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IMPOSSIBILITA' OGGETTIVA DI FORMARE LA PROVA NEL CONTRADDITTORIO: STRUMENTI DI RECUPERO E LIMITI DI SISTEMA

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(1)

U

NIVERSITÀ DI

P

ISA

Dipartimento di Giurisprudenza

Corso di Laurea Magistrale in Giurisprudenza

Tesi di Laurea

Impossibilità oggettiva di formare la

prova nel contraddittorio: strumenti di

recupero e limiti di sistema

Candidata

La Relatrice

Linda Fantacci

Prof.ssa Valentina Bonini

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INDICE

INTRODUZIONE ... ...…1

CAPITOLO I : IL PRINCIPIO DEL CONTRADDITTORIO NELLA COSTITUZIONE 1.1. Considerazioni di carattere preliminare ... 4

1.1.1. Definizione... 4

1.1.2. Premessa ... 6

1.2. Dal codice del 1989 all’inserimento in Costituzione del principio del contraddittorio ... 8

1.2.1. “La regola d’oro del contraddittorio” ... 8

1.2.2. L’intervento della Corte costituzionale: “la svolta inquisitoria” ………...10

1.2.3. L’intervento del legislatore: tentativo di recupero del principio del contraddittorio ... 14

1.2.4. La risposta della Corte costituzionale ... 15

1.2.5. La riforma costituzionale dell’ art. 111 Cost. ... 16

1.2.6. L’inserimento in Costituzione del principio del contraddittorio ... 17

1.3. Le accezioni del principio del contraddittorio ... 19

1.3.1. Il contraddittorio in senso oggettivo ... 23

1.3.2. Il contraddittorio in senso soggettivo ... 24

1.4. Deroghe al contraddittorio ex art. 111 5° comma, Cost. .... 27

1.4.1. Il consenso dell’ imputato ... 29

1.4.2. L’accertata impossibilità di natura oggettiva ... 30

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CAPITOLO II:

GLI ATTI IRRIPETIBILI: LA NOZIONE E LA RILEVANZA NELL’ORDINAMENTO GIURIDICO ITALIANO

2.1. Il concetto di irripetibilità di un atto nel procedimento

penale ... 35

2.2. L’interpretazione della giurisprudenza e della dottrina ... 40

2.3. L’intervento della Suprema Corte... 43

2.4. Gli atti a sorpresa e gli atti non rinviabili ... 47

2.5. Irripetibilità originaria e irripetibilità sopravvenuta ... 51

CAPITOLO III : IL COMPIMENTO DEGLI ATTI IRRIPETIBILI 3.1. Premessa ... 56

3.2. Gli atti irripetibili compiuti dalla polizia giudiziaria ... 63

3.3. L’attività del pubblico ministero: caratteri generali ... 73

3.4. Gli atti irripetibili compiuti dal difensore ... 84

3.5. Incidente probatorio ... 93

3.6. I mezzi di ricerca della prova ... 100

3.6.1. Ispezioni ... 101

3.6.2. Perquisizioni ... 104

3.6.3. Sequestro probatorio ... 108

3.7. Sguardo conclusivo all’art. 431 c.p.p. : il fascicolo per il dibattimento……….. ... 111

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CAPITOLO IV :

LA LETTURA DEGLI ATTI PER SOPRAVVENUTA IMPOSSIBILITA' DI RIPETIZIONE EX ART. 512 C.P.P.

4.1. L’art. 512 nel codice di rito ... ...………..118

4.2. Le ipotesi di impossibilità di rinnovazione degli atti di indagine della prova dichiarativa ... ….129

4.2.1. Morte, infermità, irreperibilità del dichiarante ... 130

4.2.2. L’ipotesi dell’ art. 512 bis c.p.p. ... 146

4.2.3. L’art. 238 3° comma c.p.p... 153

4.2.4. Limiti di utilizzo o limiti alla valutazione della prova ex art. 526 comma 1 bis c.p.p.? ………. .... 154

4.3. La visione della Corte Europea dei Diritti dell’uomo... 157

4.3.1. Premessa ... 155

4.3.2. Il caso Al-Khawaja e Tahery ... 165

4.3.3. Considerazioni conclusive ... 172

CONCLUSIONI ... 174

BIBLIOGRAFIA ... 179

GIURISPRUDENZA ... 188

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INTRODUZIONE

L’elaborato ha la finalità di trattare ed analizzare la particolare, e se vogliamo complessa, categoria degli atti irripetibili, cioè di ciò che si forma nella fase delle indagini preliminari e non può più essere ripetuto in dibattimento, ponendosi così la scelta di “accontentarsi” di un materiale formato senza le garanzie previste nel nostro ordinamento per la fase processuale o piuttosto perdere quel dato.

Prima di parlare della categoria dell’irripetibilità è stato opportuno delineare il metodo di formazione della prova previsto nel nostro ordinamento, sancito all’art. 111 Cost: il principio del contraddittorio.

Abbiamo quindi ripercorso le varie fasi che si sono susseguite dopo l’entrata in vigore dell’attuale codice di rito fino all’inserimento in costituzione del principio in esame con la legge sul giusto processo n. 2 del 1999.

Il 3° co. dell’art. 111 Cost. così recita: “Il processo penale è regolato dal principio del contraddittorio nella formazione della prova…” tale principio è espressione del modello accusatorio dove la decisione del giudice si fonda sulle prove fornite dalle parti in contrapposizione dialettica fra loro. Abbiamo analizzato le varie accezioni riportate in costituzione del principio. Quindi la regola generale prevede che la prova si formi in dibattimento davanti alle due parti portatrici di interessi contrapposti che hanno così la possibilità in quella sede di confrontarsi.

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Sono però ammesse delle deroghe costituzionalmente stabilite e di queste, ruolo centrale per l’elaborato assume l’accertata impossibilità di natura oggettiva di ripetere la prova in dibattimento che trova la disciplina codicistica nell’art. 512 c.p.p.

Prima di analizzare questa fattispecie, nel 2° capitolo, abbiamo chiarito, per quanto ciò sia possibile, il concetto di irripetibilità perché è tale caratteristica che rende l’atto formato in sede predibattimentale - funzionale alle decisioni inerenti all’esercito dell’azione penale - idoneo a fungere da elemento di prova in senso stretto. Abbiamo visto come manchi nel nostro ordinamento una definizione di atto irripetibile, ma dottrina e giurisprudenza sono concordi nel distinguere l’irripetibilità originaria da quella sopravvenuta. I referenti normativi di questa classificazione sono gli art. 431 c.p.p. e l’art. 512 c.p.p.

Per quanto concerne la prima norma appena richiamata, nel 3° capitolo abbiamo analizzato gli atti che, considerati irripetibili fin dalla loro nascita, vengono inseriti nel fascicolo per il dibattimento e, dopo la lettura, acquisiscono pieno valore ai fini della determinazione della decisione. Si richiamano gli atti irripetibili della polizia giudiziaria, del pubblico ministero, del difensore, quindi gli atti a sorpresa ed infine l’incidente probatorio.

Questi atti assumono valore di prova grazie al meccanismo del doppio fascicolo, e della netta separazione tra la fase delle indagini preliminari e quella dibattimentale, profili questi che rappresentano una delle principali novità del nuovo codice di procedura penale.

Il 4° e ultimo capitolo del l’elaborato è dedicato all’art. 512 c.p.p. il quale rappresenta le ipotesi in cui per fatti o circostanze imprevedibili sia divenuta impossibile la ripetizione in dibattimento delle dichiarazioni rilasciate nelle indagini preliminari. In tale situazione, il giudice, a richiesta di parte consente la lettura degli atti in questione. Si tratta delle ipotesi di morte, infermità, irreperibilità e quella prevista dall’art. 512 bis c.p.p.

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3

In conclusione abbiamo confrontato il nostro sistema di recupero di atti formati in fase predibattimentale con quello delineato dalle fonti sovranazionali per constatare le differenze e capirne le motivazioni.

In quest’ottica è stato opportuno richiamare in modo dettagliato il caso Al-Khawaia e Tahery c. Regno Unito il quale ha rappresentato un cambio di rotta nell’orientamento che fino a quel momento la Corte europea aveva fatto proprio.

