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LE ASSOCIAZIONI AMBIENTALISTE E LA LEGITTIMAZIONE AL RICORSO

CONTRO LE CONCESSIONI EDILIZIE

Consiglio di Stato, sez. V, 10 marzo 1998, n. 278 – Pres. Ruoppolo – Est. Lipari – Associazione Legambiente c. Comune di Civitanova Marche e altri

2.22664

Gli artt. 13 e 18, legge 18 luglio 1986, n. 349 sono attributivi di una legittimazione eccezionale alle as-sociazioni ambientaliste, limitata alla tutela del solo interesse sostanziale alla salvaguardia dell’ambien-te qualificato da quelle norme.

L’oggetto della legittimazione all’azione da parte delle associazioni ambientaliste «individuate» si esaurisce nelle norme introduttive di tale forma di accesso al giudizio, dimodoché esso è insensibile ad interventi legislativi che incidano sulla nozione di ambiente che, ai fini dell’individuazione dell’ambito oggettivo del diritto all’azione, resta specificata nell’art. 18 della l. n. 349/1986.

... Omissis ...

Diritto

Con ricorso notificato il 24 e il 25 ottobre, l’asso-ciazione «Lega per l’ambiente», riconosciuta con de-creto del Ministero dell’Ambiente 20 febbraio 1987 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 48 del 27 feb-braio 1987), chiedeva l’annullamento dei seguenti atti:

a) licenza edilizia rilasciata dal sindaco di Civita-nova Marche in data 10 novembre 1975 al Sig. Elpi-dio Berdini, unitamente a tutti i successivi atti di pro-roga e di varianti (concessioni edilizie n. 2287 del 19 settembre 1979, n. 10908 del 20 giugno 1985, n.

2708 del 13 luglio 1987, n. 13353 del 7 dicembre 1988);

b) concessione edilizia n. 14205 del 20 febbraio 1989, rilasciata alla società Creazioni Eleganza Ex-port.

La decisione appellata ha rilevato l’inammissibi-lità del ricorso, in quanto, a suo dire, la legittimazio-ne ad agire delle associazioni di proteziolegittimazio-ne ambien-tale di cui all’art. 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349, istitutiva del Ministero dell’ambiente, deve essere

«circoscritta alla tutela degli interessi ambientali specificamente individuati dalla detta legge e coinci-denti con i compiti affidati all’amministrazione per la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale e la difesa delle risorse naturali».

Secondo il tribunale, «la Lega Ambiente è, nella fattispecie, carente di legittimazione ad agire in quanto ha azionato una pretesa esclusivamente urba-nistica: nella zona interessata dalle impugnate

con-cessioni edilizie non sono, infatti, individuabili valo-ri ambientali giuvalo-ridicamente tutelati, essendo assenti regimi di vincolo legislativo o amministrativo preor-dinati ad accertare la valenza dal punto di vista am-bientale del relativo ambito territoriale ed idonei, co-me tali, a limitarne o, quanto co-meno, a condizionarne l’utilizzazione a fini edilizi od urbanistici».

L’appellante censura analiticamente la decisione di primo grado, riproponendo i motivi di gravame non esaminati dal tribunale.

L’appello è infondato.

La Sezione, prescindendo dai profili di tardività del ricorso di primo grado, ritiene di dover conferma-re l’indirizzo interpconferma-retativo secondo il quale gli artt.

