in sede penale e che il De Luca aveva fornito ampia pro-va dell’estraneità del negozio che lo riguardapro-va alla lottizzazione abusiva sanzionata dal giudice penale, anche perché l’estensione promessa era di oltre due ettari, il che faceva presumere una destinazione

agri-cola e non certo edificatoria, tanto più che per il ripe-tuto art. 18 i sintomi della lottizzazione abusiva deb-bono essere tali da denunciare «in modo non equivoco» la destinazione a scopo edificatorio;

— Essere contrario al principio di stretta legalità ravvisare una fattispecie di reato senza che ne ricor-rano tutti gli elementi, nessuno escluso, contemplati dalla norma incriminatrice, tanto più quando, come nella specie, il giudice penale abbia ravvisato il reato nella vendita o promessa di vendita di altri lotti molto più piccoli e lo abbia escluso nella vendita in questio-ne;

— Essere frutto di un inammissibile processo alle intenzioni l’affermazione secondo cui al De Luca non poteva sfuggire che il terreno promessogli face-va parte di una più face-vasta area destinata ad essere ur-banizzata;

— Essersi stravolto a tal fine il significato della clausola contrattuale n. 7, che escludeva espressa-mente l’estensione al De Luca delle previsioni dello statuto del Consorzio Acquafredda (costituito con rogito Cinotti 30 luglio 1973 per l’esecuzione delle opere di urbanizzazione delle aree del comprenso-rio), ed essersi ignorata la clausola n. 5 con cui lo stesso De Luca dava atto di essere pienamente consa-pevole della collocazione del fondo in Zona H2 de-stinata a funzione agricola;

— Essersi ravvisata nella richiamata clausola n. 7

«un espediente non riuscito (del De Luca) di allonta-nare da sé ogni conseguente responsabilità, senza ac-corgersi che non si trattava di stabilire se egli fosse a conoscenza della illegittima lottizzazione posta in essere attraverso la frammentazione di altre parti del-la tenuta in piccoli lotti a scopo edificatorio, bensì di verificare se la promessa di vendita di un fondo rusti-co di oltre due ettari potesse rusti-configurare l’illecito contegno descritto nella norma di cui all’art. 18, l. n.

47/1985;

— Essersi attribuito rilievo alla pattuizione del prezzo di £ 5.045 a mq, non lontano da quello di £ 8.000–12.000 stabilito per gli altri lotti più piccoli, senza spiegare perché il Beneficio Parrocchiale avrebbe dovuto cedere al De Luca ad un prezzo così ridotto proprio il fondo di maggiori dimensioni;

— Essere sfuggito alla Corte capitolina, nel mo-mento stesso in cui ha evidenziato la contiguità dell’appezzamento oggetto del contratto con Via del-la Maglianeldel-la, S.S. Aurelia e fascia di rispetto deldel-la stessa, che l’appezzamento medesimo non aveva co-stituito oggetto di frazionamento, trattandosi, a se-guito di parziale esproprio dell’ANAS per la realiz-zazione di una nuova strada, di suolo circoscritto interamente da strade e relative aree di rispetto, il che costituiva una ulteriore ragione per escludere la

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GIURISPRUDENZA correnza della fattispecie di cui all’art. 18 il quale

ri-chiede, infatti, per la configurabilità del reato, il con-corso del frazionamento e della vendita o atti equivalenti, uno dei quali, il primo, mancava nella specie;

— Essersi ulteriormente argomentato dalla circo-stanza che il De Luca aveva stipulato con proprietari (o futuri proprietari) di fondi limitrofi una servitù re-ciproca di passaggio, da riguardarsi essa stessa quale

«infrastruttura urbanistica», mentre una siffatta ser-vitù, costituita su una strada larga appena sei metri lordi, non configura affatto un’ipotesi del genere;

— Essersi ritenuto «elemento di prova ... grave e sintomatico» il fatto che il De Luca non era un agri-coltore perché nel 1979 esercitava il mestiere di arti-giano, come se soltanto un agricoltore potesse ren-dersi acquirente di un fondo rustico e la mancanza di tale qualità imprimesse automaticamente al terreno una destinazione diversa, ed essersi, per converso, negato rilievo alla circostanza che detta qualità era ri-vestita dalla madre del De Luca, facente parte del suo nucleo familiare.