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Capitolo I

Il principio del contraddittorio nella formazione

della prova

Sommario: 1.1. Considerazioni di carattere preliminare – 1.1.1. Definizione – 1.1.2. Premessa – 1.2. Dal codice del 1989 all’inserimento in costituzione del principio del contraddittorio – 1.2.1. “La regola d’oro del contraddittorio” – 1.2.2. L’intervento della Corte costituzionale: “la volta inquisitoria” – 1.2.3. L’intervento del legislatore: tentativo di recupero del principio del contraddittorio – 1.2.4. La risposta della Corte Costituzionale – 1.2.5. La riforma costituzionale dell’art. 111 Cost. – 1.2.6. L’inserimento in costituzione del principio del contraddittorio – 1.3. Le accezioni del principio del contraddittorio – 1.3.1. Il contraddittorio in senso oggettivo 1.3.2. Il contraddittorio in senso soggettivo – 1.4. Deroghe al contraddittorio ex art. 111. 5° comma, Cost. – 1.4.1. Il consenso dell’imputato 1.4.2. L’accertata impossibilità di natura oggettiva – 1.4.3. La provata condotta illecita.

1.1. Considerazioni di carattere preliminare

1.1.1. Definizione.

La parola contraddittorio deriva dal latino contradictorius, indica ciò che è in contrasto, in contraddizione, ad esempio dichiarazioni, argomenti che si contraddicono a vicenda1.

Il principio del contraddittorio, in ambito giuridico, esprime la garanzia di giustizia in base alla quale nessuno può subire gli effetti di una sentenza, senza avere avuto la possibilità di essere parte del

1 Nel linguaggio comune si intende quindi con tale termine, una discussione pubblica

tra due persone che sostengono e portano avanti opinioni contrarie. In tali termini

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processo da cui la stessa proviene, ossia senza aver avuto la possibilità di partecipare alla formazione del provvedimento giurisdizionale2.

Funge da corollario al suddetto principio il diritto di difesa, poiché la partecipazione al processo si esplica nella possibilità di argomentare a favore della propria tesi.

La regolare costituzione del contraddittorio - audiatur et altera

pars3 - è un principio fondamentale tanto del processo civile, quanto di

quello tributario, penale ed amministrativo, il quale è sancito dall’articolo 111 della Costituzione: “..ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti....”4.

La medesima norma, con esclusivo riferimento al processo penale, stabilisce che esso è regolato dal principio del contraddittorio nella formazione della prova […].

Il principio in esame consente a ciascuna delle parti di presentare alle altre ed al giudice l’insieme dei dati ritenuti più idonei al sostegno della propria tesi, interloquendo su analoghi elementi presentati dalle altre parti. Tale concetto postula che alle parti sia riconosciuta una posizione di parità.

L’art. 111, 4° comma, della Costituzione così recita: “il processo penale è regolato dal principio del contraddittorio nella formazione della prova”. Pertanto, il contraddittorio è concepito come un metodo di

2 C. Conti, P. Ferrua, P. Tonini, Il principio del contraddittorio nella formazione della

prova, in Commentario al codice di procedura penale A. Giarda, G. Spangher, Ipsoa, Milano, 2010, p.108.

3 L’espressione “Audiatur et altera pars” non è un brocardo tratto dal corpus iuris

civilis o dall’opera di qualche glossatore, si tratta di una frase pronunciata dal protagonista di Medea, una tragedia di Seneca. Al tiranno Creonte che si accinge ad esiliare la protagonista, dopo aver udito le accuse contro di lei, l’eroina senechiana risponde: “chiunque formuli una decisione, senza aver ascoltato la parte avversa, quand’anche decida in modo giusto, tuttavia giusto non è”. In tali termini M. Manzin, Audiatur et altera pars. Il contraddittorio fra principio e regola, Giuffrè’, 2008, pag. 3.

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conoscenza dei fatti oggetto del giudizio penale. Infatti, per valutare la genuinità e l’attendibilità di una fonte di prova, essa deve essere soggetta ad un esame basato sul metodo dialettico che si sostanza, di regola, nell’esame incrociato5. Nel processo penale si può assistere, in

fase dibattimentale, all’esame incrociato di un testimone, al quale vengono formulate delle domande ad opera di tutte le parti processuali. Lo scopo dell’esame incrociato è quello di apprendere i fatti di cui il testimone è a conoscenza, rilevanti per la decisione finale.6

1.1.2. Premessa

Con la legge di revisione costituzionale n. 2 del 1999 il Parlamento ha introdotto nell’art. 111 Cost. cinque nuovi commi che canonizzano nella Carta fondamentale i principi del giusto processo7.

In parte si tratta di previsioni ispirati al procès équitable consacrato all’art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (commi. 1,3); in parte si tratta di principi autonomi finalizzati a porre fine ad un antico contrasto tra Corte costituzionale e legislatore sorta in relazione al tema delicato della prova dichiarativa nel processo penale.

Tra i principi sintetizzati con l’espressione “giusto processo” troviamo la riserva di legge in materia processuale, l’imparzialità del giudice, la parità delle parti e la ragionevole durata dei processi8.

5 P. Tonini, C. Conti, Il diritto della prove penali, II° edizione, Giuffrè’, Milano, 2014,

pag. 135.

6 G. Giostra, voce Contraddittorio (principio del): II) diritto processuale penale, in

Enc.giur.Treccani, vol. VIII, Roma, 2001, pag.1.

7C. Conti, P. Ferrua, P. Tonini, Il principio del contraddittorio nella formazione della

prova, in Commentario al codice di procedura penale A. Giarda, G. Spangher, Ipsoa, Milano, 2010, p.106 e ss.

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L’intervento più significativo della legge costituzionale n.2 del 1999 è rappresentato dall’affermazione esplicita, per il processo penale, del principio del contraddittorio nella formazione della prova (art.111 4° comma). Proprio per scelta del legislatore costituzionale il principio del contraddittorio rappresenta oggi lo “statuto epistemologico” del processo penale, tale scelta ha avuto delle ricadute importanti sul regime probatorio, in particolar modo nella differenza di significato tra atto di indagine e atto di prova9.

Nel 2° comma dell’art. 111 Cost. viene espresso il principio del contraddittorio nella sua accezione classica, in base alla quale la decisione del giudice deve essere emanata in audita altera parte10. Si tratta di quel significato “debole” del principio secondo il quale il soggetto, che subirà gli effetti di un provvedimento giurisdizionale, deve essere messo in grado di esporre le sue difese prima che il provvedimento stesso sia emanato.

Il significato “debole” è attuato quando la parte e il suo difensore conoscono i presupposti di fatto e di diritto sui quali il giudice baserà la decisione. Si tratta del contraddittorio “sulla prova”, cioè su di una prova già formata11.

Di contraddittorio si parla anche nel comma 4, si tratta qui del significato “forte” del principio in oggetto, che allude al metodo dialettico nella formazione della prova12.

Il principio in esame, a partire dal nuovo codice di procedura penale del 1988, ha conosciuto diverse interpretazioni e per tale motivo

9 G. Giostra, Analisi e prospettive di un modello probatorio incompiuto, in Questione

giustizia, 2001, 6, p.1128.

10 C. Conti, P. Ferrua, P. Tonini, Il principio del contraddittorio nella formazione della

prova, in Commentario al codice di procedura penale A. Giarda, G. Spangher, Ipsoa, Milano, 2010, pag. 108

11 P. Ferrua, il “giusto processo” in Costituzione, in Dir. Giust., 2000, 1,5. 12 P. Tonini, Manuale di procedura penale, Giuffrè, Milano, 2016, pag.42.

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per poterlo analizzare nel dettaglio è funzionale richiamare in breve l’evoluzione storica che si è susseguita in tale tema.

1.2. Dal codice del 1989 all’inserimento in Costituzione del

principio del contraddittorio.

1.2.1. “La regola d’oro del contraddittorio”

Il punto di partenza è rappresentato dall’emanazione del nuovo codice di procedura penale che, oltre a segnare una totale trasformazione del modello13 processuale adottato, porta ad una rivoluzione nel modo di interpretare il contraddittorio sul terreno della prova dichiarativa passando dallo slogan “contraddittorio sulla prova a contraddittorio per la prova”14.

