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Marketing museale e musei d'impresa. I risultati di un'analisi empirica relativa alla valutazione della "customer experience"

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I Sommario

Introduzione ... 1

Capitolo primo ... 4

1.1.Storia del museo ... 4

1.2.Autenticità e inautenticità ... 8

1.3.Nuove frontiere tecnologiche applicate al settore museale ... 11

1.3.1.I consumatori sociali ... 12

1.3.2.Dal reale al digitale ... 13

1.3.3.I contenuti digitali in mobilità ... 15

1.3.4.Museo del futuro, smart museum. ... 17

Capitolo secondo ... 22

2.1.Museo e marketing ... 22

2.1.1.Museo come servizio ... 27

2.1.2. Soddisfazione vs qualità del servizio... 34

2.2.Brand heritage ... 37

2.2.1.Processo di attivazione della brand heritage ... 40

2.3.Musei d'impresa ... 42

2.3.1.I primi musei d'impresa ... 44

2.3.2.Museo aziendale come strumento di comunicazione ... 50

2.3.3.Il modo di comunicare dei musei d'impresa... 53

Capitolo Terzo ... 58

3.1. Descrizione del processo di ricerca ... 58

3.2. Metodo di ricerca ... 61

3.2.1. Piano di campionamento ... 61

3.2.2 Metodo di raccolta dati ... 61

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II

Capitolo quarto ... 65

4.1. Sezione A: museo d'impresa ... 65

4.2. Sezione B: questioni inerenti alla visita. ... 66

4.3. Sezione C: valutazione del servizio ... 75

4.3.1. Sezione C.1: qualità del servizio... 75

4.3.2. Sezione C.2: valore percepito ... 77

4.3.3. Sezione C.3: customer satisfaction ... 78

4.3.4. Sezione C.4: Intenzione di riacquisto ... 79

4.4. Sezione D: motivazioni inerenti alla non visita presso musei d'impresa... 80

4.5. Sezione E: valutazione esperienza presso musei ... 82

4.5.1 Sezione E.2: valutazione qualità del servizio ... 83

4.5.2 Sezione E.3: valore percepito ... 85

4.5.3. Sezione E.4: customer satisfaction ... 86

4.5.4 Sezione E.5: intenzione di riacquisto ... 87

4.6. Sezione F: musei virtuali ... 87

4.7. Sezione G: dati anagrafici ... 89

4.8. Sintesi dei dati ... 92

4.9. Analisi delle correlazioni ... 100

4.9.1. Analisi delle correlazione sulla valutazione dell'esperienza presso musei d'impresa ... 101

4.9.2. Analisi delle correlazione sulla valutazione dell'esperienza presso musei tradizionali ... 104

Conclusioni e limiti della ricerca... 107

Bibliografia e sitografia ... 111

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1

Introduzione

Il presente lavoro nasce con l'obiettivo di indagare gli aspetti del servizio legati a specifiche aziende che lavorano in tale ambito: musei tradizionali e musei d'impresa. Queste strutture presentano una denominazione molto simile ma in realtà presentano caratteristiche e finalità differenti. Le prime affondano le proprie radici ai tempi dell'antica Grecia, mentre i secondi sono molto più recenti, infatti gli iniziali prototipi risalgono ai primi del novecento. Nonostante le caratteristiche e finalità diverse presentano il medesimo comune denominatore dato dall'esigenza di

acquisire comunicare e trasmettere testimonianze materiali e immateriali dell'ambiente circostante, quest'ultimo risulta aziendale per quanto riguarda i musei

d'impresa e risulta storico, sociale ed scientifico per i musei tradizionali. Lo scopo è pertanto quello di analizzare entrambe le strutture da un punto di vista teorico, collezionando e riportando le rassegne dei principali studiosi in materia, e di effettuare un'analisi empirica sulla valutazione della "customer experience" da parte di un collettivo di persone frequentatori di almeno una delle tipologie museali. La prima parte, di stampo teorico, affronta la letteratura in campo museale, in particolare presenta l'evoluzione dei musei, introduce gli aspetti legati al marketing museale ed espone la rassegna in merito ai musei d'impresa. La seconda parte è di natura empirica, nello specifico si compone di una fase iniziale di ricerca esplorativa volta a ricercare analisi, già effettuate in studi precedenti, mirate a valutare l'esperienza presso aziende erogatrici di servizio, di un secondo stadio che si articola nella redazione del questionario da somministrare e di un'ultima parte consistente nella raccolta e analisi dei dati ottenuti.

Il primo capitolo del presente lavoro ripercorre la nascita e il percorso evolutivo del museo a partire dalle origine fino ai giorni nostri, inoltre si focalizza sui tratti distintivi: l'autenticità della collezione e le nuove sfide tecnologiche. Inizialmente tali strutture erano concepite come collezioni private formati da individui privati di ritorno da viaggi e aperte solo ad una cerchia ristretta di persone. Il primo museo pubblico è il British Museum concepito nel 1759. Il concetto di museo moderno si

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2 sviluppa a partire dal seconda dopoguerra, quando tornano ad affermarsi importanti principi ideologici e politici, in questi anni acquista i tratti distintivi e le finalità previste dalla definizione dell'International Council of Museum "istituzione

permanente, senza scopo di lucro, al servizio della società e del suo sviluppo. È aperto al pubblico e compie ricerche che riguardano testimonianze materiali e immateriali dell'umanità e del suo ambiente; le acquisisce, le conserva, le comunica e, soprattutto, le espone a fini di studio, educazione e diletto". Il capitolo, inoltre,

presenta una breve rassegna in tema di autenticità, elemento fondante delle strutture museali, nello specifico riporta studi focalizzati a descrivere il processo di negoziazione messo in atto dal consumatore quando si trova di fronte all'inautenticità. L'ultimo tratto distintivo affrontato riguarda le nuove sfide tecnologiche che riguarderanno tale settore, in particolare vengono citati studi che valutano l'applicabilità di alcune innovazioni in fase di fruizione di questi contenuti.

Il secondo capitolo introduce il concetto di museo come azienda erogatrice di servizi e in quanto tale sottoposta alle medesime logiche commerciali delle imprese private, infine definisce ed espone le tematiche principali di specifiche strutture museali: musei d'impresa. Inizialmente l'opinione pubblica si mostrava scettica di fronte alla possibilità di associare il termine marketing al settore museale, poiché si caratterizza per le sue finalità educative di stampo sociale. Nonostante ciò nel 1969 Kotler & Levy introdussero il concetto di marketing culturale, dai loro studi emergeva che agendo opportunamente sulle variabili: place, product, price e promotion era possibile coinvolgere un maggior numero di visitatori e rendere tali strutture più frequentate ed apprezzate. A tale proposito all'interno del capitolo vengono riportate alcune delle rassegne in ambito di marketing museale, dove i concetti base del marketing vengono declinati al tale settore specifico. Inoltre un'importante sezione viene dedicata alla brand heritage, elemento fondamentale per collegarsi all'argomento successivo: musei d'impresa. Quest'ultimi non svolgono la stessa funzione dei musei pubblici, ma sono strutture che hanno un legame con un'azienda ed hanno la finalità di comunicare e trasmettere la storia e il valore che nel tempo tale impresa è stata in grado di generare. Il presente lavoro ripercorre le

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3 tappe fondamentali dell'evoluzione di questi modelli museali a partire dalla nascita fino ai giorni nostri: l'analisi della letteratura fa emergere le principali funzioni e finalità che vengono attribuite nel momento in cui viene intrapresa una strategia aziendale di questo tipo.

La seconda parte del presente lavoro è di natura empirica, ovvero l'obiettivo è quello di valutare la customer experience di un collettivo di persone provata durante queste esperienze di consumo. Il campione dell'analisi sarà stato sottoposto ad un test suddiviso in due differenti sezioni: una relativa al consumo di servizio presso musei d'impresa e l'altra relativa ai musei tradizionali. Una parte esclude l'altra, per cui coloro che non hanno mai visitato musei d'impresa saranno indirizzati alla parte relativa ai musei tradizionali. La prima parte ha l'obiettivo di indagare gli aspetti generali della visita, di valutare i principali costrutti di un servizio: qualità, valore percepito, livello di soddisfazione e intenzione di riacquisto. La seconda parte si focalizza principalmente sul valutare i costrutti del servizio (appena citati) declinati tuttavia al settore museale. Inoltre il test si pone l'obiettivo di sondare il terreno di fronte alla possibilità in futuro di assistere ad esperienze di carattere virtuale. Una volta collezionati i dati sufficienti saranno presentati i risultati emersi e le relative conclusioni.