Le su esposte censure sono prive di fondamento.

Occorre sùbito chiarire che la Corte capitolina, lungi dall’incorrere in violazione dell’art. 18 della l.

n. 47/1985, ne ha fatto corretta ed ineccepibile appli-cazione al caso di specie allorquando, una volta emandato l’errore del giudice di primo grado – consi-stito nel dichiarare nullo, per illiceità della causa e per contrarietà a norme imperative, un contratto pre-liminare concluso anteriormente all’entrata in vigore della citata norma e nella vigenza dell’art. 31 della L.U. del 1942 (come modificato dalla l. n. 765/1967) contemplante la lottizzazione abusiva come causa di semplice annullabilità del contratto azionabile dal solo acquirente –, ha tuttavia ritenuto che l’esecuzio-ne di detto contratto, volontaria o coattiva che fosse, dopo l’entrata in vigore del ripetuto art. 18, attualiz-zando quella lottizzazione ormai più severamente sanzionata, sarebbe stata, essa sì, inficiata da illiceità della causa e da contrarietà a norme imperative, dal che la sopravvenuta ineseguibilità del contratto stes-so per inidoneità a produrre i suoi effetti alla luce del-la nuova normativa esistente (v. sent. 17 ottobre 1992, n. 11426 e 3 maggio 1996, n. 4070).

Sgombrato, dunque, il campo dalla denunziata violazione di legge, restano le argomentazioni del motivo in esame volte a contrastare il convincimento della Corte di merito secondo cui quella che si mirava ad attualizzare con la domanda di esecuzione specifi-ca del contratto preliminare ex art. 2932 c.c. era una lottizzazione abusiva, cosiddetta negoziale o cartola-re, in quanto inquadrantesi in un’attività di fraziona-mento e vendita del terreno in vari lotti che, per le lo-ro caratteristiche, denunciavano in maniera non equivoca la destinazione a scopo edificatorio.

Se non che, le doglianze di difetto motivazione che si formulano a tal fine rappresentano, più che al-tro, dei tentativi di sovvertire valutazioni ed accerta-menti di fatto che sono prerogativa inalienabile dei giudici del merito e che non sono suscettibili di sin-dacato in sede di legittimità.

Al riguardo va in primo luogo osservato che il giu-dice d’appello, anche qui emendando un errore del Tribunale, ha ben tenuto presente l’impossibilità di

considerare vincolanti i fatti accertati dal giudice pe-nale in un procedimento al quale il De Luca non ave-va partecipato, ma ha correttamente ritenuto che ciò non impedisce di utilizzare tali fatti come indizi e di valorizzarli autonomamente inserendoli nel com-plessivo quadro probatorio emergente dagli atti.

È inutile, poi, addurre che i fatti accertati in sede penale non erano affatto analoghi a quelli oggetto della presente controversia, poiché, secondo la Corte di merito, era un dato incontestato che il fatto era og-gettivamente lo stesso, cioè che i due ettari di terreno promessi in vendita al De Luca appartenevano alla più vasta tenuta di circa 145 ettari che il Beneficio Parrocchiale aveva frazionatamente ceduta a vari soggetti e di cui si era occupato il giudice penale giungendo alla conclusione della abusiva lottizza-zione.

Occorreva solo stabilire, quindi, data l’estraneità del De Luca al procedimento penale, se nella com-plessiva operazione lottizzatoria, resa palese dalla preventiva costituzione di un apposito consorzio per l’esecuzione delle opere di urbanizzazione delle aree del comprensorio, potesse accomunarsi anche la por-zione di terreno oggetto del contratto preliminare in-tervenuto nel 1979 tra lui e il Beneficio, e a tale pro-blema la sentenza impugnata ha dato soluzione affermativa in base ad una serie di elementi che costi-tuiscono puntuale risposta ai rilievi avanzati con l’odierno ricorso.