13 Il nuovo codice di procedura penale, promulgato il 24 ottobre del 1988 ed entrato in

vigore un anno dopo, ha attuato il passaggio in Italia dal sistema misto a quello accusatorio. Oggi con il termine accusatorio e inquisitorio ci riferiamo a tipi di processo penale ai quali sono attribuite determinate caratteristiche. Si tratta di elaborazioni operate in piena libertà dagli studiosi non vi è uniformità sulle caratteristiche indefettibili di ciascuno dei due sistemi; in tali termini Cfr. op. cit, P. Tonini, pag. 11 e ss.

All’origine logica della distinzione tra sistema inquisitorio e accusatorio sta la fondamentale contrapposizione tra principio di autorità e principio dialettico.

Con riferimento ad ogni schema processuale che si è succeduto nel corso degli anni, è più corretto parlare di sistema “misto”, in quanto non esiste una piena coincidenza tra lo schema processuale adottato dal legislatore e trasposto nel codice, con i caratteri del modello al quale si ispira. “Misto” è quindi quel sistema che presenta caratteri del modello accusatorio e contemporaneamente di quello inquisitorio, combinati tra loro. In questo modo si realizza una mediazione tra i due sistemi, “con lo scopo di contemperare le esigenze di difesa della società e la tutela dei diritti individuali” (G. Illuminati, Voce Accusatorio ed inquisitorio (sistema), in Enc. giur. Treccani, Vol. I, 2007, p. 2).

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Una delle principali innovazioni del codice di rito del 1989 è rappresentata dalla decisiva separazione tra la fase delle indagini preliminari e quella dibattimentale: nella prima, accusa e difesa procedono unilateralmente a ricercare le fonti di prova, le quali servono al pubblico ministero per decidersi in ordine all’esercizio dell’azione penale; la funzione di tale fase è quindi quella di individuare gli elementi per sostenere l’accusa, ma tali prove non sono utilizzabili per la decisione finale15. Nel dibattimento le prove si formano secondo il

principio del contraddittorio davanti al giudice e alle parti direttamente interessate con il loro contestuale intervento.

Il contraddittorio in senso forte può essere definita la “regola d’oro” del processo accusatorio16 e caratterizza soltanto la fase

dibattimentale, luogo in cui si formano le prove vere e proprie idonee a supportare la decisione del giudice; quanto raccolto nelle indagini preliminari invece, non è destinato a confluire nel giudizio se non in casi eccezionali.

Nella versione originaria del codice di rito il principio di oralità era affermato in maniera assoluta: le dichiarazioni rese dal possibile testimone o dall’imputato alla polizia giudiziaria non erano utilizzabili in dibattimento, perché formate in mancanza dell’esame incrociato. Se ad esempio il teste rendeva dichiarazioni alla p.g. e successivamente decedeva, le sue dichiarazioni erano inutilizzabili in dibattimento; lo stesso accadeva quando il testimone era minacciato17.

Si diceva che “questo fosse il costo che si doveva pagare all’oralità”, ma si ometteva di dire che, storicamente gli ordinamenti

15 Cfr. P. Ferrua op. cit, pag. 2 16Cfr. Ibidem

17 P. Tonini, L’alchimia del nuovo sistema probatorio: un’attuazione del giusto

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giuridici che avevano adottato tale principio, prevedevano comunque eccezioni in particolari ipotesi come quelle appena richiamate18.

Queste regole di esclusione probatoria non erano ben viste da buona parte della magistratura, la quale vedeva il contraddittorio come un potenziale ostacolo alla ricerca della verità19.

Nel 1992 i giudici della Consulta risposero alle scelte del nuovo codice adottando una posizione opposta, la quale comportò una regressione di tipo inquisitorio del sistema processuale penale così come delineato dal legislatore del 1988.

L’intervento si mostrò necessario per evitare la dispersione investigativa e per contrastare il fenomeno della criminalità organizzata di tipo mafioso degli anni '90.

1.2.2. L’intervento della Corte costituzionale: “la svolta inquisitoria”

La Corte, dimostrò il suo dissenso nei confronti di meccanismi che impedivano l’utilizzazione probatoria delle dichiarazioni rese nella fase delle indagini, in particolar modo l’art. 500 c.p.p., in base al quale, le dichiarazioni rese nella fase delle indagini preliminari potevano essere contestate dalle parti al testimone, ma in tal caso il giudice non poteva assumerle come prova e porle a base della propria decisione. Negli stessi termini, l’art. 513 c.p.p. escludeva che le dichiarazioni di un imputato in procedimento connesso potessero essere lette, acquisite e utilizzate, qualora chi le aveva rese si fosse rifiutato di rispondere nel corso del dibattimento

18 Cfr. Ibidem.

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La Corte costituzionale nel 1992 intervenne con due sentenze la n. 254, relativa all’art. 513 c.p.p., e la n. 255, relativa all’art. 500 c.p.p. attraverso le quali cadeva la regola che impediva il passaggio nel dibattimento delle dichiarazioni rese alla polizia giudiziaria e al pubblico ministero nella fase delle indagini20; in questo modo le

dichiarazioni rese unilateralmente alla polizia giudiziaria e al pubblico ministero diventarono utilizzabili ai fini probatori.

La Sentenza n. 254 del 3 gennaio del 1992 dichiarava “l’illegittimità costituzionale dell’art. 513 comma 2 del c.p.p. nella parte in cui non prevede che il giudice, sentite le parti, disponga la lettura dei verbali delle dichiarazioni di cui al comma 1 del medesimo articolo, rese dalle persone indicate nell’art. 210, qualora queste si avvalgano della facoltà di non rispondere”21.

La Sentenza n. 255 “dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 500, commi 3 e 4, c.p.p, nella parte in cui non prevede l’acquisizione nel fascicolo per il dibattimento, se sono state utilizzate per le contestazioni previste dai commi 1° e 2°, delle dichiarazioni precedentemente rese dal testimone e contenute nel fascicolo del pubblico ministero22”

Dopo l’intervento della Corte, il risultato era che, quando il teste deponeva in dibattimento, la dichiarazione già resa al pubblico ministero o alla polizia giudiziaria restava inutilizzabile solo a patto che egli la riproducesse fedelmente; se taceva, o rendeva una dichiarazione

20 G. Lattanzi, Il sistema processuale penale e la prova dichiarativa nel quadro dei

principi costituzionali, in Intervento all’Incontro di studio tra la Corte costituzionale italiana e i Tribunali costituzionali di Spagna e Portogallo, “Scambio di analisi ed esperienze sul rapporto tra le nostre Costituzioni ed i principi penali”; 13,15 ottobre 2011, Madrid/Valencia, pag. 5.

21 C. Cost., sent. 3 gennaio 1992 n. 254, in www.leggid’Italia.it 22 C. Cost., sent. 3 giugno 1992 n. 255, in www.leggid’Italia.it

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difforme, la precedente, per il tramite della contestazione, era regolarmente acquisita al fascicolo per il dibattimento. Spettava al giudice effettuare una valutazione dei fatti23.

In tali pronunce la Corte aveva contrapposto all’oralità, interpretata in maniera assoluta, il principio di “non dispersione della prova” alternativo ai caratteri accusatori dell'oralità e dell'immediatezza24.

In base a tale principio nessuna dichiarazione a contenuto probatorio di testimoni o imputati doveva sfuggire alla valutazione del giudice incaricato di pronunciare la sentenza essendo irrilevante il momento in cui e le modalità secondo le quali le dichiarazioni erano raccolte25. Secondo il criterio della “non dispersione della prova”, tutto ciò che il giudice conosceva, tanto per esperienza diretta nel corso del dibattimento secondo le regole del contraddittorio, quanto attraverso le carte del procedimento, in assenza del contraddittorio, poteva essere da lui utilizzato indifferentemente con la sola mediazione del libero convincimento circa il peso da attribuire a ciascun elemento26.