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4

Capitolo primo

Il primo capitolo presenta un'analisi del settore museale nelle sue principali sfaccettature. La prima parte affronta la storia del museo a partire dalle sue origini fino ai giorni nostri; la seconda, invece, propone una rassegna delle principali teorie in merito alla dicotomia autenticità/inautenticità come elementi fondanti in fase di costituzione di un museo; l'ultima sezione propone uno sguardo nei confronti delle nuove frontiere tecnologiche applicabili a tale settore.

1.1.Storia del museo

La parola "museo" deriva dal greco museon, ovvero Muse. Murray (1904) ritiene che il museo, ai tempi dell'antica Grecia, era, come suggerisce il nome,un luogo dedicato alle muse, ma al tempo stesso anche un luogo dedicato allo studio, alla contemplazione e all'apprendimento. Questo apprendimento era considerato di natura generale, mentre al giorno d'oggi è basato sull'interpretazione della collezione del museo stesso. Il concetto di museo inteso come collezione nasce a partire dal rinascimento, quando esploratori e viaggiatori portarono nuovi tesori e cimeli dall'estero. Tali collezioni si componevano di mobili ed armadi, ed erano formati da individui privati; per questo non erano accessibili al pubblico ed erano spesso tenute in gran segreto. L'obiettivo di tali musei pertanto non era quello di educare il pubblico generale, piuttosto di conservare i manufatti per amore e bramosia del proprietario.

Il museo Ashmolean dell'università di oxford, creato nel 1683 da una donazione da parte di Elias Ashmole, è ritenuto essere il primo museo, mentre è il British Museum ad essere considerato il primo museo pubblico; costituito nel 1759 a fronte del lascito alla nazione a opera di Sir Hans Sloane. Il 1793 è l'anno della fondazione del museo del Louvre frutto dell'eredità lasciata dalla rivoluzione Francese. L'avvento dei musei pubblici coincide con l'Illuminismo, corrente che favorisce l'uguaglianza e le opportunità di apprendimento aperte al pubblico generale. Il museo pubblico si

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5 pone come obiettivo la condivisione con l'intera comunità delle collezione, che sono state opportunamente create e preservate da collezionisti privati.

Nonostante le finalità di carattere pubblico, di fatto, in un primo momento la pratica differì dalla teoria. In particolar modo i curatori delle collezioni, provenendo da classi sociali alte, provavano disprezzo nei confronti delle masse; ritenevano che solo chi apparteneva ad un'elitè e possedeva un'adeguata conoscenza era in grado di apprezzare il livello artistico di queste collezioni. Per questo, nonostante il British Museum fosse definito pubblico, per potervi accedere erano richieste molte caratteristiche volte a limitare l'accesso alle classi inferiori. La svolta, in ottica di un libero accesso ai musei pubblici, si verifico nel 1851, in occasione della fiera mondiale Great Exhibition. L'esposizione universale di Londra fu promossa dal principe Alberto, Henry cole, Francis Fuller, Charles Dilke e da altri membri della Royal Society of Arts come celebrazioni delle moderne tecniche industriali. Il recente sviluppo ferroviario permise una grande affluenza a tale fiera, a tal punto che i governi compresero che i musei potevano essere visti come mezzi di utilità sociale e di controllo. Bazin (1967) evidenziò, come nel novecento, i governi attribuirono al museo il valore di influenzare l'opinione pubblica al punto da effettuare veri e propri "lavaggi del cervello".

Il 1845 è l'anno in cui viene emanato, da parte del governo inglese, l'atto con la finalità di incentivare la costruzione di nuovi musei nelle grandi città, e di fatto, il numero delle strutture passò, da 59 nel 1850, a 295 tra il 1850 e il 1914. Il diciannovesimo secolo si contraddistingue per i valori religiosi impressi dall'epoca Vittoriana, per questo i musei vengono costruiti come grandi edifici imponenti tanto da provocare sbalordimento più che apprendimento. Tali strutture erano viste dai fondatori come manifestazioni del self-improvement, e per questo erano sempre più edifici magnificenti ma poco accoglienti nei confronti dei visitatori finali.

La prima metà del ventesimo secolo sono anni in cui si verifica la cosiddetta stagnazione dei musei a causa di una riduzione dei fondi, di un cambiamento di ideali e della mancanza di una specifica politica che regolasse tale settore.

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6 Il secondo dopoguerra sono anni in cui tornano ad affermarsi importanti principi ideologi politici ed economici che portarono allo sviluppo di un concetto di museo moderno. Il museo moderno viene definito dallo statuto dell'International Council of Museum come istituzione permanente, senza scopo di lucro, al servizio della società

e del suo sviluppo. È aperto al pubblico e compie ricerche che riguardano testimonianze materiali e immateriali dell'umanità e del suo ambiente; le acquisisce, le conserva, le comunica e, soprattutto, le espone a fini di studio, educazione e diletto. Il ruolo del museo pubblico è cambiato radicalmente a fronte dell'aumento

del tempo libero e delle maggiori disponibilità economiche da parte dei visitatori. Presentando il passato, il museo offre al pubblico un mezzo per comprendere il

presente e prevedere il futuro, e di offrire uno strumento per condurre in maniera ottimale la propria esistenza. 1

Le strutture museali possono essere di differenti tipologie, ad esempio: museo di storia, il cui obiettivo è quello di far conoscere i fatti; museo della scienza, il cui fine è relativo a far comprendere la matematica, la fisica e la chimica; ed infine il museo dell'arte, dal quale è lecito aspettarsi raffigurazioni e sculture che siano in grado di raccontare storie tali da far vivere un'esperienza.

Come è precedentemente emerso, il concetto di museo nel corso del tempo è cambiato radicalmente; la tradizionale struttura meritocratica, volta a celebrare le eccellenze estetiche delle origini, è mutato in un concetto di istituzione più di carattere normativo, maggiormente dedicato a rovesciare il tratto narrativo e destrutturare il genio piuttosto che arricchire il visitatore. Insieme ad esso anche il concetto di arte si è completamente trasformato, a tal punto da parlare di una vera e propria revisione artistica.

Il principale esponente teorico del revisionismo Arthur Danto ritiene che fino a venti anni fa era presente un certo consenso nella morale filosofica, secondo il quale i

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7 valori etici ed estetici dell'arte sono universali e che recenti cambiamenti hanno portato alle disintegrazione di questo consenso. Danto sostiene che l'atto di visita di un museo non è un atto intellettuale ma piuttosto un atto politico e che la reazione all'arte è piuttosto determinata dalla propria razza, classe sociale e sesso. I musei revisionisti assumono che il tentativo di ricerca dell'arte ha l'obiettivo di affermare la nostra identità di gruppo. Gli esponenti della correnti revisionista non menzionano termini come standard, qualità o magnificenza e grandezza. Gli storici dell'arte e il curatore del whitney Museum Benjamin H.D. Buchloh parlano di qualità come lo strumento centrale che la cultura borghese ha tradizionalmente utilizzato per escludere o emarginare tutte le altre pratiche culturali; mezzo tramite il quale un dipinto o una scultura erano ritenute meglio di altre, oppure un periodo artistico meglio di quello precedente, mediante un mero atto di pregiudizio. La finalità dei musei revisionisti è pertanto quella di creare una condizione dove gli standard sono relativi, dove tutto può diventare arte e dove la politica è lasciata libera di guidare la missione dell'attività stessa.

L'evidente trasformazione del concetto di arte si è manifestato nel mutamento degli edifici e in particolar modo nelle entrate dei musei stessi. Fino al diciottesimo secolo questi venivano costruiti seguendo e rispettando lo stile Greco-Romano; per cui grandi architetture classiche ad evidenziare il legame con la storia e il passato. Tale strutture molto spesso presentano delle grandi scalinate che i visitatori devono opportunamente scalare per raggiungere l'entrata del museo. Il lavoro fisico richiesto per accedere dentro la struttura vuole rappresentare una metafora per gli sforzi richiesti per ambire ad uno stato di conoscenza superiore, determinata dall'insieme di tesori e di magnificenza presenti all'interno dell'edificio.