Così, all’obiezione, per altro non decisiva, basata sulle maggiori dimensioni di detta porzione rispetto ad altre, si contrappone la logica considerazione che il De Luca si era riservata la facoltà di nominare una o più persone fisiche o giuridiche come acquirenti, in comunione con lui o in sua vece, con la conseguente possibilità di predisporre ulteriori lottizzazioni, co-me era avvenuto per altro soggetto, tal Di Martino, che aveva acquistato per persona da nominare un et-taro del terreno in cui effettivi acquirenti erano stati poi nominati in numero di quattro.

Parimenti, alla critiche volta a contrastare il forte argomento della mancanza nel De Luca della qualità di coltivatore diretto, con l’obiezione che tale qualità sussisteva in capo a sua madre con lui convivente, la Corte romana ha risposto ineccepibilmente che co-stei non era parte del contratto preliminare né risulta-va essere stata mai nominata quale effettirisulta-va acqui-rente (neppure con la citazione introduttiva del giudizio ex art. 2932 c.c.).

Al rilievo della dichiarata natura agricola del ter-reno, come pure a quello della esplicito esonero del De Luca dalla partecipazione al Consorzio Acqua-fredda appositamente costituito per l’urbanizzazione dell’area, si è data adeguata e congrua risposta osser-vandosi, come aveva già fatto questa Suprema Corte in sede penale, che la natura lottizzatoria di un’opera-zione non è esclusa dalla clausola pattizia con la qua-le l’acquirente dichiari di essere al corrente che il ter-reno, catastalmente censito come agricolo, non fa parte di lottizzazione autorizzata e non può essere utilizzato a scopo edilizio, dovendo l’inserimento di tale clausola ritenersi un accorgimento formale per dissimulare un’attività di frazionamento a fine edili-zio e, comunque, un espediente diretto da un lato a

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prevenire eventuali azioni civili dell’acquirente e dall’altro ad eludere la legge.

In positivo, poi, la Corte distrettuale, ad ulteriore conferma della finalità lotizzatoria della promessa di vendita, ha addotto: che il prezzo convenuto, di £ 5045 a metro quadrato, non era lontano da quello (di

£ 8.000–12.000) pattuito per gli altri lotti più piccoli;

che l’ubicazione del terreno compromesso in vendi-ta, a confine con un’importante strada pubblica col-legata alla statale Aurelia era indice sintomatico del probabile sfruttamento edilizio; che altro indice alta-mente significativo era il fatto di avere il De Luca, contestualmente alla stipula del preliminare, costi-tuito mediante scrittura privata con tali Ferro e Pizzu-ti una servitù reciproca di transito pedonale e veico-lare su una strada interpoderale, larga ben sei metri, con sbocchi su Via della Maglianella e sua Via dell’Acquafredda, da considerarsi essa stessa come infrastruttura urbanistica; che il De Luca, appena im-messo nel possesso anticipato del fondo, aveva estrinsecato il suo intento edificatorio dando inizio ad un’attività costruttiva culminata nella realizzazio-ne di un imporealizzazio-nente complesso edilizio contornato da appariscenti segnali pubblicitari, il tutto per lo svol-gimento di attività commerciale (per la quale venne anche costituita una società a responsabilità limita-ta), oltre che per fini abitativi propri e della famiglia.