Con questi interventi veniva meno la centralità del dibattimento come luogo privilegiato per l’assunzione della prova, a vantaggio della fase delle indagini preliminari, nella quale erano assenti le garanzie tipiche del giudizio27.

Con le sentenze appena citate, la Corte aveva realizzato un meccanismo attraverso il quale, in seguito alle contestazione mosse alla persona che rendeva in giudizio dichiarazioni, diverse da quelle verbalizzate nella fase delle indagini, poteva essere acquisito il relativo

23 P. Ferrua, Il “giusto processo”, Zanichelli, Bologna, 2012, pag. 6

24 P. Tonini, L’alchimia del nuovo sistema probatorio: un’attuazione del giusto

processo, in P. Tonini, (a cura di), Giusto processo, Cedam, Padova, 2001, pag. 58

25 V. Grevi, G. Conso, Compendio di procedura penale, Cedam, 2016, pag. 697. 26 Cfr. Ibidem.

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verbale; e poteva darsi lettura delle dichiarazioni degli imputati in procedimenti connessi, se questi si rifiutavano di rispondere. Acquisivano così rilevanza probatoria atti che non si erano formati nel dibattimento e in particolare dichiarazioni assunte e verbalizzate dalla polizia giudiziaria o dal pubblico ministero, fuori del contraddittorio28. E’ evidente quale fosse l’intento dei giudici della consulta: adattare il principio del contraddittorio con il principio di “non dispersione della prova”, il quale era funzionale a garantire che i materiali antecedentemente raccolti nella fase delle indagini preliminari non venissero del tutto persi nei casi in cui non fosse stato possibile, per specifici motivi indicati nello stesso codice (casi di irripetibilità originaria o sopravvenuta), riprodurre la prova in dibattimento.

Non può stupire quindi, che da tali pronunce della Corte prese vita uno spirito probatorio di antica memoria inquisitoria cui la maggior parte della dottrina mosse severe critiche, non potendosi ammettere, che i giudici della Consulta avessero contrapposto il principio di “non dispersione della prova” all’oralità e che avessero ritenuto il metodo dialogico in contrasto con l’esigenza di accertare la verità29.

28 G. Lattanzi, Il sistema processuale penale e la prova dichiarativa nel quadro dei

principi costituzionali, in Intervento all’Incontro di studio tra la Corte costituzionale italiana e i Tribunali costituzionali di Spagna e Portogallo, “Scambio di analisi ed esperienze sul rapporto tra le nostre Costituzioni ed i principi penali”; 13,15 ottobre 2011, Madrid/Valencia, pag. 5.

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1.2.3. L’intervento del Legislatore: tentativo di recupero del principio del contraddittorio

Il legislatore mostrò il suo dissenso nei confronti della scelta della Corte costituzionale e con l’obiettivo di riportare il dibattimento al centro del sistema processuale e recuperare così il principio del contraddittorio, intervenne con la legge n. 267 del 1997. La norma appena richiamata modificava l’art. 513 c.p.p. che, in base alla nuova formulazione prevedeva la sanzione dell’inutilizzabilità delle dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari dall’imputato accusatore (coimputato) che si fosse avvalso in dibattimento della facoltà di non rispondere, innovando così il ruolo del contraddittorio nel processo penale30.

In questo modo il costo del silenzio ricadeva direttamente sull’accusa e si accentuava il “valore negativo del contraddittorio”31:

“non ancora metodo di formazione della prova penale, ma conditio sine

qua non per l’utilizzabilità in dibattimento di un atto”.

Secondo la nuova formulazione dell’articolo le dichiarazioni rese nel corso delle indagini dall’imputato o dal coimputato in procedimenti separati non potevano essere utilizzate nei confronti di altri, se tali soggetti si fossero avvalsi del diritto di non rispondere; in tal caso la lettura delle precedenti dichiarazioni poteva essere disposta solo con il loro consenso o con l’accordo delle parti32.

30 P. Tonini, L’alchimia del nuovo sistema probatorio: un’attuazione del giusto

processo, in P. Tonini, (a cura di), Giusto processo, CEDAM, Padova, 2001, pag. 59.

31 R. Dinacci, “Processo penale e costituzione”, GIUFFRE’, 2010, pag.297 32 P. Ferrua, Il “giusto processo”, Zanichelli, Bologna, 2012, pag. 9

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1.2.4. La risposta della corte costituzionale

Appena entrato in vigore il nuovo testo dell’art. 513 c.p.p. venne sottoposto all’esame della Corte costituzionale da otto giudici di merito. Le diverse questioni di legittimità facevano leva sull’irragionevole dispersione della prova che deriverebbe dall’inutilizzabilità della dichiarazione resa erga alios nell’indagine preliminare da parte del coimputato rimasto in silenzio nel dibattimento33. Tale orientamento era coerente con la pregressa giurisprudenza data dalle sentenza 254 del 1992.

Sulla base di tale giurisprudenza era evidente quella che sarebbe stata la risposta della Corte: i giudici della Consulta dichiarano l’incostituzionalità della disciplina del 2° comma dell’art. 513 c.p.p. “nella parte in cui non prevedeva che, qualora il dichiarante rifiutasse o comunque omettesse in tutto in parte di rispondere su fatti concernenti la responsabilità di altri già oggetto delle sue precedenti dichiarazioni, in mancanza dell’accordo delle parti alla lettura si applicasse l’art. 500, commi 2 bis e 4 c.p.p.”34.

Secondo la Corte costituzionale l’utilizzo delle precedenti dichiarazioni non poteva dipendere dalla scelta, discrezionale, dell’imputato in procedimento connesso di rispondere in dibattimento sui fatti concernenti la responsabilità altrui; pur avendo la facoltà di non rispondere ex art.210 comma 4°, il soggetto in questione aveva in precedenza deciso di rendere dichiarazioni erga alios”35.

Secondo i giudici la nuova formulazione dell’art 513, 2° comma c.p.p., non contemplando la possibilità di contestazioni nel caso in cui l’imputato in procedimento connesso esercitasse la facoltà di non

33 Cfr. P. Ferrua, op. cit, pag. 11. 34 Corte Cost., 2 novembre 1998, n.361. 35 Corte Cost., 2 novembre 1998, n.361.

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rispondere, precludeva la possibilità di esaminare il dichiarante; questa previsione secondo tale orientamento impediva la formazione dialettica della prova davanti al giudice.

La Corte richiama l’art. 500 commi 2°bis e 4°, i quali permettevano di procedere a contestazioni anche quando il teste rifiutasse di rispondere sulle circostanze riferite nelle precedenti dichiarazioni; in questo caso la precedenti dichiarazioni venivano acquisite al fascicolo per il dibattimento e valutate come prova dei fatti purchè supportate da altri elementi di prova che ne confermavano l’attendibilità.

La Corte assimilava quindi la situazione dell’imputato dichiarante su fatto altrui che si avvalesse del diritto al silenzio a quella del testimone ex art. 500 c.p.p.

In altri termini davanti al silenzio del coimputato, si prevedeva lo stesso meccanismo di recupero probatorio previsto per l’esame dei testimoni, cioè la contestazione e l’acquisizione al fascicolo dibattimentale delle dichiarazioni rese in precedenza36.

1.2.5. La riforma dell’art. 111 del Costituzione

La sentenza suscitò la reazione del Parlamento secondo il quale la Corte aveva legiferato in una materia riservata alla competenza del potere legislativo, fornendo un’interpretazione distorta dei principi costituzionali37 poiché così facendo aveva demolito la garanzia del

contraddittorio.

36 P. Ferrua, Il “giusto processo”, Zanichelli, Bologna, 2012, pag. 12.

37 P. Tonini., L’alchimia del nuovo sistema probatorio: un’attuazione del giusto

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Il susseguirsi della contrapposizione tra parlamento e Corte costituzionale spinse il legislatore a riformare l’art. 111 della Costituzione per dare al principio del contraddittorio rango sovraordinato rispetto alla legge ordinaria; in questo modo tale principio torna “alleato e non nemico della verità”38.