13 e 18, legge 8 luglio 1986 n. 349 sono attributivi di una legittimazione eccezionale alle associazioni am-bientalistiche, che va peraltro delimitata in relazione alla qualificazione dell’interesse sostanziale fornita dalle norme di legge; tale interesse si radica in capo alle associazioni ambientalistiche riconosciute, de-terminando la legittimazione ad agire, nella misura in cui l’interesse ambientale assume giuridica rile-vanza in forza della previsione normativa, e poiché detto interesse viene identificato da un particolare ti-po di norme aventi valenze organizzative, quali quel-le sull’istituzione del Ministero dell’ambiente, è nei limiti tracciati da tali norme ovvero da altre fonti le-gislative intese a identificare beni ambientali in sen-so giuridico, che il detto interesse assume «qualifica-zione»; pertanto, è da escludere che la legittimazione delle associazioni ambientalistiche possa riguardare l’impugnazione di atti che abbiano valenza mera-mente urbanistica, cioè diretti esclusivamera-mente alla gestione del territorio, senza alcuna incidenza sui va-lori ambientali (Consiglio Stato, sez. IV, 28 febbraio 1992, n. 223).

In questa cornice di riferimento la nozione di «am-biente», rilevante ai fini della legittimazione al ricor-so, non può essere desunta dall’art. 82 del D.P.R. n.

616/1977, trattandosi di disposizione precedente la normativa del 1986 e destinata a definire la riparti-zione delle competenze statali e regionali, senza di-sciplinare i poteri processuali delle associazioni di protezione ambientale.

Per le stesse ragioni, l’ambito oggettivo del diritto di azione delle associazioni ambientalistiche non ri-sulta ampliato dall’art. G38 del Trattato di Mastricht, che ha introdotto l’art. 130 R del Trattato istitutivo della Comunità europea, che disciplina la politica della Comunità in materia ambientale.

La norma comunitaria individua le nuove compe-tenze delle istituzioni sovranazionali, senza per que-sto attribuire un nuovo titolo di legittimazione pro-cessuale alle associazioni.

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GIURISPRUDENZA Del tutto trascurabile è anche l’innovazione

deri-vante dall’art. 17, comma 46 della legge 15 maggio 1997, n. 127, secondo cui le associazioni di protezio-ne ambientale «possono, protezio-nei casi previsti dall’art. 18 della legge 8 luglio 1986, n. 349, impugnare davanti al giudice amministrativo gli atti di competenza delle regioni, delle province e dei comuni».

La norma svolge solo una funzione chiarificatri-ce in ordine alla impugnabilità di atti emanati da

am-ministrazioni non statali. Peraltro, l’esplicito rinvio all’art. 18 della legge n. 346/1986 rende evidente che il ricorso è ammissibile solo nei limiti in cui i provvedimenti censurati concernono la materia am-bientale.

Conclusivamente, quindi, l’appello deve essere ri-gettato con la conseguente conferma della sentenza impugnata.

... Omissis ...

IL COMMENTO

di Stefano Toschei

Tutela del territorio ed alchimie giuridiche La questione della legittimazione al ricorso da parte delle associazioni ambientaliste e la latitudine entro la quale essa può esprimersi rappresentano due facce di un problema «centrale» della giustizia am-ministrativa che ciclicamente viene riproposto all’at-tenzione del giudice amministrativo. Tale argomen-to, infatti, contiene elementi che sono permeabili al trascorrere del tempo ad alle mutate esigenze di una società in continuo divenire. La corretta gestione del territorio e gli strumenti apprestati per la tutela degli interessi superindividuali, che vengono alla luce di-nanzi alla compromissione del bene–ambiente, onto-logicamente si pongono quali aspetti primari della evoluzione normativa, nazionale e comunitaria, e dell’attività adeguatrice della giurisprudenza, il cui grado di elasticità viene di volta in volta saggiato dai diversi soggetti portatori di nuove istanze da parte dell’opinione pubblica, al fine di acquisire maggiori potenzialità sindacatorie nei confronti dell’attività autoritativa incidente su di un bene della vita a frui-zione non individuale.

