• Non ci sono risultati.

Capitolo 5 Doppi bipoli

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "Capitolo 5 Doppi bipoli"

Copied!
46
0
0

Testo completo

(1)

Doppi bipoli

Nei due capitoli precedenti, ci siamo occupati di reti elettriche fatte soltanto di bipoli. I circuiti elettrici sono, invece, composti non soltanto di bipoli, ma anche di altri tipi di oggetti, che prendono in generale il nome di ‘componenti’. Tra questi, i più comuni, specie nelle applicazioni di tipo elettronico (telefoni, TV, computers), sono senz’altro da annoverare i cosiddetti doppi bipoli.

In questo capitolo, ci proponiamo innanzitutto di spiegarvi cos’è, in generale, un doppio bipolo; poi, vogliamo mostrarvi come la Teoria dei Circuiti, che abbiamo finora sviluppato limitatamente alle reti fatte di soli bipoli, si applichi con estrema naturalezza e semplicità anche alle reti costituite di bipoli e di doppi bipoli; infine, introdurremo i principali tipi di doppi bipoli che spesso adopereremo nel seguito.

In sostanza, al termine di questo capitolo, avrete tutte le informazioni che occorrono per risolvere una qualsiasi rete, fatta sia di bipoli che di doppi bipoli, in regime stazionario. Potremo proprio dire, allora, di essere un bel pezzo avanti nel nostro studio dei circuiti elettrici ed elettronici!

5.1 Definizione e grandezze fondamentali

Per familiarizzarvi subito con un esempio che è certamente noto a tutti, pensate a quegli oggetti che vengono di solito chiamati ‘alimentatori’, oppure ‘carica - batterie’, e che si usano per ‘mettere in carica’ i telefonini portatili, oppure i

‘personal’ portatili, ma anche per i piccoli apparecchi radio, TV e hi-fi. Questi oggetti si presentano grosso modo come mostrato in Figura 5.1: sono costituiti, cioè, di un corpo centrale dal quale fuoriescono due cavi, ciascuno dei quali fatto a sua volta di due fili conduttori ricoperti di isolante. Di solito, uno dei due cavi termina con una spina, mentre l’altro termina con una ‘presa’, che contiene due o tre fori nei quali si possono opportunamente infilare gli spinotti (di solito molto piccoli, questa volta) dei vari apparecchi.

(2)

Figura 5.1: un alimentatore commerciale per telefoni cellulari.

Prescindendo, comunque, dagli aspetti esteriori (dimensione, colore, forma) cosa possiamo dire che tutti i doppi bipoli hanno in comune? Che sono fatti concettualmente come in Figura 5.2: sono costituiti, cioè, da un corpo centrale da cui escono due coppie di fili conduttori, indicati in Figura 5.2 rispettivamente come la coppia ‘primaria’ 1-1' e ‘secondaria’ 2-2'.

1

1'

2

2'

Figura 5.2: un generico doppio bipolo.

Come nel caso dei bipoli, anche i doppi bipoli possono essere collegati ad altri componenti, siano essi bipoli, oppure altri doppi bipoli, soltanto attraverso i rispettivi morsetti. In Figura 5.3 è individuata, ad esempio, una tipica situazione di una rete fatta di due bipoli e due doppi bipoli collegati fra loro (in questo caso, si dice ‘in cascata’).

(3)

Prima di ogni altra cosa, occorre chiarire il seguente fatto fondamentale, che riguarda le reti che contengono doppi bipoli, oltre che bipoli: le leggi di Kirchhoff (sia LKC che LKT) continuano a essere valide esattamente nello stesso modo in cui valgono per le reti di soli bipoli, e continuano ad essere applicate nello stesso modo.

Nel seguito, faremo svariati esempi per rendere evidente questo fatto fondamentale.

Per il momento, ci limiteremo ad usarlo quando ci servirà.

Cominciamo, così, col mostrarvi un fatto molto importante che è alla base del funzionamento di tutti i doppi bipoli, e che discende direttamente dalle LK.

Come d’abitudine, cominciamo con le operazioni ‘di rito’, e cioè cominciamo a segnare casualmente le frecce che indicano le correnti su tutti i terminali di bipoli e doppi bipoli, nonché ad indicarle con nomi arbitrari. Per semplicità, scegliamo le frecce come mostrato in Figura 5.3, ma, lo ripetiamo, avremmo potuto scegliere in qualsiasi altro modo, e sarebbe stata la stessa cosa. Scegliendole così, riusciremo a esprimere le conseguenze delle LK in modo più semplice e facile da ricordare:

questo è l’unico motivo per cui vi consigliamo di metterle sempre così.

1 1'

2 2'

3 3'

B1 B2

I1D1

I1'D1 I2'D1

I2D1 I1D2

I1'D2

I2D2

I2'D2 S2

S1

D2 D1

Figura 5.3: un generico collegamento tra bipoli e doppi bipoli.

A questo punto, cominciamo ad applicare la LKC a una superficie chiusa come quella indicata con S1 in Figura 5.3. Si ha subito:

+ I1D1 - I1'D1 = 0 → I1D1 = I1'D1 .

Ciò significa che, indipendentemente da come sia fatto ‘dentro’ il doppio bipolo D1, la corrente che ‘entra’ nel suo morsetto primario 1 è necessariamente uguale (per la LKC, appunto) alla corrente che ‘esce’ dall’altro morsetto primario 1'.

Applichiamo, ora, la LKC alla superficie chiusa S2 in Figura 5.3, ottenendo subito:

- I2D1 + I2'D1 = 0 → I2D1 = I2'D1 .

(4)

Come per i morsetti primari del doppio bipolo D1, anche a quelli secondari succede quindi la stessa cosa: anche stavolta, la corrente che ‘entra’ nel morsetto secondario 2 è uguale a quella che ‘esce’ dall’altro morsetto, 2', dello stesso doppio bipolo.

A questo punto, il gioco dovrebbe essere chiaro: ragionando come nel caso del primo doppio bipolo, anche per il secondo si conclude facilmente che

I1D2 = I1'D2 , I2D2 = I2'D2 ,

e cioè che, anche per D2, vale la proprietà che la corrente I1D2 che ‘entra’ nel morsetto (primario per D2) 2, è uguale a quella, I1'D2, che ‘esce’ dall’altro morsetto (sempre primario per D2), 2'. Similmente per le due correnti I2D2 e I2'D2, che, rispettivamente, ‘entrano e escono’ dai morsetti secondari di D2.

La conclusione cui giungiamo è dunque molto semplice, e può essere espressa dicendo che, considerato un qualsiasi doppio bipolo indicato come in Figura 5.4, comunque esso sia fatto ‘dentro’, cioè qualsiasi cosa contenga all’interno del suo involucro, quando è collegato a una qualsiasi rete, fatta di bipoli e di altri doppi bipoli (quanti ne vogliamo), deve accadere necessariamente, per la LKC che

I1 = I1' , I2 = I2' .