1.2.6. L’inserimento in Costituzione del principio del contraddittorio

Dopo la modifica dell’art 111 Cost. operata dalla l. costituzionale 23 novembre 1999, n. 2, il testo prevede ora esplicitamente che la giurisdizione si attua mediante il giusto processo39 legalmente regolato, e svolgentesi nel contraddittorio delle parti collocate in condizioni di parità davanti ad un giudice terzo ed

38 P. Ferrua, Il processo penale dopo la riforma dell’art. 111 della Costituzione, in

Questione Giustizia, 2000, p.55.

39 “Giusto processo" sta a significare l’attuazione concreta di molteplici valori già

espressi dalla nostra Carta costituzionale e richiamati dalla Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo del 1950. In particolare pensiamo alla garanzia del diritto di difesa per tutti i cittadini, anche i non abbienti ( 24 Cost.); la soggezione del giudice soltanto alla legge ( 101 Cost.); l’imparzialità del giudice ( 111, comma 2 Cost.); garanzia del contraddittorio tra le parti del processo ( 111, comma 2 Cost.); la ragionevole durata del processo ( 111, comma 2 Cost.); la garanzia di una veloce informazione all’imputato della pendenza del processo a suo carico; la possibilità di sottoporre ad interrogatorio le persone che accusano o possono discolpare l’imputato; la garanzia del contraddittorio nella formazione della prova.

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imparziale40, riproducendo così, quasi letteralmente il contenuto dell’art. 6 comma 3 Conv. Eur. Dir.uomo41.

I primi 2 commi dell’art. 111 Cost. sanciscono principi che non si riferiscono solamente al processo penale, ma devono informare come una sorta di denominatore comune tutti i processi nei quali si ravvisa l’esercizio del potere giurisdizionale42.

40 Il nuovo art. 111 così recita: “La giurisdizione si attua mediante il giusto processo

regolato dalla legge.

Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata.

Nel processo penale, la legge assicura che la persona accusata di un reato sia, nel più breve tempo possibile, informata riservatamente della natura e dei motivi dell'accusa elevata a suo carico; disponga del tempo e delle condizioni necessari per preparare la sua difesa; abbia la facoltà, davanti al giudice, di interrogare o di far interrogare le persone che rendono dichiarazioni a suo carico, di ottenere la convocazione e l'interrogatorio di persone a sua difesa nelle stesse condizioni dell'accusa e l'acquisizione di ogni altro mezzo di prova a suo favore; sia assistita da un interprete se non comprende o non parla la lingua impiegata nel processo.

Il processo penale è regolato dal principio del contraddittorio nella formazione della prova. La colpevolezza dell'imputato non può essere provata sulla base di dichiarazioni rese da chi, per libera scelta, si è sempre volontariamente sottratto all'interrogatorio da parte dell'imputato o del suo difensore.

La legge regola i casi in cui la formazione della prova non ha luogo in contraddittorio per consenso dell'imputato o per accertata impossibilità di natura oggettiva o per effetto di provata condotta illecita.

Tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati

Contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla libertà personale pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari o speciali, è sempre ammesso ricorso in Cassazione per violazione di legge. Si può derogare a tale norma soltanto per le sentenze dei tribunali militari in tempo di guerra

Contro le decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti il ricorso in Cassazione è ammesso per i soli motivi inerenti alla giurisdizione”.

41 G. Ubertis, Giusto processo e contraddittorio in ambito penale, in Cass. Pen., 2003.

pag. 2098.

42 C. Conti, P. Ferrua, P. Tonini, Il principio del contraddittorio nella formazione della

prova, in Commentario al codice di procedura penale A. Giarda, G. Spangher, Ipsoa, Milano, 2010, p.106 e ss.

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1.3. Le accezioni del principio del contraddittorio

Come abbiamo detto all’inizio nell’accezione del linguaggio comune contraddittorio sta per “discussione pubblica tra due persone che sostengono e professano opinioni contrarie”43 e come tale rimanda

ad un universo di valori ideologici, politici, filosofici di matrice liberale. “Il confronto dialettico delle “verità” abita là dove il rispetto della dignità della persona impedisce di considerarla un mezzo, foss’anche per nobili fini, come la giustizia, e dove non esistono verità ufficiali cui conformarsi”44.

“Ogni forma di contraddittorio richiede una dualità antagonistica e paritetica, nel senso che i suoi protagonisti devono essere portatori di interessi e obiettivi diversi, anche se nella disputa possono trovare uno o più punti di convergenza e devono godere di equivalenti diritti. Primo fra tutti, tanto da doverlo considerare un presupposto di esistenza del contraddittorio, quello di conoscere compiutamente l’oggetto del contendere”45.

Per quanto attiene alle modalità di svolgimento, il contraddittorio può estrinsecarsi nel miglior modo quando sono assicurate l’oralità e la contestualità del confronto, in modo che ognuno dei protagonisti possa immediatamente ascoltare e immediatamente controbattere le affermazioni dell’altro, consentendo al terzo (il giudice) di cogliere gli elementi per la propria decisione46.

43 Vocabolario Treccani.

44 G. Giostra, voce Contraddittorio (principio del): II) diritto processuale penale, in

Enc.giur.Treccani, vol. VIII, Roma, 2001, p.1.

45 Ibidem. 46 Ibidem

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Come già detto, il “cuore” dell’art. 111 Cost. sta nell’affermazione del principio del contraddittorio47.

Il 2° comma si riferisce espressamente alla tutela del contraddittorio tra le parti, che pur non espressamente presente negli atti internazionali sui diritti umani, viene considerata in essi implicita, secondo quanto risultante anche dalla consolidata giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo48.

Nel 2° comma si prefigura un “contraddittorio debole”, vengono espressi principi riferiti a tutti i tipi di processo, sia civile, sia penale.

Il principio in esame è qui richiamato, nella sua accezione classica, la quale prevede che la decisione del giudice sia emanata

audita altera parte49; si tratta del significato debole del principio secondo il quale il soggetto, che subirà gli effetti del provvedimento giurisdizionale, deve essere messo in grado di esporre le sue difese prima che il provvedimento stesso sia emanato.

Il significato debole si estrinseca quando la parte e il suo difensore conoscono i presupposti di fatto e di diritto sui quali il giudice baserà la decisione; si tratta del contraddittorio “sulla prova”, e cioè su di una prova già formata50.

Il comma 4 dell’art. 111 delinea il significato “forte” del principio del contraddittorio, riferito esclusivamente al processo penale, allude al metodo dialettico nella formazione della prova.51

Il principio del contraddittorio in senso forte, comporta la partecipazione delle parti alla formazione della prova. Come sostiene

47 A. Balsamo, L’inserimento nella Carta costituzionale dei principi del giusto

processo e la valenza probatoria delle contestazioni dibattimentali, in Riv. It. dir. proc. pen., 2002, pag.477.

48 G. Ubertis, Giusto processo e contraddittorio in ambito penale, in Cass. Pen., 2003.

pag. 2098.

49 P. Tonini, Manuale di procedura penale, GIUFFRE’, Milano 2016 pag.42 50 Cfr. Ibidem

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Siracusano, gli elementi di prova si formano in modo dialettico e si ha così il contraddittorio “per la prova”; in tal modo il giudice è in grado di valutare la credibilità del dichiarante e l’attendibilità del suo racconto52.

Nel sistema accusatorio è interesse della Giustizia che l’accertamento del reato avvenga in base al metodo dialettico perché questo garantisce alle parti il diritto alla prova. Funzionale al contraddittorio diventa sotto questo aspetto l’oralità la quale permette il massimo della dialettica processuale53.

Deduciamo così che in base alla nuova formulazione del 4° comma dell’art. 111 il giudice in dibattimento deve decidersi servendosi delle prove raccolte nel contraddittorio54.

Con tale comma il legislatore costituzionale pone fine al conflitto con i giudici della consulta e alla pericolosa deriva inquisitoria di cui il principio di non dispersione della prova è stato portavoce. Di norma la prova penale deve essere elaborata con il metodo del contraddittorio, prevedendo così il coinvolgimento delle parti nella sua formazione.

“E’ difficile negare che il modello preferibile, in quanto a più

alto titolo dialettico, sia la compartecipazione diretta delle parti alla produzione del risultato probatorio davanti al giudice che deve emettere la decisione”55.