I musei al giorno d'oggi non presentano più entrate di questo genere; sono stati modificati e aggiunti degli ingressi più accessibili ai lati della struttura, come ad esempio il museo del Louvre e museo dell'arte Cleveland.

I musei revisionisti hanno riorganizzato la propria collezione in modo da minare ciò che viene chiamato il "master narrative", e la disposizione cronologica degli edifici

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8 tradizionali, che prevede il passaggio da oggetti provenienti da Egitto e Grecia fino alle opere più moderne e contemporanee. Di fatto hanno scomposto tale programma e lo hanno ricreato in modo più frammentario che, come sostiene Danto, va ad evidenziare la predominanza politica rispetto a quella storica. L'esperienza all'interno di Seattle Art Museum è una dimostrazione di ciò, infatti i visitatori, in primo luogo, vengono accolti da un ingresso che li porta presso un negozio e ad una scalinata, che li porta al piano superiore dove è situato un bar, solo una volta raggiunto il terzo piano hanno accesso alla collezione. L'architetto Robert Venturi dichiara di aver progettato il museo in modo da rendere l'arte come una parte della vita di ogni giorno.

L'obiettivo finale dei revisionisti è pertanto quello di creare un museo che sia aperto a tutti e più incentrato sulle esigenze del visitatore, a differenza delle strutture tradizionali, che nonostante la magnificenza delle collezione, evidenziano una notevole mancanza di interesse da parte del pubblico.2

1.2.Autenticità e inautenticità

Come è emerso in precedenza il museo è costituito da diverse collezioni di dipinti, sculture o, in termini più generici, di oggetti appartenenti al settore dell'arte. Nel corso del tempo i teorici si sono dibattuti sul grado di autenticità che dovesse essere garantito. A tale proposito di seguito viene proposta una rassegna delle maggiori teorie che nel corso del tempo si sono susseguite e i livelli di negoziazione che è disposto ad accettare il consumatore

L'autenticità è il valore su cui si ritiene si fondi l'attività museale (Counts, 2009).

La tesi di Baudrillard (1983) evidenzia come l'autenticità sia una misura di distinzione dell'attività museale. Gli studi di Rentschler, Hede &White (2007) sottolineano come, in un contesto di riduzione dei fondi e aumento della competizione, la sfida deve

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9 essere quella di ricercare, preservare e presentare l'autenticità. Hall (2007) sostiene come l'inautenticità sia diventata parte dell'esperienza di visita tanto quanto l'autenticità.

Orvell (1989) e Trilling (1981) ritengono che solo fino a duecento anni prima esisteva il concetto di venerazione dell'autenticità e di rinnego dell'inautenticità. Negli ultimi anni si è assistito sempre di più ad un aumento dell'inautenticità nella società, a tal punto che i consumatori hanno un alto apprezzamento del valore di quest'ultima.

Gli studi effettuati sui consumatori americani da parte di Belk, Wallendorf e Sherry (1989) hanno evidenziato come il concetto di inautenticità sia accettato in riferimento a oggetti definiti kitsch e di pessimo gusto popolari. Belk (2001), all'interno della propria teoria, inserisce il concetto di genuinità del possesso (sia autentico che non) come elemento che ha poca importanza per i proprietari stessi; è, piuttosto, il significato personale che attribuiscono al loro possesso che è ritenuto decisivo agli occhi del consumatore stesso per percepire l'autenticità. Ad esempio la percezione di autenticità può essere evocata da un poster di Mona Lisa acquistato al museo del Louvre a Parigi, anche se il consumatore è ben consapevole della non genuinità dell'oggetto.3

In merito a tale dibattito MacCannell fa riferimento all'autenticità scenata. L'autore ritiene, che coloro che vivono in società dominate da burocrazia e da altre organizzazioni complesse, avvertono la superficialità della loro vita e la carenze di esperienze autentiche. Il turismo rappresenta la ricerca di una vita completa e profonda che si sostituisca a quella superficiale che la gente è costretta a vivere; è la ricerca di esperienze autentiche che prendano il posto delle finzione che caratterizza la grande società. Pertanto i visitatori nell'ambito della loro ricerca di esperienze autentiche sono in cerca di zone nascoste da condividere. MacCannel parla di viaggiatori e di turisti: i primi sono individuati come coloro "che sono motivati dal

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10 desiderio di vedere la vita come veramente viene vissuta e persino di entrare in contatto con la natura", i secondi come coloro che durante la visita rimangono a livello di "palcoscenico" senza entrare nel "retroscena", anche se la loro ambizione sarebbe quella di accedervi. Le località turistiche riescono a soddisfare queste aspirazioni di vivere esperienze autentiche solo in parte; fanno nascere l'illusione che i visitatori abbiano effettivamente accesso al retroscena, ma quello che in realtà è concesso loro di vedere è un palcoscenico che finge di essere retroscena.

Urry, invece, ritiene che l'autenticità non sia un elemento cosi essenziale, ciò che i turisti ricercano è qualcosa che sia in contrasto con le loro attività quotidiane, una sorta di via di fuga. I visitatori sono perciò percepiti come più sofisticati, perfettamente consapevoli che tali attività sia un gioco di simulazione.4

Altre ricerche mostrano come i visitatori tendono a fare un compromesso quando confrontano l'inautenticità all'interno dell'esperienza di consumo. La tesi di Waller & Lea sottolinea l'importanza del ruolo svolto dal management museale nel modellare come l'autenticità deve essere interpretata e costruita dai consumatori. Per questo all'interno di tale settore i fornitori e i visitatori devono in modo collaborativo negoziare questo paradosso, derivante dall'intersezione tra i due valori contrapposti, mediante un processo di immaginazione tale da rendere piacevole l'esperienza di autenticità.

I risultati emersi dalla ricerca qualitativa, effettuata ad opera di Anne-Marie Hede (Victoria university, Melbourne, Australia) e Maree Tyne (University of Otago, Dunedin, New Zeland), mostrano come l'inautenticità sia negoziata durante la visita al museo di Janet Frame, 56 Eden Street. Janet Frame è stata una delle più celebri autrice Neozelandesi; il museo è una riproduzione della casa in cui ha vissuto da adolescente, solo la scrivania era di sua proprietà, il resto è una ricostruzione fedele. I risultati mostrano gli elementi chiave che sono parte del processo di negoziazione:

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11 la scenografia, la libertà e l'immaginazione. La prima nozione è rilevante per far capire ai visitatori come effettuare la propria esperienza. Le brochures ed il sito web comunicano in modo chiaro e inequivocabile la presenza dell'inautenticità; la casa non è una "restaurazione", per cui i visitatori devono sapere cosa aspettarsi dalla visita. I risultati emersi mostrano come, quando i visitatori sono messi a confronto con la nozione di inautenticità, tendono a sentire un certo senso di dissonanza, ma è proprio la fase di gestione di questa dissonanza importante per raggiungere l'autenticità da tale esperienza. La seconda questione è inerente alla libertà; i consumatori sono tenuti a svolgere la visita in totale autonomia in modo da essere molto partecipativi. I risultati mostrano che, di fronte alla possibilità di vivere liberamente lo spazio fisico, i visitatori godono dell'opportunità di vivere un'esperienza autentica; autenticità del se come requisito essenziale per raggiungere tutto questo. Il terzo elemento è l'immaginazione; i consumatori sono incoraggiati ad usare la loro immaginazione (memoria e nostalgia) per proiettare la loro percezione dell'autenticità negli oggetti all'interno del museo. Le risposte riportate evidenziano come utilizzando la propria immaginazione l'esperienza di consumo siano migliorate. I risultati vanno pertanto a confermare le teorie di Rose &

Wood (2005) secondo cui i consumatori negoziano i paradossi relativi all'autenticità e inautenticità attraverso il loro livello di coinvolgimento.5