1

1'

2

2' I1

I1'

I2

I2'

I1 = I1' I2 = I2'

Figura 5.4: le correnti di porta in un qualsiasi doppio bipolo.

Ciò significa che i due morsetti primari 1-1' costituiscono come una vera e propria

‘porta primaria’ del doppio bipolo nella quale la stessa corrente entra da un morsetto e esce dall’altro. Così pure, per i morsetti secondari che, nel loro complesso, costituiscono, dunque, la ‘porta secondaria’ del doppio bipolo.

Per questi motivi, d’ora innanzi, indicheremo i doppi bipoli, battezzandoli come in Figura 5.5, senza bisogno di indicare esplicitamente che le correnti alle ‘due porte’

sono uguali, e indicando, in più, le d.d.p. con V1 e V2.

(5)

Con ciò, abbiamo deciso, una volta per tutte, di fare la convenzione dell’utilizzatore a ciascuna delle due porte (e se qualche volta non la faremo, lo segnaleremo con cura).

1

1'

2

2'

I1 I2

V2 V1

+

− +

Figura 5.5: rappresentazione circuitale di un doppio bipolo.

In definitiva, possiamo dire che la proprietà fondamentale che caratterizza un qualsiasi doppio bipolo è rappresentata proprio dal possedere due ‘porte’, una primaria ed una secondaria, per le quali valgono, fra le correnti, le relazioni (5.4) e ai morsetti delle quali sono applicate le d.d.p. V1 e V2, i cui valori possono essere assegnati ad arbitrio, in linea di principio.

Naturalmente, anche per i doppi bipoli vanno introdotte le grandezze di interesse energetico, e cioè ‘potenza elettrica’ (assorbita o erogata), nonché ‘energia elettrica’

(assorbita o erogata). La cosa è del tutto naturale, poiché diremo che la potenza elettrica totale assorbita dal doppio bipolo, avendo fatto sulle due porta la convenzione dell’utilizzatore, è, per definizione, data dalla somma delle due potenze elettriche assorbite alle sue due porte:

Pel-ass = Pel-ass(1) + Pel-ass(2) = + V1 I1 + V2 I2 .

Analogamente procederemo per la potenza totale erogata:

Pel-ero = - Pel-ass = - V1 I1 - V2 I2 .

Naturalmente, ove occorra, potremo continuare a parlare della potenza elettrica, assorbita oppure erogata, a ciascuna delle due porte, scrivendo, ad esempio,

Pel-ass(1) = + V1 I1 , Pel-ero(2) = - V2 I2 , e così via .

Tutte queste potenze sono ovviamente misurate in watt e possono essere, a seconda dei casi, positive o negative. Per quel che riguarda le corrispondenti energie, anche in questo caso, essendo in regime stazionario, esse potranno essere semplicemente calcolate moltiplicando le potenze per gli intervalli di tempo che ci interessano, e

(6)

risulteranno misurate, come al solito, in joule (o in Wh, o kWh, o qualsiasi altro multiplo o sottomultiplo). In tal modo l’energia elettrica totale assorbita dal doppio bipolo di Figura 5.5, nell’intervallo di tempo che va dall’istante t1 all’istante t2 sarà data dalla relazione

Uel-ass(t1, t2) = Pel-ass (t2 - t1) = (+ V1 I1 + V2 I2) (t2 - t1) .

Prima di concludere questo paragrafo, è importante osservare esplicitamente che anche il teorema di conservazione delle potenze elettriche continua a valere per le reti che contengono anche doppi bipoli, nella stessa forma in cui valeva per le reti di soli bipoli. La ragione è evidente: perché, come dicemmo a suo tempo, questo teorema è una conseguenza diretta delle LK, che continuano a valere anche quando la rete contiene doppi bipoli, oltre che bipoli. Così, potremo enunciare il teorema dicendo, ad esempio, che la somma totale delle potenze elettriche assorbite da tutti i componenti, tanto bipoli che doppi bipoli, di una qualsiasi rete elettrica è, in ogni caso, uguale a zero.

5.2 Caratteristiche dei doppi bipoli

È giunto il momento di uscire dal vago e cominciare almeno a nominare i principali tipi di doppi bipoli che trovano largo uso nei circuiti elettrici ed elettronici, di cui ci occuperemo nei prossimi paragrafi.

Avrete certamente sentito parlare di ‘transistori’ (detti anche, in gergo,

‘transistors’) e di ‘trasformatori’; pochi avranno invece dimestichezza con altri termini, quali ‘generatori pilotati’, ‘amplificatori operazionali’, ‘giratori’. Ebbene, si tratta pur sempre di particolari doppi bipoli, ciascuno ovviamente, diverso dall’altro, che soddisfano, in ogni caso, le proprietà, le definizioni e le leggi che abbiamo spiegato nei precedenti paragrafi. Prima, però, di andare a studiare in maggior dettaglio ciascuno dei doppi bipoli che abbiamo nominato, c’è da porsi una domanda fondamentale.

Come si fa a specificare, da un punto di vista circuitale, la natura di questo o quel doppio bipolo? In altre parole, ci stiamo chiedendo come sia possibile distinguere un transistore da un trasformatore, o da un amplificatore operazionale. È la stessa questione che ci ponemmo, a proposito dei bipoli, quando ci chiedemmo come si potesse fare a distinguere, da un punto di vista circuitale, una stufa da un motore elettrico o da una batteria. La risposta, in quel caso, fu che occorre assegnare caso per caso, in regime stazionario, la caratteristica statica del bipolo che si sta prendendo in considerazione. Bene: è ovvio che anche per i doppi bipoli bisogna fare qualcosa del genere, e cioè assegnare le loro caratteristiche statiche.

(7)

Ma come si fa? Questa volta, ci sono quattro grandezze che interessano i morsetti del doppio bipolo: le due correnti I1 e I2 alle due porte, nonché le due tensioni V1 e V2 alle stesse porte. E poi: cosa vuol dire, allora, assegnare la caratteristica statica di un doppio bipolo?

La risposta è semplice: non basta una sola caratteristica del tipo V = f(I), oppure I = g(V); ce ne vogliono due, ciascuna delle quali riguardi tutte e quattro le grandezze fondamentali. Queste caratteristiche, ad esempio, potranno essere del tipo

V1 = F1(I1, I2) , V2 = F2(I1, I2) ,

dove abbiamo indicato con F1(I1, I2) e F2(I1, I2) due funzioni delle due variabili I1 e I2, come, ad esempio,

F1(I1, I2) = 3 I1 + 2 I2 , oppure

F1(I1, I2) = 2 I1 I2 - 7 I22 , o ancora

F2(I1, I2) = 5 I1 I2 + 2 I23 .