Possiamo concludere dicendo che se l’esperienza giuridica nella sua dimensione processuale è “scientia probabilis”, perchè non è in grado di portare alla verità necessaria, ma soltanto ad una verità probabile, essa non potrà fondarsi sulla logica dimostrativa, ma sul

52 P. Tonini, C. Conti, Il diritto della prove penali, II° edizione, GIUFFRE’, Milano,

2014, pag. 135.

53 P. Tonini, Manuale di procedura penale, GIUFFRE’, Milano 2016 pag. 261. 54 P. Tonini, Manuale di procedura penale, Giuffrè, Milano 2016 p. 261. 55 Cfr. G. Giostra, op. cit, pag. 7

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metodo dialettico, sulla contrapposizione delle opinioni. Il contraddittorio costituisce uno strumento, ancora oggi il meno imperfetto, per la ricerca della verità o, meglio, per ridurre il più possibile lo scarto tra verità giudiziale e verità storica56.

È comune in dottrina che il principio del contraddittorio è richiamato dai commi 2, 3 e 4 dell’art. 111 non con un significato unitario, ma nei suoi due aspetti, essenziali: l’uno oggettivo, come metodo di conoscenza e l’altro soggettivo, come garanzia dell’imputato57.

Il significato delle disposizioni previste dal 2° e 4° comma dell’art. 111 Cost. va delineato in un preciso e corretto contemperamento tra i diversi valori sottesi al principio del contraddittorio in senso oggettivo e soggettivo. L’armonizzazione è richiesta dalla stessa nozione di “giusto processo”: il processo deve tendere alla giustizia della decisione, orientandosi verso la ricerca della verità, nonché alle garanzie dei diritti delle parti in gioco58.

Il primo periodo del comma 4 dell’art. 111 prevede il significato oggettivo del contraddittorio, inteso come strumento di formazione della prova. La dimensione oggettiva individua nel contraddittorio il migliore strumento utile alla ricostruzione dei fatti.

Il comma 3 e il secondo periodo del comma 4 accolgono il significato soggettivo del principio in esame, finalizzato al rispetto del

56 Cfr. ivi, pag. 4.

57 La Corte costituzionale con la sentenza n. 440 del 12 Ottobre 2000, ha recepito

questa interpretazione, evidenziando che il principio del contraddittorio nella formazione della prova, in seno al processo penale è ora enunciato in modo esplicito, nella sua dimensione oggettiva, come metodo di accertamento giudiziale dei fatti e nella sua dimensione soggettiva, come diritto dell’imputato a confrontarsi con il suo accusatore. In tali termini v. A. Balsamo, L’inserimento nella Carta costituzionale dei principi del giusto processo e la valenza probatoria delle contestazioni dibattimentali, in Riv. It. Dir.proc. pen., 2002, p. 477.

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diritto dell’imputato a confrontarsi con l’accusatore estrinsecazione quindi del diritto di difesa59.

1.3.1. Il contraddittorio in senso oggettivo.

Il primo periodo del comma 4 dell’art. 111 così recita: “il processo penale è regolato dal principio del contraddittorio nella formazione della prova” sancisce la dimensione oggettiva del principio, il quale acquisisce la qualificazione di tecnica di accertamento, relativa al momento in cui si forma la prova, sul presupposto che la conoscenza sarà tanto più vicina al vero quanto più elevato è lo spazio lasciato alla contrapposizione dialettica tra le parti. Si tratta come già detto del “contraddittorio nella formazione della prova”; si consacra il principio come metodo di conoscenza nel momento in cui si forma la prova60.

E’ opinione condivisa che la prova assunta in modo unilaterale da una parte, può cogliere solo un aspetto dei fatti o addirittura può essere influenzata o “inquinata” dalle domande poste dall’interrogante61.

In base a quanto enunciato dal comma 4 dell’art. 111 Cost possiamo ricavare la volontà del nostro legislatore, di considerare prova solo ciò che viene formato nel processo con la tecnica dell’esame incrociato. A contrario possiamo dedurre che la medesima norma contenga una regola di esclusine per tutto quel materiale formato nella fase predibattimentale.

59 P. Tonini, Manuale di procedura penale, Giuffrè, Milano 2016 pag. 46 e ss. 60 Cfr. P. Tonini, op. cit. pag. 47.

6161 P. Tonini, C. Conti, Il diritto della prove penali, II° edizione, GIUFFRE’, Milano,

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In altri termini tutte le dichiarazioni raccolte nella fase delle indagini preliminari sono soggette alla sanzione della inutilizzabilità ai fini della decisione nel processo62.

1.3.3. Contraddittorio in senso soggettivo

Il 3° comma dell’art. 111, contiene il catalogo dei diritti spettanti alla persona accusata di un reato (riferendosi tanto alla persona sottoposta alle indagini quanto all’imputato), nel processo penale.

La norma è modellata sull’art. 6 c. 3 della Convenzione europea63. Nella parte centrale la previsione in esame garantisce

all’imputato il diritto di interrogare e far interrogare le persone che rendono dichiarazioni a suo carico esplicando il contraddittorio nella sua dimensione soggettiva64. La previsione è la seguente: l’imputato ha

il diritto, “davanti al giudice, di interrogare o di far interrogare le persone che rendono dichiarazioni a suo carico”. Si tratta dell’espresso riconoscimento costituzionale del diritto a confrontarsi con l’accusatore.

Sono state evidenziate due differenze rispetto all’omologa previsione sancita nella C.e.d.u.:

- In primo luogo il diritto a confrontarsi deve trovare attuazione “davanti al giudice” ciò non è invece previsto nella convenzione.

62 Questa interpretazione è stata fatta propria dalla Corte costituzionale con la sent. n.

32 del 2002

63 C. Conti, P. Ferrua, P. Tonini, Il principio del contraddittorio nella formazione della

prova, in Commentario al codice di procedura penale A. Giarda, G. Spangher, Ipsoa, Milano, 2010, pag. 112.

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- In secondo luogo la norma per indicare i dichiaranti a carico usa il termine “persone” e non la parola “testimoni” presente nella Convenzione65.

Il termine più ampio è stato scelto ad avviso della Corte di Cassazione perché la parola “testimoni” intesa nel suo significato tecnico, non era idonea a ricomprendere i soggetti incompatibili66.

Tale accezione del principio è funzionale alla tutela del diritto dell’imputato a confrontarsi con il suo accusatore davanti al giudice. Si ritiene che garantire all’imputato il diritto di porre domande e ottenere risposte dalla parte che lo accusa rappresenta la migliore attuazione del diritto di difendersi provando.

L’art. 111 4° comma Cost. nella seconda parte delinea il contraddittorio nella sua dimensione soggettiva: “la colpevolezza dell’imputato non può essere provata sulla base di dichiarazioni rese da chi per libera scelta, si è sempre volontariamente sottratto all’interrogatorio dell’accusato o del suo difensore”. Tale previsione, collegata con il 3° comma, effettua un bilanciamento tra due diritti di difesa: il diritto dell’accusatore e quello dell’accusato67.

Per comprendere meglio la previsione è necessario interpretarla come attuazione dell’art. 111 comma 3 Cost. nella parte in cui la norma riconosce all’accusato il diritto a confrontarsi con il suo accusatore. Il

65 C. Conti, P. Ferrua, P. Tonini, Il principio del contraddittorio nella formazione della

prova, in Commentario al codice di procedura penale A. Giarda, G. Spangher, Ipsoa, Milano, 2010, pag. 113.

66 C. Conti, P. Ferrua, P. Tonini, Il principio del contraddittorio nella formazione della

prova, in commentario al codice di procedura penal, A. Giarda, G. Spangher, Ipsoa, Milano, 2010, pag. 113

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divieto probatorio è funzionale alla tutela dell’imputato e costituisce un’espressione del contraddittorio in senso soggettivo68.

A una determinata situazione (sottrazione al contraddittorio da parte dell’accusatore) corrisponde una determinata conseguenza, l’inutilizzabilità delle precedenti dichiarazioni rese in segreto. Il diritto a confrontarsi trova la sua sanzione attraverso l’inutilizzabilità delle dichiarazioni rese da chi ha eluso il contraddittorio69.