1.3.Nuove frontiere tecnologiche applicate al settore museale

L'avvento del "web 2.0" e la nascita dei social media sono un fenomeno che ha caratterizzato gli ultimi anni ed ha coinvolto tutti settori,e, tramite esso, il consumatore ha assunto un ruolo sempre più importante in fase di creazione e condivisione dei contenuti: tutti si relazionano con tutti su tutto (Solima, 2014). In precedenza internet era uno strumento che metteva in connessione una rete di

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12 macchine, per cui il ruolo del consumatore era strettamente passivo, una comunicazione di tipo verticale e monodirezionale. I recenti studi parlano di Internet of Things (IoT), ovvero di relazione tra oggetti "intelligenti". Le nuove tecnologie hanno cambiato radicalmente la società e i consumatori, per questo le attività museali devono adattarsi a ciò in modo da essere maggiormente competitivi e rispondere alle esigenze dei nuovi "nativi digitali". Per analizzare le tecnologie di comunicazione adottate e per presentare delle nuove possibilità di valorizzazione del patrimonio tangibili e intangibile del museo, di seguito viene proposta una specifica ricerca. Tale studio è condotto da Ludovico Solima all'interno di Smart

museums. Sul prossimo avvento dell'Internet of Things e del dialogo tra gli oggetti nei luoghi della cultura. (2016), e ha proprio l'obiettivo di giungere ad un possibile

modello applicativo della IoT al mondo dei musei, in particolare nella predisposizione di un sistema di orientamenti di tipo adattivo ,in grado di coniugare armonicamente i saperi del museo con la conoscenza "esperienziale" dei visitatori.

1.3.1.I consumatori sociali

Prima di procedere con l'analisi delle tecnologie applicabili al settore museale occorre fornire una breve analisi sulle tipologie di consumatori digitali. La Forrester research introdusse per la prima volta il concetto di social technographics, in base alle ricerche condotte sulle vite sociali e digitali dei consumatori. In questo studio venivano individuate sei tipi di persone, in base al modo in cui utilizzavano e interagivano con i social media. Il primo gruppo viene identificato come i creatori, ovvero coloro che creano documenti condivisibili dagli altri utenti (i cosidetti UGC, user genereted content). I conversatori, invece, sono coloro che parlano mediante i social media e lo fanno di frequente. I critici come coloro che reagiscono ai contenuti caricati da altri; anche se non producono contenuti originali allo stesso livello dei creatori, il loro apporto viene ritenuto comunque fondamentale. I collezionisti tendono ad essere utenti efficienti e organizzati dei contenuti social. I socievoli sono persone che hanno un profilo su uno o più social network e che visitano questi siti con regolarità. Gli spettatori sono coloro che non creano, né partecipano, né

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13 condividono , si limitano solo a leggere e ad ascoltare. Infine sono presenti gli

inattivi, ovvero coloro che sono online ma non svolgono alcun tipo di attività.6

1.3.2.Dal reale al digitale

L'analisi di Ludovico Solima, in primo luogo, evidenzia il rapporto tra i musei ed internet nel contesto italiano. L'autore dichiara come in realtà la presenza in rete dei musei sia ancora molto limitata;in molti casi la qualità di tale presenza è scarsa, risolvendosi nella presentazione di contenuti molto frammentati e tendenzialmente statici, cioè aggiornati con poca continuità. L’approccio utilizzato dai musei nella comunicazione digitale è prevalentemente di tipo uni-direzionale, replicando quindi, tristemente, quanto già accade all’interno dei percorsi espositivi; gli strumenti a

6 Social media marketing, post-consumo, innovazione collaborativa e valore condiviso, Tulen- Solomon,2014

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14 disposizione per interagire in modo maggiormente dinamico con i propri pubblici - tipicamente rappresentati dai Social media (Waardenburg e Hekmon, 2012; Solima, 2010a) - spesso non vengono neanche presi in considerazione, e quando accade, ciò avviene per lo più in assenza di una strategia complessiva di utilizzo, diversamente da quanto avviene in altri contesti nei quali l’uso dei diversi strumenti digitali trova una sua pianificazione a livello di sistema (Martínez-Sanz, 2012; Falkow, 2011). Tendenzialmente la mancanza di una effettiva campagna di social media marketing sono da ricondurre alla scarsa quantità di risorse disponibili da destinare a svolgere tali attività. Intraprendere una strategia di questo tipo non comporta notevoli investimenti, tuttavia impone la presenza di competenze specifiche nella gestione della comunicazione; perché non è sufficiente essere presenti sulla rete, ma piuttosto la modalità con cui si è presenti in rete. L'avvento di smartphone e tablet ha permesso mobilità all'utente, a tal punto da rendere sempre più sfumata la distinzione tra contenuti digitali on-line e on-site. Al giorno d'oggi i musei, pertanto, devono mettere in condizione i visitatori di poter fruire di contenuti digitali; occorre considerare che l'accesso può avvenire da differenti device con differenti esigenze (lo smartphone prevede una visualizzazione su uno schermo più piccolo, ma al tempo stesso consente di ingrandire le immagini e non permette di visualizzare file "pesanti" da punto di vista digitale). Un altro aspetto evidenziato da Solima è che, durante la fase di fruizione, il visitatore è già oggetto di una pluralità di sollecitazioni sensoriali (di tipo visivo nel caso delle opere esposte ecc), per cui va calibrata con grande attenzione la quantità e la tipologia di dati messi a sua disposizione in formato digitale. Per permettere la fruizione di contenuti digitali anche off-line, il museo dovrebbe valutare la possibilità di sviluppare una versione mobile del proprio sito, propendere sostanzialmente per la creazione di un app.

Solima, come app in grado di svolgere delle funzioni utili al consumatore, menziona il cosiddetto "indoor-mapping"(Martin Brualla et al.,2014;Ijazet al.,2013), ovvero l'utilizzo dello smartphone come un vero e proprio navigatore all'interno della struttura museale. Tale app inizialmente è stata progetta per risolvere i problemi di spazio nelle strutture di grandi dimensioni come i centri commerciali o aeroporti; la

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15 finalità è molto simile a quella di Google Map, si permette al visitatore di osservare la sua posizione, le sue aree di interesse e le indicazioni per raggiungerle. Questo consente allo staff del museo di essere in possesso di numerose informazioni-che altrimenti comporterebbero alti costi di rilevazione-quali le traiettorie di spostamento e le soste effettuate durante il processo di fruizione, utili per capire come viene effettivamente utilizzato lo spazio museale.

1.3.3.I contenuti digitali in mobilità

Solima, all'interno della sua analisi, presenta sette strumenti che la struttura museale può mettere a disposizione del visitatore per usufruire di contenuti digitali durante l'esperienza all'interno degli spazi museali.

Il primo strumento consiste nel dotarsi di un obbiettivo (sensore) e di uno specifico software in grado di scattare fotografie e registrare filmati. Questo consente al visitatore di scattare fotografie nei confronti delle opere che ritiene più meritevoli e, in seguito di condividerle mediante i social media con gruppi di persone che condividono gli stessi interessi. I musei devono in primis incentivare questo tipo di attività in modo da accrescere la brand awareness e, soprattutto in modo da osservare da esterno i giudizi degli utenti/visitatori e, sulla base di ciò, intervenire in modo da rispettare le esigenze del cliente.

Goggle è, invece, un app che permette, una volta scannerizzata l'immagine appena scattata, di verificare la corrispondenza con opere simili e in caso di riscontro positivo di mettere a disposizione dell'utente delle informazioni pertinenti su quanto fotografato.

Qr code consiste in una sorta di codice a barre bidimensionale, rispetto a quello tradizionale riesce a contenere una maggiore quantità di informazione; è sufficiente che il visitatore, tramite la fotocamera, inquadri tale simbolo per avere accesso ad una moltitudine di informazioni. La fase di creazione del Qr-code è relativamente

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16 semplice, occorre l'utilizzo di uno specifico software e di una semplice stampante a getto d'inchiostro per generare tale "segno".

Un altro tipo di software che può essere applicato al settore museale è la tecnologia Rfid; già ampiamente utilizzata per il funzionamento del telepass che di fatto consente, ad un dispositivo opportunamente equipaggiato con un sensore, di entrare in comunicazione con un "tag" e di attivare uno interscambio informativo tra emittente e ricevente. Solima evidenzia come, se all'interno del museo venissero poste queste etichette in corrispondenza dei diversi oggetti della collezione, il visitatore potrebbe in automatico identificare le specifiche opere, reperti ed arredi.