Queste relazioni forniscono una descrizione ‘su base correnti’ (si dice così, in gergo), dato che le variabili indipendenti, dette anche ‘variabili di controllo’, sono proprio le correnti alle due porte; le variabili dipendenti, dette anche ‘variabili controllate’, sono, invece, le tensioni di porta.

Le caratteristiche di un doppio bipolo possono però essere assegnate anche in modo diverso, scambiando tra loro i ruoli delle variabili indipendenti con quelli delle variabili dipendenti. Si ha, in questo caso, una rappresentazione del doppio bipolo

‘su base tensioni’, in quanto le tensioni di porta vengono usate quali variabili indipendenti:

I1 = G1(V1, V2) , I2 = G2(V1, V2) .

Esistono pure due rappresentazioni, dette ibride (più avanti capirete l’origine dell’attributo), in cui come variabili di controllo si usano la tensione di una porta e la corrente dell’altra porta. Per quanto riguarda la prima di esse, scegliamo quali

(8)

variabili dipendenti la tensione alla porta 1 e la corrente alla porta 2; di conseguenza, la tensione della seconda porta e la corrente della prima porta saranno le variabili indipendenti. Scriviamo, dunque:

V1 = H1(I1, V2) , I2 = H2(I1, V2) .

D’altra parte, è ragionevole immaginare anche l’altra rappresentazione ibrida:

I1 = L1(V1, I2) , V2 = L2(V1, I2) ,

in cui il controllo è affidato alle due variabili V1 e I2.

Infine, ma non meno importanti, esistono le rappresentazioni dette di trasmissione, in cui le grandezze (tensione e corrente) ad una porta diventano funzione di quelle all’altra porta. In particolare, se scegliamo quale porta di controllo la porta 1, è immaginabile la rappresentazione:

V2 = M1(V1, I1) , I2 = M2(V1, I1) .

Viceversa, assumendo quale porta di controllo la porta 2, si può scrivere la seconda rappresentazione di trasmissione:

V1 = N1(V2, I2) , I1 = N2(V2, I2) .

Quest’ultima relazione esaurisce tutti i casi di possibili rappresentazioni: provate ad enunciarli da soli e a convincervi che, davvero, non ve ne sono altri.

Nella tabella riassumiamo le sei possibili rappresentazioni di un doppio bipolo.

Rappresentazione Grandezze di

controllo

Grandezze controllate Controllata in corrente I1 , I2 V1 , V2 Controllata in tensione V1 , V2 I1 , I2

Ibrida 1 I1 , V2 V1, I2

Ibrida 2 V1, I2 I1 , V2

Trasmissione 1 V1 , I1 V2 , I2

Trasmissione 2 V2 , I2 V1 , I1

(9)

Nei prossimi paragrafi approfondiremo con degli esempi tutti i tipi di caratteristica introdotti.

5.3 Classificazione dei doppi bipoli

Come per i bipoli, le caratteristiche ci consentono di classificare anche i doppi bipoli, dividendoli in gruppi aventi proprietà simili.

• Doppi bipoli attivi e passivi

La prima grande distinzione che va fatta è tra i doppi bipoli attivi e passivi. Come nel caso dei bipoli, questa distinzione nasce dall’esigenza di capire quale, tra le varie parti di una rete elettrica, fornisce energia elettrica e quale la utilizza.

Diremo che un doppio bipolo, operante in regime stazionario, è passivo se la potenza assorbita

Pel-ass ≥ 0

risulta sempre positiva (tutt’al più nulla). Ritornando alla formula che esprime la potenza e ricordando che su entrambe le porte abbiamo fatto la convenzione dell’utilizzatore, si può anche scrivere:

Pel-ass = + V1 I1 + V2 I2 ≥ 0 .

Cosa cambia se, per lo stesso doppio bipolo passivo, abbiamo fatto la convenzione del generatore alla porta 1 e quella dell’utilizzatore alla porta 2? È semplice:

dovendo sempre risultare la potenza assorbita positiva, diremo che, in ogni caso, deve risultare

Pel-ass = - V1 I1 + V2 I2 ≥ 0 .

E così potremmo continuare con le altre possibili combinazioni (che potete provare a fare da soli).

Consideriamo, ad esempio, il doppio bipolo descritto dalle relazioni V1 = 3 I1 ,

V2 = 10 I2 .

Si tratta di un doppio bipolo controllato in corrente e sul quale immaginiamo, ovviamente, di avere fatto la convenzione dell’utilizzatore alle due porte, come

(10)

indicato in Figura 5.5. In questo caso avremo che la potenza complessivamente assorbita dal doppio bipolo vale

Pel-ass = + V1 I1 + V2 I2 = 3 I12 + 10 I22 ≥ 0 ,

e rappresenta una quantità sicuramente positiva, quali che siano i valori assunti dalle due correnti di porta I1 e I2, dato che essa è composta dalla somma di due quantità positive, nulle tutt’al più.

Quando è che, invece, un doppio bipolo è attivo? Un doppio bipolo è attivo se esso non è passivo. Infatti, diremo che un doppio bipolo è attivo quando esiste almeno un caso per cui

Pel-ass < 0 .

In altri termini, indicate le due porte come in Figura 5.5, dovete essere in grado di trovare un insieme di tensioni e correnti di porta per cui la potenza elettrica assorbita risulti negativa. Consideriamo, come esempio, il doppio bipolo descritto dalla caratteristica

V1 = - 3 I1 , V2 = 5 I2 .

Si tratta, ancora una volta, di un doppio bipolo controllato in corrente. La potenza assorbita vale

Pel-ass = + V1 I1 + V2 I2 = - 3 I12 + 5 I22 .

Ora, considerando la coppia di correnti I1 = 1 e I2 = 1, abbiamo che la potenza elettrica assorbita risulta positiva Pel-ass = - 3 + 5 = 2. Se, invece, tenendo costante la prima corrente, la seconda diventa zero, cioè I2 = 0, la potenza elettrica assorbita diventa negativa. Esiste, dunque, una possibile condizione di funzionamento del doppio bipolo per cui la potenza assorbita diventa negativa: il doppio bipolo è, dunque, attivo.

• Doppi bipoli lineari e non lineari

La seconda grande distinzione tra i diversi doppi bipoli riguarda in qualche modo la forma della caratteristica. Per comprendere quando un doppio bipolo è lineare, consideriamo, ad esempio, la caratteristica di un doppio bipolo controllato in tensione

(11)

I1 = G1(V1, V2) , I2 = G2(V1, V2) .