In altri termini possiamo dire che la previsione dell’inutilizzabilità, come prova di colpevolezza, delle dichiarazioni rese dal soggetto che si è sempre sottratto al controesame della difesa, rappresenta una sanzione per la completa elusione del contraddittorio in senso soggettivo, in termini pregiudizievoli per l’imputato. La sostanziale lesione del diritto fondamentale dell’imputato di confrontarsi con colui che lo accusa rappresenta, “per il disegno costituzionale, l’elemento idoneo a giustificare il limite all’accertamento dei fatti che discende dalla clausola di inutilizzabilità”70.

Si tratta di una inutilizzabilità soltanto relativa: è preclusa la possibilità di utilizzare come prova di colpevolezza le dichiarazioni rese da chi ha eluso il contraddittorio in senso soggettivo; ma tali dichiarazioni possono concorrere a formare la prova dell’innocenza dell’imputato71.

68 C. Conti, P. Ferrua, P. Tonini, Il principio del contraddittorio nella formazione della

prova, in Commentario al codice di procedura penale A. Giarda, G. Spangher, Ipsoa, Milano, 2010, pag. 119.

69 G. Giostra, Intervento, in Atti del Convegno dell’Associazione studiosi del processo

penale, 2002/2003, pag. 63.

70 A.Balsamo, L’inserimento nella Carta costituzionale dei principi del giusto

processo e la valenza probatoria delle contestazioni dibattimentali, in Riv. It. Dir.proc. pen., 2002, p. 478.

71P. Tonini, L’alchimia del nuovo sistema probatorio: un’attuazione del giusto

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Oggetto di discussioni è stata l’espressione “per libera scelta”. “Alcuni hanno sostenuto che, così come è formulata, essa palesa una sorta di indifferenza costituzionale verso l’atteggiamento del dichiarante; il comma 4 del 111 Cost. attribuisce all’imputato una libera scelta che può risolversi nel sottrarsi al controesame esercitando lo ius

tacendi. In senso contrario si è rilevato, da un lato, che l’espressione è

stata inserita per impedire che la norma venisse a sancire l’inutilizzabilità delle dichiarazioni, di chi, testimone o imputato, fosse rimasto silenzioso perché minacciato”72.

“La dottrina maggioritaria sostiene che il divieto probatorio previsto dall’art. 111 c. 4, Cost. secondo periodo, si riferisce alla sola prova di reità e non anche alla prova di innocenza; pertanto le dichiarazioni liberatorie, rese da chi si è sempre volontariamente sottratto al contraddittorio sarebbero utilizzabili”73.

1.4. Deroghe al contraddittorio ex art. 111. 5° comma,

Cost.

I principi dell’oralità e del contraddittorio permettono di accertare la verità nel modo migliore. Possiamo dire che il loro valore sia strumentale, perché permettono di assicurare la correttezza del risultato. E’ impossibile per il giudice accertare la “verità assoluta” a causa della limitatezza delle capacità umane; quello che conta è che l’accertamento avvenga in base a prove, nel rispetto delle garanzie fondamentali74.

72 C. Conti, P. Ferrua, P. Tonini, Il principio del contraddittorio nella formazione della

prova, in commentario al codice di procedura penal, A. Giarda, G. Spangher, Ipsoa, Milano, 2010, pag. 119.

73 Cfr. Ibidem..

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Nella realtà però talvolta ci sono degli ostacoli che non permettono di attuare in modo assoluto i principi sopra indicati; si pone allora la necessità di prevedere eccezioni al principio del contraddittorio; tali deroghe devono essere ragionevoli cioè devono permettere di avvicinarsi il più possibile ad una ricostruzione diretta dei fatti75.

Es. se il testimone di un reato è stato minacciato prima del dibattimento, diventa determinante conoscere quale versione dei fatti aveva esposto nel corso delle indagini. Lo stesso vale quando il testimone è deceduto prima della fase processuale76.

Al principio del contraddittorio nella formazione della prova il comma 5 dell’art. 111 Cost. pone tre eccezioni che devono essere previste per legge: la prova è utilizzabile anche se si è formata fuori del contraddittorio “per consenso dell'imputato o per accertata impossibilità di natura oggettiva o per effetto di provata condotta illecita”.

La previsione delle eccezioni rivela una visione moderna del principio. “Il contraddittorio non è considerato come un fine in sé, ma come un metodo. Quando tale metodo si rivela inattuabile, è possibile eccezionalmente utilizzarne altri equipollenti77”.

75 Cfr. Ivi pag. 262

76 P. Tonini, Manuale di procedura penale, GIUFFRE’, Milano 2016, pag. 261. 77 C. Conti, P. Ferrua, P. Tonini, Il principio del contraddittorio nella formazione della

prova, in commentario al codice di procedura penal, A. Giarda, G. Spangher, Ipsoa, Milano, 2010, pag. 120.

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1.4.1. Il consenso dell’imputato

La prima deroga è rappresentata dal consenso dell’imputato. La norma si riferisce, in prima battuta, ai riti deflattivi del dibattimento (ad es. giudizio abbreviato, patteggiamento): “Contraddittorio Implicito”78. Si tratta della rinuncia dell’imputato al contraddittorio qualora la parte ritenga che l’esito di un esperimento condotto unicamente dalla contro parte corrisponde a ciò che sarebbe ottenibile con la propria partecipazione all’attività di reperimento del dato conoscitivo79. Si tratta di un bilanciamento tutto interno ad esigenze processuali di diverso segno: da una parte, vi è la necessità di un corretto accertamento dei fatti; da un’altra parte, quella di contenere i tempi e le risorse impiegate nel processo penale80.

Tali procedimenti speciali consensuali, sarebbero altrimenti da ritenere costituzionalmente illegittimi perché implicano una rinuncia al contraddittorio e l’utilizzazione probatoria degli atti di indagine preliminare81. Al tale circostanza, si ricollega la possibilità per le parti, introdotta dal legislatore ordinario, di accordarsi sull’utilizzabilità della documentazione concernente singoli elementi di prova.

Il consenso rileva sia come manifestazione unilaterale di volontà, sia come componente di un accordo tra le parti82. Nella prima categoria, rientrano le ipotesi in cui è il solo imputato a poter prestare il consenso per bilanciare al deficit dialettico dell’atto (art. 513 1° co. c.p.p.) o per definire anticipatamente il processo (art. 438 c.p.p.). “Vi rientra, anche un caso in cui, a surrogare il contraddittorio mancato, è

78 Crf. G. Ubertis, op. cit, pag. 2104, il quale in relazione alle eccezioni del principio

del contraddittorio parla di contraddittorio “implicito”, “impossibile”, “inquinato”.

79 Cfr. Ibidem.

80 Cfr. op. cit, C. Conti, P. Ferrua., P. Tonini, pag.120.

81 V. Grevi, G. Conso, Compendio di procedura penale, Cedam, 2016, pag. 699. 82 G. Giostra, voce Contraddittorio (principio del): II) diritto processuale penale, in

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sufficiente l’assenso di una delle parti: qualora il teste rifiuti l’esame o il controesame, infatti, solo con il consenso della parte che si è vista opporre il rifiuto del dichiarante, si può riconoscere efficacia probatoria alle dichiarazioni già rese a seguito dell’escussione parziale (art. 500, 3° co., c.p.p.)”83.

Alla seconda categoria appartengono, escludendo l’ipotesi di accordo delle parti sull’applicazione della pena, che presuppone pur sempre un assenso all’utilizzo probatorio di atti investigativi, le ipotesi di transazione delle parti sul singolo atto di indagine84.

Presenta i caratteri di un’accettazione degli effetti dell’atto di indagine, più che di una rinuncia preventiva al contraddittorio, l’ipotesi in cui le parti che abbiano richiesto di escutere dialetticamente la fonte, poi avvalsasi della facoltà di non rispondere, acconsentano a recuperare le sue dichiarazioni pregresse (art. 513, 2° comma c.p.p.)85.