Tali software permettono il riconoscimento e l'identificazione dell'opera; in seguito il visitatore può essere messo in condizione di conservare l'opere selezionate all'interno di una galleria virtuale mediante un "In cluod". In questo modo il consumatore può dar vita ad una collezione strettamente personale sulla base delle proprie preferenze e migliorare la qualità della esperienza vissuta, e dal punto di vista didattico godere anche ex post della fruizione di certi contenuti. Un ulteriore effetto positivo può essere ottenuto incentivando la condivisione di tali documenti attraverso i social media, in modo da aumentare la visibilità e la brand awareness del museo stesso, e facendo in modo che il visitatore diventi, egli stesso, garante della qualità dell'esperienza vissuta nei confronti dei propri conoscenti.

Solima evidenzia, inoltre, un'ulteriore opportunità permessa dall'utilizzo di un dispositivo mobile all'interno del museo, ovvero la "realtà aumentata". Il prodotto di riferimento è il "Google Glass"; tale tecnologia fa riferimento alla possibilità di esplorare il territorio circostante mediante una fotocamera e di ricevere in automatico tutte le informazioni su di esso, grazie al sistema di localizzazione inserito all'interno. Nello specifico tale prodotto consiste in degli occhiali da indossare durante la visita, che in automatico permette l'accesso ai contenuti di rete senza dover impegnare le mani.

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17 La "realtà virtuale" consiste, per sua stessa definizione, nel simulare la realtà effettiva, quindi un contesto ambientale che viene completamente ricostruito in forma digitale generando così un'esperienza immersiva che coinvolge tutti e cinque i sensi. In un contesto museale tale tecnologia può essere utilizzata per scopi differenti; in primo luogo può essere utilizzate da storici dell'arte e da archeologi per ricostruire in formato digitali parti di opere o di strutture che nel corso del tempo sono andate perdute, una finalità più di ricerca; in secondo luogo per una finalità esperienziale, durante la visita del museo il consumatore può, in un'ottica digitale, osservare gli oggetti a 360°, oppure ingrandirli per vedere nello specifico i dettagli minimali. Il vantaggio della realtà virtuale consiste inoltre nell'essere de-contestuali, cioè permettere la fruizione di questi contenuti anche al di fuori della struttura originaria di appartenenza. Inoltre questi strumenti permettono allo staff del museo di stampare copie di immagini di opere che sono state opportunamente personalizzate dai visitatori durante la visita, in un'ottica di marketing questo rappresenta un forte potenziale, infatti la valutazione di un servizio tiene di conto di tutti gli aspetti di esso, anche di un eventuale atto d'acquisto alla fine dell'esperienza di visita.

1.3.4.Museo del futuro, smart museum.

Il concetto di smart museum nasce dalla possibilità di applicare al settore museale le recenti scoperte inerenti all'Internet of Things (IoT). Internet delle cose fa riferimento ad un'estensione dell'uso delle rete; passare da un contesto, caratterizzato da una comunicazione tra oggetti e persone, ad uno costituito dal rapporto tra singoli oggetti intelligenti.

Al giorno d'oggi, infatti, sono presenti numerose app o software in grado di rilevare sia condizioni climatiche, sia semplici localizzazioni di cose o persone, e molti altri elementi. Tuttavia questa situazione è destinata ad evolversi, e a far si che, una volta che questi apparecchi rilevano delle situazioni, siano anche in grado di mettersi in comunicazioni con altri dispositivi per agire di conseguenza; oggetti quindi dotati di una propria intelligenza, impostati a reagire di fronte a ogni condizione. L'esempio

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18 proposto da Solima, relativo ad un automobilista che percorre una strada in pieno inverno, può spiegare meglio la potenzialità di questa realtà. La macchina è dotata di specifici sensori in grado di rilevare l'eventuale presenza di ghiaccio e di comunicare all'autista di tenere una guida più prudente. Questo è il caso di un "comportamento intelligente", ma pur sempre isolato: situazione in cui un oggetto intelligente comunica con una persona. In ottica di Internet of Things, l'auto è dotata di molteplici sensori intelligenti, ma anche di un apposito sistema di navigazione che mette in collegamento tutti i vari dispositivi di controllo, che comunicando tra loro, in caso di strada ghiacciata, in automatico, limitano la velocità della macchina qualora il conducente non abbia già provveduto. Pertanto è il caso di oggetti intelligenti interconnessi tra loro senza la mediazione della persona fisica. Oggetti che sono in grado di comunicare tra loro senza l'intermediazione dei proprietari vengono definiti "smart object", di fatto, tramite specifici algoritmi, sono in grado di regolare i propri comportamenti. Un esempio di smart object è dato da cibi preconfezionati che, inseriti all'interno di un apposito frigorifero (smart object), possono comunicare ad esso quando sono vicini alla scadenza e, questo di conseguenza invierà una notifica al proprietario. La diffusione degli smart object comporterà la rivisitazione di tutti gli spazi domestici e di lavoro, per questo saranno sempre più diffuse smart-home, smart-firm, smart-grid (distribuzione dell'energia elettrica) e smart city.

Le strutture museali, allo stesso modo, sono destinate ad essere investite da queste recenti dinamiche evolutive e diventare pertanto degli smart museum. Parlare di smart museum implica la possibilità di scambiare, in modo automatico (non tramite i mezzi di socializzazioni tipici dei social media), con gli altri visitatori, il proprio "sapere esperienziale", reso disponibile mediante i sistemi di raccolta dati presenti all'interno dello spazio museale.

Il tempo di fruizione dei contenuti per ciascun visitatore è limitato e molto spesso deve affidarsi ai curatori di musei per fare una selezione delle opere da visitare. Un accurato sistema informativo potrebbe, invece, reperendo informazioni specifiche

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19 per ciascun individuo, proporre uno specifico tour che sia calibrato maggiormente sugli interessi e le singole caratteristiche; il livello di gradimento dell'esperienza risulterebbe sicuramente più alto. In pratica, tale sistema, dovrebbe comprendere, oltre ad un strumento di localizzazione che traccia il percorso di ogni singolo visitatore, anche un mezzo tramite il quale individuare le opere su cui si focalizza maggiormente l'utente, in modo da creare itinerari più specifici. Nel caso in cui il percorso del visitatore per qualche particolare esigenza differisce da quello proposto, il sistema informativo immediatamente si occupa di riformulare i contenuti dell'itinerario. Questo è l'elemento di forza che contraddistingue l'adozione di un sistema informativo; la capacità adattiva di riformulare in tempo reale le varie situazioni che si pongono (Tanenbaum et al., 2014; Not and Petrelli, 2014) e la possibilità di individuare le relazioni "esperenziali" tra le opere esposte. Tali conoscenze esperienziali sono fondamentali per lo staff stesso, perché permette di capire se eventualmente modificare la collezione, come distribuire lo spazio museale e come svolgere le attività di comunicazione al fine di aumentare il numero di visitatori. La qualità del sistema informativo dipende in maniera fondamentale dal

tipo di informazioni di cui dispone la struttura stessa.

L'analisi di Solima ne evidenzia cinque tipi:

Fornite spontaneamente dall'utente: sono quelle che vengono raccolte prima del processo di visita; ad esempio età, genere, nazionalità, professione e la preferenza in termini di contenuti attesi.

Fornite implicitamente dal visitatore: gli spostamenti che effettua all'interno dei locali.

Ulteriori conoscenze acquisite su ciascun visitatore: si verificano nel caso in cui i consumatori siano in possesso di oggetti intelligenti che raccolgono apposite informazioni e le comunicano ad ulteriori dispositivi museali. In merito a tale questione sono numerosi i dibattiti per quanto attiene la liceità (in tema di normativa sulla privacy) di questa raccolta dati. (Roman et al.,2013)

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20 Emerse mediante i sistemi di localizzazione. Mezzo tramite il quale è possibile individuare come il visitatore si muove all'interno dello spazio museale e se si creano dei colli di bottiglia.