Tutto questo basta ad escludere la ricorrenza del denunziato difetto di motivazione, evidenziando, in-vece, un iter argomentativo completo ed esauriente della sentenza impugnata, la cui correttezza e coe-renza logica non è in alcun modo inficiata dai rilievi con i quali il ricorrente tenta di svalutare o minimiz-zare i gravi, precisi e concordanti elementi in essa utilizzati, come quando all’argomento del prezzo non molto lontano da quello degli altri lotti più picco-li contrappone l’incongrua pretesa che la Corte spie-gasse perché il Beneficio avesse accettato un prezzo sensibilmente minore proprio per l’area più estesa, salvo ad offrire egli stesso la spiegazione poco dopo, evidenziando ad altri fini che tale area, per la sua con-tiguità con strade pubbliche, era soggetta in parte ad esproprio da parte dell’ANAS, o come quando, a proposito della servitù reciproca di passaggio costi-tuita lo stesso giorno della promessa di vendita, si li-mita debolmente a contestare che una strada interpo-derale larga ben sei metri potesse rappresentare una infrastruttura urbanistica.

Con il secondo mezzo – denunziandosi violazione o falsa applicazione dell’art. 18, legge 28 febbraio 1985, n. 47 nonché degli artt. 1362, 1371, 1418, 2932 c.c., in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c. – si muovono le seguenti altre censure alla sentenza impugnata, in parte ripetitive delle precedenti:

— Aver trascurato di considerare che, per aversi nullità, il frazionamento e la cessione dei lotti debbo-no denunciare in maniera debbo-non equivoca la destinazio-ne a scopo edificatorio, mentre destinazio-nel caso di specie non sussisteva nessuna inequivocità; né assumeva rilievo la circostanza che il fondo rustico in questione faces-se parte della più ampia tenuta Acquafredda, parzial-mente assoggettata a lottizzazione abusiva;

— Non aver considerato alcuni elementi a favore della assoluta regolarità dell’operazione, come il fat-to che era stata ritualmente eseguita la notifica del

contratto preliminare al confinante ai fini della prela-zione agraria, che il Comune di Roma aveva regolar-mente concesso alla coltivatrice diretta Maria Colan-tonio, madre del De Luca e tuttora convivente con lo stesso, l’autorizzazione per l’allacciamento ai pub-blici servizi del fabbricato realizzato sul fondo e che il Beneficio aveva invitato il De Luca ad effettuare il pressoché integrale pagamento del prezzo quando erano orami trascorsi due anni dalla sentenza penale del Tribunale di Roma ed un anno dal suo passaggio in giudicato e quando era ormai entrata in vigore la l. n. 47/1985;

— Aver attribuito rilievo al fatto che il De Luca, dopo l’immissione in possesso, aveva utilizzato una piccola parte del fondo per erigervi la propria abita-zione e per esercitarvi la propria attività commercia-le, circostanze, queste, del tutto irrilevanti, non po-tendo giovare al Beneficio Parrocchiale, ormai in mora dal 31 agosto 1981 l’uso impresso dal promis-sario acquirente ad un lembo del vasto appezzamen-to;

— Essersi, per converso, ignorati, nella motiva-zione della sentenza, i documenti comprovanti la de-stinazione agricola impressa al terreno promesso in vendita, ad eccezione della piccola area di cui sopra.

Anche queste censure sono prive di fondamento, dovendosi richiamare per esse quanto già osservato in linea generale per quelle del primo motivo.

È chiaro, infatti, che quando il ricorrente invoca l’esigenza della inequivoca destinazione del lotto a scopo edificatorio, mostra di dimenticare che tutti gli elementi addotti nella gravata sentenza e infondata-mente criticati col motivo precedente mirano proprio a dimostrare detta inequivocità, cioè che la promessa di vendita del fondo al De Luca si inseriva a pieno ti-tolo, al di là delle parole e delle espressioni usate nel contratto per far apparire una realtà diversa, nel com-plessivo comune intento lottizzatorio che aveva ca-ratterizzato il frazionamento e la vendita della vasta tenuta di cui quel fondo faceva indiscutibilmente parte integrante, dal che l’inconferenza del richiamo alla sentenza 2 febbraio 1988, n. 949 di questa Corte regolatrice secondo cui non è nulla per illiceità della causa «la promessa di vendita di parte di un fondo che, ancorché analoga ad altri atti di disposizione di ulteriori frazioni dello stesso, non faccia riferimento, né preveda infrastrutture di urbanizzazione, compor-tando la mera alienazione di suolo privo di rilievo ur-banistico senza assumere funzione prodromica di lottizzazione» (proprio il contrario di quanto ritenuto nel caso di specie).