Diremo che questo doppio bipolo è lineare, se le due relazioni che definiscono la caratteristica sono lineari sia rispetto alla prima variabile indipendente I1, sia rispetto alla seconda I2. Nel caso del bipolo, sappiamo che la caratteristica generale I = g(V) diventa, nel caso lineare, I = G V, con G conduttanza del resistore; in caso, la due relazioni precedenti diventano

I1 = a V1 + b V2 , I2 = c V1 + d V2 ,

in cui a, b, c, d sono quattro costanti (reali ed omogenee ad una conduttanza) che definiscono il doppio bipolo. Come, nel caso di un bipolo, la caratteristica I = 6 V definisce un resistore, cioè un bipolo lineare, di conduttanza pari a 6 S, così le relazioni

I1 = 3 V1 - 2 V2 , I2 = 6 V1 + 7 V2 ,

definiscono un doppio bipolo lineare. Questa volta, però, abbiamo avuto bisogno non più di un solo parametro per identificarlo, bensì di quattro grandezze che, come vedremo meglio nel prossimo paragrafo, svolgono il ruolo della conduttanza.

Quanto detto per la rappresentazione di un doppio bipolo controllato in tensione, si estende naturalmente a tutte le altre rappresentazioni.

Un doppio bipolo non lineare è, invece, descritto da due equazioni caratteristiche che non sono lineari rispetto alle due variabili di controllo. Ad esempio, il doppio bipolo

V1 = 3 I1 + V22 , I2 = 6 I13 + V2 ,

è descritto da una rappresentazioni ibrida non lineare.

5.4 Doppi bipoli controllati in corrente

In questo paragrafo, e in quelli che seguiranno, dedicheremo una particolare attenzione ai doppi bipoli lineari dato che sono quelli che maggiormente

(12)

interesseranno le nostre future applicazioni, cominciando dai doppi bipoli controllati in corrente.

Ripetiamolo ancora una volta: in questo caso le variabili indipendenti, o di controllo, sono le correnti, mentre quelle dipendenti, o controllate, sono le tensioni di porta. Se il doppio bipolo è lineare, per quanto detto nel precedente paragrafo, le caratteristiche possono essere scritte nella forma:

V1 = R11 I1 + R12 I2 , V2 = R21 I1 + R22 I2 .

Le costanti R11, R12, R21, R22 hanno tutte le dimensioni di una resistenza, si misurano in ohm e sono detti parametri resistivi. I due pedici introdotti indicano il primo, l’equazione, il secondo, la posizione nell’equazione. Così, R12 indica un parametro relativo all’equazione 1 (primo pedice) e all’addendo 2 (secondo pedice).

Essi definiscono il doppio bipolo e, per comprendere come si faccia a trovarli, una volta assegnato il doppio bipolo, sviluppiamo un caso particolare.

1

1'

2

2'

I1 I2

V2 V1

+

+

R1 R2

R3

Figura 5.6: esempio di calcolo dei parametri resistivi.

Per il doppio bipolo mostrato in Figura 5.6 (detto ‘a T’), vogliamo determinare i parametri, supponendo che esso sia controllato in corrente.

Per determinare i parametri, basta usare la stessa definizione secondo la quale, ponendo I2 = 0, cioè aprendo la seconda porta, risulta:

R11 = V1

I1 e R21 = V2

I1 , quando I2 = 0 .

In termini circuitali queste relazioni possono essere rappresentate come in Figura 5.7, in cui, la prima porta del doppio bipolo è alimentata con un generatore di corrente di valore I1, arbitrario e non nullo, mentre la seconda è aperta. Siamo così arrivati alla rete disegnata in Figura 5.7, comprendente anche il generatore di corrente I1: ricordate sempre che siamo studiando una rappresentazione in cui le

(13)

variabili di controllo, quelle assegnate a piacere o indipendenti, sono le correnti:

per questo, vi è nello schema un generatore indipendente di corrente.

1

1'

2

2' V2 V1

+

+

R1 R2

R3 I1

I2 = 0 A

B I1

Figura 5.7: schema utile al calcolo dei parametri R11 e R21.

Ai capi del resistore R2, vi è una d.d.p. nulla, dato che è I2 = 0. Ciò comporta che i due resistori R1 ed R3 sono in serie e percorsi dalla stessa corrente I1 (proprio quella erogata dal generatore!). Allora,

R11 = V1

I1 = (R1 + R3) I1

I1 = R1 + R3 .

Poi, applicando la LKT alla maglia ‘di uscita’ 2AB2', risulta semplicemente R21 = V2

I1 = R3 I1

I1 = R3 .

Abbiamo in tal modo valutato i primi due parametri e possiamo passare al calcolo degli altri due. Essi vanno determinati secondo lo schema di Figura 5.8, in cui abbiamo aperto la prima porta e alimentato la seconda.

Ponendo, dunque, I1 = 0 nelle caratteristiche, gli altri due parametri che ci resta da determinare sono definiti dalle relazioni:

R12 = V1

I2 e R22 = V2

I2 , quando I1 = 0 .

(14)

1

1'

2

2' V2 V1

+

+

R1 R2

R3 A

B

I2 I2

I1 = 0

Figura 5.8: schema utile al calcolo dei parametri R12 e R22. Ripetendo ragionamenti simili a quelli fatti in precedenza, si ha

R12 = V1

I2 = R3 I2

I2 = R3 , R22 = V2

I2 = (R2 + R3) I2

I2 = R2 + R3 .

Abbiamo così calcolato i quattro parametri che definiscono la matrice delle resistenze per il doppio bipolo a T assegnato che, di seguito, riassumiamo:

R11 = R1 + R3 , R12 = R3 , R21 = R3 , R22 = R2 + R3 . Notiamo che, dai nostri calcoli, è risultato che

R12 = R3 = R21 .

Ciò non è casuale: per un doppio bipolo lineare e passivo, vale il teorema di reciprocità, che non abbiamo studiato, ma che stabilisce proprio che R12 = R21. Ciò vuol dire che, in realtà, i parametri del doppio bipolo da calcolare sono tre, non quattro, e ai due parametri uguali diamo il nome di resistenza mutua (RM):

RM = R12 = R21 .

5.5 Doppi bipoli controllati in tensione

Passiamo, ora, ai doppi bipoli controllati in tensione. Ripetiamolo ancora una volta:

in questo caso le variabili indipendenti, o di controllo, sono le tensioni, mentre quelle dipendenti, o controllate, sono le correnti di porta. Se il doppio bipolo è lineare, per quanto detto in precedenza, le caratteristiche diventano:

I1 = G11 V1 + G12 V2 , I2 = G21 V1 + G22 V2 .

(15)

Qui, le costanti G11, G12, G21, G22 hanno tutte le dimensioni di una conduttanza, si misurano in siemens e sono detti parametri conduttivi. Essi definiscono il doppio bipolo e, per comprendere come si possa calcolarli una volta assegnato il doppio bipolo, sviluppiamo, ancora una volta, un esempio.