La base dei dati composta dalle informazioni aggregate sui percorsi di visita. Sono raccolte dalla pluralità di utenti che hanno utilizzato il sistema e vengono riproposte come dei valori esperienziali delle opere contenute nel museo.7

In conclusione, lo smart museum è una realtà ancora poco diffusa soprattutto in un contesto italiano, tuttavia rappresenta una sfida per i musei che vogliono essere più competitivi in un futuro prossimo. L'investimento necessario per un impianto di queste caratteristiche è importante, non solo dal punto di vista economico, ma anche in termini di risorse umane competenti da reperire, ciò nonostante nel lungo periodo può comportare un importante vantaggio competitivo. Un direttore museale, prima di intraprendere un'azione di questa portata, deve svolgere delle opportune indagini di mercato per capire il grado di presenza online dei propri clienti. Una campagna di social media marketing, come è stato detto in precedenza, non comporta costi notevoli, ma tuttavia rappresenta un impiego di risorse, per cui deve pur sempre essere efficace. Per questo prima di proporre una strategia di incentivazione di contenuti online da parte dei consumatori occorre analizzare il grado di presenza online di questi ultimi. Se i clienti di riferimento sono spettatori o inattivi la campagna rappresenterà solo un inutile spreco di risorse. In contesto italiano l'applicazione di alcune di queste tecniche può risultare prematuro, tuttavia i musei devono iniziare a preparare il terreno per future applicazioni.

Questo capitolo ha presentato brevemente come si è verificata l'evoluzione delle strutture museali, dalle fasi iniziali le cui finalità erano ben diverse da quelle moderne, fino ai giorni nostri in cui il concetto di collezione sembra destinato ad essere stravolto e ad assumere una dimensione sempre più digitale e meno reale. Al

7

sinergie,italian journal of management ,Vol. 34, N. 99, 2016, Smart Museums. Sul prossimo avvento della Internet of Things e del dialogo tra gli oggetti nei luoghi della cultura, Ludovico Solima

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21 tempo stesso sono stati affrontati gli aspetti principali che caratterizzano una attività museale, ovvero il grado e il livello di autenticità che deve essere garantito e, di fronte della presenza di inautenticità, come reagiscono i visitatori.

Un'analisi relativa alle principali sfaccettature dell'attività museale è essenziale per affrontare nel capitolo venturo il concetto di marketing museale. I musei, come evidenziato in precedenza, si caratterizzano per i valori autentici che sono ben distanti dalle logiche meramente commerciali che contraddistinguono le grande aziende. Ciò nonostante, come vedremo nel prossimo capitolo, l'adozione di una strategia di marketing museale sembra essere l'unica soluzione per rimanere su mercati sempre più competitivi. I musei d'impresa, affrontati nella prossima sezione, sono una realtà a parte rispetto ai musei tradizionali, tuttavia si edificano sui medesimi valori fondanti, quali la valorizzazione del patrimonio storico. Da qui nasce l'esigenza di presentare una rassegna sulla questione del brand heritage.

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22

Capitolo secondo

Il capitolo ha l'obiettivo di affrontare il marketing museale in primo luogo, la questione della brand heritage in secondo luogo e infine una panoramica sui musei d'impresa. La sezione iniziale presenta una rassegna delle teorie che hanno affrontato la nascita e lo sviluppo del marketing museale; passaggio da concezione di attività museale come attività di servizio, fino ad un vero è proprio utilizzo delle strategie commerciali in ottica di attrazione e coinvolgimento del cliente. La seconda parte presenta una panoramica relativa alla brand heritage, i suoi tratti caratteristici e come attivarla e mantenerla in modo da rappresentare un asset aziendale strategico di lungo periodo. Investire sulla brand heritage è essenziale per costituire un museo d'impresa, inteso come qualsiasi struttura che abbia un legame con un'azienda e che abbia una finalità espositiva. La parte finale ha l'obiettivo di presentare i musei d'impresa, una breve rassegna sulla nascita e le caratteristiche principali di questo nuovo strumento comunicativo. Il capitolo si conclude con una breve panoramica su i mezzi mediante i quali tale strumento si comunica all'esterno.

2.1.Museo e marketing

La definizione di attività museale proposta da International Council of Museum evidenzia le finalità e gli obiettivi: acquisire, conservare ed esporre testimonianze a

fini di studio, di educazione e di diletto. Per questo, per molti anni, la combinazione

tra il marketing e l'arte è stata ritenuta da tutti impensabile: vi era l'assunzione secondo cui il marketing tende a degradare ogni cosa, a ricondurre ad una logica meramente commerciale un settore che, invece, si distingue per il perseguimento di elevati valori culturali. Il museo, di fatto, consiste in un'organizzazione di servizi, soggetta pertanto ai medesimi problemi di marketing associati a questi ultimi.

I servizi vengono definiti come atti, processi e performance. In quanto tali presentano delle caratteristiche differenti rispetto ai prodotti e in particolare modo si distinguono per: intangibilità, eterogeneità, inseparabilità e deperibilità.

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23 Intangibilità: si parla di performance ed azioni e pertanto non possono essere né visti, né sentiti, né toccati. Questo comporta delle implicazioni di marketing, ovvero non si possono immagazzinare, e quindi le fluttuazione della domanda risultano difficili da gestire.

Eterogeneità: i servizi vengono messi in atto da persone fisiche, per questo non ci saranno mai due esperienze identiche. Di fatto l'eterogeneità dei servizi è in larga misura il risultato dell'interazione umana tra fornitore e cliente. L' implicazione di marketing consiste nell'impossibilità di garantire una qualità costante; causa della più o meno capacità del cliente di specificare il proprio bisogno e capacità del fornitore di soddisfarlo ecc.

Inseparabilità: i beni fisici vengono prodotti, poi venduti e consumati, i servizi vengono prima venduti, poi prodotti e consumati simultaneamente. Questo comporta un'impossibilità nell'effettuare produzioni di massa. La qualità del servizio dipende in larga misura da ciò che accade in tempo reale, comprese le azioni dei dipendenti e le interazioni tra cliente e dipendente. Un' ulteriore implicazione deriva dal coinvolgimento del consumatore nel processo di produzione che quindi incide (positivamente o negativamente) sull'esito della transazione che ha ad oggetto il servizio.

Deperibilità: i servizi non si possono conservare, immagazzinare, rivendere o restituire. Questo implica l'impossibilità di fare magazzino.

Il marketing mix consiste nell'insieme degli elementi che sono sotto il diretto controllo dell'organizzazione e che possono essere opportunamente utilizzate per ottimizzare la relazione con i clienti. Il marketing mix tradizionale è composto da quattro leve: prodotto, prezzo, promozione e distribuzione. Nel caso dei servizi è stato elaborato un marketing mix più complesso e articolato che tiene conto delle caratteristiche intrinseche degli stessi. Per questo oltre alle leve tradizionali sono state aggiunte altre tre P: persone, parte intangibile e processo. La prima fa riferimento al presupposto secondo cui tutti gli attori umani hanno una parte

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24 nell'erogazione del servizio e quindi influenzano la percezione del servizio, e consistono in personale dell'azienda, il cliente e gli altri clienti presenti nel luogo di erogazione del servizio. La parte tangibile consiste nell'ambiente in cui viene erogato il servizio e in cui cliente ed azienda interagiscono, e tutte le componenti tangibili che facilitano la performance e la comunicazione del servizio. Infine il processo fa riferimento all'insieme delle procedure, dei meccanismi e del flusso delle attività con cui viene erogato il servizio.8

Questa nuova concezione di museo, come attività sottoposta alle logiche di marketing, viene introdotta per la prima volta all'interno dell'opera "broadening the concept of marketing" (Kotler, Levy, 1969), dove gli autori presentano nuove aree del marketing, e fra queste, il marketing culturale. Kotler e Levy evidenziano come per molte persone il museo sia ritenuto essere un freddo mausoleo; un luogo caratterizzato dalla noia e dalla fatica. Gli autori ritengono che questo disinteresse provenga dal modo in cui le collezioni vengono presentate, chiedendosi pertanto se, con una maggiore attenzione all'esigenze di mercato e alla clientela, non si possa aumentare il coinvolgimento del pubblico.