E di fronte alla ritenuta validità di detti elementi non vale dolersi (per altro al di fuori di una esplicita denuncia di omessa motivazione) della mancata con-siderazione di altri fatti e circostanze chiaramente non decisivi o addirittura insignificanti, come l’avere i contraenti provveduto agli incombenti prescritti dall’art. 8 della l. n. 590/1965 in materia di prelazio-ne agraria o l’avere, la madre del De Luca con lui convivente, chiesto ed ottenuto l’allacciamento ai servizi pubblici del fabbricato realizzato sul fondo ai servizi pubblici o l’avere il Beneficio Parrocchiale chiesto il pagamento del residuo prezzo dopo l’entra-ta in vigore della l. n. 47/1985.

Non si comprende, poi, l’obiezione secondo cui

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GIURISPRUDENZA non poteva giovare al Beneficio, in mora dal 31

ago-sto 1981, l’uso impresso dal promissario acquirente da un «lembo del vasto appezzamento», giacché tale uso per edificazione di una rilevante porzione (e non di un semplice lembo) del terreno è stato addotto dal-la Corte di merito quale ulteriore sintomo del comu-ne intento lottizzatorio e, d’altra parte, vertendosi in materia di nullità, e non di risoluzione per inadempi-mento, poco importa a chi esso abbia in definitiva giovato.

Con il terzo mezzo – denunziandosi ulteriore vio-lazione o falsa applicazione degli artt. 1418 e 2932 c.c. e dell’art. 18, l. n. 47/1985, in una con difetto di motivazione, in relazione all’art. 360, nn. 3 e 5 c.p.c.

– si lamenta che la Corte del merito non si sia neppure avveduta dell’esistenza in atti del certificato di desti-nazione urbanistica rilasciato dal Comune di Roma, il che escludeva l’applicabilità del citato art. 18 il quale ricollega espressamente la nullità degli atti

«aventi ad oggetto trasferimento o costituzione o scioglimento della comunione di diritti reali relativi a terreni» soltanto alla mancata allegazione di detto certificato;

Si deduce, poi, che, anche ad ammettere, in via di mera ipotesi, l’intervenuta violazione di norme pena-li, ciò non significava che dovesse conseguire la nul-lità del contratto, come può desumersi facilmente dallo stesso art. 1418 c.c. che fa salva ogni diversa di-sposizione di legge.

Neppure queste censure hanno pregio.

Basti osservare al riguardo che l’allegazione del certificato di destinazione urbanistica poteva valere ad escludere la nullità testuale specificamente commi-nata dal secondo comma dell’art. 18, l. n. 47/1985 per la mancanza di detto certificato, ma non, certo, quella (c.d. virtuale) per contrarietà alla norma imperativa in materia di lottizzazione abusiva, né, tanto meno, quel-la per illiceità delquel-la causa, previste, rispettivamente, dal primo e dal secondo comma dell’art. 1418 c.c.

Nel caso di specie la Corte romana ha ravvisato entrambe tali ragioni di nullità senza che sulla

secon-da vengano mosse specifiche censure col ricorso, per cui si appalesa inutile e privo di interesse l’argomen-to secondo il quale alla violazione della norma pena-le non consegue sempre necessariamente la nullità del contratto, stante la salvezza contenuta nel primo comma dell’art. 1418 c.c. («salvo che la legge di-sponga diversamente»).

Tale salvezza, infatti, riguarda solo l’ipotesi di pu-ra e semplice contpu-rarietà a norme impepu-rative (per la

Tale salvezza, infatti, riguarda solo l’ipotesi di pu-ra e semplice contpu-rarietà a norme impepu-rative (per la