1

1'

2

2'

I1 I2

V2 V1

+

+

− R1 R2

R3

Figura 5.9: esempio di calcolo dei parametri conduttivi.

Consideriamo il doppio bipolo, detto ‘a Π’ (pi greco), di Figura 5.9. Per determinare G11 e G21, cominciamo a chiudere la seconda porta in cortocircuito, cioè poniamo V2 = 0, così come mostrato in Figura 5.10. Risulta, allora:

G11 = I1

V1 e G21 = I2

V1 , quando V2 = 0 .

La Figura 5.10 è composta di due parti: ciò perché, quando la porta secondaria è chiusa con un corto circuito, il resistore R2 viene a trovarsi in parallelo con un corto circuito e, pertanto, può essere eliminato dalla rete, come suggerisce il secondo schema.

1

1'

2

2'

I1 I2

V1 R1 R2

R3

V2 = 0 +

− 1

1'

2

2'

I1 I2

V1 R1

R3

V2 = 0 +

(16)

Figura 5.10: schemi utili al calcolo dei parametri G11 e G21.

Adoperando questo circuito semplificato, è facile concludere che G11 rappresenta la conduttanza che si misura (in gergo, si dice pure ‘che si vede’) dalla porta primaria, quando la secondaria è chiusa in corto circuito. Ciò comporta che, essendo i due resistori R1 e R3 in parallelo, si possa scrivere:

G11 = G1 + G3 = 1 R1 + 1

R3 = R1 + R3 R1 R3 . Invece, sempre osservando la Figura 5.10, da

I2 = - I1 R1

R1 + R3 (regola del partitore) , segue che

G21 = I2 V1 = I2

I1 I1

V1 = - R1 I1

(R1 + R3) I1 G11 = - R1

R1 + R3 R1 + R3

R1 R3 = - 1 R3 .

Ormai dovreste aver capito come funziona; e, per il calcolo dei due rimanenti parametri, se fate riferimento alla Figura 5.11, dovreste essere in grado di trovare che, posto V1 = 0, risulta:

G12 = I1

V2 = - 1

R3 = - G3 e G22 = I2

V2 = G2 + G3 = 1 R2 + 1

R3 = R2 + R3 R2 R3 .

1

1'

2

2'

I1 I2

R1 R2 R3

+

V1 = 0 V2

Figura 5.11: schema utile al calcolo dei parametri G12 e G22. Riassumendo, dunque, i quattro parametri conduttivi valgono:

G11 = G1 + G3 , G12 = - G3 , G21 = - G3 , G22 = G2 + G3 .

(17)

Ancora una volta notiamo la reciprocità del doppio bipolo, testimoniata dal fatto che i termini ‘12’ e ‘21’ sono uguali e, per questo, chiameremo conduttanza mutua il valore comune

G12 = G21 = GM .

5.6 Rappresentazioni ibride

Per le rappresentazioni ibride, assumiamo quale variabile di controllo, la corrente (rispettivamente la tensione) alla porta 1, mentre riterremo controllata, la tensione (rispettivamente la corrente) alla porta 2. Se il doppio bipolo è lineare, cominciando con la prima rappresentazione ibrida, la caratteristica si particolarizza come

V1 = h11 I1 + h12 V2 , I2 = h21 I1 + h22 V2 .

Qui, le costanti h11, h12, h21, h22 non hanno tutte la stessa dimensione (le specificheremo più avanti). Esse definiscono il doppio bipolo e, per comprendere come si faccia a trovarle una volta assegnato il doppio bipolo, sviluppiamo, ancora una volta, un esempio. Nella Figura 5.12, per evidenziare il doppio bipolo, lo abbiamo racchiuso in un contenitore rettangolare.

1

1'

2

2'

I1 I2

V2 V1

+

+

− R

Figura 5.12: esempio di calcolo dei parametri ibridi ‘h’.

Come è ormai chiaro, dobbiamo fare sul nostro doppio bipolo due prove per determinarne i parametri: una con la porta secondaria in cortocircuito (V2 = 0), un altro con la porta primaria aperta (I1 = 0).

• Porta secondaria in corto circuito

In questo caso, possiamo determinare i due parametri h11 e h21, secondo le relazioni:

(18)

h11 = V1

I1 e h21 = I2

I1 , quando V2 = 0 .

Notiamo subito che il primo parametro, cioè h11, ha le dimensioni di una resistenza, mentre il secondo, h21, essendo dato dal rapporto di due correnti, risulta privo di dimensioni (si dice pure ‘adimensionale’). Riferendoci alla Figura 5.13, concludiamo immediatamente che la resistenza ‘vista’ dai morsetti 1-1' vale:

h11 = V1

I1 = R I1 I1 = R .

Inoltre, dato che la prima legge applicata ad una superficie gaussiana che racchiuda il resistore R comporta che I1 = - I2, otteniamo che

h21 = I2

I1 = - I1

I1 = - 1 .

1

1'

2

2'

I1 I2

V1 +

V2 = 0 I1

R

Figura 5.13: schema utile al calcolo dei parametri h11 e h21.

• Porta primaria aperta

Siamo pronti a calcolare i due rimanenti parametri, h12 e h22, definiti come:

h12 = V1

V2 e h22 = I2

V2 , quando I1 = 0 .

(19)

1

1'

2

2' I2

V2 V1

+

+

− I1 = 0 R

Figura 5.14: schema utile al calcolo dei parametri h12 e h22.

Riferendoci alla Figura 5.14, è facile dire che, essendo la porta 1 aperta, nel circuito non circola alcuna corrente; inoltre, la LKT, applicata all’unica maglia, ci consente di scrivere:

V2 - V1 = 0 → V1 = V2 . Pertanto, i due parametri valgono:

h12 = V1

V2 = 1 e h22 = I2 V2 = 0 .

Vale la pena notare che h12, essendo il rapporto di due tensioni, è adimensionale, mentre h22, rapporto tra corrente e tensione, è dimensionalmente pari ad una conduttanza. Si osservi che la proprietà di reciprocità, già citata in precedenza, per questa rappresentazione ibrida, si esprime dicendo che

h12 = - h21 .

Questo esempio mostra, ove mai ve ne fosse ancora bisogno, che il calcolo dei parametri ibridi non presenta nulla di diverso o misterioso rispetto a quello dei parametri resistivi e conduttivi.

Per completare l’analisi delle rappresentazioni ibride, esaminate da soli l’altra caratteristica, che, sempre nel caso lineare e passivo, assume la forma:

I1 = g11 V1 + g12 I2 , V2 = g21 V1 + g22 I2 .

Non vi confondete con i parametri conduttivi: per questa seconda rappresentazione ibrida, i parametri vengono indicati con le ‘g’ minuscole, mentre i parametri conduttivi sono stati denotati con le ‘G’ maiuscole.