Alla Quinta Sezione è stata offerta la chance di provare il grado di elasticità raggiunto dalla giuri-sprudenza in detto settore primario dell’esperienza amministrativa, affrontando in una sola volta e con un solo ricorso le tematiche principali evocabili in materia. La pronuncia del 1998 conferma i risultati, già molto avanzati, fatti propri dalla giurisprudenza degli ultimi anni, ritenendo tuttavia che un ulteriore balzo in avanti attualmente non sia giustificato dal panorama normativo, non solo nazionale, presente in questo momento storico. In altri termini, il messag-gio di moderazione, nell’ambito di un orientamento tendenziale sempre pronto ad accogliere con favore gli input di novità discendenti dalle scelte operate dal legislatore in sede nazionale e comunitaria, che emerge dalla decisione in esame, tende a voler sotto-lineare come ogni apertura giurisprudenziale che non sia frutto di una momentanea esigenza di cam-biamento, per essere duratura fino al punto di acqui-sire solidità, deve essere strettamente ancorata al da-to normativo che si trae dalla legislazione esistente in un determinato momento storico. Finendo, altri-menti, per tradursi in un mero abbaglio emozionale privo di consistenza giuridica, ogni altro tentativo di forzare una realtà settoriale che fin dal primo approc-cio ha conosciuto nella produzione legislativa l’uni-ca e concreta forma di intervento strutturale.

In questo contesto, la decisione del Consiglio di Stato n. 278/1998 permette di fare il punto su alcuni temi noti, ma le cui modalità di considerazione, come si è già detto, sono legate al trascorrere del tempo ed alle esigenze di tutela di un bene che più di ogni altro fa dipendere la sua sopravvivenza dalla efficacia de-gli strumenti di tutela apprestati e dalla tempestività di intervento anche in campo giuridico, dovendo co-munque questo settore agevolare e non disperdere l’impegno del mondo scientifico.

In particolare si tenterà in questa sede di precisare fino a che punto l’interesse superindividuale ha rag-giunto una considerazione tale da assurgere a posi-zione giuridica sostanziale tutelabile innanzi al giu-dice, affrontando sia la tematica della legittimazione al ricorso sia delle possibili estensioni della nozione di ambiente al fine di ricomprendere in essa settori normalmente esclusi, allo scopo di allargare la gam-ma delle azioni sussumibili nell’alveo dei ricorsi in materia ambientale nonché la platea dei soggetti che di tali azioni siano riconosciuti titolari.

Il ruolo della giurisprudenza amministrativa Soltanto un decennio orsono si discuteva animata-mente in dottrina sulla necessità di mantenere una di-stinzione tra interessi legittimi ed interessi collettivi e diffusi che avesse una valenza non solo processuale ma, soprattutto, sostanziale (1).

In questo contesto, va ricordato come qualche an-no addietro alcuni studiosi dei diversi rami del diritto avevano correttamente richiamato l’attenzione del mondo giuridico sulla necessità di dare ingresso a forme di tutela degli interessi superindividuali, an-che in ragione di quel an-che proponeva l’esperienza straniera in materia di difesa dei consumatori e di di-fesa dell’ambiente (2). Di lì a poco si sarebbe

defini-Note:

(1) P. Salvatore, Il problema della legittimazione: interesse legittimo, interesse diffuso, interesse di fatto, in Studi per il centenario della Quarta Sezione, Roma, 1989; N. Tocker, voce Interessi collettivi e diffusi, in Enc. giur. Trecc., vol.

XVII, Roma, 1989.

(2) Le problematiche di cui al testo vennero affrontate al convegno di Pavia del 1974 ed a quello di Salerno nel 1975.

Vedi, sul punto: F.G. Scoca, La tutela degli interessi collettivi nel processo amministrativo, in Le azioni a tutela di interessi collettivi, in Atti del convegno di Pavia, Padova, 1986, 2;

AA.VV., La tutela degli interessi diffusi nel diritto comparato, in Atti del convegno di Salerno, 1976, Milano.

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GIURISPRUDENZA

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tivamente affermata quella teoria che non vede diffe-renze sostanziali tra la posizione soggettiva di interesse individualmente considerato e quella di soggetti cd. esponenziali portatori delle istanze di una collettività di individui ben determinata, ricono-scendo ad entrambe la medesima dignità in sede di iniziativa processuale (3).