1.4.2. L’accertata impossibilità di natura oggettiva

La seconda deroga al principio del contraddittorio nella formazione della prova, quella che maggiormente interessa il presente elaborato, è consentita in caso di accertata impossibilità di natura oggettiva e legittima l’acquisizione come prova degli atti non ripetibili nel contraddittorio dibattimentale.

Si è affermato che la disposizione eleva al rango costituzionale l’esigenza di non dispersione della prova.

Quanto alla ratio, l’impossibilità impone di assegnare rilevanza all’evenienza stessa che il fatto probatorio si sia verificato. La deroga al

83 Cfr. Ibidem.

84 Cfr. Ibidem.

85 G. Giostra, voce Contraddittorio (principio del): II) diritto processuale penale, in

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contraddittorio in ragione di impossibilità oggettiva ricomprende anche quelle ipotesi di non ripetibilità originaria che consentono l’ingresso dibattimentale degli atti di indagine86.

Si tratta di una espressione generica, dalla quale è opportuno ricavare i presupposti in presenza dei quali la deroga è consentita.

Il termine “oggettiva” richiamato nell’eccezione allude a cause indipendenti dalla volontà del soggetto e sono riconducibili alle ipotesi di forza maggiore. L’applicazione dell’eccezione quindi riguarda sia le ipotesi in cui l’atto appare fin dall’origine come non ripetibile, ne sono un esempio i rilievi, gli accertamenti realizzati durante un sopralluogo, sia i casi di impossibilità sopravvenuta le cui ipotesi classiche sono rappresentate dalla morte, infermità, irreperibilità della persona già sentita nel corso delle indagini87.

L’impossibilità in esame deve dunque riferirsi, secondo quanto espresso anche dalla Corte costituzionale88, a circostanze “indipendenti dalla volontà del dichiarante, che di per sé rendono non ripetibili le dichiarazioni rese in precedenza, a prescindere dall’atteggiamento soggettivo”.

Non sono cause indipendenti dalla volontà del dichiarante, e quindi non integrano la fattispecie dell’impossibilità di natura oggettiva: il rifiuto di deporre e le cause in cui il comportamento è attribuibile alla volontà del dichiarante di sottrarsi all’esame anche se tali circostanze determinino un’oggettiva impossibilità di ripetere le dichiarazioni già fornite.

86 C. Conti, P. Ferrua, P. Tonini, Il principio del contraddittorio nella formazione della

prova, in commentario al codice di procedura penal, A. Giarda, G. Spangher, Ipsoa, Milano, 2010, pag. 123.

87 P. Tonini, L’alchimia del nuovo sistema probatorio: un’attuazione del giusto

processo, in P. Tonini, (a cura di), Giusto processo, Cedam, Padova, 2001 pag. 492. In questo senso C. Conti, Le due “anime” del contraddittorio nel nuovo art. 111 Cost., in Dir. Proc. Pe., 2000, pag. 201.

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La deroga in questione non pone problemi per gli atti che

strutturalmente non sono idonei all’elaborazione in forma dialettica (es. intercettazioni di comunicazioni o un documento): per essi deve considerarsi operante la deroga dell’accertata impossibilità oggettiva di formazione della prova in contraddittorio. Il deficit dialettico in tal caso non procura alcun pregiudizio89.

“Il problema si pone per le prove che sarebbero strutturalmente suscettibili di elaborazione in forma dialettica, ma che, a causa del compimento dell’analogo atto di indagine (irripetibilità originaria) o dell’intervento di un fatto successivo (irripetibilità sopravvenuta) non possono più essere formate in contraddittorio90”.

La scelta del metodo dialettico nella formazione della prova appare allora mal conciliarsi con il meccanismo previsto dall’art. 512 c.p.p. in base al quale “l’impossibilità di realizzare tale metodo retroagirebbe sull’atto di indagine tramutandolo in prova: come può un evento accidentale, successivo all’atto di indagine operare una sorta di feed

back e trasformarlo in prova? Perché dichiarazioni probatorie non

idonee, possono diventarlo in ragione della salute o della sorte del dichiarante?91”

L’operazione è concepibile soltanto se si condivide l’idea fatta propria dalla Corte costituzionale negli anni novanta, secondo cui il “contraddittorio è un posterius, una replica in forma dialettica dell’acquisizione processuale: la prova dibattimentale è destinata a surrogare, ove possibile, l’atto investigativo. Dopo le indagini quindi la prova c’è già: la ripetizione in contraddittorio vale per saggiarne al

89 G. Giostra, voce Contraddittorio (principio del): II) diritto processuale penale, in

Enc.giur.Treccani, vol. VIII, Roma, 2001, pag. 12.

90 Cfr. Ibidem.

91 G. Giostra, voce Contraddittorio (principio del): II) diritto processuale penale, in

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33

meglio l’attendibilità, ad illuminarne i contenuti. Se non è possibile avere l’auspicabile prova, bisogna accontentarsi dell’atto di indagine”.92

1.4.3. La provata condotta illecita

L’ultima eccezione è consentita nell’ipotesi in cui la mancata attuazione del contraddittorio costituisca effetto di “provata condotta illecita”. Come è stato chiarito in due occasioni dalla Corte costituzionale, la condotta illecita si riferisce a comportamenti contrari al diritto (contra ius) volti ad indurre il dichiarante a sottrarsi al contraddittorio, e non ai casi nei quali quest’ultimo, senza essere condizionato ab extra, ha commesso falsa testimonianza93.

“La Costituzione non richiede che la condotta illecita sia riconducibile all’imputato: l’eccezione al contraddittorio scatta a prescindere dall’identità dell’autore. Quando il dichiarante è stato minacciato, il contraddittorio come metodo di accertamento dei fatti è ormai inquinato: ne è compromessa la funzione euristica94”. Ciò rende inutile la regola di esclusione delle dichiarazioni rese in precedenza95.

Un altro problema, posto dalla disposizione, riguarda il quantum di prova richiesto. Da un lato, si è rilevato che il termine “provata” è impiegato in una accezione identica a quella con la quale ricorre nel comma 4 secondo periodo Cost. dell’art. in esame. Da un altro lato, si è sostenuto che in tema di condotta illecita ogni dato può assumere

92 Cfr. Ivi, pag. 11.

93 Corte cost., ordd. n. 453 del 2002 e n. 518 del 2002. In tali termini, C. Conti, P.

Ferrua, P. Tonini, Il principio del contraddittorio nella formazione della prova, in commentario al codice di procedura penal, A. Giarda, G. Spangher, Ipsoa, Milano, 2010, pag. 124.

94 Cfr. Ivi, pag. 125

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rilevanza senza che siano necessarie quelle formalità di acquisizione che servono ai fini della prova di reità96.

96 C. Conti, P. Ferrua, P. Tonini, Il principio del contraddittorio nella formazione della

prova, in commentario al codice di procedura penal, A. Giarda, G. Spangher, Ipsoa, Milano, 2010, pag. 125.

(40)

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CAPITOLO II

GLI ATTI IRRIPETIBILI:

LA NOZIONE E LA RILEVANZA

NELL’ORDINAMENTO GIURIDICO ITALIANO

Sommario: 2.1. Il concetto di “irripetibilità” di un atto nel procedimento penale - 2.2. L’interpretazione della giurisprudenza e della dottrina - 2.3. L’intervento della suprema Corte - 2.4. Gli atti a “sorpresa” e gli atti non rinviabili - 2.5. Irripetibilità originaria e irripetibilità sopravvenuta

2.1. Il concetto di “irripetibilità” di un atto nel

procedimento penale.

Una volta esaminate le fattispecie derogatorie del principio costituzionale del contraddittorio, ci soffermeremo sulla seconda eccezione alla regola cardine di formazione della prova, la quale presenta l’istituto dell’irripetibilità97.

Gli atti irripetibili sono quelli che nel momento stesso della loro esecuzione esauriscono, consumano ogni possibilità di ripetizione, cioè non è possibile un nuovo ed ulteriore accertamento della situazione oggetto di essi.

Secondo l’impostazione del nuovo codice, come peraltro è stato già detto, la prova deve essere assunta in dibattimento nel pieno contraddittorio delle parti; tuttavia anche in un sistema accusatorio non

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