(20)

1

1'

2

2'

I1 I2

V2 V1

+

+ R −

Figura 5.15: esempio di calcolo dei parametri ibridi ‘g’.

Se provate a trovare, per il doppio bipolo di Figura 5.15, certamente scoprirete che g11 = 1

R , g12 = - 1 , g21 = 1 , g22 = 0 .

Per darvi una mano, riportiamo solo le definizioni che dovete adoperare per sviluppare il calcolo:

g11 = I1

V1 , g21 = V2

V1 , quando I2 = 0 ; g12 = I1

I2 , g22 = V2

I2 , quando V1 = 0 .

Il parametro g11 ha le dimensioni di una conduttanza, g22 di una resistenza, mentre g12 e g21 sono privi di dimensioni.

5.7 Caratteristiche di trasmissione

In questo paragrafo discutiamo le due caratteristiche di trasmissione. Poiché, però, le due rappresentazioni sono veramente molto simili, approfondiamo, sempre nel caso lineare e passivo, soltanto la prima di esse:

V2 = t11 V1 + t12 I1 , I2 = t21 V1 + t22 I1 .

Esaminiamola per mezzo dell’esempio di Figura 5.16.

(21)

1

1'

2

2'

I1 I2

V2 V1

+

+

R1 R2

R3

Figura 5.16: esempio di calcolo dei parametri di trasmissione.

Si noti che, come è abitudine per questo tipo di descrizione del doppio bipolo, abbiamo fatto la convenzione del generatore sulla porta due, invece che quella dell’utilizzatore: ciò viene fatto di solito per agevolare il calcolo del doppio bipolo equivalente, ottenuto collegando in cascata due, o più, doppi bipoli. Come per le altre rappresentazioni, per poter calcolare gli elementi della matrice di trasmissione, è necessario fare due prove: nella prima, manteniamo aperta la porta uno, nella seconda, manteniamo la stessa porta in corto circuito.

• Porta primaria aperta

Questa situazione circuitale può essere utile per ricavare gli elementi t11 e t21 della caratteristica di trasmissione

t11 = V2

V1 e t21 = I2

V1 , quando I1 = 0 .

Tuttavia, la cosa non è così immediata come è stata per gli altri casi di rappresentazione esaminati, poiché, considerando ad esempio la definizione del coefficiente t11, essa richiede che sulla stessa porta, cioè la porta 1, si impongano una tensione arbitraria e diversa da zero, e contemporaneamente una corrente che è invece nulla. Ora, I1 e V1 non sono due variabili indipendenti e non possono assumere due valori qualsiasi.

(22)

1

1'

2

2' I2

V2 V1

+

R1 R2

R3

+

− I1 = 0

Figura 5.17: calcolo del parametro t11.

Per aggirare questa piccola difficoltà, calcoleremo, invece che t11, il suo inverso 1

t11 = V1 V2 ,

alimentando, cioè, la porta due e lasciando aperta la porta uno. Di fatto, stiamo considerando V2 come variabile indipendente; in tal modo, usando la regola del partitore di tensione, si ha (Figura 5.17):

1

t11 = - R3 I2

- (R2 + R3) I2 = R3

R2 + R3 → t11 = R2 + R3 R3 .

Adoperando lo stesso artificio di considerare l’inverso dell’elemento e facendo riferimento alla Figura 5.18, possiamo facilmente verificare che l’elemento t21 vale

1

t21 = V1

I2 = - R3 I2

I2 = - R3 → t21 = - 1 R3 .

1

1'

2

2' I2

V2 V1

+

R1 R2

R3 I1 = 0

+

− I2

Figura 5.18: calcolo del parametro t21.

• Porta primaria in corto circuito

Da questa situazione circuitale, ricaveremo i coefficienti t12 e t22, definiti come

(23)

t12 = V2

I1 e t22 = I2

I1 , quando V1 = 0 .

Considerando anche in questo caso gli inversi per ciascun coefficiente, è facile verificare che (Figura 5.19), essendo

I1 = I2 R3

R1 + R3 e V2 = - (R2 + R3 || R1) I2 , risulta:

1 t12 = I1

V2 = R3 R1 + R3 I2

V2 = - R3

R1 R2 + R2 R3 + R1 R3 .

1

1'

2

2' I2

V2

R1 R2

R3

+

− V1 = 0

I1

Figura 5.19: calcolo del parametro t12. Similmente, per l’ultimo elemento (Figura 5.20), si può scrivere:

1 t22 = I1

I2 = R3 I2

(R1 + R3) I2 = R3

R1 + R3 → t22 = R1 + R3 R3 .

1

1'

2

2' I2

V2

R1 R2

R3 V1 = 0

I1

I2 +

Figura 5.20: calcolo del parametro t22. 5.8 Generatori dipendenti

(24)

Consideriamo il circuito mostrato in Figura 5.21. Esso è costituito da tre resistori, un generatore di tensione e uno di corrente (indipendenti) e, sui rami AB e CD, vi sono due nuovi oggetti, individuati con dei simboli a forma di rombo. Si tratta di due generatori, cioè bipoli attivi, diversi, però, da quelli esaminati fino a questo momento. Cerchiamo di capire quale è la loro particolarità.

Sul lato AB vi è un tipo speciale di generatore di corrente, poiché il valore della corrente da esso erogata non è assegnato in partenza, ma è invece proporzionale alla corrente che circola attraverso la resistenza R3: è, cioè, proporzionale alla corrente che fluisce in un altro lato della rete. Contrariamente al generatore I0 che, invece, eroga sempre la stessa corrente, indipendentemente dal circuito cui viene collegato (perciò lo abbiamo chiamato generatore indipendente), il nuovo tipo di generatore rappresenta un generatore di corrente controllato in corrente, in quanto eroga una corrente il cui valore dipende dalla corrente che circola in un altro lato del circuito.

Si può anche immaginare un generatore di corrente controllato in tensione, la cui corrente erogata dal generatore dipenda dalla tensione esistente ai capi di un qualunque altro bipolo della rete.

+

+

− R1

R2 R3

E0

I0 αI3

βI2

A B C

D E

F

I3 I2

I1

Figura 5.21: circuito con generatori controllati.

Sul lato CD abbiamo posto un nuovo tipo di generatore di tensione, la cui tensione è proporzionale alla corrente che circola attraverso la resistenza R2. In questo caso diremo che siamo in presenza di un generatore di tensione controllato in corrente, in quanto esso eroga una tensione il cui valore dipende dalla corrente che circola in un altro lato del circuito. Si può anche immaginare un generatore di tensione

(25)

controllato in tensione la cui tensione dipenda dalla tensione esistente ai capi di un qualunque altro bipolo della rete.