La situazione rimane invariata fino agli anni ottanta, anni in cui, sotto il governo della Thatcher, l'Inghilterra dà vita ad un politica di stampo liberista; aumenta la concorrenza, cresce il numero dei musei e diminuiscono le visite per museo. Le visite medie in Inghilterra passano da 72.000 nel 1978 a 48.000 nel 19889; anni in cui il governo esorta i musei a ricorrere a finanziamenti privati oltre a quelli pubblici: rivolgendosi a sponsorizzazioni, donazioni private e negozi per la vendita di gadget.

In questi anni emerge, pertanto, l'esigenza di gestire accuratamente le finanze: assumono importanza le ricerche di mercato come strumento per proporre un servizio di qualità per il visitatore finale, e vengono introdotti indicatori per misurare

8 Marketing dei servizi, Zeithaml, Bitner, Gremler, Bonetti, McGraw-Hill, 2012 9 Journal of Marketing Management, 1995, 11, 601-616

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25 le performance. Tuttavia le prime ricerche di mercato che vengono compiute sono tese ad aumentare il numero delle visite piuttosto che investigare le caratteristiche dei consumatori e i motivi per cui si sono recati presso il museo.

Storicamente ad occuparsi di questo aspetto era la figura del curatore, a cui è dato il ruolo sia di custodia della collezione, sia di gestione della visita e di visitatori. In particolar modo erano i curatori a selezionare la collezione perché si riteneva fossero in grado di imporre i loro valori e le loro assunzioni ai clienti finali. Con il passare degli anni la figura del curatore si trova sempre in conflitto tra la posizione manageriale: gestione dei rapporti con gli stakeholder, e la posizione professionale: selezione e mantenimento delle opere d'arte. I rapporti con gli stakeholder risultano essere sempre più complessi, per questo è necessario inserire i contenuti di marketing all'interno della professione museale. Ecco che i musei tentano di introdurre il concetto di esperienza durante la fase di visita, anche se in un primo momento vengono derisi, a tal punto da coniare il termine di "Disneyficazione" dei musei. Gli anni seguenti dimostreranno come il concetto di esperienza di consumo non comporterà una perdita dell'integrità del valore del museo stesso.

Esempi di esperienze che sono state condotte con successo sono: "Captain Cook Birthplace Museum" in Middlesbrough e "Victoria & Albert Museum" a Londra. Il primo utilizza scene e suoni con l'obiettivo di evocare l'atmosfera presente al tempo del Capitano Cook; il secondo ha introdotto una galleria di arte Cinese volta a rispondere alle domande che vengono poste a proposito. Nonostante lo scetticismo iniziale, tali tecniche si dimostrano molto valide per informare maggiormente e, soprattutto, per coinvolgere e stimolare il visitatore finale. Per esigenze finanziare vengono inoltre introdotti servizi aggiuntivi, come ad esempio bar e caffetterie oppure negozi di souvenir. Nonostante i successi riscontrati in queste attività molto spesso a frenare lo sviluppo di queste eventi è proprio il curatore stesso, che continua a difendere fortemente la funzione primaria del museo stesso ovvero di collezione delle opere d'arte. Per superare tali ostacoli viene pertanto introdotta all'interno della struttura la carica di direttore: una figura di spicco che è in grado di

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26 mostrare leadership e soprattutto di rappresentare un fulcro attorno al quale far ruotare tutte le varie operazioni. Il direttore pertanto si occupa di gestire lo staff curatoriale ma al tempo stesso di sviluppare strategie di marketing (marketing mix) per rendere il museo più accessibile al pubblico. Le leve del marketing mix tradizionale sono: prezzo, place, promotion e prodotto. Di seguito vengono presentati i tratti distintivi di tali leve all'interno del settore museale (Fiona Mclean, 1995).

PRICE

Il concetto di prezzo rappresenta una questione molto articolata all'interno del settore museale: da sempre viene associato ad una dimensione meramente commerciale a tal punto da stridere di fronte alla finalità culturali dell'attività stessa. Alcuni studiosi nel corso del tempo hanno proposto (Rodger, 1987) l'introduzione di alcune tasse pubbliche cosi da eliminare il costo di entrata e in modo da pagare un prezzo pubblico anche se indirettamente. Altri hanno suggerito invece di far pagare una tassa di accoglienza a tutti i visitatori che provenivano da fuori, anche se questo andava contro le finalità pubbliche. I musei che hanno introdotto un costo di entrata hanno, tuttavia, assistito ad una riduzione del numero dei visitatori: il London National Museums ha visto ridursi il numero dei propri visitatori del 40 % di fronte all'introduzione di un biglietto da pagare all'ingresso. Per ovviare a ciò sono state adottate soluzioni come la discriminazione dei prezzi: far pagare prezzi differenti in base all'età, professione, condizione familiare ecc.

PLACE

La questione inerente al place spesso è diretta conseguenza della storia del museo stesso. In Inghilterra molti musei, come evidenziato in precedenza, furono istituiti in epoca Vittoriana, per questo tendevano ad essere edifici imponenti e spesso intimidatori e poco invitanti. A rinforzare tale concezione era il sistema di sicurezza che spesso veniva predisposto all'esterno della struttura. Nel corso del tempo pertanto tali musei vennero resi più accoglienti tramite; l'utilizzo di striscioni

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27 all'entrata in modo da favorirne l'ingresso, e mediante un sistema di luci che rendesse gli spazi più ampi e ospitali.

PROMOTION

La pubblicità è uno strumento essenziale per creare consapevolezza tra i potenziali clienti; tendenzialmente i musei si affidavano alla pubblicità gratuita tramite i media, su brochure oppure sul passaparola. Nel corso del tempo la pubblicità divenne un fattore sempre più importante all'interno della strategia di marketing, a tal punto da sviluppare un brand o un'identità del museo stesso.

PRODUCT

Il prodotto all'interno del museo consiste nella collezione delle opere d'arte. Esse rappresentano il fulcro dell'attività stessa, per questo è opportuno che siano selezionate con grande attenzione e che siano situate all'interno della struttura con una certa coerenza in modo da creare un vero e proprio percorso attraverso la storia. La nuova sfida, tuttavia, non è più solo quella di saper preservare le opere ma anche di saperle mostrare in modo da attirare il grande pubblico; prodotto inteso a livello più core- la collezione- ma anche più allargato comprensivo di tutti i servizi aggiuntivi- negozi e bar caffe.10

2.1.1.Museo come servizio

Rentschler, R. & Hede, A.M. all'interno dei propri studi hanno evidenziato come ci sia stato un cambiamento nella definizione di museo: da object based a collection based. Rentschler (2007) ritiene che questo cambiamento si sia verificato mediante l'influenza derivante dalla prevalenza di una mentalità filosofica e sociale.

• Basato sull'oggetto--> museo acquista, conserva, comunica ed esibisce l'arte a fini di studi e di educazione.

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28 • Basato sulle persone--> l'obiettivo del museo è di far divertire e di far

apprendere i visitatori.

Kotler (2008) ritiene che in un contesto museale il prodotto è visto a tre livelli: prodotto core, prodotto actual e prodotto augmented. Il primo fa riferimento ai bisogni e ai benefici; per esempio alcuni visitatori cercano l'educazione, altri ricreazione e altri la socievolezza. Il secondo comprende le caratteristiche del museo in se e quello che offre (l'edificio, ristoranti e ingresso ecc). Infine il prodotto augmented comprende i benefici addizionali che il museo offre come programmi fedeltà o incontri con il direttore del museo.

Di fronte alla possibilità di beneficiare di differenti esperienze di consumo e di fronte alla presenza di diversi tipi di consumatori, è essenziale per i direttori museali effettuare delle ricerche di mercato volte a comprendere i vari comportamenti di consumo. Sono numerosi gli studiosi che hanno cercato di individuare e schematizzare le differenti esperienze di consumo, tra questi, di seguito, viene proposto quello di Scuderi (2012), che studia i visitatori di due tipi di musei nell' ottica di trovare somiglianze e differenze nei loro comportamenti e nelle loro caratteristiche. Secondo Scuderi i visitatori si dividono in tre categorie: "ricercatori di conoscenza", "non motivati" e "interessati". I primi hanno caratteristiche socio-demografiche ed economiche molto eterogenee. I "non motivati" sono composti da un ampio gruppo di visitatori senza un particolare motivo che li spinge. Il gruppo degli "interessati"sembra spendere più tempo all'interno dei negozi rispetto agli altri gruppi. Lo studio di Mokthar e Kasim (2011) studia invece le motivazione degli adolescenti di fronte alla possibilità di visitare o non visitare i musei. L'analisi mostra come in realtà la maggioranza di questi ha nel complesso un'idea molto positiva dei musei; è solo per mancanza di tempo, mancanza di informazioni riguardo agli eventi museali che non sono abbastanza motivati da prenderne parte.