L’acquisizione della consapevolezza, negli stu-diosi dapprima e nella giurisprudenza poi, della ca-pacità di riconoscimento di un interesse collettivo ac-canto, ad un interesse individuale, che costituisca non meramente la somma aritmetica degli interessi dei singoli componenti della collettività, ma rappre-senti un luogo giuridico nel quale si coagula la ten-sione degli appartenenti alla collettività verso la sal-vaguardia di un bene della vita che tutti li accomuna, consentendone una fruizione congiunta, non avrebbe raggiunto quella effettività che oggi viene normal-mente attribuita all’interesse collettivo, quale posi-zione sostanziale, se non vi fosse stato un preciso at-teggiamento del sistema positivo verso una estensione del panorama degli interessi tutelabili che superasse la angusta dizione dell’art. 26 del T.U. n.

1054/1924 (4).

Il problema della rilevanza o meno degli interessi collettivi (o di categoria o di gruppo), in uno con la asserita affrancazione dalla gamma più generale de-gli interessi legittimi, è stato da sempre attraversato, prima ancora della questione sulla sostanzializzazio-ne di tale posiziosostanzializzazio-ne soggettiva, dalla difficoltà di ri-conoscimento della legittimazione a ricorrere in ca-po alle formazioni sociali che pretendevano di assumere iniziative processuali a tutela delle posi-zioni comuni agli aderenti. Il fenomeno del plurali-smo, che esalta la formazione di gruppi che si fanno portatori di interessi che sono distinti e spesso con-trapposti all’interesse di altri gruppi ed a quello gene-rale, doveva da un punto di vista giuridico essere contenuto entro limiti che evitassero di rischiare da un lato una superfetazione di soggetti riconosciuti come legittimati al ricorso e, per altro verso, chiaris-sero preliminarmente quali indici di qualificazione dovessero essere privilegiati al fine di costruire un si-stema di personalizzazione dell’interesse, anche con riferimento a posizioni non individuali, ma pur sem-pre individuabili.

In una prima fase le difficoltà di soggettivizzazio-ne vensoggettivizzazio-nero superate attraverso lo schermo dell’ente esponenziale, inteso nelle sue possibilità di essere soggetto pubblico, privato ovvero associazione non riconosciuta, relegando nel settore degli interessi cd.

adespoti tutte quelle posizioni non giuridicamente ri-conducibili ad alcun soggetto né individuale né col-lettivo (5). L’interesse colcol-lettivo diviene una figura dell’interesse legittimo, dal quale si differenzia perché gli elementi di giuridicizzazione della posi-zione del soggetto esponenziale passano attraverso la valorizzazione del momento organizzativo: mentre l’interesse diffuso mantiene la sua magmaticità a ca-gione di una concentrazione di titolarità in un sogget-to, più o meno organizzasogget-to, ben definisogget-to, l’interesse collettivo supera l’ostacolo della fluidità ed indiffe-renziazione della propria dimensione in forza della personalizzazione in capo al soggetto attivo. La si-tuazione attiva parte al medesimo stato di

valorizza-zione e di consideravalorizza-zione nell’ordinamento sia per gli interessi collettivi che per quelli diffusi tuttavia, mentre per questi ultimi lo stato potenziale che li con-traddistingue naturalisticamente (sempre da un pun-to di vista di qualificazione giuridica) permane e non si modifica conservando la propria condizione di la-tenza, i primi rinvengono un momento di coagulo de-cisivo nell’ente esponenziale e nella capacità orga-nizzativa di questo, trasformandosi in posizioni giuridiche soggettive di interesse tutelate dall’ordi-namento alla stregua degli interessi legittimi (6).