I generatori controllati (lineari) sono, dunque, oggetti ideali nei quali la grandezza erogata, tensione o corrente, è direttamente proporzionale a una corrente, oppure a una tensione, relativa ad un altro bipolo della rete. È importante sottolineare che tutti i generatori pilotati di cui abbiamo parlato non sono dei bipoli, bensì doppi bipoli, poiché hanno due porte: una, interessata dalla grandezza che

‘pilota’ il generatore (ad esempio, la corrente in un generatore di tensione pilotato in corrente), mentre l’altra porta è interessata alla grandezza ‘pilotata’ (la tensione, nel nostro esempio). Per questo motivo, come vedremo subito, anche i simboli che rappresentano i generatori pilotati saranno tipici dei doppi bipoli. Va detto, però, che usualmente, quando si disegna lo schema di una qualsiasi rete contenente generatori pilotati, si preferisce, per semplicità, tralasciare la porta ‘pilotante’ e rappresentare la sola porta ‘pilotata’ (di qui a poco, faremo degli esempi che chiariranno ancora meglio la cosa).

I generatori controllati vengono comunemente utilizzati per semplificare la rappresentazione circuitale di componenti più complessi, quali il transistore o l’amplificatore operazionale, che sono fondamentali in tutte le applicazioni elettroniche (radio, TV, calcolatori).

Considerando tutte le possibili combinazioni, si hanno i seguenti elementi:

• il generatore di tensione controllato in tensione,

• il generatore di tensione controllato in corrente,

• il generatore di corrente controllato in tensione,

• il generatore di corrente controllato in corrente.

Esaminiamoli in qualche dettaglio.

• Generatore di tensione controllato in tensione

Un generatore di tensione controllato in tensione (GTCT) è un doppio bipolo con una porta che opera come un circuito aperto, l’altra come un generatore che eroga una tensione direttamente proporzionale alla tensione dell’altra porta:

V2 = α V1 .

(26)

1

1'

2

2' +

V1

+

V2 = αV1

Figura 5.22: definizione e simbolo circuitale di un GTCT.

La costante α è adimensionale.

• Generatore di tensione controllato in corrente

Un generatore di tensione controllato in corrente (GTCC) è un doppio bipolo con una porta che opera come un corto circuito, l’altra come un generatore che eroga una tensione direttamente proporzionale alla corrente dell’altra porta:

V2 = β I1 .

1

1'

2

2' +

I1 − V2 = βI1

Figura 5.23: definizione e simbolo circuitale di un GTCC.

La costante β ha le dimensioni di una resistenza.

• Generatore di corrente controllato in tensione

Un generatore di corrente controllato in tensione (GCCT) è un doppio bipolo con una porta che opera come un circuito aperto, l’altra come un generatore che eroga una corrente direttamente proporzionale alla tensione dell’altra porta:

I2 = γ V1 .

(27)

1

1'

2

2' V1

+

I2 = γV1

Figura 5.24: definizione e simbolo circuitale di un GCCT.

La costante γ ha le dimensioni di una conduttanza.

• Generatore di corrente controllato in corrente

Un generatore di corrente controllato in corrente (GCCC) è un doppio bipolo con una porta che si comporta come se fosse un corto circuito ideale (la porta di controllo) e con l’altra che funziona come un generatore che impone una corrente direttamente proporzionale a quella che circola nell’altra porta:

I2 = δ I1 .

1

1'

2

2' I2 = δI1

I1

Figura 5.25: definizione e simbolo circuitale di un GCCC.

La costante δ è adimensionale.

Un’ultima osservazione va fatta sulla potenza elettrica assorbita da un generatore controllato. Secondo quanto detto in precedenza, la potenza elettrica assorbita da un doppio bipolo, a patto di fare sulle due porte la convenzione dell’utilizzatore, vale:

Pel-ass = + V1 I1 + V2 I2 ≥ 0 .

Ora, nel caso dei generatori controllati, il primo addendo è sempre nullo dato che la prima porta o è un corto circuito, oppure è un circuito aperto. Ciò vuol dire che

(28)

la porta 1 assorbe potenza elettrica nulla e la precedente relazione si semplifica come:

Pel-ass = V2 I2 .

Da quanto detto, si deduce immediatamente che la potenza elettrica assorbita alla porta 2 può assumere segno qualsiasi e, pertanto, un generatore pilotato è un doppio bipolo attivo, potendo la porta secondaria sia erogare, sia assorbire potenza elettrica.

• Generatori dipendenti in Spice

Spice offre il notevole vantaggio di inserire nei circuiti dei generatori di corrente e di tensione controllati, in cui il valore del generatore è proporzionale alla differenza di potenziale di una coppia di nodi oppure è proporzionale alla corrente che scorre in un generatore indipendente di tensione. Illustriamo la sintassi di tali istruzioni.

Sintassi dei generatori dipendenti controllati in tensione

Il nome di un generatore di tensione controllato in tensione deve cominciare con la lettera E. Ad esempio, un generatore di nome E1 connesso tra i nodi 2 e 0 è individuato dalla linea

E1 2 0 NC1 NC2 VALUE .

Il valore in tensione di E1 è

V(E1) = V(NC1) - V(NC2) ⋅ VALUE

in cui NC1 e NC2 sono due nodi del circuito e VALUE è una costante adimensionale, detta guadagno in tensione.

Il nome di un generatore di corrente controllato in tensione deve cominciare con la lettera G. Ad esempio, un generatore di nome G1 connesso tra i nodi 0 e 2 è individuato dall’istruzione

G1 0 2 NC1 NC2 VALUE .

Il valore in corrente di G1 è

I(G1) = V(NC1) - V(NC2) ⋅ VALUE

(29)

laddove NC1 e NC2 sono due nodi del circuito e VALUE è una costante dimensionale, detta trans-conduttanza.

Sintassi dei generatori dipendenti controllati in corrente

Il nome di un generatore di tensione controllato in corrente deve cominciare con la lettera H. Ad esempio, un generatore di nome H1 connesso tra i nodi 2 e 0 è rappresentato da

H1 2 0 VCONTR VALUE .

Il valore in tensione di H1 è

V(H1) = I(VCONTR) ⋅ VALUE

in cui VCONTR è il generatore di tensione indipendente attraverso il quale scorre la corrente di controllo e VALUE è una costante dimensionale, detta trans- resistenza. Ovviamente, se la corrente di controllo scorre in un ramo senza generatori è sempre possibile introdurre un generatore fittizio usato come amperometro.

Il nome di un generatore di corrente controllato in corrente deve cominciare con la lettera F. Ad esempio, un generatore di nome F1 connesso tra i nodi 0 e 2 è individuato da

F1 0 2 VCONTR VALUE .

Il valore in corrente di F1 è

I(F1) = I(VCONTR) ⋅ VALUE .

dove VCONTR è il generatore di tensione indipendente attraverso il quale scorre la corrente di controllo e VALUE è una costante adimensionale, detta guadagno in corrente.