La recente letteratura sul marketing museale è giunta a ritenere che i musei siano organizzazione che erogano servizi.

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29 A partire dagli anni novanta inizia a svilupparsi la concezione secondo cui i musei sono distinti rispetto alle altre attività erogatrici di servizi, nonostante abbiano le medesime caratteristiche ( intangibilità, eterogeneità, inseparabilità, deperibilità).

La ricerche effettuata da Goulding (2000) evidenzia come le teorie inerenti al marketing dei servizi possono essere applicate all'interno dell'ambiente museale. Sulla base di tale ricerca Lagrosen ha esaminato tre caratteristiche base dei servizi che possono essere ritrovate anche nei musei. Essi sono servizi per i seguenti motivi:

• La collezione si compone di prodotti, tuttavia i prodotti non vengono trasferiti direttamente al visitatore.

• La visita al museo non può essere prodotta finché il visitatore non è presente nel museo

• La visita al museo richiede una partecipazione attiva da parte del visitatore per erogare correttamente il servizio.

Pine & Gilmore (1999) avanzano la tesi secondo cui il marketing esperienziale è una strategia efficace da applicare in tutti quei settori inerenti al tempo libero; il loro scopo non deve essere quello di fornire solo prodotti e servizi, ma di servire delle eccellenti esperienze. "Quando una persona acquista un servizio, acquista un set di cose intangibili che si tiene per suo conto. Quando si compra un'esperienza, si paga per passare il proprio tempo godendo di una serie di memorabili eventi che una compagnia mette adeguatamente in scena per coinvolgere in modo strettamente personale".

Dirsehan e Yalcin (2011) sottolineano come i musei sono luoghi centrati sull'esperienza e che queste offrono siano stimoli emotivi e cognitivi, e per questo capire i consumatori è vitale.

Mencarelli et al. (2010) ritengono che l'esperienza all'interno del museo debba essere ridefinita; da una semplice visita, ad una visita immersiva e completa, dove l'individuo stesso diventa attore della rappresentazione messa in atto.

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30 Nell'ambito museale un recente trend è edutainment, che consiste in una convergenza tra l'educazione e intrattenimento. La finalità è quella di rendere l'esperienza oltre che formativa anche molto stimolante e divertente in modo da essere maggiormente coinvolgente.

Inizialmente questo nuovo trend è stato molto ostacolato, poiché ritenuto troppo distante e compromettente rispetto alla missione del museo. Autori come Balloffet et al (2014) hanno effettuato un esame sui rischi e le opportunità di questa nuova frontiera, dalla quale emerge come la ragione sottostante a questo cambiamento sia di natura monetaria. Anche Kotler et al. (2014) evidenzia come l'edutainment possa rappresentare un equilibrio tra la tradizionale visione del museo e il perseguimento di logiche più commerciali volte a proteggersi dalla concorrenza.

Nel corso del tempo l'introduzione di elementi più divertenti, ma pur sempre in linea con la missione principale, ha reso i musei più attraenti ed ha comportato un aumento del numero dei visitatori. Come detto in precedenza, tuttavia il rischio è che di fronte all'entusiasmo di attirare nuovi clienti si verifichi una sorta di Disneyficazione dell'esperienza. A conferma di ciò è utile riportare un'indagine condotta da The Economist nel 2014 dove, confrontando la visite presso il museo più visitato al mondo - Louvre a Parigi- con The Magic Kingdom -Walt Disney World Florida, emerge che in quest'ultimo le visite sono di gran lunga superiori.

I visitatori moderni non hanno le stesse caratteristiche dei visitatori di qualche decade fa, secondo Mencarelli et al.(2010) gli individui adesso vogliono tutto e subito. Questa particolare fattispecie fa si che le strutture museali debbano investire sempre di più nelle nuove tecnologie e nello sviluppo di musei virtuali. Come è stato ampiamente trattato all'interno del primo capitolo la digitalizzazione dei contenuti

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31 permette cosi di renderli più accessibile a tutti gli utenti senza necessariamente diminuire il numero delle visite, anzi stimolando un maggiore interesse.11

Nonostante la letteratura sul marketing museale sia recente, emerge come l'adozione di specifiche strategie possa comportare un maggior vantaggio competitivo, anche se non si può parlar di una specifica teoria di marketing che sia applicabile in tutto il settore. Gli studi sono tuttavia in continua evoluzione e, in particolare modo, le ultime tendenze evidenziano come una tecnica per aumentare la awareness del museo sia quella di creare una vera propria brand identity e brand image che sia specifica alla struttura stessa.

A tale proposito di seguito viene riportata una rassegna teorica in merito al rapporto tra branding e settore museale.

La ricerca condotta da Pusa e Uusitalo all'interno di International Journal of Arts Management presenta; in primo luogo una rassegna sull'attività di branding declinata al settore museale e delle arti, e in secondo luogo un' indagine empirica su tre musei in modo da valutarne l'applicabilità. Questo studio è essenziale per comprendere le strategie messe in atto dai musei per comunicare loro stessi ai clienti finali.

La letteratura relativa al branding è molto estesa, tuttavia la percentuale della parte inerente all'ambito dell'arte e dei musei è molto limitato. Solo autori come Bernstein (2007), Colbert, D'Astous e Fournier (2007) hanno focalizzato i loro studi sull'applicazione del brand management in campo artistico. In primo luogo occorre definire il concetto di brand associations: valori ed immagini che i consumatori associano con i musei d'arte

11

A new world for museum marketing? facing the old dilemmas while challenging new market , Komarac, 2014

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32 In un'ottica generale la brand identity comprende due parti: una più centrale -core identity- e una più estesa -extended identity. La prima fa riferimento all'essenza senza tempo del brand stesso, mentre la seconda comprende tutte quelle caratteristiche che compongono il brand. È essenziale costruire una forte brand identity per poter migliorare la capacità di promuovere mostre ed eventi all'interno del museo.

Aaker (1996), in tema di brand management, separa il concetto di brand identity dal concetto di brand image, ritenendo la prima, una dimensione più strategica, e la seconda una dimensione più tattica. In particolare definisce la brand identity come il modo in cui l'organizzazione definisce se stessa, mentre definisce la brand image come l'immagine che i consumatori hanno dell'azienda e dei suoi prodotti. I due concetti non sono necessariamente identici; anzi può accadere che il museo ritenga di avere una forte identità sulla base delle strategie che ha messo in atto, ma che il consumatore non riesca a percepire ciò e, che di fatto, si crei un'immagine completamente differente. Le aziende devono pertanto assicurarsi che, di fronte a specifiche compagne comunicazionali, i consumatori recepiscono quanto desiderato. La brand identity è essenziale per costruire la brand equity e per raccogliere i derivanti benefici finanziari.

Il concetto di brand identity viene suddiviso da Aaker (1996) in quattro dimensioni: prodotto, persone, simboli e organizzazione. L'analisi di Pusa & Uusitalo applica la ripartizione proposta da Aaker al contesto museale, in modo da capire quali sono gli elementi su cui occorre focalizzarsi per creare un'adeguata brand identity.

Museo come prodotto. Nel momento in cui il museo viene inteso come prodotto, occorre considerare sia il cuore centrale, ovvero la collezione stessa, sia il concetto più esteso, comprensivo di programmi educazionali e negozi di vendita. Inoltre occorre sottolineare come, dalla prospettiva del consumatore, il ruolo fondamentale per la valutazione complessiva è l' esperienza olistica che si vive all'interno del museo. La qualità ricopre pertanto una funzione fondamentale; in campo artistico, tendenzialmente, l'importanza di una esposizione si basa sulla reputazione

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