La giurisprudenza non ha mai dubitato che un ente esponenziale possa essere legittimato a ricorrere in quanto tale, impugnando cioè i provvedimenti diret-tamente lesivi della sua sfera giuridica (7), ciò che invece si riconosce a queste forme associative è la lo-ro capacità di trasformarsi in organismi di rappresen-tanza degli interessi dei soggetti singoli che in esse si riconoscono e che trovano tutela giurisdizionale, non altrimenti accordabile se mantenuti allo stato in-dividuale, proprio perché veicolati nel giudizio dall’ente esponenziale che se ne impossessa renden-doli propri (8).

Note:

(3) R. Ferrara, Interessi collettivi e diffusi (Ricorso giurisdi-zionale amministrativo), in Dig. disc. pubb., vol. VIII, Torino, 1993, 481.

(4) P. Salvatore, Il problema, cit., 510.

(5) Tale conclusione è avvertita da M.S. Giannini, La tutela degli interessi collettivi nei procedimenti amministrativi, in Le azioni a tutela di interessi collettivi, Padova, 1976, 23;

Berti, Interessi senza struttura (cd. interessi diffusi), in Studi in onore di A. Amorth, Milano, 1982, I, 67; R. Ferrara, Gli in-teressi superindividuali fra procedimento amministrativo e processo: problemi e orientamento, in Dir. proc. amm., 1984, 48.

(6) F.G. Scoca, voce Interessi protetti, in Enc. giur. Trec., Roma, 1989; R. Ferrara, op. cit., 488; U. Zingales, Nuove prospettive in tema di tutela giurisdizionale degli interessi diffusi, sia collettivi che «addespoti», in I T.A.R., II, 1995, 185. Parzialmente difforme si pone il pensiero di M. Nigro, Le due facce dell’interesse diffuso: ambiguità di una formula e mediazioni della giurisprudenza, in Foro it., 1987, V, 7, lad-dove l’Autore rileva come l’accoglimento di una costruzione dell’interesse collettivo tutta orientata a rivestire di particola-re considerazione il fenomeno organizzatorio finisce con il sottovalutare l’interesse del singolo individuo, relegandolo nell’ambito della sommersa indefinibilità dell’interesse diffu-so, finendo così per negare tutela alla persona singola, e cioé all’uomo «nella sua condizione di portatore di bisogni e di impulsi fisici e psicologici» e trascurandone in tal modo la proiezione della dimensione soggettiva.

(7) Cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. VI, 25 novembre 1969, n. 744, in Cons. Stato, 1969, I, 2364; Cons. Stato, sez. VI, 16 ottobre 1952, n. 725, in Cons. Stato, 1952, I, 1369.

(8) Non si ripropone più ormai quella confusione che ha ac-compagnato i primi esperimenti giurisprudenziali in materia e che hanno trovato nella annosa e tormentata vicenda di

«Italia Nostra», uno dei più spiccati esempi di incapacità di dialogo tra il giudice ordinario e quello amministrativo su ar-gomenti che spesso non presentano in concreto quella lon-tananza di interpretazione che le decisioni dei due supremi consessi mostrano di voler evidenziare. Non mette conto, in questa sede, ripercorrere le tappe segnate dalle diverse decisione succedutesi (Cons. Stato, sez. V, 9 marzo 1993, n. 253, in Cons. Stato, 1973, I, 419; Cass., Sez. un., 8 mag-gio 1978, n. 2207, in Foro it., 1978, I, 1091), va soltanto evi-(segue)

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GIURISPRUDENZA Fin dall’inizio la giurisprudenza prese ad esempio

di tale riconosciuta valorizzazione degli enti portato-ri di interessi supeportato-rindividuali le associazioni sinda-cali e professionali nonché gli ordini ed i collegi pro-fessionali: fu attraverso la istituzionalizzazione normativa degli organismi deputati alla cura degli in-teressi di gruppo che si passò, in una seconda fase della giuridicizzazione degli interessi superindivi-duali, a preferire una preventiva selezione ad opera del legislatore dei soggetti ammessi ad esercitare la salvaguardia giurisdizionale delle istanze di grup-po (9).