• Esempi

Dopo aver introdotto i quattro tipi di generatori controllati lineari, mostriamo con degli esempi come si risolva una rete di bipoli e doppi bipoli quando vi siano anche dei generatori controllati: nostra intenzione è convincervi che i metodi di analisi delle reti che avete appreso nei precedenti capitoli, si applicano in maniera del tutto naturale al caso di reti contenenti anche generatori controllati. Cominciamo col mostrare come si applicano le Leggi di Kirchhoff.

(30)

Esempio 1 - Risolvere la rete mostrata in figura. Si assuma che E = 20, J = 30, R1 = 1, R2 = 2, R3 = 3, JS = α V2, α = 0.25.

1 2 3

0

R3

R2 E

I1

I2 I

V2 JS

J

+

+

− + +

I3 R1

La rete assegnata ha n = 4 nodi e r = 6 rami, in uno dei quali c’è un generatore controllato che eroga una corrente la quale dipende dalla tensione sulla resistenza R2: essa è cioè pari a JS = α V2. In base alle conclusioni raggiunte nel Capitolo 4, possiamo scrivere n - 1 = 3 equazioni indipendenti ai nodi e r - (n - 1) = 3 equazioni indipendenti alle maglie: in totale 6 equazioni. A prima vista potrebbero sembrare troppe, perché abbiamo solo quattro correnti incognite! L’apparente mistero si svela osservando che, quando abbiamo dei generatori di corrente, dipendenti o indipendenti, incognite sono anche le tensioni ai capi di questi generatori, peraltro calcolabili una volta note le correnti nei vari rami. Potremmo procedere, a questo punto, secondo il procedimento ‘standard’ più volte descritto, risolvendo il sistema completo di 12 equazioni indipendenti nelle 12 incognite (6 correnti e 6 tensioni), ma preferiamo, per semplicità, seguire una via più rapida. A questo scopo, riduciamo le incognite alle sole correnti, e eliminiamo le equazioni alle maglie che contengono i due generatori di corrente (sia quello indipendente, sia quello controllato). In questo modo, le tensioni incognite su questi generatori non figurano nelle equazioni. Considerazioni simili si potrebbero fare per i generatori di tensione, qualora avessimo deciso di risolvere nelle incognite tensioni.

Dopo aver compiuto ai capi dei diversi bipolo le consuete operazioni di rito, indicando le tensioni e le correnti, scriveremo allora tre equazioni ai nodi 1, 2 e 3, ed una sola equazione alla maglia 1 - R1 - 2 - R2 - 0 - E, la sola che non contenga alcun generatore di corrente. Si ha, così:

(31)

+ I1 + J - I = 0 [equazione al nodo 1] , + I2 - I1 - I3 = 0 [equazione al nodo 2] , + I3 - J - JS = 0 [equazione al nodo 3] ,

- E + R1 I1 + R2 I2 = 0 [equazione alla maglia 1 - R1 - 2 - R2 - 0 - E] . Dato che JS = α R2 I2, il precedente sistema può essere riscritto come:

I = I1 + J , I1 + I3 = I2 , I3 = J + α R2 I2 , R1 I1 + R2 I2 = E .

La prima equazione del sistema, l’equazione al nodo 1, in realtà, è la sola che contiene l’incognita I: una volta che saranno note le altre correnti, anch’essa potrà essere valutata. Questa osservazione è particolarmente interessante, dato che consente di ridurre il numero di equazioni a tre soltanto. Adoperando, allora, solo le tre ultime equazioni si può scrivere il sistema:

I1 + I3 = I2 , I3 - α R2 I2 = J , R1 I1 + R2 I2 = E .

Sostituendo i valori numerici, otteniamo il seguente sistema I1 - I2 + I3 = 0 ,

- 0.5 I2 + I3 = 30 , I1 + 2 I2 = 20 ,

che, risolto, ci fornisce il valore delle tre correnti incognite I1 = - 20 , I2 = 20 , I3 = 40 .

Controllare che le tre correnti riportate verifichino effettivamente il sistema trovato. Inoltre, per verificare la bontà dei calcoli eseguiti, è consigliabile eseguire una verifica sulle potenze messe in gioco nel circuito. In particolare, vogliamo verificare che la potenza complessivamente assorbita dai tre resistori,

(32)

PA = R1 I12 + R2 I22 + R3 I32 ,

è pari a quella complessivamente erogata dai tre generatori:

PG = E I + V31 J + V30 JS .

Semplici passaggi algebrici ci consentono di calcolare le grandezze che ancora servono

I = I1 + J = 10 ,

V31 = V32 + V21 = R1 I1 + R3 I3 = 100 , V30 = V32 + V20 = R3 I3 + R2 I2 = 160 ,

e di verificare che la potenza complessivamente assorbita è uguale alla potenza complessivamente erogata

PA = PG = 6 kW . Esempio 1

*Generatori controllati

R1 1 2 1

R2 2 0 2

R3 3 2 3

I0 1 3 DC 30

V0 1 0 DC 20

GS 0 3 2 0 0.25

.END

Controllate, infine, i risultati dell’esercizio proposto usando il listato Spice riportato.

Discutiamo ora un secondo esempio per mostrare come si applica il metodo dei potenziali nodali quando nella rete siano presenti generatori controllati.

Esempio 2 - Per la rete mostrata in figura, calcolare la potenza assorbita dal generatore controllato e le potenze erogate dai generatori indipendenti, usando il metodo dei potenziali nodali. Si assuma che E = 45, J = 0.45, VS = α I3, α = 6.25, R1 = 100, R2 = 5, R3 = 25.

Riferimenti

Documenti correlati

Saper scegliere e applicare correttamente le leggi teoriche per la risoluzione numerica di semplici circuiti elettrici; saper eseguire calcoli numerici su semplici

10.67 Quale proprietà ha la matrice delle impedenze Z (delle ammettenze Y ) che caratterizza un doppio bipolo sul quale è stata fatta la convenzione

[r]

Come nelle coordinate polari, θ identica l'angolo formato dal vettore che collega un punto dell'insieme di integrazione all'origine e dal semiasse positivo delle ascisse... Si

[r]

Introdotte (s) ]e nozioni di trasformazione piana continua a variazione limitata ed assolutamente continua, nonchb quel]a di Jacobiano generalizzato (a~soluto e

La potenza è dunque altresì ottenibile dal prodotto della Differenza di Potenziale (Forza Elettro Motrice per i bipoli attivi e Caduta di Tensione per i bipoli negativi) e

La caratteristica di un bipolo è il legame funzionale che collega la tensione e la corrente ai suoi capi. Indipendentemente dalla convenzione adottata, essa può, in maniera