Il dinamico divenire della considerazione degli in-teressi collettivi nella interpretazione giurispruden-ziale ha costituito, se così si può dire, la palestra degli esercizi riconoscitivi degli interessi diffusi, a fronte di un inquadramento dogmatico tradizionalmente ri-volto a voler attribuire a questa gamma di tensioni su-perindividuali, verso beni della vita a fruizione co-mune, una configurazione ambigua e, soprattutto, lontana dalle categorie apprezzate dall’ordinamento.

Da un lato, infatti, le possibilità garantiste accor-date agli interessi cd. adespoti sono state ammesse soltanto quando la lesione si era già verificata, e dun-que escludendosi una sostanzializzazione della posi-zione soggettiva interessata dal provvedimento auto-ritativo ad incisione negativa e limitando l’apertura di tutela alla considerazione in chiave meramente processuale di situazioni rilevanti solo perché già compromesse. Per altro verso, l’impegno di una giu-risprudenza, che definire pretoria potrebbe suonare ingiustamente riduttivo, verso il superamento degli ostacoli comunemente riconosciuti all’accoglimento processuale di istanze riconducibili ad interessi non individuali, assumeva connotati sempre più pionieri-stici laddove, accanto alla acquisizione di indicizza-zioni certe sulla rilevanza della posizione del gruppo, finiva con il tendere verso il riconoscimento della le-gittimazione ad agire anche con riguardo a singoli in-dividui allorquando l’interesse del gruppo dinanzi al provvedimento si stemperava lasciando emergere l’interesse del singolo.

Sostanzializzazione dell’interesse superindividuale...

Va registrata, quindi, questa particolare e per certi versi incredibile successione di avvenimenti che hanno dapprima visto protagonista l’affermazione dell’interesse collettivo come posizione soggettiva sostanziale, e non più solo processuale, riferibile al gruppo e poi la condizione dell’interesse diffuso che, alla ricerca di un proprio riconoscimento e di una propria identità giuridica, finisce con trovare quegli strumenti di tutela, che andava cercando come posi-zione soggettiva riferibile anch’esso ad un gruppo, sol quando i particolarismi insiti anche nell’interesse collettivo trovano una loro affermazione in sede di ammissione alla tutela giurisdizionale. Possono di-stinguersi tre fasi cronologicamente individuabili nel tempo:

a) in un primo approccio verso la fine degli anni

’70, come si è visto, l’interesse collettivo raggiunge la soggettivizzazione quando viene valorizzato il momento organizzativo delle associazioni che si

fan-no portatrici degli interessi del gruppo. In questo frangente gli interessi diffusi rimangono adespoti con conseguente disinteresse della giurisprudenza verso un riconoscimento di margini di tutela (10);

b) in un fase successiva è il legislatore a connettere rilevanza all’interesse collettivo, individuando nor-mativamente i soggetti che ne sono gli istituzionali portatori ed attribuendo loro la gamma di strumenti di tutela giurisdizionale che l’inadeguatezza di un si-stema processuale, civile, penale ed amministrativo non sempre è in grado di poter assicurare. Il processo di normativizzazione, che solo più tardi troverà ap-plicazione anche per gli interessi diffusi, permette la giurisprudenza di orientare i propri sforzi verso al-tri settori ai quali estendere le garanzie di salvaguardia di posizioni soggettive (che poi si iden-tificano con la tutela di beni della vita intesi sia da un livello di fruizione particolare che collettivo): emer-gono in questo contesto la necessità di ritagliare spa-zi all’interno della tutela giudispa-ziale degli interessi di

Note:

(segue nota 8)

denziato come la decisione conclusiva della vexata quae-stio abbia definitivamente accantonato il requisito della per-sonalità giuridica quale indizio sufficiente a riconoscere

denziato come la decisione conclusiva della vexata quae-stio abbia definitivamente accantonato il requisito della per-sonalità giuridica quale indizio sufficiente a riconoscere